Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis
RASSEGNA STAMPA GENNAIO 2021
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PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI GENNAIO:
FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: IL BANDO PER IL NUOVO DIRETTORE ........................................................ 3 UNIVERSITA’ DELLA MONTAGNA: LA PROPOSTA ............................................................................................. 6 NON SOLO SCI ................................................................................................................................................... 9 OLIMPIADI MILANO CORTINA 2026: GLI AGGIORNAMENTI .............................................................................. 11 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 12 PIANO URBANISTICO AURONZO – MISURINA .................................................................................................. 15 SERRAI DI SOTTOGUDA: GLI AGGIORNAMENTI .............................................................................................. 17 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 18
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FONDAZIONE DOLOMITI UNESCO: IL BANDO PER IL NUOVO DIRETTORE L’Adige | 8 Gennaio 2020 p. 16 Guida Unesco, il bando per la direzione La Fondazione Dolomiti Unesco ha pubblicato il bando per trovare il suo prossimo direttore. Dopo le dimissioni di Marcella Morandini, che a breve assumerà il suo nuovo incarico in Provincia a Bolzano, il consiglio di amministrazione della fondazione, presieduto dal vicepresidente della Provincia Mario Tonina, ha ufficialmente aperto le selezioni per il conferimento dell'incarico dirigenziale. La selezione avverrà per titoli e per colloquio e permetterà alla vincitrice o al vincitore di ottenere il conferimento dell'incarico di natura dirigenziale che avrà la durata di tre anni. «A Marcella Morandini va la gratitudine mia, dell'intero Cda e di tutti coloro che hanno accettato la sfida a cui siamo chiamati dal giugno del 2009: tutelare l'unicità paesaggistica e geologica delle Dolomiti continuando ad abitarle», ha commentato Tonina. Il bando - che scade il 10 febbraio prossimo - è consultabile al sito web della Fondazione Dolomiti Unesco www.dolomitiunesco.info.
Corriere delle Alpi | 9 Gennaio 2020
p. 22 Dolomiti Unesco guarda avanti Un direttore per la sostenibilità Francesco Dal Mas BELLUNO «Tutelare l'unicità paesaggistica e geologica delle Dolomiti continuando ad abitarle, in modo sempre più consapevole». Questo il significato delle selezioni per la nuova direzione della Fondazione Dolomiti Unesco, il cui bando scadrà il 10 febbraio. Sostituire
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Marcella Morandini, la dirigente che si è dimessa un mese fa, non sarà facile, proprio per dare contenuti alla prospettiva lanciata dal presidente Tonina: cosa significa abitare le Dolomiti in termini consapevoli. Morandini aveva le idee chiare. «Le Olimpiadi», diceva, ad esempio, «spero davvero che possano essere un'occasione per dimostrare al mondo che possono essere organizzati grandi eventi limitando l'impatto sul territorio e costruendo un futuro di vera sostenibilità e abitabilità per la montagna. Ci credo ancora, spero che anche a livello politico seguano decisioni innovative, lungimiranti, dirompenti rispetto alla tradizione consolidata e coerenti con la linea della sostenibilità scelta come distintiva in fase di candidatura».Lo stesso Tonina si è chiesto - scrutando il recente dossier degli ambientalisti - se i Mondiali, pure questi dichiarati sostenibili, fossero stati davvero tali.Non c'è dubbio che un altro snodo, soprattutto traguardato con le preoccupazioni della pandemia, sia quello dei collegamenti sciistici. Non più tardi di un mese fa, Marcella Morandini ammetteva col nostro giornale: «Sono preoccupata per i nuovi collegamenti Cortina-Arabba e Cortina-Alleghe. Credo, come ho avuto più volte modo di dire, che occorra da un lato valutare attentamente, con onestà intellettuale e con trasparenza, gli impatti sul Patrimonio Mondiale anche a livello paesaggistico. Le scelte di un territorio hanno ripercussioni su tutti gli altri: se il riconoscimento viene meno, viene meno per tutti. Dall'altro occorre anche superare l'opposizione ideologica infrastrutture si/infrastrutture no per ragionare invece sul come».Qualche interrogativo se l'è posto lo stesso presidente Tonina. Ma proprio all'interno del Cda della Fondazione ci sta chi, invece, quei collegamenti li vuole. In altre parola, la nuova direzione dovrà rispondere al pressing del turismo di massa che, per aspetti, la pandemia ha rilanciato. «Purtroppo il turismo di massa senza regole, come vediamo dai dati e dagli studi, squalifica le destinazioni e la qualità percepita della visita. Risultato: i turisti non tornano, la destinazione "si consuma". È questo quello che vogliamo per le Dolomiti?» si chiedeva sempre Morandini.«Ringraziamo Marcella Morandini per il grande lavoro svolto in questi anni e guardiamo già al dopo, puntando alla continuità», afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin, anche lui nel cda. «Il 2020 ci ha mostrato un ritorno alla montagna, concepita come ambiente di pregio sicuro e ottimo per il distanziamento fisico». I paletti per la nuova direzione, dunque, sono già piantati. "Le sfide per il 2021 sono già segnate e ci porteranno dritto al 2026, anno delle Olimpiadi», insiste Padrin. «Con la costruzione del masterplan insieme a Regione Veneto e Comune di Cortina potremo coniugare quelle che sono le necessità del Bellunese: da una parte lo sviluppo del territorio, sempre nell'ottica della sostenibilità ambientale, dall'altra la cura e la tutela del patrimonio Unesco. E sono certo che un aiuto importante ci arriverà dalla Fondazione e dal nuovo direttore». --
Trentino | 9 Gennaio 2020 p. 33 La Fondazione Dolomiti Unesco cerca il nuovo direttore Fiemme e Fassa In seguito alle dimissioni della dottoressa Marcella Morandini, lo scorso dicembre, la Fondazione Dolomiti Unesco cerca un nuovo direttore. Per questo il consiglio di amministrazione, guidato dal presidente Mario Tonina, ha aperto le selezioni per il conferimento di un incarico di durata triennale. Il bando, che scade il 10 febbraio, è consultabile al sito web della Fondazione www.dolomitiunesco.info. Il cda ha ritenuto fondamentale garantire una continuità alla struttura avviando così, in breve tempo, il bando per la selezione della nuova figura dirigenziale. "Il mio impegno - insieme ai miei colleghi del consiglio d'amministrazione - è individuare un nuovo direttore che sappia agire in continuità con l'operato della dottoressa Morandini, al fine di mantenere la Fondazione Dolomiti Unesco quale affermato modello a livello internazionale per la gestione di un Sito del Patrimonio Mondiale, così come ci è stato recentemente riconosciuto da Iucn" commenta il presidente Tonina. Le domande di partecipazione alla selezione, redatte in carta libera e indirizzate a Fondazione "Dolomiti-Dolomiten-Dolomites-Dolomitis Unesco" - Corso Italia, n. 77 - 32043 Cortina d'Ampezzo (BL), devono essere spedite, a mezzo Pec all'indirizzo fondazione.dolomitiunesco@pec.it, o con raccomandata con ricevuta di ritorno. La spedizione deve essere effettuata entro il 10 febbraio, termine perentorio a pena di esclusione. Nell'annunciare il nuovo bando, il presidente Tonina conclude: "Alla dottoressa Morandini va la gratitudine mia, dell'intero consiglio d'amministrazione e di tutti coloro che hanno accettato la sfida a cui siamo chiamati dal giugno del 2009: tutelare l'unicità paesaggistica e geologica delle Dolomiti continuando ad abitarle, in modo sempre più consapevole. L'augurio per il futuro è quello di riuscire ad individuare la giusta figura professione per continuare nel nostro percorso di valorizzazione, conservazione e comunicazione delle Dolomiti Patrimonio Mondiale Unesco". V.R.
