l'Unità Laburista - Il successo d'una scelta - Numero 5 del 31 luglio 2019

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Numero 5 del 31 luglio 2019

IL SUCCESSO D’UNA SCELTA


Sommario 

L’EDITORIALE / Il successo di una scelta - pag. 3 di Aldo AVALLONE INCHIESTA / Yemeneide - pag. 6

di Umberto DE GIOVANNAN-

GELI

Two tribes - pag. 13 di Antonella GOLINELLI

Parla come magni - pag. 19 di Fabio CHIAVOLINI

La Sinistra è morta, viva la Sinistra - pag. 22 di Giovan Giuseppe MENNELLA

Quella sinistra autonomia - pag. 29 di Umberto SCOTTI DI UCCIO

Aiutiamoli a casa loro - pag. 32 di Antonella BUCCINI INCHIESTA / Arma locale - Capitolo Quattro: struttura e impatto dell’Holding Territoriale pag. 38 di Fabio CHIAVOLINI

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l’Editoriale

Il successo di una scelta di Aldo AVALLONE

Il 14 luglio scorso, di mattina presto, è stato pubblicato online il numero zero dell’Unità laburista. Una data scelta non a caso, anniversario di uno degli eventi storici che ha cambiato il mondo. Liberté, egalité, fraternité: è alla luce di questi ideali che un gruppetto di coraggiosi si è lanciato in una meravigliosa avventura che sta regalando risultati oltremodo lusinghieri. Non è il caso di sfoggiare finta modestia: sappiamo di realizzare un prodotto giornalistico di buon livello, sia in termini di contenuti sia a livello grafico, e le cifre ci dicono che il “numero zero”, senza alcuna pubblicità, ha raggiunto oltre ottomila e settecento persone che per interesse, curiosità o altro hanno cliccato sulle nostre pagine e letto i nostri articoli. I numeri successivi hanno visto l’accesso di svariate migliaia di lettori – in totale quasi ventunomila utenti unici – con un successivo dato che ci riempie di gioia: il tempo di permanenza sulle pagine è andato, lentamente ma costantemente, crescendo. Vuol dire che chi prima sfogliava solamente la rivista, leggendo magari un articolo, poi ne ha letti due e poi tre e così via. Un successo che ci regala forti stimoli per fare sempre meglio. Siamo nati con un obiettivo preciso: fornire spunti alla riflessione e al dibattito politico nell’ambito del variegato mondo della sinistra del nostro Paese. 3


Ambizione alta ma assolutamente necessaria. La nazione sta lentamente ma inesorabilmente sprofondando in un buco nero dove l’egoismo, la prevaricazione, la violenza verbale e fisica, l’ingiustizia sociale stanno prendendo il sopravvento. Mai come in questo momento servono voci alternative che si levino contro tutto questo. Siamo e continueremo a essere un luogo aperto, disponibili al confronto perché crediamo che solo con esso la Sinistra possa provare a risalire il baratro nel quale è caduta. Occorrerà tempo e pazienza. Ne siamo assolutamente consapevoli. Non ci tireremo indietro. Avremo la pazienza di Giobbe e ci prenderemo il tempo che sarà necessario. L’importante era partire e noi lo abbiamo fatto. Con questo numero la pubblicazione si prende una “pausa agostana”: riprenderemo le pubblicazioni tra un mese, il 30 agosto. Si tratta di una pausa breve ma indispensabile per consentirci di organizzare sempre meglio la testata e far sì che possa rispondere appieno alle esigenze di tutti. Nel fissarvi appuntamento a breve non posso non ringraziare tutti quelli che collaborano attivamente alla realizzazione dell’unità laburista e soprattutto coloro che ci seguono e leggono. Arrivederci al 30 agosto e buona estate a tutti.

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Inchiesta

Yemeneide di Umberto DE GIOVANNANGELI

Il Golfo Persico è al centro dell’attenzione internazionale. I riflettori mediatici si sono accesi sulle petroliere “silurate”, sui droni abbattuti, su accuse, minacce, esibizioni mediatiche muscolari tra Washington e Teheran. Ma video, accuse e controaccuse, stornano l’interesse sulla tragedia senza fine che si sta consumando, nel disinteresse complice della comunità internazionale in Yemen. Un disinteresse di facciata, dietro al quale si celano affari miliardari di armi vendute dagli Usa e da diversi Paesi europei, all’Arabia Saudita: bombe “made in Italy” usate per far strage di civili da parte della coalizione anti-Houthi (la minoranza sciita a sua volta armata dall’Iran). Guidata da Riyadh. Parlare di Yemen è un obbligo morale, prim’ancora che professionale, dando conto delle drammatiche denunce di quelle agenzie umanitarie che, eroicamente, continuano a operare sul campo. In Yemen una donna e sei neonati muoiono ogni due ore a causa di complicazioni durante la gravidanza o il parto, lo afferma l’Unicef nel primo di una serie di report sulla salute materna e infantile nel paese. Secondo Henrietta Fore, direttore generale Unicef: “Dare alla luce un bambino in Yemen può troppo spesso trasformarsi in una tragedia per intere famiglie. Decenni di sottosviluppo e anni d’intensi combattimenti hanno lasciato sull’orlo del collasso totale i servizi pubblici essenziali, compresa l’assistenza sanitaria fondamentale per le madri e i bambini.”. 5


La serie Childbirth and parenting in a war zone, mostra anche che il tasso di mortalità materna è cresciuto ampiamente dall’escalation del conflitto: da cinque madri al giorno che morivano nel 2013 a dodici al giorno nel 2018. Altri dati del Rapporto: una donna ogni duecento e sessanta muore durante la gravidanza o il parto; solo tre parti su dieci avvengono in strutture sanitarie; un neonato su trentasette muore nel primo mese di vita; una ragazza adolescente su quindici ha partorito tra i 15 e i 19 anni; 1,1 milioni di donne in gravidanza e che allattano hanno bisogno di cure per la malnutrizione acuta grave. L’accesso a servizi sanitari di qualità pre e post parto sono cruciali per la sopravvivenza di una madre e un neonato. In assenza di servizi adeguati e a causa dello scarso accesso e costi per il trasporto insostenibili, gli operatori sanitari delle comunità stanno presto diventando “l’ultima speranza” 6


per le donne e i bambini – soprattutto nelle aree remote, rurali e colpite dalla guerra. Tuttavia, anch’essi troppo spesso si trovano ad affrontare sfide come l’insicurezza e la mancanza di rifornimenti e trasporti. La metà di tutte le strutture sanitarie in Yemen non è operativa a causa della mancanza di personale, di rifornimenti, dell’incapacità di far fronte ai costi operativi o a causa di accesso limitato. Coloro che ancora lavorano devono affrontare gravi carenze di medicinali, attrezzature e personale e mettono a rischio la vita. Lavorando con i suoi partner sul campo, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia, sta supportando servizi di distribuzione di aiuti su base comunitaria e strutture sanitarie di base, con particolare attenzione alle cure continue prima e durante la gravidanza, vicino e dopo il parto, sia per la madre sia per il bambino. A livello comunitario, l’Unicef e i suoi partner sostengono anche le ostetriche e i volontari sanitari comunitari per la gestione dei casi di malattie dell’infanzia comuni e l’assistenza materna e neonatale a domicilio. L’Unicef invita tutte le parti in conflitto e la comunità internazionale a concentrare le risorse sulle comunità povere, emarginate e sfollate all’interno del paese; proteggere il sistema sanitario del paese, con particolare attenzione all’assistenza sanitaria di base; riprendere il pagamento degli stipendi degli operatori del settore sanitario e sostenere gli incentivi per il personale coinvolto nell’erogazione di servizi salvavita; sostenere e ampliare i programmi di protezione sociale sanitaria, come i trasferimenti di denaro contante per le famiglie vulnerabili e i buoni sanitari. Rimarca Fore: “L’assistenza prenatale e l’assistenza sanitaria qualificata al parto sono essenziali per la sopravvivenza sia delle madri sia dei bambini. Mentre il mondo celebra il trentesimo anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia, rinnoviamo il nostro appello affinché tutti i bambini – nello Yemen e altrove – godano dei loro pieni diritti alla salute, all’istruzione, alla protezione e alla pace”. 7


