Mitologie a confronto di Alice Vettorata
Il Giappone visto dall’Occidente
I
l folklore di un Paese denota usanze che lo contraddistinguono, creando un’identità che suscita molto fascino anche a chi non vive a contatto con le sue tradizioni. Il Giappone è sicuramente uno Stato che è intriso di cultura che viene amato all’estero, anche grazie al suo importante retaggio mitologico strettamente connesso alla religione Shintoista. Deriva da Shin-to, traducibile con la “via degli dèi” affermandosi il credo più antico del Giappone. Il fatto che sia il più ancestrale giustifica una sua caratteristica; l’animismo, il quale consiste nell’associazione di un’anima a oggetti di natura privi di quest’ultima. Questo meccanismo permetteva di impartire insegnamenti tramite entità divine o di attribuire a delle forze naturali dei poteri stupefacenti. Ciò ha permesso sin dagli albori dell’umanità di giustificare e comprendere alcune dinamiche apparentemente inspiegabili. Così facendo gli individui più anziani della popolazione insegnavano ai giovani alcuni aspetti salienti della vita, raccontando miti con divinità benevole e malvage, che avvisavano l’ascoltatore sui pericoli nel mondo, donando un consiglio a chi ascoltava quel mito. Come avviene in tutte le culture. Cosa la accomuna però alle mitologie definite classiche? I Kami, divinità nipponiche,
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possiedono le medesime caratteristiche degli dèi dell’Olimpo. Spesso nella cultura orientale le divinità sono personificazioni di forze naturali, di sentimenti o spiriti, qui chiamati rei. Nella mitologia dell’antica Grecia è possibile imbattersi in concetti personificati come ad esempio loke, lo spirito dell’inseguimento e della battaglia. Anche se il tema preponderante nelle personificazioni divine della cultura greca è quello bellico, il principio di personificazione è il medesimo. In Giappone inoltre vengono tramandate leggende con protagoniste creature mostruose, animali dalle doti particolari o spettri antropomorfi, i quali presumibilmente vengono avvistati nelle varie prefetture giapponesi. Infatti, un ulteriore aspetto che accomuna la mitologia giapponese a quella greca è la territorialità di determinati miti e creature. Come ad esempio Atena, divinità che veniva venerata in diverse località greche assumendo diversi appellativi o addirittura al di fuori della Grecia con altro nome, in Giappone si riscontra il medesimo schema. Spiriti e divinità diventano esclusivi
di una determinata località. Per citarne uno il Janjanbi, un fuoco misterioso che appare principalmente nelle leggende della regione di Nara, ma che è possibile sentire con il nome di Tenbi a Kyushu e Musabi nella regione di Miyazaki. A proposito. L’omonimo regista, Hayao Miyazaki, fondatore dello studio d’animazione Ghibli è una personalità che ha contribuito a diffondere la cultura giapponese attraverso film permeati di individui magici del folklore appartenenti alla sua terra natia. Nella pellicola “La città incantata” del 2001 vincitrice di un Orso d’oro e di un Oscar, si trovano la Yamauba, la strega di montagna e altri personaggi ispirati a divinità. Un modo, confessò il cineasta durante un’intervista, per avvicinare i giovani alle loro radici, ma anche per divulgare una cultura pregna di fascino al mondo. Un esempio meno recente ma noto ai più è il film d’animazione firmato Disney “Mulan”, del 1998, nel quale gli avi della protagonista vengono rappresentati come delle anime divine, le quali hanno il compito di guidarla nel corso della sua vita. Questi spiriti vengono definiti nello specifico mitama, termine traducibile in italiano come “spirito onorabile”. Un settore quello cinematografico che ha permesso quindi, anche tramite i manga, di introdurre la mitologia giapponese nel mondo occidentale, incuriosendolo e affascinandolo grazie a delle onorabili identità.