DESCAMINO
Direzione Scientifica
Antonio di Campli Camillo Boano
Comitato Scientifico
Francesco Chiodelli, Università di Torino
Ana Maria Durán Calisto, Yale University
Samia Henni, Cornell University
Catalina Mejía Moreno, Central Saint Martins, University of the Arts London
ISBN 978-88-6242-810-1
Prima edizione febbraio 2023
© LetteraVentidue Edizioni © Antonio di Campli, Chiara Nifosì, Antonio José Salvador, Camilla Rondot © Testi e immagini: rispettivi autori
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Progetto grafico e copertina Gaetano Salemi
Finito di stampare nel mese di febbraio 2023 presso Priulla Print, Palermo
LetteraVentidue Edizioni Srl via Luigi Spagna, 50P 96100 Siracusa, Italy www.letteraventidue.com
ANTONIO DI CAMPLI, CHIARA NIFOSÌ, ANTONIO JOSÉ SALVADOR, CAMILLA RONDOT
ECOLOGIE RURALI
— PRATICHE E FORME DELLA COESISTENZA
INDICE
RESISTERE ALLE CARTOGRAFIE VIOLENTE INTRODUZIONE RADICALIZZARE IL RURALE CAMILLA RONDOT CONSUMARE IL RURALE ANTONIO JOSÉ SALVADOR REGOLARE IL RURALE CHIARA NIFOSÌ POLITICIZZARE IL RURALE ANTONIO DI CAMPLI L’INVASIONE DEI GALLI A JAFFA 6 16 32 52 70 90
RESISTERE ALLE CARTOGRAFIE VIOLENTE
INTRODUZIONE
ANTONIO DI CAMPLI CAMILLO BOANO
Inquesto volume si è provato a ragionare sulla nozione di ruralità intesa come processo ontologico. I vari saggi presenti in questo volume, contengono riflessioni su soggetti, istituzioni, spazi e strutture del rurale, identificando alcune delle condizioni all’interno delle quali alcuni spazi rurali italiani oggi si definiscono e si modificano.
La ruralità è una condizione al tempo stesso delimitata e sconfinata, attiva e ricettiva, prodotta e produttiva. Rendere esplicita la consistenza politica e ontologica del rurale significa ridefinire il campo dall’interno del quale, come architetti e urbanisti operiamo, attraverso politiche, piani e progetti. Tale ridefinizione agisce, indirettamente, nella costruzione stessa del rurale, un “luogo” sistematicamente concepito come spazio da addomesticare, da proteggere o da sfruttare: uno spazio subalterno. Il rurale è luogo della consolazione, delle radici, della possibile innovazione ecologica. Oppure è una piattaforma produttiva, un’infrastruttura ambientale, produttiva, uno spazio del leisure. Quasi sempre è un oggetto inerte1.
Tale concezione dominante del rurale “cosifica” le relazioni e i processi di produzione e di riproduzione, astraendoli. Questa, a sua volta, permette al rurale di essere utilizzato per promuovere e giustificare particolari ideologie, politiche, progetti.
William Reynolds (2017) descriverebbe tutto ciò l’esito di concettualizzazioni cartografiche violente del rurale2. La cartografia qui non è intesa come una mappatura neutra ma come pratica che esercita pressioni reali sullo spazio, sui soggetti, fin sulla carne dei suoi abitanti, modellando esperienze, relazioni, immaginari, forme dei corpi. Reynolds definisce le cartografie violente come veri e propri “diagrammi” attraverso i quali si controllano oggetti e situazioni non addomesticate. Questa dinamica è violenta nella misura in cui i processi vengono osservati e ridefiniti come entità statiche. Il rurale diventa così una cosa, uno spazio solido e delimitato. Qualcosa che contiene ed esclude. Si può dire
1. Si veda in particolare: Mörtenböck Pieter, Mooshamer Helge, Platform Urbanism and Its Discontents. nao 101 publishers. 2021 e Evans David S., Schmalensee Richard, The New Economics of Multi-Sided Platforms: A Guide to the Vocabulary (June 9, 2016). SSRN Electronic Journal, Disponibile in: https://ssrn.com/abstract=2793021. Accesso il 23 settembre 2022.