In questa sporca guerra, tutto è consentito: non esiste differenza tra miliziani in armi e popolazione civile. Nel mirino della coalizione a guida saudita, in guerra contro la minoranza sciita Houthi, sostenuta dall’Iran, sono entrati da qualche tempo ormai anche gli ospedali. Centinaia di strutture sanitarie in tutto il paese hanno smesso di funzionare a causa di attacchi aerei, bombardamenti, mancanza di forniture, finanziamenti o personale. Il crescente costo della vita ha reso estremamente difficile soddisfare le esigenze primarie per le famiglie, ha denunciato Medici senza frontiere (Msf) in un recente report. Msf ha ampliato le proprie attività per affrontare la mancanza di assistenza sanitaria e aiutare il crescente numero di vittime della guerra. Alla fine del 2016, l’équipe di Msf forniva direttamente assistenza sanitaria ai pazienti in dodici ospedali e sostenevano almeno altre diciotto strutture sanitarie. Nel 2016, più di 32.900 pazienti in strutture gestite o supportate da Msf hanno ricevuto trattamenti per violenza fisica intenzionale, comprese le ferite di guerra. Di questi pazienti, 15.800 sono stati trattati da équipe di MSF Grazie a quasi 1.600 collaboratori, tra i quali ottantadue operatori internazionali, il programma 8


di Msf in Yemen è, infatti, uno dei più importanti in tutto il mondo in termini di personale. A Sa’ada, le équipe hanno lavorato nei reparti di maternità, chirurgia e medicina generale e hanno fornito assistenza sanitaria e fisioterapia nell’ospedale di Al Jomhouri. Msf ha inoltre fornito assistenza in pronto soccorso e nel reparto di maternità dell’ospedale di Shihara, colpito da un missile nel mese di gennaio del 2016. Il centro sanitario di Haydan è stato colpito da un attacco aereo nell’ottobre del 2015 e Msf ha continuato a lavorare lì fino ad agosto 2016. A Hajjah, Msf forniva assistenza sanitaria salvavita nell’ospedale di Al Jumhouri nella città di Hajjah e gestiva il reparto di emergenza, il reparto ospedaliero, i reparti di pediatria e maternità presso l’ospedale di Abs, oltre ad eseguire interventi chirurgici in entrambe le sedi. Msf ha ritirato temporaneamente le sue équipe dai due ospedali dopo l’attacco aereo sull’ospedale di Abs il 18 agosto 2016, ma ha ripreso a lavorare nel governatorato di Hajjah nel mese di novembre. Msf ha anche aperto un centro nutrizionale terapeutico ad Abs all’inizio di dicembre 2016 e ha inviato altri casi complicati agli ospedali specializzati di Hajjah, Sana’a e Hudaydah. Msf ha inoltre svolto attività medica decentrata per le persone che vivono dentro e nei dintorni dei campi per gli sfollati interni nel distretto di Abs. Le équipe di Msf hanno fornito assistenza medica e servizi di salute mentale. Alla fine dell’anno, Msf ha inoltre ampliato il proprio sostegno all’unità di maternità dell’ospedale di Hajjah. Ad Amran, molte persone sono fuggite dal conflitto in altre parti del paese per stabilirsi nel governatorato relativamente tranquillo di Amran. MSF supporta l’assistenza sanitaria e gestisce sistemi di riferimento nell’ospedale di Al-Salam e in quattro centri sanitari. Dona anche attrezzature mediche e logistiche. Nel mese di maggio, Msf ha condotto una campagna per la cura della scabbia, fornendo assistenza medica, trattando gli indumenti con acqua bollente per liberarli dal parassita, e distribuendo sapone e altri articoli, al fine di migliorare l’igiene nei campi per sfollati interni di 9


Khamir e Huth. A Sana’a, Msf sostiene il reparto di pronto soccorso e la sala operatoria nell’ospedale di Al-Kuwait a Sana’a e dona forniture di emergenza agli ospedali di Al Jomhouri, Al-Thawra e Al-Sabeen. L’assistenza sanitaria maternoinfantile è una parte importante del lavoro di Msf presso l’ospedale di Al Sabeen.

Afrah Nasser, giornalista yemenita che gestisce il sito web Sana’a Review, dice a Marco Magnano, in un documentato articolo su Riforma.it, che la maggior parte degli yemeniti è troppo occupata con la sopravvivenza quotidiana per preoccuparsi delle politiche regionali. Dice Nasser, infatti, che: “Né i sauditi né gli iraniani sono nostri amici. A nessuno importa delle nostre vite e di tutto ciò che stiamo vivendo. Ma lo Yemen è il “cortile di casa” del Regno. L’Arabia Saudita ha sostenuto […] 10


tutti gli sforzi per raggiungere una soluzione politica alla crisi in Yemen, ma le milizie Houthi danno priorità all’agenda iraniana rispetto agli interessi del paese e della popolazione”, sentenzia il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman (Mbs per i media internazionali) in una lunga intervista rilasciata al quotidiano panarabo Asharq al Awsat. “Di recente abbiamo assistito all’attacco terroristico contro gli impianti petroliferi e l’aeroporto di Najran (Arabia Saudita), che gli Houthi si sono vantati di rivendicare. Ciò dimostra ancora una volta che queste milizie non si preoccupano degli interessi del popolo yemenita o di alcun processo politico per risolvere la crisi. Le loro azioni riflettono le priorità di Teheran, non di Sana’a”, sostiene Mbs.

Nessuno spiraglio per il dialogo, nonostante gli appelli alla moderazione e i piani di pace sfornati dall’Onu, le cartoline dall’inferno continueranno.

L’inferno in terra: lo Yemen.

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Cronaca e Politica

Two tribes di Antonella GOLINELLI

Da Albione seguo nei limiti del possibile la vicenda del carabiniere ucciso a coltellate. Partite da otto, un bel numero, leggo oggi siano undici. Sequenza velocissima per un'unica arma, portata, pare, in valigia da casa. Che poi prima o poi chiacchiero un po' delle misure di sicurezza dei voli. Utilissime come avrete potuto notare. Ma non oggi. Oggi commento gli effetti e i movimenti di varia natura scaturiti dal fatto di sangue.

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Partiamo dai twitt di ministri e parlamentari di destra che stigmatizzano l'origine dei violenti, venuti da chissà dove, a bordo di chissà quale natante abusivo. Scusate la parafrasi, ma è stata talmente repentina è brutale l'uscita contemporanea per indicare colpevoli che mi ha impressionato.

La volontà precisa di scatenare gli animi, le tifoserie avverse. Non era comunque vero niente. Nel frattempo sui social veniva giù il mondo. ...

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Si scopre che gli indiziati sono due nord americani, non nord africani, arrivati in aereo con arma al seguito, alloggiati al Meridien, alberghetto non proprio a buon mercato, quindi buona famiglia, bianchi. Se ho capito bene addirittura californiani. Giovanissimi.

La tempesta si placa.