Gazzettino | 9 Gennaio 2020 p. 12, edizione Belluno Dolomiti Unesco: aperto il bando per il direttore
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CORTINA Il nuovo direttore della Fondazione Dolomiti Unesco dovrà agire in continuità con la gestione dei sette anni passati, di Marcella Morandini. È quanto chiedono le amministrazioni provinciali dei cinque territori coinvolti nel territorio riconosciuto patrimonio dell'umanità da Unesco: Belluno per il Veneto, Pordenone e Udine per il Friuli Venezia Giulia, Bolzano e Trento per il Trentino Alto Adige. IL RINGRAZIAMENTO «Ringraziamo Marcella Morandini per il grande lavoro svolto in questi anni e guardiamo già al dopo, puntando alla continuità»,conferma Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno. «Sinora è cresciuta la consapevolezza dei nostri territori, rispetto al bene Unesco aggiunge e insieme sono aumentati il richiamo turistico del Bellunese e la cultura sui temi della sostenibilità e della conservazione delle Dolomiti, che si trovano per la maggior parte in provincia di Belluno». Padrin fa quindi un richiamo ad una nuova attenzione, che si sta verificando in un periodo storico molto particolare: «Il 2020 ci ha mostrato un ritorno alla montagna, concepita come ambiente di pregio, sicuro e ottimo per il distanziamento fisico. L'inverno ha visto la chiusura delle attività ricettive e turistiche, ma per i prossimi mesi, in vista di una ripartenza dei settori economici, abbiamo il dovere di continuare a promuovere il territorio in maniera coscienziosa e consapevole. Le sfide per il 2021 sono già segnate e ci porteranno dritto al 2026, anno dei Giochi Olimpici e Paralimpici invernali di Milano e Cortina. Con la costruzione del masterplan, insieme a Regione Veneto e Comune di Cortina, potremo coniugare quelle che sono le necessità del Bellunese: da una parte lo sviluppo del territorio, sempre nell'ottica della sostenibilità ambientale, dall'altra la cura e la tutela del patrimonio Unesco. E sono certo che un aiuto importante ci arriverà dalla Fondazione e dal nuovo direttore». L'ACCESSO La Fondazione Dolomiti Unesco ha ufficialmente aperto le selezioni per il nuovo direttore. Sarà un incarico di natura dirigenziale, della durata di tre anni, per sostituire Marcella Morandini, che si è dimessa alla fine dello scorso anno, ma che rimarrà sino a febbraio negli uffici della sede della Fondazione, nello storico palazzo del Comun Vecio, nel centro di Cortina, messo a disposizione dall'amministrazione comunale ampezzana, sin dalla nascita della Fondazione. Sul sito web della Fondazione www.dolomitiunesco.info è possibile consultare il bando, che scade mercoledì 10 febbraio 2021. Sono indicate le caratteristiche richieste e le modalità di presentazione della domanda. Marco Dibona© riproduzione riservata
Corriere del Veneto | 10 Gennaio 2020 p. 10 «Dolomiti Unesco» La Fondazione cerca il nuovo direttore Belluno Dopo l’addio di Marcella Morandini, poche settimane fa, caccia aperta al nuovo direttore della Fondazione «Dolomiti Unesco». Aperte le selezioni per l’incarico dirigenziale di durata triennale. Il bando — che scade il 10 febbraio 2021 — è consultabile al sito web della Fondazione «Dolomiti Unesco» (www.dolomitiUnesco.info). Le domande di partecipazione, in carta libera e indirizzate a Fondazione «Dolomiti–Dolomiten–Dolomites–Dolomitis Unesco»– Corso Italia 77 – 32043 Cortina, devono essere spedite, a mezzo Pec a fondazione.dolomitiUnesco@pec.it o con raccomandata con ricevuta di ritorno.«Ringraziamo la dottoressa Morandini, per il grande lavoro svolto in questi anni e guardiamo già al dopo, puntando alla continuità — afferma il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin — In questi anni la consapevolezza dei nostri territori rispetto al bene Unesco è cresciuta. E insieme sono aumentati l’appeal turistico del Bellunese e la cultura rispetto alla sostenibilità e alla conservazione delle Dolomiti, che si trovano per la maggior parte nel Bellunese. Un aiuto importante ci arriverà dalla Fondazione e dal nuovo direttore». © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’Adige | 14 Gennaio 2021 p. 32 Fondazione Unesco Direttore cercasi In seguito alle dimissioni della dottoressa Marcella Morandini, lo scorso dicembre, la Fondazione Dolomiti Unesco cerca un nuovo direttore. Per questo il consiglio di amministrazione, guidato dal presidente Mario Tonina, ha aperto le selezioni per il conferimento di un incarico di durata triennale. Il bando, che scade il 10 febbraio, è consultabile al sito web della Fondazione www.dolomitiunesco.info
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UNIVERSITA’ DELLA MONTAGNA: LA PROPOSTA Corriere del Veneto | 8 Gennaio 2020 p. 7, segue dalla prima Montagna, serve un ateneo a 360 gradi Editoriale a cura di Matteo Righetto Sto seguendo con grande interesse e vivo coinvolgimento la discussione e gli interventi sorti intorno alla proposta di una «Università della Montagna» lanciata dal direttore di questa testata. Si tratta di un’idea tempestiva e di assoluta rilevanza che personalmente ritengo necessaria per rilanciare Cortina d’Ampezzo e il territorio diffuso delle Dolomiti bellunesi come punto di riferimento internazionale sui temi e le grandi sfide che nei prossimi anni attendono la montagna. Al di là però dei legittimi e condivisibili entusiasmi subito manifestati dal mondo della politica e delle imprese, mi sento in dovere di fare alcune osservazioni personali in merito alla questione. Come accennavo poc’anzi, credo che al di là della indiscutibile vetrina cortinese sarebbe anzitutto opportuno pensare a una istituzione decentralizzata e capillare sul territorio in modo da poter contribuire a risollevare l’intera area dolomitica del Veneto, da anni pesantemente colpita da una durissima crisi economica e demografica ulteriormente accelerate prima da Vaia e poi dalla pandemia di questi mesi. Da più parti è stata citata l’Unimont come modello di riferimento, e credo sia corretto dare il giusto merito a una realtà, come quella di Edolo, che già da diversi anni si distingue in ambito nazionale come polo di didattica e sviluppo specializzato nella complessità geografica del territorio montano. Detto questo, sono convinto che per presentarsi come lungimirante e ambiziosa, l’idea dell’Università della Montagna non debba essere desiderata come mero organismo in grado di formare professionisti capaci di gestire e valorizzare le risorse agro-silvo-pastorali e ambientali del territorio montano, poiché questo di per sé non sarebbe affatto ambizioso. Penso piuttosto a una realtà che si proponga di ripensare concretamente il futuro della montagna a trecentosessanta gradi, attraverso una visione sistemica capace di affrontare i problemi più gravi e urgenti delle Terre Alte a partire proprio dai mali che le affliggono: spopolamento progressivo, crisi economica, abbandono delle valli, difficoltà di accesso alla sanità, solitudine e marginalità di alcune comunità montane a scapito di altre subissate da un turismo di massa non più sostenibile. In tal senso è necessario formare figure professionali in grado di gestire le potenzialità inespresse di un territorio molto complesso con una mission votata alla biodiversità, alla sostenibilità, allo sviluppo sociale e quello culturale tout court. Una vera e propria Accademia, quindi, come giustamente suggerisce il Presidente della Regione Zaia e come la vorrebbe anche l’onorevole De Menech, da istituirsi con lo scopo di curare e promuovere la montagna e la provincia della montagna in una prospettiva interdisciplinare e realmente ecologista, considerando quindi un dialogo aperto e costruttivo tra i diversi saperi, perché ciò che a noi montanari serve oggi è una una sorta di Rinascimento culturale per la Montagna. E io qui lo voglio dire chiaramente. Allo sviluppo di tale progetto dovrebbero pertanto contribuire economisti, storici, letterati, geografi, geologi, climatologi, scienzati, forestali, naturalisti e tutti coloro i quali abbiano capacità, competenze e visioni innovative per rilanciare il territorio in quota conciliando nuove energie sociali, modelli virtuosi di gestione e sviluppo della montagna, istanze climatiche e ambientali, e soprattutto la cultura come volano economico e produttivo possibile. A questo proposito penso al ruolo fondamentale che potrebbe avere la Fondazione Dolomiti Unesco (brillantemente diretta in questi anni da Marcella Morandini) il cui obiettivo è esattamente quello di valorizzare il patrimonio e i valori universali delle Dolomiti promuovendo e svolgendo attività nei campi educativi, culturali e scientifici e ponendo l’accento sulle interrelazioni tra economia, paesaggio montano, umanesimo e scienza. Dunque l’Università della Montagna non dovrebbe offrire soltanto corsi di laurea, post lauream, master, ma realizzarsi concretamente come occasione di confronto e discussione permanente sul futuro della montagna. Un laboratorio di riflessione analisi e proposta, capace di ripensare con coraggio a nuove relazioni tra economia e società montana facendo necessariamente i conti con una nuova e decisiva consapevolezza ecologica e culturale. Solo così tale Università potrà dirsi realmente innovativa ed esemplare .
