Relatore
Gennaro
Politecnico di Milano Scuola di Architettura Corso di Laurea magistrale in Architettura degli Interni BAIA_RSV strategia di riattivazione della Piana di Navelli
Prof.
Postiglione Correlatrice Prof.ssa Laura Pogliani Giulia Lisci 736250 Giulia Magliani 735135 A.A. 2010/2011
RINGRAZIAMENTI
Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla stesura del nostro elaborato attraverso consigli, suggerimenti ed informazioni utili.
In primo luogo ringraziamo il Prof. Gennaro Postiglione per i preziosi insegnamenti durante i due anni di laurea magistrale e per averci seguito con grande disponibilità.
Ringraziamo la Prof.ssa Laura Pogliani che è sempre stata disponibile a derimere i nostri dubbi durante il nostro lavoro di tesi.
Ringraziamo inoltre la Prof.ssa Elisabetta Bianchessi e il Comune di Navelli per il materiale fornitoci.
Un grazie particolare riteniamo sia dovuto a tutti i professori della facoltà incontrati nel corso di questi cinque anni di studio, per la competenza, l’attenzione e la passione per la materia che hanno dimostrato sempre.
INDICE
Dismissione Dei borghi
Dismissione Dei borghi
3. strAtegiA rete soliDAle
4. rsv _ piAnA Di nAvelli
4.1 I borghI della rete
-Capestrano
-CaporCIano
vicinAnzA
-Carapelle CalvIsIo 117 -navellI 147 -prata d’ansIdonIa 177 -san pIo delle Camere 207
4.2 la pIana dI navellI Come rsv 235
5. criticitA’ Dell’AbbAnDono 267
5.1 settore prImarIo 274
5.2 settore seCondarIo 280 5.3 settore terzIarIo 288 5.4 dIsoCCupazIone e pendolarIsmo 314
5.5 ConClusIone: l’abbandono deI borghI
6. strAtegiA Di riAttivAzione 335
6.1 la CostruzIone dI un sIstema agro-alImentare 340
6.1.1 CasI studIo
6.2 la CostruzIone dI una rete Infrastrutturale sostenIbIle 396 6.2.1 CasI studIo
AbstrAct 8 1.
10 2.
in Abruzzo AbArchive 22
Di
rsv 34
49
57
57
87
330
378
402
6.3 ContrIbuto all’autosuffICIenza energetICa 418 6.3.1 CasI studIo 420 6.4 glI InvestImentI regIonalI a supporto della strategIa 436 6.5 la legIslazIone urbanIstICa relatIva alla rsv 450 7. il metA-progetto 451 8. conclusioni 467 8.1 valutazIone e monItoraggIo 469 9. bibliogrAfiA 475
7.meta-progetto 1. dIsmIssIone deI borghI 2. dIsmIssIone deI broghI In abruzzo abarChIve 3. strategIa rete solIdale dI vICInanza rsv 4. rsv _ pIana dI navellI 6.strategIa dI rIattIvazIone 8.ConClusIonI 9.bIblIografIa 5.CrItICIta’ dell’abbandono
La ricerca ha lo scopo di investigare il tema della sperimentazione di un nuovo modello di sviluppo del territorio, capace di generare una crescita economica ecologicamente e socialmente sostenibile e di contrastare il già avanzato problema dell’abbandono dei borghi e dei piccoli comuni. Lo scopo principale è dunque la riattivazione economica, il più possibile duratura e ampliata, di sei borghi di una Rete Solidale di Vicinanza che abbiamo realizzato nell’altopiano di Navelli: l’area di progetto si trova a 35 km dal capoluogo abruzzese, al centro di un grande complesso montuoso e circondato da importanti parchi naturali.
Il progetto di strategia dell’area, su cui si incentra la tesi, mira a sviluppare una linea guida che sia innanzitutto coerente con le premesse già identificate dagli strumenti regolatori dal livello nazionale a quello provinciale, a fornire nuove possibili direzioni di sviluppo e a creare un caso-studio applicabile , in seguito alle dovute analisi, ad altri borghi.
Il fenomeno dell’abbandono dei piccoli centri è difatti un problema che riguarda i borghi italiani ormai da circa sessanta anni. Ma non solo, riguarda anche il resto d’Europa. La causa principale è sicuramente economica, in quanto si abbandona il piccolo centro in cerca di nuove prospettive di lavoro nella grande città, e sociale, poichè attratti dai maggiori servizi offerti dal grande centro.
E’ così dunque che nel tempo si sono cercate svariate soluzioni, alcune positive e altre meno. Il nostro obbiettivo è studiare una strategia che non riguardi un singolo borgo, ma una rete di borghi, che sia duratura nel tempo e magari e non solo un salvagente, e che non si concentri su un solo settore economico (o trasformando il borgo in albergo diffuso, o in cittadella telematica, o in città degli artisti ecc.) ma che abbracci più campi e settori, così da coinvolgere una maggiore e svariata utenza.
ABSTRACT
1.
DISMISSIONE DEI BORGHI
«Il 72% degli oltre 8000 comuni italiani conta meno di 5000 abitanti. Un’Italia dove vivono 10 milioni e mezzo di cittadini e che rappresenta oltre il 55% del territorio nazionale, fatto di zone di pregio naturalistico, parchi e aree protette»1 .
Questa è solo una delle tante fotografie della situazione italiana scattate, in seguito all’ultimo censimento legale della Repubblica del 21 ottobre del 2001, da Legambiente, l’associazione ambientalista pubblica più diffusa in Italia, che ha promosso l’iniziativa PiccolaGrandeItalia il cui fine principale è la tutela dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini di questi piccoli centri.
L’aumento dei comuni a bassa densità abitativa è un fenomeno che riguarda tutte le regioni italiane, a partire dall’arco alpino (soprattutto quello ligure, lombardo, piemontese e friulano), ma si concentra in particolar modo lungo la dorsale appenninica ligure, tosco emiliana, abruzzese, fino alla Calabria, toccando infine le parti montuose della Sicilia e della Sardegna. Spiccano i casi della Lombardia, la quale con 1152 comuni è la regione con più piccoli comuni d’Italia, e della Valle d’Aosta che ha invece la maggiore percentuale di piccoli comuni (99%) 2
Il fenomeno dell’abbandono di questi centri e la viceversa concentrazione nelle città più grandi iniziò negli ultimi decenni dell’Ottocento in seguito allo sviluppo industriale e alle sue imponenti trasformazioni economico-sociali che misero in crisi il precedente e secolare sistema di integrazione fra agricoltura, pastorizia e artigianato. Difatti, un alto e prolungato tasso di crescita della produzione di beni materiali e manufatti industriali, e del reddito pro-capite, una quota crescente della produzione totale dovuta al settore industriale, a scapito del settore agricolo, e la trasformazione della maggior parte della popolazione lavorativa in operai industriali, impiegati in fabbriche, con la conseguente riduzione di lavoratori agricoli e artigiani, favorì la concentrazione della popolazione
1 Vito Teti, a cura di, Ilsensodeiluoghi.Memoriaestoriadeipaesiabbandonati, Donzelli editore, Roma 2004.
2 Cfr. Confcommercio-Legambiente, 1996/2016-Eccellenze e ghost town nell’Italia dei piccoli comuni.
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13
Abruzzo
Basilicata Calabria Campania
Emilia romagna
Friuli Venezia giulia
Lazio Liguria Lombardia Marche Molise Piemonte Puglia Sardegna Sicilia
Toscana Trentino
259 183
Valle d’Aosta
14
Umbria
Veneto 253 97 326 338 165 162
1152 179 124 1077 87 316 199 141 312 63 73 329 305 131 409 551 341 219 378 253 1545 246 136 1206 258 377 390 287 339 92 74 581 376143 199175 687232 721927 450301 308796 465932 237774 2220081 334325 156824 1283152 237570 549750 500910 344535 460496 137392 85486 832900 n° popolazione piccoli comuni n° comuni totali n°piccoli comuni
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vicino agli insediamenti industriali, generalmente grandi città, e la diffusione di stili di vita e di consumo legati ai ritmi e alle esigenze urbane.
Il maggior spopolamento risale però alla fine della seconda guerra mondiale in seguito a un notevole sviluppo del settore dei trasporti: le nuove infrastrutture ferroviarie favorirono l’abbandono dei centri isolati per il trasferimento a zone più collegate con il resto del mondo, ove poter godere dei nuovi beni messi a disposizione dal boom economico degli anni Sessanta.
Questo fenomeno sempre più critico ha causato da una parte lo spopolamento delle campagne, accentuando lo stato di arretratezza e improduttività del settore agricolo, cui va aggiunto il peggioramento delle condizioni ambientali tra cui ad esempio la sterilità dei terreni o desertificazione, e dall’altra una dinamica assolutamente libera, senza alcuna mediazione e governo. Pertanto, non solo è reale il rischio di una cancellazione di una parte rilevante della nostra identità storica e culturale ma appare concreta la preoccupazione che lo sviluppo non governato di questi fenomeni porti a nuove tensioni in un tessuto sociale fortemente disordinato e disomogeneo 3 Ad aggravare questa situazione sono le catastrofi ambientali, come colate laviche, alluvioni e terremoti, che attaccano fisicamente questi piccoli centri destinandoli nel peggiore dei casi al totale abbandono da parte dei suoi cittadini. Tra queste il noto ultimo terremoto del 2009 che ha colpito i borghi, già fortemente abbandonati, dell’entroterra abruzzese.
Si assiste pertanto a una moltitudine di centri abbandonati a sé stessi, senza alcun piano di recupero e senza alcun tipo di pianificazione volto alla loro valorizzazione. Si possono vedere palazzi diroccati, strade sconnesse, mancanza di qualsiasi tipo di attività commerciale o tipica artigianale inserita in un contesto organizzato, magari attorno a una strada o una piazza, piuttosto che distribuita in maniera disordinata, tale da rendere la bottega difficilmente identificabile dal turista e quindi fruibile. Manca poi spesso qualsiasi
3 Cfr. AA.VV., Comuni d’Italia,Abruzzo.
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forma di promozione mirata (soprattutto a livello extraregionale) che possa attirare i visitatori con iniziative culturali di più ampio respiro.
Il più delle volte si tratta di “paesi fantasma”, in cui le uniche forme di vita sono quelle degli anziani del luogo riuniti attorno ad un tavolo nel bar della piazza principale per chiacchierare o al più giocare a carte o i bambini per i quali il futuro sembra segnato: lontano dalla loro terra d’origine. Invece, proprio la tipicità di questi posti potrebbe rappresentare un’attrattiva per il turista, che sicuramente gradirebbe la possibilità d’immergersi in un contesto a misura d’uomo ma efficiente, dotato di servizi. Tali borghi abbandonati sono la testimonianza diretta, il simbolo della fine di una vita che fù, e sta proprio nella memoria dei luoghi la chiave della loro sopravvivenza. I luoghi abbandonati non muoiono mai, ma si solidificano nella memoria di coloro che li hanno abitati, di coloro che li hanno frequentati, dei loro discendenti, fino a costituire un fondamentale elemento di identità. Ancora oggi, infatti, molti borghi abbandonati sono luogo di celebrazioni religiose, di culto e, dunque, di ritorno. Ne è un esempio il borgo di Nicastrello che, descritto nel prezioso volume Il senso dei luoghi nel quale, attraverso un’attenta disamina, l’autore Vittorio Teti ricostruisce la storia dei borghi abbandonati di tutta la Calabria, torna a vivere nelle feste di San Filippo, il 26 maggio, e di Sant’Elena, o Santa Lena, come viene denominata in dialetto, il 18 agosto. Il culto di Sant’Elena nacque con la costruzione del villaggio; quello di San Filippo Neri venne invece introdotto, con ogni probabilità, verso la fine del Settecento. Queste celebrazioni religiose sono occasione di ritorno per i pochi, superstiti abitanti, per i loro discendenti, per la gente proveniente da Capistrano, San Nicola, Monterosso, e per i numerosi emigrati originari di questi paesi. Nel giorno del ricongiungimento, attraverso itinerari che legano al passato, il vecchio borgo di Nicastrello si rianima. «Le feste nei paesi abbandonati – spiega Teti – costituiscono un grande esorcismo contro la morte, affermano un nuovo bisogno di vita»4 . Ecco, dunque, che, attraverso una potente sacralità, si assiste alla rinascita.
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4 Vito Teti, op…cit
E’ essenzialmente negli ultimi due decenni che sono state attuate concretamente strategie di recupero di queste città fantasma sparse un po’ in tutta la penisola: o con azioni “site-specific” sul singolo borgo per la valorizzazione di uno strumento tipo, o con azioni diffuse attraverso la creazione di reti di relazione tra più borghi. Ad attuare queste politiche sono o enti pubblici e privati (Associazione “Borghi più belli d’Italia”, UNPLI con il progetto “Aperto per ferie”, Gruppo Touring Club Italiano), o singoli proprietari con grosse disponibilità economiche. In Toscana, grazie all’appeal che il marchio “Tuscany” ha all’estero, specialmente nei Paesi anglosassoni, sono molti i paesetti che sono stati riqualificati a fini turistici: a Pentolina, in provincia di Siena, sono state recuperate 21 case per un totale di 125 appartamenti da parte di un gruppo turistico svizzero mentre a Montingegnoli e a Castelletto Mascagni, sempre nella provincia senese, è intervenuta una società canadese; la provincia di Lucca ha elaborato il programma di riqualificazione “Borghi Vivi” e sta attualmente raccogliendo i dati e le informazioni sul numero di edifici abbandonati, i cui proprietari sono disponibili a vendere le proprietà o ad apportarle alla società veicolo che avrà il compito di gestire e ristrutturare gli immobili pagando un canone per 25 anni ai proprietari. Andando un po’ più a sud, interessante è il caso abruzzese, dove Agenzia Borghi, una società costituita dalla Provincia di Teramo ha l’obiettivo di ristrutturare i tantissimi borghi abbandonati o semiabbandonati sui monti della Laga; tra questi è sicuramente interessante il recupero di Santo Stefano di Sessanio da parte di Daniele Kihlgren che ha realizzato un albergo diffuso rivitalizzando il tessuto artigianale locale. O ancora, la trasformazione di Torri Superiore, in provincia di Ventimiglia, rimasto a lungo in stato di totale abbandono, in un eco villaggio che si basa su regole comuni tra tutti gli abitanti nel rispetto del territorio. Colletta di Castelbianco, in provincia di Savona, seguendo il progetto dell’architetto Giancarlo De Carlo, è stata restaurata e dotata di sofisticate strutture tecnologiche diventando così una “cittadella telematica”. Interessante è poi il caso di Bussana Vecchia, in provincia di Sanremo, che dagli anni Cinquanta del Novecento ha ospitato una comunità internazionale di artisti
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tanto da essere definita un “villaggio di artisti”. Anche all’estero sono molti i programmi di riqualificazione che, sfruttando risorse europee e nazionali, mirano a potenziare l’offerta infrastrutturale e i servizi per impedire l’inurbamento della popolazione. Si cerca così di offrire nuove opportunità di lavoro, servizi per i giovani, divertimenti, spazi per lo svago e gli acquisti, garantendo sempre comodi mezzi di trasporto verso i centri principali. Curiosa è l’esperienza di LongoMai, una ONLUS di origine francese, che acquista casolari, borghi, spazi abbandonati per chi è stanco della città e decide di rifugiarsi in campagna per vivere in un mondo più a misura d’uomo. Impiegati, managers, disoccupati si ritrovano in piccole comunità dal sapore sessantottino e, tirate su le maniche, imbracciano forche e vanghe. L’importante per loro non è arricchirsi o “preparare un futuro ai loro figli” ma godersi la vita in contatto con la natura. Queste comunità agricole sono presenti in cinque paesi, Francia, Svizzera, Germania, Costa Rica, Ucraina. Il Portogallo si mostra anch’esso molto attivo per la riqualificazione di aree in via di abbandono: sono previsti ingenti finanziamenti ed è stato costituito uno specifico fondo, il Fondo di Riabilitazione e Conservazione Patrimoniale, destinato al patrimonio immobiliare e gli enti pubblici. Il Galles si è invece concentrato sull’area rurale intorno a Swansea per cui sono stati già preparati una serie di Masterplan di indirizzo per il potenziamento delle infrastrutture e dei servizi dell’area interessata. Recuperare la memoria antropologica di queste realtà territoriali, attraverso la riscoperta e la rivalutazione di strutture, strade, facciate, è un modo per portare benessere già agli stessi abitanti e non secondariamente anche ai turisti, ma perché tale recupero avvenga occorre recuperare prima il territorio e immediatamente a seguire le strutture; non si può apprezzare un palazzo Barocco, immerso in un territorio trascurato e scarsamente attrattivo. Occorre quindi dare sistematicità alla valorizzazione del patrimonio culturale ai fini turistici: collocare i borghi in itinerari tematici di tipo storico-culturale, di siti riconosciuti UNESCO, o naturalistico, o produttivo tipico (es. artigianato artistico,enogastronomico)
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e la loro promozione e\o valorizzazione in una funzione di ospitalità diffusa, che prevede piccoli interventi di manutenzione straordinaria e arredo urbano sui borghi (sistemazione aree a verde, piani colore, cartellonistica, illuminazione), l’erogazione di piccoli contributi ai residenti interessati ad accogliere turisti nelle proprie case o in loro proprietà adibite a servizi di accoglienza. È necessaria una politica di riqualificazione totale del borgo o della rete di borghi, così da soddisfare alcune importanti finalità:
- valorizzare turisticamente le aree dell’entroterra contrastando, attraverso lo sviluppo turistico, l’abbandono dei borghi; - sviluppare ospitalità e accoglienza di qualità nelle forme più consone alla storia ed alla geografia delle aree interne (ricettivo sostenibile);
- contrastare l’abbandono dei borghi attraverso la creazione di nuove e diversificate forme di integrazione del reddito familiare;
- promuovere reti di scambio e di cooperazione, anche extra nazionale, tra comuni dotati di borghi con caratteristiche turistiche comuni;
- potenziare la diffusione di marchi di qualità connessi sia alle caratteristiche socio-culturali e ambientali delle aree , che alle tipicità dei microsistemi imprenditoriali insediati;
- coinvolgere i privati cittadini e le organizzazioni di rappresentanza del sistema produttivo locale (agricoltura, commercio, artigianato) nella valorizzazione e manutenzione dei siti interessati.
Indubbiamente molteplici sono le possibili strategie di riattivazione delle città fantasma, poiché molteplici sono i fattori che diversificano queste città: la quantità di edifici in disuso, gli aspetti geografici, geologici, economici ed antropologici. Solo rispettando tutte le varianti del singolo borgo si potrà elaborare una strategia perfetta così da rispettarne appieno tutte le sfumature.
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DEI
IN ABRUZZO_ABARCHIVE
2. DISMISSIONE
BORGHI
La nostra indagine sul fenomeno dell’abbandono dei borghi abbandonati si è però concentrata sull’Abruzzo: una regione italiana particolarmente colpita da tale fenomeno ed in cui si stanno attivando varie iniziative per individuarne cause e possibili soluzioni.
La tesi ha origine da un lavoro affrontato durante il corso di Laboratorio di Progettazione degli Interni 2, svolto dal Prof. Gennaro Postiglione, dal Prof. Lorenzo Bini e dal Prof. Agostino Petrillo nel secondo semestre dell’anno accademico 2009/2010.
La prima sperimentazione operativa si è concentrata sulla parte dell’Abruzzo a confine con le Marche. Il lavoro del Laboratorio “Geografie dell’abbandono” è consistito nello sviluppare indagini conoscitive sul territorio scelto come campione secondo temi assegnati e format concordati. Si tratta dunque di una ricerca in team che ha impegnato per un semestre un gruppo di docenti e di studenti allo sviluppo di indagini e rappresentazioni del territorio abruzzese, della sua storia e in particolar modo di quei comuni e/o di quelle frazioni colpite dall’abbandono, con l’obiettivo di offrire un ampio ventaglio di quadri conoscitivi e narrativi di varia natura e di diversa metodologia, indispensabili per qualsivoglia possibile strategia sostenibile di intervento.
La classe è stata pertanto suddivisa in 10 gruppi tematici:
ABITANTI E STORIE:
L’oggetto si concentra sulla persona in sè, in quanto individuo e spesso unico portatore di una memoria legata al borgo, il quale non ha altra documentazione diretta se non il registro del ricordo di coloro che ci vivono o ci hanno vissuto. Si deve però tener presente che la relazione che lega le persone ai luoghi ha un carattere di tipo dinamico, sia nel senso proprio della mobilità (molte persone si sono spostate fal borgo per vivere altrove), sia nel senso di flusso che stabilisce una reciproca connessione tra le persone e i luoghi. Dunque è sempre possibile indagare anche dove il contatto con il borgo non esiste più. Tutti gli intervistati risultano avere un legame originario con il luogo in cui vivono; le loro
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madri e i loro padri avevano spesso attività in loco: chi coltivava la terra, chi aveva le bestie, chi l’albergo. Nei loro racconti si concentrano molto sugli eventi negativi che hanno influenzto il borgo e dai quali sono stati particolarmente colpiti. Ma in generale si riscontra in tutti il desiderio di restare o ritornare (nel caso di coloro che lo hanno dovuto lasciare) nel borgo d’origine.
EVOLUZIONE SOCIALE:
Questo studio nasce con l’intento di evidenziare le dinamiche che hanno portato allo spopolamento, in alcuni casi quasi totale, di alcuni borghi abruzzesi. Per meglio comprendere tali dinamiche si è proceduto in due step successivi: -effettuare l’indagine di un campione e dunque analizzare da vicino solamente un borgo; -effettuare una sorta di zoom out per capire se tali dinamiche siano comuni anche ad altri borghi. All’interno di una moltitudine di luoghi, il gruppo ha scelto Corvara, in provincia di Pescara.
GRANDE STORIA:
Tale ricerca si focalizza sugli avvenimenti storici dal Dopoguerra sino ai giorni nostri, con una grande attenzione ad avvenimenti che hanno avuto direttamente o indirettamente ripercussioni nella regione Abruzzo: la ricostruzione degli anni ‘50; l’industrializzazione d’inizio secolo; le grandi rivolte operaie degli anni ‘70; infine le crisi politiche e sociali degli ultimi trent’anni. Il tutto si è concluso con la realizzazione di una timeline.
INFRASTRUTTURE:
La regione Abruzzo rappresenta un caso particolare all’interno del panorama italiano: il territorio sempre ostile, dall’orografia complessa, ricco di rilievi anche estremamente importanti, non hanno favorito sicuramente una presenza massiccia di infrastrutture, in quanto le difficoltà di realizzazione molte volte risultavano controproducenti rispetto ai
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benefici che potrebbe portare una nuova infrastruttura di qualsiasi genere. La ricerca ha coinvolto in massima parte le infrastrutture di “spostamento”: strade statali, autostrade, ferrovie, porti ed aeroporti, in quanto sono classificate come infrastrutture primarie, ovvero quelle senza le quali nessuno sviluppo della regione sarebbe possibile.
ISTAT:
Tale indagine si è svolta attraverso una raccolta di dati volta a descrivere in modo oggettivo aspetti quali l’andamento demografico, l’economia e il patrimonio edilizio a più scale territoriali, da quella più ampia, la regionale, alla più piccola dei borghi. Una volta resa la descrizione sintetica dei dati, questa diventa strumento per individuare i fattori che hanno portato al sempre più diffuso fenomeno dell’abbandono dei borghi storici. I settori su cui si concentrano i dati sono: la demografia, l’economia e il patrimonio edilizio.
PATRIMONIO CULTURALE:
L’analisi si concentra sul patrimonio culturale di una comunità costituito da tutti i beni materiali e immateriali presenti nel territorio in cui l’uomo vive e opera. In un contesto urbano i beni materiali sono rappresentati dalla natura, dall’ambiente, dal paesaggio e dall’architettura.
I beni non materiali comprendono le tradizioni, le memorie e i luoghi della comunità, le relazioni tra le persone e il loro rapporto con il paesaggio.
PRODUZIONE:
Lo scopo di questo tema è una panoramica sul tema delle produzioni abruzzesi attraverso la quale si può cogliere un abruzzo estroverso e aperto all’idea di far parte di un’economia nazionale, in alcuni ambiti anche mondiale, ma allo stesso tempo anche un territorio più timido e volutamente geloso dei suoi saperi, ben custoditi da tanti abruzzesi che ancora cercano di tramanadare ai loro posteri come dei veri e propri tesori. Perchè è questa
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la vera produzione dell’Abruzzo: l’aver saputo perpetuare una cultura artigianale che in alcuni casi si è trasformata in realtà imprenditoriale nota anche a livello internazionale.
RAPPRESENTARE IL TERRITORIO:
L’obiettivo principale è di ricercare quelle immagini fondamentali che sono state individate ed elette da tutta una cultura attraverso un processo che inizia con la pittura del paesaggio, passa attraverso le celebrazioni dei pittori stranieri e arriva sino alle fotografie, ai documentari. Tali immagini costituiscono una guida alle rappresentazioni del paesaggio abruzzese.
RISORSE NATURALI:
Scopo di questo tema è l’anlisi completa di tutte le risorse naturali di cui è difficile dare una definizione universale poichè questa è strettamente legata alla struttura economica in cui si vive. Queste sono: risorse energetiche, risorse ambientali, risorse naturalistiche, risorse minerarie e risorse agricole.
TERRITORIO NARRATO:
Raccontare il territorio d’Abruzzo attraverso il cinema, la stampa e la letteratura è il tema della ricerca analitica col fine di descrivere il territorio abruzzese. Per conoscere un territorio bisogna viverlo, ma per conoscerlo profondamente bisogna anche lasciarselo raccontare, dalle sue immagini, dai suoi suoni, dai suoi odori, dai suoi colori, dai suoi sapori, ma soprattutto di suoi abitanti, depositari della memoria di un luogo, che esperiscono direttamente e che sono parte integrante di esse.
Tutto questo lavoro è stato racchiuso in book tematici, video e immagini pubblicati durante il corso del laboratorio nel sito ABARCHIVE (www.abarchive.info), nato con l’obiettivo di raccogliere e condividere una indagine sul tema della “dismissione” dei borghi italiani per
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STUDENTI
Ester Zanchi, Serena Sembiante, Francesca Lui, Eugenia Mazzoni, Gabriele Frisardi, Alessia Fenili, Marco Rizzi, Francesco Bressi, Stefania Prina, Francesca Pozzi, Alice Truant, Mauro Roveri, Alessandra Tagliabue, Paola Valsesia, Marina Meloni, Elisa Acchiardo, Silvia Cortinovis, Cinzia Funaro
STUDENTI
Marino, Chiara Guerrieri, Elena Musitelli, Elena Narducci, Michela Finetti, Elisa Tomasoni, Mattia Tommaselli, Elena Mor, Chiara Cicciarella, Silvia Medici, Viola Lucioni, Valeria Mercogliano, Enrico Ferrari, Giulia Lisci, Ilaria Bollati, Giulia Magliani, Linda Trappoloni,
INAUGURAZIONE
28 LAB INT 2 ‘10 A.A 2009 _ 2010 Facoltà di Architettura e Società Politecnico di Milano Proff _ G. Postiglione, L. Bini, A. Petrillo GEOGRAFIE DELL’ABBANDONO ABRUZZO 14.07.10 _ 17.07.10 www.abarchive.info/ Archivio Borghi Abbandonati PRESENTAZIONE DEI LAVORI h 9.00 _ 19.00 Aula Gamma Politecnico di Milano sede Leonardo HANNO COLLABORATO Michela Bassanelli, Marco Di Nallo, Marco Lampugnani, Elena Naldi
14.07.10 _ h 17.00 Alcuni ospiti interverranno al dibattito L’ ABRUZZO DA 10 PUNTI DI VISTA Storia, Evoluzione sociale, Istat, Rappresentazioni del territorio, Produzione, Patrimonio culturale, Infrastrutture, Territorio narrato, Risorse naturali, Gli abitanti e le loro storie
Laura
Mara Brozzi
APERITIVO 07.14 .10 _ h 19.00 Tutti al baracchino sotto la A in via Ampere!!!
tentare di costruire un documento metaprogettuale di lettura/mappatura del fenomeno e delle possibili risorse a disposizione per contrastarlo. Non solo, tutto il laboratorio si è concluso con una mostra, presso il Politecnico di Milano, di cui è stata studiata l’installazione al fine di comunicare il più possibile tutto il materiale elaborato.
In questa pagina: foto allestimento della mostra.
Nella pagina accanto: locandina della mostra.
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Dall’unione di tutti i documenti è possibile scattare una fotografia della regione abruzzese in tutti i suoi molteplici aspetti (fisici, economici, culturali), ma anche di tutti i suoi borghi in stato di abbandono che ormai la caratterizzano. Si tratta di borghi che godono di una vita tranquilla e serena, immersi nei paesaggi collinari, che respirano aria pura e si godono le giornate di sole nell’assoluto silenzio. Il paesaggio che si prospetta agli occhi dà pace e colma tutto il vuoto che si è creato dal momento in cui ognuno è dovuto andare via al momento del ritorno. Fortunatamente alcuni di questi borghi riesce a sopravvivere grazie al turismo; esso è però un turismo di giornata: i borghi sono piccoli e si possono visitare in poche ore. Alcuni diventano famosi per la loro bellezza medievale, altri per le loro risorse. Alcuni borghi vantano la presenza di attività produttive industriali vicine che permettono alle poche famiglie rimaste di potersi mantenere. Altri vivono grazie alla presenza di elementi come la fortezza che essendo rivitalizzate in musei offrono occasioni di visite da parte di scuole e turisti. Alcuni si sono attivati creando fondazioni o associazioni che si occupassero dell’organizzazione di eventi legati particolarmente alla musica e all’arte. Ma questo non basta a bloccare il fenomeno di abbandono che ha colpito i vari borghi a partire dagli anni ‘40.
In quegli anni gli abitanti hanno iniziato a risentire di una grossa crisi economica: chi, più fortunato, possedeva un’attività legata al settore alberghiero o un appezzamento di terreno, riusciva a mantenersi e a mantenere la famiglia; tutti gli altri, la maggior parte, ha dovuto abbandonare il proprio paese per spostarsi in zone più evolute. I ragazzi dovevano frequentare scuole ed i più fortunati hanno potuto proseguire gli studi, mentre altri sono stati costretti a cercare lavoro.
Un fenomeno decisamente interessante per comprendere le dinamiche migratorie è stata sicuramente la concentrazione territoriale del processo di sviluppo nella zona costiera, in particolare nei pressi di Pescara. L’industrializzazione di quest’area ha portato ad un progressivo depauperamento della popolazione delle zone interne della regione in quanto ha provocato massicci spostamenti verso l’area costiera.
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I borghi abbandonati analizzati da
31
ABARCHIVE.
Questo trend di popolazione delle zone interne era talmente evidente da indurre alcuni a parlare di “spopolazione” dell’Abruzzo per indicare che nel periodo 1961-1971: “I comuni abruzzesi soffrono di una profonda degradazione che li sta polverizzando demograficamente: nella fase intercensuaria 1961-1971 quelli di ampiezza fino a 500 abitanti, cioè una specie di borgata, da 4 sono diventati 20 (+16) di cui 12 (+10) nell’aquilano; quelli delle varie classi da 2.000 a 15.000 abitanti sono diminuite di 44 (18 nell’aquilano)”
comuni con popolazione maggiore a 5001 abitanti.
comuni con popolazione da 501 a 500 abitanti. comuni con popolazione inferiore a 500 abitanti.
32
51 200 54
Densità della popolazione abruzzese.
33
3.
STRATEGIA RETE SOLIDALE DI VICINANZA
RETE SOLIDALE DI VICINANZA
Il modello insediativo del borgo, spesso definito patrimonio “minore”, in quanto privo di grandi attrattori culturali tipici delle città d’arte, è, al contrario, un bene da valorizzare sia per la sua peculiare identità e conformazione che per la potenziale sostenibilità legata alla sua dimensione diffusa e capillare nel territorio. Al fine della valorizzazione di questo patrimonio culturale, oggi “invisibile” e quindi non sufficientemente conosciuto, socializzato e fruito, sono necessari processi virtuosi che rendano sinergica la preservazione dell’identità storica con l’individuazione di funzioni strategiche da attivare e connettere ad una rete efficiente di partecipazione collettiva e condivisa. E’ in questo scenario che nasce la Rete Solidale di Vicinanza (RSV), una rete di cooperazione di piccoli centri urbani o borghi con un elevato tasso di abbandono con l’obiettivo di stimolare la vitalità socio-economica dei territori rurali e montani più soggetti a fenomeni di marginalizzazione, di ridurre alcuni fenomeni di squilibrio come lo spopolamento, l’invecchiamento della popolazione, favorendo le condizioni per la diffusione di modelli di sviluppo autogeni, integrati e sostenibili. Tali strutture sono costituite, nella maggior parte dei casi, da almeno cinque comuni.
La strategia può essere perseguita mediante la costituzione di reti di cooperazione di due tipologie:
a) reti territoriali di piccoli centri urbani contigui in associazione tra di loro, che intendono raggiungere l’obiettivo di rappresentare un riferimento comune a livello di area territoriale; b) reti tematiche di piccoli centri urbani in associazione tra di loro, costituite cioè da comuni anche non contigui, che hanno in comune un obiettivo condiviso di sviluppo in tema di ricettività diffusa, che intendono perseguire in forma associata.
L’identificazione della rete e della strategia può scaturire da un’interpretazione e valutazione della capacità del patrimonio culturale, paesaggistico, socio/economico territoriale di interagire con il complesso sistema dei servizi e delle filiere produttive che vi gravitano intorno; di costituire risorsa per la progettualità; di suggerire politiche di rete;
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di individuare, quindi, all’interno dei sistemi locali, vere e proprie aggregazioni di enti che esplicitino quella componente “attiva” della valorizzazione delle risorse, così da orientare lo sviluppo locale.
All’interno della Rete gli individui e i gruppi assumono un ruolo attivo e decisionale attraverso i comportamenti al fine di valorizzare le risorse territoriali secondo criteri di equità sociale e sostenibilità, per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, gruppi di interesse o di vicinato organizzati per la gestione collettiva di alcune questioni e servizi comuni, gruppi di affinità che sperimentano forme di vita basate sulla proprietà indivisa e sul mutuo scambio, etc.).
In questa prospettiva le tradizioni specifiche delle comunità che lo abitano, la memoria storica che conservano, i modi del costruire (il rapporto con il sito, il linguaggio dei manufatti, l’uso, l’abbandono, il riuso), i modi dell’abitare (le dimore dell’uomo, gli spazi comuni) e i modi della socialità (tradizioni, enogastronomia, artigianato), possono diventare l’elemento cardine dell’identità di un territorio, che può portare alla rifunzionalizzazione di queste profondità ormai dimenticate.
Tale condizione diventa essenziale per poter continuare ad assicurare produzioni specifiche collegate alle tradizioni dei luoghi, in grado di attrarre l’interesse di un mercato sempre più maturo e con una crescente coscienza ambientale. L’ obiettivo non è quello di recuperare il singolo borgo, operazione di per sè già significativa, ma di promuovere iniziative diffuse su tutto il territorio provinciale offrendo strumenti operativi, competenza, analisi del prodotto, canali di finanziamento, marketing territoriale.