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Sì, resta ancora qualche giustizialista di nicchia ma poca roba, che insinua insomma il sospetto che bene o male la faranno franca, con buona pace del servitore dello stato. Che poi anche questa espressione non è proprio bellissima. Servitore dello stato. Come se lo stato fosse un padrone che assolda servi. Anche di questo parlerò altrove.

Tutto pare procedere circa nella normalità delle indagini, quando ecco! Arriva lei! La foto del ragazzo ammanettato e bendato in caserma. Pubblicata ovunque, ribattuta da tutti, commentata da tutti. 15


Entrambi i fronti, le tifoserie, scatenate pro e contro. Un delirio. Alcuni di noi assistono attoniti al fiorire d’ipotesi retroscenistiche, alcune parecchio verosimili purtroppo.

I social si scatenano, i giornali pure. Si assiste allo strampalato fenomeno di persone che condannando l'azione divulgano l'immagine. Che uno dice: ma sei fuori come una grondaia (come dicono qui)? 16


Si assiste all'esercizio dell'uomo ragno, l'arrampicata sugli specchi, da parte delle forze dell'ordine e cominciano gli appelli al silenzio. Sia come sia l'autore dello scatto resta tuttora anonimo, benché si dica, forse in anticipo sui tempi, sia stato degradato e trasferito. Non si sa chi sia ma l'hanno già punito. Mah. Comunque, anyway, per circa tre giorni non si è parlato d'altro. Niente Bibbiano e bimbi tolti alle famiglie, niente Russiagate e rubli alla Lega, poco e niente sbarchi, un po' di crisi di governo giusto perché i NO TAV hanno compiuto un'azione di massa sul cantiere. Ah sì, di maltempo si è chiacchierato. Argomento quasi neutro che interessa tutti e provoca disastri e morti, sempre utili alla bisogna. Oserei dire tutto sommato una bella operazione di distrazione di massa, partita con un errore (forse) ma corretta in corsa piuttosto in fretta. Quello che impressiona è la solerzia con cui il pubblico attivo e passivo si fionda su fatti e opinioni espresse. Con quanta violenza ci si esprime. Impressiona anche, almeno me, la richiesta e la necessità di punizione dei colpevoli. Se sono negri è meglio, ma anche se americani sono meritevoli di punizione, nel caso un po' meno esemplari ma severe comunque. Certo è che la brutalità espressa da tanti a parole fa paura. E mi chiedo: questi, i più cattivi, i più beceri, i più violenti, se si ritrovassero con un briciolo di potere come sarebbero, come lo eserciterebbero? Baci da Albione 17


Politica e Cultura

Parla come magni di Fabio CHIAVOLINI

Riflessione breve ma secca. Gira una corrente di pensiero secondo la quale la Sinistra sarebbe troppo “inutilmente colta” e utilizzerebbe un linguaggio troppo ampolloso e “distante dal Popolo”. Per questa motivazione, sarebbe svantaggiata rispetto a Lega, FdI e M5S, che invece parlano una lingua “comprensibile al Popolo”. Non solo: ciò indicherebbe la natura intimamente radical-chic e “borghese” della Sinistra, incapace di scendere a livelli dialettici “tera-tera” e, quindi, insopportabilmente snob.

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Che dire? Dovremmo renderci conto, di fronte a quest’alta lezione, di quanto fossero irrimediabilmente radical-chic gli intellettuali del primo Socialismo, che andavano gratuitamente nelle fabbriche a istituire le “scuole popolari” per alfabetizzare le masse operaie; di come fossimo snob noi del Movimento Studentesco, con i nostri insopportabili corsi di preparazione e affiancamento alle scuole serali; di quanto fosse terribilmente borghese la scuola di formazione politica delle Frattocchie; di come fossero e siano inequivocabilmente prive di senso popolare le case editrici di Sinistra che continuano a sfornare libri di alto valore culturale; di quanto siano sempre stati irrimediabilmente distanti dal Popolo le inchieste e gli approfondimenti giornalistici; di come fossero compromessi dalla cultura borghese quei milioni di operai e proletari che hanno passato la propria vita a studiare Marx, Bakunin, Luxemburg, Camus, Gramsci, Sartre e compagnia cantante. Che stupidi e bolsi snob siamo stati, a pensare che una delle missioni della Sinistra fosse quella d’innalzare il livello culturale delle masse per permettere ai proletari di competere con i capitalisti nell’economia della conoscenza. Alla fin fine, per dialogare con il Popolo, bastavano Colpo Grosso, Il Tromba e La Gazzetta Dello Sport. In buona sostanza, secondo gli aedi di questo pensiero - tutti borghesi con laurea, master e posizione, tra l’altro - avevano sostanzialmente ragione Berlusconi e le sue tv. Ed essere di Sinistra, quindi, consisterebbe principalmente nel “parlà come se magna”. Scusa, Silvio: non ti avevamo capito. Hasta la Cicoria Siempre. 19


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Politica

La Sinistra è morta, viva la Sinistra di Giovan Giuseppe MENNELLA

“Bisogna ricominciare daccapo, però da un’altra parte” (Gyorgy Lukacs)

La globalizzazione dell’economia e le innovazioni tecnologiche epocali sul finire del XX secolo e poi la crisi economica mondiale nel primo decennio del XXI secolo hanno prodotto in occidente lo spaesamento di masse di popolazione, dei più diversi ceti, che si sono sentite emarginate economicamente e culturalmente Il loro malessere e la loro protesta non si sono espressi tuttavia in azioni collettive, come in passato, ma in una molteplicità d’insofferenze individuali, parcellizzate, foriere di potenziali e ormai attuali guerre tra poveri. E’ come se l’Angelus Novus, l’Angelo della Storia che in Walter Benjamin è visto come trascinato in avanti, verso il futuro, dal vento impetuoso del Progresso, si fosse trasformato nel nuovo Angelus, dell’interpretazione recente di Zygmunt Baumann, trascinato all’indietro dal vento del regresso, verso un passato mitizzato, di cui si recuperano i simboli e i miti di una celebrazione antimoderna e che guarda al futuro con paura, il terrore dei peggiori incubi delle masse, a cominciare da quello di non riuscire a garantire ai figli un livello di vita sufficiente Di qui la facile presa della propaganda delle destre politiche ed economiche, nazionaliste, populiste, leghiste se non, talvolta, esplicitamente neofasciste, su milioni di 21


persone, soprattutto tra i meno abbienti e i meno informati. Niente di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire. Infatti, la mente ritorna agevolmente agli sconvolgimenti successivi alla Grande Guerra che produssero l’affermazione del fascismo in Italia e a quelli conseguenti alla crisi finanziaria ed economica del 1929 che condussero alla presa del potere del nazismo in Germania. La Storia non si ripete uguale a se stessa, però tende a fare le rime e si potrebbe passare da un “ismo” all’altro. La tendenza della destra è colpevolizzare ed emarginare determinati gruppi di persone, minoritari e indifesi, per ottenere il consenso della maggioranza della popolazione, silenziosa ma ormai nemmeno più tanto. Con il motto “prima gli italiani” i colpevolizzati sono gli immigrati, ma sarà facile prendersela con le altre etnie e religioni, magari con le donne e, perché no, con gli omosessuali. Un’altra caratteristica della destra politica è quella di indulgere sottobanco alla commistione tra affari e politica. Però è giusto rimarcare che questa è stata in Italia una prerogativa anche della sinistra di governo che non le è stata perdonata dai suoi sostenitori ormai da tempo esasperati. La tendenza a colpevolizzare gruppi emarginati e a confondere affari e politica certo non configura la fine della democrazia rappresentativa ma ne costituisce un preoccupante punto di crisi. Ci s’interroga su quali siano state e siano le posizioni e le azioni della sinistra rispetto ai cambiamenti epocali. Cioè, i comportamenti politici e sociali degli esponenti democratici, progressisti, laburisti sono stati idonei ad affrontare le emergenze del nostro tempo e a contrastare le facili parole d’ordine dello schieramento 22


