TEMPO PRESENTE N. 478-480 - OTTOBRE-DICEMBRE 2020 INTEGRALE

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Maria Giulia Cardini. Quando “Ciclone” divenne Antonio Rossella Pace

Giuditta e Abra «Fermatasi presso il divano di lui Giuditta – nel noto passo del Deutoronomio – così pronunciava: Signore, Dio d’ogni potenza, guarda propizio in quest’ora all’opera delle mie mani. […] È venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far riuscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi. […] Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma. E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa»1. L’episodio biblico di Giuditta e Oloferne, riprodotto su tela per ben due volte da Artemisia Gentileschi nella prima metà del Seicento, è a nostro giudizio l’esempio migliore per spiegare quello che significò per tutte le donne coinvolte, la Resistenza: battersi per un ideale, per il trionfo della libertà sulla tirannide, facendolo, però, insieme. Come Giuditta e Abra, che dall’unione trassero la loro forza. Moltissime donne parteciparono attivamente alla Resistenza, alcune di loro pagarono addirittura con la vita i loro ideali, molte soffrirono lunghi mesi nelle carceri: La [loro] presenza in campo politico, specie in questo, contribuì a portare in fondo un discorso di libertà e di difesa delle ideali. Esse

seguirono i loro uomini in montagna, soffrirono con loro disagi spirituali e materiali, lottarono dimostrando capacità e senso di responsabilità; uscirono dalla casa per entrate nella storia riscrivendola2.

Un impegno che, sarebbe stato in seguito sempre presente nella loro esperienza e sarebbe continuato anche dopo il conflitto. L’emancipazione conquistata sul campo avrebbe fornito un valido modello alle generazioni successive di donne che ereditarono quelle conquiste, dopo un ventennio di mortificazioni, restrizioni e di sofferenze intellettuali. Un modello inteso non come il trionfo della propria ideologia politica di appartenenza, bensì come difesa della patria e affermazione di se stesse. Accanto all’impegno militare negli anni della Resistenza andò quindi delineandosi sempre di più la volontà di chi, soprattutto donne, voleva dare il proprio apporto alla guerra di liberazione nazionale, e intendeva farlo senza prendere in mano armi, ricorrendo ad azioni che rientrassero nell’ambito dell’attività femminile consolidata, tesa a rivendicare l’importante ruolo che queste avrebbero dovuto svolgere nella società, ma che era stato loro sempre negato.Una vera e propria rivendicazione questa, in un momento cruciale per la storia del Paese, alla quale molte donne decisero di aderire. Questo tipo di opposizione al nemico si incentrava soprattutto sulle don-


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