Nella creazione di una Rete Solidale di vicinanza sono due gli step fondamentali da seguire:
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1. Obiettivi
Gli obiettivi principali di una Rete Solidale di Vicinanza sono: - la riqualificazione ed il recupero del tessuto insediativo dei centri minori, con particolare riferimento ai centri storici, per una corretta definizione paesaggistico-ambientale dell’insieme;
- il contrasto allo spopolamento delle aree interne; - il perseguimento di obiettivi di qualità e coerenza paesaggistica con il contesto di riferimento, con particolare attenzione al mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie; - l’integrazione dei servizi scolastici, culturali e sociali e l’ottimizzazione dell’offerta di spazi e servizi per le attività produttive. - il sostegno a interventi di recupero connotati da alta qualità urbana e finalizzati al riutilizzo di abitazioni vuote dei centri storici per iniziative di ricettività diffusa.
2. Le azioni
Le linee d’azione per la creazione di reti solidali hanno l’obiettivo di promuovere e realizzare la messa in rete e l’integrazione delle diverse attrezzature di servizio dei piccoli centri che possono svolgere un ruolo importante di presidio del territorio o di riferimento per aggregazioni produttive.
Le azioni previste per le “reti organizzative di cooperazione intercomunale tra centri urbani minori” sono finalizzate a:
- la riqualificazione ed il recupero del tessuto insediativo dei centri minori, con particolare riferimento agli insediamenti storici e anche alle successive espansioni urbane, anche come occasione di sperimentazione di modelli di ricomposizione spaziale e figurativa dell’assetto urbanistico, per una corretta definizione paesaggistico-ambientale dell’insieme;
- l’integrazione dei servizi scolastici, culturali e sociali;
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- la realizzazione di interventi innovativi nei settori della tutela e riqualificazione ambientale (ad esempio agende 21 locali) e della mobilità sostenibile; - l’ottimizzazione dell’offerta di spazi e servizi per le attività produttive.
In particolare tale progetto pilota dovrà includere: - azioni materiali e immateriali nei campi dei servizi sociali, dell’ambiente e della valorizzazione del patrimonio culturale e delle tradizioni locali, volti alla sperimentazione di nuovi metodi di gestione e di nuovi sistemi di erogazione dei servizi; - azioni per agevolare l’accessibilità ai servizi pubblici e privati e ai luoghi della vita sociale, anche mediante l’utilizzo di nuove tecnologie; - azioni materiali e immateriali volte al sostegno e allo sviluppo di iniziative in tema di ricettività diffusa.
RETE DI ECONOMIA SOLIDALE
Affinchè la RSV sia più solida e concreta, dovrebbe basarsi su un’economia di tipo solidale che si definisce come “economia delle reti e delle relazioni orizzontali e non gerarchiche tra operatori, basate sulla condivisione delle conoscenze, dei mercati, delle informazioni, delle risorse”1. Le reti integrano diversi settori e realtà territoriali che si arricchiscono reciprocamente valorizzando le specificità locali e la diversità: maggiore diversità significa maggiore forza della rete, della sua tessitura, della qualità dei legami tra i componenti.
La Rete dell’Economia Solidale (RES) è costituita da un insieme di realtà molto diversificate, accomunate da principi, obiettivi e metodi condivisi. All’interno della Rete gli individui e i gruppi assumono un ruolo attivo e decisionale attraverso i comportamenti
1 Mance E. A., La rivoluzione delle reti. L’economia solidale per un’altra globalizzazione, EMI, Bologna 2003.
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relativi ai consumi, ai modelli produttivi e alla finanza, con l’obiettivo di dare risposte concrete e “di relazione” ai problemi che riguardano sia le scelte economiche quotidiane, sia gli squilibri indotti dalla globalizzazione economica (consumo critico, finanza e assicurazioni etiche, produzione biologica, energie rinnovabili, scambi non monetari e monete locali, turismo responsabile, commercio equo, etc.).
Le reti sono costituite da nodi di produzione, distribuzione e consumo, dalle loro interconnessioni e da flussi relazionali di tipo materiale (tecnologie, prodotti, servizi) e immateriale (informazioni, conoscenze, saperi locali, valori). I soggetti attivati o attivabili per la costruzione del distretto sono sia quelli già operanti all’interno della Rete delle Economie Solidali, sia quelli esterni ad essa, ma le cui pratiche siano riconducibili a principi di sostenibilità socio-economica e ambientale (piccoli agricoltori che lavorano non solo per la produzione di merci di qualità ma anche per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, gruppi di interesse o di vicinato organizzati per la gestione collettiva di alcune questioni e servizi comuni, gruppi di affinità che sperimentano forme di vita basate sulla proprietà indivisa e sul mutuo scambio, etc.).
“i soggetti dei distretti” vengono identificati con:
- le imprese, i lavoratori dell’economia solidale e le loro associazioni (cooperative e microimprese di produzione di beni e servizi, consorzi di produttori, piccoli agricoltori biologici, artigiani, commercianti, ecc.);
- i consumatori e le loro associazioni (gruppi di acquisto solidale, associazioni del consumo critico e del commercio equo);
- i risparmiatori-finanziatori delle imprese e delle iniziative dell’economia solidale e le loro associazioni o imprese (Mag, Banca Etica, associazioni per il microcredito, assicurazioni etiche);
- le istituzioni (in particolare gli enti locali) che intendono favorire sul proprio territorio la nascita e lo sviluppo di esperienze di economia solidale.
Il progetto di attivazione dei distretti si è sviluppato attraverso dibattiti, incontri e confronti
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costituenti tra i soggetti interessati.
I Distretti di Economia Solidale sono attualmente in fase di sperimentazione; di essi si possono valutare i principi, i propositi e le fasi di avvio, ma non i caratteri peculiari che emergeranno nel corso delle diverse sperimentazioni locali. Per questo si considera il progetto nel suo insieme, mettendo in luce alcune specificità che individuano la nascita delle prime esperienze.
Le pratiche ispirate ai principi dell’economia solidale si costruiscono di solito in maniera autonoma rispetto ai progetti istituzionali, ancora incapaci, nella grande maggioranza dei casi, di attivare politiche e processi partecipativi capaci di includere e sostenere tali esperienze, nate all’interno del tessuto sociale. Le realtà associative della RES coinvolgono piccoli gruppi e comunità che cercano di soddisfare i propri bisogni e di affrontare i problemi sociali attraverso l’azione diretta, a cui ogni membro può partecipare con l’impegno e l’interesse personale, secondo le proprie attitudini. Il carattere rivendicativo delle pratiche riveste un ruolo marginale rispetto alla ricerca di soluzioni immediatamente sperimentabili nel quotidiano attraverso il confronto e l’aiuto reciproco, secondo linee di autosviluppo, in cui diviene centrale il nesso tra la volontà di trasformazione e il porsi come alternativa concreta adottando da subito, su piccola scala, i valori e i rapporti che si aspira a diffondere a livello dell’intera società.
L’attivazione dei DES può quindi rappresentare un’occasione importante in cui gli obiettivi della Rete delle Economie Solidali (diffondere la cultura del consumo critico, sostenere i piccoli produttori locali, praticare stili di vita sostenibili, ecc.) e quelli degli enti locali (costruire nuove forme di democrazia partecipativa con le varie realtà che operano e vivono nei propri territori) s’incontrano e si rafforzano reciprocamente nella sperimentazione e diffusione delle pratiche di sviluppo socio-economico autosostenibile.
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La rete che lega e struttura le relazioni di economia solidale risulta capace di affrontare temi di grande portata e complessità, che coinvolgono un ampio numero di soggetti sociali, favorendo lo sviluppo di capacità critiche rispetto a questioni che riguardano gli stili di vita e di consumo, i modelli produttivi, l’uso delle risorse, la possibilità di attivare reti di economie territoriali alternative. Questo permette il raggiungimento di un buon grado di autonomia del sistema locale dal punto di vista della “cultura dello sviluppo”, primo passaggio necessario per l’attivazione di sistemi di produzione economica locale basati sui criteri della crescita qualitativa.
Livelli e modalità di autoriconoscimento del patrimonio locale
Il riferimento alla dimensione locale costituisce uno degli elementi fondanti del processo di attivazione dei Distretti di Economia Solidale, che si propongono di dare priorità alla produzione e al consumo delle risorse “del luogo”, sia in termini di materie prime ed energia, sia in termini di conoscenze, pratiche e tecnologie.
Come si legge in vari documenti della Rete, i distretti mirano alla valorizzazione delle risorse e dei piccoli produttori locali, delle caratteristiche peculiari del territorio (saperi tradizionali, valori ambientali, sociali e relazionali), viste come patrimonio di ricchezze da accrescere e valorizzare e non come flussi di risorse da sfruttare a fini di profitto. I distretti sono quindi concepiti come sistemi territoriali in cui il motore economico è rappresentato da circuiti di soggetti e attività strettamente collegate alle caratteristiche dell’ambiente e della società locale; sono costituiti da reti socio-economiche interagenti in base alla prossimità spaziale e socioculturale, accomunate dal radicamento territoriale e da un progetto condiviso di sperimentazione di un modello di sviluppo endogeno. L’attivazione del distretto è favorita dall’esistenza di un sistema locale dotato d’ identità progettuale, capace di costruire reti sociali e di mobilitare risorse su diversi progetti.
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Autosostenibilità e impronta ecologica
L’economia solidale pone in primo piano il problema della tutela ambientale e della rinnovabilità delle risorse da vari punti di vista; sia nei documenti della Rete sia in quelli dei singoli distretti troviamo riferimenti precisi al problema della chiusura dei cicli, dei bilanci ambientali, di nuove pratiche economiche capaci di coniugare economia ed ecologia.
I soggetti aderenti al DES si impegnano a svolgere la propria attività economica secondo modalità tali da consentire la riduzione dell’impronta ecologica del distretto e comunque tali da non compromettere, nel lungo periodo, la capacità di carico degli ecosistemi. Si ritiene strategico, al tal fine, favorire la chiusura dei cicli bioeconomici.
L’economia solidale privilegia la piccola scala, la produzione e l’organizzazione di attività decentrate e diffuse sul territorio, gestibili direttamente dalla comunità locale; le attività produttive decentrate permettono ai lavoratori di abitare in prossimità dei luoghi di lavoro, di ridurre al minimo la circolazione delle merci e di massimizzare la circolazione delle informazioni e delle conoscenze.
La localizzazione diffusa permette l’uso ottimale, attraverso tecnologie appropriate e a basso impatto ambientale, delle risorse naturali e delle fonti energetiche rinnovabili (sole, vento, biomasse, salti idrici, geotermia), il cui uso tiene conto delle loro caratteristiche e qualità peculiari, riducendo e rendendo più facilmente controllabili e riciclabili le emissioni e gli scarti derivanti dalle attività produttive. La piccola scala permette inoltre alla produzione di adattarsi all’ambiente locale, traendo vantaggio dai diversi microclimi senza alterarli.
La chiusura tendenziale dei cicli di produzione e consumo a scala locale riduce i costi ambientali dovuti al pendolarismo, al trasporto delle merci, e permette il controllo delle diverse fasi del ciclo produttivo attraverso Bilanci Ecologici Territoriali mirati alla riduzione dei consumi di materia ed energia e permette la chiusura dei cicli delle sostanze nutritive, il risparmio energetico, il mantenimento della complessità dell’ecosistema agricolo.
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La ricchezza delle esperienze legate al commercio equo e solidale e alle botteghe del mondo, i centri di distribuzione dei prodotti e di diffusione di informazione e cultura, costituiscono una realtà forte e consolidata all’interno della RES e sono un esempio di rete che opera sia a scala locale, all’interno dei distretti, sia a scala internazionale, costruendo anche reti “lunghe” di relazioni economiche che si oppongono ai principi e alle dinamiche della globalizzazione.
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45 Posizione geografica della rete solidale di vicinanza
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DI NAVELLI
4. RSV_PIANA
L’area selezionata per la sperimentazione della Rete Solidale di Vicinanza è la Piana di Navelli. Le motivazioni sono: 1) Essa è una delle aree maggiormente colpite dal terremoto del 6 aprile 2009. Il giorno stesso e’ stato emanato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2010 ed affidato al capo del Dipartimento della Protezione Civile l’incarico di commissario per l’emergenza. Il Decreto del Commissario Delegato n. 3 del 16 aprile 2009 ha individuato come area di intervento per la ricostruzione, 49 comuni in quanto “sulla base dei dati disponibili” hanno risentito di un’intensità uguale o superiore al sesto grado della scala MCS (Mercalli Canzani Sieberg). Tra questi vi sono quasi tutti i comuni che appartengono alla piana di Navelli. La lista dei comuni è stata compilata con criteri scientifici, sulla base dei rilievi macrosismici che il Dipartimento della Protezione Civile ha effettuato in collaborazione con l’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dopo la scossa del 6 aprile.
Province Comuni interessati
L’Aquila Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequeo, Co cullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L’Aquila, Luco li, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata D’Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio ne’ Vestini, San Pio delle Camere, Sant’Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant’Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi.
Teramo, Pescara
Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pietracamela e Tossicia, Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de’ Passeri.
Tab 1. Comuni della Regione Abruzzo colpiti il 6 aprile 2009 da scosse sismiche di intensità uguale o superiore al sesto grado della Scala Mercalli - Decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009
2) Già dapprima dell’ultimo sisma la Piana, come in generale tutto l’entroterra abruzzese, ha conosciuto un notevole e preoccupante spopolamento dei numerosi borghi che la caratterizzano. La causa principale è l’assenza di un sistema economico
50 INTRODUZIONE
e dei suoi conseguenti posti di lavoro, che costringe le famiglie e la fascia più giovane della popolazione a trasferirsi in cerca di maggiori offerte e servizi.
I paesi, quasi tutti di pendice ad una quota di 750 m. s.l.m., che formano l’Altopiano di Navelli sono: Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Navelli, Prata d’Ansidonia e San Pio delle Camere.
Capestrano
Caporciano
Navelli
Carapelle Calvisio
Prata D’Ansidonia
San Pio delle Camere
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4.1 I BORGHI DELLA RSV
Segue ora l’analisi dei sei borghi che formano la rete solidale di vicinanza selezionata all’interno della piana di Navelli. Ogni borgo viene analizzato secondo cinque famiglie, ciascuna rappresentata da icone che sono o di tipo qualitativo o di tipo quantitativo: le prime, che assumono i colori rosso, arancione e verde, hanno il compito di indicare la qualità della caratteristica che devono rappresentare, le seconde sono invece di colore nero per indicare la presenza di una determinata caratteristica.
ICONE QUALITATIVE
ICONE QUANTITATIVE
Assenza
PresenzaAlto Medio Basso
Non tutti i cinque settori analizzati possiedono icone qualitative: ne è un esempio il settore “geografia”, che possiede solo icone di tipo quantitativo per indicare le risorse naturali del borgo che si analizza; non si può difatti indicare un livello alto-medio-basso degli aspetti geografici in quanto sarebbe una valutazione soggettiva. Esempio: la presenza di più montagne in un comune potrebbe sembrare a prima vista un fattore negativo rispetto a un comune più pianeggiante, ma non lo è, in quanto rappresenta invece più presenza di legname e risorse per il turismo invernale. Ciò però non significa attribuire al fattore montagna l’icone verde e alla pianura l’icona rossa, dal momento che quest’ultima è invece positiva poichè rappresenta territorio fertile per la coltivazione e l’economia agricola del comune. Stesso discorso vale per la famiglia “economia” che bene o male è molto simile per tutti i borghi che si basano su un’economia essenzialmente agricola.
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I BORGHI
monti
collina mare risorse idriche
grado di abbandono del borgo
basso
basso
PRIVATI
PUBBLICI INFRASTRUTTURE
stato della viabilità mezzi pubblici (autobus) mezzi privati
stato di conservazione
ECONOMIA
alto poste asilo nido lineare bovino
PATRIMONIO CULTURALE
basso basso basso basso campi
basso medio medio medio medio medio medio bosco
medio alto alto alto alto alto alto prato
banca scuola primaria radiale suino
forma urbana stato dei monumenti
farmacia chiesa alto
ristorante guardia medica basso terziario
market forze dell’ordine medio industria
albergo attrezzature sportive
monumenti
amministrazione
55 GEOGRAFIA POPOLAZIONE SERVIZI
SERVIZI
Situato al margine sudoccidentale di un vasto piano di origine carsica compreso tra l’altopiano di Navelli e le estreme propaggini sudorientali del gruppo del Gran Sasso d’Italia, parte del territorio del comune rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga costituendone di fatto una delle porte di accesso nella sua parte meridionale . Posto a 45 km a Est-SudEst del capoluogo, il borgo è circondato dalla strada statale SS153 dalla quale si può accedere da quattro entrate principali più o meno vicine e più o meno curvilinee che, seguendo gli orientamenti irregolari dei campi, portano ai piedi del comune.
57 CAPESTRANO
Capestrano presenta un territorio montuoso con un’altitudine compresa tra i 320 e i 1432 metri sul livello del mare.
Può vantare una serie di sorgenti che danno vita al lago di Capestrano da cui esce il fiume Prisciano le cui acque, insieme a quelle della sorgente “ del Lago “ e di Capodacqua danno origine al fiume Tirino. Esso oltre a offrire una visione naturalistica tra le più suggestive è al tempo stesso meta di cultori sia della pesca, di cui il Comune di Capestrano vanta il diritto esclusivo, sia degli amanti della canoa che giungono da ogni parte d’Italia.
60 GEOGRAFIA
61
64 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 519 455 560 70 344 -9 7 16 -17 34 17974 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado di abbandono del borgo elevato nel corso dell’ultimo decennio.
65 + S 7.016 € (ad abitante) 22,7 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 280 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati è positiva, in quanto soddisfano le necessità dei 974 abitanti presenti nel comune. Le uniche pecche riguardano i market dei generi alimentari, poichè il terremoto ha causato la chiusura della macelleria e l’abbandono del borgo da parte del venditore di ortaggi.
68 SERVIZI
1 1 2 3 4 1 1
PUBBLICI
I servizi pubblici sono positivi: è possibile la frequenza della scuola primaria e secondaria di primo grado, oltre che di un istituto professionale agrario; le strutture culturali comprendono un museo ed una biblioteca, annessi al conventi di S. Giovanni da Capestrano; sono presenti due medici di base disponibili 3-4 giorni a settimana; è presente una caserma di carabinieri; quelle sociali si identificano in un orfanatrofio e in una casa di riposo.
69
1 1 1 2 1
PUBBLICHE
Pio
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La situazione dei servizi pubblici è negativa: per raggiungere Caporciano e Prata D’Ansidonia si deve fare cambio a San Pio delle Camere aumentando i tempi. Capestrano Capestrano Capestrano Capestrano Capestrano Navelli Caporciano San
delle Camere Carapelle Calvisio Prata D’Ansidonia 9,5km 16km 21km 16km 16km 24km 16km 21km 0 0 0 0 0 00h10 00h38 00h23 00h29 00h38 Distanza Minima in: *Cambio autobus *Cambio autobus Distanza Massima in: INFRASTRUTTURE
PRIVATE
La situazione dei servizi privati è negativa: nonostante le brevi distanze tra i borghi, essi non sono facilmente raggiungibili a causa delle curve e delle varie pendenze che seguono la natura del territorio.
Distanza Minima
Capestrano Navelli
Capestrano
13km
Carapelle Calvisio 13km
Capestrano
San Pio delle Camere
Distanza
Prata D’Ansidonia
73
9,5km0 00h14
Capestrano Caporciano
0 00h19
00h19 0
Capestrano
16km0 00h24
20km0 00h32
Massima in:
in:
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti. L’espansione è strettamente connessa alle strade che collegano il borgo con l’esterno: via San Giovanni, via Località Palmara, via Roma, e via Lago.
II primo documento in cui si fa riferimento al nome di Capestrano risale al 1284, quando Carlo I donò i territori di Capestrano a Riccardo Acquaviva di S. Valentino. Nel 1318 Carlo III di Durazzo, occupato il Regno di Napoli, cedette il territorio ad un fedele soldato, Pietro Conte di Celano. Nel 1463 il Re Ferdinando lo assegnò ad Antonio Piccolomini che Io donò ad Antonio dei Medici, suo figlio naturale, che a sua volta lo vendette a Ferrante dei Medici, Granduca di Toscana.
È proprio il castello Piccolomini, che si erige al centro del paese sopra la piazza del Mercato, divenuta centro e sede delle attività pubbliche e amministrative del borgo.
76 PATRIMONIO
I monumenti di pregio presentano un medio stato di conservazione.
CASTELLO PICCOLOMINI
Il Castello Piccolomini, medioevale e restaurato in tempi recenti, chiude uno dei lati della piazza del Mercato e domina il paese nella parte più alta; fu fatto realizzare da Antonio Piccolomini che, ottenuta in dono una semplice fortificazione, la rafforzò con bastioni circolari ed un fossato, costruendovi dentro un lussuoso palazzo baronale: sorse, probabilmente, attorno a una antica torre preesistente utilizzata per avvistamenti e segnalazioni per la posizione strategica che occupava nel territorio. Il castello è di forma quasi trapezoidale con tre torri merlate situate agli angoli mentre l’edificio residenziale è a forma di L con il lato maggiore rivolto verso la piazza del paese rafforzato da due bastioni circolari posti ai lati e da un fossato che si stendeva lungo le mura. Al centro del castello, nel cortile interno, è collocato un pozzo poligonale all’esterno e circolare all’interno con due colonne con capitelli collegati da un imponente architrave.
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CONVENTO DI S. GIOVANNI
Dalla parte opposta vi era un altro Castello, probabilmente eretto dal re longobardo Desiderio, i cui ruderi divennero il ritiro di colombi e per questo gli venne attribuito il nome di colombaio (Palumbaria). Sulle sue rovine oggi sorge il Convento di S. Giovanni, eretto per volontà di S.Giovanni, per l’Osservanza a Capestrano. La donazione del terreno gli fu fatta dalla Contessa Cobella di Celano, che fece edificare su volontà del Santo una splendida biblioteca che custodisce ancora oggi più di 6000 testi tra codici, bolle, carteggio del Santo e testi rari, tra i quali la Bibbia appartenuta a S.Giovanni e sulle cui pagine sono ancora ben visibili le postille che egli scrisse di suo pugno. Il Convento nel corso dei secoli ha subito diverse trasformazioni. Di pregevole fattura sono al suo interno: la Chiesa barocca ad una navata ed il Quartino di S. Giovanni con il primitivo chiostro. Internamente al Convento vi è anche un museo in cui i Frati conservano varie reliquie del Santo e i suoi oggetti personali tra i quali la clessidra, la lente di ingrandimento, le posate.
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CHIESA DI S. PIETRO AD ORATORIUM
Nei pressi della sorgente di Presciano si può ammirare un antico mulino ad acqua denominato “Campanella”che grazie allo sfruttamento della forza motrice idraulica assicurava la nascita di opifici, cartiere e ramiere. All’altezza del mulino Campanella è situata la Chiesa di S. Pietro ad Oratorium: immersa in un boschetto che cresce sulle rive del fiume Tirino, è una costruzione austera e bellissima nella semplicità della sua pietra bianca e dell’architettura a tre navate e tre absidi semicircolari. La sua fondazione risalirebbe al 752 d.C. e sarebbe stata voluta dal re longobardo Desiderio. Nel XII secolo venne ampliata e modificata secondo lo stile romanico. Uno degli elementi più attraenti e misteriosi di questa chiesa è il famoso “quadrato magico”; sulla sua pietra è incisa una frase palindroma “sator arepo tenet opera rotas” che tradotta significa “il contadino con l’aratro coltiva tutto intorno”.
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Lo spirito imprenditoriale comincia a fare breccia nella salda tempra dei capestranesi, legati da un saldo vincolo alle proprie tradizioni e alla vita tranquilla che oggi più che mai, con l’esodo delle nuove generazioni, si conduce in questi luoghi. Una buona parte della popolazione attiva si dedica ancora all’agricoltura, perpetrando consuetudini di remota origine come la coltivazione dello zafferano, o alle tradizionali attività artigianali – soprattutto estrattive o di trasformazione-. Capestrano è difatti un centro agricolo basato principalmente sulla produzione cerealicola e foraggera, ma con qualche eccezione: zafferano, uva, mandorle, olive e ortaggi; Nel borgo sono presenti piccole industrie (il più legate al settore primario) di trasformazione: la sgusciatura meccanica delle mandorle, i pastifici, i molini. Ma sono sempre più numerosi coloro che guardano con interesse ai possibili sviluppi del terziario, dal turismo culturale al commercio e ai servizi qualificati, quali il credito e le assicurazioni. Inadatto al turismo di massa, il comune si presta ad accogliere i flussi più contenuti e selettivi di quello naturalistico e culturale.
82 ECONOMIA
Alcune delle manifestazioni locali hanno una certa capacità di richiamo: nel calendario delle fiere, sagre gastronomiche, ricorrenze religiose e appuntamenti culturali spiccano la sagra della trota, che si svolge nella prima metà di agosto, la processione del Venerdì Santo e i concerti settembrini.
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CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Questo fenomeno apparentemente inarrestabile non solo aumenta il sentimento di abbandono totale, già proprio degli abitanti che si sentono appunto sempre più abbandonati al proprio destino, ma aggrava ancora di più la situazione economica, in quanto all’assenza degli abitanti corrisponde anche un’assenza dei servizi elementari e necessari alla vita di un paese.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
Capestrano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego; - propensione all’individualismo; - modesta attitudine a fare sistema e a formare reti.
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
84 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
SERVIZI
La presenza dei servizi privati e pubblici elementari è necessaria per la sopravvivenza del borgo e per colmare in parte le carenze dei borghi della piana che sono invece privi di questi servizi.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali.
- presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - presenza di servizi per l’istruzione e l’intrattenimento della fascia più giovane della popolazione; - presenza di servizi per il turismo (strutture alberghiere e di ristorazione); - presenza di servizi pubblici amministrativi; - presenza di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti.
85
Posto a 29 km a SudEst del capoluogo, il borgo è facilmente raggiungibile dalla strada statale SS17 che porta direttamente al capoluogo. Il borgo è vicino alla frazione Bominaco, posto a 3,5 km di distanza, dominata dai resti di un castello che insieme alle due chiese sottostanti, San Pellegrino e Santa Maria, formavano un monastero, Momenaco, esistente già nel X secolo.
87 CAPORCIANO
Caporciano è situato in una posizione che domina il Piano di Navelli, a 836 metri sul livello del mare. Dal borgo si scorgono, le catene montuose del Gran Sasso, della Maiella e del Sirente. Guardando verso il basso, l’occhio cade sulla pianura variegata dal mosaico policromo delle colture che in tutte le stagioni offre un superbo spettacolo. Vi si scorgono anche numerosi abitati, e la scelta dell’insediamento fu probabilmente condizionata dalla possibilità di comunicazione visiva con i castelli e conventi di Rocca Balascio, S. Pio delle Camere, Castelnuovo, Barisciano e Castellacci verso nord; Bominaco ad ovest e Collepietro, Navelli e Civita Retenga verso est.
90 GEOGRAFIA
91
abbandono
borgo
94 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 137 107 140 19 85 -6 3 9 -1 4 5244 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado di
del
elevato a partire dai primi decenni del 1900, quando si contavano 1478 abitanti, e costante nel corso dell’ultimo decennio.
95 + S 7.572 € (ad abitante) 14,48 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 139 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati è negativa, in quanto sembra offrire più servizi ai turisti, con attività di ristorazione e bed & breakfast, che ai propri abitanti, i quali sono costretti a spostarsi nei paesi più vicini per i servizi primari: farmacia a Prata D’Ansidonia, il market di generi alimentari a San Pio delle Camere, la banca a San Demetrio nei Vestini, le scuole a San Pio delle Camere.
98 SERVIZI
0 0 0 3 3 1 1
PUBBLICI
I servizi pubblici, seppur all’apparenza carenti, sono proporzionati al numero di abitanti: non vi sono difatti strutture scolastiche di nessun tipo per i 19 bambini tra i 0 e i 14 anni e occorre pertanto spostarsi nei paesi vicini, in particolare San Pio delle Camere.
99
0 0 1 2 2
PUBBLICHE
difatti,
parte
gli altri borghi della piana sono raggiungibili
D’Ansidonia
cambio di bus a San Pio delle Camere, aumentando
Pio delle Camere
D’Ansidonia
Calvisio
102
La situazione dei servizi pubblici è negativa:
a
Prata
tutti
facendo
i tempi. Caporciano Caporciano Caporciano Caporciano Caporciano Capestrano Navelli San
Carapelle
Prata
5km 5km 5km 5km 14,5km 13km 10km 21km 0 0 0 0 0 00h13 00h38 00h34 00h25 00h46 Distanza Minima in: *Cambio autobus *Cambio autobus *Cambio autobus Distanza Massima in: INFRASTRUTTURE
PRIVATE
La situazione dei servizi privati è negativa: nonostante le brevi distanze tra i borghi, essi non sono facilmente raggiungibili a causa delle curve e delle varie pendenze che seguono la natura del territorio.
Distanza Minima in:
00h19
Caporciano
San Pio delle Camere 5km0
Distanza Massima in:
Caporciano
Navelli 5km0
Prata D’Ansidonia 0
Capestrano
0
0
Carapelle Calvisio
103
13km
Caporciano Caporciano
Caporciano
00h07
00h10 8km 00h11
13km
00h19
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti.
Nel 1193 Galgano di Collepietro, fratello di Derisio signore di Carapelle, ottenne il feudo Caporciano, che allora contava quaranta famiglie. E’ quindi quanto meno a questo periodo da far risalire la nascita del recinto fortificato di Caporciano e quindi la nascita dell’attuale abitato.
Il nome Caporciano deriva forse da antichi insediamenti romani: Caput Jani, capo di Giano il dio bifronte, o anche Caput Porci, Casa Porciana diventata, Ca’ Porciana e quindi Caporciano probabilmente dalla gran quantità di cinghiali e maiali che vivevano nella zona.
106 PATRIMONIO
I monumenti di pregio presentano un medio stato di conservazione.
CHIESA DI SANTA MARIA DE’CENTURELLI
In uno dei periodi di maggior importanza dei tratturi, si costruirono lungo il loro percorso le cosiddette chiese pastorali; tra queste la chiesa di Santa Maria de Centurelli. Essa ha una pianta a croce latina, definita da un’unica navata e due cappelle laterali che formano i bracci del transetto con un grande arco trionfale che incornicia l’altare di gusto barocco. La facciata del maestoso edificio è a coronamento orizzontale, sul tema delle più famose chiese aquilane. Il portale, realizzato nel 1558 sul finire della costruzione del tempio, non trova analogie con quelli aquilani. Piccole lesene scanalate e colonnine tonde sorreggono un architrave modanato ed una lunetta sormontata da un archivolto di scarico. L’abside, di forma stranamente allungata è concluso con forma poligonale ed una monofora. L’altro fianco, che guarda verso S. Pio, è assai semplice e ricalca il fianco opposto.
107
CHIESA DI SAN PIETRO IN VALLE
L’edificio come si presenta oggi nella sua veste suggestiva a ridosso di una valle il cui bosco ghermisce ormai la chiesetta, è databile alla prima metà del 1200. L’attuale forma della chiesa, liberata anche da murature ottocentesche addossate alle ali del transetto, è riconducibile alla croce greca, con copertura a timpano e con gli esterni improntati a molta semplicità. Numerosi affreschi, databili fino al XV sec., sono conservati nell’edificio. Durante un restauro del 1990 furono rinvenute quattro sepolture terragne alle spalle dell’abside e in ciascuna delle quattro fosse, scavate direttamente nella terra e ricoperte con materiale di reimpiego da vicine strutture antiche demolite, sono state identificati i resti di più corpi umani.
108
CHIESA DI S. BENEDETTO ABATE
La chiesa, sorta nel ‘600, ha una pianta a croce latina, con un presbiterio rialzato di tre gradini su cui poggia la balaustra in cemento policromo realizzata nel 1935 da parte di tal Veneziani dell’Aquila. L’edificio è adorno di dieci cappelline laterali, più l’altare maggiore. La copertura a botte è realizzata con cannucciato e gesso ancorati su una struttura portante in legno. La partitura orizzontale è scandita da campate grandi e piccole alternate, in corrispondenza delle campate più larghe la volta a botte si conclude con una lunettatura che contiene ampi finestroni. L’ingresso è coperto dalla cantoria che ha un organo a canne realizzato alla fine del settecento, probabilmente ad opera del famoso organaro Fedeli. Particolarmente interessante è il pavimento in pietra, presente su quasi tutta la chiesa che, nella fascia centrale, è policromo con intarsi di pietre rosse e nere. L’esterno dell’edificio è impostato ad estrema semplicità e non rispecchia certamente la sontuosità interna. Il paramento murario è in pietrame incerto a faccia vista senza intonaco; la facciata è conclusa molto semplicemente con un timpano.
109
La comunità dei Caporcianesi vive un’esistenza tranquilla, improntata alla gelosa salvaguardia del patrimonio delle tradizioni. Come la maggior parte del montuoso entroterra abruzzese, il comune risulta economicamente depresso. L’agricoltura, specializzata nella coltivazione di cereali, frutta e zafferano – prodotto tipico dell’aquilano fin da tempi memorabili-, l’allevamento di bestiame e la produzione di latticini e insaccati rappresentano ancora un’importante fonte di reddito, benché minate dalla crisi. Se si considera la scarsa consistenza degli altri settori produttivi, si intuiscono facilmente le motivazioni del progressivo calo demografico. Il calore e il profondo sentimento religioso dei caporcianesi si esprimono soprattutto in occasione dei festeggiamenti in onore di Santa Maria Assunta (15 agosto) e di San Pellegrino (18 settembre) con solenni processioni, concerti bandistici e fuochi d’artificio.
112 ECONOMIA
113
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Caporciano ha conosciuto un grave abbandono da parte della sua popolazione isolandolo maggiormente e aggravando ancora di più la situazione economica.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
Caporciano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
SERVIZI PRIVATI
Nel borgo sono assenti alcuni servizi importanti, specie privati, che quindi costringono gli abitanti a spostarsi nei centri più vicini.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego;
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
- assenza di servizi per la salute (farmacia); - assenza di servizi pubblici amministrativi (come la banca);
114 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
SERVIZI PUBBLICI
I servzi pubblici soddisfano in generale le esigenze del borgo perchè proporzionati al numero degli abitanti.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali. - presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - presenza di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti.
115
Carapelle Calvisio è un borgo appartenente alla Comunità montana Campo ImperatorePiana di Navelli e distante 29 km dal capoluogo. Il territorio del comune rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga costituendone di fatto una delle porte di accesso nella sua parte meridionale.
117 CARAPELLE CALVISIO
Carapelle Calvisio sorge adagiato sulla parte alta di una conca che degrada verso la Valle Tritana, su un piccolo crinale roccioso ad una altitudine di m 877 s.l.m., ed è completamente immerso nel verde di folti boschi di querce, pini, ginestre e ginepri che concorrono a formare un insieme di rilevante interesse ambientale.