conservatore? Nel passato, soprattutto dall’inizio del XX secolo, i politici della Sinistra si sono ispirati alla tradizione progressista, a partire da Marx e dai suoi seguaci ed esegeti in poi, che faceva discendere il tessuto delle relazioni sociali, culturali, giuridiche, politiche dal tipo di economia che si fosse strutturata in una determinata epoca e in una determinata zona del mondo. Fino agli ultimi venti anni del XX secolo, l’economia è stata o liberista con il principale campione ideologico in Friederich Von Hayek e poi negli epigoni della scuola di Chicago Milton Friedman e c. oppure socialista, nelle due sottospecie del socialismo reale delle democrazie popolari dell’Est e del socialismo liberale con interventi proficui dello Stato alla Keynes. Il socialismo liberale, eventualmente unito alla dottrina sociale dei cristiani alla Codice di Camaldoli, ha avuto la sua età positiva e progressiva dalla fine della II Guerra Mondiale agli anni ‘70 del Novecento, agevolato in quegli anni dal grande sviluppo economico capitalista in occidente, con alti profitti e alti salari e riconoscimento di maggiori diritti ai lavoratori. E’ stata l’età del New Deal di F.D. Roosevelt e della New Frontier e della New Society di Kennedy e Johnson negli USA, del Welfare State in Gran Bretagna di Beveridge e Aneurin Bevan e, perché no, delle riforme del Centrosinistra degli anni ‘60 e ‘70 in Italia con Nenni, Moro e successori. Certo, qualche maligno come Eric Hobsbawm ha sostenuto, non del tutto a torto, che i miglioramenti erano stati adottati dal capitalismo perché voleva accreditarsi con un volto più umano, o meno disumano, per paura della Rivoluzione e del Comunismo. Però, poi, a partire dagli anni ‘80 è cambiato il ciclo politico ed economico, con il crollo dei regimi comunisti all’Est e l’affermarsi dell’economia liberista spinta alla 23


von Hajek, dapprima in Occidente e poi in tutto il Mondo, compresi gli ex Paesi comunisti, sull’onda dei cambianti tecnologici, finanziari e dell’avvento delle reti informatiche. Di fronte a questi cambiamenti epocali, gran parte dei politici e degli ideologi della Sinistra, non ha trovato di meglio che sostenere l’unico tipo di economia rimasta sul campo, quella del liberismo globalizzato. Hanno contribuito a smontare pezzi di Welfare State, a sostenere gli interessi di gruppi bancari, fondi sovrani, multinazionali planetarie che pagano poche tasse con l’aiuto dei paradisi fiscali. L’unica salvezza del mondo l’hanno anche loro riposta solo nella libera circolazione delle merci e degli strumenti finanziari, secondo i dettami del WTO, ma non degli esseri umani. Tale atteggiamento sarà stato anche comprensibile, ma non giustificabile in toto, all’indomani del crollo del Muro di Berlino e per qualche tempo da lì a venire. In quel torno di tempo si sarebbe potuto ben dire che “la Sinistra è morta”. Ma non è più giustificabile e tollerabile a XXI secolo avanzato e tantomeno oggi. Quindi occorre fare qualcosa, far rinascere modalità di azione innovative, per cominciare invece a dire “la Sinistra è vero era morta, ma, ora di nuovo, viva la Sinistra”. Cominciare anzitutto a dire “qualcosa di sinistra” come invocava Nanni Moretti, e poi cominciare a realizzarlo. Evitare di porre l’accento solo sui diritti umani e su questioni etiche, peraltro giusti, o su una generica esigenza di fare crescere l’economia, un’economia purchessia anche se ingiusta e predatoria, ma proporre provvedimenti capaci di alleviare il malessere economico-sociale ed esistenziale dei ceti impoveriti, meno abbienti e meno garantiti che, spinti dalla facile propaganda della destra, sono arrivati ormai a pensare che la sinistra si ostini ad aiutare solo gli immigrati e non anche gli italiani 24


poveri e sfruttati. Perché gli italiani impoveriti e pieni di problemi dovrebbero accettare gli immigrati, che suscitano la simpatia ideologica della Sinistra, se poi quest’ultima sembra non fare niente per loro? Ed ecco le guerre tra poveri di cui si sono avuti esempi recenti a Torre Maura e a Casal bruciato. La Sinistra può recuperare credibilità facendo proposte concrete per aiutare realmente la popolazione dei meno abbienti, delle persone in sofferenza, con un populismo buono, positivo, democratico, riportando la parola alla sua vera radice semantica, cioè prendere provvedimenti nel campo economico per diminuire il divario tra i meno abbienti e i più fortunati e garantiti. Una recente, interessante serie d’interviste condotte nelle periferie disagiate di quattro città italiane, trasfuse nel libro “Popolo chi?” a cura di Nicolò Bertuzzi, Carlotta Caciagli e Loris Caruso, ha dimostrato che c’è spazio e possibilità di intervenire con azioni positive perché gli abitanti delle periferie non sono per nulla impolitici, anzi hanno desiderio di politica, di associazione, di organizzazioni che orientino le masse e che si occupino dei loro problemi che, a differenza di quanto si potrebbe credere, non sono di ripulsa religiosa e razziale degli immigrati, ma riguardano le poche garanzie nel lavoro, la scarsità dei guadagni, i problemi della casa, della salute, la mancanza di spazi pubblici d’incontro per la discussione, la mancanza di coordinamento tra le varie associazioni pure presenti sul territorio e la necessità di un’azione collettiva coordinata. La priorità assoluta è dare risposte al problema del lavoro, in quanto non solo è scarso e, quando c’è, è pagato poco e male. Ecco qual è l’indirizzo da seguire da parte della Sinistra per la risoluzione dei problemi principali e il recupero di spazio politico. Fare poche proposte concrete che 25


acquisiscano la dignità di simboli, di parole d’ordine efficaci su cui compattare gli scontenti. Più redistribuzione delle risorse economiche a disposizione, più diritti del lavoro, più salario anche per i lavori umili e misconosciuti. I partiti politici che sostengono il Governo in carica hanno ottenuto moltissimi consensi facendo leva su poche concrete proposte, magari di carattere settoriale e corporativo, come le pensioni a quota cento, la flat tax, l’autonomia regionale e il reddito di cittadinanza. Qualcosa di simile dovrebbe fare la Sinistra, ma con obiettivi riguardanti campi e problemi più generali quali quelli esposti sopra, senza timore di adombrare magari un populismo di sinistra, perché “a un brigante si deve rispondere con un brigante e mezzo”, come diceva Sandro Pertini. Per esempio, alcune suggestioni alla rinfusa: 1) Un grande programma di edilizia popolare. Da decenni non si costruiscono o si ristrutturano case popolari a buon mercato ed ecco che prendono fuoco le guerre tra poveri, come a Torre Maura. Non dimentichiamo che l’INA Casa di Fanfani e Filiberto Guala è stato uno dei cinque pilastri della ricostruzione e del miracolo economico. 2) Abolizione dei ticket sanitari e comunque più risorse economiche alla Sanità pubblica; 3) Assunzione a tempo indeterminato dei precari della scuola, per favorire il tempo pieno per tutti gli studenti sul territorio nazionale. 4) Regolarizzazione di quanti più contratti di lavoro precari. 5) Una legge che regolarizzi l’immigrazione economica per lavori disertati dagli italiani, facendo lavorare le Ambasciate e i Consolati all’estero prevedendo permessi d’ingresso provvisori, come si sta facendo in Germania. Perché a immigrazione regolare corrisponderanno contratti di lavoro in regola, mentre a immigrazione irregolare corrisponde ora lavoro in nero. 26


