Dicembre 2021

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Il valore dell’esperienza | DICEMBRE 2021 | Anno XLIII - n.12 - € 2,50 I.P.

INCHIESTA

Tecnologia, un’amica che facilita la vita Dalla telemedicina all’intelligenza artificiale, senza perdere di vista lo sguardo umano

SOCIETÀ Il Governo risponde alla crisi occupazionale presentando il GOL La nuova misura per facilitare la ricerca di un impiego

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SALUTE Recitare, anche in tarda età, può essere un toccasana La teatroterapia fa bene al corpo, alle emozioni e stimola la memoria

SCIENZE La fibromialgia è una malattia ancora difficile da diagnosticare Una patologia reumatologica che fa soffrire 4 italiani su 100

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L’ANGELO CUSTODE SMART PER LA SICUREZZA DEI TUOI CARI Fai indossare il bracciale salvavita anziani ai tuoi famigliari e ricevi sul tuo smartphone allarmi, posizione e livello di benessere. Con Seremy hai la serenità di essere sempre vicino a chi ami.

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50&Più il valore dell’esperienza

Sommario

Mensile di attualità e cultura di 50&Più Sistema Associativo e di Servizi

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Anno XLIII - n. 12 - dicembre 2021

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L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento

Carlo Sangalli

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Anna Maria Melloni

6

Dario De Felicis

18

Lavoro, il nuovo piano del Governo

Annarita D’Agostino

20

Teatro e senior, benessere senza età

Ilaria Romano

38

Giada Valdannini

61

Valerio Maria Urru

76

Luca Giustinelli

79

Alessandra De Feo

82

Lavoratori agili: a casa senza distrazioni, ma senza perdere le relazioni

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di R. Carabini

LA NATURA, SOGGETTO DI DIRITTI “La cattiva salute del pianeta ci sta dicendo che le leggi nei confronti dell’ambiente non sono sufficienti”. Servono più diritti per Madre Natura.

In questo numero Periscopio, notizie dal mondo

Da Agata, dove il Natale è di casa Tecnologia e dintorni Previdenza Fisco

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Sicurezza sul lavoro: in Italia, ancora troppi incidenti

Sanità, lavoro, social... Il futuro dei senior è tech

Ma, rispetto al passato, aumentano le denunce

Tecnologie e digitalizzazione nella vita degli over 50

di Ilaria Romano

di G. Vecchiotti, L. Russo, I. Romano, G. Valdannini, R. Vinci, V.M. Urru

Rubriche Gianrico e Giorgia Carofiglio

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Lidia Ravera

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Marco Trabucchi

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Effetto Terra

Francesca Santolini

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Lettere al Direttore

Giovanna Vecchiotti

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La forma delle nuvole Il Terzo Tempo Anni possibili

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di V. Rubini

RIGENERIAMO CORPO E MENTE ALLE TERME Le cure termali sono un valido aiuto nella prevenzione e nella cura naturale di molte patologie croniche, e contribuiscono a ridurre la somministrazione di farmaci.

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di G. Cionti

ALBERGO ETICO, OLTRE LA DISABILITÀ Tra buon cibo, vini prelibati e atmosfere antiche, ad Asti è nato il primo Albergo che forma e prepara ragazzi con la sindrome di Down all’esperienza professionale. dicembre 2021 | spazio50.org

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Intervista

Direttore Editoriale Anna Maria Melloni @ am.melloni@50epiu.it

Carmen Yanez La poesia e la scrittura per superare i momenti difficili della vita

Renato Minore 29

Direttore Responsabile Giovanna Vecchiotti @ g.vecchiotti@50epiu.it Design Massimo Cervoni @ m.cervoni@50epiu.it Editoriale 50&Più Srl Amministratori Antonio Fanucchi (Presidente) Giuseppina Belardinelli Franco Bonini Antonino Frattagli Brigida Gallinaro Procuratore Gabriele Sampaolo

Scienze La salute del cuore in alta quota

a cura di Fond. U. Veronesi 74

Direzione e Redazione 00186 Roma - Via del Melangolo, 26 Telefono 06.68134552 www.50epiueditoriale.it

70 Fibromialgia, malattia “invisibile”

Stampa e Spedizione Spadamedia Srl 00198 Roma - Via Panama, 88

Una patologia dolorosa e debilitante, difficile da diagnosticare

Registrazione Tribunale di Roma n. 17653 del 12/04/79 Iscrizione al R.O.C. n. 6158 del 10/12/2001

di P. Stefanucci e A. Mascia

Cultura e tempo libero Libri, Arte, Teatro, Musica, Cinema

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Vivere in Armonia

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Giochi

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Bazar

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Agf, Contrasto, Masterfile, Shutterstock, Antonio Barella, Sergey Gorshkov, Ufficio Stampa Guanda, Andrea Macchia, Serena Pea, www.albergoetico.asti.it, Stephanie Gengotti. Shutterstock: Timelynx, Chinnapong, IB Photography, Di Bloomicon. Foto di copertina: envatoelements.com. Illustrazioni: Enrico Riposati.

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Finito di stampare: 24 novembre 2021

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Amministrazione Editoriale 50&Più Srl 00186 Roma - Via del Melangolo, 26 Telefono 06.688831 - Fax 06.6872597 mail: editoriale@50epiu.it

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NUMERO CERTIFICATO 8802 DEL 5/05/2021

ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

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L’INTELLIGENZA È LA CAPACITÀ DI ADATTARSI AL CAMBIAMENTO (Stephen Hawking)

Ci stiamo avvicinando al Natale e per la seconda volta lo vivremo in un periodo di grande cambiamento e di crisi del sistema sociale, un contesto in cui ogni cittadino è chiamato a fare delle scelte. In uno stato democratico, proprio a tutela della libertà di scelta, ognuno deve ponderare le proprie sulla base del benessere collettivo, facendo prevalere il senso civico Dopo quasi due anni di pandemia che ha provocato perdite umane e colpito profondamente migliaia di imprese, soprattutto del terziario, il contrasto alla diffusione del Coronavirus procede a grandi passi anche grazie alla campagna vaccinale, e l’economia finalmente sta riprendendo la propria corsa. A dimostrarlo sono gli ultimi dati Istat, i quali affermano che la

ziamento sociale a cui ci stiamo abituando sempre più, e permettere così anche all’economia italiana di tornare a crescere. Proprio la popolazione over 50 deve essere coraggiosa e infondere speranza nelle generazioni più giovani, al fine di affrontare una trasformazione che richiede un cambio di passo individuale e della collettività. Abbiamo i mezzi, la consapevolezza e l’esperienza per PROPRIO LA POPOLAZIONE sostenere il cambiamento verso un OVER 50 DEVE ESSERE modello di sviluppo più integrale e CORAGGIOSA E INFONDERE integrante, fondato sulla responsabiSPERANZA NELLE lità e orientato al benessere di tutti. GENERAZIONI PIÙ GIOVANI Una transizione che dovrà considecrescita economica ha superato i varare attentamente anche gli effetti lori pre-Covid e la ripresa dei ritmi sul mondo del lavoro e dovrà proproduttivi e dei consumi continua muovere il patto intergenerazionaad associarsi a un generale migliorale che con la 50&Più sosteniamo da di Carlo Sangalli mento delle condizioni del mercato tempo, grazie al quale tutte le gePresidente Nazionale 50&Più del lavoro, della fiducia delle famiglie nerazioni, non solo le più anziane, e delle imprese, ripresa che mostra progressi accentuadovranno fare la loro parte. ti nei servizi di mercato e, in particolare, nel turismo. L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento, Una situazione resa possibile grazie al senso di responsasiamo un popolo di persone intelligenti, con un granbilità dei cittadini e delle istituzioni. Un senso di responde spirito di adattamento. Ora più che mai dobbiamo sabilità che deve essere mantenuto nel tempo, affinché mettere in campo le nostre forze, affinché il futuro sia non si abbassi la guardia nei confronti dell’emergenza sempre migliore per ognuno di noi. sanitaria ancora non superata. Oggi dobbiamo tutti imIl 2022 sarà un anno positivo, più di quello appena trapegnarci per ricostruire il tessuto sociale, per tornare a scorso, che ci troverà più responsabili e più forti di priviaggiare, per continuare a condividere momenti con i ma, un auspicio con cui porgo a tutti i lettori e i soci nostri familiari, osservando le nuove regole del distan50&Più un caloroso augurio di buon Natale.

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LAVORATORI AGILI: A CASA SENZA DISTRAZIONI, MA SENZA PERDERE LE RELAZIONI di Anna Maria Melloni

Molte organizzazioni hanno adottato lo smart working prima di essere realmente preparate a farlo. Dopo quasi due anni di sperimentazione, il lavoro a distanza si presenta come un’occasione per aumentare efficienza e produttività, ma non garantisce quella creatività che si sviluppa solo nella relazione

S

i sta per concludere il secondo anno vissuto con forti condizionamenti dovuti alla pandemia. Il tempo è quello dei bilanci, che dobbiamo fare con realismo, ma anche con la volontà di mettere a fuoco ciò che di positivo in questi mesi abbiamo vissuto e realizzato, per guardare con speranza al futuro che ci attende. Affacciandoci al 2022, uno dei temi che rimane di grande attualità è l’adozione in via continuativa dello smart working. Negli ultimi 18 mesi, anche le realtà più restie a far lavorare i propri dipendenti da remoto hanno dovuto forzatamente sperimentare questa modalità. Quello che in moltissime organizzazioni era da sempre ritenuto improponibile, poco funzionale, difficilmente gestibile, nel giro di pochissimi giorni è stato adottato e, nella maggior parte dei casi, ha incredibilmente funzionato. Lo abbiamo fatto funzionare tutti assieme. Perché chi è stato chiamato a riconvertirsi con gran rapidità a questo assetto, lo ha fatto avendo ben chiaro che continuare a lavorare, poterlo fare da casa, era un privilegio che purtroppo non tutti avevano. Nell’immediato, per molte aziende, l’esperienza ha portato a risultati insperati, la produttività non è calata,

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in molti casi è addirittura aumentata. Lavorare da casa ha voluto dire evitare i disagi legati ai trasferimenti, poter essere maggiormente presenti in famiglia (fattore non sempre positivo), liberarsi dalle dispersioni di tempo che una normale vita d’ufficio comporta, dai rituali conviviali, ai fisiologici passaggi da un ufficio all’altro. Soprattutto ha voluto dire sentirsi in qualche modo protetti dal rischio di contrarre il virus. E così la pandemia ci ha portati ad accelerare un processo che altrimenti sarebbe stato molto più lungo, ma il cambiamento organizzativo ha preceduto l’elaborazione culturale che lo doveva accompagnare. Ci siamo trovati a sperimentare un modello operativo e gestionale senza aver avuto il tempo di analizzarne i vantaggi e i possibili limiti. Tra le ricerche condotte negli ultimi mesi, alcune indicano che il lavoro a distanza nel lungo periodo può rendere meno produttivi, perché non garantisce un adeguato apprendimento, né lo sviluppo di relazioni, che sono alla base della crescita professionale. Non solo, il passaggio da comunicazioni sincrone, date da riunioni e telefonate, ad asincrone, fatte di email e messaggi, porta a una diminuzione delle informazioni condivise e a una maggiore

staticità della rete di collaborazioni. Ma durante i mesi passati, quando il lavoro ha cominciato a dipanarsi senza quegli ostacoli insormontabili che la situazione contingente sembrava lasciar prevedere, ci si è chiesti: perché tornare in ufficio? Cosa perdiamo lavorando da remoto? Perdiamo qualcosa di intangibile e difficilmente descrivibile. Quella capacità di generare pensieri, idee, emozioni che sperimentiamo quando stiamo in relazione e ci accorgiamo che, insieme, siamo molto di più della somma dei singoli. Quella magia che porta a chiedersi dove è nata una certa idea, un’intuizione. Da me? Da te? Da chi tra i presenti? Insieme si genera qualcosa che non possiamo ridurre a un processo, non possiamo pianificare. Non sempre avviene, ma certamente avviene quando i gruppi funzionano. Mentre ci avviciniamo al Natale, la nostra attenzione è rivolta ai dati della diffusione del virus e cerchiamo di comprendere come sarà il futuro che ci aspetta. Tra le cose che ci possiamo augurare, è di riuscire ad adottare stabilmente le modalità operative che abbiamo sperimentato, coniugandole però con numerose occasioni di interazione e incontro, che arricchiranno noi e i contesti in cui viviamo.

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Con il patrocinio e la collaborazione del


WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR 2020 Milano ospita la più prestigiosa mostra di fotografie naturalistiche: 100 scatti, tutti premiati al Concorso Internazionale di Fotografia indetto dal Natural Museum di Londra. Vincitore del prestigioso titolo di questa 56a edizione è Sergey Gorshkov, con “The Embrace”: un’immagine che ritrae una tigre siberiana mentre abbraccia un abete della Manciuria per marcare il territorio. Palazzo Francesco Turati (ex Spazio Forma) Fino al 31 dicembre 2021

© Sergey Gorshkov

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La forma delle nuvole

Un padre e una figlia osservano il mondo

VERSO LA CITTÀ DEI 15 MINUTI di Gianrico e Giorgia Carofiglio

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Serve un modo diverso di concepire i grandi centri; ripensare il sistema dei trasporti, creare spazi verdi e servizi. Soprattutto nei confronti delle donne e delle nuove generazioni 10

e previsioni che, all’inizio della pandemia, annunciavano il declino delle città a favore di centri abitati più piccoli si sono rivelate errate. Da qualche mese, le strade dei centri cittadini hanno iniziato a riempirsi di nuovo, gli stu-denti e molti lavoratori sono tornati in presenza e, grazie a vaccini e Green Pass, locali, cinema e teatri fun-zionano a pieno regime. Ma il modo in cui abbiamo abitato le città e modificato il nostro stile di vita durante la pandemia ci offre una prospettiva privilegiata per ripensare il paesaggio urbano. I cambiamen-ti che hanno avuto luogo durante il lockdown, dalla pedonalizzazione delle strade alle nuove piste ciclabili al lavoro da casa, possono essere il punto di partenza per una nuova vi-sione del vivere urbano. Il sindaco Roberto Gualtieri, nella sua prima dichiarazione pubblica subito dopo l’elezione, ha affermato di voler trasformare Roma in una “città dei 15 minuti”. Il concetto alla base è che si possa migliorare di molto la qualità della vita dei cittadini, se tutto ciò di cui necessitano si trova entro un raggio di un quarto d’ora a piedi in bici da casa. Dal lavoro ai servizi essenziali, ma con un’enfasi anche sulla bellezza, sugli spazi verdi, sulle attività culturali, per consentire così di avere un rapporto più diretto con il luogo in cui si abita e sviluppare un

maggiore senso di comunità. L’idea è stata resa popolare dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, che fin dal 2014 ha ampliato l’accesso alle rive della Senna per pedoni e ciclisti e ha creato più di 40 oasi verdi in aree diverse. Dall’inizio della pandemia ha aggiunto oltre 50 km di piste ciclabili e promesso un miliardo di euro per la manutenzione e il miglioramento degli spazi comuni, piazze, parchi e strade. La città dei 15 minuti ha altri vantaggi. La giornalista inglese Caroline Criado-Perez ha dimostrato nel suo libro Invisibili che le città come le conosciamo oggi sono state progettate senza avere in mente i bisogni delle donne. Prima di tutto i quartieri a funzione unica - le zone adibite principalmente a uffici, allo shopping, o i quartieri dormitorio - sono meno sicuri, perché la circolazione delle persone, soprattutto a certi orari del giorno e della sera, è molto ridotta. Al contrario: avere servizi, scuole, supermercati a distanze pedonali si adatta meglio alle necessità (e garantisce meglio la sicurezza) di molte donne. Numerosi studi hanno mostrato che sono gli uomini a usare preferibilmente l’automobile, mentre le donne tendono a muoversi a piedi e a fare viaggi più brevi. La ragione è semplice: le donne hanno di solito responsabilità più complesse e articolate rispetto agli uomini, sono la

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maggioranza di coloro che portano i figli a scuola, accompagnano un parente malato dal dottore, vanno a fare la spesa. Gli uomini, al contrario, fanno spostamenti più lineari, solitamente tra casa e lavoro. Ma il problema non è costituito solo dalle auto. In molte delle maggiori città europee, i mezzi pubblici si muovono spesso dai quartieri residenziali verso il centro (e viceversa, ovviamente), privilegiando i tragitti tra casa e lavoro, ma svantaggiando chi ha necessità diverse. Spesso queste carenze sono dovute alla poca comprensione delle questioni di genere (cioè quelle attinenti alle relazioni di potere fra maschile e femminile) nella pianificazione urbana: le amministrazioni locali non sempre tengono conto di quanto le necessità delle donne, per ragioni anche culturali, divergano da quelle degli uomini.

Vienna è un esempio virtuoso di come le cose possano andare diversamente. Dagli anni Novanta l’amministrazione comunale ha iniziato a raccogliere dati sulle esperienze delle donne in città, per assicurare che le loro esigenze fossero adeguatamente considerate nell’allocazione di risorse finanziarie, nella progettazione e nella regolamentazione degli spazi urbani. Gli amministratori viennesi hanno allargato i marciapiedi per offrire più spazio a passeggini e sedie a rotelle (il tema della disabilità è un’altra questione cruciale per la città del futuro), progettato case popolari mettendo al centro i bisogni delle famiglie, aumentato l’illuminazione in zone percepite come poco sicure in particolare per le donne. Ma l’esperimento più sorprendente di tutti ha a che fare con i parchi pubblici. Attraverso la

raccolta di dati di genere è emerso che, dopo i nove anni, le bambine tendevano a frequentare le aree verdi molto meno della loro controparte maschile. Gli spazi sportivi dei parchi viennesi erano adibiti in gran parte ad attività prevalentemente maschili: campi da basket, spazi per l’allenamento. Per portare le ragazze a frequentare i parchi pubblici è stato necessario creare campi di pallavolo e badminton, aggiungere panchine che incoraggiassero la socialità, ancora una volta migliorare qualità e quantità dell’illuminazione. L’idea di città che viene fuori da questi esperimenti offre spunti per una nuova interpretazione della politica. Più ottimistica e meno legata agli steccati ideologici; più capace di cogliere i bisogni delle comunità, delle donne, dei fragili e, soprattutto, delle generazioni future. dicembre 2021 | spazio50.org

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Il TERZO tempo

di Lidia Ravera

C’È SEMPRE TEMPO PER SENTIRSI GIOVANI

«I

l tempo cronologico è sia la forma dominante usata nella misurazione dell’età, sia il principio fondante della vita in tre fasi. Inoltre: si dà il caso che sia consolidato da una miriade di pratiche e politiche scolastiche, sociali e statali: a diciannove anni si va all’università, ci si sposa fra i venti e i trentacinque, ai sessantacinque si va in pensione. Noi abbiamo sempre fatto riferimento all’età cronologica, mentre, a dire il vero, perfino le feste di compleanno sono un prodotto del XX secolo. Per la maggior parte della storia dell’umanità le persone non sono state a conoscenza del proprio giorno o addirittura del proprio anno di nascita. L’età cronologica è diventata dominante soltanto nel XIX secolo, quando si è diffusa l’abitudine di incominciare a registrare accuratamente le nascite. Da quel momento in poi è stata l’età cronologica a dare una struttura temporale alle nostre vite». Non so voi, ma io, quando mi sono imbattuta in queste poche lucide parole, ho avuto un soprassalto di felicità. Davvero, posso finalmente liberarmi di quell’odioso marcatempo che è il “Buon compleanno, cara. Cento di questi giorni”? Sì, basta mettere in soffitta la vita come l’abbiamo pensata finora. È un invito affascinante e

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circostanziato. L’ho trovato fra le pagine di un saggio pubblicato da poco, che si intitola La nuova Longevità. Un modello per prosperare in un mondo che cambia. È rivolto a noi, che di anni ne abbiamo 50 e più, ma anche ai ventenni, agli adolescenti, ai quarantenni. Ce n’è per tutti, perché tutti siamo oppressi dal vecchio tempo, quello che ci ossessiona con il tic tac degli orologi. Ha due sguardi, questo bell’invito alla riflessione: quello dell’economista Andrew J. Scott, (star della London Business School e consulente presso il Longevity Center dell’Università di Stanford), e quello della professoressa Lynda Gratton, una dei 50 “business thinker” (pensatori degli affari del mondo?) del World Economic Forum. Questi due eminenti intellettuali, ci raccontano, in modo semplice, che dobbiamo cambiare prospettiva. Ripensare allo svolgimento della vita: i gerontologi ci spiegano che sono cambiate le relazioni reciproche fra età cronologica, biologica, sociologica e soggettiva. Non conta soltanto il calendario, conta come ti senti, come vivi, quanto hai lavorato su te stesso (corpo sano, mente aperta), quanto è pacifica e benestante la Nazione in cui sei nata/o, il Paese in cui abiti. In questi ultimi 30 anni, abbiamo guadagnato parecchie posizioni, noi di 50 anni e

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più: siamo “giovani anziani” dai 60 ai 69 anni, anziani dai 70 ai 79, grandi vecchi dopo gli 80 anni. Ma soprattutto siamo autorizzati, anzi incoraggiati, a guardare avanti. Tutto sta cambiando. L’automazione, la robotica mettono in pericolo l’80% dei posti di lavoro. Quando i camion si guideranno da soli, senza interventi umani, che fine faranno i camionisti? Gli esempi sono moltissimi. Si chiede, quindi, anche ai giovani, ai maturi e ai giovanissimi di adeguarsi, sperimentare, inventare. Siamo, noi nati alla metà o poco dopo la metà del Novecento, i pionieri di una nuova era. Non siamo soltanto testimoni di un passaggio di fine secolo ma di fine millennio: i nostri figli fanno sempre meno figli, per la prima volta nella storia dell’umanità sono più poveri di noi, l’intelligenza artificiale rende la nostra sempre meno insostituibile. Non ci sono più certezze, la dote più richiesta è l’adattabilità, essere creativi è più importante che essere forti o ricchi o ambiziosi, ma soprattutto: il tempo cronologico va sostituito con quello “tanatologico”. Che vuol dire? Che l’età si misura in distanza dalla morte. Quindi, finché non incocciamo nell’agonia, non sappiamo se siamo ancora giovani o no. E allora, dai, teniamoci in forma!