Corriere del Veneto | 3 Gennaio 2020 p. 30 «L’Università della Montagna motore di rilancio e sviluppo» Stefano Bensa CORTINA (Belluno)
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Un modello da cui trarre spunto esisterebbe già. Ed è l’Unimont di Edolo, il centro di formazione e ricerca sul territorio montano attivato nel Bresciano in collaborazione con l’Università di Milano. Un’esperienza innovativa che potrebbe essere sviluppata anche a Cortina, dando impulso a quella «Università della Montagna» che farebbe della Regina delle Dolomiti un punto di riferimento internazionale. Costituendo anche un antidoto contro lo spopolamento e un propulsore per il rilancio economico. Riscuote consensi l’idea lanciata dal direttore del Corriere del Veneto , Alessandro Russello, nel volume «Cortina 2021, Regina dello Sport. Il libro dei Mondiali di sci alpino» (Morellini editore). A cominciare da un fronte bipartisan rappresentato dal presidente della Regione Luca Zaia e dal deputato bellunese del Pd Roger De Menech, presidente del Comitato paritetico per la gestione dei fondi destinati ai Comuni di confine. «Grazie ai Mondiali 2021 di sci e alle Olimpiadi invernali del 2026 Cortina è già un’accademia dello sport. Per cui non vedo perché non possa diventare un’Accademia della montagna, considerate anche le Dolomiti patrimonio Unesco», afferma Zaia. Il governatore, in questo senso, immagina un modello finanziariamente solido («e che goda di donazioni importanti») sviluppato tramite «interlocuzioni con altre Università». Non una struttura indipendente, insomma, ma il prodotto di accordi con uno o più atenei, beneficiando delle rispettive specializzazioni. Un po’ come la vorrebbe anche De Menech che, non a caso, cita proprio il modello Unimont di Edolo. «Immagino collaborazioni con Padova, Venezia e Verona, ma pure con Trento e Bolzano. Un’esperienza di rete spiega - che tratti ogni aspetto della realtà e delle prospettive della montagna. Vale a dire non solo turismo ma agricoltura, sostenibilità ambientale, rischio idrogeologico, tecnologia e infrastrutture. Qualche esperienza ci appartiene già, come gli investimenti nell’hub digitale post-laurea di Feltre finanziato con i fondi per i Comuni di confine». Quanto alla sede, tuttavia, il parlamentare Dem riterrebbe più favorevole una collocazione a Belluno, «magari recuperando una struttura già esistente». Oppure, come sostiene Fabrizio Dughiero, docente di Ingegneria Industriale all’Università di Padova, «partire da ciò che c’è già». Ossia dal quel Centro Studi sull’Ambiente Alpino attivato dal Bo a San Vito di Cadore, alle porte di Cortina. «Immagino un polo didattico che non guardi al solo turismo: il Bellunese - dice Dughiero - è ricco di importanti aziende manifatturiere e ad alta tecnologia, potremmo avviare un centro per l’innovazione montana. Pensi soltanto alla logistica, agli impianti di risalita, a quelli per l’innevamento. Proprio a Cortina abbiamo portato i corsi del “Contamination Lab”, il progetto di contaminazione multidisciplinare organizzato dall’Università di Padova. La città si presterebbe bene a corsi di alta formazione su ambiente, fonti rinnovabili, produzione... Inoltre Cortina è un brand di richiamo, e che dispone - questione fondamentale - della fibra ottica». Quanto alla sede, si potrebbe sfruttare il villaggio olimpico, o una parte di esso, che verrà allestito per le Olimpiadi. Ne è convinto Dughiero («mi auguro che se ne tenga conto in sede di progettazione») così come Roberta Alverà, presidente dell’Associazione Albergatori della Regina delle Dolomiti. Che si dichiara «assolutamente favorevole» all’Università della Montagna, anche per rilanciare «un’economia troppo fragile». «Nel 2020 - spiega Alverà - il Bellunese ha perso mille residenti. E spesso non riusciamo a trattenere i nostri giovani». Secondo l’imprenditrice - che cita la sede bellunese della Luiss di Milano, focalizzata soprattutto su tematiche turistiche - il nuovo ateneo dovrebbe sì abbracciare competenze legate all’accoglienza, «ma dovrebbe farlo a 360 gradi». «Turismo significa anche architettura, ambiente e infrastrutture. Specie adesso che, con il Covid, una realtà come la nostra potrebbe attrarre le tante persone in fuga dalle grandi città». Secondo l’avvocato ed ex deputato Maurizio Paniz, invece, l’Università dovrebbe puntare tutto sull’industria turistica. «In un mondo che cambia rapidamente è l’unica risorsa non esportabile. Un’azienda può essere trasferita ovunque, le nostre montagne no». Paniz cita l’esempio degli astucci per gli occhiali («erano un nostro patrimonio, oggi si fabbricano in Cina. Persino Luxottica ha aperto stabilimenti in quel Paese») e pensa ad un modello «realizzato in partnership con altre Università», un po’ come successo a Treviso «grazie alla lungimiranza di un uomo illuminato come Dino De Poli». Quanto alla sede, anch’egli è convinto che Belluno sarebbe il luogo ideale. «È una città capoluogo, dispone di ogni servizio e sarebbe facilmente raggiungibile». Ma su questo ci sarà modo di discutere. Corriere del Veneto | 5 Gennaio 2020 p. 6 Ora atti concreti per l’Università della Montagna Si moltiplicano gli interventi di adesione all’idea lanciata dal Corriere del Veneto per fare di Cortina e delle Dolomiti un alto centro di formazione. Ma ora serve un «soggetto» che trasformi l’idea in realtà Gentile Direttore, ho letto con interesse il suo intervento su Cortina, sui prossimi grandi eventi sportivi e sulle opportunità da cogliere per favorire un rinascimento della montagna (bellunese), sfatando una volta per tutte miti e stereotipi che per troppo tempo ne hanno frenato lo sviluppo. Come scrive giustamente, abbiamo bisogno di «una visione lunga per una scommessa ambiziosa». Ma è doveroso iniziare da ciò che già esiste, valorizzandolo e mettendolo a sistema. Non partiamo da zero. Concordo, in particolare, con la sua proposta di una Università in Montagna, più che della Montagna. Ne apprezzo soprattutto il principio ispiratore: ovvero rendere le Terre Alte luoghi di cultura, di
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sostenibilità e di innovazione, capaci di farsi promotori di un linguaggio universale attraverso le proprie bellezze, le proprie diversità, le proprie specificità. La cultura della montagna e la cultura in montagna sono sfide possibili e realizzabili, ma serve determinazione e chiarezza di obiettivi. Bisogna soprattutto rivedere – o quanto meno integrare – un modello di sviluppo esistente e radicato e creare nuove opportunità, fuori da stucchevoli luoghi comuni. L’Associazione che rappresento si è impegnata – anche quando in pochi ci credevano – per portare a Belluno la Luiss Business School, un polo di eccellenza internazionale a servizio dell’intero Nordest per far crescere la qualità del capitale umano: una sfida fondamentale per l’economia del XXI secolo. Alla fine ce l’abbiamo fatta e il nostro capoluogo- è in rete con le altre sedi di Roma, Milano e Amsterdam. Attività specifiche sono previste anche a Cortina e alcune in vista dei prossimi grandi eventi sportivi. Le prime iniziative formative sono partite già in primavera, e nonostante il lockdown hanno avuto grande successo, segno che anche la montagna può essere un luogo di cultura e di alta formazione, anche a servizio delle aree metropolitane e della pianura. La stessa pandemia che stiamo vivendo ci porta a riconsiderare gli spazi e le distanze, a cogliere elementi – proprio come la bellezza dei luoghi e la loro sostenibilità – che prima sembravano sfuggire ai più. Oggi siamo chiamati alla svolta: i Grandi Eventi – Mondiali di Sci e Olimpiadi 2026 nel nostro caso – non devono essere un fine ma un mezzo per lo sviluppo, sostenibile e inclusivo, delle Terre Alte. Per farlo servono innanzitutto infrastrutture materiali e immateriali adeguate: strade, ferrovia e banda larga. Ma anche manutenzione e programmazione del territorio: i recenti eventi metereologici – per non citare sempre Vaia - hanno confermato le nostre fragilità. Con Fondazione Enel stiamo portando avanti un progetto pilota a livello nazionale sulla resilienza ai cambiamenti climatici: ci piacerebbe che da questa esperienza nascesse un’iniziativa strutturale, un centro di ricerca internazionale su queste tematiche sempre più strategiche che potrebbe avere sede proprio a Cortina d’Ampezzo. E’ inoltre fondamentale, per la montagna, sviluppare l’economia della conoscenza e favorire la trasformazione tecnologica, creando ecosistemi dell’innovazione che accrescano l’attrattività del territorio anche per talenti e investimenti. Anche su questo Confindustria Belluno Dolomiti sta lavorando da tempo. Tutto ciò non è incompatibile con il turismo, anzi. Lo stesso turismo, infatti, è cambiato: è più maturo, consapevole e sempre di più proiettato a un’autentica dimensione «culturale». I turisti chiedono di vivere esperienza a 360 gradi, scoprendo tutte le specificità e i patrimoni (anche industriali) dei luoghi che visitano. Concordo quindi con Lei direttore. Anzi la ringrazio di aver lanciato una proposta di questo tipo che considera la nostra montagna come cuore pulsante del territorio, e non come parco divertimenti per gli abitanti della pianura. Ripartire dalla cultura in questo 2021 è necessario, farlo in una montagna fragile e soggetta a spopolamento è imperativo. Per essere viva, la montagna deve innanzitutto vivere. *Presid. Confindustria Belluno Dolomiti
Corriere del Veneto | 6 Gennaio 2020 p. 6 «Da Cortina alla laguna: costruiamo il terzo vertice del nuovo Triangolo» Turismo, ambiente e tecnologia Docenti, politici, imprenditori «Mondiali di sci del 2021 a Cortina e sfida olimpionica del 2026 rappresentano un’importante occasione per contribuire a dare identità e sostanza progettuale, al terzo vertice del nuovo ‘Triangolo’ dello sviluppo, con Lombardia ed Emilia Romagna. Quel nodo veneto di rango metropolitano, dalle Dolomiti alla laguna, che ancora manca e che gli darebbe la densità e la considerazione necessaria per attrarre persone e investimenti (pubblici e privati) e per essere magliato nella rete di nodi europea. Collegandolo a una tramatura di reti e infrastrutture strategiche in Italia e nel mondo, senza la quale la capacità di ripartire e di performare di quest’area rischia di rimanere inibita. È la veduta lunga a cui dobbiamo lavorare tutti, con lo spirito di costruttori evocato dal Presidente Mattarella». Il Presidente di Assindustria Venetocentro Leopoldo Destro, interviene nel dibattito seguito alla proposta lanciata dal Corriere del Veneto di una Università della Montagna a Cortina, capitale delle Dolomiti e possibile centro focale di un’operazione nella quale potrebbero confluire i contributi scientifici (e non solo) di atenei già esistenti, fondazioni, imprese, categorie. Un’Università vocata ad un’alta formazione legata al turismo, al paesaggio, all’ambiente, alla tecnologia. Il dibattito in atto ha sollevato il coperchio su una realtà spesso frammentata e apparentemente «laterale» e che proprio grazie alla neo centralità di Cortina mondiale e olimpica ha aperto un faro sul futuro per capitalizzare tutto ciò che va oltre gli eventi sportivi. «Ricordate le Olimpiadi invernali di Torino 2006? - si chiede Destro - Le diedero una diversa e più ampia percezione di sè, le fecero conoscere una insospettata vocazione attrattiva, non solo turistica ma culturale, insediativa, tecnologica. Anche grazie a quella esperienza olimpica, Torino intraprese una feconda discontinuità, strutturandosi come area metropolitana, aperta, internazionale ed inclusiva. L’intuizione lanciata dal direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello mi ha riportato alla memoria quell’esperienza. Oltre la proposta di un’Università “della” Montagna e “in” Montagna, da approfondire valorizzando l’esistente e l’auspicabile sinergia degli Atenei del Nordest, essa ripropone a mio avviso con forza la necessità di costruire in Veneto quel polo urbano di rango metropolitano che è in grado di porsi come naturale vertice del ‘nuovo Triangolo’, connesso con l’intero Veneto, includendo tutte le sue componenti e specificità territoriali, con l’Europa e il mondo. Può e deve essere l’occasione per ripensare l’organizzazione del nostro territorio, renderlo più efficiente ed attrattivo. Le infrastrutture e il sistema di trasporto, le reti della conoscenza, la digitalizzazione
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dei servizi, la semplificazione burocratica, ne sono un primo strumento. Solo la densità metropolitana può portare a soluzioni efficaci e sostenibili in questa direzione». «Vale anche la pena ricordare - conclude il Presidente di Assindustria Venetocentro - che per ottenere l’attribuzione delle Olimpiadi Invernali del 2026, che saranno un eccezionale moltiplicatore di attrattività per l’intero Paese, Cortina ha dovuto far fronte comune e saldare l’alleanza con Milano e il suo nodo metropolitano: se giochiamo di squadra, dentro e fuori i confini territoriali, vinciamo. Un modello che dobbiamo fare definitivamente nostro in Veneto, replicare in tutti i contesti delle scelte che ci vedono protagonisti: questa, ne siamo convinti, rappresenta la chiave anche per la ripresa».