Ma non basta limitarsi alle proposte di respiro concreto ma nazionale. Occorre pensare e agire più in grande, a livello planetario. Aderire a movimenti politici transnazionali per la libera circolazione degli esseri umani, per la lotta ai paradisi fiscali, per la tutela dell’ambiente, per la lotta ai combustibili fossili, per lo sviluppo delle energie pulite, per l’ottenimento di livelli minimi di garanzie giuridiche e salariali dei lavoratori in tutte le parti del Mondo, per leggi antitrust a livello mondiale che taglino le unghie allo strapotere delle imprese multinazionali e dei trust finanziari, come adombrato dalla candidata democratica alla Presidenza degli USA Elizabeth Warren. Se si comincia a immaginare di poter proporre e mettere in pratica tutto questo, o almeno una parte, ben si potrà pensare di aiutare l’Angelus Novus, l’Angelo della Storia, a invertire la rotta, a essere proiettato di nuovo in avanti dal vento del Progresso e ben si potrà dire non più semplicemente “la Sinistra è morta” ma invece, orgogliosamente “la Sinistra è morta, ma viva la Sinistra”.

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Politica

Quella sinistra autonomia di Umberto SCOTTI DI UCCIO

Marx non scrisse il Capitale per gli operai tedeschi; Che Guevara non rimase in Argentina. Gramsci, che tanto amava la sua terra, non fondò il Partito Comunista Sardo, né Spinelli il Movimento Federalista Laziale. Qualcuno si dispiace se estremizzo? La differenza tra l’Internazionale Socialista e il Nazionalsocialismo era tutta nel prefisso “inter”, che distingue “internazionale” da “nazionale”; perché fa una bella differenza puntare al benessere di tutti gli uomini, o al benessere di tutti gli Ariani (a discapito degli altri). Possiamo forse semplificare così: le radici della destra tengono insieme le realtà nazionali; quelle della sinistra si estendono a tutto il mondo. La destra è orientata a proteggere e sottolineare le identità, la sinistra a stemperarle. La destra sottolinea le differenze, la sinistra punta alle uguaglianze. Ma ora veniamo al concreto, perché ci piace prendere le questioni alla larga, ed è pure divertente, ma poi si devono rimettere i piedi a terra: torniamo seri e parliamo delle autonomie in Italia. Abbiamo alcune Regioni a Statuto Speciale e una Provincia Autonoma; poi abbiamo tre Regioni molto orientate a chiedere grandi margini di autonomia, e altre che forse potrebbero accodarsi, anche se più lentamente. La domanda è secca: da sinistra, che posizioni tenere su questo tema? Ahimè, nonostante l’introduzione così alta, che prefigura una condanna tombale, non ho una risposta facile. Provo a salvarmi in corner con una piccola lista di spunti di riflessione.

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1. I progetti autonomisti delle Regioni Italiane hanno almeno due obiettivi: identificare formalmente alcune comunità locali e aumentarne l’indipendenza dallo Stato centrale. Non credo che i padri fondatori che ho su menzionato approverebbero un programma che mira a separare, piuttosto che a unire; non sembra per nulla una cosa di sinistra. Per esempio, pensiamo alla Scuola. Gli autonomisti premono per controllarne tanto la struttura (dagli edifici alle risorse umane), quanto i programmi (principalmente per adattarli al tessuto produttivo locale). Il motivo manifesto è: “Noi sappiamo amministrare meglio ed è giusto che ce la vediamo per conto nostro”; ma quello più profondo è quest’altro: “Vogliamo differenziare e demarcare la cultura del nostro popolo”. Potremmo chiuderla con una battuta: in tempi di globalizzazione culturale, questo è un progetto anacronistico. Ma qui è più importante dire un’altra cosa: è un progetto di destra! Non possiamo lasciar correre: in giro c’è gente con le traveggole che parte dalla Scuola e arriva alle conseguenze estreme, parlando apertamente di differenze etniche e antropologiche, ma pensando in cuor 29


proprio alla razza.

2. Gli autonomisti italiani sostengono di non essere egoisti, ma solo antistatalisti. Il più importante avallo all’antistatalismo, ricordiamolo, è venuto però dalla sinistra: fu D’Alema, con la modifica del 2001, a introdurre nel Titolo V della Costituzione l’autonomia legislativa e finanziaria delle Regioni. Più di recente, la sinistra interna ed esterna al PD si è schierata contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi, che (tra le altre cose) puntava a ridefinire in modo restrittivo i poteri delle Regioni. E venendo alla cronaca, la Regione Emilia-Romagna del renziano Bonaccini è tra quelle spiccatamente autonomiste. Insomma, sembra che sul piano politico la sinistra italiana, almeno, ondeggi; e che certo non possa puntare il dito contro gli egoismi di destra, giacché in molti casi li condivide.

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3. Il terzo livello è ancora più sottile. La sinistra ha appoggiato storicamente i movimenti di liberazione dei popoli, ed è cosa buona e giusta. In alcuni casi, però, i temi della “liberazione” si sono stemperati in quelli dell’autonomia. Prendiamo ad esempio il caso della Catalogna. L’indipendentismo Catalano fu legato all’antifascismo, fu antifranchista, e fu ovviamente sostenuto dai Partiti Comunisti. Forse su questa base, parte della sinistra italiana è stata infiammata dall’indipendentismo di Puigdemont (che oggi riveste il ruolo davvero unico di Europarlamentare in esilio), sbracciandosi a sostenere il diritto di autodeterminazione dei popoli. Peccato che nel frattempo la Spagna sia diventata un Paese democratico ed europeo e le ragioni dell’indipendenza siano scivolate dalla libertà personale a quella di godersi i vantaggi di un’economia più forte della media nazionale. Anche in questo caso la politica ha portato la sinistra in un cul de sac: perché mai dovremmo dire “Catalogna sì e Nordest italiano no”? Fortuna che c’è Agosto alle porte: c’è tempo per pensarci su. 31


Satira

Aiutiamoli a casa loro di Antonella BUCCINI

Stazione centrale, piazza Garibaldi, Napoli. Sollevo lo sguardo sul cartellone: Napoli Torino Freccia Rossa Mille. Mille? Sarà un valore aggiunto mi dico. 10 minuti di ritardo. No, non è un valore aggiunto. Non perdo di vista la schermata, magari viene fuori il binario, diventa magicamente puntuale ed io perdo il treno. BINARIO 18, 15 minuti di ritardo. Sistemo la borsa, il cappotto, abbasso il ripiano, apro il giornale, flirto con il supplemento che conservo per dopo. La carrozza è quasi vuota: un’anziana due file più avanti, due ragazzi con le cuffiette di lato. Nessun bambino! Una buona notizia. Al quattordicesimo minuto di ritardo, in anticipo quindi, il treno parte. «Recupera, recupera - mi dice l’anziana mentre si avvia al wc - non si preoccupi». Le sorrido rassicurata come se le avessi chiesto consiglio. Abbasso lo sguardo chiudo le comunicazioni mi lancio nella lettura della prima pagina. Ius soli. “Abbiamo sbagliato tutto” tuona il Senatore. “In che senso, mi scusi” chiede il giornalista allarmato. “Sì sì, lo confermo, dovevamo approvare lo ius soli". "I migranti non erano un’emergenza” replica il Senatore. “Ma lei era il segretario del partito, avrebbe potuto…” suggerisce il giornalista. “Ma cosa dice” s’infervora il Senatore. Giro la pagina altrimenti m’innervosisco. “ La tolleranza va estirpata, dobbiamo salvare la nostra razza bianca” titolo a tutta pagina, intervista al Governatore.