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Lidia Ravera può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it dicembre 2021 | spazio50.org

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Anni possibili

L’IMPEGNO DI CURA DEI PROPRI CARI di Marco Trabucchi

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olte famiglie italiane sperimentano le difficoltà e il peso di assistere un congiunto anziano, non più autosufficiente, bisognoso di cure e di attenzioni complesse. Spesso l’assistenza diventa una sorta di prigione per chi

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la presta, perché richiede un impegno senza sosta per molte ore al giorno, un susseguirsi di sforzi anche fisici, la sensazione di essere chiusi in una gabbia dalla quale non si riesce ad uscire. A questo sentire, già così impegnativo, talvolta si aggiunge l’impressione di

impotenza, perché non si riesce a modificare significativamente l’evoluzione della malattia del proprio caro, un senso di colpa per il sentimento soggettivo e “sotterraneo” di rifiuto che talvolta pervade chi assiste, la difficoltà di avere un rapporto con l’ammalato, spesso colpito da deficit cognitivi che rendono difficile uno scambio verbale, l’abbandono di fatto da parte dei parenti e dei conoscenti, per cui si instaura una sensazione dolorosa di solitudine. La condizione dolorosa sopradescritta talvolta raggiunge livelli così elevati da impedire alla naturale generosità, che è alla base dell’impegno di servizio, di esprimersi appieno, per cui prevalgono sentimenti di fallimento, il desiderio di interrompere l’impegno assistenziale, talvolta un senso di aggressività verso l’ammalato e le persone di famiglia che non intervengono fornendo il necessa-

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Assistere un proprio caro non autosufficiente può diventare un’esperienza faticosa e frustrante, soprattutto in caso di demenze. Talvolta, però, basta un sorriso per dare un senso a tutto il servizio prestato rio supporto sul piano concreto e su quello psicologico. La domanda cruciale che ci si deve porre in queste circostanze è se e come sia possibile mettere in atto comportamenti che permettano il ritorno ad una situazione di quasi normalità, ricostruendo un rapporto appagante con il proprio caro ammalato. In questa luce si deve considerare senza angoscia l’eventualità che la realtà impedisca la continuazione del lavoro di cura e quindi diventi necessario il ricovero in una residenza per anziani. Non è facile un percorso di recupero, ma va sempre tentato, per evitare che si accrescano la fatica e il dolore, con il prevalere dei sentimenti negativi sopradescritti, che si riflettono sia su chi dona sia su chi riceve la cura. Prima di tutto la persona che assiste deve essere profondamente convinta che compie l’atto di cura senza limiti di tempo per scelta propria e non perché costretta da

un insieme di circostanze opprimenti sul piano sociale, che obbligano a svolgere una certa funzione. Questo sentimento d’amore deve essere coltivato e rinnovato continuamente. Talvolta è facilitato dalle reazioni dell’assistito, che non smette di esprimere gratitudine con le parole, quando possibile. Ma, in alcune occasioni, basta un sorriso per provocare una reazione di affetto, che riempie un’intera giornata. A questo proposito si deve ricordare che, secondo numerosi studi, il sentimento più disturbante per chi dona le cure è l’apatia dell’ammalato, condizione che talvolta compare come uno dei disturbi comportamentali che caratterizzano le demenze. Sempre in ambito clinico, sono particolarmente disturbanti per chi assiste atteggiamenti come l’aggressività immotivata, il mancato riconoscimento, l’accusa di furto. È difficile superare la sensazione di desolazione provocata da simili manifestazioni; sono particolarmente utili in queste circostanze gli scambi di informazioni tra persone coinvolte nelle cure, come avviene nei gruppi di mutuo aiuto, ad esempio nei Caffè Alzheimer. Un secondo aspetto, importante perché la cura dei propri cari possa essere prestata senza rovinare gli “anni possibili”, riguarda

la programmazione dei supporti. È necessario prevedere il tempo massimo di servizio, oltre il quale la stanchezza fisica e psicologica rischia di inquinare la giornata, ma soprattutto riduce la “ricchezza positiva” del rapporto di cura. La previsione delle esigenze di aiuto deve essere fatta con generosità verso se stessi e quindi senza risparmi eccessivi, anche per quanto riguarda il salario di una persona di supporto. È importante che chi sostituisce il parente per qualche ora, soprattutto di notte, sia persona di fiducia. In ogni modo è necessario concedere autonomia all’intervento della persona che viene assunta; se questa è sottoposta a controlli continui, la conclusione sarà una continua tensione che porta alla fine del rapporto e all’aumento dello stress. Se si mettono in atto questi accorgimenti sul piano psicologico e pratico, l’impegno nel lavoro di cura diviene un tempo gratificante della vita, a qualsiasi età. Può esserlo anche per una persona anziana, perché la cura, se prestata con generosità, intelligenza e con le opportune prudenze, induce rilevanti vantaggi su chi la dona. È quindi un modo che rende “possibili” gli anni anche in età avanzata: la generosità è sempre un elisir di lunga vita!

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Marco Trabucchi può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

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Effetto Terra

LE DONNE, SIMBOLO DI RESILIENZA AMBIENTALE di Francesca Santolini

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aranno le donne a salvare il pianeta? Di sicuro sono loro a rivendicare un ruolo in prima linea a difesa dell’ambiente e una maggiore leadership climatica. C’è chi parla di “ecofemminismo”, ma la domanda che dobbiamo porci è un’altra: esiste una questione di genere legata al cambiamento climatico? Numerosi studi sugli effetti causati dal cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo, hanno dimostrato come le differenze di genere influenzino da un lato, gli impatti e la vulnerabilità, e dall’altro, le opportunità e la resilienza ambientale. L’assioma è semplice: i Paesi più poveri del pianeta sono oggi i più vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale e, in questi Paesi, sono le donne ad essere

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Nel mondo, le donne sono una potenza sottovalutata. Potrebbero avere un ruolo chiave per contrastare l’impatto ambientale, ma ancora troppo spesso si cade in stereotipi di genere

le più colpite dalle conseguenze del dissesto climatico, in quanto componente più debole della società. Siccità nelle regioni subtropicali, inondazioni sulle alte latitudini, uragani e alluvioni, che ormai si verificano con una frequenza e un’intensità mai viste nella storia del clima, stanno letteralmente trasformando la geografia del pianeta, rendendo inabitabili numerosi territori. Una delle conseguenze più visibili è l’impatto sulla produzione agricola e sull’allevamento di bestiame, entrambi messi a dura prova dall’aumento delle catastrofi naturali. Ed è proprio in questo contesto che la dimensione di genere non va sottovalutata. Negli ultimi anni, infatti, si è registrato un trend in crescita delle donne impegnate nel settore agricolo. Secondo le stime della Fao, in Africa, le donne contribuiscono al lavoro agricolo in percentuali che variano dal 30% in Gambia, all’80% in diverse parti del Camerun. Inoltre, secondo le Nazioni Unite, sono circa 5,4 milioni le donne impegnate nel settore della pesca. Tutte attività direttamente legate allo sfruttamento delle risorse naturali. Non solo. Nelle comunità rurali sono le mogli e le figlie a doversi occupare del rifornimento dell’acqua e del cibo, spesso camminando per chilometri ogni giorno. Nei prossimi anni, aumenteranno siccità e desertificazione e le donne saranno costrette ad allontanarsi ancora di più, sottraendo molto tempo all’educazione, alla propria affermazione, alla cura dei bambini. E questa vulnerabilità femminile diventa ancora più evidente nel corso di catastrofi climatiche: a livello mondiale la probabilità che una donna muoia a causa di disastri naturali è 14 volte superiore a quella di un uomo. Ma c’è di più. Secondo il rapporto Combattere le diseguaglianze rispetto al diritto a un ambiente sicuro sano e pulito, in discussione all’as-

semblea parlamentare del Consiglio d’Europa, le donne non solo subiscono di più gli effetti del riscaldamento globale, ma inquinano meno degli uomini. Lo stile di vita maschile provoca infatti il 16% in più di emissioni di quello femminile. Per questo, le questioni di genere sono entrate negli ultimi anni a far parte del dibattito sul clima. Anche se non bisogna rischiare di cadere nei soliti stereotipi, i potenziali contributi che le donne potrebbero offrire per contrastare l’impatto ambientale sono spesso trascurati, e la leadership femminile viene ignorata a causa di ruoli di genere e consuetudini desuete. Eppure le donne rappresentano un’immensa risorsa inespressa per contribuire a frenare gli effetti nefasti del clima che cambia e a ridurre le emissioni che li causano. La ricerca dimostra che i Paesi con un’alta rappresentanza di donne in Parlamento, hanno maggiori probabilità di ratificare i trattati internazionali sull’ambiente, le leggi ambientali tendono ad essere più stringenti, gli interventi di politica climatica più efficaci. Certo, per sfruttarne al meglio il valore, alle donne dovrebbe essere garantito un reale accesso al controllo delle risorse e un ruolo nei processi decisionali. Se è vero che in parte questo percorso è stato avviato e i Paesi hanno iniziato a comprendere il ruolo della parità di genere nell’azione per il clima e a darle il giusto valore, la strada da fare è certamente ancora lunga.

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Francesca Santolini può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it dicembre 2021 | spazio50.org

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Periscopio a cura di Dario De Felicis

LA CORSA ALL’ORO DEI MINATORI DI CRIPTOVALUTE Dei Bitcoin se ne sente parlare sempre più spesso come la valuta del futuro. Ma sarebbe meglio definirla la “cripto-valuta” del futuro. Perché questa moneta, fisicamente, non esiste ed è completamente virtuale, volatile. I Bitcoin sono sostanzialmente files che vengono archiviati in un “portafoglio digitale”, su uno smartphone o un computer. Questi files possono essere inviati, scambiati o utilizzati per effettuare pagamenti; e ogni transazione verrà annotata, come in una banca reale, su un registro chiamato “blockchain”. A differenza dei soldi “tradizionali”, i Bitcoin possono addirittura essere creati: per essere più precisi, estratti, come un minerale da una miniera. Per fare “mining”, questo il nome del processo, vengono utilizzati computer potenti e performanti, che elaborano processi a velocità incredibili cercando di risolvere “problemi matematici” estremamente complessi. Il primo che riesce a risolvere tali “problemi” viene ricompensato con un Bitcoin. L’estrazione di tale valuta, però, è spesso un processo lungo e solo sporadicamente appagante. Ma perché le criptovalute hanno così tanti estimatori? Per qualcuno il motivo principale risiede nel fatto che non c’è il controllo di alcun Governo o banca mondiale. Inoltre, i Bitcoin permettono di essere utilizzati in modo quasi del tutto anonimo, mantenendo il proprio “patrimonio” lontano da occhi indiscreti. Soprattutto, sono sicuri e praticamente impossibili da copiare. Gli investitori (e molti speculatori) sono fiduciosi sul futuro roseo di questa valuta, e hanno dato il via ad una vera e propria corsa all’oro. Anche se virtuale.

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In giro per il mondo

TERREMOTI, IL PRIMATO AL GIAPPONE I terremoti sono fenomeni presenti in tutto il Pianeta, anche se in Cina, Indonesia, Iran e Turchia è più facile assistere a scosse telluriche. Ma il Paese che registra il maggior numero di terremoti nel mondo rimane il Giappone.

MEZZA TAZZA DI NOCI PER UN BUON COLESTEROLO

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Le noci sono una ricca fonte di acidi grassi Omega-3. Secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista American Heart Association, mangiarne circa mezza tazza ogni giorno può abbassare i livelli del “colesterolo cattivo” (LDL). www.agi.it

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LA DEMENZA NEL MONDO: CASI DESTINATI A CRESCERE Secondo un recente rapporto dell’Agenzia Sanitaria delle Nazioni Unite, più di 55 milioni di persone in tutto il mondo convivono con la demenza e il numero continua a crescere. Si stima che i casi saliranno a 78 milioni entro il 2030 e a 139 milioni entro il 2050.

LASCITI TESTAMENTARI: IN ITALIA, FAVORE IN ASCESA

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È possibile fare acquisti tutto il giorno, ogni giorno. Si risparmia il viaggio verso il negozio fisico e si ha a disposizione un numero potenzialmente illimitato di merci.

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IL VOLATILE PIÙ DIFFUSO AL MONDO L’uccello più comune al mondo è la Quelea beccorosso, un passeriforme diffuso nell’Africa subsahariana. Si calcola che possano esserci da 1 a 10 miliardi di esemplari su tutta la Terra; il che porta gli ornitologi a credere che sia la specie più diffusa. www.italiawiki.com

ALLA SVEZIA IL RECORD DI ISOLE TEMPI DI CONSEGNA INCERTI

I tempi di consegna possono essere molto lunghi e non sempre il reso della merce è un’operazione facile. Manca il confronto diretto col venditore, per essere consigliati al meglio.

COMPOSIZIONE ACQUA SISTEMA CIRCOLATORIO DNA PER CELLULA IMPULSO NERVOSO

La Norvegia e la Svezia sono i Paesi con il maggior numero di isole al mondo, in gran parte nell’Artico. La Svezia, in particolare, conta 221.831 isole, di cui circa 24.000 sono aperte al pubblico, per escursioni o brevi vacanze. www.ripleybelieves.com

DALL’HOMO SAPIENS A OGGI, 108 MLD DI ESSERI UMANI

I NUMERI DEL CORPO UMANO Il nostro organismo è fatto di numeri incredibili. È composto al 60% di acqua e contiene circa 3-4 gr di ferro. Ha un sistema circolatorio - tra vene e capillari - di 100mila km, e circa 2 mt di DNA in ogni cellula. Un impulso nervoso viaggia fino a 360 km all’ora, mentre una goccia di sangue impiega 20 secondi per fare il giro del corpo.

Sempre più italiani sono favorevoli al testamento solidale. Da un recente sondaggio si nota come stia crescendo il numero di chi ha già predisposto un lascito testamentario o è orientato a farlo. La fascia della popolazione più sensibile all’argomento è quella degli over 60.

60 % 100.000 KM 2 MT 360 KM/h

Secondo il Population Reference Bureau, dalla comparsa dell’Homo Sapiens sono nati più di 108 miliardi di esseri umani. Una grossa fetta di quel numero è viva, e rappresenta il 7% del totale di essere umani che siano mai vissuti. www.focus.it dicembre 2021 | spazio50.org

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Riforma del lavoro

OCCUPAZIONE: IL NUOVO PIANO DEL GOVERNO L’Italia prova a fare “GOL” ma, sulle politiche attive del lavoro, le misure destinate a facilitare la ricerca di un’occupazione, la partita è ancora tutta da giocare di Annarita D’Agostino

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n un recente rapporto sui Centri per l’Impiego, la Corte dei Conti ha stimato che più di 1 milione e 300mila beneficiari di reddito di cittadinanza a ottobre 2020 possedeva i requisiti per sottoscrivere il Patto per il lavoro e, dunque, avviare il percorso personalizzato di reinserimento professionale previsto dalla misura. Passando così dalla prima fase “passiva” di lotta alla povertà alla seconda “attiva” di ricerca di un’occupazione. Solo poco più di 350mila - circa 1 su 4 - hanno iniziato un nuovo lavoro e circa 190mila - 1 su 10 - risultavano ancora occupati al momento della rilevazione. Alle critiche piovute sulla misura fin dai suoi esordi, oggi si risponde con “GOL”, il nuovo Piano Nazionale “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori”. Cosa prevede? Cinque percorsi personalizzati per trovare lavoro: un rapido reinserimento per chi è più facilmente occupabile; un percorso di aggiornamento (upskilling) per chi ha bisogno di

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rinfrescare le proprie competenze; aggiornamento che diventa intensivo nella terza strada, quella del reskilling, per coloro che hanno bisogno di una complessiva riqualificazione del proprio profilo; un percorso di lavoro e inclusione con il coinvolgimento di servizi sociali e territoriali per categorie particolarmente vulnerabili; infine, una ricollocazione collettiva per i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro per crisi aziendale. «Dopo vent’anni di esperienze negative, se non addirittura fallimentari - sottolinea il professor Giampiero Proia, ordinario di Diritto del Lavoro dell’Università Roma Tre - almeno nella sua dimensione programmatica questo piano ha diversi pregi. In particolare, punta a personalizzare i percorsi diretti a promuovere l’occupazione, tenendo conto delle caratteristiche delle singole platee di soggetti che ne hanno bisogno, e questo è un aspetto fondamentale, perché ogni platea ha le sue esigenze». Destinatari del progetto, i beneficiari

di cassa integrazione, indennità di disoccupazione come NASpI e DisColl, reddito di cittadinanza, e categorie considerate particolarmente fragili come gli over 55, i giovani Neet lontani dallo studio e dal lavoro, le donne in condizioni di svantaggio, le persone con disabilità, i disoccupati da lungo tempo, i working poor, ovvero i lavoratori che, percependo retribuzioni basse, sono comunque a rischio povertà. Lo scorso 21 ottobre, è arrivato l’ok della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome all’intesa sul riparto dei primi 880 milioni di euro che finanzieranno GOL. Saranno infatti le Regioni a dover redigere i piani di attuazione del programma a livello territoriale. Le premesse di GOL sono molto ambiziose: 3 milioni di occupati entro il 2025, di cui almeno il 75% dovranno essere over 55, donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, under 30; 4,4 miliardi di euro assegnati nella Missione 5 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ai quali si sommano 600 milioni per il rafforzamento dei Centri per l’Impiego e 600 milioni per il rafforzamento del cosiddetto “sistema duale”, ovvero l’alternanza fra formazione e lavoro. Saranno soldi ben spesi? «Sicuramente il PNRR ci ha offerto un’occasione per colmare un vuoto per cui la stessa Commissione europea ci aveva bacchettato con raccomandazioni specifiche per il nostro Paese - osserva la professoressa Lucia Valente, ordinario di Diritto del Lavoro della Sapienza Università di Roma -. Era necessario intervenire perché l’arretratezza cronica dei servizi per il lavoro nel nostro Paese è un fatto ormai sotto gli occhi di tutti». Per colmare il gap, dunque «abbiamo preso la misura già varata con la Legge di Bilancio 2021 ma ancora inattuata - ci spiega - e l’abbiamo inserita nel PNRR. E questa è stata

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Le premesse di GOL sono molto ambiziose: 3 milioni di occupati entro il 2025, di cui almeno il 75% dovranno essere over 55, donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, under 30; 4,4 miliardi di euro assegnati nella Missione 5 del PNRR, ai quali si sommano 600 milioni per il rafforzamento dei CPI e 600 milioni per il rafforzamento del cosiddetto “sistema duale”, ovvero l’alternanza fra formazione e lavoro una fortuna, perché ci siamo legati mani e piedi ai tempi del PNRR. Quindi, finalmente abbiamo degli obblighi da rispettare sulle politiche attive». Filerà tutto liscio? Secondo Valente, «la riuscita della riforma è già compromessa dal fatto che GOL rinvia l’attuazione di tutte le misure a piani regionali, nonostante parta come piano “nazionale”. Il problema è che costituzionalmente questo “rimpallo” di competenze è corretto, perché alle Regioni sono assegnati i servizi per il lavoro, ma hanno abbondantemente dimostrato di non essere in grado di erogarli. Quindi mi sarei aspettata che la parola “nazionale” nel GOL avesse un significato

concreto: le Regioni fanno un passo indietro e avanza lo Stato, facendo esattamente la stessa cosa che è stata fatta con il piano vaccinale per la sanità. Nella sanità c’è Figliuolo, anche per i servizi per il lavoro abbiamo bisogno di “un Figliuolo”. GOL non va in questa direzione». Un altro errore che si ripete nuovamente riguarda il ruolo dei Centri Pubblici per l’Impiego (CPI): «Nel piano GOL - ci spiega la professoressa Valente - i CPI saranno la porta di accesso per tutti gli attuali percettori di sussidi. Questo significa ingolfare i Centri, che già sono pochi: solo 550 su tutto il territorio nazionale». E su questo terreno si incappa

in «un altro problema storico delle politiche attive in Italia, che è quello dell’attuazione», sottolinea il professor Proia. Però, «l’investimento programmato sui Centri per l’Impiego potrebbe garantire una maggior efficienza - aggiunge -, anche se il successo del piano non deriva dall’investimento in sé quanto piuttosto dalla capacità delle persone addette ai servizi per l’impiego di fare bene il proprio lavoro». Ma nelle intenzioni del Governo c’è la volontà di intensificare la collaborazione con i servizi privati per il lavoro. Un’ipotesi che le agenzie per il lavoro accolgono con favore: «Partendo dal presupposto che le persone devono poter scegliere a quale operatore affidarsi, il privato interviene a supporto del pubblico, mettendo a disposizione la sua rete. Basti pensare che l’insieme delle agenzie per il lavoro ha circa 2.000 sportelli attivi in tutte le regioni», evidenzia Maurizio Mirri, direttore Politiche Attive dell’agenzia per il dicembre 2021 | spazio50.org

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Riforma del lavoro

«L’aspetto positivo di GOL è dato dal fatto che, per la prima volta, si supera la distinzione fra le competenze dei servizi al lavoro e quelle dei servizi formativi» lavoro Gi Group. Un supporto che consiste in “un’attività di presa in carico e di valutazione dell’occupabilità delle persone, ma anche di intervento sulle soft skills per rendere la persona occupabile e, come ci auspichiamo il piano GOL possa cogliere, di stretta connessione con le attività formative». “L’aspetto positivo di GOL - precisa Mirri - è proprio un approccio “olistico” alla persona. Per la prima volta si supera la distinzione fra le competenze dei servizi al lavoro (presa in carico, accompagnamento e ricerca di lavoro) e quelle dei servizi formativi. Purtroppo molte Regioni tengono ancora oggi le due attività separate e assegnate a distinti assessorati. Invece, i servizi per il lavoro e la formazione devono essere modulati sulle esigenze della singola persona e integrati fra loro». La per22

sonalizzazione dell’assistenza per la ricollocazione si potrebbe ottenere incentivando l’adozione di un altro strumento: l’outplacement. Si tratta di un servizio intensivo di supporto alla persona per il rientro nel mercato del lavoro pagato dall’azienda che licenzia, ci spiega Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo, società di Gi Group specializzata nei servizi di outplacement. Dunque, non pesa sul pubblico e consente anzi di risparmiare risorse che possono essere dedicate ai disoccupati di lungo periodo, generalmente più difficili da reinserire. «Ascoltiamo e aiutiamo le persone che ci vengono affidate - età media di 45 anni, 52 per i manager - ad attivarsi subito nella ricerca, e con questo tipo di assistenza in sei mesi circa ritrovano lavoro, come dipendenti o non, a seconda anche dei bisogni individuali.