NON SOLO SCI Corriere delle Alpi | 9 Gennaio 2020 p. 22 Non solo sci: il futuro delle Dolomiti a un bivio BELLUNO Non solo sci. Come fare? Lunedì 25 gennaio alle 18, con diretta Facebook su @DolomitesUnesco, si parla del futuro della montagna e delle stazioni sciistiche delle Dolomiti.Tre voci, oltre a quella della direttrice della Fondazione Marcella Morandini, si soffermeranno sulla possibile riconversione del turismo montano: Federica Corrado, professoressa associata del Dipartimento Interateneo di Scienze, progetto e politiche del territorio del Politecnico di Torino, il presidente e amministratore delegato de "La Sportiva", Lorenzo Delladio e il direttore di Confindustria Belluno Dolomiti Andrea Ferrazzi. --
Corriere del Trentino | 5 Gennaio 2020 p. 11 Non solo sci, in vetta a passo lento tra ciaspole, fondo e camminate. Le Dolomiti si scoprono «slow» «In montagna bisogna regredire, non c’è spazio per la fretta. Bisogna tornare alla stasi e poi muoversi. In montagna non c’è nulla da conquistare, c’è solo da lasciarsi conquistare». Reinhold Messner può piacere o meno. Ma innegabile resta il suo talento di fotografare con le parole il senso profondo della montagna. C’è qualcosa di universale nel suo modo di raccontarla, un’eco capace di risuonare in ciascuno di noi. Come una montagna inaffrontabile, anche il Covid ha obbligato tutti a rallentare. E anche riscoprire la montagna con kalipè, l’espressione himalayana che augura al prossimo di «camminare sempre a passo corto e lento», è stato necessario per ovviare alla chiusura degli impianti sciistici. La lentezza è il nuovo passo per vivere la montagna. Tra distese innevate scintillanti di sole solcate unicamente da scialpinisti esperti, ma per suggestive passeggiate o ciaspolate o per lo sci da fondo. Una tendenza che, da imposizione malsofferta, sta invece diventando un nuovo modo di vivere l’alta quota. «Storie di montagna» nasce per raccontare questo: persone, luoghi, tendenze che lassù dove l’aria si fa sottile riescono a trasformare la nostra esperienza, svelandoci il potere trasformativo di una montagna «sobria, rispettosa e giusta». Tre parole che sono state scelte poche settimane fa dal movimento Montagna Slow – nato con l’appoggio fra gli altri di Cai e Legambiente - come proprio manifesto programmatico pubblicato su www.slowmedicine.it/montagna-slow. «Sentivamo da tempo il bisogno di un approccio più sano, di mettere in discussione il modello ispirato alla velocità e alla performance», spiega Sandra Vernero, medico anestesista rianimatore valdostano in pensione e vide presidente di Slow Medicine che, insieme al maestro di sci Maurizio Bal – autore di un pionieristico saggio sullo Slow Ski – e all’insegnante Anna Galliano, ha dato origine alla svolta. Nato come spinoff della rete nazionale Slow Medicine - che dal 2011 promuove l’appropriatezza nelle cure e la riscoperta del rapporto umano fra medico e paziente - il movimento Montagna slow condivide con il più famoso movimento «Slow Food» di Carlo Petrini l’approccio.
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«Insieme alla Val d’Aosta dove il movimento ha mosso i primi passi, l’Alto Adige e il Trentino sono fra i luoghi più adatti per riscoprire una montagna più sobria, rispettosa e giusta», spiega Paola Zimmermann, referente regionale di Montagna slow. Passeggiate consapevoli nei boschi, respirare a pieni polmoni l’aria d’alta quota, riprendere il contatto con la natura e i suoi ritmi anche grazie a guide come insegnanti di yoga, tai chi e meditazione: sono alcune delle iniziative che Montagna slow ha messo in cantiere e che si apprestano ora a muovere i primi passi. Fra le proposte, la realizzazione di zone dedicate alla salita con pelli di foca o ciaspole, percorsi pianeggianti sulla neve affrontabili a qualsiasi età e in qualsiasi condizione fisica, «piste dello spirito» con luoghi dedicati a simboli di riflessione spirituale, «piste della conoscenza» dove spiegare i fondamentali dell’orienteering e dell’uso della natura, «piste dell’arte» con opere di artisti regionali sul modello di Artesella. «Siamo aperti ai contributi da parte di tutti», è l’invito di Vernero e Zimmermann.
L’Adige | 9 Gennaio 2020 p. 6 «Bisogna ripensare lo sci e la montagna» Fabrizio Torchio Per il Club Alpino Italiano, il futuro della montagna passa anche dal superamento della monocultura dello sci alpino, attraverso la differenziazione: valorizzando forme diverse di turismo, favorendo l'ospitalità diffusa, investendo in servizi che favoriscano la residenza in alto. Evitando di estendere i comprensori sciistici a zone ora intatte e gestendo le stazioni in modo sostenibile. Con il documento intitolato «Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci. Analisi del contesto, prospettive, proposte», il Cai prende posizione sui temi chiave dell'economia invernale di molte vallate delle Alpi dopo aver analizzato i dati relativi all'economia dello sci alpino e i benefici per le comunità locali, nel contesto di un clima che cambia e degli adeguamenti resi necessari dal mercato. «Stagnazione duratura del mercato sciistico, forte concorrenza internazionale, cambiamenti climatici in corso e conflitti con la protezione della biodiversità - si legge nelle conclusioni - impongono un ripensamento dell'economia legata allo sci da discesa e alle aree montane in generale». Il Cai «ritiene che non vi siano le condizioni per ulteriori espansioni dei comprensori sciistici verso zone intatte e tantomeno all'interno delle aree protette a livello europeo o nazionale; sia invece necessario gestire nel modo più razionale e sostenibile le stazioni sciistiche che presentino ancora buone prospettive, al fine di attirare un pubblico che dispone di molte offerte concorrenziali nell'arco alpino europeo, attraverso la necessaria diversificazione e ammodernamento delle attività, ma rigorosamente all'interno degli attuali comprensori e urbanizzazioni». Al presidente generale del Cai, l'avvocato Vincenzo Torti , abbiamo posto qualche domanda su questa analisi, ma anche sulle iniziative della grande «famiglia alpinistica» italiana. Presidente Torti, come è nato il documento? «Già in occasione dell'approvazione del Bidecalogo , adottato dal Cai nel 2013 quale forma di autoregolamentazione e proposta generale, si era posta l'attenzione sulla inopportunità che si realizzassero ampliamenti e nuovi impianti sciistici, ma si erano lasciati spazi prudenziali per valutare anche casi molto particolari. Ma era tempo di dar corso ad una verifica più ampia e approfondita. L'analisi effettuata ha mostrato un quadro con più di trecento impianti di risalita abbandonati in Italia e dinanzi alle proposte di ampliamento di alcune stazioni sciistiche, come la Via Lattea, l'Alpe Devero, le Cime Bianche, il Comelico, o a progetti per zone dove la neve ormai non arriva sempre, ci siamo posti, al di là degli aspetti pur prioritari di tutela ambientale, anche il quesito sulla razionalità e remuneratività di ulteriori investimenti, spesso a carico degli enti territoriali. Da dieci anni il numero di sciatori non aumenta e lo sci è considerato un prodotto maturo e siamo convinti che il futuro della montagna sia nella destagionalizzazione. Le racchette da neve, ad esempio, stanno prendendo piede e in questi mesi stiamo promuovendo itinerari che evitino gli affollamenti». In questo momento il settore dello sci è in sofferenza a causa della pandemia. «Gli impianti esistenti rappresentano un turismo importante e auspichiamo che le stazioni vengano adeguatamente aiutate, ma le risorse che si vorrebbero mettere in nuovi impianti potrebbero essere impiegate per contribuire alla diversificazione dell'offerta turistica in altre attività, distribuite in tutto l'arco dell'anno». Tuttavia, gli ampliamenti talvolta vengono richiesti affinché le società possano rimanere sul mercato internazionale: accade in Italia come negli altri Paesi alpini. «L'esistente va bene, ha portato economia, anche se non dappertutto. La domanda da porsi doverosamente è quale senso abbia pensare di ampliare o, addirittura, realizzare nuovi impianti, a fronte di un numero di fruitori che non cresce da molto tempo e che, semmai, a causa della pandemia e della conseguente crisi economica, subirà un'ulteriore contrazione. Non è un caso che anche i Club alpini di Austria, Germania e Francia abbiano assunto da tempo una posizione analoga di contrarietà motivata». Il Cai come ha sentito gli effetti della pandemia? «Onestamente devo dire che il Cai grazie all'affezione e al senso di appartenenza dei propri soci, gode di buona salute: avevamo toccato nel 2019, in situazione di totale normalità, il picco di 327mila soci e, al 31 ottobre scorso, abbiamo chiuso, in piena pandemia,
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a 306.250 soci. Affrontiamo il 2021 con doverosa prudenza, ma anche con altrettanta fiducia: iscriversi al Cai significa avere a cuore la montanità, che è una dimensione cui appartengono anche le popolazioni, e non solo la montagna fisica. Quest'anno abbiamo donato 53 autovetture ad Anpas (l'Associazione nazionale pubbliche assistenze) per assicurare l'assistenza domiciliare nelle valli più discoste d'Italia, e a tutte le sezioni Cai proprietarie dei ben 327 rifugi alpini, abbiamo regalato il kit completo per la sanificazione per favorire le riaperture. Una novità importante è rappresentata dai Villaggi degli alpinisti ideati in Austria e che ora, adottando i medesimi criteri di selezione qualitativa, sono approdati in Italia. Così, dopo Forno di Zoldo, sono stati ammessi anche Balme, in Piemonte, Triora in Liguria, mentre Paularo, in Friuli Venezia Giulia è il prossimo candidato. Si tratta di un altro modo di interpretare la montagna che credo influirà non poco, e in senso positivo, sul modo di guardare alla montagna tutta. E poi c'è il Sentiero Italia Cai, che unisce tutte le nostre regioni e accanto al quale nasceranno nuove economie. Lungo il percorso vi sono già famiglie che hanno riattato i locali dei nonni per ospitare i camminatori, perché dove c'è un itinerario a piedi i frequentatori amanti della natura e della scoperta delle culture del territorio, arrivano». A che punto è il Sentiero Italia Cai? «Molti punti di accoglienza sono già accreditati e da maggio usciranno le prime guide a stampa. Con il Ministero dell'Ambiente abbiamo di recente siglato un protocollo per realizzare il Sentiero Italia dei Parchi, che unisca tutti i Parchi nazionali, sedici dei quali già intercettati dal SICai , cui abbiamo deciso di affiancare il tratto delle Alpi Apuane, come forma di attenzione e promozione di una montagna così gravemente minacciata. Si tratta di un grande impegno al quale il volontariato del Cai ha dato una risposta generosa e competente .E l'interesse per questi straordinari itinerari ha già varcato i nostri confini, sol che si consideri che sono arrivate richieste di notizie dagli Stati Uniti e persino dalla Nuova Zelanda».
