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6. LA REGIA DI ROMA E LE «REGGE» ETRUSCHE
from THE ORIGINS OF ROME
by Jaca Book
si celebravano sacrifici, com’era stata istituita per la prima volta da Romolo, e che i Romani chiamano trionfo.
Uno degli aspetti più significativi di questo periodo è dunque il grande incremento di fondazioni templari di carattere votivo, e dunque strettamente collegate all’intensa attività bellica contemporanea. Mentre in precedenza sono attestati solo pochi casi del genere, successivi alle vittorie sugli Etruschi, sui Galli e sui Volsci (Veio: Giunone Regina, 396 a.C.; Galli: Marte, 388 a.C.; Volsci: Giunone Moneta, 346 a.C.), a partire dalla fine della seconda guerra sannitica e per tutta la terza il fenomeno assume un’accelerazione impressionante: dal 311 (voto del Tempio di Salus) al 272, ben 13 templi vengono fondati, e almeno 8 di questi in seguito a un voto pronunciato nel corso di una guerra sannitica, come illustra la tabella a piè di pagina.
È accertato che tale tendenza continuerà, anzi si accentuerà nei decenni successivi, anche se le nostre informazioni sono scarse, a causa della perdita della seconda decade di Livio, relativa agli anni dal 292 al 219. Possiamo così enumerare in tutto, fino al 231, almeno ventuno fondazioni templari.
Il fenomeno dei «templi dimicatori» (collegati cioè a uno scontro militare) non è nuovo: basti pensare al caso del Tempio dei Castori, realizzato a seguito della vittoria del Lago Regillo contro la Lega Latina (499 o 496 a.C.): ma esso assume ora un rilievo preminente, e appare in rapporto all’apparizione, già ricordata, di una sorta di «teologia della vittoria», che si palesa negli epiteti divini, di origine ellenistica, di Victor e Invictus, oltre che nell’introduzione della dea Victoria.
Si può stabilire un collegamento tra queste fondazioni e la lotta politica a Roma, di cui riconosciamo a partire da questo momento manifestazioni evidenti. Il voto e la dedica di un tempio, quasi sempre in rapporto alla celebrazione di un trionfo, vengono ad assumere, con accelerazione progressiva, valore e peso determinanti nell’affermazione di personalità, di cui ora per la prima volta possiamo conoscere la biografia: L. Papirio Cursore, Q. Fabio Rulliano e naturalmente Appio Claudio Cieco. Nell’esame del fenomeno vanno presi in considerazione, oltre
Divinità Voto Dedica Autore Luogo Fonte
Salus 311 302 L. Iunius Bubulcus Quirinalis Livio, IX, 43,25
Bellona 296 ? Ap. Claudius Caecus Campus Martius Livio, X, 19, 17
Iuppiter Victor 295 ? Q. Fabius Rullianus Quirinalis Livio, X, 29, 14
Venus Obsequens 295 ? Q. Fabius Gurges Ad Circum Livio, X, 31, 9
Victoria ? 294 L. Postumius Megellus Palatinus Livio, X, 33, 9
Iuppiter Stator 294 ? M. Atilius Regulus Palatium Livio, X, 36, 11
Quirinus ? 293 L. Papirius Cursor Quirinalis Livio, X, 46,7
Fors Fortuna 293 ? Sp. Carvilius Trans Tiberim Livio, X, 46, 14
Aesculapius 293 292 In Insula Livio, X, 47, 6-7
Feronia 290 272 M. Curius Dentatus? In Campo
Summanus 276 ca. ? Ad Circum Ovidio, Fasti, VI, 731-732
Consus 272 ? L. Papirius Cursor In Aventino Festo, 228 L. all’occasione della dedica, il tipo della divinità e il luogo destinato all’edificio templare: elementi fondamentali per chiarire ruolo ideologico e funzione politica di esso.