Almeno il 25% delle persone over 55 che perde il lavoro - sottolinea Galante - non desidera rientrare in azienda ma chiede espressamente di essere supportato nell’avviare un’attività in proprio: aprire una Partita IVA, una micro impresa con un figlio, avviare una start up. Questo ancor di più dopo la pandemia, che ha portato tanti a una profonda riflessione sul proprio equilibrio vita-lavoro, che lasci più spazio anche alla famiglia o agli hobby. Persone che potranno lavorare stabilmente e con una buona retribuzione anche oltre la consueta età pensionabile, se lo desiderano. Dunque, l’outplacement può agire anche come un motore sociale di proattività e invecchiamento attivo e potrebbe rappresentare quindi un potenziamento del sistema pubblico-privato per questo target».

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Sicurezza sul lavoro

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fatti di cronaca, purtroppo tragici e sempre più frequenti, supportati dai dati Inail che registrano un aumento degli infortuni, parlano chiaro: in Italia si continua a morire sul lavoro, anche se gli incidenti si denunciano in percentuale maggiore rispetto al passato. Nei primi otto mesi del 2021, le segnalazioni sono aumentate dell’8,5% rispetto allo stesso periodo del 2020 e, di questi, 772 hanno avuto l’esito più grave, 95 solo nell’agosto scorso. Gli eventi mortali che hanno riguardato le donne sono diminuiti del 6%, passando da 83 a 78, mentre quelli che hanno interessato gli uomini sono scesi da 740 a 694 casi. Se sono calati i decessi fra i lavoratori italiani e comunitari, sono però aumentati quelli che hanno coinvolto cittadini extraeuropei, che sono passati da 82 a 84. Rispetto all’età, c’è stato un lieve calo dei casi di morte fra i giovani nelle fasce 20-24 anni (-4) e 30-39 (-12), e una diminuzione più consistente fra gli over 55 (-86, da 435 a 349). Il settore industria e servizi è l’unico a far registrare un decremento di denunce mortali, da 761 a 646 (-10,4%), mentre gli altri segnano un aumento, come quello agricolo che passa da 70 a 84 denunce (+20%). Particolarmente allarmanti sono i dati che riguardano il Sud, dove maggiormente si concentrano gli aumenti, con i casi di morte sul lavoro che passano da 165 a 211. Numeri, troppi e spesso aridi, che nascondono ognuno un nome e un’identità. Da anni, un operaio metalmeccanico e delegato alla sicurezza Fiom Cgil della provincia di Firenze cerca di restituire dignità e umanità alle vittime del lavoro, raccogliendone la storia e portandola alla luce. Marco Bazzoni, oggi 47enne, analizza ogni giorno le notizie e colleziona tutte le informazioni possibili su queste persone, sulla loro vita, sulle circostanze degli incidenti. Più volte, in questi anni, ha

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LAVORARE IN SICUREZZA: IN ITALIA, ANCORA TROPPI INCIDENTI di Ilaria Romano

Purtroppo, secondo i nuovi dati Inail, si muore ancora sul lavoro. Si è riscontrato un aumento degli infortuni, ma vengono denunciati più frequentemente rispetto al passato

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dichiarato che si dovrebbe smettere di parlare di “morti bianche”, proprio per evitare che appaiano come tragiche fatalità e non come tragedie che si potevano evitare applicando tutti i parametri di sicurezza e, soprattutto, facendo più controlli. «I tecnici della prevenzione sono circa duemila in tutta Italia - dice spesso Bazzoni - e per controllare 4 milioni di aziende ci vorrebbero vent’anni». Nel frattempo, grazie al suo prezioso lavoro di documentazione che nel 2015 gli è valso la menzione speciale del Premio giornalistico Pietro Di Donato, la versione online del quotidiano La Stampa ha realizzato una mappa navigabile dell’Italia con tutti i casi di quest’anno, purtroppo aggiornata an-

Anche le aziende stanno cominciando a sperimentare, grazie alla tecnologia, nuove apparecchiature che possano prevenire una disattenzione o attivare i soccorsi nel modo più veloce possibile in caso di incidente

che di recente (lab.lastampa.it/2021/ morti-sul-lavoro-la-mappa-degli-infortuni), dalla quale emerge anche un dato anagrafico significativo: gli over 60 morti sul lavoro sono stati 30. Guardando invece agli incidenti non fatali, sempre in riferimento ai dati Inail, le denunce presentate tra gennaio e agosto sono state 349.449, oltre 27mila in più rispetto allo stesso periodo del 2020, con un incremento su tutto il territorio nazionale ma con picchi di crescita in Basilicata, Molise e Campania. Come avverte anche l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, bisogna usare cautela nel confronto con i numeri del 2020, soprattutto se si considerano le malattie professionali contratte durante le attività, e in molti casi influenzate dal Covid-19: non solo perché il virus si è diffuso in uffici e cantieri, ma anche perché il 2020 si è caratterizzato per le notifiche tardive di malattia, dovute alla distanza temporale tra il contagio e il decorso, senza contare i periodi di arresto delle attività produttive che hanno invece ridotto periodicamente l’esposizione al rischio di contagio. Secondo l’ultimo rapporto Eurostat (dati 2018), l’Italia si colloca al di sopra della media europea (2,21 casi ogni 100mila lavoratori) per numero di incidenti mortali, con 2,7 casi. Tra gli Stati membri, la situazione più allarmante è quella del Lussemburgo con 6,42 casi ogni 100mila, seguito da Romania con 5,27 casi, Lettonia (4,69) e Cipro (4,51). In testa alla classifica per numero minore di incidenti ci sono i Paesi Bassi con 0,87 casi, seguiti da Germania con 1 caso ogni 100mila e Finlandia con 1,28. L’Unione Europea ha mostrato un’attenzione alla sicurezza sul lavoro e, lo scorso 28 giugno, la Commissione Ue ha presentato il nuovo “Quadro strategico sulla salute e sicurezza 2021-2027”, che definisce tre obiettivi: gestione dei cambiamenti negli dicembre 2021 | spazio50.org

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Sicurezza sul lavoro I PASSI FATTI NEL CORSO DELLA STORIA Già nel IV secolo a.C., Ippocrate si occupa del rapporto tra lavoro e malattie, e insegna ai suoi discepoli a informarsi sempre del mestiere dei pazienti per aiutarsi nella formulazione della diagnosi. Nel medioevo, nel 1556, è ancora un medico a individuare le patologie connesse al lavoro in miniera: si tratta del tedesco Georg Bauer, che scrive il De re metallica, sulla natura dei metalli. Nel 1700, Bernardino Ramazzini, professore di Medicina all’Università di Modena e Padova, pubblica De morbis artificum diatriba, Le Malattie dei Lavoratori, in cui associa circa quaranta malattie ad altrettante occupazioni dell’epoca, per lo più artigianali. Ma è soltanto dopo la Rivoluzione industriale che una serie di leggi cominciano a regolamentare il lavoro, in particolare nel settore estrattivo e che riguarda i bambini. Fra il 1886 e il 1899 appaiono anche le prime norme sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Nel 1906, con l’apertura del primo Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, si avvia una produzione legislativa poi affiancata al Codice penale del 1930 e al Codice civile del 1943. Nel 1955 il Presidente della Repubblica emana una serie di decreti che trattano di prevenzione degli infortuni e delle norme igieniche, anche se il concetto moderno di sicurezza sul lavoro si sviluppa nel 1970, con l’introduzione dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informativa. Nel 1994, con il Decreto Legislativo 626, si arriva al primo Testo unico sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, una raccolta di norme che disciplinano tutto il settore in maniera organica, poi abrogato dall’odierno Decreto Legislativo 81 del 2008, che illustra le misure necessarie per assicurare la tutela sul posto di lavoro, dalla formazione alla sostituzione di macchinari obsoleti e pericolosi, fino alla dotazione di dispositivi di protezione.

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ambienti di lavoro, miglioramento della prevenzione degli incidenti, efficientamento delle risposte a fronte di eventuali crisi sanitarie, come quella appena vissuta e tuttora non completamente superata. Nel frattempo, anche le aziende stanno cominciando a sperimentare, grazie alla tecnologia, nuove apparecchiature che possano prevenire una disattenzione o attivare i soccorsi nel modo più veloce possibile in caso di incidente. In Liguria, la start up Smart track, ad esempio, ha sviluppato una piattaforma per la sicurezza dei lavoratori che si basa su dispositivi indossabili e sensori, e che consente di gestire eventuali emergenze ed evacuazioni in tempo reale. Questi congegni, chiamati WeTag, vengono associati alle persone e comunicano con una rete di sensori chiamati àncore, che fungono da satelliti per geolocalizzare l’evento e il lavoratore coinvolto in luoghi chiusi e privi di copertura Gps. In base alle esigenze, è possibile fornire la localizzazione continuativa del lavoratore oppure attivarla esclusivamente a seguito della ricezione di un allarme, ad esempio, in caso di condizione “uomo a terra”, mancanza di una dotazione di sicurezza, accessi in aree non consentite o in caso di evacuazione del sito. Questa opzione di “modalità dormiente” permette di non invadere la privacy dei dipendenti, ma di attivare il tracciamento solo in caso di reale pericolo.

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Un nuovo Anno di Felicità


Intervista

La poetessa di Santiago del Cile, moglie di Luis Sepúlveda - scomparso lo scorso anno a causa del Covid 19 -, ci racconta come i versi e la scrittura l’abbiano aiutata a vivere, dopo l’addio al suo “Lucho” di Renato Minore

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Intervista

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gnoranti della luce che circondava l’innocenza/ eravamo così felici amore mio,/ attraversando tutte le strade/ e ridendo degli ostacoli di pietre e grandine/ con il calore delle nostre mani unite/ che volevano fermare la nostra corsa». Sono versi di una struggente poesia che Carmen Yanez ha dedicato al compagno della sua vita, al suo “Lucho”, lo scrittore Luis Sepùlveda. La storia di Carmen è la storia della monella, “Pelusa”, e di “Lucho”, il lottatore, quello che non si arrende mai. Carmen “Pelusa” Yanez, poetessa. Luis “Lucho” Sepúlveda, scrittore. Quarant’anni fa, adolescenti innamorati a Santiago del Cile, giovani sposi. Un figlio, la felicità, un mondo a colori. Ma all’improvviso tutto si fa buio, orrore. Separati, sequestrati, torturati dal regime di Pinochet. Il mondo che diventa solo bianco e nero. Nessuno sa più nulla dell’altro, inevitabilmente lei lo crede morto, in qualche modo gli sopravvive. E poi esuli per il mondo, lontani dalla propria terra, ognuno percorrendo la sua strada. Si ritroveranno molti anni più tardi in Europa. E torneranno a sfiorarsi, a guardarsi negli occhi. A sposarsi una seconda volta, protagonisti di una grande storia d’amore… Poi Lucho è scomparso, tra le prime vittime del Covid nell’aprile del 2020. Carmen Yanez è una poetessa fluente e molto accattivante con i suoi temi preferiti, la memoria, l’esilio, la poesia stessa, con il suo mondo denso di ideali e battaglie civili. E una parola sempre esatta, che non conosce nessun orpello retorico per dire sempre la “sua verità”, cercando e cogliendo il nucleo del senso. E lo dimostra anche il suo ultimo libro, Senza ritorno, pubblicato in Italia da Guanda, per il quale ha avuto, a L’Aquila, il Premio internazionale 30

«La poesia non mente, anzi si espone, si spoglia. Apre le finestre affinché gli uni e gli altri, e tutti insieme, possano identificarsi e reinventarsi»

Laudomia Bonanni, che in precedenza era stato assegnato, tra gli altri, a Evtushenko, Walcott, Takano, Adonis. La incontriamo nell’occasione abruzzese per una conversazione. “Eravamo così felici e non sapevamo”, attraversiamo il tempo senza comprendere ciò che possiamo perdere? Dicono questo i suoi versi. Cosa ne pensa Carmen? Ebbene sì: a malapena ci rendiamo conto che, nonostante certe mancanze, abbiamo quasi tutto per essere moderatamente felici finché un lampo, un uragano, un tornado, un maremoto, una guerra, una pandemia ci toglie brutalmente ogni felicità. Carmen: penso al titolo della sua raccolta di poesie. Lo ha scelto prima della morte del suo Lucho? È purtroppo una dolorosa coincidenza. Ma è un’immagine che può racchiudere il senso della sua esistenza? Vuole indicare un timore: ogni essere umano che abbandona il suo luogo di origine ne è accompagnato per tutta la sua esistenza. Tornare o non tornare? Oppure disfare per sempre la valigia? Nel mondo sei davvero alla ricerca di un posto che sia davvero definitivo? Ha scritto che “La poesia deve mettere il dito nell’occhio dell’incredulo”. Perché? La poesia non mente, anzi si espone, si spoglia. Apre le finestre affinché gli uni e gli altri, e tutti insieme, possano identificarsi e reinventarsi. La poesia può svolgere un qualche ruolo nel cambiare le menti, ad esempio, rispetto alle questioni ambientali, politiche? La visione del mondo ci cambia man mano che ci apriamo al mondo e diventiamo consapevoli dell'ambiente, a seconda del contesto in cui ci troviamo nella storia. La poesia non cambia

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il mondo, ci vuole molta fatica per cambiarlo, ma dà il suo immenso contributo alla coscienza, indicando le piccole cose che la storia ufficiale non racconta ma con cui si costruisce la vita. Lei scrive versi da quando aveva 14 anni. In tanto tempo qualcosa è cambiato nel suo rapporto con la poesia? Certamente, credo che senza di essa non si possa costruire futuro. Qual è l’eredita più importante che le ha lasciato Lucho? Lucho diceva sempre che lui, prima di essere uno scrittore, era un buon cittadino, e un buon cittadino è colui che si impegna nella società. Mi ha lasciato il suo esempio di essere umano generoso, solidale, empatico.

C’è qualcosa con cui riesce a sopportare questa scomparsa, ad elaborare meglio il lutto? Poesia sempre, poesia per sempre. Mi dica con un verso, una citazione amata, una semplice definizione ciò che è stato per lei l’incontro e l’amore di e per Lucho. “Cosa resterà di noi/ innamorati/ se non il pomeriggio quando/ il sole splende/ sull'assenza?”. Sono versi di Memoriale, una poesia che si legge in Abitata dalla memoria, la mia precedente raccolta. So che la vostra canzone era Gracias a la vida, di Violeta Parra. La sente ancora? Ora più frequentemente, non prima. Era troppo doloroso. È un canto, una speranza, il segno indelebile di

un incontro, che come gioia, appartenenza, destino, incalza e protegge. Sta scrivendo un libro sulla vostra storia d’amore. Continua ancora oggi? Sì, e mi è assai utile anche come arma per difendermi dalla mia stessa solitudine. Una sua lontana poesia aveva come titolo Resilienza. Cos’è ora per lei la resilienza? Ricominciare da me stessa, solo con i miei mezzi. Cosa abbiamo da imparare dai terribili giorni della pandemia? Sii più solidale, stringi la mano a chi non ha nulla, per creare un mondo diverso, senza consumismo, creare senza competere. Speriamo di imparare questa lezione così essenziale.

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Tutela ambientale

LA NATURA SOGGETTO DI DIRITTI

Il 21 settembre scorso una gru ha scaricato un grande albero davanti all’ambasciata norvegese di Brasilia. Si trattava di uno jatobà, pianta tipica del Centro e Sudamerica, che gli indigeni amazzonici avevano portato affinché chiedesse idealmente asilo a Oslo, perché “l’Amazzonia è una zona di guerra”. In questi anni, l’aumento delle concessioni petrolifere e delle colture di latifondo ha ridotto in maniera importante l’estensione del polmone verde del mondo. Per contro, già il 27 luglio 2014, il parco neozelandese Te Urewera (foto nella pagina successiva) è stato nominato perso-

di Raffaello Carabini In tutto il mondo si cerca una via legale per proteggere al meglio il nostro pianeta. Dare a foreste, laghi, montagne, fiumi e agli altri esseri viventi lo status di persone giuridiche e lo stesso diritto alla vita delle persone, potrebbe essere la soluzione

na giuridica a tutti gli effetti - nel 2017 lo ha seguito il fiume sacro dei maori Whanganui, il più importante, sebbene non il più lungo, del Paese australe - con “tutti i diritti, i poteri, i doveri e le responsabilità” di un essere umano. E come una persona, dotato per legge di un suo rappresentante legale. Sono i due estremi dell’ecologismo contemporaneo, da un lato l’impegno contro chi non tutela il territorio consentendo azioni che danneggiano l’intera umanità, dall’altro l’esempio vivo di quello che si dovrebbe fare. Tutti i fatti che succedicembre 2021 | spazio50.org

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Tutela ambientale dono nel mezzo si chiamano “ecofrizioni dell’Antropocene”, dalla riconversione industriale alla sostenibilità, dalla valorizzazione dei patrimoni alle trasformazioni del paesaggio, che avvengono ogni giorno nell’“attuale epoca geologica, in cui l’ambiente terrestre - nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche - viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana”, come l’enciclopedia Treccani definisce il termine coniato nel 2000 dal chimico olandese premio Nobel, Paul Crutzen. La professoressa dell’Università di Napoli L’Orientale, Flavia G. Cuturi, docente di Antropologia culturale, ha curato l’importante e corposa raccolta di saggi La Natura come soggetto di diritti. Prospettive antropologiche e giuridiche a confronto (Editpress, 548 pagine). Antropologi, linguisti e giuristi si confrontano su come foreste, laghi, montagne, possano ottenere lo status di persone giuridiche e lo stesso diritto alla vita delle persone. Professoressa, quali sono i diritti che dovrebbero essere attribuiti alla Natura? Perché non basta far rispettare le leggi di tutela e protezione che già sono in essere? Nell’arco della storia, anche recente, pensi a quanti oggetti - chiamiamoli così - ai quali non riservavamo dei diritti particolari, si sono trasformati in soggetti di diritti. Non stiamo parlando di cose, ambienti, ai quali possiamo attribuire livelli di umanità diversi. Parliamo degli umani stessi. Ad esempio, pensiamo all’eliminazione della schiavitù, che ha in qualche modo posto al centro dell’attenzione di tutti un tipo di comportamento predatorio, violento, che toglieva qualsiasi diritto alle persone. Improvvisamente ci si è resi conto che non era più ammissibile. Immagini un arco temporale in cui tanti oggetti considerati tali sono diventati soggetti. 34

Non ultime le donne. Il diritto al voto era loro negato e non visto come tale. In un’ottica di questo tipo la cattiva salute del nostro pianeta ci sta dicendo che le leggi, oggi così aggrovigliate nei confronti dell’ambiente, non sono sufficienti. L’idea è che la natura in quanto tale deve essere ripensata al centro della nostra vita e non in una posizione di marginalità o di sfruttamento, perché tanto è inesauribile. L’ambiente, invece, è già esaurito e noi dobbiamo rafforzare la sua percezione di soggettività per interrompere una catena che coinvolge anche gli umani. Se non siamo così sensibili nei confronti della natura, dobbiamo almeno pensare che noi viviamo nella natura, con la natura e della natura e, se la maltrattiamo, il primo a soffrirne in grande o in piccola scala sarà ciascun individuo, a qualsiasi latitudine. In questa ottica, la cura e la responsabilità verso l’ambiente non sono un modo per tutelare e supportare lo sviluppo e la crescita dell’uomo nel suo pianeta, ma qualcosa di differente... L’accelerazione dei consumi è una realtà che si verifica da 40/50 anni. Io penso che si possa intravedere uno sviluppo che non sia soltanto predatorio. Anche perché ci sono migliaia di

persone che si stanno occupando esattamente di questo. Non avere un’ottica di privazione totale, ma lo scendere a patti con il nostro ambiente, che è uno sviluppo di tipo sostenibile. Parola un po’ magica che ha dietro moltissimo. Nessuno dice di tornare al lume di candela, che brucia ossigeno e non sarebbe auspicabile visto che siamo qualche miliardo sul pianeta, ma si può fare qualcosa perché il nostro impatto sia decisamente meno gravoso per le generazioni future. Perché l’impatto non è per noi, ma fa accendere uno sguardo preoccupato verso i figli, i nipoti, che erediteranno le conseguenze di ciò che facciamo. Ma perché dobbiamo offrire diritti a una “madre” che sta diventando sempre più matrigna con i terremoti, le inondazioni, i tornado, gli tsunami e quant’altro? Dobbiamo innanzitutto pensare che noi siamo ospiti di questa Terra e non padroni, perché siamo veramente transeunti in maniera più sconvolgente di quanto possiamo immaginare: gli alberi, ad esempio, sono esseri che vivono decisamente più di qualsiasi umano. Non dico di rovesciare totalmente e in maniera un po’ naif il nostro modo di comportarci. Dobbiamo pensarci, però,

