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Ambiente: arrivano le arnie elettroniche
Si dice spesso che le api fanno il miele e il miele le api. Il consiglio per l’apicoltore è, appunto, che con la smielatura non si deve asportare tutto il miele dai favi, per non recare danno all’alveare; esso, infatti, è il cibo delle api operaie e senza morirebbero. Per tutelare ulteriormente questi preziosi insetti dell’ordine imenotteri e gli ambienti naturali nei quali vivono e si riproducono, “Veneto Agricoltura”, un ente strumentale della Regione Veneto, sta portando avanti un progetto con delle arnie elettroniche. Sono state pensate per monitorare sia le condizioni ambientali in cui sono poste sia la salute delle colonie di api.
Grazie alla creazione di una rete per rilevare e monitorare in tempo reale tra aprile e maggio sono state installate in alcune località di tutte le province venete nove arnie. I dati e le informazioni confluiscono direttamente nel “Bollettino Apistico
Regionale”. Le prime notizie dal mondo della cera e del miele sono arrivate da ValleVecchia di Caorle (Ve) presso l’Azienda dimostrativa di Veneto Agricoltura. Lì tra il 29 marzo e il 10 aprile sono state effettuate le semine del mais, un momento critico della convivenza agricoltura - api, poiché sono state associate a morie, maggiormente per l’effetto degli insetticidi utilizzati alla semina. Nonostante gli appezzamenti seminati fossero vicino alle arnie o nel raggio di poche centinaia di metri, non è stato segnalato alcun effetto negativo. «Le stazioni elettroniche di rilevazione di ValleVecchia - si legge nel Bollettino del 4 maggio - confermano la bontà dei protocolli di gestione del mais (corretta applicazione dei disciplinari di Difesa Integrata delle Colture, come previsto dalla Dir. CE n. 128/09 e dal PAN Nazionale). Non si riscontrano, infatti, variazioni di peso delle arnie, e la vigoria delle famiglie continua ad aumentare con il miglioramento della stagione».
Le “casette” sono dotate di sensori che accertano il numero di api in entrata e in uscita, la temperatura interna ed esterna e il peso. I numeri raccolti, trasmessi da una centralina
Un progetto per monitorare le condizioni di salute delle colonie di api, messe sempre più a repentaglio dall’inquinamento terrestre
di Gianpaolo Palazzo
in remoto, hanno permesso di dire che: «la situazione delle famiglie e la loro forza varia da zona a zona; in alcune aree che hanno risentito meno delle gelate di aprile, le famiglie hanno iniziato a produrre riempiendo il primo melario, in altre - scrivono nel Bollettino - si nota comunque una buona consistenza della covata e delle scorte a nido, ma i melari sono ancora vuoti». Altre informazioni da considerare riguardano le fioriture dell’acacia e quella prolungata della colza, oltre alle sciamature, l’atto riproduttivo dell’organismo alveare. La vecchia regina si allontana dall’alveare madre con moltissime api, che hanno nel proprio corpo un quantitativo di miele necessario per sostenere il processo: «In questa primavera atipica le cause delle sciamature sono ascrivibili, oltre alle classiche cause naturali, anche alle temperature rigide di aprile, alla carenza di fioriture e conseguente scarsità di nettare, che hanno indotto le famiglie a “riprodursi”, per garantire la sopravvivenza».
Ogni anno sempre più persone si avvicinano all’apicoltura attratte da un’attività a contatto con la natura, che per tanti è soltanto un passatempo, per altri può diventare una professione. Dal rapporto sull’andamento produttivo e di mercato del 2020, preparato dall’Osservatorio nazionale miele, si scopre che gli apicoltori italiani hanno 1.412.792 alveari e 220.033 sciami (totale 1.632.825). Il 75,2% degli alveari totali (1.062.774), sono gestiti da apicoltori commerciali. La regione con il numero più cospicuo di alveari posseduti da professionisti è il Piemonte con 165.589 per il commercio su 193.502 ovvero l’85%. Nella Banca Dati Apistica Nazionale sono iscritti 68.684 apicoltori di cui 47.957 produce per autoconsumo (69,8%) e 20.727 hanno aperto una partita iva e producono per il mercato (30,2%).
Nel 2020, secondo i dati sui consumi di fonte Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) - comprendenti sia le vendite a scontrino registrate presso la grande distribuzione organizzata, sia le vendite al dettaglio sono stati commercializzate circa 16.248 tonnellate di miele con un valore che sfiora i 159 milioni di euro e una dinamica su base annua positiva, sia in volume (+14,6%) sia in valore (+16,3%), ribaltando l’andamento osservato nel 2019 (quantità, -3%; valore, -3%). I prezzi nella Gdo si aggirano attorno ai 9,57 euro/kg, in lieve aumento rispetto al 2019 (+1%), per il dettaglio, invece, circa 10,85 euro/kg.
L’iniziativa veneta con le arnie tecnologiche mira ad aumentare la qualità del miele e si collega ad un altro progetto europeo “Interreg Italia-Slovenia BeeDiversity”, il cui obiettivo è migliorare la biodiversità tramite una gestione degli ecosistemi e un’osservazione costante dell’ape, apprezzata nel libro del Siracide (11, 3) perché: «piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori».
“BeeDiversity” integra un processo di raccolta, semina e diffusione di piante erbacee autoctone con monitoraggio dello stato di salute delle aree con impollinatori. È stato previsto un sistema per valutare il benessere delle api e un’applicazione, per divulgare notizie più precise. Il sistema attraverso l’app comunicherà, con diverse modalità, informazioni tecniche agli addetti ai lavori e informazioni generali. Le dieci aree pilota sono differenziate in tre categorie: area naturale ad elevata valenza ambientale; area ad agricoltura sostenibile; area ad agricoltura tradizionale e a forte impatto ambientale.