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Stazione di A- F- R- A- G- O- L- A scandisce la voce della signora Trenitalia. E poi aggiunge tenete bassa la suoneria, potrebbe infastidire gli altri viaggiatori. Siamo partiti da 10 minuti e già ci fermiamo? Afragola? Mi guardo intorno. Sbircio dal finestrino. Un’ala in cemento ci viene incontro. Mi viene in mente un articolo letto tempo fa. Zaha Hadid: l’architetta iraniana che ha fatto il progetto. Forse il nulla che gira intorno a quella forma sinuosa è premeditato, forse sta lì per esaltare l’opera come un’installazione artistica? Non ci sono passeggeri in attesa né sembra ce ne siano in arrivo. Una sosta d’obbligo. Poi mi ricordo che è stata inaugurata più volte, che indaga la magistratura, che il primo bar è a due chilometri, che non c’è un’area per i taxi né un parcheggio per le auto. Mi ricaccio nel mio giornale: Gazzettino lombardo, politica regionale. Non mi ac33


corgo subito che qualcuno è salito alla stazione di Afragola, non lo avevo proprio previsto. Si siedono di fronte a me. Uno ha gli occhiali da sole a specchio, una quarantina d’anni, la camicia aperta di almeno quattro bottoni, (ma fa freddo!) una catenina d’oro con una piccola croce. L’altro, più vecchio, un pantalone di una tuta che si allarga seguendo una pancia tonda tonda, un giubbino su una maglietta, una catena d’argento, braccialetti tutti uniti al polso, un anello con la pietra nera. Ogni tanto sollevo lo sguardo dal mio giornale, mi chiedo come fa Occhiali a specchio a non sentire freddo. Poi ritorno a leggere, dunque… razza bianca… «Nunzio, Nunzioooooo, mi sient????... Nunziooooo, ca un ci sta camp! Sto trasenno rint a na galleria… Nunzioooo» Braccialetti si agita al cellulare ed io lo osservo senza riserve, convinta che si renderà conto… che… «Nunzioooo», Nunzio non sente, cazzo. I ragazzi di lato hanno le cuffiette, la signora due file più in là magari ha l’ipoacusia (ma non l’avevano diagnosticata anche a me?). Occhiali a specchio figuriamoci se reagisce. Anzi armeggia anche lui con il cellulare. Oddio!

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«Mario, sì Mario, stamm ienn a Roma, sì sì a Roma, iamm a parla’ co’ sottosegretario, sì, sì Mario, proprio iss» Gesù, con la tuta e le catene con il sottosegretario? Passo al supplemento. Il fermento a Napoli. Il fermento culturale. Napoli città europea. «Mario, stamm a sentì, e’ cozze nun e putimmo mettere sotto a Baia, Hamma verè si ci ranno a concessione, là ci sta o castello, mo’ parlammo pure e chest, poi ce purtamm na bella spasella e’ pesce» e ride Occhiali a specchio, come Jonathan in Shining quando scrive “il mattino ha l’oro in bocca”. Vorrei parlare con la signora Trenitalia che ha invitato a tenere le suonerie basse. Vorrei dirle che non basta. Deve chiarire bene, non tutti hanno capito. Occhiali a specchio e Braccialetti se ne fottono. Mi agito sulla poltrona ma non faccio rumore. M’ignorano. Appoggio la testa ma ricordo improvvisamente che i poggiatesta sono più sozzi della tavoletta del cesso. Mi sollevo di scatto. Passa il carrello del bar. “Dui caffè” chiede Braccialetti, poi mi guarda, “signò o vulite pure vui?” “No, no grazie”, rispondo timida. Arriva il controllore. Magari interviene. Osserva i biglietti, il mio, i loro, lo sguardo spento. “Ce vulesse na bella sigaretta” dice Occhiali a specchio. Sì, sarebbe perfetto, penso. Riprendo il giornale, apro le pagine stizzita, ma sono evidentemente trasparente. Ritorno a “razza bianca”. «Allora Presidente che ne pensa della riduzione dei flussi nel mediterraneo?» «E’ una buona cosa, sa. Restano dalle loro parti, non fanno danni». «Certo ma i rifugiati, quelli che fuggono dalla fame, dalla guerra…» «Non facciamo confusione, giovanotto. Un conto è fuggire dalla fame, un conto è fuggire dalla guerra». «Sì, ma sono comunque dei disperati» «Non dica sciocchezze. Per la fame ci si può sempre arrangiare… prenda i napoletani ad esempio, ne hanno fatto un’arte». «E la guerra?». 35


«Quella finisce, giovanotto. Guardi l’Italia, il boom economico, la seconda guerra mondiale è stata un volano. Piuttosto vorrei introdurre un altro argomento». «Quale Presidente?». «Le molestie». “Cosa c’entrano con l’immigrazione?”. «C’entrano, c’entrano. Tutti i negr… i neri hanno un affare considerevole». «Ma no, Presidente che dice?». «Dico che con quell’affare….stuprano le nostre donne. E’ vero che con quelle dimensioni sono quasi costretti. Il testosterone sa... Ma non è tollerabile». «Quindi in conclusione vanno aiutati a casa loro?». «Si assolutamente. Dovrebbero valorizzare le loro qualità». «Ad esempio?». «Lo sanno tutti che hanno il ritmo nel sangue!». Occhiali a specchio ha tirato fuori un temperino e ha iniziato a pulirsi le unghie Piego il giornale, chiudo gli occhi e mi arrendo al poggiatesta.

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Il Presidente tutto vestito di bianco balla con occhiali a specchio e braccialetti al suono di una rumba nella grande sala di un castello sul mare (Baia?). ... Ritmo, ritmo incita Occhiali a specchio. ... Su un lungo tavolo un buffet: cozze a gratin, soutè , crude, ripiene, lessate… ballano anche loro aprendo e chiudendo le valve. ... Nunziooooo! ... “Un due tre stella!” ammonisce il Presidente a un certo punto. ... Tutti si bloccano. ... Corro come una forsennata per i corridoi del palazzo e urlo disperata a tutti quelli che incontro: «Chiudete le porte presto, fate presto, aiutiamoli a casa loro!» . ... ... ... Mi sveglia la signora Trenitalia: stazione termini, arrivo con 20 minuti di ritardo. Si scusa la signora Trenitalia per il disagio. Cerco l’anziana due fila più in là per discutere del suo incomprensibile ottimismo.

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Inchiesta

Arma Locale – Capitolo quattro. Struttura e impatto dell’Holding Territoriale di Fabio CHIAVOLINI

Elementi costitutivi dell’Holding Territoriale Due realtà oggettive devono essere considerate, nella descrizione del modello: - gli attori, i nodi della rete (ovvero chi ne fa parte), cosa fanno oggi e quale ruolo rivestono nel modello; - la dinamica del modello, in altre parole come gli attori debbano giocare il loro ruolo. Come vedremo, il modello comporta la presenza di reti e pur credendo, come sostenuto da Burt, che i comportamenti e le prestazioni di un sistema a rete “non debbano essere spiegate in base alle caratteristiche osservabili, dei singoli attori che ne fanno parte ma piuttosto essere ricondotti alle forze causative innescate dal sistema di nessi e relazioni che lega gli attori tra loro”, partiremo dagli attori per poi indicarne la dinamica.

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Il quadro programmatico degli interventi La normativa deve disegnare un sistema di programmazione, promossa dalle autonomie locali con: piani di sviluppo; programmi di attuazione degli interventi programmati, con il coinvolgimento del sistema delle autonomie locali, degli operatori e dei cittadini.