2. Reynolds William, Rural place: Media, violent cartographies, and chaotic disruptions. In Reynolds W.R. (Ed.), Forgotten places: Critical studies in rural education (pp. 31-43). Peter Lang, 2017.
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A. DI CAMPLI, C. NIFOSÌ, A.J. SALVADOR, C. RONDOT
RADICALIZZARE IL RURALE
CAMILLA RONDOT
To try to understand the experience of another it is necessary to dismantle the world as seen from one’s own place within it, and to reassemble it as seen from his. [...] The world has to be dismantled and re-assembled in order to be able to grasp, however clumsily, the experience of another.
To talk of entering the other’s subjectivity is misleading. The subjectivity of another does not simply constitute a different interior attitude to the same exterior facts. The constellation of facts, of which he is at the centre, is different.
John Berger, The Seventh Man
Iltitolo di questo capitolo indica la volontà di esercitare un’attenzione specifica nei confronti di quei caratteri così detti radicali che connotano i territori rurali contemporanei. Le riflessioni proposte in questo contributo fanno riferimento, ed è bene specificarlo sin nelle battute di avvio, ai contesti rurali italiani, in particolare del basso meridione.
‘Radicalizzare’ ha la forma di un verbo che ha la forza di guardare in faccia lo spazio prendendosi carico di definire alcune categorie e di renderle esplicite all’interno di una ricerca in campo territoriale.
Opacità, conflitto, alleanze, protezione, produzione, potere, desiderio, soglie, orbite. Queste sono alcune delle categorie che verranno utilizzate in questa riflessione attorno al rurale per descriverne i caratteri e collocare con maggiore precisione l’indirizzo esplicito alla loro radicalizzazione.
Le note che seguono tentano di restituire un percorso concettuale circolare articolato fondamentalmente in tre momenti: Il primo che propone alcune riflessioni sui caratteri di un rurale ‘altro’ rispetto alle narrative tradizionali; il secondo che utilizza il territorio della Provincia di Foggia come strumento attraverso cui mettere in discussione alcune ipotesi costruendo e decostruendo cartografie della divergenza; il terzo che chiude il cerchio del ragionamento aprendo a possibili configurazioni progettuali per una ‘radicalizzazione’ del rurale.
Che cosa significa, dunque, radicale? Che prerogative sottende l’azione di radicalizzare?
L’ipotesi che sostiene le riflessioni di questo contributo è che i territori rurali che compongono il Tavoliere delle Puglie esplicitino con
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A. DI CAMPLI, C. NIFOSÌ, A.J. SALVADOR, C. RONDOT
Organizzazione dei campi coltivati e delle serre in Provincia di Foggia, agosto 2022. Foto: Camilla Rondot
Paesaggi rurali in Provincia di Foggia, agosto 2022. Foto: Camilla Rondot
Agricoltura periurbana. Parco Agricolo Urbano Ticinello. Foto: Antonio José Salvador.
processi speculativi edilizi2. Spazialmente, la sua figura è quella di una grande green belt pensata innanzitutto per proteggere un patrimonio di attività e pratiche agricole che caratterizzavano quei territori da secoli. Il volume di Ferraresi e Rossi3 intitolato, “Il Parco come cura e coltura del territorio. Un percorso di ricerca sull’ipotesi del parco agricolo”, riporta il percorso della progettazione e pianificazione del Parco Agricolo Sud Milano, descritto come prodotto della complessa relazione tra un denso palinsesto produttivo e particolari pattern insediativi diffusi. Il parco, per Ferraresi e Rossi, doveva rendere esplicita, dal punto di vista politico, l’acquisizione di una “coscienza del limite” della città, essere espressione della consapevolezza della limitatezza di risorse ambientali e della finitezza di un territorio che non può essere “ulteriormente consumato, distrutto” ma che “deve essere conservato, bonificato, costruito”4. La creazione del parco ha tentato di “restituire la complessità territoriale” che si era andata perdendo con l’affermazione di pratiche produttive intensive non più attente alla rigenerazione delle ecologie, dei suoli e legata ad un’“agricoltura (che) non produce più il territorio, semplicemente lo usa”5.