Il territorio comunale risulta molto articolato e va dai 500 metri di altitudine della sua parte meridionale, ricca di verdeggianti uliveti, fino ai 2.600 metri del Monte Prena che domina la parte centrale di Campo Imperatore dove Carapelle possiede un isola territoriale con ricchi pascoli. Il territorio del comune rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga costituendone di fatto una delle porte di accesso nella sua parte meridionale.
120 GEOGRAFIA
121
di abbandono del borgo
1002 abitanti
ai 125 abitanti del
124 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 45 50 67 6 22 -2 0 2 1 3 295 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado
elevato: dai
del 1921
2001. L’abbandono è poi quasi costante fino al 2009.
125 + S 5.562 € (ad abitante) 6,6 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 139 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati è più o meno positiva: i servizi primari sono difatti sufficienti a soddisfare le esigenze dei 95 abitanti del borgo; è però negativa l’assenza di strutture turistiche come ristoranti, agriturismi ecc.
128 SERVIZI
0 1 1 0 0 0 1
PUBBLICI
I servizi pubblici, seppur all’apparenza carenti, sono proporzionati al numero di abitanti: non vi sono difatti strutture scolastiche di nessun tipo per i 6 bambini tra i 0 e i 14 anni e occorre pertanto spostarsi nei paesi vicini, in particolare San Pio delle Camere. Ed è poi presente un medico di base sufficiente alla popolazione del borgo.
129
0 0 0 1 1
PUBBLICHE
difatti,
gli altri borghi della piana
Pio delle Camere, e cambiare
Pio
132
La situazione dei servizi pubblici è negativa:
per raggiungere tutti
è necessario raggiungere San
bus aumentando i tempi. Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio Caporciano Capestrano Navelli San
delle Camere Prata D’Ansidonia 17,5km 13km 8km 8km 8km 8km 8km 12km 24km 0 0 0 0 0 00h21 00h39 00h22 00h11 00h49 Distanza Minima in: *Cambio autobus *Cambio autobus *Cambio autobus *Cambio autobus Distanza Massima in: INFRASTRUTTURE
PRIVATE
La situazione dei servizi privati è negativa: nonostante le brevi distanze tra i borghi, Carapelle Calvisio non è facilmente raggiungibile a causa delle curve e delle varie pendenze che seguono la natura del territorio.
Distanza Minima in:
00h11 0
Carapelle Calvisio
San Pio delle Camere 8km
00h15 0
Carapelle Calvisio
Prata D’Ansidonia 12km
00h19 0
Carapelle Calvisio Capestrano 13km
00h19
Carapelle Calvisio
Distanza Massima in:
00h23
Carapelle Calvisio
Caporciano 13km0
Navelli 16km0
133
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti. L’espansione è strettamente connessa alle strade che collegano il borgo con l’esterno
Le notizie sull’origine del nome del paese risalgono all’anno ’700, ma è solo tra l’XI e XII secolo che il nucleo urbano assume la sua attuale conformazione a seguito dell’incastellamento che in quel periodo avvenne per la necessità dei vari nuclei sparsi nel circondario di proteggersi principalmente dalle scorrerie di bande armate. Sulle origini del nome del Paese si hanno notizie contrastanti e non certe, ma in questo borgo nacque poi la Baronia di Carapelle che dominò con alterne fortune tutto il comprensorio dai confini con Capestrano, fino alla catena montuosa di Campo Imperatore. Il centro storico è realizzato con muratura povera formata
136 PATRIMONIO
da pietra calcarea locale e da sabbia, per lo più ricavata dalla frantumazione della roccia proveniente dallo scavo delle fondazioni dell’edificio stesso, impastata con calce prodotta in loco con laboriose ed ingegnose fornaci, “calecare”.
I muri delle case hanno sempre spessori notevoli ed è straordinario il paramento esterno realizzato a pietra rasa ed ancora oggi rimasto integro nonostante gli anni, i terremoti e le aggressioni degli agenti atmosferici.
L’effetto cromatico delle murature, oggi irriproducibile, richiama il colore della terra e delle rocce cotte al sole.
E’ sorprendente constatare le proporzioni dei vari corpi di fabbrica ed ancora più di quelle aperture di porte e finestre che sembrano provenire da un progetto unitario di tutto l’abitato. Le differenziazioni sono invece evidenti negli accostamenti di edifici di recente costruzione alle vecchie strutture.
I monumenti di pregio presentano un medio stato di conservazione. umani.
All’interno del centro storico
137
sono presenti due Chiese consacrate, di cui una, oggi parrocchia, di scarso valore architettonico in quanto soggetta negli anni a discutibili ampliamenti e modifiche che non consentono nemmeno di individuarne la primitiva pianta, ed un’altra, anticamente annessa ad un Convento francescano, di pregevole fattura con un imponente altare barocco ed arricchita da dipinti di chiara scuola fiorentina risalenti al 1400. Poco distante dal centro storico sorge la vecchia Chiesa parrocchiale di San Vittorino, recentemente ristrutturata ma ormai priva degli interessanti altari, pavimenti ed ornamenti che originariamente la impreziosivano. Ben conservato è invece il portalino sulla facciata posteriore. Subito a valle della Chiesa di San Vittorino troviamo la Chiesetta della Madonna delle Grazie edificata, come altre due “cunicelle” sulle vie di accesso al Paese, con il
138
contributo di devoti emigranti. All’interno del Paese è situata un’altra piccola Chiesa, di San Michele, di proprietà privata ed un ‘altra, sempre di proprietà privata sorgeva all’interno di una casa nobiliare ma che, purtroppo, è stata trasformata in abitazione.
Su un colle a circa due chilometri dal Paese svetta la Chiesa dedicata al Santo Patrono di Carapelle, San Pancrazio martire, una volta meta di pellegrinaggi per chi chiedeva grazie e conforto ai dolori articolari con preghiere e massaggi della parte dolorante con l’Olio Santo che sorge da una pietra all’interno della basilica.
Su un altro colle, poco distante dal cimitero, c’è una piccola Chiesa consacrata a San Vincenzo con un interessante portale in pietra.
139
ECONOMIA
In questo comune, popolato ormai da poche anime, si conduce, nel solco tracciato dalla tradizione, una vita calma e appartata, lontano dai benefici ma anche dagli eccessi della modernità e del progresso. Mentre si trasmette di generazione in generazione il sapere pratico che presiede alla produzione di una gustosa uva da tavola, di succose olive e dello zafferano, presente nell’Aquilano fin da tempi immemorabili, stentano ad affermarsi le attività industriali, gli esercizi commerciali nonché i servizi privati, compresi quelli creditizi e assicurativi. La qualità della vita, e non poteva essere altrimenti, è modesta a causa della penuria di infrastrutture di utilità sociali. Il comune presenta un quadro fondamentalmente piatto di servizi burocraticoamministrativi. La recente istituzione del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga ha fatto germogliare fra i carapellesi, e più in generale fra gli abitanti del montuoso entroterra abruzzese, un gran numero di aspettative e di speranze di riscatto socio-economico. Cordiale e generosa, la comunità dedica ai concittadini che hanno cercato
142
fortuna altrove, serbando nel cuore le proprie radici, la festa dell’emigrante, che si svolge il 15 agosto.
143
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Caporciano ha conosciuto un grave abbandono da parte della sua popolazione isolandolo maggiormente e aggravando ancora di più la situazione economica.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
Caporciano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
SERVIZI PRIVATI
Nel borgo sono assenti alcuni servizi importanti, specie privati, che quindi costringono gli abitanti a spostarsi nei centri più vicini.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego;
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
- assenza di servizi per l’intrattenimento sportivo degli abitanti; - assenza di servizi pubblici amministrativi; (come la banca); - assenza di servizi per il turismo (strutture alberghiere e di ristorazione);
144 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
SERVIZI PUBBLICI
I servzi pubblici soddisfano in generale le esigenze del borgo perchè proporzionati al numero degli abitanti.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali. - presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - presenza di servizi per la salute degli abitanti.
145
Il paese di Navelli è uno dei castelli più antichi della diocesi Valvense, annesso alla diocesi di L’Aquila il 29 Agosto 1424 dal Papa Martino V. Il borgo occupa un ruolo di cerniera tra le grandi vie di comunicazione che collegano l’Abruzzo aquilano con Pescara e la costa adriatica per un verso e con la valle peligna e l’Alto Sangro dall’altro. Esso è difatti ubicato nel punto in cui la strada statale n. 153 della valle del Tirino si dirama dalla numero 17 dell’Appennino abruzzese, asse mediano della regione in direzione nord-sud.
147 NAVELLI
Il centro abitato di Navelli si trova a ridosso del massiccio del Gran Sasso, a 760 metri sul livello del mare, arroccato ad uno sperone di roccia, il monte San Nicola, prospiciente l’omonima “Piana”. Il territorio comunale di Navelli occupa l’estremità orientale della conca aquilana: orograficamente è delimitato a Nord dai Monti Morrone e Castellano e dalle loro pendici, ad Est dalla Serra di Navelli e dall’altopiano omonimo, a Sud dal complesso montuoso di Monte Motola, ad Ovest dalle pendici di Monte Cupai e dalla forra dominata dall’abitato di Civitaretenga. È dunque un territorio prevalentemente montuoso ma con una discreta area pianeggiante che si sviluppa fin quasi l’abitato di Collepietro; inoltre attraverso la Valle di Iene si collega con la sottostante Valle del Tirino.
150 GEOGRAFIA
151
154 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 289 303 351 57 184 -10 2 -12 -1 10 -11592 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado di abbandono del borgo elevato: nel 1911 si contavano 3003 abitanti e nel corso di cinquanta anni la popolazione è si è ridotta fino a 800 abitanti.
155 + S 8.337 € (ad abitante) 14,81 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 280 a.2001
PRIVATI
156 SERVIZI
La situazione dei servizi privati è positiva, in quanto soddisfano le necessità dei 592 abitanti presenti nel comune. 1 1 1 2 2 1 1
PUBBLICI
157
I servizi pubblici sono positivi: è possibile la frequenza della scuola primaria e secondaria di primo grado. 1 1 1 2 1
PUBBLICHE
160 INFRASTRUTTURE
La situazione dei servizi pubblici è negativa: per raggiungere Caporciano e Prata D’Ansidonia occore fare cambio di bus a San Pio delle Camere; Caporciano Capestrano San Pio delle Camere 16km 9,5km 9,5km 9,5km 9,5km 14,5km 14,5km0 0 0 0 0 00h35 00h27 00h38 00h17 00h17 Distanza Minima in: *Cambio autobus *Cambio autobus Distanza Massima in: Carapelle Calvisio Prata D’Ansidonia Navelli Navelli Navelli Navelli Navelli
PRIVATE
La situazione dei servizi privati è buona poichè il paese è circondato dalla Strada Statale 17 che permette di raggiungere tutti i borghi della piana.
Distanza Minima in:
00h10
00h14
Navelli Navelli Navelli Navelli
Caporciano 5km0
Capestrano 9,5km0
San Pio delle Camere 9,5km
00h23
Distanza Massima in:
00h15 0 Navelli
Prata D’Ansidonia 13km0
00h23
Carapelle Calvisio 16km0
161
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti. L’espansione è strettamente connessa alle strade che collegano il borgo con l’esterno: via San Giovanni, via Località Palmara, via Roma, e via Lago.
Navelli ha il tipico aspetto medioevale, essendo stato un borgo fortificato con Castello; all’interno della cinta fortificata sono presenti le anguste stradine medioevali e sulla sommità del paese si trova il Castello, un Palazzo castellato di epoca rinascimentale, la chiesa di San Sebastiano, sorta sulla chiesa di San Pelino, e la chiesa della Madonna delle Grazie che, insieme ai vicini fabbricati caratterizzati da ricche logge e pregevoli portali e finestre, denotano l’importanza economica, dovuta alla coltivazione dello zafferano, e strategica raggiunta nei secoli passati da Navelli. L’abitato si adagia lungo un dolce pendio con una sovrapposizione di stili architettonici che incorniciano
164 PATRIMONIO
bucature delle più svariate dimensioni ed eleganti logge sporgenti che producono un effetto di vivacità ed interesse all’intero agglomerato. Prevalente è l’uso della pietra, colorata naturalmente dalla patina del tempo, che impreziosisce l’abitato. Il nucleo storico si dipana in maniera compatta intorno al Castello e le costruzioni più antiche sembrano realizzate secondo un unico progetto, una sorta di pianificazione, scaturita dalle esigenze del tempo; le costruzioni, le abitazioni e le botteghe sono tutte collegate tra loro attraverso archi, talvolta rampanti, realizzati per scavalcare le tortuose stradine ed unire tra loro i diversi edifici. Molti degli immobili esistente al centro storico versano attualmente in condizioni di notevole degrado ed in precarie condizioni statiche e gran parte dello stesso centro storico, in particolare la parte prettamente medioevale, è in totale stato di abbandono, con presenza sempre maggiore di crolli e dissesti dei fabbricati. Sono ancora evidenti i tratti di antiche mura che recingevano e proteggevano l’antico borgo medioevale e diverse sono le
165
porte di ingresso al cuore del paese.
Accanto all’impianto medioevale emergono numerose testimonianze di opere rinascimentali, barocche e neoclassiche.
Tuttora il paese è suddiviso in due parti: una medievale (in cattive condizioni di conservazione) chiamata “Spiagge grandi”, da Piceggia grande, e l’altra rinascimentale (in migliori condizioni di conservazione) chiamata “Spiagge piccole”, da Piceggia piccola.
I monumenti di pregio presentano un medio stato di conservazione.
PALAZZO BARONALE SANTUCCI
L’ imponente palazzo seicentesco sorge sulle rovine dell’antica fortezza medioevale: oggi vi si accede da un androne che conduce all’ampio cortile, arricchito dal pozzo centrale sul quale è incisa la data 1632, anno della definitiva sistemazione dell’edificio. Due scalinate in pietra introducono all’elegante loggiato superiore fatto da una teoria di arcate a tutto sesto. Qui
166
si aprono gli ingressi alle stanze del Palazzo che si susseguono l’una dopo l’altra, mostrando i segni evidenti del loro antico abitare: monumentali camini e funzionali arredi in pietra. Passando per il cortile posteriore esterno del palazzo, si trova la chiesa di San Sebastiano, costruita sui resti della primitiva chiesa di S. Pelino e il cui campanile era originariamente la torre d’avvistamento del castello medioevale. L’ingresso laterale, che si apre su una caratteristica loggia, è impreziosito da un fantastico portone in legno, finemente intagliato. L’edificio fu restaurato dopo il terremoto del 1703 prendendo le tipiche caratteristiche del barocco.
Scendendo invece a sinistra del cortile, incontri Porta Castello, l’unica delle due porte originarie ad essere arrivata fino a noi. Da questo punto inizia la tua visita alla parte più antica del borgo. Una lunga serie di scalini in ripida discesa, sulla quale si apre una fitta rete di vicoli. A est della via principale c’è Palazzo Onofri, costruito nel 1498 insieme a Porta
167
Villotta; mentre ad occidente incontri palazzo Cappa con la bellissima Cappella San Pasquale e, poco oltre, Porta Santa Maria costruita nel 1475; se invece si prosegue a sud est si giunge fino a Porta San Pelino. Queste ultime tre porte furono costruite dopo il terremoto del 1456, quando il borgo ampliò le sue mura. All’interno del vecchio borgo si possono ammirare scorci sospesi nel tempo; angoli di storia contadina (come le pilucce ricavate nella pietra accanto alla porta di una casa, per far mangiare gli asini al ritorno dai campi); luoghi di vita comunitaria (i vecchi forni comunali: il Forno da Capo e il Forno da Piedi); splendenti strade ciottolate (come via San Pasquale sulla quale si aprono le porte di diversi edifici nobiliari); bizzarri particolari architettonici (gradini tagliati nella roccia viva, mani scolpite nella pietra che sembrano indicare la direzione da seguire) .
Fuori dalle mura e poco distante dal palazzo baronale
168
si trova invece la piccola chiesa del Suffragio, usata in origine come chiesa cimiteriale dalle famiglie nobili. La quadratura che sovrasta la finestra sulla facciata contiene, infatti, i simboli tipici della Confraternita della buona morte (tibie e teschio).
Passeggiando sempre al di fuori delle mura si incontrano anche altri palazzi di grande interesse: Palazzo Piccioli che si affaccia sull’omonima piazza; Palazzo Mancini –Marchi – Piccioli, appena fuori le caratteristiche case – mura, arricchito dalla cappella San Gennaro; Palazzo De Roccis, detto del Milionario, caratterizzato da bellissimi pavimenti a mosaico. Muovendosi da questo palazzo, che sorge appena fuori la Porta San Pelino, e scendendo una lunga gradinata, si arriva alla Chiesa del Rosario, edificata nel Settecento.
169
Fra le principali fonti di reddito non figura l’industria, mentre si segnala il commercio, alimentato dalla vocazione turistica dell’area; da sempre la comunità del nucleo abitato è dedita all’agricoltura (frumento e foraggio), alla pastorizia ed allevamento di bovini e suini, alla coltura dello zafferano; modesti vigneti ed uliveti sono presenti soprattutto nella Valle di Iena.
172 ECONOMIA
173
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Questo fenomeno apparentemente inarrestabile non solo aumenta il sentimento di abbandono totale, già proprio degli abitanti che si sentono appunto sempre più abbandonati al proprio destino, ma aggrava ancora di più la situazione economica, in quanto all’assenza degli abitanti corrisponde anche un’assenza dei servizi elementari e necessari alla vita di un paese.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
Capestrano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego; - propensione all’individualismo; - modesta attitudine a fare sistema e a formare reti.
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
174 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
SERVIZI
La presenza dei servizi privati e pubblici elementari è necessaria per la sopravvivenza del borgo e per colmare in parte le carenze dei borghi della piana che sono invece privi di questi servizi.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali.
- presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - presenza di servizi per l’istruzione e l’intrattenimento della fascia più giovane della popolazione; - presenza di servizi per il turismo (strutture alberghiere e di ristorazione); - presenza di servizi pubblici amministrativi; - presenza di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti.
175
Prata D’Ansidonia è un antichissimo borgo di circa 550 abitanti situato sull’altopiano d’Ansidonia, lungo la vallata dell’Aterno, quasi a metà strada tra l’area del Parco Nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga e il comprensorio del Parco Regionale Sirente-Velino. Il borgo dista 26 km dal capoluogo.Il paese sorse sulle rovine dell’antica Peltuinum e in epoca augustea fu Municipio, Colonia e Prefettura Romana. Gli fu attribuito il nome di Prata in virtù degli enormi prati presenti nella zona.
177 PRATA D’ANSIDONIA
Prata D’Ansidonia, posta a 846 m. slm, è un comune con una superficie territoriale di 19,6 kmq e un territorio prevalentemente montuoso. Il territorio del comune rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso
180 GEOGRAFIA
181
di abbandono
borgo
184 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 272 252 320 45 159 4 9 5 0 8 8524 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado
del
elevato: dai 1252 abitanti del 1911 ai 600 abitanti del 2001. L’abbandono è poi quasi costante fino al 2009.
185 + S 7.687 € (ad abitante) 27,91 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 273 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati è più o meno positiva: è assente la struttura bancaria; le poste sono aperte tre giorni a settimana; sono assenti le strutture sportive e quelle alberghiere. Ma i servizi primari sono comunque sufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione.
188 SERVIZI
0 1 1 2 0 0 1
PUBBLICI
I servizi pubblici sono negativi: sono assenti le strutture scolastiche, per le quali si fa riferimento a San Pio delle Camere; mancano la guardia medica e i le forze dell’ordine, per le quali ci si sposta verso San Demetrio ne Vestini.
189
0 0 0 0 3
PUBBLICI
servizi
raggiungibile con lo stesso bus che passa per Prata D’Ansidonia; per raggiungere tutti gli altri borghi occorre invece fare cambio
Pio
autobus
192
La situazione dei
pubblici è negativa: solo Caporciano è
di
a San
delle Camere. Caporciano Capestrano Navelli San Pio delle CamerePrata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia 14,5km 5km 5km 5km 8km 5km 13km 21km 0 0 0 0 0 00h23 00h36 00h11 00h08 00h51 Distanza Minima in: *Cambio autobus *Cambio autobus *Cambio autobus Distanza Massima in: Carapelle Calvisio INFRASTRUTTURE
PRIVATI
Anche se le brevi distanze tra i borghi, Prata D’Ansidonia non è facilmente raggiungibile a causa delle curve e delle varie pendenze che seguono la natura del territorio.
Distanza Minima in:
Distanza Massima
Prata D’Ansidonia
San Pio delle Camere 5km
D’Ansidonia
Caporciano
D’Ansidonia
Carapelle Calvisio
D’Ansidonia
Navelli
D’Ansidonia
193
Prata
12km 00h15 0 Prata
Prata
Prata
13km0 00h23 Capestrano 20km0 00h32
in:
8km 00h11 0
0 00h07
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti.
La più diretta discendente della Civitas Sidonie in cui aveva mutato nome nel XVI sec. Peltuinum, e` Villae Sidonie o Villa Prata , l’attuale Prata D’Asidonia che diviene borgo quando la popolazione decide di abitare nelle vicinanze dei campi da coltivare, vicino alle rimesse agricole e alle stalle. Nel 1508 nella conta dei fuochi si legge appunto per la prima volta il nome di Villa Pratae. Si sa comunque che già nel 1424 l`area passò dalla diocesi Valva di Sulmona a quella dell`Aquila. Il paese fu possedimento dei Conti di Manoppello e degli
196 PATRIMONIO
Orsini. Nel 1529 fu assegnata dal viceré Filiberto D`Orange al capitano Miguel De Bertrain e successivamente ebbe vari proprietari: Carosa, Del Pezzo, Quinzi, Nardis e Camponeschi. Con l`abolizione dei feudi baronali nel 1805 inizio` l`amministrazione attuale. La popolazione da sempre legata alla pastorizia e all’agricoltura (famosa la produzione dello zafferano). Dal punto di vista architettonico il ruolo principale è rivestito dalla chiesa Parrocchiale di S.Nicola costruita su di un edificio più antico, con interno ad aula unica in stile barocco. Nel suo interno nella cappella della congrega è consevato un interessante coro ligneo opera dei primi anni del XX sec. dell’artista locale Sabatino Tarquini ma, l’elemento più interessante è senza ombra di dubbio il magnifico ambone fatto costruire nel 1240 da Tommaso revosto di S.Paolo e proveniente dalla omonima chiesa.
I monumenti di pregio presentano un medio stato di
197
conservazione.
PELTUINUM
Nel territorio del Comune di Prata D’Ansidonia si trova l’area archeologica di Peltuinum. Già insediamento vestino, Peltuinum nasce come città romana intorno al III° sec. A.C. La città rivestì un ruolo fondamentale essendo posizionata sulla Claudia Nova, strada obbligata per raggiungere il mare adriatico. Ebbe un periodo di grande floridità dovuta al commercio di bestiame ed alla produzione di vino e zafferano. In età augustea fu prefettura romana con una popolazione di più 11.000 abitanti. La sua importanza è testimoniata anche dall’imponente area pubblica di cui oggi rimangono i ruderi del tempio corinzio dedicato al culto di Apollo e quelli del teatro che poteva contenere 2600 persone. La città completamente recintata si sviluppava per più di 800 ml lungo l`asse principale. La sua decadenza è legata probabilmente al terremoto del 346 d.C., ed alle numerose distruzioni della guerra goticobizantina prima e, longobarda poi. L’ultima devastazione fatale fu ad opera dei Franchi che nel 775 la assediarono e
198
CASTEL CAMPONESCHI
Sulla collina di fronte a Peltuinum, in posizione dominante è situato il “Castello di Prata” In realtà si tratta di un borgo costruito tra il XII e il XIII secolo, con funzione agricola. La sua fortificazione fu realizzata quando era feudataria la famiglia Camponeschi che governava sul contado ed aveva qui dimora.. I signori Camponeschi erano parenti di donna Vittoria Camponeschi madre del Papa Paolo IV al secolo Giovanni Pietro Carafa eletto Papa nel 1542. Il Castello edificato nel XIV - XV secolo si presenta come un caratteristico borgo medievale fortificato da grandi mura in pietra scandite da sei bastioni di diversa forma, la struttura urbanistica e` costituita da una strada centrale con orientamento est-ovest su cui affacciano le brevi traverse laterali.
La chiesa dedicata a San Pietro presenta due porte d’ingresso di epoche diverse con iscrizioni del 1313 e del 1614.Nel suo interno sotto il livello della chiesa attuale si vede l’impianto dell’edificio precedente.
Il borgo fu abitato ancora negli agli anni sessanta quando per questioni di comodità gli ultimi abitanti decisero di trasferirsi a Prata.
199
Non è priva di vantaggi l’esistenza quieta di questa comunità che rispetta il dettato della tradizione ed è rimasta aliena dagli eccessi della modernità. I limiti più evidenti di questo regime di vita si palesano nell’economia, poco diversificata: la maggior parte della popolazione attiva si dedica alla coltivazione di cereali e soprattutto di zafferano, coltura di antica tradizione che dà raccolti in autunno, quando, con certosina pazienza, dalla pianta si staccano ad uno ad uno i fiori; le attività primarie sono integrate da qualche impresa edile e da un modesto apparato commerciale ma ciò non basta a placare l’insoddisfazione che induce le nuove generazioni a cercare altrove più gratificanti opportunità di impiego. La scarsa attenzione dei turisti non rende giustizia alle innumerevoli attrattive di questo comune: per la ricchezza del patrimonio architettonico meriterebbe una particolare sottolineatura nell’ambito dei tradizionali itinerari turistici: Il paese è noto per la produzione di zafferano, che conferisce il suo particolare gusto a quasi tutte le pietanze locali; nella prima metà di agosto una sagra è dedicata
202 ECONOMIA
a questo prodotto e ad un felice connubio gastronomico: gli gnocchi e il risotto allo zafferano.
203
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Caporciano ha conosciuto un grave abbandono da parte della sua popolazione isolandolo maggiormente e aggravando ancora di più la situazione economica.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
Caporciano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
SERVIZI PRIVATI
Nel borgo sono assenti alcuni servizi importanti, privati e pubblici, che quindi costringono gli abitanti a spostarsi nei centri più vicini.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego;
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
- assenza di servizi per l’istruzione e l’intrattenimento della fascia più giovane; - assenza di servizi pubblici amministrativi; (come la banca); - assenza di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti;
204 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali. - presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali;
205
San Pio delle Camere è un suggestivo borgo di circa 550 abitanti posto lungo la “Piana di Navelli” (altopiano celebre per la produzione di zafferano), sul versante sud-orientale della Valle dell’Aterno e a 25 km dal capoluogo. Il nome deriva dal sistema di ricoveri, spesso ipogei, detti appunto “camere”, caratteristici delle località situate sul versante occidentale del Gran Sasso. Il borgo fu spesso sede di fiorenti traffici e scambi economici fra le popolazioni locali e i pastori che per secoli diedero vita alla transumanza.
207 SAN PIO DELLE CAMERE
Addossato, a circa 830 metri sul livello del mare, alla mole del monte Gentile, domina quasi tutta la valle comprendente i centri di Castelnuovo, Tussio, Caporciano e i monti Collemaggiore (m. 1068), Polveroso (m. 1092), Ceraso (m. 1080), Buscito (m. 1117) che delimitano a sud la Piana di Navelli.
Della rete presa in esame esso è sicuramente il borgo con minore superficie territoriale (17,3 kmq).
210 GEOGRAFIA
211
214 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1971 1981 1991 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20091961 2008 311 309 416 72 132 -15 3 18 13 21 8620 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio Grado di abbandono del borgo elevato a partire dai primi decenni del 1900, quando si contavano 2014 abitanti, e più o meno costante nel corso dagli anni Settanta.
215 + S 6.828 € (ad abitante) 32,02 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 290 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati è positiva: essi sono difatti sufficienti a soddisfare le necessità dei suoi abitanti e del numero di turisti che si prsenta annualmente. L’unico aspetto negativo è l’assenza di una struttura bancaria e quindi l‘obbligo di spostarsi verso Barisciano o San Demetrio ne Vestini.
218 SERVIZI
0 1 4 2 1 3 1
PUBBLICI
I servizi pubblici sono carenti: mancano le forze dell’ordine, per le quali si fa riferimento ai carabinieri di Barisciano; le chiese sono in disuso e si sfruttano dunque strutture alternative; manca la guardia medica per la quale si fa invece riferimento a Popoli.
219
1 1 0 0 0
PUBBLICHE
San
San Pio delle
D’Ansidonia
San Pio delle
Carapelle Calvisio
San Pio delle
San Pio delle
222 INFRASTRUTTURE
La situazione dei servizi pubblici è positiva in quanto nel borgo passano due linee di autobus con le quali si possono raggiungere tutti i borghi della piana. Caporciano Capestrano Navelli 8km 5km 5km 9,5km 16km0 0 0 0 0 00h28 00h09 00h18 00h13 00h09 Distanza Minima in: Distanza Massima in:
Pio delle Camere
Camere
Camere
Camere Prata
Camere
PRIVATE
La situazione dei servizi privati è positiva: il borgo si affaccia sulla Strada Statale 17 dalla quale si raggiungono gli altri borghi della piana.
Distanza Minima in:
San Pio delle Camere
Prata D’Ansidonia 5km0
San Pio delle Camere
Caporciano 5km0
Distanza Massima in:
San Pio delle Camere
0
Carapelle Calvisio 8km
NavelliSan Pio delle Camere San Pio delle Camere
Capestrano
223
9,5km 00h15 0
00h07
00h07
00h11
16km0 00h24
CULTURALE
Il borgo presenta un medio stato di conservazione.
Il borgo presenta una forma urbana di tipo LINEARE seguendo il crinale del monte su livelli differenti.
Il borgo ha origine nel 1001, anno in cui il paese viene donato dal conte Oderisio I al convento benedettino di Bominaco. Si chiama “Villa S. Pio”, fa parte del contado di Valva ed è suddito del Sacro Romano Impero. Conta una decina di famiglie. Le abitazioni presenti nel centro abitato risalgono al XV secolo. Il piccolo centro è dominato dall’imponente castello-recinto di difesa (XII sec.), probabilmente adibito originariamente come stazzo per le greggi e successivamente potenziato per il controllo e la difesa degli armenti transumanti sul grande tratturo L’Aquila-Foggia, che solca il territorio comunale in prossimità del sito archeologico di Peltuinum (posto a cavallo tra i comuni di S. Pio delle Camere e Prata d’Ansidonia).
226 PATRIMONIO
I monumenti di pregio presentano un medio stato di conservazione.
CASTELLO-RECINTO
Fondato in posizione di costa a monte dell’abitato, è forse il miglior esempio di castellorecinto ad un tempo abruzzese ed italiano. Eretta, nel suo nucleo originario, presumibilmente nel XII secolo, la costruzione è legata all’ampio fenomeno dell’incastellamento verificatosi intorno all’anno 1000.
Il recinto presenta una configurazione a triangolo isoscele ed è dominato da una torre-puntone pentagonale posta sul vertice superiore ed altre minori quadrilatere con funzione di rompitratta.
Le caratteristiche costruttive del puntone suscitano dubbi sulla omogeneità di realizzazione, suggerendo l’ipotesi di una struttura preesistente successivamente ampliata; tuttavia la coerenza complessiva dell’impianto ed i rapporti con il contesto ambientale pongono questo castello-recinto quale esemplificazione tipologica.
227
Non molto aperta al nuovo, la comunità sampiana mostra una spiccata propensione a trovare sostegno nel dettato della tradizione, rallentando l’avanzata del progresso. Una fetta della popolazione attiva continua a praticare l’allevamento bovino e a produrre latticini, cereali e frutta, dedicando un’attenzione speciale, imposta dall’autorevole mandato delle generazioni passate, alla coltivazione dello zafferano, che dà i suoi frutti in autunno e si raccoglie con sacrificio, fiore per fiore; le più importanti iniziative imprenditoriali riguardano il settore commerciale, mentre l’incidenza dell’industria e dei servizi è minima. Nonostante i limiti dell’economia locale, l’esodo della popolazione comunale si è arrestato, soprattutto in vista dei possibili sviluppi del turismo naturalistico nel montuoso entroterra abruzzese.
Il riconoscimento ufficiale dei pregi floro-faunistici e paesaggistici del comprensorio, sancito dall’inserimento di questo comune nel sistema di protezione del Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, comincia a tradursi
230 ECONOMIA
in una serie di iniziative di valorizzazione ambientale. Forte è anche il richiamo della tradizione: visitatori occasionali, ad esempio, e villeggianti, nella stagione estiva, mostrano di gradire la sagra gastronomica dedicata alle “fregnacce”, che si svolge nella prima domenica di agosto.
231
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Caporciano ha conosciuto un grave abbandono da parte della sua popolazione isolandolo maggiormente e aggravando ancora di più la situazione economica.
ECONOMIA
Caporciano si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
SERVIZI PUBBLICI
Nel borgo sono assenti alcuni servizi importanti, specie pubblici, che quindi costringono gli abitanti a spostarsi nei centri più vicini.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego;
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
- assenza di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti.
232 CONCLUSIONI
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
SERVIZI PRIVATI
I servzi privati soddisfano in generale le esigenze del borgo perchè proporzionati al numero degli abitanti.
INFRASTRUTTURE
Collegamenti interni ed esterni nel loro complesso positivi grazie alla vicinanza alla Strada Statale 17 e a due linee di autobus che collegano il borgo alla piana e ai capoluoghi.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali. - presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - presenza di servizi per l’intrattenimento sportivo degli abitanti; - presenza di servizi pubblici amministrativi; - presenza di servizi per il turismo (strutture alberghiere e di ristorazione);
- presenza di due linee d’autobus; - vicinanza alla SS 17.
233
4.2 LA PIANA DI NAVELLI COME RSV
Il Comune di Navelli dà il nome all’Altopiano di Navelli che, con gli altopiani delle Rocche di Sulmona, di Capestrano e delle Cinquemiglia, forma il complesso degli altopiani interni caratteristico dell’Abruzzo. Il complesso degli altopiani interni abruzzesi si colloca tra la dorsale appenninica e l’allineamento interno dei Monti VelinoSirente-Marsicano. La dorsale appenninica si estende lungo la direttrice nord-ovest, sud-est e presenta in successione: i Monti della Laga, il Gran Sasso d’Italia, la Maiella, il Morrone e i Monti della Meta. Su questo allineamento svettano i rilievi maggiori dell’Italia centrale; esso costituisce anche un limite climatico che suddivide la Regione Abruzzo sub-collinare o marittimo (il versante che affaccia verso il Mar Adriatico), e l’Abruzzo montano (la parte restante). Il limite climatico è
236
GEOGRAFIA
237
dovuto al salto di circa mille metri che si ha rispetto alla zona costiera. L’altopiano di Navelli si estende parallelamente alla valle dell’Aterno presentando una larghezza di circa 500m ed una lunghezza di 3 Km nella direttrice est-ovest.
