Italia a Tavola 276 Febbraio 2020

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VINO

T

ante volte ci si imbatte in luoghi comuni sul vino e sul corretto modo

di servirlo. Un dato obiettivo è che la temperatura troppo bassa, nel vino come nella cucina, sia un forte “anestetizzante”: appiattisce, quasi annienta il bouquet aromatico. Quante volte capita di trovarsi davanti a un calice di bianco appena tirato fuori dal seau à glace e dire che il vino è troppo freddo e “non ha naso”? Muove da qui la riflessione su quanto sia importante la temperatura di servizio per esaltare le peculiarità di qualsiasi vino, e la considerazione che forse sarebbe meglio bere lo champagne “caldo” (si fa per dire), o comunque mai ad una temperatura inferiore ai 9°C. Partendo dall’assunto scientifico che le papille gustative sono completamente anestetizzate in seguito all’introduzione in bocca di liquidi o solidi con temperature inferiori o pari a 7°C, si può tranquillamente intuire che il gusto venga standardizzato e appiattito dal freddo. Non è una novità il fatto che in cantina da Fallet-Prevostat (per citarne uno) o in altre decine di Maison di champagne la degustazione si svolga con prodot-

VINO E CHAMPAGNE

LUOGHI COMUNI DA SFATARE

ti a temperatura di cantina (14°C circa), o che nei grandi ristoranti francesi lo champagne non venga quasi mai servito a temperatura inferiore ai 10°C. Il passo successivo è quello di chiedersi perché e da quando il gusto del consumatore finale

Con il pesce il bianco, con la carne il rosso. Il bianco si beve a 6-8°C, il rosso di corpo a 16-18°C. La barbera è un vitigno che dà scarsa qualità. Lo champagne deve avere necessariamente una grandissima acidità, dosaggio pari a zero ed essere molto verticale 78

ITALIA A TAVOLA · FEBBRAIO 2020

si è spostato verso temperature di servizio così basse. Che cos’è cambiato? Una possibile chiave di lettura potrebbe riguardare l’industrializzazione del prodotto stesso,


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