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in un’ottica di relazione stretta con le altre forme viventi, e trovare un equilibrio. Inoltre, c’è chi sostiene che certe tipologie estrattive, come il cosiddetto “fracking”, siano all’origine di piccoli o grandi movimenti tellurici. Non dico che l’uomo sia in grado di scatenare dei sismi, ma in zone fragili può favorirli. In alcune zone dell’Olanda, dove non c’erano mai stati movimenti terrestri, certe pratiche estrattive li stanno causando. Dobbiamo finirla con questa contrapposizione che vede noi da un lato e la natura dall’altro, noi buoni e la natura matrigna. Nessuno è buono, nessuno è cattivo, però siamo intrecciati e dobbiamo comportarci in modo che sia noi sia il resto della natura non ci provochiamo a vicenda e non causiamo problemi più di quanti non ce ne siano già. L’interdipendenza tra uomo, foreste, animali, acqua è la stessa dei popoli indigeni o nativi, ma oggi circa il 70% della popolazione mondiale vive in agglomerati urbani e spera e opera per una crescita senza fine. Che senso avrebbe un ritorno alle origini, al mito del “buon selvaggio”? Nel 2011 c’è stato il fatale superamento delle popolazioni che vivono negli agglomerati urbani rispetto a quelle che vivono nelle zone rurali. È stato visto come una sciagura, perché comunque le città non sono solo quelle relativamente organizzate come le nostre. Ce ne sono moltissime abnormi, che sono il segno delle difficoltà di vita di certe popolazioni e presentano difficoltà enormi nel gestire le differenze socio-economiche. Quelle che hanno oltre 10 milioni di abitanti hanno solo una piccola parte di loro che vive bene il privilegio di stare in una città, la gran parte vive ai margini e si deve arrangiare. Più le città sono grandi più sono un concentrato di diseguaglianze, di sfruttamenti, di problemi di tutti i tipi, perché spesso sono in Paesi difficili. Ad

esempio, il Messico vive il controsenso di una Capitale con 22 milioni di abitanti sui 110 di tutta la Nazione. L’idea che presenta la città come una grande conquista, frutto dell’ingegno dell’uomo, un suo artefatto, è un’idea che va decisamente ridimensionata. Soprattutto perché, essendo un soggetto di consumi, che fino a un certo punto produce ciò di cui ha necessità, avrà sempre bisogno di una natura benigna che gli offra materie prime, alimenti, prodotti energetici... Chi va in città spera di trovare un futuro migliore, mentre spesso trova l’alienazione di se stesso, di quello che sa. Non vedo nella città il simbolo della modernizzazione dell’uomo e del suo controllo sulle risorse; anzi, quest’ultimo ci è proprio sfuggito, forse definitivamente. Direi che quella crescita “senza fine” va vista in un’altra ottica. Quanto poi al “buon selvaggio” ho rilevato che le Commissioni dell’ONU, la CEPAL in particolare, che si occupa dell’America latina, stanno sollecitando da anni i governi a ritrovarsi a un tavolo schietto e aperto con le popolazioni indigene, che, avendo vissuto prima di noi e avendo superato i drammi della conquista e delle distru-

zioni che abbiamo imposto, ci possono invece svelare anche come poter affrontare il futuro. Queste commissioni stanno affermando che i nostri saperi sono limitati. Quelli scientifici hanno bisogno di confrontarsi con quelli di chi vive da centinaia di anni in certi posti sapendo come mantenerli. E vanno guardati con attenzione per sviluppare un’alleanza nuova e rinnovata, perché loro possono dirci tanto sul nostro futuro. Non si tratta di un ritorno, ma di una visione che potrebbe esserci molto utile e che guarda al futuro. Ricercare il superamento dell’Antropocene in un pianeta dove non pochi comportamenti tendono a ridurlo al solo “maschiopocene”, non è un’inutile corsa in avanti, un’utopia quasi dannosa, che fugge da un reale piuttosto preoccupante? Questa sua definizione di “maschiopocene” mi pare molto interessante. Direi che oggi Antropocene è “maschiopocene”, approfitto della sua intuizione. Purtroppo basta leggere i fatti di cronaca che avvengono ogni giorno in Italia, con femminicidi efferati quasi quotidiani. E lo stesso succede in mol-

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Tutela ambientale ti altri Paesi europei, dove c’è una recrudescenza delle violenze contro le donne. Dovremmo quindi iniziare innanzitutto da noi per attuare questo superamento, che non è un’utopia, ma una necessità assoluta, immediata, importantissima, che riguarda la metà di questo pianeta, il quale evidentemente ha bisogno di nuove guide, di nuovi valori. Se non si pone fine a questo disequilibrio, a questa visione distruttiva, non andiamo da nessuna parte. L’attenzione all’ecologia in senso lato, al surriscaldamento del pianeta e a tutte le relative problematiche, è stata dettata soprattutto dall’ultima generazione, da Greta Thunberg e dai più giovani. Lei pensa che i più maturi, i cinquantenni e oltre, siano meno sensibili a questi temi per la loro storia oppure che abbiano gli strumenti per reimpossessarsene e intervenire? Io me lo auguro. Ho superato i 50 e quindi sono appieno nella “categoria” e penso che molti di noi abbiano anche più risorse rispetto agli anagraficamente giovani. Oltre all’impegno personale di chi vuole metterlo in campo, gli over hanno in mano gran parte della preparazione del futuro rispetto a Greta e ai giovani. Possiamo fare molto, a partire dai consumi quotidiani. Come? Innanzitutto riflettendo sul nostro stile di vita, sui consumi, che può essere già un importante passo fatto nel privato, insieme alle proprie famiglie. Ad esempio, dobbiamo essere consapevoli che mangiando una bistecca si sta alimentando una catena che ha dietro le zone deforestate del Brasile e dell’Argentina, devastazioni dell’ambiente che fanno cambiare gli stili di vita di intere regioni, con popolazioni che soffrono fino a migrare, perché le risorse non ci sono più per loro, ma poi non ci saranno nemmeno più per noi. Quindi ridurne il consumo è già qualcosa. Io non sono vege36

«Bisognerebbe ripensare il diritto in maniera tale che tutti i viventi e i non viventi godano di pari diritti, perché le nostre vite sono intrecciate. Non esiste un uomo dominatore che può sfruttare la natura all’infinito. Noi siamo interdipendenti con tutte le forme di vita e quindi dobbiamo ricercare un equilibrio che ci porti verso un futuro in maniera diversa da quella attuale»

tariana, non sono niente, ma mi rendo perfettamente conto che essere consapevoli di quanto sia grande il peso dei nostri micro comportamenti con il cibo, con l’acqua, con l’energia elettrica, con la benzina... Ciascuno di noi può essere un piccolo rivoluzionario. Dal punto di vista strettamente legale i diversi contributi che appaiono nel libro da lei curato riescono a definire un possibile minimo comune denominatore che non risulti inapplicabile e inutile come le grida manzoniane? Ad esempio, quale potrebbe essere con una nuova normativa il contrasto verso gli incendi boschivi dolosi che si ripetono ogni estate? Non sono un giurista, per cui le parlerò in termini di principio. In altri Paesi, come in tutti quelli anglosassoni, sono riusciti a contrastare certe azioni particolarmente dannose nei confronti dei fiumi, delle aree boschive e altro, trattando queste zone come soggetti ai quali non si può negare la propria

vita “naturale”. La questione è interrogarsi sulla catena di sfruttamento delle risorse e comprendere quanto vada controllata nei minimi dettagli per spezzare connivenze e comportamenti che vanno contro le leggi già vigenti. Molti giuristi importanti affermano che il problema per noi, per la nostra tradizione, è appunto che la natura non ha una personalità giuridica. Forse bisognerebbe ricominciare da lì, ripensare il diritto in maniera tale che tutti i viventi e i non viventi godano di pari diritti, perché comunque le nostre vite sono intrecciate. Non esiste un uomo dominatore che può sfruttare la natura all’infinito. Noi siamo interdipendenti con tutte le forme di vita e quindi dobbiamo ricercare un equilibrio che ci porti verso un futuro in maniera diversa da quella attuale. Oggi ci sono troppi pochi vincoli allo sfruttamento delle risorse, tanti tipi di sovranità che si contrastano l’uno con l’altro e che causano tanti disequilibri e, alla fin fine, rendono persino conveniente incendiare un bosco.

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Iniziative

TEATRO SENZA ETÀ, IL BENESSERE PASSA DALLA RECITAZIONE Salire su un palco può essere un’esperienza terapeutica, soprattutto per gli over 60: paure e inibizioni cadono, per lasciar spazio a condivisione e integrazione. A giovarne sono la memoria e la capacità di esprimersi. E, secondo alcuni studi, fa bene anche al cuore di Ilaria Romano

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reare e interpretare dei ruoli, utilizzare le potenzialità del “gioco delle parti” e sperimentare aspetti di sé che altrimenti difficilmente verrebbero allo scoperto: la teatroterapia è un’attività creativa che permette tutto questo, a qualunque età, e che sempre più viene messa in campo per le sue funzioni terapeutiche. Tradizionalmente definita come la messa in scena dei propri vissuti in un contesto di gruppo, secondo i principi della recitazione, può guidare percorsi di crescita ed esplorazione personale, ma anche aiutare il rapporto con l’altro, superando pregiudizi e stereotipi

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dodici mesi, attraverso la “traduzione” della teoria in pratica, ossia dalla creazione di una compagnia teatrale intergenerazionale all’ideazione di una performance, fino allo sviluppo di corsi di formazione nel settore e di un “Creative age” festival a tema. I risultati sono stati sorprendenti, perché i partecipanti si sono sentiti liberi di esprimersi secondo le proprie capacità e hanno scoperto abilità che non conoscevano; il teatro ha anche permesso loro di avere un appuntamento settimanale fisso e di impegnarsi con altre persone per

brano essere quelle di maggiore successo nel supporto della memoria non solo verbale ma anche motoria, e nel sostegno all’umore e alla fiducia nelle proprie capacità attraverso occasioni che consentono di percepirsi ancora capaci di un’integrazione all’interno di un gruppo. Dell’importanza dell’effetto gruppo, potenziato dall’ambiente teatrale, ha scritto anche Antonio Lo Iacono, ex presidente della Società Italiana di Psicologia, nel libro La sala degli specchi: «La condivisione di un ricordo ha un potere terapeutico enor-

«La condivisione di un ricordo ha un potere terapeutico enorme. La memoria emotiva rappresenta la nostra identità e ci rende, a seconda dei casi, più o meno forti. Condividere il passato è importante proprio perché serve a riappropriarsi di una parte di sé»

E e mettendosi in gioco attraverso la dimensione sicura di un personaggio da interpretare. Negli ultimi anni sono stati tanti i progetti teatrali sviluppati per e con gli over 60, a partire dall’esperienza inglese del New Victoria Theatre del North Staffordshire, che con “Ages and Stages” ha deciso di coinvolgere i pensionati nel mondo della recitazione. Grazie anche alla collaborazione con la Keele University, ne è nato un programma di ricerca che esplora l’impatto del teatro sulle idee e sull’esperienza dell’invecchiamento, che prevede un percorso da svolgersi in

un obiettivo comune, evitando isolamento, solitudine e, al contempo, allenando la memoria e affinando la consapevolezza di se stessi e del proprio corpo nello spazio. C’è poi un aspetto particolarmente importante dell’impegno teatrale in età adulta: secondo una ricerca della Exeter University del Devon, il teatro con gli anziani sviluppa due aspetti fondamentali, che riguardano il gruppo non solo come autoterapia ma anche come ripescaggio delle proprie storie di vita. Affidarsi ai propri ricordi, condividerli con gli altri e ascoltare quelli altrui rappresenta uno scambio benefico. Per fare un esempio applicato al campo medico, l’Università del Queensland, in Australia, ha seguito per cinque anni 650 pazienti con problemi al cuore, e ha riscontrato che quelli inseriti in una terapia di gruppo di tipo teatrale miglioravano molto più velocemente di quelli che venivano curati singolarmente. Le esperienze con gli anziani sem-

me. La memoria emotiva rappresenta la nostra identità e ci rende, a seconda dei casi, più o meno forti. Condividere il passato è importante proprio perché serve a riappropriarsi di una parte di sé». Anche in Italia non mancano esperienze dedicate ai senior nel mondo della recitazione: a Torino, ad esempio, l’associazione Maigret & Magritte - nata nel 2014 e con diverse collaborazioni all’attivo con scuole, case circondariali, comunità di recupero - organizza corsi di teatro per tutte le età, compreso un percorso over 60, intitolato “Le età dell’oro”, dedicato si legge nel programma - a chi vuole salire su un palco ma teme di essere ridicolo, a chi ha tanto da raccontare e desidera farlo insieme ad altri, a chi è curioso e vuole mettersi in gioco, a chi ha più di 60 anni ma ne sente 20 e pensa che la vita sia una sola e valga la pena di provare tutto. L’ultimo progetto in ordine di tempo è partito lo scorso ottobre e terminerà a giugno 2022 con uno dicembre 2021 | spazio50.org

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Iniziative spettacolo finale. A Milano, invece, una proposta teatrale originale e inclusiva ha fatto parte di “Un cortile per tutti”, un percorso più ampio di riqualificazione delle periferie, dove la Piccola Accademia di Cascina Biblioteca ha promosso un ciclo di incontri dal titolo “Siamo tutti attori”, rivolto a bambini, anziani e adulti anche con disabilità, con l’obiettivo di creare nuovi spazi di gioco e incontro attraverso il teatro. A Roma è il Teatro San Paolo a portare avanti un percorso teatrale dedicato agli over 60, e ad aver creato il gruppo teatrale “Gli inossidabili”, che approfondisce l’esperienza del teatro italiano di De Filippo e Goldoni, facendone un percorso di condivisione e aggregazione. Il contesto del palco permette di imparare nuove reazioni cognitive e comportamentali, sperimentando altri sé in situazioni diverse che vengono affrontate con la drammatizzazione, ossia in un luogo protetto da giudizi e vincoli sociali, che fa cadere le maschere proprio interpretando qualcun altro. L’approccio teatro-terapeutico consente anche di esprimere ciò che normalmente non si riesce ad affrontare con le parole, o che non sarebbe ugualmente liberatorio affrontare in un ambiente quotidiano. Per questo l’esperienza del laboratorio teatrale viene oggi sperimentata anche in contesti di residenze socioassistenziali, come esperienza inclusiva. È il caso delle Rsa Korian a Milano e Firenze, dove da cinque anni è attivo il progetto “Rssa, Residenze Socio Shakespeariane Assistite”, ideato da Alessio Martinoli, attore e regista, che ha permesso di riunire gli ospiti con attori professionisti, animatori e giovani fra i 18 e i 25 anni, in un incontro artistico intergenerazionale che ha portato anche alla messa in scena di diverse opere, fra le quali Sogno di una notte di mezza estate 40

Vi sono stati miglioramenti nella memoria, nella sicurezza di sé, perché affrontare un palco significa parlare davanti a un pubblico e superare paure e incertezze che, nel 2019, è uscita dalla struttura per essere ospitata alla Rassegna estiva di San Salvi. «Gli attori vengono completamente coinvolti e inclusi in una realtà che trasforma i luoghi delle Rsa in laboratorio - ha raccontato Martinoli -, dove tutti hanno modo di imparare. Gli ospiti e gli anziani del territorio non vivono infatti la propria settimana con pensieri negativi, perché aspettano il giorno per recitare. Nulla viene lasciato al caso, e la scelta di Shakespeare è formativa per i ragazzi, essendo patrimonio dell’umanità intera, e avvolgente per gli anziani: questa modalità intreccia tradizione e innovazione, permettendo di impegnarsi in maniera attiva e di riscoprirsi, con la voglia di non smettere mai di imparare». Anche in questo caso, è stato possibile riscontrare miglioramenti nella

memoria, nella parola e nella sicurezza di sé, perché affrontare un palco significa imparare la propria parte, parlare davanti a un pubblico e superare paure e incertezze, rispettando quelli che nella teatroterapia sono i tre momenti fondamentali del processo: primario pre-espressivo, che mira a sciogliere le resistenze e si basa sul coinvolgimento in esperienze che permettono di prendere coscienza di sé attraverso esercizi di movimento, contatto, vocalizzazione; secondario espressivo, finalizzato alla costruzione del personaggio, in cui si sperimentano più ruoli attraverso esercizi guida di sviluppo di temi suggeriti dal conduttore o dai partecipanti; infine, quello terziario post espressivo, che mira a integrare azioni e testi prodotti in un allestimento scenico, mettendo insieme il gruppo per una rielaborazione condivisa.

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DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE Rivolgiti ai nostri uffici per le pratiche di successione e volture catastali. La dichiarazione di successione va presentata dagli eredi entro un anno dalla data del decesso del titolare dei beni.

EVENTUALI DOCUMENTI DA PRESENTARE Delega a 50&PiùCaf per la presentazione della dichiarazione Certificato di morte (in carta semplice) Certificato di stato di famiglia del defunto o autocertificazione rilasciata dall’erede Certificato di stato di famiglia degli eredi e legatari (o autocertificazione) Autocertificazione “status eredi”, fotocopia dei documenti, dei codici fiscali del defunto e degli eredi Atti di acquisto e vendita del patrimonio immobiliare, se in possesso

Certificazione comprovante le passività e le detrazioni Certificato rilasciato dal gestore di eventuali c/c, libretti postali, azioni, obbligazioni, fondi comuni d’investimento, ecc Certificato di destinazione urbanistica per i terreni Eventuali donazioni effettuate in vita

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Focus

TECNOLOGIA, “UN’AMICA” CHE FACILITA LA VITA di Giovanna Vecchiotti

Invecchiamento della popolazione e sviluppo dei mezzi tecnologici: due mondi diversi, apparentemente destinati a non incontrarsi. Poi accade qualcosa di straordinario, uno di quegli eventi che sconvolgono gli equilibri delle società e minano le certezze di ognuno. E così, improvvisamente, la pandemia ci pone di fronte ad emergenze, muta abitudini, evidenzia limiti e porta alla luce problematiche sanitarie, assistenziali e sociali che investono, in primis, la popolazione anziana, colpita duramente dal diffondersi del Covid-19. E, in momenti tanto critici, è proprio la tecnologia ad andare in soccorso ai senior: i nipoti affiancano i nonni nell’utilizzo degli smartphone e di altri device, aiutandoli a sconfiggere la solitudine; la telemedicina accorcia le distanze tra medico e paziente, costretti entrambi al distanziamento sociale; la domotica facilita la vita a chi ha più bisogno di assistenza. Ecco, i due mondi sono ora entrati in contatto, seppure con modalità diverse e diverse sfaccettature. Sarà un viaggio lungo, a volte complesso, ma certamente il primo passo è stato compiuto. Verso un futuro che, ci si augura, possa essere migliore.

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SENIOR, DALLA MEDICINA AL SOCIALE IL FUTURO È TECH Un volume che fotografa, con precisione multidisciplinare, quello che sarà il futuro prossimo dei senior in relazione con la tecnologia. Dall’ambito sanitario fino a quello sociale-relazionale, passando per lo smart working di Linda Russo

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cambiamenti tecnologici e degli stili di vita avvenuti negli ultimi anni hanno occupato uno spazio rilevante nelle nostre esistenze, sia sul piano personale sia collettivo. Ciò richiede uno sguardo attento e non superficiale, aperto a nuove visioni e deciso ad innovare». È con queste parole che Carlo Sangalli e Marco Trabucchi aprono il nuovo volume di 50&Più e Fondazione Leonardo dal titolo Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali, edito da Il Mulino. Un’opera che raccoglie i contributi di 23 autori in tre ambiti diversi. Si inizia con uno sguardo al presente e al futuro della tecnologia, partendo da un’indagine approfondita sull’uso e il consumo dei dispositivi tecnologici da parte dei senior. Vengono approfondite, poi, le potenzialità dei mezzi multimediali 44

e l’annosa questione relativa alla privacy e all’etica nella gestione dei dati digitali. La seconda parte è dedicata, invece, al mondo della salute e al supporto che la tecnologia può dare in quest’ambito della vita dei senior. Anche in questo caso non mancano i dati che riportano l’avanzamento della digitalizzazione sanitaria in Italia,

ma si parla anche di Recovery Plan, delle fragilità degli anziani all’interno del progresso tecnologico, dell’assistenza sempre più digitale, dell’importante supporto dell’intelligenza artificiale e dell’esperienza delle videochiamate, implementate in alcune RSA durante il lockdown. Infine, la terza e ultima parte analizza le potenzialità della tecnologia come contatto tra i senior e gli altri. Il primo capitolo di questa sezione, infatti, è incentrato sulle difficoltà tecnologiche riscontrate da molti senior italiani e sulla possibilità di usare la tecnologia come un ponte tra generazioni. «Nel momento in cui, attraverso le occasioni offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si diffonderà nel nostro Paese in modo finalmente serio la disponibilità delle nuove tecnologie digitali - commenta Marco Trabucchi-, 50&Più e Fondazione Leonardo si propongono come

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strumento efficace per raggiungere quella fascia di popolazione che rischia di rimanere esclusa, anche se realisticamente è quella che ne trarrebbe il maggiore vantaggio». Un’affermazione che trova evidenze nei capitoli dedicati alle reti sociali virtuali come strumento di contrasto alla solitudine e alle helpline (servizio di ascolto telefonico, ndr) per il supporto nelle difficoltà psicologiche. Si prosegue poi con l’analisi delle tecnologie che possono migliorare la qualità della vita e la gestione dell’attività lavorativa che, dopo l’ultimo anno, ha assistito a un inserimento sempre più importante di modalità di smart working e telelavoro. Certo, a fronte di tutti i benefici che i nostri device possono donarci c’è anche qualche rischio, debitamente affrontato in un apposito capitolo. A chiudere l’intero volume, però, è il tema dell’associazionismo e dei cambiamenti che lo hanno investito nelle fasi più acute dell’emergenza sanitaria. «In un mondo che ha bisogno del contributo attivo di tutte le generazioni per fronteggiare la crisi che stiamo vivendo, 50&Più diventa sempre più strategica ha affermato il presidente Carlo Sangalli -. C’è un indicatore europeo che registra il grado di invecchiamento attivo della popolazione nei vari Paesi. A partire dal quale è possibile dedurre che un Paese è vecchio non solo se la proporzione generazionale è sbilanciata, ma se invecchia male. Noi abbiamo il compito di dimostrare che invecchiare in modo attivo si può, e 50&Più ha mantenuto questa funzione e questo compito anche negli ultimi due difficili anni».