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L’obiettivo è di operare in un quadro di: partenariato e programmazione negoziata; integrazione di risorse pubbliche e private; continuità e stabilità dei rapporti tra le parti. Le parti coinvolte sono: Enti locali Territoriali; Cittadini; Enti gestori di risorse immobiliari, ambientali e culturali a impatto economico; Operatori dei settori economici; Sistema del credito. In tal quadro, gli Enti di governo del Territorio favoriscono: la progetto del Sistema Territoriale; la costituzione di Holding Territoriali responsabili della governance di sistema; l’accreditamento dei progetti, validandoli; l’accesso al credito, attivando strumenti articolati di facilitazione; la strutturazione delle società veicolo, supportandole anche tramite un sistema finanziario sostenibile.

Il quadro finanziario di riferimento L’attuale situazione del sistema per gli incentivi alle imprese è caratterizzata da una sempre più scarsa dotazione di risorse e collocato in una prospettiva di nuova contrazione delle disponibilità. Si rende necessario, pertanto, programmare un utilizzo delle risorse pubbliche (anche immobiliari) in questo momento disponibili e destinate all’agevolazione del settore, in forma molto selettiva e mirata a progetti con il massimo: impatto di risultato; coinvolgimento di risorse private; effetto leva. In particolare, è fondamentale l’apporto: del Sistema Territoriale, quale sponsor dei programmi/progetti d’intervento; del sistema degli Enti Pubblici, quale soggetto

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agevolante e facilitatore della bancabilità dei progetti; del sistema bancario, quale principale soggetto finanziatore; del sistema delle garanzie. Il quadro della strumentazione tecnica deve consentire un’adeguata flessibilità degli strumenti, tale da adattarsi alla struttura organizzativa e gestionale degli stessi, struttura che potrà essere molto differente, di caso in caso. Le grandi tipologie degli interventi possono dividersi in: a) finanza strutturata - interventi di realizzazione e gestione d’investimenti d’interesse pubblico; - costituzione di Fondi Immobiliari Territoriali, con la partecipazione di enti locali, soggetti pubblici locali, investitori privati e investitori istituzionali; - emissioni e collocamento di Fondi di Azionariato Popolare, da parte dei Fondi Immobiliari Territoriali, finalizzati alla realizzazione di specifici progetti (con la partecipazione di soggetti pubblici locali, soggetti privati imprenditoriali, investitori); - creazione di Finanziarie Territoriali, con successive eventuali cartolarizzazioni dei crediti finanziari; - generazione di Merchant Bank Territoriali. b) finanza tradizionale a medio termine. L’apporto degli Enti Pubblici si concreta in: canalizzazione delle risorse conferibili; costituzione di Fondi per la partecipazione in società di sviluppo; costituzione di Fondi Immobiliari Territoriali; costituzione di Finanziarie Territoriali. L’apporto del sistema Regionale si concreta in: interventi di garanzia tradizionale; fondo centrale di garanzia. L’apporto del sistema bancario si concreta in: partecipazione al capitale delle società veicolo; asseverazione dei progetti; finanziamento, emissione e collocamento 41


di titoli; operazioni di finanza straordinaria per gli Enti locali, per favorire la massimizzazione del profitto derivante dal conferimento delle risorse.

Flusso operativo: principali fasi dell’intervento dell’holding territoriale L’Holding Territoriale favorisce la produzione e la conservazione del valore sul Territorio, a condizione di: presentare al Territorio un’offerta completa e sinergica, massimizzando impatto e ritorno in termini di ricavi e profitti; “parlare la lingua” del Territorio, partendo dalle necessità di efficientamento di servizi e infrastrutture, precondizione per la soluzione dei problemi per l’imprenditoria locale e l’offerta integrata al mondo delle imprese (conseguendo: maggiore supporto allo sviluppo imprenditoriale; efficientamento dello sforzo produttivo e commerciale, con maggiori ricavi e profitti per le aziende; riduzione del rischio bancario legato al credito e al sostegno alle imprese, dovuto allo “stato di salute” del sistema imprenditoriale; identificazione dell’Holding Territoriale come partner “demiurgico” dello sviluppo del Territorio, con benefici d’immagine e acquisizione di quote di mercato); essere partner di progetto, fornendo alle Comunità locali capacità progettuali (con 42


l’utilizzo di risorse umane a elevata professionalità; aiutando le Comunità locali a definire i propri bisogni d’infrastrutture e strumenti per lo Sviluppo Sostenibile del tessuto imprenditoriale; favorendo la comprensione del mercato ai decisori pubblici, legando gli interventi infrastrutturali ed economico-finanziari a obiettivi di Sviluppo Sostenibile, così massimizzando il vantaggio per il Territorio); accompagnare il Sistema Territoriale nel rapporto con gli Enti (Provincia, Regione, PAC, Associazioni di categoria); operare come advisor del Sistema Territoriale nella ricerca di partner, per sviluppare iniziative imprenditoriali e potenziare quelle esistenti. Il processo d’intervento sul Territorio, concordato e coordinato con i players territoriali, prevede le seguenti fasi: Scouting (scouting di potenziali driver di Territorio; verifica delle capacità progettuali degli interlocutori); Deal (definizione di progettualità, linee d’intervento e plafond finanziari); Follow up (Attivazione di tavoli di collaborative planning; Valutazione, validazione e presentazione progetti); Fall out (Generazione di finanziamenti; Misurazione e verifica).

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Il ruolo dell’Holding Territoriale Che ruolo spetta all’Holding Territoriale, in definitiva, e quali compiti? L’Holding Territoriale si configura come centro di governance delle attività economiche e di Sviluppo Sostenibile del Territorio. Tale compito è svolto sia coordinando l’azione degli attori nella generazione e diffusione di valore nel Territorio, sia ponendo a fattor comune tutti gli assets (materiali e immateriali) di Territorio. Naturalmente, per un’efficacia dell’azione dell’Holding Territoriale serve garantire l’applicazione di tempi, metodi e regole improntate all’eccellenza e, ancora di più, favorire il coordinamento delle funzioni aziendali evolute per le PMI locali. In questo modo, l’Holding Territoriale costituisce una “camera di compensazione” tra le istanze nazionali, locali e “locali-locali”, consentendo di coordinare le attività strategiche secondo le priorità del Territorio e degli attori. Il tutto porta a un aumento della capacità di produrre Sviluppo Sostenibile. Naturalmente, la presenza dell’Holding Territoriale muta il quadro di riferimento e l’operatività degli attori coinvolti nel modello. E, infine, l’Holding Territoriale necessita di braccia operative: andiamo a conoscerle.

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Il “Primo Quadrante” dell’Holding Territoriale: L’Agenzia per lo Sviluppo Sostenibile L’Agenzia per lo Sviluppo Sostenibile, nel modello di Holding Territoriale, diventa una sorta di “intelligenza applicativa del Territorio”: è uno strumento di coordinamento delle politiche di sviluppo Territoriale e un veicolo d’investimenti; è un veicolo per il coordinamento operativo delle attività strategicamente teorizzate dall’Holding; è uno strumento per l’ottimizzazione della gestione dei progetti; è un’interfaccia operativa con i partner; è uno strumento di generazione e acquisizione di buone pratiche; è uno strumento di concretizzazione delle strategie dell’Holding; è un centro di servizio per le PMI del Territorio. È necessario valutare il tema della partecipazione del sistema bancario nelle Holding Territoriali e alle Agenzie di Sviluppo Territoriale. La proposta è: creare un fondo interbancario dedicato alle partecipazioni nelle sole Holding Territoriali e Agenzie per lo Sviluppo Sostenibile.

