Il Mensile della Valdichiana / n. 24-20 Non solo libri

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Cucina

La tradizione e la regina della tavola

Dalle mani della nonna o di uno chef, ecco la pasta fatta in casa

Giorgio Locatelli, primo italico ad essere insignito d’una stella Michelin fuori patria, ne è certo: la pasta fresca è il simbolo della cucina di alta qualità vuoi che tu sia alle prese con la cucina regionale, vuoi con la cucina internazionale. Come biasimarlo, concepire dal dignitoso trittico acqua, uova e farina quei fili d’oro quali sono le tagliatelle e i tagliolini o, ancora, quegli scrigni ripieni quali sono i tortellini e ravioli non può che essere annoverata come una forma d’arte. Non di meno, non serviva di certo l’autorità di uno chef stellato per scoprire l’acqua calda: sin da

piccoli, la domenica ci siamo svegliati eccitati culinariamente al suono del matterello che picchiava sulla tavola. Curioso inciso: si dice, almeno nel cortonese, che stendere chiassosamente la pasta durante la preparazione servisse esclusivamente a farsi sentire indaffarate dall’altre massaie ed innescare con queste una un contenzioso gastronomico (sic!). Ed è proprio la pasta delle massaie quella con cui siamo cresciuti: non quella gourmet bensì quella rustica della mamma; quella ignorante e non scolastica; quella tagliata alla bona dove è quasi

impossibile trovare due pezzi della medesima dimensione; quella che si arruffa durante la cottura e crea quei tocchi - perdonate l’ennesimo chianinismo - che trovarli nel piatto è una fortuna. Insomma, l’abilità nel fare la pasta fatta in casa delinea il vero cuoco ma rappresenta, più romanticamente, il tramandare di una tradizione tutta italiana: quell’ artigianalità che ovunque ci invidiano e niente ha a che fare con l’emule versione rinsecchita che si ottiene da un industriale standardizzazione della mansione. Luca Amodio

A citarla, la pasta fatta in casa, porta subito alla mente quel vulcano di farina, posto al centro di una spianatoia in legno, nel cui cratere si sgusciano, e poi si sbattono, le uova infarinandole man mano. Qui la prima attenzione: meglio iniziare in difetto di questa ed aggiungerne all’occorrenza altra se la pasta la chiama. A questo punto, asciugato l’impasto, lo si deve - come si diceva un tempo - assodare: ci si rimbocca le maniche e lo si inizia a lavorare energicamente, tirandola in tutte le direzioni, con i palmi della mano. Ottenuta una superficie liscia ed un composto elastico ed omogeneo si avvolge il tutto in una pellicola e lo si fa riposare per almeno mezz’ora. Suonato il timer, si taglia un pezzo di pasta la si inizia a spianare: agli audaci il mattarello; mentre gli altri potranno utilizzare una macchinetta sfogliatrice. Lo spessore della sfoglia cade sotto la nostra descrizione e soprattutto dipende da quale prodotto si vuol preparare. Da qui in poi, infatti, si aprono infinite strade.

il mensile della valdichiana - n. 24 febbraio 2020

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