La scelta della divinità è spesso determinata dal rapporto con il concetto di vittoria, o di analoga categoria astratta, come Salus (la Salute, ma in primo luogo la Salvezza). Una conferma evidente se ne ricava dall’esame delle monete contemporanee, in primo luogo delle più antiche coniazioni di Roma, denominate «romano-campane», dove appare la rappresentazione di Vittoria (fig. 182). La data di questa moneta, a lungo discussa, sembra di poco posteriore alla fondazione del Tempio di Vittoria sul Palatino (294 a.C.): si tratta in ogni caso di un modello concettuale e iconografico di origine greca.
Un analogo collegamento è stato da tempo proposto per i quadrigati, così denominati dalla rappresentazione nel rovescio di Giove su una quadriga, guidata dalla Vittoria. La data anche in questo caso è discussa, ma va ormai fissata con certezza al 269 a.C., quando ha inizio la prima coniazione ufficiale romana dell’argento, da identificare proprio con il quadrigato (si veda il capitolo La moneta). Si è proposto con grande verosimiglianza di riconoscervi la riproduzione della quadriga di bronzo, collocata sul fastigio del Tempio di Giove Capitolino dagli Ogulnii, edili curuli nel 296, e di identificarvi una parola d’ordine politica, collegata alla vittoria dei plebei, in seguito alla quale essi furono ammessi ai principali collegi sacerdotali.
Tale connotazione plebea si riconosce anche in altre fondazioni templari contemporanee, come quella di Fors Fortuna, del 293 a.C., dovuta al plebeo, e «uomo nuovo», Spurio Carvilio Massimo. Non a caso Livio sottolinea la caratteristica posizione del tempio, al primo miglio della via Campana, accanto a quello omonimo, dovuto, secondo la tradizione, al re «plebeo» Servio Tullio.
Anche i luoghi occupati dai templi sono significativi: in tre casi la scelta cade sul Quirinale: Salus, Quirinus e verosimilmente Iuppiter Victor. Per quest’ultimo, dedicato da Q. Fabio Rulliano, sembra da escludere la localizzazione tradizionale sul Palatino, frutto di una confusione con Iuppiter Invictus. Nel nostro caso, la scelta del Quirinale si spiega con la presenza sul colle del culto ancestrale dei Fabii.
Notiamo qui un altro aspetto caratteristico di queste fondazioni: la volontà di collegarsi con la Roma delle origini. È questo il caso, oltre che del già evocato Tempio di Fors Fortuna, di almeno altri cinque templi: di Victoria (294), che L. Postumio Megello costruisce sul Palatino, dove secondo una tradizione si trovava il sacello della stessa dea, attribuito ad Evandro; di Iuppiter Stator (294 a.C.), fondato da M. Attilio Regolo sul luogo del precedente culto omonimo, attribuito a Romolo; di Consus sull’Aventino (272 a.C.), dovuto a L. Papirio Cursore, collegato con l’antichissima ara, anch’essa fondata da Romolo nell’area del futuro Circo Massimo; di Quirinus (293 a.C.), eretto sul Quirinale dallo stesso L. Papirio Cursore sul luogo dell’antichissimo sacello del dio; di Salus (302 a.C.), sempre sul Quirinale, realizzazione di C. Giunio Bubulco nel sito del culto precedente della dea.
Anche le eccezioni – praticamente una sola – sono significative: il Tempio di Bellona (296 a.C.), dedicato da Appio Claudio Cieco nella zona in seguito occupata dal Circo Flaminio, accanto al più antico Tempio di Apollo; in questo caso la scelta si spiega con la presenza, alle radici del vicino Campidoglio, del sepolcro familiare dei Claudii.
Si deve notare che quest’ultimo si inserisce in una serie nutrita di templi votivi, localizzati lungo il percorso del corteo trionfale: questa posizione naturalmente non può essere casuale, ma riflette ancora una volta la «teologia della vittoria» che è alla radice di queste fondazioni.
Dal punto di vista di un possibile movente politico nella scelta del luogo, sembra significativa l’associazione dei templi, praticamente contemporanei, di Quirinus e di Iuppiter Victor, ambedue localizzati sul Quirinale e certamente vicini tra loro. È difficile non cogliere il significato di questa prossimità, se solo consideriamo i rapporti personali e politici tra i personaggi che ne sono gli autori. L’inimicizia profonda tra Fabio Rulliano e Papirio Cursore era infatti proverbiale, e la scelta voluta di collocare i due edifici l’uno accanto all’altro illustra un’esplicita polemica personale e politica.