IDROLOGIA E PEDOLOGIA
L’altopiano di Navelli si è formato grazie a delle dislocazioni tettoniche, cioè degli scorrimenti dei piani superficiali terrestri dovuti a forze naturali. La composizione del suolo è costituita da depositi pleistocenici (primo periodo dell’era quaternaria) e non vi sono corsi d’acqua superficiali perché il terreno presenta fenomeni carsici. Sono presenti due specchi di acqua tra i Comuni di Navelli e Collepietro che nella stagione estiva si asciugano. Il carsismo, dovuto alle interazioni tra le acque meteoriche aggressive e i calcari che vengono sciolti e allontanati dal deflusso delle acque, segna il territorio con doline, depressioni nel terreno, e grotte sulle pareti dei rilievi che vengono utilizzate dagli abitanti come fondaci o ricovero per gli animali. La circolazione dell’acqua è favorita dalla disposizione a strati del gruppo litologico. Le falde di affioramento, per l’approvvigionamento di acqua, si hanno lì dove vengono a contatto delle coltri impermeabili di materia terziaria con i calcari: tali coltri sono collocate attorno ai massicci. Una proprietà dei territori soggetti a carsismo è dovuta al fatto che i centri sorgono quasi tutti alla stessa quota, di circa 750 m. s.l.m., per la presenza di falde freatiche. L’Altopiano di Navelli presenta due gruppi litologici: il primo è rappresentato dalla Litologia sciolta di origine clastica . Sono rocce cementate, si presentano in forma sciolta e vengono utilizzate per ottenere ghiaia per calcestruzzi e sabbie. Questo particolare gruppo è caratteristico dei terreni che si estendono lì dove vi erano bacini lacustri o riempimenti di piane intramontane. Il secondo gruppo è rappresentato dalla Litologia calcarea. I conci estratti da questo gruppo che vengono utilizzati per la costruzione delle abitazioni, sono di tipo marnoso ed hanno colore giallognolo o azzurrognolo. Per la notevole malleabilità questo calcare è detto “gentile”. Il gruppo litologico nella sua interezza, presente nel
240
territorio in questione, è ascrivibile come era geologica al Cretacico.
Il terreno di tipo calcareo e la povertà di acqua fanno sì che le alberature non siano spontanee, tranne che in alcune località. I boschi sono soggetti a taglio periodico.
CLIMATOLOGIA
L’altopiano di Navelli è soggetto ad un clima rigido e poco piovoso, dovuto alla conformazione delle catene montuose che li delimitano. I massicci Laga, Gran Sasso, Maiella non sono fitti come quelli alpini, ma bloccano i venti umidi provenienti da Oriente. Ciò rende le zone sub-collinari ricche di acqua, a discapito di quelle interne. I venti provenienti da occidente sono invece fermati dalla catena dei Monti Simbruini e Matese. La conformazione non fitta dell’allineamento nord-ovest sud-est, Laga, Gran Sasso e Maiella, permette l’incanalarsi di aria tiepida, che va a mitigare il clima dell’altopiano. La scarsa piovosità interessa anche l’innevamento: i periodi di innevamento, infatti, sono ridotti di un terzo rispetto a quelli dell’arco alpino. L’altopiano è battuto da venti piuttosto forti a causa degli squilibri barometrici con la zona costiera.
241
piana di Navelli ha conosciuto in generale un elevato grado di abbandono già a partire dall’unificazione d’Italia che ha influito notevolmente sulla vicenda migratoria. Il fenomeno è poi peggiorato negli anni quaranta in seguito al fenomeno della disoccupazione e alla crescita delle mete europee e dell’Italia settentrionale.
242 POPOLAZIONE (fonte ISTAT) 1573 1476 1854 269 926 -38 24 -62 +29 80 -513049 ab <14 14-65 >65 saldo naturale saldo migratorio La
243 + S 7.167 € (ad abitante) 19,75 ab / kmq 100% 86% 71% 57% 43% 28% 14% 0% 1442 a.2001
PRIVATI
La situazione dei servizi privati non è così negativa: essi sono difatti sufficienti a soddisfare le necessità dei suoi abitanti e del numero di turisti che si presentano annualmente. Gli aspetti negativi riguardano
strutture bancarie
carenza
sportive.
244 SERVIZI
principalmente la
di
e
2 5 9 12 10 6 6
PUBBLICI
I servizi pubblici sono carenti: sia per le varie forze dell’ordine , sia per le strutture sanitarie si fa riferimento al capoluogo di provincia; nella piana sono difatti presenti solo distretti sanitari mentre l’ospedale più vicino è all’Aquila.
245
3 3 3 7 8
SAN PIO DELLE CAMERE
D’ANSIDONIA
246 CAPORCIANO CARAPELLE CALVISIO PRATA
247 NAVELLI CAPESTRANO
La regione Abruzzo, nonostante una presenza non eccessivamente capillare delle infrastrutture, in confronto ad altre regioni italiane presenta un quadro abbastanza positivo. Nonostante l’Abruzzo appartenga all’Italia centrale, dove in generale lo sviluppo di autostrade è poco significativo, la regione registra una posizione di merito rispetto alle regioni limitrofe; ciò è dovuto alla presenza di ben tre arterie autostradali in regione: la A14 Bologna-Teramo e i due rami trasversali alla regione, rispettivamente la A24 RomaTeramo e la A25 Roma-Pescara. La collocazione fisica dell’Abruzzo ha fatto sì che il suo allineamento con il Lazio e quindi con la capitale abbia determinato la nascita di collegamenti tra le due regioni, perciò trasversalmente alle linee autostradali costiere. La distribuzione della rete ferroviaria sul territorio, con i suoi 616 km, risulta molto più fitta rispetto a quella autostradale in quanto le origini dei tracciati ferroviari sono strettamente legate al territorio e all’interazione con i nuclei urbani: le ferrovie, nate prima delle autostrade, rispondono a spostamenti che collegano sia grandi distanze che tratti minori di connessione tra nuclei urbani vicini tra loro.
La rete delle strade statali abruzzese è la rete infrastrutturale più antica e presente sul territorio, in quanto derivano da tracciati radicati sul territorio fin da tempi rinascimentali, ovvero i tratturi: strade sterrate nate spontaneamente dalla tradizione della transumanza, per lo spostamento dei greggi dagli alpeggi alle zone pianeggianti durante l’inverno. Le strade statali sono usate per la gran parte per spostamenti non troppo lunghi, oppure in sostituzione alle autostrade dove non presenti, soprattutto nella porzione meridionale della regione, che risulta essere quella meno servita di strade ad elevata percorrenza.
La realizzazione delle infrastrutture è stato un processo molto lento a causa del complesso e variegato paesaggio della regione: le difficoltà più grandi a livello costruttivo si sono presentate al momento di dover attraversare il massiccio del Gran Sasso con un doppio traforo autostradale che con una lunghezza di circa 10.170 metri rappresenta un’opera unica nel suo genere.
248 INFRASTRUTTURE
249 L’AQUILA ROMA TERAMO BOLOGNA TARANTO CHIETI PESCARA Strada Statale Autostrada Ferrovia A14 A25 A24 A14
250 0 SS17 SS17 A250 00h55 01h16 42km 67km 75km38km L’AQUILA CHIETI Bussi Chieti Capestrano Prata D’Ansidonia L’Aquila Chieti Distanza Minima in:
251 0 SS17 A25 SS17 A24 0 01h47 01h03 44km 88km 86km38km TERAMO PESCARA Capestrano Assergi Bussi Prata D’Ansidonia Teramo Pescara Distanza Massima in:
PRIVATE
L’altopiano di Navelli occupa una posizione centrale nella regione abruzzese; appartenente alla provincia dell’Aquila, esso possiede un territorio piuttosto complesso, caratterizzato da un sistema di valli e catene montuose che si sviluppano secondo direttrici parallele tra loro e con la costa. Tale complessità territoriale si manifesta nelle infrastrutture: la piana di Navelli è attraversata dalla sola strada statale 17 che, a nord porta direttamente al capoluogo e all’Autostrada A24 che ad ovest si rivolge verso Roma e a nord-est verso Teramo, mentre a sud si indirizza verso Popoli ove prendere l’autostrada A25, che a nord porta a Chieti e a Pescara, città economica dell’Abruzzo attrezzata anche di porto e aeroporto, mentre a sudovest si dirige verso Avezzano e Roma.
252
Distanza Minima in:
00h07
Prata D’Ansidonia
San Pio delle Camere 5km0
00h07
Caporciano San Pio delle Camere 5km0
00h10
Navelli Caporciano 5km0
00h11 0
San Pio delle Camere Carapelle Calvisio 8km
00h11
Prata D’Ansidonia 0
Caporciano 8km
253
Capestrano
00h15 0
00h19
San Pio delle Camere Navelli 9,5km
00h15 0
Capestrano
0 0
9,5km 13km
Carapelle Calvisio Prata D’Ansidonia 12km
Caporciano Carapelle Calvisio 13km0
Navelli Caporciano
254
00h14 00h19
00h23
Carapelle Calvisio Capestrano 13km
Distanza Massima in:
Prata D’Ansidonia Navelli 13km0
Capestrano
Navelli San Pio delle Camere
16km 0
0
Carapelle Calvisio 16km
Prata D’Ansidonia Capestrano 20km0
255
00h24
00h32
00h23
00h19 0
PUBBLICHE
I servizi pubblici delle infrastrutture è negativa: nella piana di Navelli sono assenti gli scali ferroviari e quindi l’utilizzo del treno richiede necessariamente l’utilizzo dell’automobile. La piana è attraversata da tre linee di autobus, gestite dalla Società Autolinee Regionali Pubbliche Abruzzesi (ARPA):
1- Pescara (p.le Repubblica)L’Aquila Collemaggio, che attraversa Capestrano, Navelli e San Pio delle Camere.
2- L’Aquila CollemaggioBominaco, che attraversa Prata D’Ansidonia, San Pio delle Camere e Caporciano.
3- L’Aquila CollemaggioCastelvecchio Calvisio, che attraversa San Pio delle Camere e Carapelle Calvisio. Questo significa che per spostarsi dai borghi attraversati da linee diverse bisogna fare cambio a San Pio delle Camere.
256
San Pio delle
San Pio delle
Pio delle
Carapelle Calvisio
257 Caporciano 8km 5km 5km 0 0 0 00h09 00h10 00h09 Distanza Minima in:
Camere
Camere San
Camere Prata D’Ansidonia CaporcianoPrata D’Ansidonia 8km0 00h15 Capestrano Navelli 9,5km0 00h16
autobus
San Pio delle Camere Carapelle Calvisio Prata D’Ansidonia 8km 12km0
Capestrano
Navelli
San Pio delle Camere 16km0
Carapelle CalvisioNavelli
16km
Caporciano Carapelle Calvisio 5km 13km
258
9,5km0 00h18
00h21 *Cambio
0 00h34 *Cambio autobus
0 00h27
00h26
00h36
*Cambio autobus
*Cambio autobus
*Cambio autobus
00h47
*Cambio autobus
Distanza Massima in:
00h51
*Cambio autobus
Prata D’Ansidonia 14,5km5km
Navelli
Navelli
Caporciano 9,5km 14,5km
Capestrano Caporciano 16km 21km
CapestranoPrata D’Ansidonia 5km 21km
Carapelle
Calvisio Capestrano 8km 24km
259
0 00h45
0
0
0
0 00h38
ECONOMIA
Il contesto aquilano si caratterizza per la prevalenza di tipologie produttive poco redditizie ed estensive; la superficie utilizzata per usi agricoli, infatti, pur essendo significativa in termini assoluti, è poco organizzata in termini funzionali con conseguenti bassi rendimenti produttivi. Difatti il sistema aziendale è caratterizzato dalla presenza diffusa di unità produttive non professionali di piccole dimensioni (al di sotto delle 8 unità) gestita per lo più da imprenditori anziani o da imprenditori parttime che destinano la gran parte della produzione all’autoconsumo. La componente non professionale, sebbene più debole sul piano economico, finanziario e produttivo, svolge un ruolo di grande rilevanza nella costruzione del paesaggio, nel presidio del territorio, nella riproduzione della cultura e dei saperi specifici locali. Il peso ancora eccessivo del settore primario, caratterizzato dalla tendenza al frazionamento fondiario e dalla massiccia presenza di manodopera in fasce avanzate d’età, ptrebbe essere considerato un fattore di debolezza dell’economia
260
abruzzese.
L’industria si è sviluppata nelle zone favorevoli della piana di Navelli, attraverso un sistema diffuso di imprenditoria locale, con unità produttive di dimensioni piccole e medie.
Il maggior numero di posti di lavoro proviene dunque dal settore dell’amministrazione.
261
PIO DELLE CAMERE
262 CAPORCIANO CARAPELLE CALVISIO PRATA D’ANSIDONIA SAN
263 NAVELLI CAPESTRANO
CRITICITA’
FENOMENO DI ABBANDONO
Questo fenomeno apparentemente inarrestabile non solo aumenta il sentimento di abbandono totale, già proprio degli abitanti che si sentono appunto sempre più abbandonati al proprio destino, ma aggrava ancora di più la situazione economica, in quanto all’assenza degli abitanti corrisponde anche un’assenza dei servizi elementari e necessari alla vita di un paese.
INFRASTRUTTURE
La mancanza ma soprattutto le caratteristiche della viabilità del borgo costituisce dal punto di vista sociale l’aumento del senso di isolamento e dal punto di vista economico un rallentamento dei servizi e delle attività lavorative.
ECONOMIA
La piana di Navelli si basa su un’economia essenzialmente agricola: ciò ha di positivo il buon sfruttamento della terra e dei suoi prodotti che ne derivano. Essa è però un’agricoltura vecchia, che quindi non conosce le innovazioni tecnologiche attuali, soddisfando quindi una piccola porzione della popolazione.
- forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanili e femminili; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego; - propensione all’individualismo; - modesta attitudine a fare sistema e a formare reti.
- collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - servizi di trasporto inadeguati, soprattutto per lo sviluppo del sistema turistico; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua).
- frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi;
264 CONCLUSIONI
SERVIZI
La presenza dei servizi privati e pubblici è in generale carente: questo causa di conseguenza lo spostamento degli abitanti sia da un borgo all’altro sia dai borghi della piana ai centri maggiori più vicini.
- presenza media di servizi per l’istruzione e l’intrattenimento della fascia più giovane della popolazione; - presenza media di servizi per il turismo (strutture alberghiere e di ristorazione); - presenza carente di servizi pubblici amministrativi (banche); - presenza media di servizi per la salute e la sicurezza degli abitanti.
POTENZIALITA’
RISORSE NATURALI
Le caratteristiche naturali del territorio rappresentano una grande potenzialità per il borgo e in generale tutta la regione: favoriscono infatti il settore dell’agricoltura, dell’allevamento, enogastronomico, ma soprattutto del turismo sia invernale sia estivo.
PATRIMONIO CULTURALE
Le ricchezze architettoniche e culturali costituiscono un richiamo dei turisti, soprattutto stranieri, affascinati dal connubio tra architettura-territorio-cibo e quindi i generale dal buon vivere tipico dei piccoli borghi antichi.
- disponibilità di un notevole patrimonio naturale e paesaggistico; - aumento della domanda di turismo ambientale; - aumento del fenomeno dell’ospitalità in famiglia (B&B); - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali. - presenza di un importante patrimonio architettonico medioevale; - aumento della domanda di turismo culturale; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali;
265
5. CRITICITA’ DELL’ABBANDONO
In seguito all’analisi effettuata in modo dettagliato e approfondito prima sui singoli borghi e poi sulla piana di Navelli, si è ritenuto opportuno riportare sinteticamente in questo capitolo alcuni dei dati più significativi già sottolineati, per dare una visione complessiva che permetta di evidenziare e di leggere nelle loro interrelazioni gli aspetti positivi, da valorizzare e generalizzare, e quelli che presentano elementi di criticità, cui il sistema deve prestare particolare attenzione, per trovare le risposte più adeguate ad affrontarli. Gli elementi di criticità che abbiamo rilevato sono principalmente legati al settore economico: ovvero all’assenza di importanti servizi pubblici e privati ma più in generale alla carenza di posti di lavoro che incrementano la disoccupazione e il pendolarismo verso centri maggiori e con più opportunità professionali.
Queste sono le principali cause che hanno portato, nel corso dell ’900, all’abbandono di borghi e centri storici da parte delle comunità che li abitavano: si tratta di un problema vasto, una storia fatta di fame e miseria prima, di pigrizia politica e globalizzazione poi. Fatto sta che si è trattato di un fenomeno che ha cambiato la morfologia dei piccoli centri. Per effettuare tale analisi ci siamo affidate a due istituti:
ISTAT: L’Istituto nazionale di statistica è un ente di ricerca pubblico. Presente nel Paese dal 1926, è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. Opera in piena autonomia e in continua interazione con il mondo accademico e scientifico.
Dal 1989 l’Istat svolge un ruolo di indirizzo, coordinamento, assistenza tecnica e formazione all’interno del Sistema statistico nazionale (Sistan).
Il Sistema è stato istituito con il decreto legislativo 322/89 per razionalizzare la produzione e diffusione delle informazioni e ottimizzare le risorse destinate alla statistica ufficiale.
Del Sistan fanno parte l’Istat, gli uffici di statistica centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato, degli enti locali e territoriali, delle Camere di Commercio, di altri enti e amministrazioni pubbliche, e altri enti e organismi pubblici di informazione statistica.
268
INTRODUZIONE
CRESA: Centro regionale di studi e ricerche economico-sociali è stato istituito dalle Camere di Commercio d’Abruzzo nel 1968. Svolge studi, indagini e ricerche sull’economia della regione e sulle prospettive di sviluppo anche per conto delle Camere aderenti e di altri Enti Pubblici.
269
Nei paesi europei in ritardo di sviluppo, a fianco ad aree urbane che crescono rapidamente esistono regioni molto più povere che faticano a decollare. Ciò sembra confermare l’esistenza di una concentrazione della ricchezza a livello regionale che si contrappone al già citato processo di convergenza a livello nazionale. Passando a considerare l’Italia si può osservare che, in un contesto di generale declino, alcune regioni vedono un miglioramento della loro posizione relativa, mentre l’Abruzzo perde posizioni anche nei confronti di numerose regioni dei paesi membri. La perdita di posizioni della nostra regione è tuttavia in linea con l’andamento nazionale.
270
PRODOTTO INTERNO LORDO PROCAPITE IN PPA
271 PIL PER ABITANTE IN PPA
L’economia abruzzese si basa su un modello distrettuale che nei decenni ha comportato individualismo degli imprenditori di prima generazione, scarso ricorso al credito, eccessivo contoterzismo, bassa propensione all’innovazione.
La fase di stagnazione che tuttora pesa sull’economia abruzzese è difatti accentuata dalla carenza di pianificazione e programmazione a scala regionale che si prolunga da troppi anni ed alla quale hanno cercato di supplire le province, tuttavia in un quadro di debole coesione e di insufficiente coordinamento. Notiamo quindi un panorama disomogeneo: città economicamente poco influenti e città sempre più indirizzate alla grande industria e alla grande impresa come Teramo e Pescara. È da evidenziare invece L’Aquila che tra il 1995 e il 2007 è passata dall’essere la provincia più ricca alla provincia più povera della regione, a causa del processo di deindustrializzazione che l’ha colpita. Questa situazione di declino economico tocca tutta la provincia aquilana ed ovviamente anche la nostra Rete Solidale di Vicinanza, la piana di Navelli, la quale in primis vive proprio il problema dell’individualismo. Questo fa sì che le piccole iniziative economiche, che non mancano, siano però abbandonate a loro stesse e non riescano ad attecchire in un contesto già poco florido dal punto di vista economico. Segue ora l’analisi dei vari settori economici della RSV con lo scopo di capire su quali poter intervenire con delle strategie e politiche di cooperazione. In ordine: -settore PRIMARIO: è il settore economico che raggruppa tutte le attività che riguardano le colture, sia quelle tradizionali che quelle biologiche, ma anche i boschi e i pascoli. Si tratta di attività che vanno incontro a dei bisogni primari dell’individuo e della collettività. -settore SECONDARIO: è il settore economico che prevede l’attività economica a livello industriale. -settore TERZIARIO: è il settore economico in cui si producono o forniscono servizi e comprende tutte quelle attività complementari e di ausilio alle attività dei settori primario e secondario che vanno sotto il nome di servizi.
272
273 ANDAMENTO NAZIONALE
Nel corso del 2008 la campagna agraria in Abruzzo ha fatto rilevare un andamento positivo in quanto la diminuzione della produzione orticola è stata abbondantemente compensata dagli aumenti produttivi osservati nei comparti di cereali e patate, nonché vitivinicolo, olivicolo e frutticolo. Il comparto cerealicolo ha fatto registrare un sensibile aumento delle quantità prodotte (+25,8%), frutto dell’andamento positivo osservato per tutte le coltivazioni, e variabile dal +8,2% del granturco al +45% del frumento duro. La superficie coltivata ha visto un sensibile incremento (+5,4%), anche grazie all’aumento rilevato dal frumento duro. Dal punto di vista territoriale la produzione è diminuita nelle province di L’Aquila e Pescara (rispettivamente -10,2% e -0,5%), mentre è risultata in crescita consistente in quelle di Teramo e Chieti (+24,9% e +84,8%). In queste ultime l’andamento positivo è legato all’incremento della produzione di tutte le coltivazioni cerealicole, ma soprattutto di frumento duro e tenero. Riguardo alle coltivazioni orticole in piena aria, è stato osservato un lieve calo della produzione, a causa del fatto che le numerose diminuzioni (carota, cipolla, fava, finocchio, pomodoro, radicchio e zucchina) non sono state compensate dagli aumenti (carciofo, cavolfiore, cavolo verza, cavolo cappuccio, fagiolo, indivia, lattuga, peperone). L’analisi territoriale vede risultati di segno positivo nella produzione orticola delle province di Teramo (+1,7%) e Pescara (+1,4%), mentre quelle di L’Aquila e Chieti hanno fatto registrare diminuzioni (rispettivamente -3,8% e -0,5%).
In generale, dal punto di vista territoriale tutte le province hanno mostrato aumenti della produzione, da valori molto lievi (Teramo: +1,8%) a valori più consistenti (Chieti: +24,9%), ad eccezione dell’Aquila dove è stato osservato un leggero calo (-0,9%).
276
UTILIZZO SUPERFICIE TOTALE PROVINCIALE
277
AZIENDE DI ALLEVAMENTO SECONDO LE SPECIE DI BESTIAME
Il contesto aquilano si caratterizza per la prevalenza di tipologie produttive poco redditizie ed estensive; la superficie utilizzata per usi agricoli, infatti, pur essendo significativa in termini assoluti, è poco organizzata in termini funzionali con conseguenti bassi rendimenti produttivi.
Difatti il sistema aziendale è caratterizzato dalla presenza diffusa di unità produttive non professionali di piccole dimensioni (al di sotto delle 8 unità) gestita per lo più da imprenditori anziani o da imprenditori parttime che destinano la gran parte della produzione all’autoconsumo. La componente non professionale, sebbene più debole sul piano economico, finanziario e produttivo, svolge un ruolo di grande rilevanza nella costruzione del paesaggio, nel presidio del territorio, nella riproduzione della cultura e dei saperi specifici locali.
Non solo, le dotazioni infrastrutturali ed il livello dei servizi offerti alle imprese ed alle popolazioni rendono scarsamente attrattivo il territorio per gli investimenti a carattere produttivo e rappresentano anche uno dei fattori che determinano il progressivo impoverimento demografico ed il preoccupante fenomeno di invecchiamento della popolazione. In pratica, La marginalità sociale ed economica, determinata dalle condizioni geografiche, dalla scarsa presenza di servizi alle popolazioni ed alle attività economiche, ha accentuato i fenomeni di depauperamento sociale e demografico tipici delle aree interne del paese.
Nell’Abruzzo montano, regno del pascolo e del bosco, l’agricoltura si sviluppa soltanto nelle grandi conche intermontane e nelle piane; le coltivazioni sull’altopiano sono però quasi sempre le stesse e povere: cereali (grano, mais, segala, orzo e farro) , le coltivazioni foraggere e la patata. Solo dove il terreno si fa più docile e viene accarezzato da sorgenti d’acqua, attecchiscono arbusti quali il gelso, l’ulivo e la vite.
L’allevamento del bestiame ovino fu in ogni tempo la base dell’economia della vallata di Navelli, e dell’Abruzzo intero, ma la pastorizia ha perduto le caratteristiche di un tempo: gli estesi pascoli, con magre erbe affioranti fra i calcari, spesso scarsi di acqua
278
e interrotti da coltri pietrose di detriti, sono certamente più adatti agli ovini che ai bovini. A questi pascoli giungono tuttora numerosi greggi, malgrado lo spopolamento montano abbia determinato la riduzione del patrimonio ovino parallelamente al diradarsi della popolazione. La pastorizia tende ormai a trasformarsi in allevamento ovino stanziale, con spostamenti verticali verso i pascoli alti nella stagione estiva. Ma per superare la crisi urge un mutamento sia nei sistemi di conduzione sia nell’indirizzo produttivo che dovrà puntare sullo smercio delle carni, essendo irrilevante (in un’economia di mercato) l’apporto economico degli altri prodotti, quali la lana e il latte.
Punti di forza Punti di debolezza
- conoscenza delle tecnologie e delle modalità organizzative proprie del sistema produttivo; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali; - disponibilità a costi contenuti di spazi per nuovi insediamenti produttivi nell’ambito di aree attrezzate fornite di servizi alle imprese; -qualità riconosciuta delle produzioni agroalimentari; -presenza diffusa sul territorio degli imprenditori agricoli che presidiano il territorio.
- difficoltà di accesso al credito per gli imprenditori agricoli; - frammentazione del settore produttivo, e delle produzioni, caratterizzato dalla prevalenza di micro imprese, con problemi organizzativi, di capitalizzazione e di commercializzazione, filiere agroalimentari non sufficientemente strutturate; - costi di produzione onerosi per le aziende agricole; - scarsa cooperazione tra le imprese; - limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi; -carenza della propensione al rischio d’impresa e all’investimento del capitale privato; -scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua). - propensione all’individualismo; -modesta attitudine a fare sistema e a formare reti.
ANALISI DEL SETTORE PRIMARIO DELLA PIANA DI NAVELLI
279
L’Abruzzo da “profondo Sud” è la regione meno “meridionale” della penisola, inserendosi ormai tra le aree maggiormente progredite dell’Italia centro-settentrionale. Il fatto forse più significativo di questo cambio di rotta è stato l’allentamento prima e lo scioglimento poi del legame con la Puglia: l’esaurirsi della grande transumanza spingeva l’Abruzzo a un parziale distacco dal Mezzogiorno. Soltanto nel secondo dopoguerra si verificò il passaggio decisivo da una società rurale a una società pienamente industrializzata, segnalato dalla netta discesa della quota di forza-lavoro occupata in agricoltura. Tuttavia manca ancora la grande industria, specie se paragonata alle regioni del nord Italia e del resto d’Europa. Ciò è sicuramente dovuto alla difficile e variegata natura del territorio, aggravato dalla scarsità di vie di comunicazione, ma anche alla mancata formazione di un ceto industriale locale e quindi alla netta prevalenza degli interventi e delle iniziative dall’esterno. Nel territorio troviamo dunque dei casi puntuali industriali, e non una uniformità territoriale, sorti principalmente nella provincie economicamente più sviluppate, Pescara e Chieti. Lo studio evidenzia la “forte vocazione artigiana” della provincia di Pescara: il 26,8% delle imprese attive sono artigiane, con un trend crescente dal 2001.
282
283
La provincia che soffre di un certo ritardo nello sviluppo industriale ed economico rispetto alle altre è quella de L’aquila relativamente sfavorita da un territorio per lo più montano, senza sbocco sul mare e a minor densità abitativa, ma in parte sostenuta dal settore turistico, specie invernale. I più importanti nuclei industriali aquilani si concentrano attorno ai maggiori centri quali L’Aquila, Avezzano e Sulmona, attivi soprattutto nei settori chimico, elettronico, alimentare (soprattutto dolciario a Sulmona, famosa per i confetti), dei materiali da costruzione e della lavorazione del legno, derivato dallo sfruttamento forestale.
Punti di forza Punti di debolezza
- presenza di iniziative da parte degli abitanti, quindi voglia di reagire alla crisi del luogo.
- poca disponibilità di un notevole patrimonio paesaggistico adatto agli insediamenti industriali (eccessivamente montuoso); - collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti; - mancanza in alcune aree di accesso internet a banda larga; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo industriale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua) -carenza della propensione al rischio d’impresa e all’investimento del capitale privato; - forte spopolamento di tutto il territorio che interessa soprattutto le fasce di popolazione più professionalizzate e istruite; - propensione all’individualismo; -modesta attitudine a fare sistema e a formare reti. - invecchiamento della popolazione;
ANALISI DEL SETTORE SECONDARIO DELLA PIANA DI NAVELLI
284
285 IMPRESE INDUSTRIALI ATTIVE NELLA PIANA DI NAVELLI
286 ADDETTI DELLE IMPRESE INDUSTRIALI
ATTIVE NELLA PIANA DI NAVELLI
287
INDUSTRIE ATTIVE NEI PRINCIPALI SETTORI ECONOMICI DELLA PIANA DI NAVELLI
IL SISTEMA DELLE IMPRESE ABRUZZESI
Le imprese attive in Abruzzo alla fine del 2008 hanno raggiunto 132.511 unità (99.772 se considerate al netto di quelle operanti nel settore primario). Lo stock complessivo delle imprese abruzzesi costituisce il 2,5% del totale nazionale. Relativamente all’aspetto giuridico, il sistema imprenditoriale regionale mostra l’assoluta prevalenza delle imprese individuali, che costituiscono quasi i tre quarti del totale (71,7%). Tale primato, sebbene con pesi diversi, riguarda la generalità dei comparti. Le società di capitali hanno – per conseguenza – un peso limitato (11,9%), sebbene in lieve aumento rispetto al 2007. Nell’ambito di quest’ultimo comparto anche le società di persone assumono un certo peso (28,7%), che, nel sistema imprenditoriale regionale è pari al 14,6% .
I dati InfoCamere mostrano che le imprese individuali di titolari non comunitari operanti nella regione sono 6.194 (2,6% del totale nazionale), che collocano l’Abruzzo al tredicesimo posto nella graduatoria delle regioni italiane. Esse costituiscono il 6,5% del totale delle imprese individuali, valore più elevato tra le regioni meridionali e al nono posto della relativa classifica nazionale. Le situazioni provinciali sono molto differenziate: si va dal numero assoluto massimo riscontrato nella provincia di Teramo (2.339 unità) a quello minimo osservato nella provincia dell’Aquila (987).
290
291 IMPRESE ATTIVE NEI PRINCIPALI SETTORI ECONOMICI LE IMPRESE INDIVIDUALI TOTALI E DI TITOLARI NON UE NELLE PROVINCE ABRUZZESI NEL 2008
IL SISTEMA DELLE IMPRESE ARTIGIANALI ABRUZZESI
L’artigianato abruzzese a fine 2008 contava 36.319 imprese attive. La stasi della situazione regionale è il frutto dell’andamento variegato delle singole province: in aumento quelle di L’Aquila e Pescara (rispettivamente +0,2% e +0,6%) e in diminuzione quelle di Teramo e Chieti (rispettivamente -0,3% e -0,5%).
Dal punto di vista settoriale il miglior risultato annuale è stato rilevato dalle imprese artigiane attive nella sanità e negli altri servizi pubblici, sociali e personali. Tutti gli altri comparti hanno fatto rilevare andamenti negativi che hanno raggiunto intensità consistenti negli alberghi e ristoranti (9,3%), nei trasporti (-3,9%), nel commercio (-3,4%) e nell’istruzione (-3,1%).
Dal punto di vista strutturale le imprese artigiane rappresentano più di un quarto dell’intero sistema imprenditoriale abruzzese (27,4%). I comparti produttivi maggiormente interessati da tale presenza sono il manifatturiero (66,3%), le costruzioni (71,5%), i trasporti (62,4%) e gli altri servizi pubblici, sociali e personali (68,4%).
A livello territoriale l’artigianato si distribuisce in maniera abbastanza equilibrata tra le province abruzzesi. Il sistema dell’artigianato regionale vede la prevalenza ancora più netta delle imprese individuali (80,3%). Le società di persone superano il 16% e quelle di capitali sfiorano il 3%. Il primato delle imprese individuali riguarda tutti i settori economici, con rare eccezioni.
Il CRESA, Centro regionale di studi e ricerche economico-sociali è stato istituito dalle Camere di Commercio d’Abruzzo nel 1968. Svolge studi, indagini e ricerche sull’economia della regione e sulle prospettive di sviluppo anche per conto delle Camere aderenti e di altri Enti Pubblici.
292
IMPRESE ATTIVE NEI PRINCIPALI SETTORI ECONOMICI PER FORMA GIURIDICA IN ABRUZZO
IMPRESE ARTIGIANE ATTIVE NEI PRINCIPALI SETTORI ECONOMICI PER FORMA GIURIDICA IN ABRUZZO
293
294
ADDETTI DELLE IMPRESE TERZIARIE ATTIVE NELLA PIANA DI NAVELLI
IMPRESE TERZIARIE ATTIVE NEI PRINCIPALI SETTORI ECONOMICI NELLA PIANA DI NAVELLI
295 IMPRESE
TERZIARIE ATTIVE NELLA PIANA DI NAVELLI
Le attività economiche del SETTORE TERZIARIO sono:
- servizi a rete, cioè i TRASPORTI; presentano diversi aspetti: le infrastrutture, che comprendono tutta la rete di trasporto (strade, autostrade, ferrovie, canali), ed anche i nodi e i terminali (quali ad esempio aeroporti, stazioni ferroviarie, interporti, fermate d’autobus e porti); e i veicoli quali gli autoveicoli, i motoveicoli e i treni.
- servizi COMMERCIALI: dal settore alimentare a quello dell’abbigliamento, ecc.
- servizi AMMINISTRATIVI: consistente nell’attività volta alla cura degli interessi della collettività (interessi pubblici), predeterminati in sede di indirizzo politico.
- servizi SCOLASTICI: scuole statali materna, elementare e media, gestiti dall’amministrazione comunale. -servizi SANITARI: tutte le strutture (ospedali, centri di pronto soccorso) e i servizi (visite a domicilio, medici di base) per la funzione sanitaria degli abitanti.
- servizi TURISTICI: si occupano di fornire (vendere) servizi tangibili come servizi di ospitalità (presso alberghi, pensioni, villaggi turistici), strutture ricettive e altri servizi correlati (guide turistiche; ingresso in musei, fiere, parchi naturali e altre attrazioni turistiche; servizi di assicurazione per il viaggiatore; servizi di ristorazione e intrattenimento.
296
1) Infine un’analisi d tipo “qualitativo” individuando i punti di forza e i punti di debolezza per capire le potenzialità e le carenze su cui operare.
Punti di forza
Punti di debolezza
2) Per ogni tipo di servizio si effettua un’analisi di tipo “quantitativo” sul numero dei servizi presenti in tutti i borghi della piana e sul numero degli addetti che lavorano per tali servizi. Si dà poi un giudizio sulla presenza complessiva di tale servizio sulla RSV
I servizi sono insufficienti non solo a livello dei singoli borghi ma anche a livello di tutta la piana. Occorre quindi aumentarli o renderli più efficienti.
