In ricordo di un campione di Alessandro Caldera
L’ultima curva di Ayrton Senna
A
chiunque di noi sarà capitato, almeno una volta, di aver sentito una delle seguenti frasi: “I dettagli fanno la differenza”, oppure “Sarebbe bastato un attimo”. Realmente non ci rendiamo conto di quanto queste affermazioni risultino più che mai banali se associate ad uno sport, la Formula 1, nel quale si ragiona nell’ordine dei millesimi di secondo e dove un minimo accorgimento tecnologico può comportare una svolta impensabile. I protagonisti di questa disciplina sono dei ragazzi, alcuni con talenti strabilianti, altri meno ma portatori di una dote, il denaro,
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quanto mai utile a questi livelli. La cosa certa è che, ambedue queste categorie di piloti, sono mosse da una passione che consente loro di vedere questo mondo non tanto come un lavoro, bensì come un divertimento. Forse proprio questo ultimo aspetto, legato ad un mix di adrenalina e paura, permette di schiacciare il pedale dell’acceleratore quando la logica o il cervello lo impedirebbero. La realtà ci dice però che, nonostante tutto questo genio o pazzia, qui più che mai il confine è labile e non assoluto e nessuno dei piloti contempla la possibilità della tragedia. Purtroppo, però, la morte è sempre in agguato. O meglio, il 1° maggio 1994 si preparava per Ayrton Senna. Il talento brasiliano, di origini italiane, nacque in una famiglia agiata, aspetto che gli consentì di approcciarsi fin da giovane al mondo delle corse, con la prima esperienza alla guida dei kart, all’età di tredici anni. La sua maestria lo portò ad imporsi sin da subito nelle categorie minori, prima che nel ‘83 Sir Frank Williams vedesse in lui un qualcosa di magico, proponendogli
pertanto un test privato. In realtà “Magic”, così verrà soprannominato, non si avvicinò al mondo delle corse con la scuderia originaria di Grove, ma con la Toleman nel ‘84 e, ironia della sorte, nel gran premio del Brasile. I primi anni in Formula 1, non fecero altro che confermare quanto visto in gioventù, qualità che gli consentirono di andare oltre il reale potenziale della macchina e di giocarsi il titolo iridato già nel 1987 con la Lotus. Fu però l’anno seguente che sancì una svolta nella vita di Ayrton, ma in realtà anche in quella di tutti i cultori di questo sport. Il 1988 è stato un momento, cronologicamente parlando, che in pochi si scordano perché fu l’inizio della rivalità tra Senna e Prost. Ron Dennis, storico team principal della Mclaren, vide nella stella brasiliana il giusto compagno di squadra per il “professore” francese, già campione del mondo nel biennio ’85-’86. La scuderia di Woking monopolizzò il campionato in questione, ottenendo ben 15 successi su 16 a disposizione, con Senna campione al termine della stagione con il successo nel gran premio di Suzuka. Proprio sulla pista giapponese si consumò, l’anno successivo, il primo atto della faida tra i due piloti; la tensione alla quale era sottoposto Ayrton, visto lo svantaggio in classifica, lo spinse a tentare il sorpasso in un tratto del tracciato per nulla agevole. Prost, in vantaggio di traiettoria, chiuse la “porta” venendo conseguentemente centrato e terminando così la propria gara. Senna dopo il contatto ripartì e vinse, ma venne squalificato in seguito al taglio di una chicane dopo il contatto con il compagno, consegnando così il titolo mondiale al francese e la vittoria al nostro Alessandro Nannini. Nel 1990 ci fu il secondo atto, questa volta con il pilota transalpino in