CENNI BIOGRAFICI Carlo Sangalli, laureato in Giurisprudenza, dal 1968 al 1992 è stato parlamentare della Camera dei Deputati, sottosegretario al Turismo e allo spettacolo dal 1976 al 1978, e questore della Camera dei Deputati dal 1987 al 1992. Ha ricoperto numerosi incarichi nel mondo della rappresentanza economica e di impresa. È attualmente presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia, della Camera di Commercio Milano Monza Brianza e Lodi, e dal 2019, dell’Associazione 50&Più. Marco Trabucchi, già professore ordinario nella facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata e presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, ha fondato l’IRCCS sulle demenze di Brescia. Dal 1987 direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, è presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria. È autore di oltre 600 pubblicazioni su riviste internazionali indicizzate. Per il Mulino ha recentemente scritto Una lunga vita buona. Il futuro delle RSA in una società che invecchia (2020), ha curato La popolazione anziana e il lavoro: un futuro da costruire (2020) e Gli anni possibili. Vivere la terza età (2021).

APPUNTAMENTO AL CNEL Il 14 dicembre sarà l’occasione per parlare dei contenuti del volume Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali. All’interno delle sale del Cnel e in diretta streaming, infatti, i curatori del volume e alcuni degli autori avranno modo di approfondire i tre aspetti in cui la tecnologia può essere a supporto dei senior.

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OVER 50: LA TECNOLOGIA NON È PIÙ UN MISTERO Le loro grandi passioni sono WhatsApp e Facebook, ma “vanno forte” anche su altri social. Navigano in rete quasi fossero degli adolescenti e si dedicano all’e-commerce per risparmiare tempo di Giovanna Vecchiotti

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melia si siede sul divano; è domenica pomeriggio e finalmente può dedicarsi alla lettura di uno di quei romanzi che tanto le piacciono. Prende il suo tablet ed inizia a sfogliare il catalogo online della biblioteca della sua città, con centinaia di titoli gratuiti a disposizione. Sa che può scegliere il libro che più l’appassiona, scaricare il file sul proprio dispositivo ed il gioco è fatto. Per Amelia, leggere un libro digitale è diventata ormai un’abitudine consolidata, come quella di ascoltare un podcast mentre è sul bus o chattare con le amiche durante la giornata. Ogni tanto si chiede come sarebbe oggi la sua vita se non avesse imparato ad utilizzare il computer, il tablet, lo smartphone, a navigare in internet, a fare acquisti sul web. È molto orgogliosa delle proprie capacità, che si sono decisamente affinate durante la pandemia, quando i lunghi giorni chiusi in casa per il lockdown hanno permesso a lei e suo marito, entrambi pensionati, di provare, sperimentare, acquisire nuove abilità tecnologiche. Sorride tra sé e sé e dà una sbirciatina al tavolo dove Gualtiero è intento a setacciare il web, deciso a scovare uno smartwatch che faccia al caso suo, uno di quegli oro46

logi digitali che monitorano anche il battito cardiaco, così quando la mattina va a fare la consueta camminata veloce, tiene un po’ sotto controllo il cuore e la pressione arteriosa... Amelia e Gualtiero fanno parte degli oltre 47 milioni di persone (pari all’80,6% della popolazione italiana con età superiore ai 4 anni) che durante il lockdown causato dall’emergenza sanitaria, sono state in grado di superare il distanziamento sociale e sconfiggere l’isolamento, utilizzando tecnologie digitali, tramite le quali si sono incontrate, hanno studiato, lavorato, trascorso il tempo libero (dati Auditel-Censis 2020).

Ma senior come Amelia e Gualtiero, sono “fiori rari” nella nostra società, oppure anche gli over 50 sono diventati amanti della tecnologia e utilizzano, in maniera disinvolta, i dispositivi elettronici? Una risposta a questa domanda ci viene dalla ricerca La percezione della tecnologia da parte dei senior: un’indagine sugli over 50 condotta dall’istituto Format Research per 50&Più, e parte integrante del volume Ipotesi per il futuro degli anziani - Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali, a cura di Carlo Sangalli e Marco Trabucchi (Il Mulino). Lo studio aveva lo scopo di verificare l’uso delle nuove tecnologie e l’influenza della digitalizzazione sulla qualità della vita degli italiani con un’età compresa tra i 50 e gli 85 anni. E i risultati ottenuti sono davvero sorprendenti. Senior 3.0 Dall’indagine, condotta su di un campione di oltre 1.500 persone, è emerso infatti che gli ultra cinquantenni italiani sono grandi utilizzatori delle nuove tecnologie. Quasi l’85% di essi possiede uno smartphone, oltre il 61% ha un personal

Lei possiede uno o più dei seguenti dispositivi elettronici? Smartphone con accesso ad internet Computer

Telefono cellulare senza internet

84,7%

Tablet

61,2%

Smartwatch

39,8%

21,2% 8,4% Fonte: Format Research per 50&Più

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Per cosa utilizza in prevalenza il computer o il tablet?

71,8% 67,8% 67,0%

Inviare e-mail Navigare in internet Utilizzare social network Effettuare pagamenti (bollette ecc) Acquistare online Ricercare aiuti online Giocare/leggere online

37,0% 28,9% 16,8% 16,4%

Nessuna di queste attività

Effettuare chiamate con internet 12,4% Partecipare a discussioni online Scaricare musica \ Vedere video

4,0%

Altro

4,8% 3,5% 2,8%

Fonte: Format Research per 50&Più

computer, circa il 40% fa uso di un telefono cellulare senza Internet, il 21,2% un tablet e, infine, l’8,4% utilizza uno smartwatch. Il pc, che come detto, è nelle case del 61,2% degli intervistati, è tra i dispositivi elettronici quello posseduto da più tempo: quasi l’86% dei senior ce l’ha da oltre due anni, così come da oltre due anni è il 75% degli over 50 a possedere un tablet. A differenza del pc, chi utilizza il tablet, però, ha un’età compresa tra i 50 ed i 70 anni, mentre questa tipologia di device è quasi del tutto assente tra coloro che hanno più di settant’anni. Altri tasselli dell’identikit dei senior possessori di pc e tablet? Titolo di studio elevato (il 72% è laureato e il 65% ha un diploma di scuole medie superiori) e residenza nelle grandi aree metropolitane. Ma come vengono utilizzati questi due dispositivi? Il 71,8% lo utilizza per inviare e ricevere posta elettronica, per navigare su Internet (il 67,8%) e per frequentare i social network (il 67,0%). Ma c’è una buona fetta di senior, il 37,0%, che utilizza il proprio pc o il tablet per effettuare dei pagamenti (bollette, servizi di vario genere, ecc.), mentre è il 28,9%, soprattutto

uomini, a dedicarsi all’e-commerce, evidenziando come il commercio elettronico sia ormai entrato nelle abitudini degli over 50. L’indagine mette in evidenza anche un altro cambiamento: il 16,8% degli intervistati utilizza il computer o il tablet per avere indicazioni utili a facilitare i propri spostamenti, avere informazioni di carattere sanitario, istruzioni sulle diverse procedure da seguire nel caso si dovesse procedere al pagamento delle tasse o per la fruizione di un servizio. C’è poi una piccola parte di over 50, il 4% circa, che utilizza questi due dispositivi per trascorrere il proprio

tempo libero, magari in rete, guardando film, ascoltando musica, partecipando a forum online. Lo smartwatch ha, invece, fatto breccia da poco nei cuori dei senior, tant’è che lo possiede soltanto l’8,4% degli over 50, che in genere lo hanno acquistato piuttosto di recente. È un dispositivo amato più dagli uomini che dalle donne, e da chi ha un alto titolo di studio (laurea). Il device più amato dai senior è senza dubbio lo smartphone: l’84,7% dei possessori ha tra i 50 ed i 60 anni e l’80% di essi ne possiede uno da oltre due anni. Chi, invece, ha un’età tra i 71 e gli 85 anni è in genere poco incline al fascino della rete e quindi preferisce un cellulare tradizionale, di quelli che non hanno la possibilità di avere internet. Lo smartphone, però, non viene utilizzato soltanto per fare e ricevere telefonate, ma anche per inviare e ricevere Sms (60,8%), per navigare su internet (70,2%), e soprattutto per accedere ai social network, di cui gli over 50 sono dei grandi sostenitori. Basti pensare che il 71% degli intervistati (sette ogni dieci) utilizza il cellulare per collegarsi ai social e il 77,4% di essi se

Per cosa utilizza in prevalenza lo smartphone?

Inviare messaggi su WhatsApp

77,4%

Chiamare 93,2%

Usare social network

71,0%

Navigare in internet

70,2%

Inviare messaggi

60,8%

Inviare e-mail

28,4% Acquistare online

17,8% Altro

0,6%

Fonte: Format Research per 50&Più

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Inchiesta 50&Più ne serve per inviare e ricevere messaggi di WhatsApp. C’è anche chi impiega il proprio smartphone per inviare o ricevere mail e c’è un sorprendente 17,8% di over 50 - in prevalenza donne, tra i 50 e i 60 anni - che lo utilizza per effettuare acquisti sul web. Ma quante volte i possessori di smartphone, pc e tablet si collegano ad internet? L’80,1% dei primi lo fa più di una volta al giorno ed il 16,5% più volte a settimana, mentre tra chi ha il computer o il tablet, il 69% lo fa più volte al giorno ed il 23,5% più volte a settimana. Social network, che passione! Se qualcuno pensa che i social siano “cose da adolescenti”, allora deve ricredersi. Gli over 50, infatti, hanno una vera e propria passione per Facebook, WhatsApp & Co., dove sono attivissimi; basti sapere che ben il 94,8% degli over 50 è iscritto ad uno o più social network, mentre è soltanto il 5,2% dei senior a non utilizzarli. E questa passione è senz’altro aumentata durante la pandemia, quando il 42,0% degli over 50 ha utilizzato i social network e i servizi

Con che frequenza utilizza internet con...

Computer o tablet

Smartphone Più volte al giorno

Più volte al giorno

80,1% Più volte alla settimana

68,8% Più volte alla settimana

16,5%

23,5%

Più volte al mese

Più volte al mese

2,6%

4,1%

Raramente

Raramente

0,8%

3,6% Fonte: Format Research per 50&Più

di messaggistica in misura maggiore rispetto al passato, soprattutto per tenersi in contatto con amici e parenti. In particolare, le donne tra i 50 ed i 60 anni, in ogni parte d’Italia, sono attivissime su WhatsApp, mentre gli uomini tra i 50 ed i 70 anni e residenti nelle regioni del Nord Italia amano frequentare Facebook. I social “più gettonati” sono WhatsApp e Facebook che, scelti rispettivamente dal 79,0% e dal 73,3% dei senior, fanno la parte dei leoni; seguono YouTube (35%), Telegram (21%), Pinterest (16,4%), Instagram (12,2%) e, fanalino di coda, Twitter (10,9%).

A quali social network o servizi di messaggistica è iscritto?

Whatsapp 79,0% Facebook 73,3%

94,8% USANO I SOCIAL 5,2%

NON UTILIZZANO I SOCIAL NETWORK

Pinterest 16,4% Instagram 12,2%

Youtube 35,0%

Twitter 10,9%

Telegram 21,0%

Altro 3,1% Fonte: Format Research per 50&Più

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Sarà vero? Come ti smaschero le fake news

Cosa la spinge principalmente ad utilizzare i social network e i servizi di messaggistica? Il desiderio di comunicare con le persone a cui tengo La voglia di distrarmi dai miei problemi personali Il desiderio di conoscere persone con i miei stessi interessi Il desiderio di sentirmi libero/a di esprimermi La necessità di sentirmi bene Per scrivere o postare cose che non direi di persona La noia La solitudine Perché lo fanno tutti, è una moda Non riesco a farne a meno La necessità di sentirmi popolare Altro

64,9% 23,9% 20,2% 11,1% 9,4% 8,4% 7,9% 5,8% 3,6% 3,0% 1,2% 9,0%

50&Più Fonte: CentroFonte: StudiFormat 50&PiùResearch - Format per Research

Ma perché gli ultracinquantenni amano tanto i social? Perché attraverso di essi soddisfano il proprio desiderio di comunicare con le persone care (64,9%), si distraggono dai problemi personali (23,9%), conoscono persone con gli stessi interessi (20,2%) e ritengono che sui social possano esprimersi con maggiore libertà (11,1%). C’è un altro dato interessante che emerge dall’indagine: il 33,2% degli intervistati è convinto che i social siano in grado di unire le diverse generazioni, dal momento che per comunicare si ha la possibilità di utilizzare lo stesso linguaggio.

Parlare di social network e arrivare alle fake news il passo è breve. Come si sa, rispetto ai media tradizionali, le notizie che vengono riportate sui siti online non subiscono (o quasi) controlli; ecco, quindi, che si fa pressante la necessità di verificare le fonti delle informazioni. Il 44% degli over 50 intervistati ha dichiarato che controlla “sempre” o “spesso” la provenienza della notizia; il 12,9% lo fa raramente mentre il 22% circa non controlla mai. E all’affermazione: “Non controllo le fonti, ma se una notizia mi sembra attendibile la condivido”, oltre il 65% degli intervistati si trova d’accordo. I più attenti alle fonti sono coloro che hanno tra i 50 ed i 60 anni, risiedono nelle grandi aree metropolitane e sono dotati di un alto titolo di studio. I meno attenti, e perciò facilmente in balia delle fake news, sono gli ultra settantenni e chi risiede nei piccoli centri urbani. C’è da fare una piccola annotazione: tra coloro che non si preoccupano di controllare le fonti delle notizie che leggono in rete, il titolo di studio non è una discriminante.

Quante volte, leggendo le notizie sui giornali online o sui social network, ne controlla la fonte?

Sempre

22,4%

Spesso

21,8%

Talvolta

20,3% 12,9% 22,7%

Raramente Mai Fonte: Format Research per 50&Più

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Inchiesta 50&Più Pronto, dottore... La pandemia ha dato una spinta importante anche al modo di rapportarsi degli over 50 con l’assistenza sanitaria. Dall’indagine, infatti, risulta che in quest’ultimo anno e mezzo, circa il 73% degli intervistati ha avuto rapporti con il proprio medico di base e/o con altri medici tramite la tecnologia. In particolare, il 52,0% degli intervistati ha dichiarato che durante il lockdown si è raffrontato con il proprio medico di fiducia tramite il telefono, mentre il 48,4% lo ha fatto attraverso Sms, WhatsApp, e-mail, e il 6,5% con videochiamate. C’è stato un 5,9% che ha utilizzato diversi sistemi di telemedicina come: la “televisita” (37,0%), la “teleriabilitazione” (36,1%), la “teleassistenza” (26,0%) ed il “telemonitoraggio” (24,5%). Il rapporto “a distanza” è stato scelto prevalentemente dalle donne e da coloro con età compresa tra i 50 ed i 60 anni e, in lieve prevalenza, dai residenti nelle Regioni meridionali. E se la telemedicina dovesse diventare la nuova frontiera del sistema sanitario dei prossimi anni, certamente gli over 50 sono i più disponibili al cambiamento, tanto che il 53,0% di essi ritiene che la telemedicina possa facilitare le prescrizioni dei farmaci, che arriverebbero direttamente sul cellulare; il 46,2% la considera importante nella riduzione dei tempi di attesa per gli esami clinici; il 34,9% per avere cure più tempestive; il 32,6% per avere tutti i dati sanitari raccolti in formato digitale; il 28,3% per consultare a distanza il medico o lo specialista senza andare in un centro sanitario. In sintesi, il 31,9% degli over 50 ritiene che in un futuro prossimo le tecnologie digitali in campo sanitario permetteranno alle persone in età avanzata di vivere con mag50

La pandemia di Covid-19 ha favorito l’assistenza sanitaria digitale ed il controllo remoto dei pazienti. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, lei ha mai interagito a distanza con il suo medico curante o con altri specialisti?

Telefono

52,0%

Messaggi (SMS, WhatsApp, e-mail) Videochiamata

6,5%

48,4%

Sistemi di telemedicina

5,9%

Preferisco andare di persona

Il medico non l’ha acconsentito

22,7%

5,0% Fonte: Format Research per 50&Più

Lei ritiene che servizi come la telemedicina possano aiutarla a beneficiare di servizi di assistenza sanitaria anche in futuro?

Sì, per avere la prescrizione di farmaci direttamente sul cellulare Sì, per ridurre i tempi di attesa per gli esami Sì, per avere cure più tempestive

53,0%

46,2%

34,9%

Sì, per avere i dati sanitari in formato digitale

32,6%

Sì, per consultare a distanza il medico Altro

0,6%

Nessuno

28,3% 12,0% Fonte: Format Research per 50&Più

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giore serenità e il 29,7% che agevoleranno i senior, rendendoli più autonomi. C’è invece una fetta di intervistati, il 29,9%, che ritiene che le tecnologie digitali possano creare l’isolamento delle persone in età avanzata in quanto incapaci ad utilizzarle, mentre per l’8,5% degli over 50 niente può sostituire il recarsi fisicamente dal medico. Se la casa si fa intelligente Luci che si accendono al passaggio, tapparelle che si alzano o si abbassano con un comando vocale, lavatrici che si attivano anche a distanza grazie a un’app, frigoriferi che avvisano con un messaggio sullo smartphone che manca uno specifico alimento, assistenti vocali che danno informazioni. La domotica si sta facendo strada nelle nostre vite, le accompagna, le semplifica, si mette al servizio delle esigenze di ognuno. Il futuro sembra essere già qui, ma cosa pensano gli over 50 della tecnologia applicata alla vita di tutti i giorni? Il 43,4% di essi ritiene senz’altro utile possedere un sistema informatico, se questo permette di risparmiare tempo e fatica o salvaguarda la salute delle persone come fanno i localizzatori, il telesoccorso, i sensori di gas o di fumo, le automazioni per porte o finestre, i sistemi salvavita. Anche in questo caso, i maggiori fan della domotica sono soprattutto donne, chi ha un’età compresa tra i 60 ed i 70 anni, i residenti nelle regioni del Nord e del Centro Italia e i possessori di un alto titolo di studio (laurea o post-laurea). Un robot per amico Gli assistenti vocali stanno pian piano accompagnando la nostra quotidianità: da Siri ad Alexa, passando per Google assistant, sono tanti i

Lei ritiene che, da qui ai prossimi anni, le tecnologie digitali, applicate al campo della salute…? Consentiranno alle Isoleranno persone in età sempre di più le avanzata di vivere persone in età con maggiore avanzata che non serenità anche sono in grado di all’interno della utilizzare le propria casa tecnologie digitali

31,9

29,9

Agevoleranno le persone in età avanzata per renderle più autonome

29,7

Non avranno futuro, non sono strumenti che ispirano fiducia quanto recarsi fisicamente dal medico o dallo specialista

8,5

Fonte: Format Research per 50&Più

dispositivi in grado di aiutarci nelle piccole incombenze quotidiane. Ma quali sentimenti ha suscitato la prima interazione degli over 50 con questi dispositivi? Il 45% degli intervistati ha provato gioia e/o eccitazione, mentre un altrettanto 45% ha provato tristezza, angoscia, ansia, paura. E, se un giorno dovesse accadere di vivere in uno dei mondi descritti da Isaac Asimov nei suoi romanzi, e gli over 50 dovessero interagire con dei robot, quali sentimenti li animerebbero? Presto detto. Al campione preso in esame dalla ricerca è stata, infatti, posta la

seguente domanda: “Pensando al prossimo futuro, cosa penserebbe se le dicessero che un giorno i nostri animali da compagnia potranno essere sostituiti da robot in tutto e per tutto uguali? Quale stato d’animo prevale in lei?”. Il 38,5% accetterebbe di vivere con un robot del tutto simile ad un animale domestico, ma non sarebbe poi così contento: il 47,7%, infatti, proverebbe tristezza; il 20,4% sorpresa; il 6,7% angoscia; il 4,8% rabbia; il 4,2%; paura, il 2,9% ansia e solo il 2,9% eccitazione. E, visti i risultati, possiamo dire ai vari Fido e Fuffi, che possono dormire sonni tranquilli.

Da qui ai prossimi anni, lei riterrebbe utile disporre di un sistema che automatizzi alcune funzioni della sua abitazione e che le consenta di risparmiare tempo e fatica?