I servizi o sono presenti ma non tanto efficienti o non sono numericamente presenti per soddisfare le esigenze di tutta la piana.
I servizi anche se non presenti in tutti i borghi sono però sufficienti a livello di piana e quindi si aiutano a vicenda.
297
Punti di forza
- grande vicinanza tra i borghi della RSV; - presenza efficiente delle linee autobus gestite dall’ARPA.
Punti di debolezza
- il territorio eccessivamente montuoso non facilita la realizzazione di infrastrutture scorrevoli; - collegamenti interni ed esterni nel loro complesso ancora carenti che rendono ancora più scarsa la cooperazione tra i borghi e le imprese; - scarsa diffusione della rete infrastrutturale a sostegno dello sviluppo agricolo, agrituristico e del turismo rurale (elettrificazione, viabilità rurale e rete irrigua); - lontananza dalle stazioni ferroviarie;
ANALISI DEI SERVIZI DEI TRASPORTI DELLA PIANA DI NAVELLI
298
299
SERVIZI DEI TRASPORTI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
Punti di forza
- presenza efficiente dei servizi commerciali nella piana di Navelli; - disponibilità a costi contenuti di immobili per nuovi punti vendita; - qualità riconosciuta delle produzioni agroalimentari; - qualità riconosciuta delle produzioni artigianali; - vocazione particolare per alcune produzioni tradizionali e artigianali; - affermazione sul mercato internazionale delle produzioni locali.
Punti di debolezza
- limitato rinnovamento tecnologico dei settori produttivi; -carenza della propensione al rischio d’impresa e all’investimento del capitale privato; - propensione all’individualismo; -modesta attitudine a fare sistema e a formare reti. -mancanza in alcune aree di accesso internet a banda larga; - servizi di trasporto inadeguati per arrivo merci;
DELLA PIANA DI NAVELLI
300
ANALISI DEI SERVIZI COMMERCIALI
SERVIZI COMMERCIALI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
DEI SERVIZI COMMERCIALI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
301
ADDETTI
servizi sanitari
Punti di forza
Punti di debolezza
- disponibilità di medici presenti 3-4 giorni a settimana. - assenza di centri di pronto soccorso; - il pronto soccorso più vicino si trova nel capoluogo ove vi è l’ospedale;
302
ANALISI DEI SERVIZI SANITARI DELLA PIANA DI NAVELLI
SERVIZI SANITARI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI: MEDICI DI BASE
303
Punti di forza
- presenza efficiente dei servizi amministrativi sia nella piana in generale sia nei singoli borghi; - disponibilità di un notevole patrimonio umano per l’occupazione di posti di lavoro.
Punti di debolezza
- mancanza in alcune aree di accesso internet a banda larga; - limitato rinnovamento tecnologico del settore; - competenze professionali non adeguate ai nuovi bacini d’impiego;
ANALISI DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI DELLA PIANA DI NAVELLI
SERVIZI AMMINISTRATIVI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
305
ADDETTI
Punti di forza
presenza efficiente dei servizi scolastici;
presenza di una mensa gestita dai comuni
della struttura scolastica;
presenza di una palestra all’interno della struttura scolastica;
presenza di laboratori di informatica.
mancanza
di debolezza
accesso internet a banda
rinnovamento tecnologico
ANALISI DEI SERVIZI SCOLASTICI DELLA PIANA DI NAVELLI
306
Punti
-
-
all’interno
-
-
-
di
larga; - limitato
del settore; 10 1010 scuola materna scuola primariascuola secondaria I° Navelli NavelliNavelli Capestrano CapestranoCapestrano San Pio delle Camere San Pio delle CamereSan Pio delle Camere 20 2020 30 3030 40 4040 50 5050 60 6060
SERVIZI SCOLASTICI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI ADDETTI DEI SERVIZI SCOLASTICI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
307
Punti di forza
- presenza efficiente dei servizi turistici; - presenza di prodotti gastronomici locali noti ; - presenza di prodotti artigianali che comunicano pratiche centenarie locali;
Punti di debolezza
- mancanza di accesso internet a banda larga; - limitata pubblicità.
ANALISI DEI SERVIZI SCOLASTICI DELLA PIANA DI NAVELLI
308
SERVIZI TURISTICI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
DEI SERVIZI TURISTICI ATTIVI NELLA PIANA DI NAVELLI
309
ADDETTI
310
311 PERCORSO DELLO ZAFFERANO
Scuola Commercio Amministrazione
Trasporti Turismo
312
Sanita’
313
5.4 DISOCCUPAZIONE E PENDOLARISMO
Giuseppe Mauro
Professore Ordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell’Università G. DAnnunzio di Chieti-Pescara.
Ha seguito tutta la carriera accademica da Borsista a Assistente Ordinario, a professore Incaricato, a Professore Associato sino a Professore Ordinario.
Ha insegnato Economia Monetaria e Creditizia, Economia Politica, Economia del Lavoro, Economia Industriale ed Internazionale presso le Università LUISS di Roma, Teramo e Pescara. stato Visiting Scholar presso l’Università di York (G.B.) ed attualmente collabora con la London School of Economics.
Dirige presso la Facoltà di Economia le Scuole di perfezionamento post-laurea in Economia e tecniche della gestione bancaria e in Economia gestione e Valorizzazione dei beni culturali.
E’ Membro della Società Italiana degli Economisti.
E’ stato Presidente della Finanziaria Regionale Abruzzese (FI.RA) dal 1996 al 2001.
Presidente del Collegio Sindacale della Banca Caripe-Gruppo Bipielle.
Collabora con i principali quotidiani locali ed ha scritto numerosi articoli sulla crescita economica di Pescara e dell’Abruzzo
316
L’Abruzzo perde 32 mila posti
La crisi travolge l’occupazione femminile e i giovani precari
L’AQUILA - In Abruzzo tra aprile e giugno sono stati persi 32 mila posti di lavoro. Un calo che riporta la regione ai livelli occupazionali di 15 anni fa e che segna un tracollo di meno 5,9% rispetto ad una media nazionale, sempre riferita al secondo trimestre 2009, dell’1,6%. A rimetterci il posto di lavoro sono stati i settori sociali più deboli: i precari, i giovani e, soprattutto secondo l’Istat le donne, la componente femminili lascia sul campo 25 mila posti. Il tasso di disoccupazione in Abruzzo si colloca all’8%. Il forte calo degli addetti si è verificato nell’agricoltura e nel settore dell’industria (-7%) Nelle analisi fatte da sindacati, dalla Cisl e Uil, ed economisti, come quella che riportiamo nell’intervista al professor Giuseppe Mauro docente di economia all’università d’Annnunzio i fattori che hanno scatenato un aumento della disoccupazione sono diversi, dalla crisi globale che in Abruzzo ha fatto sentire i suoi effetti con alcuni mesi di ritardo; il forte indebitamento regionale per la sanità; e il terremoto che ha azzerato il Pil della provincia dell’Aquila. A soffrirne maggiormente sono state le piccole imprese che non hanno rinnovato i contratti a termine e ridotto il numero dei collaboratori. I settori più colpiti sono l’agricoltura, con 7.000 occupati in meno, e l’Industria, con una riduzione di altri 7.000 posti. La perdita di lavoro è maggiore tra i lavoratori dipendenti, che diminuiscono di 14.000 unità. Per la Cisl una ricetta per rilanciare l’economia è «la definizione degli strumenti da attivare nella zona colpita dal sisma, porti ad un immediato utilizzo delle risorse comunitarie, ad una definizione degli accordi quadro di programma per l’utilizzo dei fondi Fas con il ministero delle Attività Economiche ed il Cipe, all’avvio delle intese sui progetti infrastrutturali cantierabili».
GIUSEPPE MAURO (PROF. ECONOMIA)
23 settembre
317
2009
Abruzzo, disoccupazione record
Nel 2º trimestre tocca il 9,4%, il dato peggiore degli ultimi cinque anni
L’AQUILA - Mai l’Abruzzo era sceso così in basso, come numero di occupati, dal 2005 a oggi (485mila), e mai il tasso di disoccupazione era stato così alto (9,4%). Certo, i dati del 2º trimestre 2010 diffusi ieri dall’Istat, se confrontati con lo stesso periodo del 2009, danno una sostanziale tenuta del sistema. Ma non è così. Perché quel confronto è con i mesi del terremoto, i peggiori degli ultimi anni. L’Abruzzo è invece una regione in forte affanno sul lato accupazionale, come spiega l’economista Giuseppe Mauro. «Ciò che emerge dai dati Istat è che il legame che esiste tra la ripresa, sia pure lenta, timida e incerta, e l’occupazione non è molto forte», dice Mauro.
Per quali motivi?
«Il primo e più importante è che di fronte alla caduta della domanda dei consumi, che è stata molto forte, e di fronte al ristagno degli investimenti e del fatturato, che è stato pesante e intenso, il ripristino di percorsi occupazionali di una certa entità è difficile. Il secondo motivo, che vale per le medie imprese, è che la ripresa è concentrata nell’export e non è diffusa nel territorio. Dunque viene percepita ancora in maniera fragile e non stabile. Di conseguenza le aspettative non sono ottimistiche. Resta una grande incertezza che non spinge le famiglie a consumare né le imprese a investire. Certo, le imprese più attente, attrezzate e lungimiranti stanno cercando di afferrare la ripresa piena, portando avanti politiche di ristrutturazione produttiva. Ma si tratta di interventi che rendono gli impianti più efficienti ma meno bisognosi, nel medio periodo, di manodopera». Che riflessi può avere questo balzo in avanti della disoccupazione?
«La disoccupazione produce innanzitutto costi alti che non sono distribuiti in modo omogeneo. Riduce la quantità di beni a disposizione della collettività e abbassa il livello di benessere, colpendo soprattutto quelle famiglie che non possono attingere al risparmio. Un costo alto che pagano soprattutto le fasce meno protette, giovani e donne, che non riescono a entrare nel mercato del lavoro. In questa situazione si riscontra anche un’assenza di liquidità. Mi ha colpito uno studio fatto da Sintesi dove emerge che l’Abruzzo è al 5º posto in Italia come rischio di sovraindebitamento delle famiglie, laddove il confronto viene fatto tra la liquidità (cioè reddito percepito e deposito) e debiti».
318
Perché l’Abruzzo fatica così tanto rispetto alle altre regioni del centronord?
«Com’è noto in Abruzzo c’è una crisi nella crisi, terremoto più crisi finanziaria. Questi due aspetti colpiscono soprattutto il settore industriale. E vediamo che mentre rispetto al 1º trimestre nel Centronord c’è un mantenimento sostanziale della posizione occupazionale, l’Abruzzo perde 4-5mila posti, con una perdita concentrata nel settore industriale. Se noi dovessimo fare un confronto con i mesi prima della grande crisi del 2008, oggi constatiamo che ci sono 30mila occupati in meno, di cui la metà sono concentrati nel settore industriale».
Che fare allora?
«Io insisto su una cosa: non possiamo fare affidamento solo sulla ripresa congiunturale, che pure è importante. E’ invece necessario aggredire con le poche risorse che abbiamo i nodi strutturali, quindi riaprire il capitolo della crescita economica che è stato trascurato. L’impressione è però che sia venuta meno quella connessione tra famiglie, imprese e soggetti istituzionali che prima si muoveva in direzione dello sviluppo e del soddisfacimento dei bisogni collettivi. Oggi questo soggetto collettivo che dovrebbe avere un’agenda, dei temi prioritari, degli obiettivi, non è più collegato e tutto si fa muovendo in un’ottica particolaristica».
Qui dovrebbe muoversi la Regione.
«Queste nuove sfide che vengono lanciate dal mercato, come la diffusione di un nuovo paradigma fatto di tecnologia, cultura e servizi, imporrebbe un’agenda economica non solo nel breve periodo ma anche nel medio e lungo periodo. Intendiamoci, il rigore è necessario, come l’esigenza di eliminare gli sprechi, però bisogna dare centralità alla crescita economica. Manca però un disegno organico, mancano obiettivi da indicare alla comunita in modo che si possa diffondere ottimismo».
ANTONIO DE FRENZA A GIUSEPPE MAURO (PROF. ECONOMIA)
24 settembre 2010
319
Lavoro allarme dal Cresa,
4 mila disoccupati in più
Cresce il numero di disoccupati in Abruzzo, che a settembre si attestano attorno ai 45 mila, 4 mila in più rispetto allo stesso mese del 2009. Segnali preoccupanti soprattutto per l’occupazione femminile, per cui il tasso di inattività è pari al 50 per cento.
A lanciare il grido d’allarme è il Cresa (Centro regionale di studi e ricerche economico sociali) che traccia un profilo preoccupante. Sebbene rispetto al giugno il calo dei livelli di disoccupazione è stato del 10 per cento, su base annua (ovvero rispetto al settembre del 2009) l’incremento è stato del 9 per cento. Da un’analisi comparata, il Cresa rileva che il tasso di disoccupazione, che a settembre è stato dell’8,4 per cento, ha eguagliato quello dell’Italia ed è stato addirittura inferiore a quello dell’Ue (9,6 per cento) e della’Area Euro (10 per cento).
Ma questa comparazione sulla disoccupazione, che sembrerebbe collocare la regione in posizioni relativamente migliori, secondo il Cresa non deve fare da velo rispetto a vincoli strutturali che negli ultimi mesi si stanno acutizzando: il tasso di inattività e la situazione occupazionale delle donne e quella dei giovani (tra i 15 e i 24 anni).
Il tasso di inattività è, a settembre 2010, spiega il Cresa, del 39,4 per cento, in crescita di 0,5 punti percentuali rispetto a quello del terzo trimestre 2009 (la media europea è dieci punti più bassa). Tra le donne l’inattività arriva al 50 per cento con uno scarto rispetto alla media Ue a 27 paesi di 15 punti percentuali.
Dall’analisi del Cresa emerge che nel 2007, prima della crisi, l’Abruzzo mostrava un tasso di occupazione di 8 punti percentuali inferiore alla media Ue con una differenza di circa 15 punti percentuali per le donne e di oltre 14 punti nei giovani compresi tra i 15 e i 24 anni.
“L’Abruzzo, sotto questo profilo -spiega il Cresa - è in posizione leggermente migliore rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno ma ciò non toglie che è nel confronto internazionale il vero nodo. Anche nel momento in cui, passato l’annus horribilis del 2009, i livelli produttivi sono migliorati e dagli ordinativi industriali si può trarre qualche nota di incoraggiamento per il futuro, queste disparità conservano tutta la loro importanza.”
320
“Considerati i vincoli di finanza pubblica - conclude - ciò rende stringente la necessità di inserire nell’attualità del dibattito pubblico i temi dell’istruzione, in particolare della sua qualità, della formazione e delle competenze (delle forze di lavoro e di quelle imprenditoriali) come strumenti strategici per avviare un riavvicinamento agli standard dei nostri principali competitori europei”.
GIUSEPPE MAURO 21 Gennaio 2011
321
DISOCCUPAZIONE
Anche la piana di Navelli come il resto della provincia aquilana, ha conosciuto un elevato aumento della disoccupazione, fenomeno che colpisce in particolar modo le donne e i giovani. Il tasso naturale di disoccupazione, che corrisponde al tasso medio di disoccupazione attorno a cui oscilla l’economia di uno stato, può essere considerato come il tasso di disoccupazione stazionario perché è quello a cui l’economia tende nel lungo periodo. Se si definisce per comodità:
* L il totale della forza lavoro;
* O il numero degli occupati;
* D il numero dei disoccupati
La forza lavoro è uguale alla somma di occupati e disoccupati: L=D+O.
Il tasso di disoccupazione corrisponde al numero dei disoccupati fratto il totale della forza lavoro: D/L
Il tasso di disoccupazione varia sensibilmente tra diversi gruppi di popolazione. I lavoratori più giovani hanno un tasso di disoccupazione molto più elevato dei lavoratori più anziani. Si possono individuare due diverse possibili cause di un elevato tasso di disoccupazione: un basso tasso di ottenimento di lavoro e un alto tasso di separazione dal lavoro. I gruppi demografici caratterizzati da un elevato tasso di disoccupazione tendono ad avere un elevato tasso di separazione dal lavoro; le variazioni del tasso di ottenimento del lavoro tra i diversi gruppi tendono ad essere meno marcate. I giovani, appena entrati nel mercato del lavoro, sono incerti sulla carriera da intraprendere; risulta utile per loro provare diversi tipi di lavoro. È giusto attendersi per questo gruppo un elevato tasso di separazione dal lavoro e un più alto tasso di disoccupazione frizionale.
322
Tasso
STATO DEL LAVORO NELLA PIANA DI NAVELLI
TASSO
PER SESSO NELLA PIANA DI NAVELLI
323 10% 20% 30% 40% 50% 60%
di Occupazione Maschi San Pio delle Camere Tasso di Disoccupazione Femmine Navelli Navelli Capestrano Capestrano Caporciano Carapelle Calvisio Caporciano San Pio delle Camere San Pio delle Camere Prata D’Ansidonia Prata d’Ansidonia Carapelle Calvisio 10,34% 37,15%10,97%12,08% 9,68% 13,93% 34,06% 38,08% 13,93% 27,27% 13,93% 29,31%
DI OCCUPAZIONE
53%
TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO NELLA PIANA DI NAVELLI
324 10% 10% 20% 20% 30% 30% 40% 40% 50% 50% 60% 60% Maschi Maschi Femmine Femmine Navelli Navelli Capestrano Capestrano Caporciano Caporciano Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio San Pio delle Camere San Pio delle Camere Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia
TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE PER SESSO NELLA PIANA DI NAVELLI Carapelle Calvisio Capestrano Caporciano Carapelle Calvisio 17% 58% 24% 55%
OCCUPATI PER CLASSE DI ETA’ NELLA PIANA DI NAVELLI
OCCUPATI PER ATTIVITA’ ECONOMICA NELLA PIANA DI NAVELLI
325 20 20 40 40 60 60 80 80 140 140 100 100 160 160 120 120 180 180 15-19 Agricoltura 30-54 Terziario 20-29 Industria +55 Navelli Navelli Capestrano Capestrano Caporciano Caporciano San Pio delle Camere San Pio delle Camere Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia
Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio Capestrano Capestrano 173 82
Uno dei fenomeni normalmente presi in considerazione in campo programmatico da parte delle amministrazioni locali è quello del Pendolarismo ovvero la “popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o per motivi di studio”. Il censimento della popolazione permette una rilevazione completa dei flussi di pendolari (si fa riferimento alle persone residenti che si spostano giornalmente da un luogo di partenza - alloggio di dimora abituale - ad uno di arrivo - luogo di studio o di lavoro - e che hanno dichiarato di rientrare giornalmente nello stesso alloggio di partenza. Non è compreso chi studia o lavora nel proprio alloggio, chi non ha una sede fissa di lavoro, chi ha dichiarato di spostarsi giornalmente per motivi di studio o di lavoro da un alloggio diverso da quello di dimora abituale e chi non rientra giornalmente nello stesso alloggio di partenza): non esiste un’altra rilevazione tanto dettagliata. Il primo passo è stato quello di rilevare i flussi, per motivi di studio e di lavoro, tra comuni diversi sia all’interno della regione che verso comuni fuori regione; in seguito si sono analizzati i mezzi collettivi di trasporto e i flussi di uscita dai borghi.
L’individuazione dei poli di attrazione è stata infine determinata con successive selezioni attraverso la rilevazione del flusso in entrata di ciascuno dei 305 comuni della regione. E’ stata quindi calcolata l’incidenza percentuale del flusso in entrata di ciascun comune sul totale regionale. I comuni sono stati ordinati in modalità decrescente rispetto al valore percentuale ottenuto e sono stati selezionati i comuni così ordinati fino alla concorrenza di un valore percentuale intorno al 50% o 70% a seconda del fenomeno particolare rappresentato (occupato, studente…).
Per i poli satellitari si è seguita una procedura analoga determinando inizialmente il maggiore flusso in uscita verso i poli escludendo, però, il pendolarismo tra poli di attrazione. E’ stata calcolata l’incidenza percentuale del flusso in uscita di ciascun polo satellitare rispetto al flusso totale in entrata del rispettivo polo di attrazione. Sono stati quindi considerati satelliti di un polo i comuni con percentuale maggiore di una soglia stabilita, anche in questo caso, in funzione del fenomeno analizzato.
326
PENDOLARISMO
60%
55%
50%
20%
5%
55% 62%
Navelli
Capestrano Caporciano Carapelle Calvisio San Pio delle CamerePrata D’Ansidonia
Pendolari occupati
L’aggregato degli occupati è composto dalle persone (15 anni e oltre) che si sono dichiarate occupate e da coloro i quali pur essendosi dichiarati in un’altra condizione (disoccupato, in cerca di prima occupazione, studente, casalinga, ecc.) nella settimana di riferimento (dal 14 al 20 ottobre 2001) hanno effettuato una o più ore di lavoro retribuito o come coadiuvanti familiari.
Pendolari studenti
L’aggregato degli “studenti” è composto dai residenti in alloggio o in convivenza che frequentano un asilo nido, scuola materna o che sono iscritti alla scuola dell’obbligo, alla scuola secondaria superiore, all’università o a un corso non universitario post maturità.
TIPOLOGIA DI PENDOLARISMO DELLA PIANA DI NAVELLI
327
10% 15%
25% 30% 40%
35%
45%
San Pio delle Camere Caporciano
*Il mezzo di trasporto è quello utilizzato per compiere il tratto più lungo (in termini di distanza e non di tempo) del tragitto dal luogo di dimora abituale al luogo abituale di studio o di lavoro. I dati fanno riferimento alle persone residenti che si sono recate al luogo abituale di studio o di lavoro il mercoledì precedente la data del Censimento rientrando nella stessa giornata alla propria dimora abituale.
62%
Capestrano
08:00
Capestrano
Caporciano Caporciano
Carapelle Calvisio Carapelle Calvisio
Pio delle Camere
USO DEL MEZZO COLLETTIVO DAI PENDOLARI DELLA PIANA DI NAVELLI
Navelli
Prata D’Ansidonia Prata D’Ansidonia
Pio delle Camere
*I dati fanno riferimento alle persone residenti che si sono recate al luogo abituale di studio o di lavoro il mercoledì precedente la data del Censimento rientrando nella stessa giornata alla propria dimora
ORARIO DI USCITA DEI PENDOLARI DELLA PIANA DI NAVELLI
328 5% 6:30-07:00 10% 15% 07:00-07:30 20% 25% 07:30-08:00 30% 40% 55% 35% oltre
50% 45% 60% Navelli
San
San
San Pio delle Camere Prata D’Ansidonia
08:00
Poli attrattori
Poli satellitari
DI ATTRAZIONE_FLUSSO DEI PENDOLARI DALLA PIANA DI NAVELLI
329 POLI
5.5 CONCLUSIONE: L’ABBANDONO DEL BORGO
INFRASTRUTTURE
Il territorio della piana di Navelli, come in generale un pò tutto il territorio abruzzese è eccessivamente montuoso, quindi anche se i borghi sono molto vicini tra di loro (la distanza minima è 5 km), le strade sono molto curvilinee e quindi poco scorrevoli. I mezzi pubblici, gestiti dall’ARPA, sono presenti ma i tempi di percorrenza sono comunque lenti, specie per raggiungere i grandi poli attrattori e le stazioni ferroviarie. Ciò non favorisce lo sviluppo economico e turistico della piana.
DISOCCUPAZIONE
Il territorio della piana di Navelli, conosce un elevato tasso di disocuppazione, specie giovanile e femminile; non solo, c’è anche un elevato tasso di pendolarismo, di conseguenza la fascia giovane e professionale della popolazione si sposta giornalmente nei centri maggiori.
332 criticità 1 criticità 2
FENOMENO DELL’ ABBANDONO
L’assenza di posti di lavoro, i tempi lunghi di percorrenza trai i piccoli e i grandi centri, ed infine la carenza di servizi oramai elementari, non impedisce quello che è ormai un fenomeno avanzato, l’abbandono dei borghi della piana di Navelli: si tratta di centri abbandonati a sé stessi, senza alcun piano di recupero e senza alcun tipo di pianificazione volto alla loro valorizzazione. Si possono vedere palazzi diroccati, strade sconnesse, mancanza poi spesso di qualsiasi forma di promozione mirata (soprattutto a livello extraregionale) che possa attirare i visitatori con iniziative culturali di più ampio respiro.
Il più delle volte si tratta di “paesi fantasma”, in cui le uniche forme di vita sono quelle degli anziani del luogo riuniti attorno ad un tavolo nel bar della piazza principale per chiacchierare o al più giocare a carte o i bambini per i quali il futuro sembra segnato: lontano dalla loro terra d’origine.
333
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335 6. STRATEGIA DI RIATTIVAZIONE
La parola strategia è una di quelle che oggi si sentono più spesso sulla bocca di tutti, managers, consulenti, guru, ecc. Oggi è necessario avere una strategia, per essere più competitivi, per dimostrare di avere una visione moderna, eppure cosa vuol dire effettivamente avere una strategia?
Essa è stata per lungo tempo considerata l’arte e la scienza della direzione delle operazioni militari ( strategia come arte dello stratega, generale) fino a quando cioè l’evoluzione del fenomeno bellico (la guerra) ha reso tale disciplina largamente dipendente dalla politica 1. La strategia (parola che deriva dal termine greco στρατηγός (strateghós) è dunque la descrizione di un piano d’azione di lungo termine usato per impostare e successivamente coordinare le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato. La strategia si applica a tutti i campi in cui per raggiungere l’obiettivo sono necessarie una serie di operazioni separate, la cui scelta non è unica e/o il cui esito è incerto.
Il primo passo per impostare una strategia è quello di definire esattamente l’obbiettivo finale così da non perdersi mai lungo il percorso, sicuramente non privo di dubbi e incertezze.
Dai capitoli precedenti abbiamo messo in luce quali sono i fattori di criticità che hanno portato nel tempo all’abbandono dei borghi da parte dei loro abitanti. Lo scopo della nostra strategia dev’essere dunque proprio quello di eliminare tali criticità e contrastrare così tale fenomeno.
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1 Grande Dizionario Enciclopedico, UTET , volume 19, p. 446. INTRODUZIONE
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OBBIETTIVO STRATEGIA
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Contrastare il fenomeno dell’ ABBANDONO eliminando le CRITICITA’ DISOCCUPAZIONE INFRASTRUTTURE come?
nuovi sbocchi occupazionali
agricoltura allevamento patrimonio culturale intervenendo sui settori legati all’IDENTITA’ DEL LUOGO nel rispetto dell’ AUTOSUFFICIENZA
energetica alimentare
adeguare i collegamenti ai nuovi flussi economici
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341 6.1 LA COSTRUZIONE DI UN SISTEMA AGRO-ALIMENTARE
Senza ombra di dubbio abbiamo rilevato che la causa principale dell’abbandono è l’assenza di un’economia in grado di garantire posti di lavoro per gli abitanti della nostra Rete Solidale di Vicinanza; è pertanto proprio su questo campo che occorre intervenire: l’economia.
In tal senso, occorrono nuove politiche in grado di contribuire in modo tangibile alla coesione sociale, di far fronte alla disoccupazione, di favorire l’inclusione sociale e di garantire al tempo stesso un mercato del lavoro ben funzionante. Tutto ciò rispettando però due concetti chiave:
1) Implementare quei settori economici legati all’identità del luogo (agricoltura, allevamento, artigianato e turismo).
2) Puntare sull’autosufficienza energetica di tutto ciò che viene introdotto; dobbiamo renderci conto che il risparmio energetico e la tutela delle risorse naturali e delle materie prime, che vanno utilizzate in modo più efficiente e proficuo per la produttività, saranno fattori centrali ai fini della competitività futura dell’economia.
Per dar vita ad un’economia di mercato sociale e sostenibile, un’economia più intelligente e più verde, occorre concordare una serie di priorità di base e impegnarsi per realizzarle entro un certo numero di anni. Nessuno borgo membro della RSV è in grado di affrontare da solo queste problematiche; solo tramite un’azione concordata, frutto di una visione comune, potremo far sì che il tutto sia superiore alla somma delle parti anche se la Rete è caratterizzata da diversi livelli di sviluppo e quindi da esigenze diverse. Risulterà necessario il coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa: l’acquisizione di nuove competenze, l’accento sulla creatività e l’innovazione, lo sviluppo dell’imprenditorialità e la possibilità di cambiare facilmente lavoro saranno fattori essenziali in un mondo che offrirà più occupazione in cambio di maggiore adattabilità; non solo, per un’economia competitiva, interconnessa e più verde la RSV dovrà essere più efficace in termini di competitività e produttività riducendo e razionalizzando il consumo
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delle energie non rinnovabili e delle risorse, in un contesto in cui l’energia e le risorse implicano costi elevati e maggiore pressione concorrenziale.
I cinque settori su cui vogliamo intervenire per incrementare l’economia della RSV sono:
1) Agricoltura
2) Allevamento
3) Ptarimonio culturale
Essi sono difatti i settori che maggiormente rispecchiano l’identità dei borghi della Piana di Navelli, ma in generale della provincia Aquilana: un territorio essenzialmente agricolo, ancora legato alla pastorizia e al patrimonio culturale artigianale.
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344 AGRICOLTURA
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AUTOSUFFICIENZA AGRICOLA
come?
adeguare la produzione agricola per l’ autosostentamento
Creando una FILIERA AGROALIMENTARE obbiettivi attività economiche praticate tradizioni vocazioni naturali e territoriali potenzialità umane
per i residenti permanenti per i residenti temporanei coesione tra
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colmare la produzione delle colture carenti investire nella tecnoclogia nuovi sbocchi occupazionali
costituire un consorzio vantaggi
realizzare economia di scala
servizi a costi più contenuti
azioni di promozione (fiere, eventi)
contrastare individualismo
livello di reddito più alto servizi di supporto
attrazione verso il mondo agricolo
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LA FILIERA AGRO-ALIMENTARE
L’agricoltura è il settore su cui si deve concentrare maggiormente la nostra strategia: per realizzare un’economia solidale e concretizzare sempre più la RSV è difatti necessario garantire l’autosufficienza agricola alla Rete e permettere che essa dipenda sempre meno dall’esterno. La risposta a tale obbiettivo è la realizzazione di un sistema agricolo e agro-alimentare, che sulla base della propria identità, ricerchi una coerenza e una maggior coesione tra le attività economiche praticate, le proprie tradizioni, le vocazioni naturali e territoriali e l’amplificazione delle potenzialità umane presenti nell’area. Il comparto agroalimentare riveste un ruolo fondamentale per il sistema produttivo delle province abruzzesi: esso rimane difatti una risorsa basilare sia per la qualità delle produzioni, che per il ruolo multifunzionale assunto dagli operatori nel contesto rurale provinciale.
Il progetto di sviluppo integrato si propone quale propulsore per l’intero comparto nel territorio e ha come obiettivo principale quello di promuovere lo sviluppo dell’economia agricola aumentando il livello di competitività delle imprese. Si intende operare al fine di assicurare adeguati standard di efficacia e efficienza agli interventi, traendo forza anche dalle sinergie che si attiveranno, in particolare con il sistema turistico, fino a pervenire alla costituzione di un auspicato distretto rurale. Infatti, il Progetto prevede che le azioni di promozione della filiera agroalimentare, vista non solo come serbatoio di prodotti di qualità, ma anche di tradizioni, cultura e di ambienti rurali da riscoprire, vengano realizzate in stretto raccordo con i settori turistici.
Sono stati individuati diversi ambiti d’intervento perché si possa raggiungere una significativa crescita del sistema agricolo locale:
1) il primo ambito è focalizzato sul potenziamento della filiera agroalimentare (settori della produzione, trasformazione e commercializzazione);
2) il secondo, riguarda l’aspetto del capitale sociale con particolare attenzione per il mondo dei giovani e delle donne;
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3) il terzo ambito verte sulle competenze che la popolazione rurale “deve” possedere e che sono assolutamente propedeutiche per lo sviluppo integrato del territorio;
4) il quarto, attiene la tutela dell’ambiente. Perché si giunga ad una significativa valorizzazione delle produzioni agricole, il progetto si propone di: - migliorare l’accesso ai canali di credito degli imprenditori agricoli, favorendo la stretta collaborazione tra P.A., Istituti di Credito, organizzazioni di categoria e privati, per concordare linee di agevolazione specifiche; - attivare, con le strutture deputate alla Ricerca scientifica ed all’Assistenza tecnica, un più efficace trasferimento di innovazioni metodologiche e di conoscenze di base (ad es. finalizzata alla valorizzazione delle specie autoctone e allo studio della vocazione dell’agro-ecosistema alle diverse produzioni); - promuovere presso gli imprenditori e addetti agricoli la cultura delle produzioni di qualità (ad es. tramite l’adozione di adeguate tecniche agronomiche e zootecniche e l’utilizzo di nuovi macchinari);
- favorire la concentrazione delle produzioni, per creare una significativa massa critica che possa meglio esitare le merci agricole sui mercati, contestualmente raggiungere migliori standard di “affidabilità” in termini di quantità e qualità delle produzioni. - investire nell’evoluzione e modernizzazione dei processi della trasformazione agroalimentare (adeguamento di mezzi e locali alle norme di comparto e applicazione di tecnologie più moderne nei settori enologico, caseario, olivicolo e dei prodotti officinali); - promuovere tutte le azioni utili per consentire ai produttori di raggiungere più efficientemente ed efficacemente i canali distributivi realizzando sostanziali economie di scala (azioni di divulgazione e marketing, attivazione/miglioramento delle certificazioni di qualità di processo e di prodotto e creazione di consorzi per una migliore aggressione dei mercati).
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Gli obiettivi principali mirano a operare nella direzione di sistema e nella logica della creazione di una rete, con lo scopo di costruire un sistema agro-zootecnico provinciale competitivo (assicurando la rintracciabilità del prodotto, l’applicazione della certificazione di filiera e di prodotto e favorendo una maggiore remunerazione degli stessi, con opportune e coese azioni di marketing) nella continua ricerca di una coerenza tra le attività economiche , le vocazioni naturali e territoriali. La formazione di una rete permetterà il consolidamento delle professionalità esistenti e la formazione di nuove, grazie all’ausilio di Università, Istituti e Centri di formazione Professionale che garantiranno l’adeguato supporto alla strutturazione della filiera in tutti i suoi livelli produttivi. La costituzione di un sistema agricolo ed agro-alimentare competitivo, si prefigge pertanto di migliorare positivamente, la qualità della vita e la sostenibilità ambientale.
IL CONSORZIO
La costituzione del consorzio è il fulcro dell’iniziativa: i soci, attraverso la struttura del consorzio, potranno conferire il loro prodotto, e l’attività produttiva sarà disciplinata da un documento ufficiale a cui tutti i consorziati aderiranno. I processi di marketing, saranno sostenuti da un adeguato programma di commercializzazione, che sarà supportato dalla costituzione di un marchio comune che identifichi il consorzio (studio immagine coordinata). Il programma di certificazione di filiera passerà attraverso l’implementazione di norme cogenti (vedi rintracciabilità) e certificazioni volontarie che determineranno un effetto positivo sulla commercializzazione del prodotto. Le attività di promozione e pubblicità avranno come obiettivo quello di trovare sui mercati regionali, nazionali ed esteri una miglior qualificazione del prodotto. Le azioni di marketing saranno attuate attraverso ricerche di mercato, acquisizione di spazi pubblicitari, costruzione di un sito internet, produzione di brochures da distribuire durante la partecipazione a fiere, convegni, ecc…
Il progetto di ricerca e sviluppo sarà incentrato, relativamente alla produzione primaria,
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alla valorizzazione e lo studio delle varietà locali, alla messa a punto di tecniche di coltivazione sostenibili ed al miglioramento dei processi di trasformazione finalizzate al miglioramento delle tecnologie applicate. Questi interventi verranno realizzati anche tramite collaborazioni con enti pubblici e università e industrie private.