OLIMPIADI MILANO CORTINA 2026: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 2 Gennaio 2020 p. 31 Impianti, varianti e nuovi alberghi: siglata l'intesa per il masterplan olimpico CORTINA È stato sottoscritto il protocollo d'intesa tra Comune di Cortina, Provincia di Belluno e Regione Veneto per la redazione del masterplan urbanistico inerente le Olimpiadi 2026. Il documento era stato approvato in consiglio comunale a Cortina a novembre e ora vede la firma del presidente della Regione Luca Zaia, del presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin e del sindaco di Cortina Gianpiero Ghedina.Con una regia univoca saranno portati avanti tutti i progetti, pubblici e privati, presentati o in via di presentazione. Rientreranno nella pianificazione anche tutti gli sviluppi urbanistici, edilizi e turistici futuri del territorio. La pianificazione strategica si occuperà della viabilità, con la volontà di completare la circonvallazione di Cortina e il nodo di Longarone; degli impianti di risalita, con la previsione di collegare le ski aree ampezzane sia con quelle di Arabba e del Civetta sia con la Val Badia; a livello interno c'è poi la volontà di collegare Tofana e Faloria tramite l'ampliamento delle aree pedonali, l'aumento dei parcheggi e il miglioramento delle strade che dalle frazioni portano al centro. Saranno poi valorizzati i luoghi "simbolo" di Cortina come il trampolino Italia, l'Alexander Girardi, l'ospedale, lo stadio Olimpico del ghiaccio, le scuole e la palestra affinché siano facilmente riconoscibili e raggiungibili. Saranno poi incentivate le creazioni di nuovi alberghi e le ristrutturazioni con ampliamenti degli attuali per colmare la carenza di posti letto alberghieri rispetto al surplus dei posti nelle seconde case. In vista delle Olimpiadi si potrà anche sviluppare il tema dell'eliporto, del fabbisogno di una foresteria sia pubblica che privata, della creazione di parcheggi attrezzati per camper e di parcheggi per auto da usare solo durante gli eventi.La cura del paesaggio sarà il principio guida di tutte le azioni e la Conca potrà diventare luogo di formazione di attività legate alla cura della montagna o di settori medico-sportivi o altri con la messa a disposizione di studiosi di manufatti dismessi o sottoutilizzati.Il Governo ha già stanziato un miliardo per le opere olimpiche, da dividere tra la Lombardia, le Province autonome di Trento e Bolzano ed il Veneto. Al Veneto sono toccate oltre la metà delle risorse per la realizzazione della variante alla Statale di Alemagna a Longarone e Cortina e di alcune altre opere ferroviarie. «Dobbiamo essere in grado di arrivare pronti con tutto quanto serve all'appuntamento principale per la nostra montagna nei prossimi anni», afferma Zaia, «ma non solo, dobbiamo saper cogliere l'opportunità di questo evento affinché quello che realizziamo non sia solo per le Olimpiadi, ma sia soprattutto il motore per la sostenibilità futura del nostro territorio. I tre Enti si sono trovati d'accordo sulla necessità di riunirsi attorno ad un tavolo al fine di redigere un documento condiviso, che possa contenere l'intera strategia di sviluppo di quanto necessario, comprendente opere pubbliche ed interventi privati, tutti messi in connessione, in un'unica visione, per una sola regia, al fine di offrire i massimi effetti alle risorse finanziarie, ma non solo finanziarie, che verranno investite. L'Italia sconta sempre un gap rispetto ad altri paesi europei per la
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mancanza di pianificazione e programmazione. Questa volta gli enti locali vogliono dimostrare che tutto ciò che si andrà a realizzare sul nostro territorio fa parte di un tassello ben studiato ed integrato in una visione ben più generale del solo evento olimpico. La volontà politica è che queste Olimpiadi possano essere l'occasione ed il volano per il sostegno alla nostra montagna, che parte dalla nostra Regina delle Dolomiti, Cortina, ma che poi faremo in modo che contagi l'intero territorio». Gli uffici dei tre enti hanno già cominciato informalmente a lavorare, raccogliendo dati ed analisi territoriali, al fine di costruire il disegno di sviluppo, rigenerazione e riqualificazione dei prossimi 30 anni. Ci si metterà a lavorare subito dopo le feste per poter arrivare entro l'estate alla definizione ed approvazione della strategia condivisa. La Regione, intanto, al fine di non perdere tempo prezioso, ha chiesto al MIT, ed ottenuto, già da quest'estate, l'assegnazione dei fondi ad Anas per avviare le progettazioni dei due interventi di variante alla SS 51 a Longarone e Cortina e questo ha permesso da settembre scorso l'avvio delle operazioni di progettazione. --a. s.
NOTIZIE DAI RIFUGI L’Adige | 5 Gennaio 2020 p. 20 «Il nuovo rifugio? Tempi lunghi» Montagna Pian dei Fiacconi, Trevisan non si illude. Raccolta fondi per le spese di rimozione delle macerie «Non mi piace illudere le persone. Soprattutto se devo chiedere loro aiuto: prima di rivedere in piedi un nuovo rifugio Pian dei Fiacconi passeranno anni. Nel frattempo, meglio che io mi cerchi un nuovo lavoro». È abbattuto Guido Trevisan. Più che altro, in fondo, semplicemente realista. Ieri il proprietario e gestore della struttura della Marmolada irrimediabilmente danneggiata da una valanga lo scorso 14 dicembre, ha lanciato una nuova raccolta fondi on line, attraverso la piattaforma gofoundme.com . «Dopo il tanto affetto e i generosi interessamenti dei giorni scorsi, quando avevamo dato a tutti la possibilità di contribuire attraverso donazioni su un conto corrente, abbiamo deciso di affidarci alla piattaforma on line, perché più immediata, più semplice e soprattutto in grado di garantire la massima trasparenza ai sottoscrittori. Ma l'ho spiegato chiaramente, sul sito e lo ribadisco: il denaro che verrà raccolto non servirà a ricostruire il rifugio». In realtà sì. Far fronte alle spese per archiviare la dolorosa ma necessaria parentesi della demolizione, è comunque il primo passo per ricominciare. «Sono spese ingenti. Mi sono confrontato con un ingegnere e abbiamo stimato che per la rimozione delle macerie e il trasporto a valle di quel poco che potrà essere salavato tra gli arredi, serviranno all'incirca 120mila euro. E poi, prima di ripartire, dovrò chiudere il mutuo che era ancora attivo per il rifugio che non c'è più: 140mila euro». Tabula rasa. Poi, grazie ai suoi sforzi e alla generosità di chi vorrà contribuire, si potrà pensare alla rinascita. «L'obiettivo è quello. Ma senza illudere nessuno. Le tempistiche saranno lunghe. Una volta passate le festività spero di poter incontrare qualcuno in Provincia. La Marmolada non è mia, devo capire innanzitutto che cosa voglia fare l'ente pubblico e a che cosa si possa pensare ipotizzando un nuovo rifugio». La sua idea è quella di non ricostruirlo là dove sorgeva. «L'ho scritto anche su internet: la Natura è maestra e non si può prescindere dai suoi segnali. L'unica mia certezza è che non ricostruirò più forte, più grande e con più cemento: non ho intenzione di impattare sul delicato sistema del ghiacciaio e di creare nuovi rifiuti per le generazioni che verranno. E poi la zona è a rischio, è evidente. Si dovrà ricostruire in un altro punto, ma non posso individuarlo da solo». Con tempi lunghi, teme. «Lo dicono le vicende di altri rifugi. Pensiamo al Petrarca, in val Passiria: i lavori sono partiti l'anno scorso, cinque anni dopo la valanga che l'aveva distrutto. O, senza andare lontano, al Tonini. Io penso che un nuovo Pian dei Fiacconi lo potremmo rivedere forse tra sei, otto anni». Le. Po.