Dal punto di vista della riduzione del consumo del suolo agricolo, il Parco Agricolo Sud Milano è riuscito, in diverse situazioni, a contenere l’espansione urbana, ma non a contrastare forme di semplificazione ecologica ed economica che da tempo erano già in atto. Oggi il Parco è uno spazio complesso in cui pratiche produttive e del leisure si intrecciano con conflitti e contestazioni politiche senza un progetto, una visione strategica6. Il Parco Agricolo Sud Milano è molto presente nelle narrative delle amministrazioni milanesi per evocare uno specifico rapporto tra città e campagna e individuato come luogo in cui portare avanti una agenda e politiche dell’alimentazione, o Food Policy7 , spesso presentate come legacy dell’Expo 2015.
2. Il Parco Agricolo Sud Milano è stato legalmente instaurato attraverso la Legge Regionale 23 aprile 1990, n. 24. Istituzione del parco regionale di cintura metropolitana “Parco Agricolo Sud Milano”.
3. Ferraresi Giorgio, Rossi Anna, Il Parco come cura e coltura del territorio. Un percorso di ricerca sull’ipotesi del parco agricolo, Grafo, Brescia, 1993.
4. Ibidem.
5. Ibidem.
6. Vescovi Francesco, Proposte per il Parco Agricolo Sud Milano. Criticità e risorse dell’agricoltura periurbana, Ronca Editore, Cremona, 2021.
7. The Food System in Milan: Five Priorities for a sustainable development, Comune di Milano, 2018. Disponibile in: https://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2015/04/Milan_food_
A. DI CAMPLI, C. NIFOSÌ, A.J. SALVADOR, C. RONDOT
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CONSUMARE IL RURALE
una “forma metropoli”13 che, sostengono alcuni autori, è diventata una “negazione della città”14.
A nord di Milano, il territorio della Brianza centrale e meridionale ha assorbito gran parte delle dinamiche espansive della città, riconfigurandosi come un ampio territorio urbanizzato in cui gli spazi aperti sono ridotti a elementi protetti, e dove il territorio agricolo è quasi scomparso. Un esempio è il Parco GruBrià15, simbolo della resistenza all’edificazione di alcuni, pochi ettari, disposti a macchia, circondati con zone urbanizzate a bassa densità16.
La difesa dal consumo del suolo può essere condotta a varie scale. A volte le strategie più visibili sono quelle perseguite attraverso politiche a grande scala, però, spesso, le storie di resistenza più interessanti, nascono entro processi di auto-organizzazione, di mobilitazione civile dal basso. All’interno territorio del Parco Agricolo Sud Milano si trovano alcune realtà che ormai sono diventate vere istituzioni di presidio del territorio come Boscoincittà e il Centro Forestazione Urbana, o il Parco Agricolo Urbano Ticinello e il Comitato per il Parco. Tali enti, per decenni, anche attraverso azioni quotidiane, hanno avviato collaborazioni con attori e gruppi di abitanti locali per contrastare, già a partire fagli anni ’70 e ’80, alcune politiche di urbanizzazione promosse dal Comune di Milano, ad esempio, attraverso il programma “Piano Casa” e da alcuni colossi immobiliari attivi nella zona sud di Milano17-18.
accesso e lavoro nelle terre collettive e diventarono braccianti a servizio dei proprietari dei grandi latifondi.