I consorzi, con il fine del miglioramento qualitativo del prodotto e di una adeguata collocazione sui mercati, prevedono interventi per migliorare, rinnovandole, le dotazioni tecnologiche delle imprese e favorire la certificazione di filiera, di prodotto e la rintracciabilità.
Il consorzio è un’aggregazione volontaria legalmente riconosciuta che coordina e regola le iniziative comuni per lo svolgimento di determinate attività di imprese o enti pubblici. Pur essendo stagliato sul tipo dell’”associazione” è inidoneo a configurarsi come tale. Basti considerare che, a differenza dell’associazione, il consorzio non pone in essere un rapporto strutturale con i consorziati. Il consorzio consegue ad un accordo contrattuale, ma non è in alcun modo assimilabile ad altre forme contrattuali di aggregazione, come “gli affari in partecipazione” e le “associazioni temporanee d’impresa”, previste dalla legge.
Nel comparto dei lavori pubblici per consorzi stabili si intendono quelli in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 40 l.163/06, che siano formati da non meno di tre consorziati che decidendo autonomamente (decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi), abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni. A tal fine il consorzio stabile costituisce una comune struttura di impresa. Sono necessarie almeno 3 imprese (5 per la normativa nazionale per i benefici fiscali) per la sua costituzione che avviene normalmente per atto pubblico notarile. Il contratto tra i consorziati viene formalizzato attraverso l’atto costitutivo e lo statuto del consorzio, che definiscono le regole di funzionamento, gli obblighi e le attività del consorzio. Se il consorzio svolge un’attività di rilevanza esterna (con i terzi), diventa obbligatoria la
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pubblicità che si attua con l’iscrizione nel Registro imprese. La durata del consorzio, se non stabilita dal contratto, è di 10 anni.
I consorziati sono tenuti a
1_ Attenersi a quanto indicato nello statuto (a seconda degli scopi del consorzio), compreso il pagamento per il corrispettivo per servizi resi dal Consorzio al consorziato.
2_ Versare i contributi consortili per la formazione del fondo consortile e per il funzionamento del consorzio (quote iniziali, eventuali versamenti periodici). La quota di partecipazione indica il conferimento apportato da ciascun consorziato al fondo consortile e ne rappresenta il complesso dei diritti e dei doveri che a lui fanno capo nella partecipazione alla vita del consorzio. Le quote possono essere uguali per tutti come anche differenziate; ciascuna impresa non può possedere quote in misura tale da superare 1/3 del fondo consortile.
Gli organi del consorzio sono generalmente tre
1_ L’assemblea, formata da tutti i consorziati; delibera sulle questioni relative all’attuazione dell’oggetto (es. nomina gli organi con i poteri, definisce i programmi, delibera sui diritti e gli obblighi dei consorziati, sulle modifiche statutarie, sulla proroga o riduzione della durata); funziona secondo le regole definite dai consorziati nello statuto (costituzione, convocazione, deliberazioni).
2_ Il Consiglio Direttivo (o di amministrazione), nominato dall’Assemblea dei consorziati e incaricato di: amministrare e gestire il consorzio secondo le delibere assembleari; redigere il bilancio; controllare l’attività dei singoli consorziati; provvedere agli adempimenti pubblicitari (es. registro imprese). Possono essere nominati amministratori: consorziati, dipendenti o anche persone esterne. Al suo interno opera il Presidente (e generalmente uno o due vicepresidenti) nominato dall’Assemblea e che ha la rappresentanza legale del consorzio.
3_ Il Collegio Sindacale (o dei Revisori dei Conti) ha il compito di controllo sull’amministrazione del Consorzio.
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Le responsabilità interne degli organi consortili nei confronti dei consorziati sono regolate dallo statuto. Dal punto di vista gestionale, il consorzio può agire attraverso il consiglio direttivo (o d’amministrazione) ma può anche dotarsi di una struttura organizzativa specifica, generalmente un direttore tecnico che si occupa delle attività operative. Il direttore tecnico può essere scelto tra i consorziati o anche essere individuato all’esterno. Ad esso possono essere affiancati collaboratori interni (dipendenti) o esterni (consulenti).
PERCHE’ UNIRSI IN CONSORZIO
Il Consorzio viene creato per realizzare obiettivi che nessuna impresa consorziata da sola sarebbe in grado di realizzare. A differenza delle società, lo scopo del consorzio non è volto alla realizzazione di un profitto, bensì alla realizzazione di vantaggi per i consorziati. Non può avere uno scopo di lucro; vige l’assoluto divieto di distribuzione di utili (norma da esplicitare in statuto per ottenere benefici fiscali ed agevolazioni contributive).
Alcuni vantaggi di un’organizzazione consortile:
- ottimizzare gli approvvigionamenti, permettendo di realizzare economie di scala e spuntare prezzi più bassi; -realizzare servizi per i consorziati a costi più contenuti di quelli di mercato, (es.formazione); -organizzare azioni di promozione (es. partecipazione ad eventi fieristici); -distribuzione dei propri prodotti in modo più efficiente; -realizzare investimenti ingenti ripartendo i costi in modo da poterli rendere accessibili (di ricerca, di acquisizione di attrezzature).
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L’AUTOSUFFICIENZA ALIMENTARE
Per garantire la condizione di autosufficienza alimentare della RSV occorre analizzare tutte le produzioni della Rete in rapporto ai suoi abitanti, agli abitanti futuri a ai turisti e verificare se effettivamente è necessario aumentare e adeguare la produzione agricola nell’altopiano di Navelli: un territorio essenzialmente montuoso, nelle cui conche pianeggianti si ha comunque una modesta produzione agricola, con il 74% di Superficie Agricola Utilizzata. Infatti molte porzioni di coltivo di fondovalle, lungo la SS17, avendo perso la vocazione a prato a causa della notevole flessione dell’allevamento, sono rivestite di campi dalle varie tonalità del verde e del giallo ed offrono una produzione seminativa di vario genere (51% di tutta la S.A.U.) facilmente collocabile sul mercato cittadino e discretamente remunerativa. Di tale produzione il 46,8% è di colture cerealicole, il 34,4% di colture foraggere e il 18,5% di fruttiferi. Tali prodotti sono assolutamente sufficienti a soddisfare il fabbisogno della Rete E’ invece carente la produzione di colture orticole (0,33%) : esse richiedono difatti zone ben esposte, al riparo da vento e soprattutto gelate, in modo da riuscire ad ottenere qualche minima produzione anche nel periodo invernale (a parte, ovviamente nelle zone montane): quindi, una buona esposizione solare risulta essere un requisito fondamentale. Il territorio della RSV certo non offre le alte temperature estive e le medie temperature invernali richieste da queste colture, ed ecco quindi spiegato il basso investimento di risorse su di esse. Gli ortaggi maggiormente coltivati sono ovviamente quelli estivi (patata, pomodoro, lattuga, zucchina, melanzana), mentre quelli invernali sono scarsi (broccoli, cavolfiori, spinaci) e in alcuni casi inesistenti (rucola). Indicativamente, 80 mq di terreno correttamente coltivati riescono a soddisfare tranquillamente le esigenze annuali di un nucleo familiare composto da 4 persone.
Sommando ai 3049 abitanti della RSV il flusso medio di 900 turisti all’anno risulta che occorre soddisfare le esigenze di circa 4000 persone, per le quali occorreranno pertanto 8 ettari di coltivazioni ortive. Di questi, attualmente già ne sono presenti 4,76
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ha e ne mancano dunque 3,24 ha destinati ad ospitare 70 serre di 500 mq: ambienti creati dall’uomo che, orientati a est-ovest permettono ai raggi del sole di attraversare il rivestimento formando all’interno il ben noto “effetto serra”; i raggi vengono assorbiti dalle piante e dalla copertura della serra che, imprigionandoli al suo interno, provoca un innalzamento della temperatura.
NUOVI SBOCCHI OCCUPAZIONALI
E’ con la filiera agro-alimentare e quindi la messa in pratica dell’autosostentamento che allo stesso tempo cerchiamo di contrastare la criticità della disoccupazione della RSV. Difatti con la realizzazione di un sistema agricolo di rete, si costruisce allo stesso tempo un sistema economico lavorativo, con l’inserimento di nuovi sbocchi occupazionali. La formazione sarà indirizzata prioritariamente ai giovani, alle donne e ai manager che operano in agricoltura, senza ovviamente trascurare tutti gli operatori del comparto. I percorsi di specializzazione per specifiche figure tecniche, di cui si riscontra la necessità, che potrebbero configurarsi come un incremento degli sbocchi occupazionali, saranno avviati soprattutto per i giovani (es: potatori, cantinieri, enologi, casari, tecnici oleari, ecc.). Verrà inoltre realizzato un nutrito intervento formativo nel campo delle competenze di base (inglese, informatica, project solving, sicurezza sul lavoro, ecc.). I Comuni, le Università e gli Enti Formatori, tra loro consorziati, promuoveranno e cureranno la gestione della formazione per il comparto.
In campo sociale si intende combattere lo spopolamento delle campagne, favorendo il ricambio generazionale e l’ingresso delle donne nelle attività agricole, creando attrazione verso il mondo agricolo tramite le attività di sostegno innanzi descritte. Ciò consentirà un incremento del livello di reddito, ma anche, l’innalzamento della qualità della vita, con la creazione di servizi di supporto alla persona e alla famiglia.
I risultati dello studio, oltre che strumento strettamente tecnico agronomico, di sostegno alla gestione dell’impresa e alle scelte dell’imprenditore, potranno fungere da supporto alla
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programmazione della gestione e promozione del territorio, attraverso la valorizzazione delle sue peculiarità ambientali, culturali, sociali.
Dalle analisi effettuate nel capitolo 5, e più precisamente nel paragrafo 5.4 sul fenomeno della disoccupazione della RSV, abbiamo rilevato la presenza di 355 residenti disoccupati. Solo con la costituzione della filiera agroalimentare introduciamo 240 nuovi posti di lavoro (distribuiti tra i vari settori esposti nella seguente tabella), che corrispondono al 68% dei disoccupati; si prevede in seguito un’ulteriore aumento dei servizi terziari della rete con il conseguente aumento dei posti di lavoro e la possibilità di contrastare definitivamente la più grande criticità riscontrata nella RSV.
AMMINISTRAZIONE ACQUISTO VENDITA LAVORO SERRE
Presidente
Responsabile reparto acquisto (merci ai fini del lavoro di coltivazione)
Vicepresidente
6 consiglieri (rappresentanti dei 6 borghi)
Direttore
Vicedirettore
Tabella lavoratori della filiera agro-alimentare.
Responsabile reparto vendite 3 lavoratori per 500 mq di terreno (TOT: 210 lavoratori)
6 operatori per il servizio di trasporto dei prodotti in ciascun borgo (filiera corta)
5 operatori per il servizio di ristorazione
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357 S.A.U. SU SUPERFICIE TOTALE Rete Solidale Vicinanza 74% 8.484,33 ha
358 51% 8% 41% 4.822,23 ha 593,32 ha 3.446,97 ha SEMINATIVI COLTIVAZIONI PERMANENTI PRATI E PASCOLI
CEREALI
ORTICOLE
umana
PIANTE DA FORAGGIO
LEGNOSE
umana
pomodoro pero carciofo albicocco
cipolla fragola lattuga mandorlo
melo
pesco peperone
zucchina olivo
carota melone
359 46,8% 0,3% 18,5% 34,4%2254,99 ha 4,76ha 893,59 ha 1657,69 ha frumento patata
orzo
pratisegale
spinacio cocomero
erbaiavena cavolfiore ciliegio melanzana
uva
alimentazione umana e animale
alimentazione
alimentazione animale
alimentazione
ESTIVE INVERNALI
cipolla lattuga cicoria
patata pomodoro carciofo broccolo rucola finocchio
cavolfiore melanzana finocchio peperonecarota
spinacio radicchio zucchina
ORTICOLE non permette autosostenta mento della RSV
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basse Temperature
Tmin: -2°C
cause
soluzione
SERRE
nevicate e gelate in inverno
per 3,5 ha ortaggi 42 serre
uso della superficie coperta in qualsiasi stagione semplicità di montaggio costi relativamente contenuti controllo di Temperatura e Umidità relativa
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362 ALLEVAMENTO
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ALLEVAMENTO
Bovini Suini
Ovini
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LATTE
CARNE
CARNE
CARNE
LATTE
capi=14.000 litri 1082 capi=7.517 litri
capi=192 tonnellate
capi=255,7 tonnellate
capi=89,3 tonnellate
536 tonnellate (all’anno)> 285 tonnellate (fabbisogno della RSV)
Nuovo centro di raccolta e stoccaggio del latte lungo il tratturo della piana
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722
336
1082
959
LA ZOOTECNIA
La zootecnia (la disciplina che si occupa della produzione, dell’allevamento e dello sfruttamento degli animali domestici) abruzzese è fondamentalmente orientata alla produzione di carne bovina: su una produzione lorda in valore di circa 261 miliardi di euro costanti, il 74% è rappresentato dal comparto delle carni. In particolare, gli allevamenti bovini forniscono una produzione di quasi 900 mila quintali, pari all’1% del totale nazionale. La produzione specializzata di carne è ottenuta presso allevamenti da ristallo o a ciclo chiuso, nel primo caso la dimensione aziendale è medio piccola (difficilmente superiore ai 100 capi/anno), e l’ingrasso si basa sull’importazione di vitelli dall’estero. Gli allevamenti a ciclo chiuso, di dimensione ancora più ridotta, sono invece caratterizzati dalla presenza di fattrici di razza Marchigiana o meticce. Complessivamente in Regione vengono annualmente macellati poco più di 30.000 capi pari a circa 8.000 tonnellate di carne. Gli impianti utilizzati sono meno di 40 e di questi solo 6 hanno ottenuto il “bollo CEE” mentre per gli altri si tratta di piccole strutture di ridotta capacità. Nella RSV sono presenti 146 aziende di suini e 106 aziende di bovini per un totale di 252 aziende di allevamento per la produzione di carne e di latte. I 1804 capi bovini si suddividono in 722 bovini destinati al macello per la produzione di 192 tonnellate di carne all’anno e in 1082 vacche per la produzione di 14.000 litri di latte al giorno (13 litri di latte al giorno a capo bovino). I 959 capi suini producono 255,7 tonnellate di carne all’anno.
Considerando che il consumo medio di carne annuo di una persona è 75 kg, e moltiplicando questo dato per le 3797 persone da soddisfare all’interno della RSV, si ottiene che all’anno occorrono 284.775 kg di carne, ovvero 284 tonnellate. L’allevamento della RSV produce attualmente 447,7 tonnellate di carne soddisfando dunque appieno le esigenze richieste per l’autosostentamento della rete.
Non è dunque necessario incrementare l’allevamento di carne bovina e suina, in quanto prodotta in quantità tali da poter essere venduta anche all’esterno della rete e da soddisfare eventuali aumenti di flussi turistici.
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LA PASTORIZIA
La pastorizia è una delle forme più antiche di allevamento, praticata con la maggior parte delle specie animali domestiche da reddito: principalmente ovini e caprini. Il paesaggio che caratterizza i territori delle conche e degli altopiani interni abruzzesi è vario ed articolato (vallivo, fluviale, montano, urbano, etc.) in relazione ai caratteri prevalenti (conformazioni geologiche, insediamenti storici, etc.) che connotano di volta in volta gli altopiani montani alle quote altimetriche comprese tra 1000 -1500 metri. L’economia agro – silvo – pastorale di questi territori ha generato nel passato processi insediativi, la diffusione sul territorio di numerosi centri abitati di pregio storico artistico e lo sviluppo della rete tratturale che disegna il paesaggio. Negli altopiani tettonico-carsici e diversi distretti collinari le attività tradizionali legate all’agricoltura ed al pascolo hanno infatti contribuito a creare paesaggi integrati di notevole suggestione, senza intaccare in modo significativo i caratteri paesaggistici. La piana è percorsa per tutta la sua lunghezza da uno dei maggiori tratturi abruzzesi, i percorsi che i pastori del passato usavano per la transumanza (lo spostamento stagionale tra i pascoli estivi d’alta quota e la Puglia, dove si andava a svernare): il lungo viaggio, che iniziava ogni anno tra la fine di settembre e la metà di ottobre, conduceva i pastori dalle montagne verso luoghi caratterizzati da maggiore dolcezza climatica come il Tavoliere delle Puglie, che divenne nel tempo una meta privilegiata. Oggi di quelle antiche vie erbose rimane ben poco, come rimane ben poco di quella civiltà pastorale che le aveva generate (l’ultimo spostamento a piedi di pastori e pecore pare sia avvenuto nel 1972). La transumanza ha caratterizzato per millenni la civiltà fondata sulla pastorizia, in Abruzzo e non solo, incidendo profondamente sul paesaggio e sullo sviluppo urbanistico, oltre che sui collegamenti e la comunicazione tra popoli e culture: lungo le piste erbose sorgevano ristori per i pastori, luoghi di sosta e riposo e all’occorrenza di cura dove si effettuava anche la trasformazione dei prodotti; ma anche taverne e luoghi di culto, come cappelle, edicole, chiese e santuari, che consentivano ai pastori di esternare la
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loro forte devozione ricreando un clima familiare e rassicurante. Ne sono un esempio alcune chiese medievali: Santa Maria Assunta a Bominaco, bell’esempio di romanico abruzzese; la cinquecentesca Santa Maria dei Centorelli, che sorge sul lato orientale della SS17; S. Maria delle Grazie, presso la campagna di Civitaretenga, dove le greggi trovavano riparo appena fuori dal paese. Sono poi ancora visibili il porticato per la sosta delle greggi e il pozzo per l’abbeverata. In generale si formano quindi mercati, dove si vendevano formaggi e pecore, e veri e propri centri abitati. I tracciati tratturali sembrano disegnare dei reticolati che ne rivelano la funzione di assi primari del sistema comunicativo del passato: se infatti il tracciato tratturale in sé è rettilineo e disposto in senso nord-sud ad esso si interconnettono tratturelli e bracci, che permettono di collegare i tratturi tra loro e con altre realtà del territorio1
Proprio lungo questo percorso così denso di storia , si potrebbe realizzare un centro di raccolta e stoccaggio del latte che, riadattando una struttura esistente, diventerebbe anche un punto di incontro per gli allevatori della Rete e un infopoint per i visitatori interessati al fenomeno della transumanza che ha caratterizzato la regione abruzzese e l’ltopiano di Navelli.
L’allevamento tradizionale nelle aree abruzzesi si caratterizza per la transumanza, un tempo orizzontale (dall’Abruzzo alle pianure pugliesi), ora prevalentemente verticale. La salvaguardia della biodiversità va coniugata con la necessità di salvaguardare il gregge, soprattutto dai grandi carnivori, quali lupi e orsi e si è riusciti a mantenere l’ allevamento in forma tradizionale, contribuendo, anzi, alla biodiversità e al mantenimento di forme tradizionali di vita. La pastorizia andrebbe non solo riconosciuta ma anche apprezzata per i suoi contributi e si dovrebbero mettere a punto delle misure per difendere i mezzi
1 Luca Del Monaco, a cura di, Lamammadituttiigrani , in Abruzzo è apennino, n. 13, gennaio-marzo 2011, p. 30.
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di sussistenza dei pastori e per coinvolgere il più possibile anche le fascie più giovani e le donne: i giovani difatti si spostano meglio degli anziani, per cui in caso di siccità, possono percorrere distanze più lunghe e raggiungere così pascoli non ancora utilizzati; alle donne locali può essere insegnata la conservazione del latte secondo la vecchia tradizione, in modo presamico: il latte una volta munto e portato a 36°C, viene addizionato di caglio estratto dallo stomaco degli agnelli; si può trasformare in tempi brevi in una massa grassa che diventerà poi formaggio. Questa massa può essere conservata per parecchi mesi. Questa tecnica ha favorito lo sviluppo dell’allevamento transumante sulla nostra penisola, poiché permetteva di accumulare il prodotto e mantenere il valore del latte in condizioni di mobilità.
Un altro aspetto su cui si può lavorare è lo sviluppo di una trasformazione itinerante dei prodotti che sia rispettosa dei parametri di legge, istituendo dei caseifici mobili, installati su rimorchi, che hanno le attrezzature e lo spazio per poter caseificare e vendere, nel rispetto delle normative vigenti.
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370 BENI CULTURALI
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I BENI CULTURALI DELLA RSV
La presenza dei beni culturali arricchiscono la qualità del turismo della piana di Navelli: i turisti sono difatti attratti oltre che dalla qualità della vita, dall’ambiente e dalle belle stagioni anche dai monumenti architettonici, dai prodotti gastronomici e artigianali. In rapporto alla popolazione la provincia de L’Aquila registra una rilevante presenza di unità locali che operano in attività collegate al turismo. In questa area, si assiste alla nascita di nuove forme di imprenditoria turistica che si sviluppano a margine di attività tipicamente agricole (turismo rurale, agriturismo) e si integrano con le forme più tradizionali di turismo (montano, culturale, naturalistico, etc.).
I flussi turistici investono il territorio della provincia aquilana lungo le seguenti direttrici di percorrenza:
- dai grandi bacini del Lazio attraverso il sistema autostradale esistente; - dall’Umbria attraverso le comunicazioni verso L’Aquila; - dal basso Lazio e dalla Campania attraverso le direttrici che da sopra conducono alla Val Roveto e ad Avezzano; - dal Molise e dalla Basilicata attraverso la “Porta dei Parchi” costituita da Castel di Sangro.
Nella piana di Navelli il turismo comincia a essere considerato una delle poche ancore di salvezza per le popolazioni e gli amministratori dell’Abruzzo interno.
La RSV offre 22 servizi tra alberghi e ristoranti che mediamente accolgono 748 turisti all’anno specie in primavera ed estate: la situazione è quindi positiva e soddisfacente, in grado di accogliere ulteriori domande. Tuttavia tanto può essere fatto per accrescere tale domanda, specie in seguito a una collaborazione con l’artigianato e la gastronomia per offrire servizi di qualità e svago a quel tipo di turismo che si rivolge a queste zone proprio perchè in cerca della buona qualità di vita che essa riesce a garantire.
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1) visite guidate ai PATRIMONI ARCHITETTONICI dei sei borghi.
Ogni settimana possono essere organizzate delle visite ai monumenti (chiese, palazzi e castelli) sia per i turisti di passaggio, sia per i turisti che pernottano nelle strutture alberghiere della RSV. Le visite dovranno essere seguite da una guida legata al mondo universitario: questo favorisce così il coinvolgimento di giovani laureati della facoltà di Conservazione dei Beni culturali della provincia abruzzese, ben preparati sulla storia architettonica e culturale della Piana di Navelli e in grado di esporla anche in Inglese, Tedesco e Francese.
Gli spostamenti da un borgo all’altro possono essere effettuati tramite biciclette affittabili dal comune o tramite macchine elettriche.
2) fiere dell’ARTIGIANATO.
Ogni domenica, specie nel periodo di maggior affluenza turistica (primavera ed estate) possono essere organizzate delle fiere artigianali, ma non in un posto fisso del borgo (ad esempio la piazza), ma direttamente lungo le stradine sulle quali si affacciano le botteghe degli artigiani, che in tal modo mettono in mostra non solo i loro prodotti (acquistabili) ma anche, e cosa più importante, la pratica di lavorazione del prodotto.
3) fiere GASTRONOMICHE.
Nelle stagioni primaverile ed estiva possono essere organizzate fiere per pubblicizzare i principali prodotti gastronomici coltivati nella piana di Navelli. Esse, difatti, se ben pubblicizzate possono richiamare un elevato numero di turisti e allo stesso tempo pubblicizzare il prodotto nel resto d’Italia e in certi casi anche del mondo (ne è un esempio lo zafferano).
Esiste poi un altro tipo di turismo immobiliare che consiste nell’acquisto di immobili da parte di turisti del Nord America e del Nord Europa, che vivono nel borgo due-tre mesi
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all’anno solitamente nella stagione primaverile ed estiva. Questo tipo di investimento presenta però dei pro e dei contro: il fattore positivo è sicuramente il recupero di un immobile abbandonato destinato alla rovina; il fattore negativo è invece il vivere il borgo da parte dell’acquirente solo una breve stagione dell’anno, contribuendo pochissimo all’economia del borgo.
Tale problema potrebbe essere controllato con delle politiche legate all’atto di acquisto della proprietà:
1) “AFFITTA UN MQ DI SERRA”
E’ un’iniziativa che consiste nell’affittare (con delle spese) un mq di terra coltivata nelle serre previste dalla strategia: in questo modo si cerca di ammortizzare le spese investite nella costruzione delle serre costruite per la coltivazione delle colture ortive così da autosostenere la RSV.
2) “ADOTTA UNA PECORA”
Questo è lo slogan scherzoso di questa iniziativa per coinvolgere gli interessi dei turisti attorno a un’attività che va scomparendo (la transumanza) e di difendere la natura, e che consente al consumatore di ottenere i prodotti di consumazione direttamente dal produttore. L’iniziativa consiste nell’”adozione” di una pecora nel momento in cui un qualsiasi abitante non appartenente alla RSV acquista un immobile della rete. Egli in tal modo non solo favorisce la pratica della Transumanza, ma gode anche dei prodotti che derivano dalla pastorizia. Questo è un modo per creare un rapporto diretto tra allevatore/ produttore e consumatore.
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POTENZIARE IL TURISMO
migliorare i servizi turistici controllare l’acquisto di immobili con iniziative
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visite ai patrimoni
ARCHITETTONICI
fiere dell’ ARTIGIANATO
fiere GASTRONOMICHE
“AFFITTA UN MQ DI SERRA”
“ADOTTA UNA PECORA”
guide: giovani laureati
botteghe sparse nelle vie sostenere le spese della serra
pubblicità ai prodotti favorire la pastorizia ovina
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379 6.1.1 CASI STUDIO
In questo paragrafo abbiamo raccolto una serie di casi-studio con lo scopo di ricreare degli esempi rappresentativi da cui poter prendere spunto per la nostra strategia di intervento. Difatti specialmente nel corso dell’ultimo decennio sono state promosse numerose iniziative a difesa del grande patrimonio culturale tipico dell’entroterra italiano, in fase di abbandono.
L’obbiettivo principale di questo paragrafo non è però la semplice raccolta dei casi-studio, ma la loro categorizzazione, così da poterne capire fin da subito l’argomento pricipale e il settore su cui intervengono. Per far ciò, innanzitutto abbiamo suddiviso i casi in base alle attività della nostra stessa strategia:
1) AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO:
Tutti i casi-studio che si concentrano sulla salvaguardia e riqualificazione del paesaggio agrario, attraverso la conservazione delle tracce storiche che lo connotano, il recupero qualitativo delle architetture rurali, il sostegno alle attività agricole come presidio per la salvaguardia del territorio e la promozione di interventi di riqualificazione.
3) PATRIMONIO CULTURALE:
Tutti i casi studio, sicuramente i più numerosi, che favoriscono la promozione del prodotto tipico enogastronomico e dell’artigianato locale, il patrimonio architettonico e storico, sfruttando il settore turistico.
Ogni caso sarà anticipato da alcune informazioni di base così da poter subito capire di cosa si occupa l’iniziativa.
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nome del progetto data e il luogo parole chiave
Segue poi una tabella con i pricipali obiettivi dela strategia.
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1) AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO
Progetto
“RECUPERO VILLAGGI RURALI”
Data e luogo
2008, Sicilia
Parole chiave
Filiera, ammodernamento aziende agricole.
Il progetto consiste in: studio e sperimentazione di tecniche innovative di raccordo tra Montagna, Collina e Aree costiere della Sicilia: laboratori territoriali innovativi sul rapporto mare-monti, su tematiche pesca-agricolturasilvicoltura, sulla diversificazione e destagionalizzazione dell’offerta turistica territoriale; trasferimento di buone pratiche ed esperienze da altri contesti territoriali; campi studio e lavoro innovativi su progetti di cooperazione in tema di valorizzazione integrata delle risorse, di carattere interterritoriale, interregionale, nazionale, transnazionale; studio, simulazione e divulgazione di tecniche innovative di contrasto ai problemi di erosione del suolo e di dissesto idrogeologico; servizi di integrazione, scambio e mediazione etnico religiosa e culturale nel bacino del Mediterraneo; individuazione, definizione di forme gestionali innovative finalizzate ad integrare beni culturali e ambientali rafforzando l’Identità territoriale. Centri di documentazione dei segnali e delle testimonianze connesse alla presenza umana con particolare attenzione al rapporto tra giovani e anziani; laboratori di scambio di esperienze e informazioni tra generazioni. Sperimentazione di forme innovative di agricoltura sociale. Sperimentazione insieme alle Imprese, alle Associazioni di categoria e sindacali, di forme innovative di coinvolgimento delle Donne e dei Giovani nel mondo del lavoro al fine di creare occupazione nelle aree rurali e contrastare i fenomeni di esodo. Il recupero dei Villaggi e Borghi Rurali, se inserito nel contesto di una ampia strategia di
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marketing territoriale integrato e sviluppo socio economico, potrebbe concorrere allo sviluppo socio economico e lasciare una traccia importante nei processi di rivitalizzazione delle aree rurali della Sicilia.
Il PSR prevede ipotesi di approccio integrato attraverso 2 strumenti: - Il pacchetto giovani (progettazione integrata aziendale multimisura), con l’erogazione dell’aiuto al primo insediamento e il ricorso ad almeno un’altra misura tra l’ammodernamento delle aziende agricole, l’accrescimento del valore economico forestale, il primo imboschimento dei terreni agricoli, la diversificazione in attività non agricole.
-Il pacchetto di filiera (filiera ortofrutticola, vitivinicola, olivicola, zootecnica e cerealicola, biologica, agroenergetica), tramite la presentazione di un “Pacchetto di filiera” da parte di una partnership formalmente costituitasi.
Non solo, l’iniziativa prevede inoltre che i Borghi rurali potrebbero diventare le sedi territoriale di una eventuale “Università sullo Sviluppo Rurale Integrato” dell’Assessorato regionale Agricoltura e Foreste (Borse di Studio, sviluppo di Strategie Locali e Territoriali, Reti di filiera, Economia della Conoscenza, Ricerche, Masters, raccordo con Università, Voucher e progetti formativi, elaborazione di idee, prototipo, innovazione, scienza e tecnologia, aggregazione territoriale, raccolta, documentazione multimediale, divulgazione, e trasferimento di progetti pilota e innovativi, di buone pratiche, nonché di esperienze di agricoltura sociale realizzate in altri contesti rurali mediterranei ed europei.
1) Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale;
2) Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale;
3) Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia.
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Progetto
“LA VIA DEI BORGHI”
Data e luogo
2007, Sicilia
Parole chiave
Localismo, tradizione.
Il progetto di riqualificazione si propone il recupero di alcuni borghi rurali costruiti durante l’epoca fascista dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano e negli anni cinquanta dall’Ente per la Riforma Agraria in Sicilia. Sei borghi posti lungo un asse che va dalla provincia di Palermo a quella di Catania, Schirò, Portella della Croce, Vicaretto, Petilia, Baccarato, Lupo, costituiscono la “Via dei borghi”, un itinerario lungo oltre 150 km, studiato con tracciati alternativi, che in un disegno organico complessivo propone percorsi a cavallo, in bicicletta o per gli appassionati di trekking. Le tappe fra borgo e borgo non sono superiori a 50 km, e potranno variare con l’inserimento di ulteriori punti di sosta per il coinvolgimento di altre istituzioni pubbliche o soggetti privati.
La Via dei borghi si propone di favorire l’economia delle aree interne, orientando nuovi flussi turistici verso la Sicilia più disagiata, attratti dalla presenza delle ippovie, delle greenways, dai luoghi di sosta confortevoli. Questa finalità è in totale consonanza con gli attuali obiettivi della promozione di un turismo isolano duraturo, non stagionale, che investe su una tipologia di gestione locale diretta, attraverso piccole attività, e che conserva anche il plusvalore dell’indotto. All’interno di ogni borgo sono previste le strutture ricettive, le stazioni di sosta, il ricovero di animali, l’assistenza, i locali di esposizione e di vendita, le attività didattiche e promozionali
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legate al mondo rurale, la cui gestione coinvolgerà giovani locali, garantendo adeguati livelli di occupazione.
Le misure adottate sono finalizzate a limitare l’impatto ambientale, dall’uso di materiali locali, per ridurre gli oneri dei trasporti, all’impiego di fonti rinnovabili: i borghi saranno forniti di pannelli solari per la produzione di energia elettrica e di acqua calda, che ne garantiranno l’autonomia energetica, e di impianti per il recupero e il riuso delle acque piovane.
1) Unire il settore primario e il settore turistico;
2) Impiegare fonti rinnovabili;
3) Introdurre nuovi posti di lavoro.
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2) PATRIMONIO CULTURALE
Progetto
“ITALIA SPECIALE”
Data e luogo
2010, Borghi Autentici Italiani
Parole chiave
Tradizioni, patrimonio culturale, tramandare
Il progetto è rivolto a quattro target precisi:
• le donne
• i giovani
• gli anziani
• il patrimonio identitario (compresa la cultura materiale).
Il Progetto (in fase di studio) ha l’obiettivo di promuovere iniziative puntuali a livello locale e su reti territoriali, attraverso collegamenti con altri enti pubblici e organismi finalizzate a tutelare e valorizzare:
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1) l e pari opportunità di “genere” nella vita e nel contesto della comunità, con particolare riferimento al ruolo delle donne nei processi di coesione e crescita tipici dei borghi italiani;
2) la presenza dei giovani nelle realtà comunitarie locali, quale risorsa per frenare l’esodo e l’abbandono dei piccoli e medi comuni e per facilitare processi di autosviluppo locale;
3) il ruolo, il sapere e l’esperienza dei cittadini anziani del borgo allo scopo di migliorare lo scambio e la cooperazione attiva fra generazioni;
4) il patrimonio storico, culturale ed identitario delle comunità locali, compresa la cultura materiale, quale risorsa cruciale per sviluppare strategie di attrattività turistica e culturale e per preservare importanti tessuti di biodiversità locale.
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Progetto
“CENTRO COMMERCIALE NATURALE”
Data e luogo 2009, Calabria_ San Marco Argentano
Parole chiave Commercio, Consorzio
E’ la proposta di un gruppo di esercenti e artigiani di San Marco Argentano, in Calabria, che si è fatto promotore della creazione del primo centro commerciale naturale della regione. L’idea è nata per salvare il piccolo centro storico dall’abbandono, ed è stata accolta con entusiasmo dai commercianti locali.
