NO. 23 I'GIORNALINO

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dalle foto e dalle testimonianze che arrivano dal fronte, gli esiti sono ben altri. Del resto, l’esercito russo ha usato strategie simili in altri teatri di guerra: basti pensare a città quali Aleppo e Groznyj, distrutte dall’aviazione russa in due conflitti, quello siriano e quello in Cecenia, molto sanguinosi. Gli esempi di armi sofisticate sono molti altri, che siano i droni o le bombe a uranio impoverito (come quelle usate dalle forze NATO nei bombardamenti su Serbia, Kosovo e Montenegro del 1999); ma sta di fatto che, per quanto le armi siano moderne o “tese ad attacchi mirati”, queste sono e saranno sempre votate allo spargimento di sangue. In guerra le armi faranno sempre, come insegna Gino Strada, vittime civili: non esistono bombe intelligenti, ma solo bombe assassine. La perversione delle armi può anche levare dubbi e riflessioni sulla decisione dell’Unione Europea di concedere 450 milioni di euro in apparecchiature militari alle forze armate ucraine per difendersi dall’offensiva russa. È legittima la volontà ucraina di resistere all’occupazione russa, ma l’invio di armi potrebbe prolungare il conflitto, provocando rappresaglie reciproche tra forze ucraine e russe, che arrecherebbero ulteriori vittime civili da entrambi i lati. Per quanto alcuni opinionisti possano tacciare chi critica tale mossa di “pacifismo cinico” (accusa rivolta a intellettuali quali Carlo Rovelli e Luciano Canfora), bisogna ammettere che non è una scelta facile. Forse sarebbe meglio far lavorare la diplomazia o, come suggerisce l’esperto di geopolitica Alessandro Orsini, aggiungere una sanzione per ogni bambino ucciso. Prima si è detto di come quasi tutti i conflitti siano voluti da poche persone – che siano capi di Stato o peggio magnati dell’industria bellica – a spese di molte, cioè i più poveri, che diventano carne da macello per gli interessi dei primi (sia combattendo al fronte che vivendo da civili le devastazioni arrecate dalla guerra). Infatti, come scrisse Bertolt Brecht, Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. Oggi molti cittadini ucraini, che vivono in un paese già impoverito da condizioni pregresse, sono vittime dei bombardamenti russi sulle città, e per sfuggire alla distruzione della guerra sono costretti a lasciare la propria terra; d’altra parte i cittadini russi devono pagare il prezzo per le mire espansionistiche di Putin, sopportando gran parte del peso delle sanzioni (come ricordano diversi esperti, come il diplomatico e giornalista Sergio Romano) e vedendo i propri figli costretti a combattere una guerra sanguinosa per gli interessi di pochi. Chiunque vincerà questa guerra, una cosa è certa: i poveri perderanno, ritrovandosi ancora più poveri, mentre chi è ricco – che siano gli oligarchi, russi o ucraini, o i magnati occidentali dell’industria bellica – lo diventerà ancora di più. Per guardare ai motivi profondi di questa guerra, è utile ricorrere a una riflessione epistolare dello scrittore e filosofo russo Lev Tolstoj: Quando mi dicono che dello scoppio di una qualche guerra è colpevole in maniera esclusiva una delle due parti, non posso mai trovarmi d’accordo con una simile opinione. Si può ammettere che una delle parti agisca con maggiore cattiveria, ma stabilire quale delle due si comporta peggio non aiuta a chiarire neanche solo la più immediata delle cause per cui si verifica un fenomeno così terribile, crudele e disumano quale è la guerra. Queste cause sono del tutto evidenti per chiunque non chiuda gli occhi di fronte alla realtà. Ve ne sono tre: la prima è l’ineguale distribuzione della ricchezza, vale a dire la rapina commessa da alcune persone ai danni di altre; la seconda è l’esistenza della classe militare, vale a dire di persone addestrate e destinate a uccidere; la terza causa è una dottrina religiosa falsa, in buona parte consapevolmente ingannevole, nella quale vengono forzosamente educate le giovani generazioni. Da anarcopacifista e testimone diretto degli orrori della guerra (servì nell’esercito di leva zarista a Sebastopoli durante la Guerra di Crimea), Tolstoj riconosce come entrambi dei 24


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