13. Magnaghi Alberto, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.
14. Idem.
15. Il Parco GruBria è stato creato il 19 dicembre, 2019 dalla aggregazione dei due parchi PLIS (Parchi Locali di Interesse Sovracomunale) Grugnotorto Villoresi e Brianza Centrale. Si tratta di un progetto di 2.062 ettari promosso dai comuni di Bovisio Masciago, Cinisello Balsamo, Cusano Milanino, Desio, Lissone, Muggio, Nova Milanese, Paderno Dugnano, Seregno, e Varedo.
16. Il parco mira a rafforzare le pratiche agroforestali e preservare i vari canali e torrenti che lo attraversano e che fanno parte di un sistema idrico più ampio che parte dalle Alpi e raggiunge i laghi e i fiumi Ticino, Po e Adda e che alimenta un complesso sistema di irrigazione dei campi.
17. Ferraresi Giorgio, Rossi Anna, Il Parco come cura e coltura del territorio. Un percorso di ricerca sull’ipotesi del parco agricolo, Grafo, Brescia, 1993.
18. Comitato Parco del Ticinello. Parco Agricolo Urbano del Ticinello: Ticinello 25 anni di storia, Grafica 3B, 2015.
ECOLOGIE RURALI DESCAMINO 02
Residenze, strutture agricole e spazio pubblico. Frazione di Mairano, Comune di Zibido San Giacomo. Foto: Antonio José Salvador.
POLITICIZZARE
IL RURALE
ANTONIO DI CAMPLI
Signor Tweedy...? Che ci fa quella gallina fuori dal recinto? Galline in fuga, 20001
Iltitolo di questo scritto indica un movimento di opposizione ai processi di anestetizzazione e addomesticamento che connotano buona parte delle pratiche di progetto degli spazi rurali contemporanei. Esprime una torsione riflessiva rivolta all’esplicitazione di alcune dimensioni politiche della nozione di rurale, non tanto nei loro contenuti immediati, quanto nella loro potenza di riarticolazione delle possibilità di tali spazi e habitat.
La politicizzazione, secondo Walter Benjamin (1936), è innanzitutto produzione di un’immagine dialettica che tenta di irrompere entro processi e storie già scritte. Provando a farle esplodere. E che dalle sue macerie produce nuove possibilità per soggetti e situazioni subalterne2. Obiettivo, in termini ontologici, è trovare un nesso, una causa comune, con la crisi, già ampiamente discussa da Ernesto de Martino (1961), della “presenza rurale”, con la subalternità della condizione rurale. Una crisi che è anche “rottura dell’essere”, del soggetto rurale. E che molte cose rimarranno rotte perché è necessario imparare ad abitare la rottura, il fallimento, identificando condizioni per un progetto della coesistenza che operi attraverso condizioni di frammentazione, di oscurità, di opacità3.
1. Galline in fuga, [Chicken Run], diretto da Peter Lord, Nick Park, 2000, Glendale, CA, Dreamworks. Il film parla di una comunità fuggiasca di galline che rifiutano, resistono e si sottraggono alle richieste di “rigore”, “eccellenza” e “produttività” (Moten e Harney 2021). Durante lo svolgimento della narrazione la fuga fallisce diverse volte. Tuttavia, osservando i vari personaggi, si capisce come, in determinate circostanze, fallire, perdere, dimenticare, disfare, annullare, sfigurare, non sapere, possono essere modi di stare al mondo più interessanti, più collaborativi e alla fine anche più sorprendenti. D’altronde, fallire nel rispettare valori, consuetudini e desideri urbani, è una cosa che tanti soggetti rurali fanno e hanno sempre fatto incredibilmente bene. Godimento e militanza, dunque, nel segno del fallimento e, allo stesso tempo, della sottrazione ai meccanismi perversi dell’induzione al produttivismo negli spazi rurali. Si veda: Moten Fred, Harney Stefano, Undercommons. Pianificazione fuggitiva e studio nero, Tamu, Napoli, 2021 [2013].
2. Si veda: Benjamin Walter, 1936 (ORT), Das Kunstwerk im Zeitalter seiner techniscen Reproduzierbarkeit, in: Zeitschrift für Sozial forschung, Jg. 5, 1936 ed. it., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino: Einaudi, 1966.