“Si tratta di riproporre il modello tipico di un centro commerciale, nel quale ogni negoziante versa mensilmente una somma per la gestione delle iniziative comuni, come gli spettacoli, l’animazione e altri servizi”, spiega Filippo Mincione, consulente del centro commerciale naturale ‘Il basilisco’ di Aversa. Nella regione Campania il riconoscimento è arrivato nel 2009 con una legge regionale, in seguito è stato emanato un bando e “Il basilisco riceverà un finanziamento di 308mila euro da spendere per le attività del consorzio”, aggiunge Mincione.
Un centro commerciale naturale rappresenta un sistema di esercizi coordinato ed integrato esteso in un’area delimitata, che può essere un quartiere o un piccolo paese, basato su una politica comune di sviluppo e promozione del territorio, una rete commerciale che svolge attività artigiane collocate in un medesimo spazio. San Marco Argentano è un
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borgo di origine normanna, la Torre di Drogone è intatta e costituisce un attrattore naturale. Per favorire il turismo, in Calabria come altrove, occorre sempre puntare sull’aspetto commerciale, attraverso iniziative di promozione comuni, per rivitalizzare il borgo. “I centri commerciali naturali costituiscono un’esperienza di successo decennale in altre aree del Belpaese, come la Toscana, ma nel Mezzogiorno sono meno presenti. Il primo passo - ha spiegato il promotore Gianfranco Russo all’agenzia di stampa Adnkronos - è il riconoscimento con una legge regionale dei Centri commerciali naturali’’.
1) collaborazione tra i commercianti;
2) iniziative di promozione comuni;
3) vendita dei prodotti tipici.
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Progetto
“ALBERGO DIFFUSO”
Data e luogo
2009, Abruzzo_ Santo Stefano di Sessanio
Parole chiave Turismo
Santo Stefano di Sessanio, una delle più fedeli testimonianze della complessa evoluzione storico - sociale dei borghi dell’Appennino centro-meridionale costruitisi nel periodo dell’incastellamento, oggi si presenta con un impianto urbanistico tipicamente medievale e con stratificazioni architettoniche tardo-medievali e protorinascimentali di complessa articolazione: corti, patii, vicoli, passaggi coperti, con la presenza nelle abitazioni di archi, logge, portali, camini e cornici in pietra. Il tutto con quella originale apparenza di sviluppo urbano spontaneo e non pianificato e con le storiche stratificazioni sovrapposte le une sulle altre. Il patrimonio paesaggistico circostante é caratterizzato da secolari elementi “dell’archeologia del territorio” iscritti nelle zone limitrofe al borgo (campi aperti, stazzi, mandre, terrazzamenti a secco, “stanzie”, etc.). L’eccezionale integrità e fusione tra il contesto antropico e il contesto ambientale rappresenta l’aspetto più caratteristico e qualificante di questo luogo. La filosofia di fondo del nostro progetto è una conseguenza delle particolari caratteristiche del borgo, del territorio e delle culture che questo territorio ha conservato. La Società è riuscita, negli ultimi cinque anni, ad acquistare un patrimonio immobiliare di circa 3500 mq, posto all’interno del centro storico di S. Stefano di Sessanio. Questo comprende alcuni dei più rappresentativi edifici del borgo, un’area interamente accorpata a ridosso delle case-mura, oltre a ulteriori 1000 mq circa, all’interno di
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borghi limitrofi inseriti nel contesto storico-territoriale dell’antica Baronia di Carapelle. Primariamente alle esigenze di ridestinazione, il progetto prevederà, quale presupposto imprescindibile, interventi volti alla conservazione integrale del patrimonio storicoarchittetonico di Santo Stefano di Sessanio, da considerarsi a ragione, uno dei borghi medioevali di maggiore interesse e suggestione dell’intero Appennino abruzzese. Sono nati per queste articolate e differenziate esigenze di tutela, una serie di studi con le più qualificate istituzioni (Museo delle Genti d’Abruzzo, Parco Gran Sasso Monti della Laga, etc) ed alcuni tra i rappresentanti della migliore “intelligentia” regionale, in una forma inedita di committenza privata, per cercare di conservare nella maniera più autentica possibile almeno questo esempio di un Italia minore sempre più in via di estinzione. L’idea di fondo e quella di portare avanti una serie di studi sul territorio che abbiano in primis una dignità di ricerca, un valore culturale in sè, nell’auspicio che la corretta ed autentica riproposizione dei vari patrimoni locali, possa indurre, oltre che una credibilità economica, anche un modello di sviluppo per l’intero territorio dell’Abruzzo montano caratterizzato da tanti altri borghi storici in abbandono.
1) sfruttare il patrimonio architettonico esistente;
2) coinvolgere il settore artigianale e gastronomico;
3) vendita dei prodotti tipici.
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Progetto
“RINASCIMENTO URBANO”
Data e luogo
2010, Borghi Autentici Italiani
Parole chiave
Recupero, tradizioni architettoniche e costruttive
Il progetto “Rinascimento Urbano” ha l’obiettivo di accompagnare, con apposita assistenza tecnica, i Comuni BAI nell’adozione di politiche pubbliche locali per il recupero, la riqualificazione e il rinnovamento urbano allo scopo di migliorare la qualità urbana (estetica, funzionale ed abitativa) dei borghi e per facilitare una loro valorizzazione attrattiva. In particolare il programma prevede azioni volte a:
1) migliorare il paesaggio urbano sul piano estetico e del decoro architettonico;
2) rimuovere e/o ridurre la presenza di detrattori ambientali;
3) risanare e migliorare le condizioni abitative negli immobili;
4) introdurre e diffondere pratiche di bioarchitettura e di valorizzazione delle tradizioni costruttive compreso l’uso di materiali edilizi della tradizione locale;
5) riqualificare gli spazi pubblici e/o privati di uso collettivo e riguardanti le pratiche di socializzazione urbana (piazze, terrazze, verde urbano, ecc...);
6) abbattere le barriere architettoniche ed adottare soluzioni di facilitazione alla fruibilità del centro storico (mobilità sostenibile e per l’accessibilità).
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Per attuare tale strategia viene creato a livello nazionale un PLAFOND– MUTUI (tramite convenzione fra Associazione BAI e un primario istituto bancario nazionale) di circa 200 milioni di euro per sostenere finanziariamente gli interventi privati nei Borghi Autentici e gli stessi beneficeranno di alcune agevolazioni decise a livello locale tra cui, ad esempio, abbattimento tassi, riduzione ICI seconda casa, ecc. Gli interventi dei privati dovranno rispettare un particolare “disciplinare tecnico – metodologico” per assicurare una corretta coerenza rispetto alla strategia di valorizzazione urbana
I Comuni che intendono partecipare al progetto strategico “Rinascimento Urbano” devono:
• Aderire all’Associazione Borghi Autentici d’Italia, se non già aderenti;
• Aderire al Fondo Consortile del Consorzio Nazionale delle Comunità Ospitali. L’adesione al Fondo (secondo parametri fissati dallo statuto consortile) viene effettuata una sola volta (all’adesione) a dà titolo di partecipazione al Consorzio.
I principi per un Rinascimento urbano sono:
1. La città tradizionale come paradigma della città vivibile
Il Progetto Rinascimento Urbano trova fondamento nella città tradizionale e la città tradizionale non esiste senza architettura tradizionale. Le tipologie strutturali e costruttive devono svolgere un ruolo tipologico urbano inestricabile a prescindere dal tempo e dal luogo di costruzione.
2. Costruire bene per vivere meglio
E’ fondamentale mettere al centro del processo di riqualificazione dei centri storici l’uomo, quello che abita oggi questi spazi e quello che vi abiterà domani.
Nel recuperare il patrimonio insediativo dei centri storici si deve, quindi, prioritariamente operare per il benessere psico-fisico dei cittadini, ponendo la sostenibilità alla base delle proprie scelte, anche a tutela delle generazioni future, e promuovendo uno sviluppo armonioso dell’ambiente costruito.
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Progetto “COMUNITA’ OSPITALE”
Data e luogo
2010, Borghi Autentici Italiani
Parole chiave
Ospitalità sostenibile
Borghi Autentici Italiani è un sistema di territori e comunità legati tra loro, disseminati lungo tutta l’Italia, che sono impegnati costantemente a migliorare la qualità dell’ambiente urbano e naturale, allo scopo di rendere più piacevole la vita ai loro cittadini, ai visitatori e ai turisti che per noi sono “Cittadini temporanei”.
È una piccola parte dell’Italia che ha precise motivazioni strategiche per avviare progetti, iniziative ed azioni di sviluppo, nell’identità, nel paesaggio, nella cultura produttiva, nel proprio modo di vivere, nella storia e nelle tradizioni dei luoghi.
Il progetto “Comunità Ospitali” è un’iniziativa nata e in fase di sviluppo all’interno dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia (BAI).
Le Comunità Ospitali sono un innovativo modello di offerta turistica nel quale il borgo e la sua comunità costituiscono la destinazione e la motivazione principale della vacanza. In termini di “sostenibilità”, lo sviluppo civile di una Comunità passa dunque anche attraverso la preservazione del proprio patrimonio insediativo in quanto bene non riproducibile e risorsa culturale da consegnare alle future generazioni. In questo senso il concetto di “ospitalità sostenibile” agisce come un freno al “consumo” e al “consumismo” del territorio, nel primo caso recuperando l’edilizia esistente, limitando il ricorso a nuove costruzioni, nel secondo caso trasformando il mero riduzionismo della funzione ricettiva
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commerciale in fruizione del patrimonio culturale e identitario locale.
Tutte le Comunità Ospitali dei Borghi Autentici, nel quadro della rete nazionale, stanno lavorando attorno ad un progetto per l’attivazione di un circuito per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari, enogastronomici e dell’artigianato presenti in ogni territorio coinvolto. Il circuito si basa su un meccanismo di condivisione e adesione degli ospiti ad un catalogo di prodotti selezionati, controllati e garantiti dall’organizzazione. Gli ospiti, durante tutto l’arco dell’anno e secondo la stagionalità delle produzioni, potranno acquistare prodotti su catalogo (internet e postale) che saranno recapitati, in sicurezza, direttamente al loro indirizzo. Naturalmente gli ospiti potranno acquisire i prodotti anche durante la loro permanenza in un Borgo Autentico.
Principi del progetto:
1) limitare il ricorso a nuove costruzioni;
2) recuperare l’edilizia esistente;
3) realizzare l’ospitalità sostenibile;
4) condividere i prodotti enogastronomici, agroalimentari e artigianali con gli ospiti.
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397 6.2 LA COSTRUZIONE DI UNA RETE INFRASTRUTTURALE SOSTENIBILE
FILIERA CORTA
Un altro importante step della nostra strategia riguarda le infrastrutture per cercare di adeguarle alla nuova attività economica della filiera agro-alimentare: difatti è nostro obbiettivo garantire la filiera corta :
La filiera corta è un particolare tipo di commercio che permette ai consumatori di acquistare generi alimentari direttamente dai produttori; essa nasce dall’esigenza di dar vita a nuove forme di scambio, incontro, cooperazione e si basa sul rapporto diretto fra chi produce e chi consuma.
L’azione di filiera corta si rivolge a chiunque voglia promuovere (consapevolmente) questo processo produttivo, nel rispetto dell’ambiente, di chi lo lavora e lo vive, quindi ad un cittadino privato, piuttosto che ai ristoratori o ai commercianti.
Per rispettare il più possibile l’autosostentamento energetico della RSV e della strategia la vendita dei prodotti orticoli si effettuerà direttamente dalla serra ai consumatori stessi tramite l’uso di auto elettriche per il trasporto delle merci.
Il motore elettrico consumando energia prodotta con l’eolico, il solare o l’idroelettrico, non produce fumi di scarico né vapor d’acqua, e complessivamente si ha un inquinamento praticamente nullo se riforniti con energia prodotta da fonti rinnovabili.
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I vantaggi della filiera corta:
1_Prezzo finale più economico per chi acquista e remunerazione più equa per chi produ ce
2_Riduzione del consumo di energia, dell’inquinamento e del traffico.
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BIKE SHARING
Dal punto di vista turistico la nostra strategia prevede l’inserimento di un sistema di bike sharing per permettere ai turisti, e non solo, di girare da un borgo a un altro attraverso biciclette pubbliche.
Il bike sharing (traducibile come “condivisione della bicicletta”, talvolta indicato come servizio di biciclette pubbliche) è uno degli strumenti di mobilità sostenibile a disposizione delle amministrazioni pubbliche.
Il bike sharing della nostra RSV prevede che siano installate delle stazioni in ciascun borgo dove collocare le biciclette: le biciclette sono bloccate e sono utilizzabili dopo averle sbloccate con una tessera contactless (RFID) che viene emessa da una cabina, posta a vicinanza della stazione, dopo il pagamento che può avvenire con contanti o con carta di credito. La prima mezz’ora è gratuita, poi il servizio è a pagamento e più si usa la bicicletta più il costo aumenta; questo sistema prevede anche abbonamenti settimanali e mensili.
Alla fine dell’utilizzo la bicicletta può essere riportata anche in un’altra stazione o nella medesima stazione di partenza e per evitare una concentrazione di biciclette in un borgo ci sarà l’intervento nelle ore serali di operatori che tramite auto elettriche ridistribuiranno le biciclette nei sei borghi.
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403 6.3 CONTRIBUTO ALL’AUTOSUFFICI enz A e nerg ETICA
Il tema dell’ amministrazione e gestione parsimoniosa dell’energia prodotta dallo sfruttamento di risorse energetiche esauribili, cosi come l’impiego e l’incremento di efficienza nell’uso di energia ottenibile da risorse rinnovabili, sta assumendo un ruolo fondamentale nelle linee di sviluppo della società, divenendo elemento centrale del processo progettuale nel settore dell’edilizia. Bisogna quindi ripensare al concetto stesso dell’atto costruttivo nella sua globalità di aspetti e implicazioni, deve tornare a fondarsi su valori non solo esclusivamente economici, bensi anche etici, in una visione che potremmo definire più “democratica”, ossia maggiormente rispettosa nei confronti di tutti, ciascun essere umano cosi come tutto il mondo animale e vegetale che ci circonda. La sostenibilità è un importante criterio dell’architettura attuale, che supera di gran lunga qualsiasi caratteristica contemplata da una lista di priorità o da uno stile architettonico. Purtroppo negli ultimi cinquanta anni abbiamo sfruttato le apparenti risorse illimitate e quindi a buon mercato piuttosto che valorizzare l’osservazione del ciclo vitale. L’architettura deve però rimanere emozionante e ricollegarsi alla terra; deve riappropriarsi dell’aderenza alla terra.
Mario Cucinella riassume la condizione attuale dell’architettura con queste parole:
“e’ come se per decenni avessimo tenuto gli edifici attaccatti alla macchina di respirazione artificiale; e se la macchina non può più funzionare? E quanto costa tenere la macchina sempre accessa?1”
Andando a risolvere le problematiche realizzative e funzionali attraverso l’introduzione di soluzioni semplici e facilmente replicabili in maniera diffusa alla scala globale, si costruiscono le migliori architetture.
Non solo l’edificio dovrà essere sostenibile ma anche il processo costruttivo che lo precede si deve basare su un ciclo ecologico e razionale in tutti i suoi aspetti, dalla
1 Periccioli M., a cura di, Atti di incontri dell’Annunziata-Giornate di studio sull’innova zione tecnologica, facoltà di architettura Ascoli Piceno, Ascoli Piceno 2002.
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qualità dell’ambientequalità della vita sostenibilità sviluppo economico
Il concetto di sostenibilità deve essere inteso come il raggiungimento di un equilibrio fra benessere sociale diffuso, produzione e tutela delle risorse
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scelta dei materiali e delle loro modalità applicative fino alle procedure di dismissione. Inoltre per sostenibilità si intende anche il rispetto del contesto esistente e dei valori sociali di una comunità.
Scriveva Alvar AAlto :
“l’architettura coinvolge tutti gli aspetti della vita umana, un’architettura veramente funzionale deve essere funzionale dal punto di vista umano. La sua missione è ancora di armonizzare il mondo materiale con la vita”.
Lo sviluppo progettuale innovativo fondato sull’attenta analisi economica e sulla pianificazione corretta del ciclo di vita, l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili, l’uso passivo dell’energia solare, lo sfruttamento di incentivi fiscali e di risorse finanziarie destinate allo sviluppo di progetti efficienti, non solo possono rendere fattibile la realizzazione di un’architettura sostenibile, ma possono farla divenire una scelta preferenziale di investimento economico nel lungo periodo.
E’ necessario progettare e realizzare costruzioni come sistemi edificio/ impianto sempre più integrati e sempre meno energivori, attraverso la migliore integrazione funzionale e costruttiva tra involucro edilizio, che si riappropria della primaria funzionale di filtro protettivo e sistemi impiantistici innovativi alimentati da fonti energetiche alternative), chiamati a svolgere una funzione di supporto e di regolazione dei flussi energetici naturali. Bisogna partire da un concetto di energia un’impostazione in cui l’obbiettivo energetico assume un’importanza paritaria agli altri aspetti funzionali, tecnologici ed estetici ordinariamente considerati.
Le strade percorribili sono quelle dell’uso diretto della radiazione solare o quella di un uso indiretto in cui l’irraggiamento viene sfruttato attraverso dispositivi appropriati per produrre varie forme di energia.
Nel caso dell’utilizzo indiretto della radiazione solare la produzione di energia può
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tempo libero
lavoro
abitazione tempo libero
lavoro
la distanza induce all’uso dell’auto e al pendolarismo.
la distanza ridotta consente di essere percorsa a piedi o in bici.
407 abitazione
essere risolta nella definizione dell’involucro edilizio (funzionamento attivo dell’involucro) attraverso l’utilizzo di collettori termici (ad aria o acqua) e moduli fotovoltaici.
I sistemi a collettori solari possono essere impiegati per riscaldare acqua e aria per il condzionamento degli ambienti interni o per integrare il riscaldamento dell’acqua a uso sanitario. Combinando i collettori solari con sistemi a pompa di calore si può anche ottenere energia per il raffrescamento.
I sistemi fotovoltaici sono utilizzati invece per ottenere energia elettrica, sfruttando un processo fotoelettrico, caratteristico del silicio, che consente di trasformare la radiazione solare direttamente in energia - elettrica.
La particolare angolazione d’installazione necessaria per ottenere rendimenti elevati e la considerevole dimensione superficiale indispensabile ( in particolare per i sistemi fotovoltaici), per raggiungere un livello di produzione energetica accettabile, diviene uno dei principali problemi progettuali da affrontare.
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L’AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA DELLA RSV
Dallo studio, promozione e gestione di interventi atti a promuovere le produzioni di energie da fonti rinnovabili a livello locale, in modo particolare, impianti di cogenerazione, tecnologie fotovoltaiche, impianti di biomassa, sistemi micro-eolici, impianti geotermici, sistemi di energia solare concentrata, alla redazione del bilancio energetico ed ambientale comunale, abbiamo pensato di rendere autosufficiente dal punto di vista energetico la filiera agro-alimentare stabilita dalla strategia. L’obbiettivo principale è difatti far sì che la nostra strategia gravi il meno possibile sui finanziamenti regionali e privati e possa invece aiutarsi economicamente non solo con la produzione di energia per l’autosostentamento del microclima delle serre ma anche e soprattutto con i finanziamenti statali ricavabili dall’utilizzo di impianti fotovoltaici. L’idea di realizzare delle serre che grazie ad una copertura fotovoltaica siano in grado di produrre anche energia elettrica risolve pertanto il problema del forte consumo energetico necessario per la produzione serricola.
Rientrano nella tipologia di serre fotovoltaiche tutte le installazioni nelle quali i moduli fotovoltaici costituiscono gli elementi costruttivi della copertura o delle pareti di manufatti adibiti, permanentemente per tutta la durata degli incentivi, a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura. Le colture protette, quelle la cui produzione avviene in ambiente protetto, in massima parte ortofloricola e vivaistica, hanno necessità di determinate condizioni climatiche, in particolare luce e temperatura. Le serre fotovoltaiche devono quindi essere studiate per garantire il corretto equilibrio fra un adeguato irraggiamento interno nel periodo invernale e una sufficiente protezione da eccessivo irraggiamento durante il periodo estivo.
I vantaggi generati dalla realizzazione e dall’utilizzo di serre fotovoltaiche sono quindi
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numerosi e sono soprattutto legati a diversi aspetti, come : - sviluppo di vasti impianti evitando la sottrazione di terreni per le attività agricole; - possibilità di accedere alla tariffa massima prevista dal Conto Energia (0,44 €/kWh); - svolgimento di un iter per l’autorizzazione più rapido rispetto a quello previsto per i normali impianti; - maggiore possibilità di creare occupazione; - capacità delle serre di sfruttare al massimo il poco spazio a disposizione e di rendere la struttura energeticamente indipendente, nonché di immettere il surplus di elettricità in rete.
Inoltre bisogna sottolineare un ulteriore aspetto economico di notevole importanza ovvero che la serra è accatastabile come edificio agricolo, ed in quanto tale è esente da qualsiasi imposta comunale sugli immobili, compresa l’ICI. Un impianto fotovoltaico a terra, invece, sulla base dell’interpretazione corrente dell’Agenzia del Territorio, è assoggettabile all’ICI.
Tra gli obiettivi dell’iniziativa, c’è soprattutto il rilancio della multifunzionalità energetica, per permettere così alla filiera di avere un’integrazione del reddito, ma anche l’abbattimento dei costi di produzione, che sono alti soprattutto nelle fasi di riscaldamento e raffreddamento delle serre, e il risultato decisamente positivo a livello di impatto ambientale. A regolare la nostra iniziativa vi è il D.M. 5 maggio 2011 - QUARTO CONTO ENERGIA che finanzia la costruzione, rifacimento totale o potenziamento, di impianti fotovoltaici di potenza nominale non inferiore a 1 Kw, collegati alla rete elettrica esterna o a piccole reti isolate.
La nostra filiera che comprende 42 serre per un totale di 3,5 ettari di serre; ogni serra produce una potenza massima di 45,71 kw che coincidono con 167.298 kwh di energia totale. Il quarto conto energia del 2011 prevede che per una tale potenza ci sia un
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finanziamento di 0,266 euro per kwh e che in totale sia dunque di 44.501, 42 euro per serra. Il tutto moltiplicato per le 42 serre produce 1.869.059,64 euro di finanziamento statale totale.
Tale produzione di energia ci consente dunque, sia di garantire il microclima interno di ciascuna serra, sia di ricavare un surplus di energia sfruttabile dalle auto elettriche necessarie al trasporto delle merci verso i punti vendita localizzati nei sei borghi delle rete. Tutto ciò a dimostrazione della fondamentale condivisione delle risorse da parte di tutti i borghi della Rete Solidale di Vicinanza.
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413 6.3.1 CASI STUDIO
Progetto
“BORGO INTELLIGENTE”
Data e luogo
2010, Borghi Autentici Italiani
Parole chiave
Sostenibilità, energia
Il Progetto “Borgo Intelligente” si pone l’obiettivo di accompagnare (Assistenza Tecnica, consulenza tecnologica, supporto alla progettazione, compreso assistenza per l’ottenimento delle agevolazioni) i comuni BAI, singoli o in rete, verso l’adozione di politiche pubbliche locali nella concezione e sviluppo di interventi per migliorare costantemente la PRESTAZIONE ENERGETICA (ambientale) della struttura urbana,
Il progetto prevede, altresì, la creazione a livello nazionale di un PLAFOND – MUTUI (tramite convenzione tra Associazione BAI e un primario istituto bancario nazionale) per il supporto finanziario agli interventi pubblici nonché l’assistenza tecnica per la richiesta e l’ottenimento delle agevolazioni finanziarie e fiscali concedibili a livello di leggi e programmi comunitari, nazionali e regionali.
Il progetto “Borgo Intelligente”, nell’ambito del sistema nazionale Borghi Autentici, viene coordinato e gestito dal Consorzio Nazionale delle Comunità Ospitali.
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1) miglioramento dell’efficienza energetica nelle strutture e patrimoni pubblici;
2) inclusione di criteri di efficienza energetica nella pianificazione urbanistica e nella gestione edilizia sia pubblica che privata;
3) studio, promozione e gestione di interventi atti a promuovere le produzioni di energie da fonti rinnovabili a livello locale, in modo particolare: impianti di cogenerazione, tecnologie fotovoltaiche, impianti di biomassa, sistemi micro-eolici, impianti geotermici, sistemi di energia solare concentrata;
4) redazione del bilancio energetico ed ambientale comunale;
5) realizzazione degli audit energetici degli immobili pubblici;
6) sviluppo percorsi per l’acquisizione delle certificazioni energetiche ed ambientali (ecolabel, ISO 14000, EMAS ecc...).
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Progetto
“SERRE FOTOVOLTAICHE”
Data e luogo
2010, Sardegna
Parole chiave
Sostenibilità, energia
Per la prima volta nell’Isola, e prima regione in Italia, la Sardegna disciplina l’utilizzo e l’installazione di impianti di produzione di energia solare fotovoltaica nelle serre. Diversi gli obiettivi: favorire la multifunzionalità energetica (consentire cioè un’integrazione del reddito per gli agricoltori) e abbattere i costi di produzione (gasolio, riscaldamento e raffreddamento delle serre). Il decreto stabilisce inoltre che l’installazione di pannelli fotovoltaici sia autorizzata solo in serre produttive (ortofrutta e floro-vivaismo in primis) e che i servizi energetici debbano essere gestiti in prima persona dagli agricoltori o da società miste con capitale a maggioranza nelle mani dei contadini. Tutto questo per evitare speculazioni di vario genere, a danno del mondo agricolo.
L’obiettivo che la Regione Sardegna si pone in termini di sviluppo di 500 Mw in agricoltura con le serre fotovoltaiche, nasce dalla presa di coscienza dell’opportunità di promuovere la multifunzionalità agricola e il rilancio di un comparto vitale per la nostra economia. Ci sono poi altre ricadute da non sottovalutare: un impatto ambientale pari a zero (500 MW equivalgono a 181 tonnellate di petrolio e a una mancata emissione nell’atmosfera di Co2 pari a 543 tonnellate), una produzione agricola competitiva a costi più bassi e gli effetti positivi sull’occupazione visto che i nuovi lavoratori diretti sarebbero circa 6mila.
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1) favorire la multifunzionalità energetica;
2) abbattere i costi di produzione (gasolio, riscaldamento e raffreddamento delle serre);
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419 6.4 GLI INVESTIMENTI A SUPPORTO DELLA STRATEGIA
IL QUADRO PROGRAMMATICO REGIONALE
Sia per il cambiamento di priorità che ha caratterizzato l’avvio della nuova legislatura, sia a seguito degli eventi sismici di aprile, che, oltre ad interrompere l’attività amministrativa, hanno modificato le priorità programmatiche regionali per i prossimi anni, il contesto della programmazione regionale si è sostanzialmente modificato nella prima metà del 2009.
Il verificarsi del sisma del 6 aprile 2009 ha distolto l’attenzione dal calendario dei lavori prefissato e ha modificato le priorità programmatiche. Le strutture regionali sono state impegnate alla prima stima dei danni, anche finalizzata ad individuare gli ambiti all’interno dei quali fosse necessario intervenire con maggiore urgenza con le risorse messe a disposizione dal Governo Nazionale e dall’Unione Europea. Gli stessi programmi operativi comunitari, in fase di attuazione, hanno richiesto dei cambiamenti, oltre a quelli già previsti per la riprogrammazione a metà del ciclo, nelle priorità di intervento. La Regione assume pertanto come prioritario, in tutti gli atti di programmazione di settore, l’obiettivo della ricostruzione del centro storico dell’Aquila e la conseguente rinascita del relativo tessuto sociale, economico e produttivo.
LA PROGRAMMAZIONE PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO
Il tremendo sisma dello scorso 6 aprile che ha colpito l’Abruzzo, seminando lutti e distruzione, in particolare nel comprensorio della provincia dell’Aquila, si inserisce in una fase di recessione economica che sta caratterizzando l’intera economia mondiale da circa un anno. Le conseguenze del terremoto hanno accelerato gli impatti negativi della crisi economica su tutti i settori produttivi presenti nella regione; per alcuni di essi, i danni subiti dalle infrastrutture ne hanno compromesso anche la funzionalità operativa. Per questo motivo, in accordo con il Governo Centrale, la Giunta ha predisposto un piano integrato di interventi e di strumenti finalizzati non solo a superare l’emergenza del terremoto, ma, più in generale, a rafforzare e valorizzare la competitività dell’intero
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territorio regionale per offrire nuove opportunità di sviluppo. Un programma che possa essere il volano per avviare una ripresa dell’intero sistema economico regionale, orientando, da un lato, i settori produttivi presenti verso frontiere tecnologiche più alte e, dall’altro, promuovendo e valorizzando le numerose eccellenze naturali e culturali che caratterizzano il territorio abruzzese. Il Master Plan per gli interventi diretti a favorire la ripresa produttiva della Regione Abruzzo persegue l’obiettivo di rafforzare e valorizzare le competenze e le produzioni territoriali, massimizzando l’impatto delle nuove tecnologie, favorendo la connessione a dinamiche di sviluppo internazionali, attivando reti lunghe e network in grado di superare il localismo delle imprese. La dotazione finanziaria complessiva del piano ammonta a 1,787 miliardi di euro, e sarà assicurata con la copertura prevista, prioritariamente, dalle risorse per il Fondo strategico per il sostegno dell’economia reale1.
La strategia del piano parte dal presupposto che i problemi conseguenti agli eventi sismici sono prioritari ma non possono essere i soli, in quanto il sistema produttivo abruzzese è nel pieno di una crisi drammatica: il polo elettronico dell’Aquila non esiste più, il settore manifatturiero ed il comparto moda del Teramano sono in forte crisi, l’automotive del Chietino risente della forte crisi del settore a livello internazionale. Inoltre, il territorio aquilano non può essere pensato come un semplice cantiere (fornitura di inerti e mano d’opera) né si può ritenere che una forte infrastrutturazione delle aree possa rappresentare, da sola, un elemento di attrazione di potenziali investitori. Pertanto, il Piano parte dall’idea che è necessario puntare su alcune “idee forza” di sviluppo per l’intera regione, esaltando le peculiarità delle diverse aree e trasformando il processo di ricostruzione in fattore di spinta propulsiva. Le idee-forza individuate sono tre:
1. la Creazione di un Polo del costruire “sostenibile”: architettura biologica, risparmio energetico, qualità della vita, turismo sostenibile, energia rinnovabile. Si pensa di creare le
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1 Cfr. DocumentodiProgrammazioneEconomicoFinanziariaRegionale2010-2012 , proposta, L’Aquila 2009, p. 21.
condizioni per cui imprese di livello internazionale investano in Abruzzo (specificatamente nel territorio Aquilano) per realizzare in loco prodotti ad alta tecnologia da impiegare da subito nella ricostruzione ma, nel medio periodo, in tutta l’Italia centrale. Elementi di forza in questo senso sono l’approvazione del piano casa (LR 16/2009), che tra i suoi elementi fondamentali ha proprio la costruzione secondo le regole della bioarchitettura, la vicinanza dell’Abruzzo con aree fortemente urbanizzate (Roma, Napoli, Bari) e la funzione dell’Abruzzo di cerniera di collegamento tra il Tirreno e i paesi balcanici, che consente di accedere anche ai mercati dell’est adriatico; 2. l’Attivazione di un sistema integrato per fornitura di beni e servizi per il recupero dell’immenso patrimonio artistico e culturale di L’Aquila e provincia, danneggiati dal sisma. È noto, infatti, che la stragrande maggioranza degli edifici di pregio hanno subito danni gravissimi e che, per la ricostruzione, non sarà sufficiente disporre solo di risorse finanziarie, che peraltro dovranno necessariamente essere rilevanti. Va attivato, quindi, un sistema complesso che contempli, tra le altre cose, la formazione di maestranze in grado di intervenire con metodologie ricostruttive adeguate, l’attrazione di imprese specializzate, la valorizzazione dei dipartimenti universitari presenti e, più in generale, la creazione di un ambiente favorevole al recupero di opere architettoniche di straordinario valore;
3. il Rilancio della filiera produttiva delle province costiere, incentrate sul settore metalmeccanico e dell’automotive (senza però trascurare il settore moda che ha ancora alcune sacche di eccellenza soprattutto nel Teramano) incrementandone il potenziale innovativo. Anche in questo asse vanno fortemente sottolineati ed incrementati i rapporti con i paesi frontalieri, dell’Est Europa ed anche del Medio Oriente, che possono diventare importanti mercati dei nostri abruzzesi, tra i quali il turismo.
In sostanza, si propone una visione strategica che unitamente al piano di ricostruzione e recupero del patrimonio edilizio sia in grado, valorizzando le principali vocazioni del territorio, di incidere nel processo per la ripresa del sistema economico regionale e di
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generare sviluppo in termini di competitività, innovazione e sostenibilità.
LE LINEE DI PROGRAMMAZIONE 2010-2012
Con il DPEFR 2009-2011 il Governo regionale ha enunciato i suoi obiettivi per il triennio di riferimento e per l’intera legislatura.
Gli obiettivi definiti in quella sede hanno improntato la redazione dei documenti di programmazione, che si andavano predisponendo nel frattempo, per costruire un insieme articolato e coerente di azioni da realizzare nel triennio di riferimento del presente DPEFR e fino al 2013, anno di fine della legislatura2.
Ciò posto, si confermano le tre priorità sulle quali si basa l’azione di governo nell’arco dell’intera legislatura:
1)La modernizzazione delle istituzioni:
Il DPEFR 2009-2011 sosteneva l’idea che qualunque azione di Governo capace di rispondere alle esigenze della comunità dovesse necessariamente essere coordinata in una logica di programmazione strategica, che rappresenti il solco unitario sul quale innestare e collocare i singoli interventi, basata sulla partecipazione e la trasparenza dei processi decisionali, intese come condizioni essenziali per la responsabilizzazione dell’attività amministrativa.
Se ogni area presenta risorse, problemi, dinamiche e potenzialità diverse, in rapida evoluzione ed un livello di complessità tale da richiedere una gestione articolata delle peculiarità che costituiscono la nostra Regione, comunque tali caratteristiche da un lato richiedono necessariamente una forte sinergia tra Amministrazioni vicine, sia geograficamente che per affinità socio-economiche, chiamandole alla necessaria cooperazione reciproca, dall’altro compongono insieme un sistema originale, che va governato tenendo conto proprio di tali peculiarità, chiamando pertanto la Regione a decisioni che siano unitarie, ma condivise e partecipate.
Il concetto di “rete”, ovvero di organizzazione che individua un territorio caratterizzato
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2 Ivi, p. 60.
da una stretta sinergia tra i diversi livelli e da un elevato grado di relazione con le strutture ed i servizi di tutte le amministrazioni, richiede una visione complessiva delle scelte amministrative in tutti i settori, che guidi i processi in atto, attraverso una reale programmazione dello sviluppo in chiave territoriale, attraverso un’azione partecipata e coinvolgente tra gli Amministratori e i rappresentanti delle Istituzioni e degli organismi economici, tesa ad individuare le scelte strategiche a livello territoriale e ad indirizzare su di esse le risorse disponibili, pubbliche e private.