Il Tempio di Quirino fornisce un’importante testimonianza dell’uso di esporre nell’edificio templare le armi prese al nemico. Livio ce ne informa a proposito della dedica, avvenuta dopo il trionfo di L. Papirio Cursore, nel 293 a.C. (X, 46, 2-8):
Trionfò nel corso della sua magistratura con una cerimonia per quel tempo eccezionale. Sfilarono fanti e cavalieri carichi di decorazioni; si videro molte corone civiche, vallari e murali; si ammira-
106. Roma, S. Omobono: iscrizione di M. Fulvius Flaccus con la menzione della conquista di Volsinii.
rono le armi predate ai Sanniti, che venivano confrontate per importanza e bellezza con quelle del padre del console, che erano conosciute per aver decorato ovunque i luoghi pubblici; venivano condotti in processione nobili prigionieri, famosi per le imprese loro e dei padri. Si esposero 2.533.000 monete pesanti di bronzo, che si dicevano ricavate dalla vendita dei prigionieri; il peso dell’argento, predato nelle città, era di milleottocentotrenta libbre [...] Dedicò il tempio di Quirino, che da nessuno scrittore antico risulta votato nel corso di una battaglia, né in un tempo così breve poteva essere completato: quindi era stato votato dal padre e venne dedicato dal figlio e ornato con le spoglie dei nemici; la quantità di queste era tale, da permettere non solo di ornare il tempio e il Foro, ma anche i templi e i luoghi pubblici delle città alleate e delle colonie vicine, tra le quali vennero divise.
L’accenno al trionfo del padre del console sui Sanniti, avvenuto nel 310 a.C. (Livio, IX, 15-16), fa pensare che le ricche spoglie attribuite a quest’ultimo, e descritte molto più in dettaglio, fossero in realtà quelle del figlio:
Il dittatore trionfò con l’autorizzazione del Senato, e a quel trionfo conferirono uno straordinario prestigio le armi catturate. La loro bellezza era tale, che gli scudi dorati furono distribuiti ai proprietari delle botteghe dei cambiavalute per ornare il Foro. È tradizione che questo sia stato l’inizio dell’uso di ornare il Foro quando i carri con le immagini divine venivano fatti sfilare dagli edili.
La descrizione di tali armi sannitiche è introdotta da Livio prima dell’inizio della battaglia (IX, 40, 2-3):
Vi erano due eserciti: gli scudi del primo erano dorati, quelli del secondo argentati [...] gli elmi avevano alti cimieri, che conferivano l’impressione di un’altezza maggiore ai combattenti. Le tuniche dei soldati con armi dorate erano policrome, quelle degli altri con armi argentate, bianche.
Si è talvolta pensato che la descrizione di Livio sia tratta da documenti molto più tardi, e si riferisca ai gladiatori sanniti. Basterebbe però prender visione delle pitture provenienti dalle tombe campane e lucane, che riproducono guerrieri dalle ricche armi policrome, per ricredersi (fig. 107).
L’esempio di un’altra preda particolarmente ricca, tramandata da un testo antico, ma che può essere confermata su base archeologica, è quello successivo alla distruzione di Volsinii Veteres (Orvieto) nel 264: ce ne informa Plinio (Storia Naturale, XXXIV, 34), che menziona duemila statue portate via dai Romani: questo enorme numero si spiega solo se gran parte di esse furono asportate dal santuario federale del Fanum Voltumnae, prossimo alla città.
Ora, lo scavo del santuario di Fortuna e di Mater Matuta («area sacra di S. Omobono») ha dimostrato che i due templi furono ricostruiti proprio da M. Fulvio Flacco, il console che aveva conquistato Volsinii, come dimostra un’iscrizione di età mediorepubblicana trovata nell’area: M. Folvios Q. f. cosol dedet Volsinio capto («il console M. Fulvius ha offerto [questo dono] dopo la conquista di Volsinii») (fig. 106). L’iscrizione era ripetuta due volte, su donari diversi, che conservano superiormente le tracce evidenti di fori di fissaggio, destinati a sostenere statue bronzee di tre piedi (tripedaneae).