No,

non lo riterrebbero utile

56,6%

Si,

lo riterrebbero utile

43,4% Fonte: Format Research per 50&Più

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L’ETICA DEI DATI DIGITALI L’attività digitale garantisce agli anziani una forma di inclusione, sia culturale sia economica, che contribuisce a prevenire il loro isolamento sociale di Ilaria Romano

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a diffusione delle tecnologie digitali e l’aumento dei dati che più o meno consapevolmente ogni utente rilascia in rete, pone una questione etica nella gestione di queste informazioni potenzialmente infinite, e che riguardano tutti i campi della vita dell’individuo. Privacy, inclusione e accesso diffuso sono solo alcuni dei temi che rientrano in questa riflessione, e che abbiamo affrontato con Laura Palazzani, ordinario di Filosofia del diritto all’Università Lumsa e vice presidente vicario del Comitato Nazionale per la Bioetica. Professoressa Palazzani, nel saggio Etica nella gestione dei dati digitali e persone anziane incluso nel volume Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali, fa riferimento al concetto di “dataismo”: di cosa si tratta e quali sono i rischi legati all’immagazzinamento digitale dei dati? Il “dataismo” è un fenomeno che attiene alla “nuova ondata tecnologica” che sta avvolgendo in modo dirompente l’uomo e la società, che tende a ridurre gli esseri viventi a flusso incessante di dati o “infosfera”. “Big data” è un’espressione che si sta sempre più diffondendo nel contesto del rapidissimo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, della comunicazione (ICT) e dell’informatica, e indica l’enorme quantità di dati che possono essere raccolti in modo sempre più rapido, che riguardano le informazioni anagrafiche, personali e sociali, ma anche le abitudini di vita, le preferenze, le convinzioni, l’appartenenza politico-ideologica, gli stati emotivi, gli atteggiamenti, le attitudini. Le caratteristiche dei dati raccolti sono riassunte dalle “4V”: volume (ossia quantità elevata), velocità (rapidità nella raccolta), varietà (diversità delle fonti), veracità (problema dell’autenticità dei dati). Da consenso informato a consenso informatico: quali sono i dati rilasciati in re-

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te con maggiore facilità e quali i più “appetibili” per la profilazione dell’utente? La risposta alla richiesta di consenso al trattamento dei dati è davvero consapevole? Si inizia a parlare di consenso “informatico” che dovrà essere necessariamente ampio, flessibile, dinamico, con caratteristiche ben diverse dal consenso informato “classico”, usato nella biomedicina, ossia ristretto, specifico e dettagliato. Il consenso informatico diviene una sorta di “presa di coscienza” della raccolta dei dati, della difficoltà dell’anonimato (e della possibilità sempre aperta dell’identificazione, per quanto si possa usare la codificazione dei dati), delle incertezze sui luoghi e sui tempi della conservazione dei dati, dell’impossibilità di garantire sicurezza e confidenzialità sempre e in ogni circostanza, della possibilità di abusi di dati. Una presa d’atto che serve a rendere consapevole l’utente digitale dei possibili rischi della “dazione” dei dati, specie in ambito sanitario, ma anche delle assicurazioni e del lavoro: non sempre i cittadini o utenti digitali ne sono pienamente consapevoli e si limitano a cliccare un “sì” senza davvero leggere le informazioni contenute, spesso lunghe e tecniche. Ciò diviene pericoloso, in particolare, se la profilazione riguarda i dati clinici che implicano informazioni sulla salute. La profilazione casuale può provocare la discriminazione di alcune categorie sociali, mentre l’accesso degli utenti può presentare alcune “barriere” all’ingresso: guardando agli anziani e alle loro esigenze, come si interviene per limitare le disuguaglianze e aumentare la consapevolezza di quali e quanti dati personali vengono rilasciati in rete? La scarsa partecipazione alla “sfera digitale” da parte delle persone anziane le porta ad essere esclu-

se dalla profilazione, e questo può causare forme di discriminazione. Il problema per le persone anziane riguarda il “divario digitale” o la diseguaglianza di accesso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Bisognerebbe consentire a tutti di acquisire strumenti, capacità e motivazione all’uso delle nuove tecnologie, per partecipare pienamente alla società e non essere emarginati dalla rete. Va colmata, per quanto possibile, l’ineguaglianza digitale a causa dell’età (con riferimento agli anziani), della condizione socioeconomica, dell’area geografica di appartenenza: anziani, ma anche persone meno colte, povere, abitanti

degli anziani nel campo della digitalizzazione dei dati? Di particolare interesse il documento Diritti umani, partecipazione e benessere degli anziani nell’era della digitalizzazione (Conclusioni del Consiglio d’Europa del 9 ottobre 2020), che declina gli aspetti specifici della digitalizzazione, soffermandosi sulle sfide specifiche con particolare riferimento alle disparità nell’accesso alle tecnologie (sia per età che per sesso) e nelle competenze necessarie nel mondo digitalizzato. Sono sottolineati il diritto all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente, il diritto di accesso ai servizi essenziali - com-

dei Paesi in via di sviluppo, sono i soggetti più vulnerabili dell’era digitale. Al tempo stesso va garantito un accesso alternativo ai servizi (in particolare, proprio ai servizi sanitari) per chi preferisce non entrare nella sfera digitale, senza subire discriminazioni per tale scelta. Le persone anziane, non essendo “nativi digitali”, possono avere difficoltà maggiori. Andrebbero diffusi gli strumenti che sollecitano la loro partecipazione e che offrono nuove opportunità di confronto, condivisione, conoscenza, motivazione. Quale è stato il contributo del Consiglio d’Europa rispetto ai diritti

presa la comunicazione digitale - nel contesto del diritto fondamentale alla parità di trattamento, a prescindere dall’età, in particolare per quanto riguarda la garanzia di protezione e sostegno a coloro che ne hanno bisogno. Si ribadisce che gli anziani hanno il diritto di partecipare pienamente alla vita pubblica, sociale e culturale, nonché all’istruzione, alla formazione continua e all’apprendimento permanente. L’attività digitale garantisce sempre più la partecipazione e l’inclusione attive a livello sociale, culturale ed economico e contribuisce a prevenire l’isolamento sociale.

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Inchiesta 50&Più

SÌ ALLE TECNOLOGIE, MA NON PERDIAMO DI VISTA LO SGUARDO UMANO A dirlo a 50&Più è il professor Leo Nahon, specialista in Psichiatria e già direttore S.C. Psichiatria dell’Ospedale Niguarda che, assieme al collega, professor Marco Trabucchi, ha curato il capitolo “L’anziano e le sue fragilità nel tempo del progresso tecnologico” nel libro “Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali” di Giada Valdannini

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con lui che abbiamo voluto affrontare il tema del rapporto tra anziani e tecnologia: nuova via a una crescente forma di tutela e benessere ma anche trappola, se male utilizzata o se troppo complessa nella sua gestione. Professor Nahon, perché avete deciso di confrontarvi con questo argomento? Perché ci sembrava imprescindibile muoverci secondo due vettori che sono in grande aumento: il numero degli anziani e la moltiplicazione della tecnologia. La tecnologia intesa sia come singola diffusione dei devices sia come innovazione. Come si possono aiutare gli anziani a padroneggiare la tecnologia in maniera adeguata? È un tema di alfabetizzazione tecnologica. Prima di tutto, degli utenti

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- cioè degli anziani -, e poi, in caso sanitario, del personale atto all’utilizzo. Il tema dell’alfabetizzazione tecnologica degli anziani va affrontato in un duplice modo: da un lato, già oggi, molte tecnologie hanno al loro interno le istruzioni d’uso che spesso, però, non si palesano bene e che dunque bisogna siano rese più accessibili. Inoltre, molto più di frequente, è utile e formativo l’intervento di un operatore sanitario o no, dedicato a questo. Possiamo poi anche dire che esistono delle varianti antropologiche interessantissime, che sono i nipoti che insegnano ai nonni a usare il personal computer, come anche la lavatrice con i display elettronici o la domotica. Nel caso, però, della tecnologia applicata alla salute degli anziani, deve esserci un elemento umano che faccia da cerniera.

Ci sono strumenti culturali e politici per imprimere un simile cambio di passo? Al momento, parte della popolazione in età matura fatica a districarsi con i devices. È un problema di mutamento culturale. Probabilmente, se l’atteggiamento culturale nei confronti dell’alfabetizzazione tecnologica degli anziani cominciasse a essere ritenuto prioritario, anche l’aspetto economico e l’aspetto formativo ne gioverebbero. Ma prima di tutto, bisogna che, sin dalla progettazione della tecnologia, si tenga conto di una possibile variabilità di utilizzo per persone ipoformate, come sono gli anziani, alla tecnologia di oggi e di domani. Proviamo a fare degli esempi concreti. Bisognerebbe pensare oggi a piccoli corsi di applicazione all’utilizzo della tecnologia. Un esempio su tutti, la biomedicina fruita dagli anziani: in sostanza, come far imparare a un anziano a vestire un device che monitorizzi il suo battito cardiaco, la sua pressione, la sua glicemia. Oggi, abbiamo degli strumenti che, grossomodo, con la complicità di un saturimetro, ci possono dare molti parametri. Naturalmente, bisogna che qualcuno si dedichi a insegnare all’anziano come rendersi autonomo. Questo è complicato quando vi siano soggetti con deficit cognitivi, come spesso accade con gli anziani perché, fisiologicamente, con l’età, l’attenzione cala, la memoria cala, le abilità psicomotorie calano. Proprio per questo la tecnologia, che dovrebbe essere una protesi a tutti questi cali, non può trasformarsi in un limite. Tanto più che il numero dei medici di base è in costante calo mentre le persone che hanno necessità di cure - con l’aumento della longevità - cresce.

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Ci sarà dunque necessariamente un rapporto sempre più tecnologico con il proprio medico curante? Corretto. Non solo andiamo verso una condizione in cui c’è un paziente umano e un caregiver tecnologico, ma l’entità di questa differenza tra umano e tecnologico rischia di diventare eccessiva con l’aumento della sofisticazione delle tecnologie. Sostanzialmente, la relazione di cura rischia di trasformarsi in una relazione di sorveglianza a distanza e quindi di disumanizzarsi, malgrado punti a un obiettivo di prevenzione. In ambito sanitario, la tecnologia quali vantaggi offre? La cosa interessante è che le tecnologie, proprio per la loro velocità, hanno degli eccellenti indici di capacità preventiva, però il rischio è che se tutto viene delegato all’hardware e al software, l’uomo scompaia. L’uo-

mo nel senso della figura del curante: che sia il curante medico, che sia il curante infermieristico, che sia il curante badante. C’è da considerare anche - come 50&Più ha ricordato in una recente inchiesta - , che il lavoro delle badanti, che è prezioso e gravoso, è in una fase assai delicata: il rischio è che, in assenza di adeguate tutele, questi lavoratori - spesso stranieri e donne - possano abbandonare il nostro Paese per tornare a casa. Loro non potranno mai essere sostituite da intelligenze artificiali. Il caregiver può essere aiutato e aumentato nelle sue capacità da alcuni strumenti tecnologici possibilmente semplici, tipo allarmi di caduta o alcuni di quelli che si usano già nella telemedicina, però non è possibile pensare a una sostituzione totale di tipo robotico.

Come si interviene sul tema del rapporto tra nuove tecnologie e medici di base? La prima cosa - ahimé - è trovare più medici di famiglia che sono sempre più in carenza perché, già adesso, la loro presenza deve essere parcellizzata tra un numero sempre maggiore di utenti che hanno sempre maggiori esigenze. Una volta risolto il problema del numero sempre più esiguo, vanno formati a un uso della tecnologia flessibile e non troppo delegante. Naturalmente la medicina ha sempre saputo superare questi ostacoli perché sempre, con l’introduzione di nuove tecnologie, il timore era “deleghiamo tutto alla macchina”. Un po’ è successo, ma la medicina ha sempre trovato il modo di far sì che l’elemento dell’intelligenza umana avesse il sopravvento sull’intelligenza artificiale.

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IL POTERE DELLE RETI CONTRO LA SOLITUDINE

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uale ruolo possono esercitare le reti sociali, virtuali e reali, per contrastare la solitudine nella terza età? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Rolandi, psicologa, psicoterapeuta e ricercatrice presso la Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso (Mi). Svolge attività di ricerca sull’invecchiamento e patologie collegate, con particolare interesse per i temi della prevenzione e dei trattamenti non farmacologici. Dottoressa Rolandi, Aristotele sosteneva che l’uomo è un animale sociale. È per questo che la solitudine fa tanta paura al giorno d’oggi?

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Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elena Rolandi, psicoterapeuta e ricercatrice presso la Fondazione Golgi Cenci di Romina Vinci

Il bisogno di intrecciare legami sociali intimi, di sentirsi parte di un gruppo è radicato nel nostro essere umani. L’uomo, da sempre, si è costituito in gruppi e questo gli ha permesso di sopravvivere e di avere anche un vantaggio rispetto ad altre specie che, da altri punti di vista, erano più forti. Le parole sono importanti, partiamo da quelle. Isolamento sociale e solitudine: sono due facce della stessa medaglia? Sono due concetti che si influenzano a vicenda. Si parla di isolamento sociale quando c’è una scarsità di contatti sociali. È un parame-

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QUANTA TELEMEDICINA NELLE REGIONI ITALIANE? Qual è stato il rapporto con la telemedicina negli ultimi anni? E ora che il Covid ha modificato le nostre possibilità di spostamento e di incontro? Uno dei contributi contenuti in “Ipotesi per il futuro degli anziani” affronta il tema dal punto di vista dei progetti avviati dalle Regioni. di Valerio Maria Urru Un’analisi dello stato dell’arte della telemedicina in Italia Mai come nell’ultimo periodo si è sentito parlare così tanto di telemedicina. E non solo tra i professionisti del settore. Anche la politica ha cominciato a guardarla con occhi diversi. Ricorderemo il 2020 come l’anno del Covid, ma anche come quello della “tempesta perfetta” nella Sanità, sia per quella italiana che per quella mondiale. L’emergenza ha messo in evidenza la necessità di incrementare nel settore l’impiego delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione a favore di servizi quali telemedicina, teleconsulto, diagnosi a distanza. Se fino al 2019 infatti questi hanno registrato un incremento non elevatissimo, il 2020 è l’anno spartiacque, quello di una vera e propria rivoluzione copernicana. Questo perché, ad un tratto, la telemedicina si è mostrata come l’unica strada percorribile per erogare i servizi sanitari. Non è un caso se proprio a dicembre 2020 sono state approvate le indicazioni nazionali sulla telemedicina dalla Conferenza Stato-Regioni. Ad un anno di distanza, oggi appare chiaro che ridefinire le regole per erogare da remoto alcune prestazioni sanitarie non era più procrastinabile. Questo ha permesso di cogliere sia i vantaggi della telemedicina che le fragilità territoriali, per superare le quali, in questo momento, è necessario fare riferimento alle priorità che il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) ha davanti a sé. Parte degli investimenti sono stati dedicati infatti anche allo sviluppo della telemedicina. Ma per comprendere il ruolo che questa sta assumendo sempre più in Italia, basta considerare alcuni dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano: prima dell’emergenza Covid il suo impiego si attestava poco al di sopra del 10%. Dopo la pandemia, il servizio di telemedicina più usato è risultato essere il teleconsulto: ad impiegarlo il 47% degli specialisti e il 39% dei medici di medicina generale. In merito alle soluzioni di telemedicina sull’intero territorio nazionale, lo stesso sito del Ministero della Salute fornisce un quadro, aggiornato alla situazione antecedente la pandemia da Coronavirus. I dati mostrerebbero che il primato per

tro oggettivo che tiene conto delle caratteristiche della rete sociale di una persona. La solitudine è, invece, il vissuto soggettivo che nasce dal percepire una discrepanza tra la tipologia della rete sociale che io vorrei e quella che in realtà ho. Ovviamente, l’isolamento sociale è un fattore di rischio importante per la

attività di telemedicina rilevate spetta all’Emilia-Romagna, seguita da Lombardia, Lazio, Sicilia e Toscana. In successione ci sono poi Piemonte, Veneto, Campania, Liguria e Umbria. Seguono Puglia e Sardegna, Valle D’Aosta, Marche, Calabria, Provincia Autonomia di Trento e Abruzzo, e infine Basilicata, Molise, Friuli-Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Bolzano. Se si considerano gli ambiti specialistici in cui la telemedicina è stata impiegata, la sua applicazione era prevalente in cardiologia (43%), seguita da radiologia (19%), pneumologia e neurochirurgia (14%), etc. Dal canto suo, l’emergenza Coronavirus ha implementato - se non generato - alcune realtà a livello nazionale e regionale. Con l’iniziativa “Innova per l’Italia”, lanciata nel marzo 2020 per individuare le migliori soluzioni digitali di telemedicina e assistenza domiciliare a contrasto del Covid, le Regioni si sono attivate in modo da colmare la distanza tra pazienti e strutture sanitarie. La Regione Lazio, ad esempio, ha adottato la piattaforma “Advice” e l’app “LazioDoctor per Covid”. La Regione Lombardia ha avviato il progetto di telemonitoraggio per pazienti Covid per ridurre i contatti: “Telemachus” (Telemedicine Monitoring and Collaborative Hub-and-Spoke System). È un sistema integrato di telemedicina basato su un’app e un braccialetto smart per monitorare le condizioni di salute dei pazienti Covid a distanza. Anche la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Direzione Regionale della Protezione Civile hanno attivato un progetto di telemonitoraggio Covid che si affianca ad un progetto di teleassistenza domiciliare per anziani già esistente. Sono solo alcune delle esperienze e realtà tracciate nella sezione che analizza il rapporto tra le Regioni e la telemedicina nel nostro Paese, la sua crescita e la sua condizione prima e dopo il Covid. Quello che emerge con maggiore evidenza è che un sistema sanitario moderno ha assoluto bisogno di telemedicina e sanità digitale, e che ormai l’efficacia delle misure di monitoraggio e di assistenza della popolazione è senza dubbio legata alla capacità di risposta della sanità territoriale.

solitudine, però non è detto che ad uno consegua sempre l’altro. Ci sono due tipi di solitudine: quella sociale e quella emotiva. Ci spiega la differenza? La solitudine sociale è più riferita all’appartenenza a un gruppo, quella emotiva si concentra invece sull’assenza di relazioni intime e

importanti rilevanti per la persona. Quali sono le fasi della vita in cui si soffre di più la solitudine? Due fasi che, apparentemente, sembrano agli antipodi, ossia quella dell’adolescenza e quella dell’età anziana. In realtà sono due fasi trasformative. L’invecchiamento infatti, può essere paragonabile solo dicembre 2021 | spazio50.org

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Inchiesta 50&Più

all’adolescenza, considerando la quantità di trasformazioni che si verificano, sia a livello corporeo che a livello sociale. Nell’adolescenza i ragazzi iniziano a individuarsi, a smarcarsi dal nucleo familiare e ad interagire con il gruppo dei pari. È un’età molto delicata, piena di possibilità, ma anche di rischi. Anche l’età anziana è una fase piena di rischi? Sì, lo è. È in questa fase che diminuisce la rete sociale, proprio per questioni anagrafiche. Aumenta, infatti, la possibilità di sperimentare delle perdite, anche di persone molto vicine. È più facile andare incontro alla presenza di malattie croniche che limitano, o rendono più difficoltosa, la partecipazione sociale e la mobilità. Si esce dal mondo del lavoro, che il più delle volte è un ambiente sociale. Insomma, il rischio di solitudine è più alto. Ed ecco che in questo discorso entra in ballo l’importanza delle reti: sociali ma anche virtuali. Anziani e web: che tipo di rapporto c’è? Molto eterogeneo. Ci sono persone anche molto anziane che usano gli strumenti digitali con un’alta frequenza, a scopo sociale o anche informativo. E poi c’è una grossa parte di anziani, che non hanno ancora alcun tipo di accesso e di competenza al digitale. Sono generazioni uscite dal mondo del lavoro quando l’era Internet stava per iniziare, oppure persone che esercitavano professioni che richiedevano altre competenze. Alcuni studi mostrano che il divario digitale, in realtà, rifletta un divario socioculturale, e questo è ancora più preoccupante. 58

Perché gli anziani oggi si avvicinano ai social network? Quali sono le spinte e quali i principali ostacoli? L’interesse è nell’intrattenere relazioni sociali, avendo un contatto più diretto con nipoti o figli, e sperimentando linguaggi di una generazione differente. D’altro canto però, essendo appunto un mondo nuovo, ci possono essere molti timori legati alla privacy o al pericolo di essere raggirati e truffati. E poi ci sono delle difficoltà tecniche. Pensiamo, ad esempio, ad un social network tipo Facebook: a livello di interfaccia, e di carattere, non è facilmente accessibile per le persone anziane. Non è un caso che la maggior parte prediliga WhatsApp: offre una modalità più diretta, rispetta il criterio di privacy ed è più semplice da usare. Quali possono essere i benefici, a livello emotivo, dell’uso dei social per gli anziani? Alcuni studi hanno paragonato alcune dimensioni del benessere psicosociale, in persone che facevano uso del digitale e in persone che non lo facevano. È emerso come chi utilizza il digitale ha un impatto positivo su vari parametri (il grado di soddisfazione di vita, la partecipazione a livello sociale, meno solitudine etc.). Altre ricerche, invece, hanno preso in considerazione persone che non facevano alcun uso del digitale prima, osservando poi come la loro vita sia cambiata, in meglio, dopo essersi avvicinati al web. Come saranno secondo lei, le nuove generazioni degli over 60, digitalmente alfabetizzate o meno? Sicuramente più delle precedenti, per un discorso di generazione. Anche il costrutto dell’essere anziano, del resto, non è statico, ma cambia nel tempo. È più facile che un settantenne, fra dieci anni, sarà già entrato in contatto con il digitale, rispetto ad un over 70 di oggi.