In quest’ottica, si propone una rivisitazione degli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale per avere uno strumento più snello, che permetta una visione strategica del territorio regionale, soprattutto in termini di sostenibilità economica, sociale ed ambientale, in un piano regionale di carattere strategico.
2)Le politiche per la persona e la famiglia:
Il sistema dovrà basarsi su un’attenzione al soggetto ed al suo bisogno (un modello orientato all’utente e non al prodotto). Per questo la Regione dovrà rendere l’accesso ai servizi sempre più trasparente per i cittadini, mettendo a disposizione di tutti e nel minor tempo possibile le informazioni che consentono di avere risposte efficaci ai bisogni. Nel quadro degli interventi verrà potenziata la realizzazione di scuole per l-infanzia ed asili nido per avvicinarsi agli standard europei; verrà promossa la creazione di organismi rappresentativi dei giovani, Forum e altri strumenti flessibili, idonei a dare impulso a processi di rete e connessione, per rimuovere le criticità della condizione giovanile, con assunzione di responsabilità sociale verso le tematiche giovanili; si dovranno garantire agli stranieri (compresi gli apolidi, i rifugiati, i richiedenti asilo) ed alle loro famiglie condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei diritti civili e promuovere la rimozione degli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che ne impediscono il pieno inserimento nel territorio abruzzese; si promuoveranno interventi finalizzati a favorire l’integrazione degli anziani con la comunità, coinvolgendoli in servizi di interesse
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sociale. I servizi per gli anziani parzialmente autosufficienti o non autosufficienti avranno come obiettivo, ove possibile, la loro permanenza in famiglia, integrando l’offerta pubblica con quella privata, per fornire servizi quali la pulizia, la spesa, la cucina ed anche il sostegno relazionale.
3)Le politiche per la competitività del sistema produttivo: Gli ambiti di azione della politica di sviluppo delle attività produttive sono cinque: - la definizione di una nuova articolazione del tessuto economico industriale; - la ridefinizione dei ruoli e delle missioni degli enti strumentali e delle società che compongono il sistema regionale di intervento nel settore; - la definizione di una legge-quadro per la promozione e lo sviluppo del sistema industriale regionale, primo provvedimento organico di politica industriale nella nostra regione; - la promozione e la creazione da parte di tutti gli attori territoriali di una piattaforma regionale per la ristrutturazione; - l’innovazione nelle politiche di incentivo alle imprese attraverso la legge regionale di riordino dei consorzi fidi.
Sarà proprio questo il punto fondamentale della strategia di riqualificazione dell’area da noi scelta: ovvero la crescita della produzione economica, con lo scopo di introdurre nuovi posti di lavoro e limitare il continuo fenomeno dello spopolamento che ha conosciuto l’entroterra abruzzese già dapprima del terribile sisma che ha colpito la regione nel 2009.
IL SISTEMA AGRICOLO
Il settore su cui puntiamo è quello primario, il cui bene principale è la terra e tutto ciò che essa produce.
L’ agricoltura abruzzese paga l’inefficienza del sistema Italia che la penalizza con la burocrazia e gli elevati costi di carburanti, energia e acqua. Si perseguirà quindi una
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strategia per incentivare l’acquisizione di ulteriori quote di mercato, riducendo i passaggi commerciali della filiera, consentendo una riduzione di costi per il consumatore finale. Nonostante la regione, ed in particolare alcuni suoi ambiti geografici, vanti una forte vocazione agricola, il settore ha registrato, negli ultimi decenni, una grave riduzione del numero degli addetti e in generale una perdita di incisività economica che hanno determinato una minore attenzione da parte della politica. Occorrerà, dunque, restituire centralità alle politiche di sviluppo agricolo attraverso la valorizzazione delle tradizioni e la promozione delle tipicità ambientali e gastronomiche di cui il nostro territorio è ricco. Gli investimenti strutturali dell’agricoltura abruzzese sono affidati, per il periodo 20072013 al Piano di Sviluppo Rurale, approvato dalla Commissione europea nel novembre 2007, ed in corso di attuazione.
Il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Abruzzo prevede investimenti nel periodo di attuazione per oltre 383 milioni di euro, di cui circa 169 di contributo comunitario e circa 215 di contributo statale3
Come gli altri strumenti della politica regionale unitaria 2007-2013, il PSR è incentrato sulle priorità del Quadro Strategico Nazionale. In questo quadro, l’obiettivo generale della politica di sviluppo rurale è il miglioramento della competitività del settore agricolo e rurale regionale. Il PSR intende, infatti, porre le basi per uno sviluppo dell’agro-alimentare e della ruralità del territorio abruzzese intervenendo sulla ristrutturazione, riconversione e riposizionamento del sistema produttivo e delle aree rurali.
La strategia del Piano è stata sviluppata sulla base di due elementi basilari: la territorializzazione dell’offerta di strumenti a sostegno dello sviluppo rurale, importante in una realtà come quella abruzzese dove la struttura socio economica presenta realtà diverse non solo tra zone interne e zone costiere, ma anche nell’ambito delle stesse macroaree, e l’integrazione degli strumenti di sostegno, proprio perché il FEASR può
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3 Ivi, p. 97.
offrire risposte parziali alle politiche tese al riequilibrio territoriale, attraverso percorsi di diversificazione economica nelle aree rurali ed il miglioramento delle condizioni di fruibilità dei servizi essenziali.
L’obiettivo generale del programma viene perseguito attraverso tre obiettivi specifici, cui corrispondono i tre Assi principali, ed un obiettivo trasversale:
- Obiettivo I: Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale attraverso il rafforzamento delle capacità imprenditoriali e professionali della manodopera; la promozione e diffusione dell’innovazione di processo e di prodotto nelle imprese e lungo le filiere; il consolidamento e sviluppo della qualità della produzione agricola e forestale; - Obiettivo II: Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale (Conservazione della biodiversità e tutela e diffusione di sistemi agro-forestali ad alto valore naturalistico; Tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche superficiali e profonde; Riduzione dei gas serra; Tutela del territorio).
- Obiettivo III: Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale. - Obiettivo IV: Implementazione dell’approccio Leader, che sostiene progetti di sviluppo rurale ideati a livello locale al fine di rivitalizzare il territorio e di creare occupazione, e miglioramento della governance locale.
L’Asse I rappresenta la parte più importante del programma che catalizza poco meno della metà delle risorse totali. L’Asse II raccoglie anch’esso una quota importante delle risorse, vicina al 40%. Asse III e IV convogliano rispettivamente il 14% ed il 5% delle risorse programmatiche.
Di un certo interesse per i processi di programmazione locale è l’approccio Leader, che trova spazio nell’ambito dell’attuazione dell’Asse IV, che riguarda un 5% delle risorse totali destinate al PSR. Le modalità di attuazione, che potranno anche essere differenziate nelle singole aree, in continuità con la passata programmazione dovranno essere definite nei Piani di Sviluppo Locale (PSL), che verranno attuati da partenariati locali (costituiti come GAL e selezionati tramite bando pubblico). I Piani di Sviluppo Locale
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(PSL) promuovono e realizzano interventi complessi diretti ad orientare, sostenere ed affiancare gli operatori locali nei processi di diversificazione economica, nonché ad implementare azioni di marketing territoriale sviluppando il capitale relazionale delle aree interessate. La strategia dei PSL viene definita sulla base di un principio di concentrazione su pochi temi e obiettivi fortemente ancorati al territorio. I PSL verranno attuati prioritariamente nelle zone collina interna e delle aree montane. Il territorio dei GAL potrà tuttavia ricomprendere anche territori comunali appartenenti alla collina litoranea e all’area del Fucino, quali ambiti di integrazione, funzionali a specifiche esigenze chiaramente identificate nelle strategie dei GAL presentate nei PSL.
La nostra politica di valorizzazione del sistema produttivo agricolo si appoggia dunque sui dati rilevati dal Documento di Programmazione Economico Finanziaria Regionale 2010-2012, con lo scopo di proporre una strategia realizzabile tramite i fondi stanziati dal Programma di Sviluppo Rurale.
Non solo, anche l’introduzione di nuovi addetti del settore agricolo, stabilito dalla nostra strategia, potrebbe sfruttare le azioni nel campo della formazione professionale e dell’informazione, stabilite dalla regione secondo il Programma di Sviluppo Rurale
2007-2013 della regione Abruzzo. Secondo tale documento il quadro degli attuali livelli di formazione degli imprenditori e degli addetti del settore agricolo e di quello forestale risulta attestato su livelli medio-bassi, con una maggioranza di soggetti che completa la formazione scolastica elementare e dispone di una formazione tecnica settoriale di carattere eminentemente pratico4. L’obiettivo di elevare tali livelli rendendo la formazione degli imprenditori e degli addetti agricoli e forestali più completa ed aggiornata rimane, dunque, ancora da perseguire. Inoltre, l’evoluzione e la specializzazione dell’agricoltura,
Abruzzo, p. 182.
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4 Cfr. ProgrammadiSviluppoRurale2007-2013 , Regione
del sistema agroalimentare, e della silvicoltura richiedono un potenziamento ed un aggiornamento costante delle conoscenze e delle competenze professionali degli imprenditori e della manodopera, mediante la diffusione delle conoscenze specialistiche – comprese quelle relative alle nuove tecnologie dell’informazione - ed interventi mirati di formazione tecnica ed economica. E’ pertanto necessario sostenere il potenziamento del capitale umano impiegato nelle attività agricole e forestali, sia per supportare e/o fornire agli operatori le conoscenze necessarie per gestire in modo economicamente redditizio le proprie imprese, sia per consentire processi di riorientamento tecnico e qualitativo della produzione ed alla gestione dell’impresa secondo criteri compatibili con la conservazione e la tutela delle risorse ambientali, forestali e paesaggistiche, con particolare riguardo alle tematiche connesse alle “nuove sfide”: i cambiamenti climatici, le energie rinnovabili, la gestione delle risorse idriche, la biodiversità e la gestione del sistema lattiero caseario. Si tratta anche di promuovere un’adeguata sensibilizzazione in materia di qualità dei prodotti, dei risultati della ricerca e della gestione sostenibile delle risorse naturali, compresa l’applicazione dei requisiti di condizionalità e delle pratiche produttive compatibili con le esigenze di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio e di protezione dell’ambiente. Ecco gli obiettivi principali:
1) Realizzare azioni di formazione per le imprese agricole e forestali, promuovendo l’acquisizione di competenze strategiche;
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2) Realizzare azioni di formazione e/o informazione specifiche che promuovano la conoscenza negli ambiti previsti dalle “nuove sfide” della PAC (Health check) al fine di far comprendere agli agricoltori l’importanza delle tematiche connesse con i cambiamenti climatici, le energie rinnovabili, la gestione delle risorse idriche, la biodiversità e la gestione del settore lattiero-caseario;
3) Realizzare azioni di informazione, promuovendo il trasferimento delle innovazioni e di conoscenze;
4) Realizzare azioni di formazione ed informazione per le imprese agricole, per supportarle nel perseguimento degli obiettivi ambientali, in particolare rispetto alla gestione sostenibile delle risorse naturali, comprese le norme sulla condizionalità, sulla silvicoltura, sulla gestione delle risorse idriche e sulla biodiversità;
4) Promuovere azioni strategiche per supportare il sistema della conoscenza, per migliorare ed integrare l’offerta di formazione e informazione.
La regione prevede di finanziare la formazione e l’aggiornamento professionale di imprenditori, coadiuvanti e dipendenti di aziende agricole e forestali, nonché di giovani che intendono insediarsi per la prima volta in un’azienda agricola e forestale, attraverso l’erogazione diretta all’imprenditore beneficiario, di un contributo a rimborso delle spese sostenute.
Per elevare e sostenere la professionalità degli addetti agricoli e forestali, ogni beneficiario può usufruire di uno o più contributi fino ad un massimo di 3.000,00 per anno solare (viene preso a riferimento l’anno solare in cui ricade la data di ammissione al contributo). E’ riconosciuto il costo massimo di € 20,00/ora per entrambe le tipologie di corso sotto
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riportate5.
I servizi di formazione devono essere scelti dai beneficiari all’interno di un Piano di Formazione predisposto dalla Regione, con durata di 150 ore per i giovani imprenditori e 40/50 ore per gli altri corsi. Sono previste lezioni in aula e visite guidate presso l’azienda agricola.
Ecco, per concludere , il totale dei fondi stabiliti dal Programma di Sviluppo Rurale, stabiliti dal Presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, all’interno del documento “Consuntivo Anno 2010, regione Abruzzo”6:
44 milioni per PIANO IRRIGUO NAZIONALE;
2 milioni Fondo Europeo PESCA;
39 milioni per aree rurali e montane;
21 milioni per imboschimento suoli;
5 Ivi, p. 184.
6 Cfr. ConsuntivoAnno2010,RegioneAbruzzo,Pescara gennaio 2011, p. 38.
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21 milioni per l’attività agrituristica;
18 milioni per sbloccare pagamenti arretrati;
10 milioni per i giovani agricoltori;
7 milioni per i corsi di formazione per i giovani agricoltori.
In realtà nel corso di questi ultimi tre anni, i progetti che hanno sfruttato i fondi garantiti dal Programma di Sviluppo Rurale sono limitati e di piccola portata: ristrutturazioni di aziende agricole, apertura di piccole cantine casearie e olearie. Ma nel complesso non ci sono state iniziative di scala maggiore, che coinvolgesse più aziende e più comuni, come una filiera a rete da noi proposta. Uno dei motivi principali è sicuramente la, se non totale, maggiore concentrazione delle iniziative sui disastri che hanno seguito il terremoto del 2009, togliendo pertanto spazio ad iniziative meno urgenti, che però pesano sull’economia regionale.
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la modernizzazione delle istituzioni
politiche per le persone e la famiglia politiche per la competitività del sistema produttivo
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383 milioni di € di investimenti
innovazione delle imprese e delle filiere tutela del territorio e del sistema rurale qualità della vita nelle zone rurali
politiche di incentivo alle imprese
Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 nuova articolazione del sistema industriale
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437 6.5 LA LEGISLAZIONE URBANISTICA RELATIVA ALLA RSV
IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE
Tutte le iniziative e i vari progetti (come il nostro) proposti da soggetti privati e/o pubblici, devono necessariamente essere approvati in sede regionale e provinciale nel rispetto di criteri e parametri stabiliti dal piano paesaggistico che regola l’area selezionata per tali progetti. Nel nostro caso, tutto l’altopiano di Navelli, così come tutta la Comunità Capo Imperatore, non possiede un piano paesaggistico locale, ma fa riferimento al P.P.R.
Il Piano Paesaggistico Regionale è lo strumento di pianificazione paesaggistica attraverso cui la Regione definisce gli indirizzi e i criteri relativi alla tutela, alla pianificazione, al recupero e alla valorizzazione del paesaggio e ai relativi interventi di gestione. Sulla base delle caratteristiche morfologiche, ambientali e storico-culturali e in riferimento al livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il Piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, a partire da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli compromessi o degradati. A ogni ambito territoriale qualora se ne ravveda l’opportunità, vengono attribuiti corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica, coerentemente con i principi e le linee guida stabiliti e sottoscritti dalle Regioni nella Convenzione Europea del Paesaggio. A tali obiettivi sono associate varie tipologie normative. All’interno del P.P.R. è stato elaborata la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che ha l’obiettivo “di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile”. L’applicazione del processo di VAS prevede una serie di fasi procedurali che devono essere inserite organicamente nel processo di pianificazione1. Il processo integrato di VAS è stato suddiviso in fasi specifiche, corrispondenti a
1 Cfr. Aggiornamentoeredazionedelnuovopianopaesaggistcoregionale, regione Abruzzo 2010, L’Aquila 2010, p. 6.
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determinate fasi della pianificazione e collegate a precisi momenti di partecipazione, consultazione ed informazione delle autorità con competenza ambientale e del pubblico.
In particolare le quattro fasi individuate sono:
FASE 1: Impostazione/Attività di scoping: prevede la realizzazione di una Carta dei Luoghi e dei Paesaggi, nella quale emergono i valori, le criticità e le conflittualità del territorio regionale.
Il Quadro conoscitivo ambientale così come presente nel nuovo piano e mutuato nel rapporto ambientale si basa essenzialmente su tre punti:
1. La raccolta dell’intero bagaglio conoscitivo di natura istituzionale per la creazione di una banca dati GIS composta da carte tematiche a da approfondimenti attraverso, studi naturalistici – sulla Fauna e sulla Flora, e sulle aree agricole;
2. La sintesi delle conoscenze raccolte nelle carte tematiche in un sistema cartografico denominato Carta dei Luoghi e dei Paesaggi, composto di 5 carte che descrivono il Territorio, il Paesaggio e l’Ambiente attraverso le categorie dei Valori, Rischi, Degrado/ Abbandono/Fratture, Vincoli, Armature Urbane e Territoriali e Conflittualità;
3. La condivisione istituzionale e sociale dei contenuti della Carta dei Luoghi e dei Paesaggi con lo scopo di consolidare un sistema delle conoscenze.
La Carta dei Luoghi e dei Paesaggi, è un sistema complesso di conoscenze istituzionali, conoscenza di progetto (intenzionali) e di conoscenze locali (identitarie), che descrivono il territorio secondo le categorie di Vincoli, Valori, Rischi, Degrado, Abbandono, Frattura, Conflittualità. Essa è una carta dinamica e aggiornabile, fondata su una struttura dati digitale codificata ed ampliabile (Sistema Informativo Territoriale) che descrive il grado di trasformabilità di un territorio. E’ inoltre una carta di valutazione sulla cui base può essere implementato un set di indicatori per le verifica di compatibilità e la valutazione ambientale e paesaggistica di piani e progetti, come ad esempio i Progetti di Territorio.
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L’obiettivo generale della Carta dei Paesaggi Identitari Regionali e di Area Vasta è quello di identificare i beni paesaggistici identitari locali e i loro modi di connettersi reciprocamente generando specifiche totalità contestuali da prendere in carico nella pianificazione paesistica. Si tratta di un conferimento di senso e non solo di valore ai beni che indirizza le azioni di tutela, riqualificazione e gestione. Metodologicamente è stata operata una disarticolazione e successiva reintegrazione dei tematismi che compongono il paesaggio, mettendo in luce la trama di relazioni che danno forma alla sua identità specifica2.
Sono stati esplicitati i caratteri che maggiormente hanno contribuito a plasmare l’identità dei singoli paesaggi, assumendo per ciascuno di essi le caratteristiche dominanti. Le dominanti assunte per la individuazione dei caratteri identitari sono:
1. storico-culturale;
2. naturalistico-ambientale;
3. mosaico agrario;
4. morfologica;
5. insediativo-infrastrutturale;
Sono stati distinti in questo modo i paesaggi la cui identità prevalente è quella tramandata dai processi storici di conformazione del paesaggio, (sistema degli insediamenti e dei collegamenti, trame e partizioni di uso del suolo; paesaggi caratterizzati dalle risorse naturalistico-ambientali).
Inoltre sono state individuate nuove identità paesaggistiche scaturite dal conflitto delle permanenze (valori connessi alla naturalità e alla biodiversità del territorio, al mosaico agrario, agli usi e produzioni agricole, alla conformazione morfologica) e le mutazioni della contemporaneità. Per i 21 Paesaggi Identitari Regionali sono state costruite schede descrittive, contenenti, oltre le relazioni tra le informazioni, la descrizione del “conferimento di senso” ossia la percezione e la memoria dei luoghi. L’immagine di sintesi
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2 Ivi, p. 17.
così delineata propone per ciascun ambito individuato l’immagine più rappresentativa del paesaggio identitario, Essa è espressione di una interpretazione della qualità del paesaggio inevitabilmente intenzionale e dunque implicitamente progettuale, che rappresenta il punto di avvio per la fase di costruzione degli Obiettivi di qualità, che dovranno guidare un efficace governo delle trasformazioni, verificandone la compatibilità rispetto alla “visione guida” individuata.
FASE 2: Elaborazione del Rapporto Ambientale: analisi di coerenza finalizzata alla verifica dell’esistenza di incoerenze in grado di ostacolare l’elaborazione e la successiva attuazione del PPR.
FASE 3: Consultazioni: le consultazioni sul piano ed il rapporto ambientale devono
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445 I 21 Paesaggi Identitari Regionali
Rete Solidale di Vicinanza
essere effettuate secondo un preciso calendario.
FASE 4: Gestione e Monitoraggio Ambientale: definizione di un opportuno set di indicatori che consente di rappresentare le caratteristiche ambientali e territoriali dell’area su cui interverrà il piano ed evidenziarne sensibilità, criticità, rischi e opportunità. Il principale riferimento normativo per le politiche del paesaggio è rappresentato dalla Convenzione Europea del paesaggio del 20 ottobre 2000 che pone la necessità di integrare il paesaggio nelle politiche di settore e di estendere l’attenzione anche ai paesaggi della vita quotidiana, i cosiddetti “paesaggi ordinari”, oltre a quelli di eccezionale valore. Essa prevede che l’elaborazione dei piani paesaggistici si articoli nelle seguenti fasi:
a) ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare; b) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo; c) individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità paesaggistica; d) definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati.
Il Quadro di Riferimento Regionale (QRR) costituisce la proiezione territoriale del Programma di Sviluppo Regionale, definisce indirizzi e direttive di politica regionale per la pianificazione e la salvaguardia del territorio, costituisce inoltre il fondamentale strumento di indirizzo e di coordinamento della pianificazione di livello intermedio e locale. Il quadro delle strategie fondamentali del QRR si riferisce a tre tematiche principali:
- Tutela dell’Ambiente;
- Efficienza del sistema insediativo;
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- Sviluppo dei settori produttivi trainanti.
In ordine a questi tre temi il QRR propone analisi e delinea soluzioni per le sole problematiche territoriali che assumono rilevanza regionale, sia sotto il profilo strategico che temporale, individuando ambiti e sub ambiti di attuazione programmatica, di concertazione politica, istituzionale e tecnico - funzionale per i maggiori sistemi urbani e produttivi3.
L’articolazione in paesaggi identitari regionali è la premessa fondamentale per la formulazione degli obiettivi di qualità e per l’applicazione al territorio regionale delle strategie della Conservazione, dello Trasformazione Sostenibile e della Riqualificazione. Per ciascun paesaggio (al livello regionale e a quello di area vasta) il PPR definisce gli obiettivi di qualità paesaggistica identificando l’immagine più rappresentativa da mantenere; le strategie paesaggistiche dominanti e le linee guida di sviluppo sostenibile. La corrispondenza tra i caratteri di identità del contesto e le previsioni relative agli obiettivi di qualità determina la scelta delle strategie paesaggistiche e quindi delle politiche da attivare.
L’obiettivo della valorizzazione delle risorse storico-culturali e simboliche del paesaggio implica l’identificazione delle risorse esistenti, il recupero e la messa in valore del patrimonio storico culturale a rischio: come i beni architettonici, i siti archeologici, i nuclei storici. Ma anche l’individuazione e la valorizzazione dei segni evocatori dei principali immaginari simbolici di ciascun contesto: i siti archeologici; i luoghi della transumanza; i luoghi della memoria delle grandi bonifiche e i territori collinari del vino di qualità.
La tipologia di paesaggio dominante nella geografia delle conche e degli altopiani è il paesaggio degli altopiani montani, alle quote comprese tra i 1000 e i 1500 metri, i
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3 Ivi, p.25.
cui caratteri prevalenti sono dati dalle caratteristiche conformazioni geologiche e dagli insediamenti storici, densi di valori artistici e archeologici, oltre che culturali. La varietà e la ricchezza dei paesaggi degli altopiani è riconosciuta dal presente piano, insieme ai paesaggi collinari, come una delle risorse più significative per l’identità regionale. Le immagini dominanti degli altopiani e delle conche sono alternate a quelle fluviali, urbane, montane e vallive, e determina l’articolazione nei sei paesaggi identitari riconosciuti: Alta valle dell’Aterno; Altopiano di Navelli; Valle Peligna; Monti della Meta; Massiccio del Velino-Sirente; Valle Subequana.
Questa parte della regione è sede per i primi popolamenti d’Abruzzo, come nel caso degli Equi, insediati nella valle Subequana. L’economia prevalentemente agro-silvo pastorale è stata in passato il motore per lo sviluppo di numerosi abitati, alcuni dei quali di rilievo storico-artistico, oltre che per lo sviluppo della rete tratturale, che caratterizzava l’armatura territoriale di questo territorio.
Il paesaggio dell’Altopiano di Navelli è caratterizzato da un sistema di altopiani che separa i contrafforti meridionali del Gran Sasso dalla valle dell’Aterno e dal Sirente, e ospita centri d’arte e storia di grande interesse.
L’Altopiano di Navelli sorge in un territorio ricco di insediamenti di origine proto-storica ed ha costituito per secoli un posto-tappa sul tratturo L’Aquila-Foggia, come testimoniano le numerose chiese rinascimentali presenti nella piana. Il carattere dominante dato dalla geomorfologia è associato alla tradizione delle coltivazioni di qualità, in particolare dello zafferano4
La conservazione dei paesaggi rurali implica dunque la prescrizione di misure normative mirate a evitare il ricorso a sistemi di produzione incongrui rispetto ai valori del paesaggio riconosciuti. Ma allo stesso tempo implica la promozione di azioni di sostegno a quelle attività produttive che contribuscono al mantenimento del paesaggio agrario tradizionale;
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4 Ivi, p.39.
la previsione di incentivi per l’adesione a forme di agricoltura ecocompatibile (applicazione delle norme di buona pratica agricola).
Il P.P.R. è pertanto la base delle conoscenze per la valutazione di compatibilità (ambientale e strategica) dei piani e dei programmi con gli obbiettivi generali della regione, cui spetta il compito di darne approvazione o meno. E’ difatti indispensabile reimpostare la pianificazione tradizionale a prevalente valenza urbanistica, introducendo nuovi indicatori fondamentali per le analisi e le decisioni, quali appunto quelli stabiliti dal P.P.R. (la protezione dell’ambiente, il rispetto del paesaggio, la salvaguardia degli ecosistemi e lo sviluppo sostenibile), e introdurre pertanto il concetto di “Pianificazione ecologica” che considera la presenza dell’uomo e le attività antropiche parte integrante del paesaggio stesso5.
5 Cfr. Tano Paola, Ghianni Giovanni, Ippoliti Carla, Di Tullio Marilena, Pisante Michele, a cura di, L’ecologiadelpaesaggio:isistemiinformativigeograficinellapianificazione dellosvilupporurale , Chieti 2009, p. 2.
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451 7. IL META-PROGETTO
Questo capitolo chiamato “il meta-progetto” è dedicato al progetto grafico della strategia già precedentemente espressa nel capitolo 6.
In progettazione il metaprogetto, anche detto fase metaprogettuale, è l’attività progettuale di natura interdisciplinare, avente per obiettivo la gestione e l’indirizzo strategico del processo di transizione tra la fase di istruttoria del progetto (raccolta dei dati e analisi) e la fase di formalizzazione e sintesi dello stesso.
La fase metaprogettuale è sostanzialmente divisa in due fasi minori che noi abbiamo riassunto in due tavole:
1) TAVOLA ANALITICA: studio della Piana di Navelli.
La fase analitica, è una fase di analisi e ricerca di ciò che circonda in senso temporale e fisico e sociale, il progetto che si andrà a concettualizzare.
Nel caso di un oggetto di uso comune, per esempio, l’operazione non sarà limitata alla sola analisi del contesto nel quale l’oggetto viene collocato (per contesto si intende la tipologia di ambiente in cui verrà inserito, in quale situazioni, con quali requisiti di volumi e spazi, quali condizioni ambientali) ma anche della situazione sociale (gusti, usi, costumi e tradizioni ma anche avvenimenti storici che potrebbero condizionare l’inserimento del prodotto). All’interno di tale fase si analizza soprattutto il tipo di target (utente) verso il quale è indirizzato il prodotto, visto che anche all’interno di una stessa società, ci sono molte diversità fra i vari individui.
2) TAVOLA CONCETTUALE: strategia di riattivazione.
Nella fase concettuale si mette in pratica tutto ciò che si è analizzato nella fase analitica al fine di creare un oggetto quanto più vicino possibile agli obbiettivi prefissati. La fase è molto complessa e tiene conto in linea di massima di quasi tutti i vincoli produttivi ed economici ma anche quei vincoli legati a leggi fisiche e strutturali.
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Il Concept così realizzato è idoneo per passare alla fase esecutiva che darà luce ad un Prototipo, il quale può anche differenziarsi dal concept progettuale ma da esso sarà fortemente ispirato e in linea con il pensiero concettuale.
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1) TAVOLA ANALITICA: studio della Piana di Navelli.
La tavola si concentra sull’analisi conoscitiva dell’area di progetto a diverse scale:
1.1. Il sistema infrastrutturale in scala 1:10.000. Mette in luce il sistema infrastrutturale dell’area di progetto, per capirne l’accessibilità e la disponibilità a favorire la filiera agroalimentare e l’intera strategia di riattivazione.
1.2. Il sistema paesistico e ambientale in scala 1:10.000. Studia le ricchezze del paesaggio che ne rappresentano grandi potenzialità economiche e turistiche, come i parchi ai lati della piana, i monti, le emergenze storiche.
1.3. I caratteri urbani in scala 1:5000. Focalizza l’attenzione sui singoli borghi per evidenziare il centro storico e le successive espansioni residenziali verso l’esterno.
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2
1 3
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1) TAVOLA CONCETTUALE: strategia di riattivazione. La tavola consiste nel disegno della strategia di riattivazione della piana in scala 1:10.000. Per far ciò abbiamo innanzitutto fatto un confronto tra la situazione attuale (cioè le icone caratteristiche dell’analisi della RSV del capitolo 4) e la situazione futura della strategia da noi ipotizzata rappresentabile con delle nuove icone. Le icone sono divise fondamentalmente in due famiglie: quelle che riguardano gli interventi nel settore agricolo (la filiera agroalimentare) e quelle che riguardano invece il settore terziario (turismo, artigianato e patrimonio culturale).
FILIERA AGROALIMENTARE
PATRIMONIO CULTURALE
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auto elettrica bicicletta bicicletta amministra zione amministra zione monumenti botteghe artigianali botteghe gastrono miche albergo diffuso serra caseificio deposito punto vendita punto vendita
1
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CONCLUSIONI
467 8.
La definizione della strategia e del meta-progetto nell’area della RSV è il risultato di una riflessione che si muove contemporaneamente sui piani sociale, ambientale e gestionale dello sviluppo urbano. Come si è visto questi tre aspetti sono strettamente collegati tra di loro e le metodologie di pianificazione evolute prestano sempre maggiore attenzione alla loro interazione: si tende oggi a dare molta importanza alla fase di “design del processo”, in cui si scompone e si analizza il processo decisionale al fine di considerare le potenziali variabili in rapporto agli attori sociali coinvolti e costruire una serie di possibili scenari. Questa metodologia ha un’impostazione strategica ed è finalizzata ad affrontare delle problematiche complesse senza irrigidire il sistema pianificatorio. La ricerca condotta in questa sede è stata sviluppata utilizzando questo tipo di approccio alla pianificazione cercando di definire il rapporto tra società e sviluppo urbano.
La tesi difatti è però essenzialmente la sperimentazione di nuovo modello di sviluppo del territorio, capace di generare una crescita economica ecologicamente e socialmente sostenibile: lo scopo principale è dunque la riattivazione il più possibile duratura e ampliata di tutti i borghi della RSV. Ciò significa: - non concentrarsi singolarmente sui borghi con delle strategie specifiche a questi ultimi, ma sull’intera rete, con delle azioni ampie ce riguardano tutto il territorio. - operare sull’intero campo economico che raccoglie al suo interno i vari settori del turismo, dell’artigianato, dell’architettura, della gastronomia ecc. Perchè operare su uno solo di questi microsettori rischia un’attivazione temporanea e non duratura come è invece nostra intenzione.
Si tratta di un percorso virtuoso attraverso cui armonizzare i diversi settori della realtà locale in un modello di sviluppo compatibile con le esigenze sociali, economiche, culturali ed ambientali, attraverso la promozione di una bioeconomia innovativa, basata sulla tutela e la valorizzazione del nostro paesaggio, della nostra cultura, dell’ eccellenza della
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produzione locale e della tipicità dei prodotti del nostro territorio.
La nostra tesi pertanto analizza la possibile applicazione del nostro meta progetto, in pratica fornendone uno studio di fattibilità e proponendolo come base per una sua successiva concretizzazione e pianificazione architettonica.
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470
471 8.1 VALUTAZIONE E MONITORAGGIO
Il termine monitoraggio deriva dal latino monitor – oris, derivato di monere, con il significato di ammonire, avvisare, informare, consigliare1.
Il significato originario si è ampliato: dalla macchina all’intero processo, a tutta una struttura operativa, includendo in essa anche le risorse umane. Nel contempo il suo uso si è diffuso in tutte le discipline, sia tecniche che sociali, sempre con il significato generale di rilevazione di dati significativi sul contesto interessato.
La fase di monitoraggio è strettamente correlata alla fase di programmazione, in quanto la raccolta dei dati e delle informazioni influenza la conseguente programmazione e realizzazione di una strategia. E così è stato anche per la composizione della nostra tesi: difatti la pianificazione della strategia e del metaprogetto (capitoli 6 e 7), è derivata dall’analisi della RSV (capitolo 4) e delle sue criticità e punti di debolezza (capitolo 5).
In realtà la raccolta delle informazioni necessarie alla compilazione della tesi è stata parecchio difficoltosa: - il sito internet della regione Abruzzo www.regione.abruzzo.it ha spesso avuto problemi nella visualizzazione delle cartine. Abbiamo così chiamato in Regione esponendo il problema, il quale è stato così risolto nel corso di una settimana. Tutto ciò ha però causato un rallentamento del nostro lavoro, in quanto abbiamo dovuto effettuare le analisi sul foto piano da noi montato e recuperato da google.maps.
- l’ Assessorato alle Politiche agricole e di Sviluppo rurale, forestale, Caccia e Pesca della regione Abruzzo, non si è mostrato molto disponibile nel fornirci informazioni riguardanti i vari progetti che nel corso dell’attuale magistratura (2007/2013) hanno sfruttato gli investimenti sul settore agricolo stanziati dalla Regione tramite il Programma di Sviluppo Rurale: la giustificazione è stata la riservatezza di tali informazioni, che comunque
Grande
volume 13, p. 879.
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1
Dizionario Enciclopedico, UTET ,
sarebbero servite per avere dei paragoni con la filiera da noi proposta.
- Abbiamo inviato tre mail al sito della Regione abruzzese per richiedere il P.G.T. per le analisi territoriali del capitolo 7, ma non abbiamo ricevuto risposta.
- Nessun borgo, nonostante le varie richieste per mail e telefoniche, ci ha potuto fornire i files digitali contenenti le cartografie dei vari borghi: questo ha comportato un loro ricalco ottenuta dalle carte tecniche regionali numeriche in scala 1:5000 prese dal sito della Regione Abruzzo
Nonostante tali problemi burocratici non ci siamo arrese e la notra tesi è giunta a compimento.
473
474
475 9. BIBLIOGRAFIA
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