Quaderno della ricerca #60

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CULTURA E SCUOLA

5.2. Generare architetture di qualità Benedetto Camerana Senza dubbio il tema del valore culturale dell’architettura contemporanea in Italia è un tema delicato proprio perché le nostre città costituiscono un territorio delicato. Nella relazione precedente la dottoressa Christillin ha parlato infatti di museo diffuso. È chiaro come sia difficile innestare elementi di architettura contemporanea in un “museo diffuso”: non è un’operazione priva di rischi. Ricordo un paio di episodi molto discussi e occasione di polemiche anche forti. Mi riferisco prima di tutto al portale d’ingresso alla Galleria degli Uffizi, per il quale era stato indetto un concorso internazionale vinto dall’architetto Arata Isozaki – un grande maestro giapponese – che è stato poi dibattuto e anche molto pesantemente. Analoga discussione si è avuta per il concorso bandito per realizzare lo Spazio espositivo nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Ho citato questi due esempi di punta, che non a caso riguardano alcuni dei più prestigiosi edifici di architettura rinascimentale, e quindi contesti in cui è per definizione difficile andare a inserire il contemporaneo. Ma queste situazioni estreme diventano un po’ un pretesto per sostenere che il contemporaneo nelle nostre città non funzioni e quindi per rafforzare un certo disinteresse verso il contemporaneo stesso. Questo atteggiamento negativo a priori si allarga però anche alla città moderna e novecentesca dove, invece, potremmo andare ad inserire progetti anche molto interessanti. Ho voluto focalizzare questo mio intervento sul caso dell’Arco Olimpico perché è uno dei pochi progetti di architettura contemporanea italiana (in realtà è prima di tutto un’infrastruttura) che nel marzo 2020 ha ricevuto, con Decreto del Ministero dei Beni Culturali, il riconoscimento, quindi la tutela, dell’importante carattere artistico che riveste.

Figura 1 - Il plastico del Villaggio Olimpico. © Courtesy Benedetto Camerana.

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