L’Adige | 7 Gennaio 2020 p. 14 «Ristori anche per i rifugi alpini»
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Chiusure L'appello dell'Uncem anche per le circa 150 strutture trentine I ristori promessi dal governo devono riguardare anche i rifugi alpini di tutta Italia, comprese le circa 150 strutture trentine. A chiederlo ufficialmente è l'Uncem, l'Unione nazionale dei Comuni, delle Comunità e degli enti montani, d'intesa con le Associazioni di rappresentanza di questi fondamentali riferimenti per le zone montane del Paese. «Mentre il Parlamento si appresta a individuare nuove forme di ristoro per le attività economiche chiuse o duramente colpite dall'emergenza Covid-19 - si legge in una nota - chiediamo a Governo e Parlamentari di affrontare con massima urgenza la problematica dei rifugi alpini che finora non hanno beneficiato di alcun intervento di sostegno. Si tratta di un pezzo importante dell'economia montana che chiede delle puntuali azioni politiche». Delle 1.500 strutture nazionali circa 150 sono sul territorio provinciale e rappresentano una risorsa da vari punti di vista: turistico, ovviamente, ma anche ecologico, storico e culturale. «I rifugi non hanno beneficiato di ristori in quanto questi sono stati calcolati sul fatturato dei primi mesi del 2020 quando queste strutture non erano aperte o con flussi turistici fortemente ridotti. In altri casi, non è stato possibile fare richiesta di bonus ristoranti o bar da parte dei gestori a causa di codici ateco primari non rientranti in quelli beneficiari di sovvenzioni legate all'emergenza sanitaria». ha sottolineato Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte, in rappresentanza di tutto il settore. «I rifugi erano inoltre esclusi dai potenziali beneficiari del "bonus ristoranti", il contributo a fondo perduto per gli acquisti di prodotti di filiere agricole e alimentari locali. Una anomalia grave, stante il fortissimo radicamento territoriale di queste strutture, che per tradizione e cultura utilizzano solo materiali locali nelle loro preparazioni». Uncem ritiene importante si possano avviare iniziative di supporto per tutti i comparti e gli operatori economici delle aree montane, compresi i rifugi alpini gestiti, «perché ciascuna località montana e ciascuna valle ha precise vocazioni che vanno riconosciute e potenziate».
Corriere delle Alpi | 7 Gennaio 2020 p. 9 Chiedono ristori anche i 1.500 rifugi: «Mai visto un euro» BELLUNO Tutti alla caccia di ristori. Anche i rifugi alpini, «che finora non hanno beneficiato di alcun intervento di sostegno», denuncia l'Uncem, l'unione nazionale dei comuni, delle comunità e degli enti montani. «Chiediamo», spiega Uncem, « di affrontare con la massima urgenza la problematica che riguarda 1500 strutture, rifugi e punti tappa escursionistici gestiti. Si tratta di un pezzo importante dell'economia montana che chiede attraverso Uncem puntuali azioni politiche».I rifugi non hanno beneficiato di ristori in quanto calcolati sul fatturato dei primi mesi del 2020 quando queste strutture non erano aperte o con flussi turistici fortemente ridotti. In altri casi, non è stato possibile fare richiesta di bonus ristoranti o bar da parte dei gestori a causa di codici ateco primari non rientranti in quelli beneficiari di sovvenzioni. I rifugi erano inoltre esclusi dai potenziali beneficiari del bonus ristoranti.«Una anomalia grave stante il fortissimo radicamento territoriale di queste strutture, che per tradizione e cultura utilizzano solo materiali locali nelle loro preparazioni», sottolinea l'Uncem.Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, fa sapere di aver voluto, su questo tema, un incontro con la viceministra al Mef, Laura Castelli, che sta lavorando con estrema attenzione, col sottosegretario Riccardo Fraccaro e il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli.«Il Governo», assicura, « è al lavoro per garantire ristori adeguati alla montagna e, come già annunciato nel mese precedente, all'interno del prossimo decreto ristori saranno messe in campo misure precise per gli operatori del settore che hanno subìto ripercussioni a causa dell'emergenza Covid».D'Incà specifica che il Governo e i parlamentari del Movimento 5 Stelle, che sono portatori delle istanze della montagna, comprendono le difficoltà attraversate dal settore turistico e «continueranno a lavorare giorno dopo giorno per raggiungere la migliore soluzione che possa dare sostegno agli impianti rimasti fermi, ristoranti e bar, senza creare disparità».L'assessore regionale al Turismo, Federico Caner, prende atto di questi impegni.«Vanno nella direzione giusta», riconosce, «purché i tempi di erogazione siano veloci così da evitare che queste attività duramente colpite dalla pandemia chiudano per sempre».Come accade per altre attività stagionali o per alcuni prodotti particolarmente richiesti in alcuni mesi dell'anno, la montagna in quattro mesi si gioca il fatturato di un anno. «Dunque, se per effetto della pandemia queste attività non potranno ripartire», conclude Caner, «allora è corretto intervenire con una risposta che sia adeguata e veloce. Eventuali ritardi nell'erogazione dei ristori rischiano di avere gravi riflessi non solo sulla stagione invernale, ma anche su quella estiva. Scenario da scongiurare» .Non è ancora chiara, in ogni caso, la configurazione che prenderà il nuovo decreto ristori. Tre gli assi di intervento ipotizzati: i ristori perequativi per le attività colpite, le norme per facilitare i piani di ristrutturazione e liquidazione delle imprese e un fronte fiscale. Non solo soldi, quindi. Bisognerà vedere se prevarrà la linea di una rateizzazione soft dei pagamenti dovuti sostenuta dal Pd o la linea del M5S che chiede un intervento straordinario con sconti fiscali per il 2021. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere delle Alpi | 13 Gennaio 2021 p. 11 I rifugisti: «Sarà difficile riaprire per l'inverno» Gianluca De Rosa BELLUNO Tra i rifugisti bellunesi serpeggia il malcontento. Si avverte un clima di tensione in uno dei comparti più colpiti dalla serrata invernale. Per alcuni di loro la chiusura degli impianti sciistici ha rappresentato un'ulteriore mazzata agli incassi, anche nei momenti in cui era possibile muoversi sulle Dolomiti.Il quadro della situazione è presto delineato dal presidente di Agrav Mario Fiorentini che annuncia.«Molti, ormai, pensano di saltare completamente la stagione invernale. Un rifugio, infatti, non è in grado di aprire da un giorno all'altro. Per riavviare l'attività dopo un lungo periodo di stop, come quello che intercorre tra la fine della stagione estiva e l'inizio di quella invernale, servono giorni, ma soprattutto soldi. Qualche esempio? Solo di riscaldamento, durante l'inverno arriviamo a spendere anche trecento euro a settimana. Qualcuno si è munito di impianti più moderni, in grado di raggiungere temperature accettabili in poche ore, ma anche in questo caso non ci si sottrae molto facilmente a bollette salate. C'è poi tutto il discorso dei rifornimenti. Con o senza teleferiche, d'estate è più semplice raggiungere un rifugio per portare su le vivande. Basta una jeep e il gioco è fatto. D'inverno lo scenario cambia radicalmente, se poi pensiamo a quello che sta succedendo proprio in questi giorni col discorso del maltempo, riesce fin troppo facile farsi un'idea della situazione. Aggiungerei che solo per pulire un parcheggio dalla neve, di questi tempi, servono tra i 1.500 e i 2 mila euro. E poi un rifugio non si regge in piedi aprendo un giorno sì e un giiorno no, così come non si regge facendo qualche caffè. La nostra attività deve essere programmata per un periodo lungo e qui si viaggia a vista. Per questo, ma ci sarebbero altri mille motivi, gran parte dei rifugisti potrebbero saltare la stagione».Un discorso a parte lo meritano i rifugi collocati lungo le piste da sci. «Inevitabilmente sono quelli che hanno pagato lo scotto maggiore», spiega Fiorentini, «sono, quelli, infatti, i rifugi che d'inverno restano solitamente aperti quattro mesi in aggiunta ai tre mesi e mezzo estivi. Ci sono molti rifugi, prettamente alpini, che per via della particolare posizione geografica durante l'inverno restano chiusi. La situazione sulle piste è diametralmente opposta. Va anche detto che gran parte dei rifugi situati lungo le piste da sci non hanno più le caratteristiche tipiche del rifugio alpino, ma assomigliano sempre di più ad alberghi, con spa e camere doppie con bagno interno. Sono strutture private, periodicamente oggetto di investimenti, anche importanti, proprio perché il movimento che vi gira attorno è considerevole». «Oggi», insiste, «non esiste più una classificazione che certifica l'origine di un rifugio, ma fino a qualche anno fa quasi tutti i rifugi situati lungo le piste da sci avevano perso le caratteristiche del rifugio alpino diventando rifugio escursionistico. Una catalogazione che ha permesso ai titolari di muoversi con maggior disinvoltura. Attorno a quella classificazione c'è una partita che si sta giocando ormai da troppo tempo. Una partita che ha creato disomogeneità al comparto, ma questa non vuole essere una polemica. Bisogna capire che i rifugi sono molto diversi l'uno dall'altro. Costringerli in un comparto unico, soprattutto in questo momento, non aiuta a trovare una soluzione che metta tutti d'accordo». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 21 Gennaio 2021 p. 28 «A Pian dei Fiacconi rischio alto. Dico no ad una nuova cestovia» il rifugista Guido Trevisan, titolare del rifugio Pian dei Fiacconi, che è stato distrutto recentemente da una valanga di neve sulla Marmolada, dichiara un rotondo no alla nuova cestovia in progettazione. Il motivo? Il pericolo valanghe, la difficoltà di accesso per ragioni di sicurezza, e tutta un'altra serie di ragioni. C'era un impianto di risalita, fino al settembre 2019, una cestovia appunto. Era obsoleta ed è stata chiusa. Verrà sostituita da una nuova struttura. Ma ci sono problemi di sicurezza. «Nell'analisi della sciabilità della zona, affidata all'ingegner Andrea Boghetto, che partecipa all'attuale progettazione del nuovo impianto della ditta Funivia Fedaia Marmolada dei fratelli Mahlkencht, si legge tra le varie cose», spiega Trevisan, «che "ipotizzando per il futuro un ottimistico raddoppiamento dei passaggi a seguito del progetto di sviluppo e che il passaggio degli sciatori si distribuisca in ugual modo su tutti gli impianti, si trova un valore medio di 200 mila passaggi per impianto, valore sostanzialmente inferiore al limite di sopravvivenza e sostenibilità economica dell'iniziativa di realizzazione di impianti pesanti". Non solo, nella stessa relazione si evidenzia che "d'altra parte i vincoli tecnici, normativi e le attuali preferenze della clientela escludono a priori il ricorso ad impianti leggeri"». Replica Trevisan: «Da ingegnere mi chiedo come un tecnico possa firmare la sicurezza di un impianto e ancor di più una pista in un sito per il quale basta sfogliare l'archivio provinciale delle valanghe per rabbrividire». Secondo il rifugista «è sufficiente visionare le carte della pericolosità e la carta di sintesi della pericolosità del territorio provinciale di Trento approvate il 4 settembre 2020 e in vigore dal 2 ottobre 2020, per vedere come tutta
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la zona del Pian dei Fiacconi sia considerata zona rossa ossia zona a pericolosità P4 - elevata che nella scala di valutazione è la pericolosità massima».Per quel che riguarda la sostenibilità ambientale, «posso affermare, in quanto ingegnere per l'ambiente e il territorio», aggiunge Trevisan, «che una stazione di un impianto di risalita "pesante" con un mastodontico vomere di cemento armato di protezione dalle valanghe, posizionato su una sommità piuttosto che in un avvallamento o sotto una linea di cresta, creino indubbiamente un impatto ambientale paesaggistico importante, senza considerare inoltre che siamo in territorio Unesco. C'è poi da considerare la sostenibilità economica». «Nel documento "Verso un turismo sostenibile per l'area della Marmolada" scritto dal Museo tridentino di scienze naturali con l'università di Trento, si ha modo di leggere», sottolinea Trevisan, «che per risultare economicamente conveniente il nuovo impianto dovrebbe essere frequentato ogni giorno dell'intera stagione (dicembre-aprile) da 300-450 sciatori, ipotesi che non sembra essere realistica». --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
PIANO URBANISTICO AURONZO – MISURINA Gazzettino | 19 Gennaio 2021 p. 11, edizione Belluno La nuova urbanistica di Misurina finalmente arriva alle osservazioni Dopo anni di stallo torna alla ribalta il Piano urbanistico attuativo del Piano d'area di Auronzo-Misurina che porta la data d'approvazione da parte della Regione Veneto al 1999. Il Piano particolareggiato della nota frazione auronzana è stato pubblicato per le osservazioni, facendo così un passao avanti nel complesso iter urbanistico. L'avvio del procedimento, predisposto dall'ufficio tecnico municipale diretto dall'ingegner Tommaso Piovesana, vede al centro i comparti del Lago di Misurina e il sistema dei Laghi di Misurina, d'Antorno e della Val d'Ansiei. Nell'ambizioso piano è prevista la realizzazione di parcheggio a monte dell'abitato di Misurina tra la strada comunale di accesso a Malga Misurina e l'Hotel Lavaredo e relativa rotatoria di accesso. VIA LE AUTO DALLE RIVE Altra opera in progetto è il parcheggio in corrispondenza dell'incrocio, che sarà modificato, tra la strada provinciale 49 di Misurina e la strada comunale delle Tre Cime di Lavaredo lungo la Via Monte Piana. Complessivamente sono previsti 280 posti auto che dovrebbero togliere le quattro ruote dalle sponde del lago di Misurina con il contestuale recupero delle aree ai fini turistici mediante il loro inerbimento, la realizzazione di percorsi pedonali e il posizionamento dell'arredo urbano. Ci sarà quindi la sistemazione definitiva del parcheggio presso il Lago d'Antorno. Altro elemento significativo è l'estensione della rete ciclabile Auronzo-Misurina verso Carbonin nel Comune di Dobbiaco. MOBILITÀ SOSTENIBILE Quanto alla riqualificazione ambientale e funzionale delle aree adiacenti al lago di Misurina, tra la sponda e la Strada provinciale 49, e a quelle del lago d'Antorno, l'iniziativa è inserita nel quadro del completamento della rete primaria ciclabile e integrazione di sistemi di mobilità sostenibile. STRADA PER LE TRE CIME A completamento della rete infrastrutturale è intenzione del Comune istituire un servizio di trasporto turistico su trenini su gomma tra Misurina e il Rifugio Auronzo ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Tali navette dovrebbero sostituire le attuali linee di trasporto pubblico e privato in quanto comporterebbero pericolo alla sicurezza stradale, viste le forti pendenze e tornanti a corto raggio. Sempre nell'ambito della località dolomitica, in questi ultimi anni letteralmente presa d'assalto nel periodo estivo, dovrebbe essere completato il rifacimento del casello di pedaggio per l'accesso ai parcheggi delle Tre Cime di Lavaredo. Inoltre è prevista l'informatizzazione mediante un controllo diretto dal municipio auronzano, l'installazione di pannelli informativi sulla reale capienza dei parcheggi. Gianfranco Giuseppini © riproduzione riservata
Corriere delle Alpi | 24 Gennaio 2021 p. 29 La "nuova" Misurina? Sarà priva di auto
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MISURINA Due mesi di tempo per decidere il futuro di Misurina.«Sarà una rivoluzione conservativa», anticipa Tatiana Pais Becher, sindaco di Auronzo, «rivoluzione perché costruiremo due parcheggi interrati, liberando i laghi di Misurina e Antorno alle auto e rinaturalizzando le sponde. Ma anche perché consentiremo finalmente ai residenti, soprattutto a coloro che hanno attività, di presentare i loro progetti di sviluppo, pure nei limiti imposti dalla valorizzazione conservativa di questo gioiello ambientale».E poi l'anticipo di un sogno: «Vorrei poter risolvere il problema delle code chilometriche che si presenta ogni estate e consegnare alle generazioni future una "Perla delle Dolomiti" più verde. Il sogno sarebbe poter vedere un giorno Misurina completamente zona pedonale, con la realizzazione di un tunnel che la bypassa, come era stato paventato dall'allora sindaco Renato Corte Sualon alla fine degli anni '90». L'Amministrazione ha infatti pubblicato l'avviso di concertazione e partecipazione per la formazione di piano urbanistico attuativo del Piano d'area Auronzo Misurina per questo lago e per quello di Antorno. Gli interessati possono presentare proposte ad integrazione o a correzione di quanto intende realizzare il Comune. È da anni che chi risiede o lavora a Misurina aspetta di poter riqualificare il proprio ambiente, magari con qualche ampliamento compatibile. Ha ora 60 giorni per concretizzare progettualmente il suo sogno. Il Comune, dal canto suo, intende rispondere alle prospettive indicate dalla Fondazione Unesco con un progetto d'avanguardia. Elaborato che prevede la realizzazione di un parcheggio interrato a monte dell'abitato (comparto C2) tra la strada comunale di accesso a Malga Misurina e l'hotel Lavaredo.Un altro parcheggio, anche questo interrato, è previsto presso l'incrocio tra la Sp49 di Misurina e la strada comunale delle Tre Cime di Lavaredo, in via Monte Piana. Via, dunque, tutte le auto intorno al lago di Misurina.Ma il piano va ben oltre, considerando la sistemazione definitiva del parcheggio nella zona del lago d'Antorno e la modifica della viabilità con la realizzazione di una rotatoria di accesso al parcheggio del comparto C2.Verrà estesa anche la rete ciclabile Auronzo-Misurina verso Carbonin (Dobbiaco), saranno riqualificate ambientalmente e funzionalmente le aree adiacenti al lago di Misurina comprese tra la sponda e la Sp 49 e quelle adiacenti al lago d'Antorno comprese tra la sponda e la strada comunale delle Tre Cime di Lavaredo. Le sponde del lago saranno anche attrezzate con un percorso pedonale, le scarpate saranno inerbate anche con il posizionamento di aiuole a verde. Non mancheranno aree attrezzate per la sosta. Il sentiero lungolago sarà illuminato per passeggiate anche notturne. L'ex casa cantoniera dell'Anas diventerà un punto informartivo. Ad analogo procedimento di rinaturalizzazione saranno sottoposte anche le sponde del lago d'Antorno. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 24 Gennaio 2021 p. 29 Un casello con due accessi sulla strada delle Tre Cime MISURINA Entro l'estate sarà finalmente istallato il nuovo sistema informatico per gestire l'accesso ai parcheggi delle Tre Cime di Lavaredo, che verrà implementato con un casello totalmente rinnovato con due porte di accesso e due di uscita e con l'installazione di una segnaletica luminosa che indichi in tempo reale, fin da Misurina, il numero dei posteggi disponibili. Lo annuncia il Comune di Auronzo. L'Amministrazione, capitanata da Tatiana Pais Becher, ha sempre avuto in grande considerazione il problema della gestione del traffico nella zona di Misurina e delle Tre Cime di Lavaredo, posto al centro di recenti analisi critiche anche da parte della Fondazione Dolomiti Unesco. Già nel primo anno del suo insediamento la giunta Pais Becher aveva affrontato la problematica in un incontro con l'assessore della Regione Federico Caner e la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. A questo erano poi erano seguiti degli incontri con la Sovrintendenza e con i cittadini di Misurina. Purtroppo il Covid 19 ha allungato i tempi di realizzazione del nuovo casello di accesso alle Tre Cime, che doveva essere progettato già per l'anno scorso. L'Amministrazione ha già provveduto in autunno ad indire un bando, già assegnato, per la dotazione tecnologica e la strumentale. Il nuovo sistema di gestione parcheggi, costo 476.250 euro al netto dell'Iva, prevede anche quelli della Loita con complessivi 190 punti di sosta per camper e veicoli, oltre a quello del lago d'Antorno che prevede la capienza di 120 vetture. Tutta la gestione del sistema può essere controllata da remoto sia con tablet, sia da postazioni fisse collocate nel municipio di Auronzo. Per quanto strettamente attinente alla viabilità, sempre nell'area della Loita dove si biforcano le strade che conducono una al rifugio Auronzo e l'altra al Bosi sul Monte Piana, è prevista una rotatoria. Così, nel caso di esaurimento dei posti auto, sarebbe permesso ad auto e pullman di invertire più agevolmente la marcia e di non restare imbottigliati. --f.d.m.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 24 Gennaio 2021 p. 29 L'Università lancia l'allarme
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«In troppi sotto le Lavaredo» MISURINA Recentemente la Fondazione Dolomiti Unesco ha avvertito che, sul territorio di competenza, vi sono alcuni hotspot (ovvero punti di particolare attrazione per i visitatori) che portano ad un eccessivo carico su queste aree: il riferimento era a quelle del lago di Braies e delle Tre Cime di Lavaredo. Sovraffollamento generalizzato, code e chiasso impattano sull'ambiente e sulla qualità della visita e della vita delle comunità locali. In merito, uno studio dell'Università Ca'Foscari di Venezia è stato presentato il 16 novembre scorso. Per quanto riguarda le Tre Cime di Lavaredo, i dati raccolti parlano di picchi superiori alle 13. 400 persone al giorno.Un campanello d'allarme consiste nel fatto che la valutazione della qualità dell'esperienza di visita sia in calo, soprattutto nelle giornate di sovraffollamento. Per l'area delle Tre Cime di Lavaredo, se il sito viene considerato come parco naturale, il limite consigliato dall'Università per il carico naturale è di 2.700 -3. 000 persone al giorno mentre è di 7. 000-7. 500 se considerato come area escursionistica; in riferimento al carico sociale, quindi, non bisognerebbe superare le 4.000 persone al giorno.Per il territorio delle Tre Cime di Lavaredo la Fondazione Dolomiti Unesco consigliava "caldamente" di agire per ridurre drasticamente il traffico e, quindi, l'accesso di automobili a Misurina, e favorire il raggiungimento dell'area con mezzi pubblici.« In particolare», suggeriva lo studio, «sarebbe opportuno incentivare gli accessi a piedi o in bici, e penalizzare l'utilizzo dei mezzi a motore privati. Sarebbe inoltre opportuno creare momenti di fruizione diversi puntando alla destagionalizzazione e alla diversificazione spaziale, incentivando la visita di altre aree delle Dolomiti Unesco». --f.d.m.© RIPRODUZIONE RISERVATA
SERRAI DI SOTTOGUDA: GLI AGGIORNAMENTI Gazzettino | 8 Gennaio 2020 p. 11, edizione Belluno Serrai sepolti dalla neve: «Il cantiere partirà in ritardo» Metri di neve, cantiere in ritardo: succede ai Serrai di Sottoguda dove l'abbondante coltre bianca ha sepolto lo scempio provocato da Vaia che doveva essere sistemato quest'anno. Destino analogo anche per altri interventi in programma: più neve c'è, più tempo serve perchè si sciolga e più tardi entrano in funzione le ruspe. Così slittano, è proprio il caso di dirlo, visto che si parla di neve, anche altre operazioni di riqualficazione e di recupero sul territorio di Rocca Pietore martoriato nell'autunno del 2018 dalla tempesta Vaia. IL BLOCCO La prima preoccupazione del sindaco di Rocca Andrea De Bernardin è il cantiere dei Serrai, intervento da nove milioni di euro per restituire la selvaggia forra ancora più bella e affascinante di prima. «Prima il Covid e l'emergenza sanitaria, poi le alluvioni della scorsa estate, ora ci si mette anche l'eccezionale nevicata -allarga le braccia De Bernardin- è veramente una corsa tutta in salita rispettare i tempi previsti. Grande soddisfazione in autunno quando aprì i battenti il cantiere dopo una fase burocratica complessa e delicata condotta da Veneto Acque, ora che si sperava di poter riaprire il cantiere al più presto per ripartire con i lavori, il quadro si complica di nuovo: sarà veramente molto difficile visto che se continuerà a nevicare anche nel corso di tutto l'inverno con questa frequenza ci vorrà parecchio tempo prima che la neve se ne vada dai Serrai considerato la posizione all'ombra e dove imperversano correnti fredde. Ciò nonostante confido nel consorzio di imprese bellunesi che si sono aggiudicate questo intervento, sanno il fatto loro, sono serie e ben attrezzate e quindi appena le condizioni ambientali lo permetteranno sapranno riprendere i lavori con la solerzia che le ha sempre contraddistinte». L'IMPORTO Il nuovo progetto ha un importo di 9.100.000 euro, di cui 6.785.000 di lavori e 1.640.983 di Iva, è stato illustrato nel corso di un incontro pubblico alla popolazione di Rocca e alla stampa nell'ottobre scorso dal direttore di lavori, Fabio Muraro, e dal direttore operativo, Felice Gaiardo. Serviranno 620 giorni per completarlo entro il 2022. Dario Fontanive © riproduzione riservata
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NOTIZIE DAI PARCHI L’Adige | 2 Gennaio 2021 p. 30 Valerio Zanotti verso la guida del Parco andrea orsolin PRIMIERO Cambiamenti in vista all'interno del Parco Paneveggio Pale di San Martino, il cui comitato di gestione sarà nelle prossime settimane rinnovato con i membri espressi dalle amministrazioni comunali elette lo scorso ottobre e i rappresentanti di enti e associazioni del territorio. I giorni scorsi il comitato guidato dal presidente uscente Silvio Grisotto si è riunito (in videoconferenza) per l'ultima volta per approvare il bilancio di previsione 2021-2023 e il piano delle attività del prossimo triennio. Ora spazio alla ratifica delle nomine da parte della Provincia (entro fine mese) e, successivamente, alla scelta dei componenti della giunta e del nuovo presidente del Parco. Secondo indiscrezioni potrebbe essere Valerio Zanotti (foto), 50 anni di Siror, alle ultime elezioni candidato con la lista «Per tutti» a supporto di Daniele Depaoli. I nuovi membri del Comitato. Sei provengono da Primiero San Martino di Castrozza, il Comune che ha più territorio all'interno del Parco. Sono Antonella Brunet (vicesindaco), Uberto Meneguz (presidente del consiglio comunale), Lorenzo Gubert, Paolo Secco (assessore), Sara Zaetta e Valerio Zanotti. Mezzano ha scelto Ferdinando Orler (vicesindaco), Canal San Bovo gli assessori Davide Casadio e Mariapiera Fruet, Sagron Mis Walter Broch. Rimane a secco di rappresentanti Imer, con il capogruppo dell'opposizione Daniele Gubert (membro uscente della giunta del Parco) che ha presentato un'interpellanza al sindaco di Imer. A Predazzo è stata scelta Chiara Bosin. Il bilancio di previsione. È stato approvato, per l'anno 2021, a pareggio tra entrate e uscite a quota 2.675.006,84 euro. «Si tratta di un bilancio essenzialmente tecnico, nel quale abbiamo inserito solamente entrate e uscite già accertate, lasciando agli amministratori in entrata le scelte sugli investimenti strategici» spiega il presidente Silvio Grisotto. «Un grazie va rivolto ancora una volta alla Provincia e all'assessore Mario Tonina che in questi anni hanno dimostrato sempre grande attenzione verso gli enti parco, confermando anche per il 2021 i trasferimenti sia correnti che in conto capitale. Ora speriamo vengano confermati anche i trasferimenti straordinari ricevuti da Trento nel 2019 e nel 2020 - 400 mila euro in tutto - per il ripristino dei danni della tempesta Vaia. Ci hanno permesso di sistemare l'80% dei danni sulla sentieristica e di assumere sei operai stagionali in più rispetto all'ordinario». Un 2020 tra incertezze e opportunità. La pandemia ha creato maggiori complessità nella gestione del personale e non solo, ha portato ad un aumento dei costi e alla difficoltà nell'organizzazione del lavoro. Grande l'incertezza sulle attività organizzate: quelle con le scuole sono saltate completamente provocando un'importante perdita sociale, culturale e anche economica, compensata da una stagione estiva andata a gonfie vele. La fine di un ciclo. A Grisotto spetta ancora un ultimo impegno istituzionale, la temporanea presidenza della prossima riunione del comitato che eleggerà la nuova giunta del Parco. Poi lascerà in mano ad altri la gestione dell'ente guidato negli ultimi quattro anni. «Lasciamo alla nuova amministrazione una situazione finanziaria ed economica solida, oltre che alcuni interventi importanti per tutto il territorio come la ciclopedonale tra Ces e Passo Rolle e la riqualificazione energetica del centro visitatori di Paneveggio, i cui lavori sono già iniziati».
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