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Storie

Una ricorrenza legata anche a sapori, colori e profumi che diventano emozioni, e nel tempo, ricordi. Ne sa qualcosa Agata, un’ex insegnante che tra un bignè e una torta glassata ci racconta perché questa è davvero la Festa della famiglia

DA AGATA, DOVE IL NATALE È DI CASA di Giada Valdannini

I

mmaginate di immergervi nell’atmosfera unica del Natale, tra profumo di dolci appena sfornati e morbide decorazioni in ogni angolo di casa. È esattamente ciò che abbiamo incontrato, ospiti della signora Agata di Napoli. Lei ha

71 anni - classe 1950 - e un’energia incontenibile. Iniziando a parlare, e semplicemente guardandoci intorno, intuiamo che non ama starsene con le mani in mano. Per trentasei anni ha lavorato nella scuola superiore come insegnan-

te con la cattedra di Ragioneria e tecnica bancaria. È anche mamma: «Ho due figli - ci dice -, un ragazzo di quarantotto anni e una ragazza di quarantacinque», ma è anche nonna di «quattro bellissimi nipoti: un maschio, Emilio, di quattordici anni; la sua sorellina Elisa, che di anni ne ha quasi dodici, e di due altre due bambine - figlie della figlia - di quasi undici e quasi otto anni». Ha preparato per noi dei dolci napoletani a forma di alberelli di Natale, fatti di pasta di mandorle. Sono i cosiddetti mostaccioli, mentre le decorazioni verdi che abbelliscono la tavola circolare tutta imbandita sono a forma di stella: fatti in pasta di zucchero. In cucina, pronta da tirare fuori dal frigorifero, una torta che ricorda un verdissimo abete fatta anch’essa con pasta di zucchero e con la panna montata a rivestire un cuore a base di pan di spagna, bagnato nel rum. Per le decorazioni dicembre 2021 | spazio50.org

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Storie

floreali ha scelto il rosso ma, ci dice: «Se ne possono fare di tutti i colori, anche oro e argento». In più, c’è una torta di bignè fatti in casa e ripieni di crema pasticcera, tutti avvolti in ganache di cioccolata fondente e decorati con panna montata, pasta di zucchero e lamponi. «Cose sane - ci tiene a sottolineare lei -, uso solo prodotti di qualità. La pasta di zucchero la faccio a mano, non la compro. È a base di miele e ci aggiungo aromi come la vaniglia». Torte che - racconta - «si prestano molto anche per i compleanni dei miei nipoti che, infatti, mangiano solo dolci fatti dalla nonna». Ne va orgogliosa, Agata, e si percepisce anche quando ci mostra la collezione di alberi di Natale che ha confezionato con le proprie mani e che regala a parenti e amici. Sono alberi fatti all’uncinetto, di lana o realizzati con della fodera ta-

«Sono fortunata, durante l’anno ho sempre la mia famiglia intorno, ma che bello riunirla in presenza anche di cari amici» 62

gliata in cerchi che poi formano foglie che vengono incollate su una sagoma di polistirolo. «Li realizzo così, come mi viene in mente. In giro, trovo materiali che magari mi incuriosiscono: li compro perché so già che potrei realizzarci qualcosa». Creazioni per le quali impiega almeno un giorno e mezzo di lavoro, così come per altri alberi disposti su un altro tavolino, rivestiti di stoffa, imbottiti con ovatta da tappezzeria: tutti cuciti a macchina e decorati a mano. Allora ci incuriosiamo di tanta operosità e vogliamo capirne le ragioni. È per questo che le chiediamo come sia nata la passione per queste creazioni. «Nasce sin da piccolissima, perché la mia mamma mi ha messo tra le mani i ferri per lavorare la lana. La mia mamma, che era una donna d’altri tempi, non ammetteva che si stesse senza far nulla in casa. Perciò, quando si finivano i compiti, c’erano i lavori di casa e, quando si terminavano, tutte noi sorelle - eravamo in tre - dovevamo avere un lavoro tra le mani perché non si doveva stare senza far nulla». Ricorda di aver iniziato a creare piccoli capi che aveva appena otto anni. «Eravamo andati a trovare mia sorella più grande che si era già sposata: io mi annoiavo molto e allora mia mamma

mi ha messo in mano i ferri e mi ha insegnato a fare la maglia. Come primo lavoro ho realizzato un giacchino per il mio bambolotto». «In casa - ricorda - avevamo sempre un lavoro da fare, all’uncinetto, ai ferri, il ricamo. Chiaramente, questa consuetudine con cui io sono cresciuta perché sono cresciuta con i ferri da calza, l’uncinetto, l’ago da ricamo in mano - è poi rimasta nella mia vita. La cucina è arrivata poco dopo ed è stato sempre un altro aspetto nel quale mia madre ci ha tenute impegnate. Tutti assieme, nel tempo, sono diventati le mie passioni». Oggi è in pensione: «Lo sono già da quasi dieci anni. Sono rimasta sola mio marito non c’è più -, i nipoti sono ormai grandicelli e posso dedicare più tempo alla creatività. Non che abbia mai smesso: ho tirato su i nipoti fin da quando sono nati e mi hanno sempre vista all’opera tra ferri, uncinetto, ricami e cucina. Tra l’altro, sono una persona che dorme poco; mi alzo tranquillamente alle quattro, alle cinque del mattino e non dormo più di quattro, cinque ore a notte. Perciò, una volta in piedi, quando non si possono fare le faccende di casa, ho sempre tre o quattro lavori in mano iniziati». Per lei, il Natale è la festa più importante dell’anno perché è quella in cui si riunisce la famiglia. «Sono fortunata, anche durante il resto dell’anno ho sempre la mia famiglia intorno, ma che bello riunirla in presenza anche di cari amici. Per le Feste, infatti, noi che siamo nove diventiamo sempre dai quindici in su». Un bell’impegno, verrebbe da dire, «ma che soddisfazione!». La più grande? «Quando i miei nipotini mangiano tutto quello che propongo, ma anche l’apprezzamento da parte degli amici. Tempo fa, per una parmigiana di melanzane, mi è stato detto: meriterebbe di essere nominata come patrimonio dell’umanità!».

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Benessere

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li stabilimenti termali, spesso con annessi centri benessere, si confermano essere sempre più richiesti e frequentati, grazie alla rapida diffusione di una cultura che riserva molte attenzioni alla cura e al benessere del corpo. Fin dai secoli passati, l’Italia è stata terra privilegiata per la quantità e la qualità delle sue terme. Se per gli Etruschi si trattava di acque sacre dove ritrovare benessere e salute, gli antichi Romani non solo ne conoscevano gli effetti benefici, ma le consideravano luogo designato alla bellezza e alle relazioni importanti. Oggi il nostro Paese ha ancora la maggiore offerta termale, la cui qualità è riconosciuta a livello scientifico. Il sistema termale italiano riceve e assiste oltre 2 milioni di persone, di cui il 12% costituito da stranieri. Sono oltre 320 i centri termali in funzione sparsi in diverse Regioni, il 90% dei quali accreditato al Servizio Sanitario Nazionale, un rilevante patrimonio che unisce il fascino delle proprietà curative delle sue acque e l’offerta culturale e gastronomica del territorio. L’arte dell’accoglienza e gli scenari suggestivi trasformano il termalismo in una raffinata forma di turismo, lontana dallo stress contemporaneo. Scegliere un percorso rigenerante personalizzato di almeno una settimana, accompagnati dal costante controllo medico e da staff di operatori qualificati, aiuta a combattere le patologie delle diverse età e determina benefici psicofisici. Il relax che deriva da una tappa alle terme è dato dalla presenza di vari metalli e minerali nelle acque: dal ferro al calcio, dallo iodio allo zolfo, al rame, allo zinco e molti altri. Tutti elementi di cui il nostro corpo ha bisogno. L’acqua che sgorga dalle sorgenti a temperature più alte del solito, esalta l’azione di queste sostanze e re-

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Le cure termali sono un valido aiuto nella prevenzione e nella cura naturale di molte patologie croniche e contribuiscono a ridurre la somministrazione di farmaci. Sono adatte ad adulti e bambini, ma sicuramente i senior possono trarne il maggiore beneficio

IL PIACERE DELLE TERME, PER RIGENERARE CORPO E MENTE di Viviana Rubini gala un effetto rilassante e appagante a tutto il corpo. Per alcuni cicli di cura è necessaria la prescrizione medica e, spesso, è proprio il medico di base a consigliarli per la prevenzione o il trattamento di alcuni disturbi, oppure per percorsi di riabilitazione; la loro azione, infatti,

riduce in modo significativo i tempi di recupero degli sportivi. Le cure termali sono un alleato prezioso anche per la nostra epidermide: in caso di dermatiti, eczemi o psoriasi, lo zolfo è un toccasana. La pelle purtroppo è spesso sotto stress, basti pensare al massiccio uso di disin-

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attualità

fettanti e saponi. Una giornata di distensione alle terme avrà il potere di donarci un aspetto risanato: più rilassato, tonico e luminoso. Anche le nostre vie aeree sono sottoposte a sollecitazione: a parte i virus, stagionali e non, a causa del freddo dobbiamo combattere infiammazioni come sinusiti e otiti, o malattie croniche come le allergie e le riniti. Le inalazioni delle acque termali portano con sé un’azione vasodilatatoria, per tornare a respirare a pieni polmoni. Inoltre, con la riabilitazione respiratoria, volta al recupero della capacità e dell’ampiezza respiratoria - persa, per esempio, per danni da Coronavirus - vengono usate tecniche specifiche, capaci di contrastare le infiammazioni bronchiolo-alveolari migliorando lo stato delle mucose. E purtroppo con l’età, le ossa e le articolazioni, sottoposte negli anni a diverse sollecitazioni, sono soggette a malattie come i reumatismi, l’artrosi e soprattutto l’osteoporosi. Il bicarbonato di sodio e lo zolfo hanno un’azione antinfiammatoria, mentre il fango termale è caratterizzato da sorprendenti proprietà curative. Anche gli organi interni possono beneficiare degli effetti positivi dell’acqua termale. Basti pensare all’inte-

IL BONUS 2021 Per ripartire da se stessi Dopo lunghi mesi di restrizioni, l’idea di avvicinarsi al Natale potendo trascorrere ore di svago è allettante. I centri termali, come tutte le attività che prevedevano l’ingresso al pubblico, sono rimasti chiusi o aperti a singhiozzo per tanto tempo, con risvolti economici disastrosi. Il Bonus terme 2021 puntava a incentivare la ripresa delle attività, spronando i cittadini a uscire nuovamente e a riprendere gradualmente una vita “normale”, occupandosi di se stessi. E’ stato boom delle richieste e il plafond è andato esaurito nel giro di 4 ore dall’apertura delle registrazioni. Con lo stanziamento di 53 milioni di euro previsto, sono stati concessi circa 265mila bonus da 200 euro.

stino e ai suoi disturbi, dalla semplice irregolarità intestinale alla stipsi o al colon irritabile. In questi casi, un bicchiere d’acqua termale potabile può aiutare. Un bagno termale stimola anche il sistema immunitario: le acque contengono iodio e cloro, che potenziano i globuli bianchi. Numerosissimi sono inoltre i trattamenti estetici, per viso e corpo, nonché i prodotti cosmetici a base di fanghi o di acque termali: dalle creme alle maschere facciali, fino ai trattamenti riducenti, drenanti o snellenti. Le proprietà termali svolgono un’azione antinfiammatoria, idratante e lenitiva, stimolano la microcircolazione e favoriscono il ringiovanimento cutaneo, restituendo vitalità e tono. Un soggiorno prolungato ai centri termali non fa bene soltanto al nostro metabolismo e ai nostri organi, è anche un toccasana per la mente. Ci consente di fermarci, di dire stop allo stress, alla fatica. Le terme diventano così un’oasi di relax, una bolla di pace per coccolarsi, in un ambiente protetto e invitante. Il mondo esterno, con tutte le sue tensioni, i suoi rumori e le sue nevrosi, diventa improvvisamente lontano. Trattiamoci meglio, per vivere meglio. dicembre 2021 | spazio50.org

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Inclusione sociale

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utto ha avuto inizio una quindicina di anni fa nell’accogliente e colorato locale Tacabanda di Asti, bella cittadina piemontese ai piedi di colli rigogliosi, particolarmente apprezzata per la sua cucina, il vino e i sapori antichi, che da queste parti rappresentano quasi una religione laica. Un incontro, quello avvenuto tra i tavoli del locale nel centro storico, dagli aspetti incredibili soprattutto se letti alla luce di quanto si è poi sviluppato: un’esperienza all’avanguardia da un punto di vista imprenditoriale e sociale, alberghi e ristoranti aperti in più parti d’Italia e nel mondo ma, soprattutto, una storia di integrazione e di autonomia per coloro i quali sono considerati ancora da troppi “i diversi”, in questo caso quelle persone con sindrome di Down. A raccontarci questa storia è uno dei suoi protagonisti, Alex Toselli, presidente della Cooperativa Download e fondatore di Albergo Etico. «La scintilla - ci dice - si è accesa in modo molto semplice con un incontro assolutamente fortuito, come spesso accade per i progetti che hanno alla base un’idea innovativa e di grande respiro. Sono quegli incontri, come si dice: “scritti nelle stelle”. In una cantina nella città vecchia di Asti racconta Toselli - un ragazzo con sindrome di Down, Niccolò, quello che consideriamo il nostro “punto zero”, si reca al ristorante Tacabanda, e lì ha un incontro per lui imprevedibile quanto fruttuoso, quello con uno chef: Antonio. Niccolò è uno studente con sindrome di Down della Scuola Alberghiera, Agenzia di Formazione Professionale delle Colline Astigiane, che alla fine, all’interno del ristorante Tacabanda, effettuerà il suo primo stage formativo. A gestire il locale lo chef Antonio De Benedetto e suo fratello Egidio, che subito comprendono le potenzialità di Niccolò, che

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NELL’ALBERGO ETICO, DOVE IL TALENTO VA OLTRE LA DISABILITÀ Tra buon cibo, vini prelibati e atmosfere antiche, ad Asti è nato il primo Albergo che forma e prepara ragazzi con la sindrome di Down all’esperienza professionale. Un sistema di integrazione e cammino verso l’autonomia che è stato ribattezzato “Metodo Download” di Giuseppe Cionti

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Foto Veronica Onofri

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metodo Download

À «Con il termine informatico “download” si vuole descrivere l’azione di sintesi e semplificazione dell’esperienza professionale verso la persona con deficit cognitivo, sensoriale e fisico, come in un immaginario scaricamento dati tra sistemi operativi».

da parte sua risponde con un incredibile entusiasmo. Ed io? - prosegue nel suo raccolto il presidente della Cooperativa Download -. Ero lì come un commensale qualsiasi, ho visto e notato quell’incontro che mi è parso di incredibile fecondità e ci ho messo la mia esperienza manageriale. Da lì è poi nato il primo tirocinio e l’inizio dello stage, il primo di una lunga serie che sono stati effettuati all’interno del Tacabanda negli anni successivi, e che hanno portato alla creazione e al progressivo consolidamento del metodo “Download”». Un metodo questo, considerato all’interno della Cooperativa, una sorta di piattaforma propedeutica alla ricerca e alle esperienze lavorative sul campo. Lo schema è semplice: si parte dall’osservazione diretta e attenta dei ragazzi, delle loro dinamiche relazionali e dei cambiamenti generati dall’esperienza lavorativa. «In maniera induttiva, l’osservazione dell’esperienza dei singoli ragazzi passati dalla cucina e dalla sala del proprio ristorante ha portato lo chef Antonio De Benedetto a elaborare un metodo generale, basato su principi e regole replicabili, ma comunque nel rispetto delle differenze tra persone e tra disabilità: i percorsi dei ragazzi vengono, infatti, personalizzati in base alle specifiche esigenze ed esperienze individuali». Il metodo si chiama “Download” perché, come descritto dal sito web ufficiale di Albergo Etico, “con il termine informatico download si vuole descrivere l’azione di sintesi e semplificazione dell’esperienza professionale verso la persona con deficit cognitivo, sensoriale e fisico, come in un immaginario scaricamento dati tra sistemi operativi”. Ma perché proprio Asti e quel territorio? Si è trattato solo di un incontro fortuito o c’è dell’altro, fino a parlare di terreno fertile per una esperienza innovativa?, chiediamo a

Toselli. «Penso che si possa parlare di ambedue gli aspetti - ci risponde -. Certamente la casualità di un incontro può significare molto ma in territori piccoli molto spesso, ed è il nostro caso, si sviluppa una comunità molto forte. In piccole realtà certe esperienze sono più contaminanti e i ragazzi, se una comunità è sana, sono più inclusi, e poi il nostro territorio è noto per l’enogastronomia e si fa ristorazione di qualità…». Ma torniamo al sistema Albergo Etico e a tutte le sue derivazioni. L’albergo di Asti resta il “quartier generale” dopo che si è ridato vita ad un’antica casa di ringhiera a corte chiusa in mattoni a vista che - illustra il depliant della struttura - “conserva il fascino delle case di un tempo, tra città e campagna, ma offre tutti i comfort, coniugando semplicità ed efficienza”. Ma parte di questo sistema di integrazione e cammino di autonomia legato al lavoro, sono anche una serie di indicatori che, quasi scientificamente, seguono l’evoluzione delle singole persone rispetto all’impegno profuso. “Applicando un modello basato sul dialogo estensivo con gli stakeholder (investitori), abbiamo calcolato - si apprende dal sito ufficiale di Albergo Etico - che per l’anno fiscale 2018 la Cooperativa Download ha generato un ritorno sociale di 3,72 euro per 1 euro investito. Per evitare di sovrastimare l’indice, è stato utilizzato un approccio conservativo. È quindi possibile affermare che il risultato ottenuto descrive un notevole ritorno in termini sociali”. In via previsionale, si è calcolato anche il ritorno sociale sull’investimento che ci si aspetta di avere per l’esperienza nella città di Roma, dove a novembre 2018 è stato inaugurato Albergo Etico Roma, e di Pistoia. Indicatori importanti visto che la realtà di Albergo Etico è ormai diffusa oltre ad Asti e nella Capitale, a Sondrio, Cesenatico, dicembre 2021 | spazio50.org

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Inclusione sociale Bari, Fenis (Ao), Matera, mentre esperienze si stanno portando avanti in Argentina, Albania, a Bratislava ma, soprattutto, in Australia, nelle Blue Mountains. «Dell’esperienza australiana - ci dice Alex Toselli - vado particolarmente orgoglioso perché la nostra è la prima impresa sociale del genere in quel grande Paese. Oggi, di fatto, impieghiamo 8 persone con disabilità inserite nell’Albergo Etico australiano, ma teniamo presente che lì le attività riprendono solo in questo mese per via del lockdown». Un’esperienza replicabile in altri contesti, anche nazionali, per andare oltre i confini nazionali. «Assolutamente sì - risponde convinto Toselli - e a 360 gradi. Già è così con ragazzi e ragazze che hanno trovato spazio lavorativo in altri settori come nella logistica, o in un concessionario auto, seguendo ciò che più li avvicina ai propri interessi ed incontrando persone che hanno visto in loro il talento oltre ad una disabilità. Penso - aggiunge - che si tratti di un modello vincente anche in altre realtà, perché si basa su una solida formazione personale e su un cammino di autonomia e presa di coscienza delle proprie capacità». Altro pilastro di questa esperienza così particolare è l’“Accademia dell’Indipendenza” che, attraverso un’esperienza di emancipazione e formazione, vuole portare i ragazzi con sindrome di Down ad avanzare in un cammino di autonomia e sicurezza fisica e psichica. L’Accademia, è stata pensata sulla falsariga di esperienze simili sperimentate nel mondo militare, dove c’è una struttura gerarchica ben definita e riconoscibile che accompagna e sostiene il ragazzo, e una “divisa” comune che ne rende evidente lo spirito di gruppo e di unità. «La presenza diffusa in città di ragazzi che si muovono in divisa - ci spiega - stimola la collettività a riflettere e a porsi domande. 68

É anche un modo per allargare la riflessione sull’inserimento lavorativo dei ragazzi con esigenze particolari e per aumentare il numero di imprenditori disponibili ad accoglierli tra il loro organico». Altro elemento all’interno dell’Accademia che risulta di primaria importanza è la possibilità di poter usufruire di uno spazio dove poter soggiornare. «L’Accademia è un percorso graduale attraverso cui il ragazzo apprende a svolgere tutte le mansioni dell’albergo e del ristorante e le replica nel contesto famigliare. Il percorso è stato pensato della durata di tre anni, sulla base dell’esperienza maturata che ci ha permesso di capire come questo sia il tempo medio necessario per giungere ad una autonomia vera - aggiunge Toselli -. I ragazzi imparano a non tornare a casa per dormire, ma a dormire nelle stanze dedicate al personale. Questa è un’altra grande occasione per tagliare il cordone ombelicale con la famiglia e imparare a vivere con i propri coetanei. É incredibile osservare

come queste occasioni di autogestione li responsabilizzino e li motivino». Nella foresteria dell’Albergo non ci sono assistenti o educatori, ma solo colleghi di lavoro dove i più esperti e maturi fanno da tutor ai nuovi arrivati. Altre realtà del circuito di Albergo Etico sono quelle esperienze legate alla cosiddetta “agricoltura sociale”, dove nel corso degli anni sono state portate avanti delle piccole sperimentazioni con alcuni dei ragazzi, constatando come la cura e l’attività di giardinaggio e orticoltura possano essere occasioni importanti di crescita. In particolare uno dei progetti che si vorrebbero realizzare è la creazione di un Parco Bio Etico, un’area agricola dove gli allievi dell’Albergo Etico possano gestire un piccolo orto e qualche animale da cortile. Per favorire la collaborazione con la società, il Parco - si sottolinea - potrebbe essere gestito in collaborazione con associazioni di volontariato, privati, anziani e scuole.

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Scienze

FIBROMIALGIA, malattia “invisibile”

Si tratta di una patologia dolorosa e debilitante, che colpisce maggiormente le donne e non presenta alterazioni organiche evidenti. Per questo motivo, molte tra le persone che ne soffrono sono costrette ad attendere a lungo prima di ricevere una diagnosi di Paola Stefanucci

È

una sindrome dolorosa molto frequente. Fa soffrire quattro italiani su cento. La fibromialgia appare nella letteratura medica sin dal Settecento. Eppure la sua origine resta tuttora misteriosa. Innumerevoli gli studi scientifici e le ipotesi formulate nel tempo al riguardo, ma nessuna - finora - chiara e definitiva. Questa patologia reumatologica, poiché non presenta alterazioni organiche documentabili attraverso esami stru-

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mentali e di laboratorio specifici, è talvolta definita “malattia invisibile”. Per tale motivo, le persone che ne sono affette si sentono poco comprese. Dalla comparsa della sintomatologia al ricevimento della diagnosi di sindrome fibromialgica arrivano spesso dopo aver vagato, sconfortate, da uno specialista all’altro ed essersi sottoposte a numerosi controlli medici, perlopiù costosi e inutili. «Non di rado i pazienti si presentano nel mio ambulatorio trascinando un

trolley zeppo di referti, ma senza una diagnosi precisa. È utile prescrivere gli esami di laboratorio - ci spiega, in proposito, Cristina Iannuccelli, ricercatrice reumatologa presso l’Università La Sapienza di Roma - solo per escludere altre patologie i cui sintomi siano sovrapponibili a quelli caratteristici di questa malattia “funzionale”, la cui diagnosi è prettamente clinica, perché non presenta alcun danno d’organo». Quali sono i sintomi che indirizzano verso la diagnosi di fibromialgia? La fibromialgia è caratterizzata da dolore cronico muscolo-scheletrico diffuso, dalla durata superiore a tre mesi, localizzato nell’emilato destro o sinistro del corpo, o al di sopra o al di sotto della cintola, o lungo la colonna vertebrale. In queste sedi sono identificabili 18 punti algogeni, i cosiddetti “tender points”, aree anatomiche circoscritte dolenti alla digitopressione. I primi criteri classificativi prevedevano

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Salute

“Tender points”, i 18 punti algogeni

la presenza sia di dolore diffuso che di dolorabilità in almeno 11 su 18 tender points da almeno 3 mesi. Negli anni, però, i criteri classificativi sono stati profondamente modificati: i nuovi criteri diagnostici del 2016 prevedono l’utilizzo di un indice di dolore diffuso abbinato a una scala di severità dei sintomi. La malattia è inoltre associata a tutta una serie di sintomi clinici quali: umore altalenante, depresso o ansioso, cistite interstiziale (pollachiuria e minzione urgente, fino a 60 volte), dismenorrea nelle donne, sindrome sicca (secchezza degli occhi e della bocca) e manifestazioni simili al fenomeno di Raynaud (alterazione del microcircolo della mano che provoca dolore e variazioni reversibili del colorito della pelle - pallore, cianosi, eritema - a carico di una o più dita). Invalidanti da

un punto di vista clinico sono i disturbi del sonno e la cefalea muscolotensiva, presenti nel 75% dei pazienti. Ed ancora l’astenia, un stato generale di affaticamento non solo fisico, ma anche mentale, la cosiddetta “fibro flog”: una sorta di appannamento e confusione (nebbia) mentale, con deficit di memoria e attenzione. Di fronte a una tale varietà e complessità di sintomi, che vanno valutati anche per la loro severità, si comprende quanto laborioso sia distinguere tra fibromialgia e altre malattie reumatologiche e non. Ad esempio, quali? L’artrite reumatoide, il lupus sistemico eritematoso, la polimialgia reumatica, la spondiloartrite, l’ipo o l’ipertiroidismo, la sindrome da affaticamento cronico, la sindrome delle gambe senza riposo, per citarne alcune.