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Il “Secondo Quadrante”: il Fondo Immobiliare Territoriale Il Fondo Immobiliare Territoriale è la “cassaforte del Territorio”: è il fondo immobiliare dei beni pubblici (alienabili e, con le dovute precauzioni, inalienabili) e dei beni privati “strategici” per il Territorio; è uno strumento di coordinamento delle politiche immobiliari; è un veicolo per il coordinamento operativo degli interventi strategicamente definiti dall’Holding Territoriale; è un tool per il reperimento di fondi per le attività economiche definite, tramite l’emissione obbligazionaria e la messa a profitto degli immobili; è un’interfaccia operativa con i partner finanziari; può fungere da strumento di garanzia per la Finanziaria Territoriale; è un supporto alla concretizzazione delle strategie dell’Holding Territoriale.

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Il “Terzo Quadrante”: la Finanziaria Territoriale La Finanziaria Territoriale è uno “strumento per il finanziamento e la facilitazione delle micro/piccole imprese”: è uno strumento di coordinamento delle politiche di finanziamento delle PMI del Territorio; è un veicolo per il coordinamento operativo degli interventi strategicamente definiti dall’Holding Territoriale; è un tool per facilitare l’accesso al finanziamento M/LT alle microimprese e alle piccole imprese; è un’interfaccia operativo con i partner finanziari; è un supporto alla concretizzazione delle strategie dell’Holding Territoriale. Qual è il ruolo del sistema bancario nelle Finanziarie Territoriali? Negli interventi delle Finanziarie Territoriali il fattore più importante è il finanziamento a micro/piccole imprese, al fine di sostenere la riuscita dei piani produttivi di tali imprese. La modalità d’intervento vede prevalere il finanziamento a M/LT, a condizioni favorevoli rispetto a quelle offerte dall’usuale mercato bancario. Fornendosi degli skill e delle conoscenze occorrenti a verificare l’attendibilità degli imprenditori proponenti, la Finanziaria Territoriale procede alla concessione del sostegno finanziario basandosi su attente valutazioni delle prospettive dell’impresa piuttosto che, come più usuale nel sistema bancario, su garanzie reali. Il piano di lavoro deve prevedere, a fianco a interventi di finanziamento a M/LT (di valore limitato in assoluto), l’affiancamento consulenziale all’imprenditore (a valore aggiunto) della Finanziaria Territoriale nella determinazione delle tattiche di prodotto-mercato e nel regolare monitoraggio dei risultati. Il ruolo del sistema bancario consiste nel finanziamento della Finanziaria Territoriale, a tassi e condizioni che permettano alla Finanziaria il finanziamento competitivo alle micro/piccole imprese. Le garanzie vanno provviste dai Fondi Immobiliari Territoriali e/o dall’ordinario sistema delle garanzie (ConFidi, Banche di garanzia, garanzie assicurative...) 47


Il “Quarto Quadrante”: la Merchant Bank Territoriale La Merchant Bank Territoriale è il “motore delle idee del Territorio”: è uno strumento di coordinamento dei progetti innovativi di maggiore spessore espressi dalle imprese del Territorio; è un veicolo per il coordinamento operativo degli interventi strategicamente definiti dall’Holding; è un tool per il reperimento di fondi per le attività economiche definite, tramite il finanziamento o la partecipazione di Istituti di Credito equity partner; è un’interfaccia operativa con le Banche partecipanti la propria equity; è la “camera di compensazione” del sistema bancario; è un supporto alla concretizzazione delle strategie dell’Holding Territoriale. Qual è il ruolo del sistema bancario in relazione alle Merchant Bank Territoriali? Gli interventi attuati dalla Merchant Bank Territoriale sono: mix di partecipazione e finanziamento, volti a rafforzare la struttura finanziaria/patrimoniale d’imprese di Territorio per consentire loro piani di sviluppo evitando agli imprenditori la perdita 48


del controllo sull’impresa; contesti di crisi finanziaria, nei quali la Merchant Bank Territoriale esercita uffici di ricerca di partner industriali e il loro accompagnamento nella fase negoziale, ove equity esistente, candidati equity partner, sindacati, finanziatori e creditori, politici mirano a interessi differenti che alla Merchant Bank Territoriale compete comporre in posizione “arbitrale”. Gli interventi s’ispirano a logiche e condotte delle Banche d’investimento attive nei mercati finanziari moderni. La Merchant Bank Territoriale favorisce la concessione del sostegno finanziario, in proprio o da parte delle Banche equity partner, in base ad attente valutazioni sulle prospettive del business. In modo parallelo, la Merchant Bank Territoriale dà vita a programmi rivolti alle piccole imprese innovative e/o a elevato potenziale di espansione (fatturato annuo inferiore a € 5 mln) o in fase di start-up. Le prassi d’intervento presumono, a fianco della veicolazione di partecipazioni e finanziamenti, l’affiancamento consulenziale all’imprenditore nella precisazione delle strategie di prodotto/mercato e nel controllo continuo dei risultati. Il ruolo degli Istituti di Credito consta nella partecipazione in equity della Merchant Bank Territoriale e nel finanziamento diretto dei progetti d’impresa.

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Conclusione Il modello dell’Holding Territoriale rappresenta il termine di riferimento di una “struttura veicolo perfetta” per la governance del Territorio. Il pregio della strumentazione disegnata nel modello consiste nella sua estrema flessibilità. Di fatto e spesso, Agenzie di Sviluppo e Finanziarie Territoriali sono già presenti sul Territorio ma non correlate secondo lo schema dell’Holding Territoriale: di conseguenza, non generano i circoli virtuosi che sarebbero auspicabili. Il passaggio obbligato è, spesso, quello di riattivare le strutture preesistenti riorientandone le finalità agli obiettivi dell’Holding Territoriale. A tal fine, la “chiave di volta” è rappresentata dalla possibilità di intervenire sugli assetti d’equity che governano le strutture. La possibilità di disporre, pertanto, di una dotazione per l’intervento diretto del sistema bancario e della finanza pubblica nell’equity permetterebbe di superare le resistenze di alcune componenti dell’equity. Le azioni, secondo la struttura dell’equity, si possono suddividere in: per la componente pubblica (negoziare l’intervento nell’equity del sistema bancario, a fronte della garanzia di orientare l’azione politica di governo del Territorio nella direzione indicata dal modello; di seguito, creazione della dotazione strumentale minima che ne consenta il funzionamento: Agenzia di Sviluppo e Fondo Immobiliare Territo50


riale e, ove possibile, Finanziaria Territoriale); per la componente privata: (usualmente si tratta di “liberare” alcuni soggetti privati, spesso Istituti di credito locali, da partecipazioni “obbligate” al momento della genesi della struttura). Gli strumenti ci sono tutti: è il quadro normativo che deve essere cambiato ma, prima ancora, quello culturale. Adattando quanto proposto da Mark Roe in materia di corporate governance, possiamo dire che una buona legislazione societaria può essere utile ma non è risolutiva per dare vita a uno Sviluppo Sostenibile efficiente. L'opportunismo dei gruppi di controllo e gli errori dei managers possono rallentare l'espansione di organizzazioni economiche governate attraverso il rispetto dei diritti degli azionisti e il controllo dei mercati, per orientarli allo Sviluppo Sostenibile. Ma una buona legislazione potrebbe non essere decisiva, se non esistono le condizioni economiche, politiche e sociali per fare sviluppare la disciplina oggettiva dello Sviluppo Sostenibile. Non sono solo le buone leggi a rendere migliore la società – ma l’impegno e la cooperazione tra i singoli players a rendere più vantaggiosa la condivisione degli interessi e più efficace l’effetto delle regole.

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