Su un altro basamento circolare, con una ricca decorazione a ovoli, si notano tracce del tutto simili: è inevitabile collegare questi documenti alle duemila statue menzionate da Plinio, alcune delle quali furono collocate davanti ai due templi, ricostruiti per l’occasione. In ogni caso, si tratta di una delle più notevoli conferme archeologiche di un testo letterario antico.
Dei numerosi edifici templari del periodo mediorepubblicano quasi nulla è conservato nella forma originaria: la maggior parte di essi è scomparsa, e
A fronte: 107. Affresco di una tomba di Paestum, guerrieri lucani.
PAVIMENTO IN TRAVERTINO
0 1 2 3 4 5 m
108-109. Roma, Largo Argentina: Tempio C (di Feronia); sezione longitudinale del Tempio C.
PIANO E
x
0 1 2 3 4 5 m
D
C
B
A
110-111 Tempio A (di Giuturna); sezione longitudinale del Tempio A.
A
0 5 10 15 20 25 30 m
Tempio D
Ara
Ara? Tempio C
Ara
Ara
Piano di tufo Piattaforma Tempio B
Sala decorata
Ara
Limite del piano di travertino
Limite del piano di travertino Tempio A
Ara
Piattaforma
112. Roma, Largo Argentina: pianta del complesso.
Hecatostylum
anche quelli conservati ci sono pervenuti nella forma assunta dopo integrali rifacimenti e restauri di età tardo-repubblicana e imperiale.
Gli unici conservati in modo sufficiente sono i due templi più antichi del Largo Argentina (Porticus Minucia vetus) (figg. 108-112), contraddistinti dalle lettere C e A (figg. 109-111): il primo è identificabile quasi certamente con il Tempio di Feronia, divinità introdotta dalla Sabina probabilmente dopo la conquista di questa regione nel 290 a.C. Di conseguenza, l’autore di questa iniziativa è da identificare con Manio Curio Dentato, conquistatore della Sabina, che dovette portarla a termine nel corso della sua censura del 272.
Il Tempio C (figg. 108-109) sorgeva in origine sul piano di campagna, in una zona del Campo Marzio probabilmente posta al margine della Villa Publica. Si tratta di un edificio di dimensioni non grandi (30,50 × 17,10 m, pari a circa 105 × 60 piedi), impostato su un altissimo podio in tufo (4,25 m), concluso in alto da una semplice modanatura a gola rovescia, cui si accedeva tramite una scalinata di circa venti gradini. I colonnati laterali, come si può dedurre dalle tre basi superstiti, comprendevano cinque colonne, separate da ampi intercolumni di 3,16 metri. Il colonnato frontale doveva essere tetrastilo, con quattro colonne molto distanti tra loro (3,75 m). Si trattava dunque di un peripteros sine postico (secondo la definizione di Vitruvio, cioè senza colonnato posteriore) areostilo (con intercolumni molto dilatati), dotato di un pronao molto profondo (7,20 m). Il tipo arcaico del tempio tuscanico è qui sostituito da una struttura che dipende direttamente da modelli ellenistici: si tratta di una scelta piuttosto precoce, di cui conosciamo a Roma solo applicazioni più tarde (ma questo può dipendere dall’esiguità della documentazione superstite).
L’altro tempio medio-repubblicano di Largo Argentina (Tempio A) (figg. 110-111) va certamente attribuito a Iuturna. Esso fu dedicato dal vincitore delle Egadi (l’ultima battaglia navale della prima guerra punica, combattuta nel 241 a.C.), C. Lutazio Catulo. Si tratta, nella sua fase originaria, di un
A fronte: 113. Statue di terracotta da un tempio di Tivoli (Roma, Musei Vaticani). 114. Teste di terracotta, dal frontone del Tempio della Vittoria sul Palatino (Roma, Antiquarium del Palatino).