Velia Titta Matteotti. Uniti in qualsiasi lotta Alberto Aghemo
dovesse costarmi la vita io vorrò perdermi tutta nell’amore che avrò sempre per lei Velia a Giacomo, 16 ottobre 1912 Un bacio a te proprio d’amore Velia a Giacomo, 15 maggio 1924
Velia non è stata mai soltanto la moglie di Matteotti. Meglio: lo è stata forse nella vulgata popolare, nel culto del martire antifascista per eccellenza, in un mito che molto ha sottratto alla comprensione della reale statura del Matteotti politico e, in misura non inferiore, di quella fine intellettuale, poetessa e narratrice appassionata e colta che con lui ha condiviso dodici anni di una vita intensa, tesa, drammatica. Mai compagna di partito, Velia Titta ha rappresentato per Giacomo Matteotti la forza intima, il conforto degli affetti, la partecipe appartenenza a un destino, la passione condivisa. In una parola, l’amore. E, non disgiunti da questo, il supporto affettivo e ideale, quella tensione etica che, in tempi estremi, si è dovuta spingere nella comunione di ansia e dolore ben al di là della sana ragionevolezza, dei doveri coniugali, delle convenienze sociali. * Ultima di sei fratelli1, Velia nasce a Pisa il 12 gennaio del 1890 da Oreste Titta, “artefice del ferro battuto” assai apprezzato, libero pensatore e di indole insofferente, e da Amabile Sequenza, donna austera, sensibilissima,
profondamente religiosa, che lascia nella figlia un’impronta profonda. La giovane segue con profitto e disciplina corsi regolari di studio e consegue la “licenza” preso la Scuola Normale femminile di Pisa manifestando sin da giovanissima una personalità spiccata e autonoma, naturalmente rivolta a grandi temi spirituali del suo tempo approfonditi attraverso molte e intense letture di autori italiani e stranieri, delle quali si trova ampia traccia nella sua precoce opera letteraria oltre che nell’intensa corrispondenza con Giacomo Matteotti e con la cognata Lea, moglie di Titta Ruffo2. È lettrice vorace, curiosa, poliglotta: oltre alla lingua francese, bagaglio irrinunciabile della fanciulla di buona educazione del tempo, conosce l’inglese che a volte si diverte a italianizzare (ho forghettato, ti kisso). Non si interessa di politica. Preferisce la poesia, la narrativa, la musica, l’arte. È credente e praticante, senza bigottismo ma con genuino fervore. È dolce ma tenace: una giovane donna, come si diceva allora, “di temperamento”. E ha un talento precoce. Ha appena diciotto anni quando dà alle stampe le poesie di Primi versi e