3. Si veda: De Martino Ernesto, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore, Milano, 1961.
A. DI CAMPLI, C. NIFOSÌ, A.J. SALVADOR, C. RONDOT
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L’INVASIONE DEI GALLI A JAFFA
Quando i galli iniziano a cantare, Adam esce dei bar di Tel Aviv per tornare nella sua casa a Jaffa. Qui i suoi movimenti si incrociano con quelli dei pescatori arabi che prendono il mare all’alba. A volte, adesso, salpano assieme e col tempo ne è diventato il portavoce: per lui l’ebraico è la lingua madre, per loro quella del potere di un regime coloniale. Dalla finestra di casa Adam può intravedere i galli che attraversano i recinti dei giardini dei nuovi eleganti edifici residenziali o che, goffamente, provano a volare. Di sicuro sente bene i loro canti.
La parte di Jaffa in cui vive Adam ha i caratteri di un insediamento rurale. Si possono vedere cavalli sulla spiaggia e cani, pavoni o anatre lungo le strade. Le famiglie di Tel Aviv, che da qualche anno si stanno insediando qui, sono piuttosto infastidite da questa situazione. Si sono indebitate per acquistare appartamenti che costano in media circa 9000 euro al metro quadrato e sono alquanto maldisposti nell’accettare la presenza dei galli. Soprattutto se, come hanno scritto nelle petizioni al municipio, cantano al sorgere del sole (se non prima), razzolano ovunque e, a loro dire, possono risultare aggressivi. Il senso delle loro proteste è: «non abbiamo traslocato a Jaffa per vivere in un pollaio».
I galli sono diventati il simbolo di una contesa sul territorio. I nuovi residenti affermano: «Bande di galli seminano il terrore per le strade di Jaffa»; «Nessuno riesce a controllarli. Attaccano i bambini»; «È una vera e propria giungla qui fuori!».
Per molti dei nuovi residenti di Jaffa, il gallo sconvolge l'ordine e la loro concezione dello spazio urbano dal momento che attraversa facilmente le frontiere tra spazi privati e pubblici,
rendendo visibile la coesistenza tra lingue, tempi, pratiche e identità politiche differenti. Soprattutto, i galli esprimono una dimensione politica perché, in situazioni come quella di Jaffa, incarnano il conflitto tra urbanità e ruralità.
I galli non sono considerati esseri urbani, ma entità proprie del mondo rurale. A Jaffa la loro presenza, persistenza e diffusione riflette una volontà di resistenza ai processi di colonizzazione urbana. Il gallo è diventato simbolo di alterità: Jaffa non vuole essere addomesticata da Tel Aviv o dallo Stato. Il rifiuto ad assumere un’immagine pienamente urbana è così perseguito attraverso l’esaltazione di una ruralità animalesca.
Clifford Geertz nello scritto Deep Game: Notes on the Balinese Cockfight, afferma che le dispute attorno ai galli riflettono questioni di identità, di possesso, di conflitto tra valori e poteri. Mary Douglas, nel libro Purity and Danger, sostiene che sporcizia e impurità sono prodotte attraverso distinzioni culturali che contrassegnano oggetti, persone o animali, considerati fuori posto. Ad esempio, il cibo non è sporco di per sé, ma nel momento in cui, uscendo dai confini del piatto, cade sul pavimento, diventa qualcosa da rimuovere. Lo stesso vale per il suolo o la terra che calpestiamo: è naturale osservarla stando all’aperto ma non è assolutamente accettabile trovarne residui in casa dove diventa sporcizia.
A Jaffa le dinamiche del conflitto sembrano riguardare solo gli animali ma quello che lì si sta svolgendo è una battaglia esistenziale sullo spazio. È una lotta tra la Tel Aviv del nord e la Tel Aviv di Jaffa, tra ebrei e arabi, tra fango e asfalto, tra urbano e rurale.