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Frontiere
L’editoriale del direttore
Frontiere
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Aldo AVALLONE
Torniamo dopo la pausa estiva con un numero dedicato alle “Frontiere”. Intese come limite, separazione, divisione ma anche come sfida da affrontare e superare in nome di un internazionalismo troppo presto dimenticato, proprio oggi che i problemi economici, climatici, dei diritti umani e non ultimo quello della pandemia, necessitano più che mai di un approccio globale. Le chiusure non pagano e i tanti, troppi, muri che sono stati costruiti in tutto il mondo rappresentano la risposta più inutile che una parte, purtroppo larga, dei governi cerca di dare a domande che, al contrario, richiederebbero risposte concordi e solidali. In primis le vaccinazioni: al 19 settembre, data in cui scrivo, solo il trentuno per cento della popolazione mondiale ha ricevuto due dosi di vaccino e appena il quarantatré per cento una dose. È superfluo sottolineare che la copertura vaccinale è avvenuta soprattutto nei paesi ricchi. Certo, si sono registrate numerose dichiarazioni di intenti da parte dei ministri della Salute nel recente G20 sulla
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sanità tenutosi recentemente a Roma, ma sappiamo bene che tra le buone intenzioni e i fatti esiste un oceano da attraversare.
A livello internazionale la crisi dell’Afghanistan ha monopolizzato l’informazione smuovendo, solo per un po’, le coscienze di noi occidentali colpiti dalle scene di assalti agli aerei e di donne costrette a soggiacere agli antichi riti vessatori dei talebani nuovamente al potere. Niente di più di uno sdegno momentaneo, una irritazione quasi fastidiosa che ha tolto la serenità al bagno di sole e all’aperitivo pomeridiano. È sempre accaduto e ancora accadrà. Agli americani andati via si sostituiranno i cinesi, con altre forme ma eguale spirito predatorio. Cosa possiamo farci? In questo caso la frontiera della nostra indignazione si è rivelata piuttosto labile e troppo facile da attraversare.
Nel nostro Paese, la ripresa autunnale si presenta difficile. Soprattutto sul piano del lavoro. Presso il ministero dello Sviluppo economico sono aperti oltre cinquanta tavoli su vertenze in diverse regioni e il governo dovrà discutere della riforma degli ammortizzatori sociali di cui, al momento, non si conosce nei dettagli il progetto. Il decreto sostegni bis ha istituito solo il contratto di rioccupazione per chi ha perso il lavoro a causa dello sblocco dei licenziamenti avvenuto il 30 giugno scorso ma, a fronte di una situazione che potrebbe diventare difficile, appare ben poca cosa il concedere la decontribuzione ai datori di lavoro privati al massimo per sei mesi.
Nel torrido agosto che abbiamo vissuto si è cominciato a discutere anche di una legge che contrasti le delocalizzazioni. Il ministro Orlando starebbe lavorando a un progetto che ricalca la “loi Florange” francese, varata da Hollande nel 2014. La norma prevederebbe che un’azienda prima di delocalizzare debba impegnarsi a trovare, nell’arco di sei mesi, un nuovo acquirente a cui, naturalmente, lo Stato concederebbe aiuti economici e fiscali per il subentro in cambio di garanzie occupazionali. Unica, e non trascurabile pecca di questo impianto legislativo, è rappresentata dal fatto che non sono previste sanzioni per l’azienda che vuole delocalizzare se non venisse trovato compratore. In Francia la “loi Florange” non ha ottenuto gli effetti desiderati, rimangono molte perplessità sul progetto di proporla in maniera molto similare nel nostro Paese. Occorrono misure ben più
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restrittive e penalizzanti per le imprese che “scappano” dopo aver ricevuto fondi pubblici.
Il caso Whirlpool, ma non è il solo, non si dovrà mai più ripetere.Diciamo che il lavoro non appare una delle priorità dell’esecutivo.
Come sappiamo la misura del salario minimo è stata cancellata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, provvedimento di progresso e civiltà che avrebbe difeso i diritti dei lavoratori meno garantiti e combattuto le forme più evidenti di sfruttamento.
E dal governo ci si attenderebbe anche e soprattutto un forte impegno nella prevenzione degli infortuni.
Questi ultimi mesi sono stati segnati da un triste e lungo elenco di lavoratori che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro.
Intanto dalle destre è già partito l’attacco frontale al reddito di cittadinanza.
Misura che ha mostrato limiti e potrà essere certamente migliorata ma che ha reso possibile la sopravvivenza a tanti nuclei familiari in periodo di crisi epidemica.
Ultimo “regalo” ai lavoratori da parte dell’esecutivo è il mancato rifinanziamento del fondo previso per pagare l’indennità di quarantena che non verrà più considerata malattia.
I lavoratori che entreranno in contatto con un positivo al covid 19 dovranno restare a casa, come per obbligo di legge, usufruendo delle proprie ferie.
Ma si corre un rischio peggiore: per non perdere i soldi, ci sarà chi non denuncerà affatto il contatto, con il reale pericolo di diffondere ulteriormente il contagio.
In questo caso la frontiera tra gli interessi dei lavoratori e quelli imprenditoriali è ben chiusa e Draghi e i suoi ministri ne sono cerberi attenti e rabbiosi.
Concludiamo, però, con una buona notizia.
Il governo, a cui quando riteniamo giusto non risparmiamo critiche, ha allargato l’obbligo di green pass a una vasta platea di lavoratori.
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Si tratta di una misura ampiamente condivisibile che mira a mettere in sicurezza tutti i luoghi di lavoro e, soprattutto, a dare slancio all’economia.
Al di là delle prevedibili e vuote proteste da parte dell’opposizione di Fratelli d’Italia, colpisce la spaccatura all’interno della Lega.
Di fronte all’appoggio dei ministri leghisti che hanno approvato il provvedimento, anche Salvini ha dovuto fare marcia indietro rispetto alla sua iniziale posizione concordante con quella della Meloni.
Sarà interessante seguire gli sviluppi di quel che accadrà in Lega soprattutto in proiezione dei futuri appuntamenti elettorali.
Su questo tema spiace dover evidenziare la posizione del sindacato che si è impegnato in una battaglia di retroguardia sul non obbligo di green pass in azienda. Si tratta, naturalmente, di materia delicata: occorre certamente che si vigili affinché le imprese non usino questa arma per discriminare i lavoratori e aumentare le possibilità di licenziamento ma appare sconcertante che i rappresentanti dei lavoratori non si battano per la sicurezza in fabbrica.
E la vaccinazione è la prima e più importante misura di salvaguardia contro la pandemia di covid 19.
Ultima annotazione.
In questo numero troverete il primo contributo di una giovane studentessa di liceo, Antonia Scivittaro.
Spero che non sia l’unico, in quanto intendo aprire una finestra sul mondo giovanile e su come i nostri ragazzi interpretano la difficile realtà che ci circonda.
Da tutti noi de l’Unità laburista un affettuoso “Benvenuto” ad Antonia.
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