Sono più colpite le donne o gli uomini? E a che età? Sempre le donne, con un rapporto di tre ad uno rispetto agli uomini, sebbene nel genere maschile la malattia stia emergendo sempre più. È interessante notare la variazione del quadro sintomatologico nei due generi, con prevalenza di alcuni sintomi soprattutto quelli dolorosi - in quello femminile. La fibromialgia si osserva soprattutto nell’età media, con una prevalenza maggiore tra la quarta e la sesta decade di vita. È una malattia “invalidante”? La sindrome fibromialgica non è ancora riconosciuta come causa di invalidità in Italia dalle autorità competenti, nonostante la mobilitazione dei pazienti che si sentono “invisibili” e valutano la qualità della loro vita, le relazioni familiari, professionali e interpersonali fortemente compromessi. Non rientrando la malattia neppure nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), le spese per eventuali visite, esami e cure sostenute non sono rimborsate dal Servizio Sanitario

Cristina Iannuccelli Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Reumatologia, Università La Sapienza di Roma.

«CON LA FIBROMIALGIA SI PUÓ CONVIVERE, A PATTO DI ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA DELLA MALATTIA E NON TRASCURARLA» dicembre 2021 | spazio50.org

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Scienze Nazionale con pesanti ricadute economiche per i pazienti. Come si cura? E si può (imparare a) convivere con la fibromialgia? Fermo restando che lo specialista di riferimento per la fibromialgia è il reumatologo, la cura della malattia richiede un approccio multidisciplinare dal neurologo al fisiatra, dall’osteopata al ginecologo per le donne. La gestione terapeutica della sindrome fibromialgica dovrebbe mirare ad alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita. Senz’altro è consigliata l’attività motoria con incremento progressivo, che prevede esercizi di stretching e decontratturanti (yoga, ginnastica posturale, pilates dolce, nuoto, acquagym, tai chi, qi gong). Importante è l’igiene del sonno e la gestione dello stress in generale attraverso la meditazione, lo yoga, gli esercizi di respirazione profonda o le tecniche body-mind. Il trattamento farmacologico prevede, quando necessari, l’assunzione di analgesici e antidepressivi. E sì, si può convivere con la fibromialgia, a patto di acquisire consapevolezza della malattia e non trascurarla.

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Studiata da più di due secoli, la fibromialgia è caratterizzata da un insieme di sintomi purtroppo spesso difficili da riconoscere se non nelle fasi più avanzate della malattia. La riabilitazione e l’approccio multidisciplinare rappresentano i cardini più importanti per la gestione del dolore e della autonomia del paziente

UNA SINDROME ANCORA IN PARTE SCONOSCIUTA

di Alessandro Mascia

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a sindrome fibromialgica è studiata con grande attenzione dal mondo della riabilitazione, con l’obiettivo di trovare risposte sempre più concrete per la gestione del dolore cronico e per migliorare sia la mobilità articolare che l’affaticamento muscolare. La complessità di questa sindrome necessita di un approccio multidisciplinare sia per quanto riguarda la gestione del paziente da parte dei medici specialisti (in primis il reumatologo) che da una équipe composta da differenti figure in ambito riabilitativo. Si tratta di una sindrome nella quale i tessuti connettivi del paziente (distribuiti lungo tutto il corpo) presentano una dolorabilità al di sopra della norma, ed è fondamentale durante il percorso riabilitativo avere sempre un approccio progressivo nel rispetto assoluto della individualità e dell’autonomia del paziente. Tutto questo al fine di evitare un effetto boomerang che possa invece aumentare la percezione del dolore dei tessuti muscolari e fasciali.

I parametri presi in considerazione dalle linee guida internazionali (studi del 2015) per la gestione del paziente fibromialgico sono: il dolore, la stanchezza, i disturbi del sonno e l’autonomia nella gestione delle attività quotidiane. Altri elementi che interessano l’ambito della riabilitazione riguardano il sistema neurovegetativo (nello specifico, lo squilibrio tra sistema ortosimpatico e parasimpatico), il dolore viscerale (in particolare del colon e della vescica), le alterazioni dell’umore. Alla base dell’approccio di questa subdola malattia è essenziale un buon rapporto di fiducia tra il paziente e l’équipe di specialisti coinvolti nel percorso riabilitativo. Alcuni studi hanno dimostrato quanto la corretta comprensione delle specificità della malattia da parte del paziente contribuisca al miglioramento della gestione del dolore e della stanchezza. Normalmente il paziente fibromialgico presenta livelli bassi di serotonina, noradrenalina e dopamina, fondamentali per il controllo dell’umore, del sonno, del comportamento

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Salute

Diversi tipi di aiuto OSTEOPATIA L’osteopatia offre un importante contributo grazie alle tecniche fasciali, viscerali e cranio-sacrali. Le prime sono particolarmente utili per la riduzione di tensioni e aderenze del tessuto connettivo, sia di muscoli ed articolazioni che degli organi interni. Le manovre sui visceri, in particolare, migliorano la funzionalità e la regolarità intestinale, il nutrimento dei tessuti e degli organi interni, la loro mobilità intrinseca ed estrinseca e la vascolarizzazione. Le tecniche cranio-sacrali sono preziose in quanto producono una risposta diretta nel riequilibrio del sistema neurovegetativo.

e dell’appetito. Tutti aspetti nei quali un bilanciato e coordinato inquadramento riabilitativo può apportare importanti benefici, con l’obiettivo comune di migliorare sensibilmente la qualità della vita del paziente. Tra le tante tecniche riabilitative, alcune sono in grado di fornire maggiori benefici, perché più idonee al trattamento delle peculiarità della sindrome fibromialgica. La Rieducazione Posturale Globale è utile per migliorare l’elasticità dei tessuti, il mantenimento degli equilibri muscolari e articolari, la libertà e mobilità dei muscoli respiratori (primo dei quali il diaframma, sempre implicato nei disturbi dell’umore e negli stati d’ansia). Eliminare le tensioni muscolari diminuisce il sovraccarico funzionale delle articolazioni, agevolando il movimento ed alleggerendo il senso di pesantezza e rigidità indotti dalla fibromialgia. Alcuni studi riportano l’utilità di esercizi di allungamento muscolare,

sapendo però che un lavoro troppo intenso (soprattutto in fase iniziale) potrebbe generare ulteriore stress meccanico del sistema mio-fasciale. È inoltre prezioso il contributo offerto (in termini di percezione di benessere e diminuzione del dolore) da una cauta mobilizzazione e da un moderato esercizio fisico. L’attività motoria migliora inoltre la circolazione sanguigna e il drenaggio venoso (è consigliato camminare tutti i giorni a ritmo regolare), aumenta la concentrazione di serotonina e stimola la produzione di endorfine (utili alla diminuzione della percezione del dolore e della stanchezza, e a migliorare i livelli di stress psicofisico). Anche l’agopuntura si è dimostrata particolarmente utile nel controllo del sistema neurovegetativo, nel bilanciamento neuro-endocrino e nel controllo del tono dell’umore, in quanto induce una condizione di rilassamento, migliora la qualità del sonno e riduce gli stati d’ansia.

ACQUA E GINNASTICHE DOLCI La ginnastica dolce eseguita in acqua associa la diminuzione del carico antigravitario sulle articolazioni, il grande effetto drenante sul sistema linfatico e vascolare al moderato e progressivo allungamento dei muscoli e mobilizzazione dei sistemi fasciali. Anche discipline come il tai chi, lo yoga, il pilates, il gyrotonic, il Feldenkrais, le ginnastiche posturali e la meditazione possono migliorare notevolmente la qualità della vita del paziente, sempre a condizione che gli istruttori abbiano una formazione specifica e siano ben guidati ed istruiti dal medico e dal riabilitatore nella gestione di un protocollo comune. LASERTERAPIA E... La terapia fisica può migliorare notevolmente i parametri dell’infiammazione e diminuire il dolore articolare grazie al contributo di laserterapia, tecarterapia, correnti antalgiche e altro, che dovranno essere prescritti dal reumatologo in base alla specificità del singolo paziente. dicembre 2021 | spazio50.org

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Scienze

LA SALUTE DEL CUORE IN ALTA QUOTA a cura di Fondazione Umberto Veronesi

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na gita in alta quota, una salita fra i boschi, una discesa con gli sci sono occasioni di autentica gioia per chi ama la montagna. L’escursionismo o l’alpinismo vero e proprio rappresentano attività sportive preziose per la forma fisica, importanti per il contatto con l’ambiente e la vita all’aria aperta, e spesso opportunità per socializzare e svolgere attività da soli o in compagnia. Raggiungere altitudini importanti, però, può essere fonte di preoccupazione per le persone che hanno una storia di patologie pregresse, specie se a carico del sistema cardiovascolare. Chi ha sofferto di una cardiopatia, come aritmie, malattie coronariche, ipertensione, insufficienza cardiaca, può andare in montagna? Deve seguire precauzioni particolari? Cerchiamo di capire quali e perché.

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ICTUS O TIA: I CONSIGLI DELLA SIMEM Ecco i consigli della Società Italiana Medicina di Montagna per chi ha subìto un ictus cerebrale o un attacco ischemico transitorio (TIA): 1 - sconsigliati gli ambienti estremi in presenza di esiti invalidanti moderato-severi che impediscono la completa autonomia; 2 - evitare soggiorni oltre i 3.000 metri in caso di evento cerebro-vascolare acuto, anche transitorio, soprattutto se avvenuto da meno di 6 mesi; 3 - il rischio è più elevato in presenza di: ipertensione arteriosa, diabete mellito, fumo di sigaretta, dislipidemia, cardiopatie aritmiche, coronaropatia e insufficienza cardiaca.

Cuori in alta quota: perché ci vuole prudenza? In alta quota si creano condizioni difficili per i nostri vasi sanguigni, a causa della combinazione fra i ridotti livelli di ossigeno e la variabilità di pressione atmosferica, temperatura e umidità. Chi sale in altitudine va facilmente incontro ad un aumento della pressione e alterazioni della respirazione. Recentemente, uno studio condotto dagli esperti dell’Istituto Auxologico Italiano - condotto ai 2.000 metri di Sestriere, località sciistica piemontese - e pubblicato sull’International Journal of Cardiology, ha misurato in persone sane un aumento della pressione arteriosa e dei disturbi della respirazione durante il sonno anche ad altitudini moderate, specie dopo i 40 anni.

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Salute

Mal di montagna: cardiopatici sorvegliati speciali Il mal di montagna acuto si manifesta con spossatezza, svenimenti, mal di testa, nausea e può colpire anche persone giovani e sanissime. Ma chi ha una storia di cardiopatia deve essere particolarmente consapevole dello stress a cui sono sottoposti cuore e polmone in quota, soprattutto se normalmente si vive ad altitudini più basse e si sale in montagna solo occasionalmente. Da qui si arriva alla prima regola valida per tutti, solo apparentemente scontata. Parlare con il medico, sempre È assolutamente raccomandato consultare sempre lo specialista o il medico di medicina generale prima di preparare valigie e scarponi. Oggi, infatti, la medicina è in grado di prevedere con un buon livello di accuratezza le condizioni rischiose per l’uno o per l’altro paziente, a seconda delle caratteristiche individuali e della storia clinica. Il medico, quindi, potrà indicare a ragion veduta quanto spingersi in alto, se fare soste e quante, quali farmaci portare nello zaino, se ritoccare le terapie in corso. Potrà anche, se lo ritiene, sconsigliare lo spostamento in altitudine perché in quel momento il disturbo in questione non è stabile o ben controllato dalla terapia. Regole valide per (quasi) tutti Esistono buone norme generali e valide per tanti? Sì, in linea generale, due su tutte: salire lentamente e raggiungere l’alta quota con gradualità. Di recente, inoltre, l’autorevole American Heart Association (AHA) ha raccolto alcune raccomandazioni per le persone con cardiopatie che vogliano andare in montagna per fare sport, per soggiornare in vacanza o anche per chi viaggia per motivi di lavoro e vuole spostarsi in sicurezza.

Ecco i consigli del gruppo di lavoro della University of Colorado School of Medicine di Aurora (città a oltre 1.600 metri d’altitudine). Attraverso una sintetica revisione della fisiologia in alta quota e in condizioni di ipossia per i soggetti cardiopatici, gli esperti hanno raccolto le evidenze scientifiche sulle migliori prassi per gestire il rischio: 1 - confrontarsi col medico, che dovrà esprimere un parere in base al quadro clinico, al tipo di viaggio e di attività previste; 2 - raggiungere gradualmente la quota prevista per dare al corpo il tempo di adeguare i livelli di ossigeno; ad esempio, dormire almeno una notte in quota prima di effettuare attività fisica; 3 - bere abbastanza per rimanere sufficientemente idratati; 4 - adeguare eventualmente la terapia farmacologica, secondo i consigli del medico; 5 - assieme al medico, considerare eventuali altri medicinali che potrebbero essere utili in caso di problemi; 6 - limitare, o meglio, evitare l’alcol; 7 - farsi spiegare i sintomi che, se presenti, dovranno allarmare e spingere a tornare indietro o contattare il medico; 8 - pianificare un’ascesa graduale e stabilire un piano di discesa d’emergenza; 9 - verificare dove sono localizzati gli ospedali più vicini e chi si può chiamare in caso di bisogno.

L’ACCLIMATAMENTO COSÌ IL NOSTRO CORPO SI ABITUA ALL’ALTITUDINE Quando una persona, che normalmente non vive in alta quota, raggiunge altitudini elevate, il suo organismo mette in atto le seguenti strategie (transitorie) di acclimatamento: • iperventilazione: si respira più in fretta del normale; • aumento della pressione arteriosa dovuta all’ipossia (il calo di ossigeno), che può comparire dopo poche ore e durare alcuni giorni; si può attenuare raggiungendo gradualmente la località in quota, con tappe ad altitudini inferiori; • aumento della frequenza cardiaca; • respiro alterato nel sonno (apnee e/o iperventilazione); • dispnea: senso di affaticamento e “fiato grosso” anche per sforzi modesti.

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Tecnologia e dintorni CURIOSITÀ

a cura di Valerio Maria Urru

Google e YouTube hanno deciso di non far monetizzare quegli inserzionisti che negano l’impatto dei gas serra e dell’uomo sul riscaldamento globale.

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UNA BIBLIOTECA DI BABELE Gli algoritmi scriveranno in futuro i libri che leggeremo?

Ricordate Il nome della rosa? Nel libro - che andrebbe “riletto” periodicamente - tutto ruotava intorno alla biblioteca e al suo labirinto. Oggi la rete è il (non) luogo dove possono nascere immense biblioteche, in cui gli amanuensi sono gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale. Proprio come accade sul sito della Biblioteca di Babele, il cui algoritmo produce all’infinito opere letterarie, genera contenuti originali e riscrive capolavori della letteratura.

https://libraryofbabel.info/

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FACEBOOK? NON È UN POSTO PER SENIOR Il social network più diffuso al mondo punta tutto sui giovani

Nell’attesa di capire se Mark Zuckerberg ritirerà quanto affermato alcune settimane addietro o se faceva sul serio, pare che Facebook non ottimizzerà più i contenuti in modo uguale per tutte le generazioni, a scapito così delle persone più in là con gli anni. Sembra che favorirà soprattutto la fascia giovane adulta, ma conviene davvero visto anche l’andamento demografico mondiale e la silver wave sempre più imponente?

www.facebook.com

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IMPARIAMO A VIDEOSCRIVERE Con “TypingClub” possiamo farlo in modo semplice e divertente

Scrivere fluentemente con il computer è un po’ il sogno di tutti. Serve però molto esercizio e qualcuno che ci aiuti a comprendere come si fa. Il sito TypingClub può rappresentare allora la soluzione adatta per chi volesse imparare passo passo grazie ad esercizi interattivi, che col tempo accrescono il loro livello di complessità. Basta collegarsi e iniziare da zero il percorso per apprendere facilmente (e gratuitamente) i segreti della scrittura a computer.

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INSTALLARE WINDOWS 11 OPPURE NO? Un'applicazione stabilisce la compatibilità con il proprio computer

Lo scorso ottobre è stato rilasciato Windows 11. Ma come fare a capire se il proprio computer è compatibile con il nuovo sistema operativo? Basta fare il download di PC Health Check, un’applicazione per Windows che consente di verificare se il PC soddisfa i requisiti minimi previsti. Dopo averlo avviato è sufficiente lanciare un test molto rapido che, in meno di un secondo, rivela se è possibile aggiornare il computer a Windows 11 oppure no.

www.microsoft.com/en-us/windows/windows-11#pchealthcheck

LO SAPEVATE CHE? 76

Quarant'anni fa la IBM lanciava sul mercato il 5150, il primo PC che cambiò per sempre la percezione del computer.

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Cattiva digestione

Gonfiore intestinale

Flatulenza

Aerofagia

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Pesaro - Strada delle Marche, 58 0721698224/5 Molise Telefono Campobasso - Via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194 Isernia - Via XXIV Maggio, 331 0865411713 Piemonte Telefono Alba - Piazza S. Paolo, 3 0173226611 Alessandria - Via Trotti, 46 0131260380 Asti - Corso Felice Cavallotti, 37 0141353494 Biella - Via Trieste, 15 01530789 Cuneo - Via Avogadro, 32 0171604198 Novara - Via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232 Torino - Via Andrea Massena, 18 011533806 Verbania - Via Roma, 29 032352350 Vercelli - Via Duchessa Jolanda, 26 0161215344 Puglia Telefono Bari - Piazza Aldo Moro, 33 0805240342 Brindisi - Via Appia, 159/B 0831524187 0881723151 Foggia - Via Luigi Miranda, 8 Lecce - Via Cicolella, 3 0832343923 Taranto - Via Giacomo Lacaita, 5 0997796444 Sardegna Telefono Cagliari - Via Santa Gilla, 6 070280251 Nuoro - Galleria Emanuela Loi, 8 0784232804 Oristano - Via Sebastiano Mele, 7/G 078373612 Sassari - Via Giovanni Pascoli, 59 079243652 Sicilia Telefono Agrigento - Via Imera, 223/C 0922595682 Caltanissetta - Via Messina, 84 0934575798 Catania - Via Mandrà, 8 095239495 Enna - Via Vulturo, 34 093524983 090673914 Messina - Via Santa Maria Alemanna, 5 Palermo - Via Emerico Amari, 11 091334920 Ragusa - Viale del Fante, 10 0932246958 Siracusa - Via Eschilo, 11 093165059-415119 Trapani - Via Marino Torre, 117 0923547829 Toscana Telefono Arezzo - Via XXV Aprile, 12 0575354292 Carrara - Piazza 2 Giugno, 11 058570973-570672 Firenze - Via Costantino Nigra, 23-25 055664795 Grosseto - Via Tevere, 5/7/9 0564410703 0586898276 Livorno - Via Serristori, 15 Lucca - Via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170 Pisa - Via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30 Prato - Via San Jacopo, 20-22-24 057423896 Pistoia - Viale Adua, 128 0573991500 Siena - Via del Giglio, 10-12-14 0577283914 Trentino Alto Adige Telefono Bolzano - Mitterweg - Via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032 Trento - Via Solteri, 78 0461880408 Umbria Telefono Perugia - Via Settevalli, 320 0755067178 Terni - Via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152 Valle d’Aosta Telefono 016545981 Aosta - Piazza Arco d’Augusto, 10 Veneto Telefono Belluno - Piazza Martiri, 16 0437215264 Padova - Via degli Zabarella, 40/42 049655130 Rovigo - Viale del Lavoro, 4 0425404267 Treviso - Via Sebastiano Venier, 55 042256481 Venezia Mestre - Viale Ancona, 9 0415316355 Vicenza - Via Luigi Faccio, 38 0444964300 Verona - Via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

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Previdenza

a cura di Luca Giustinelli

FINE 2021, SCADE LA PACE CONTRIBUTIVA

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ine anno, si sa, è tempo di scadenze. E molte sono le scadenze previdenziali che questo fine 2021 si porta dietro: prima di tutto “Quota100” il cui sostanziale fallimento è stato ormai sviscerato in tutti i suoi risvolti -, ma anche Ape Sociale (che, però, al contrario di “Quota100”, sarà rinnovata e potenziata, allargandola ad ulteriori categorie di lavoratori) ed “Opzione Donna” (misura che sarà anch’essa - riproposta, seppure con nuovi requisiti). La buona notizia è che, in questo 2021 ormai al tramonto, si comincia, fortunatamente, ad inserire con sempre maggiore frequenza ed insistenza nel dibattito politico la questione dei giovani e delle loro pensioni future (molte delle quali rischiano di avere un importo al di sotto del livello di sussistenza) - con la conseguente presa di coscienza della necessità di incentivare l’accesso ai Fondi di Previdenza Complementare - e si fa strada in maniera sempre più decisa

Ci si avvicina alla conclusione dell’anno e, tra le diverse scadenze previdenziali da tenere d’occhio, c’è anche la forma di riscatto che consente di coprire gli anni privi di contribuzione l’idea di una “Pensione di Garanzia”. Di contro, nel silenzio pressoché generale, sta andando a scadere - oltre a quelle già accennate - anche una ulteriore misura che proprio ai giovani (nell’accezione che se ne dà in un Paese in cui si considerano “giovani” i soggetti fino alle soglie dei 40 anni) era diretta. Scade infatti il prossimo 31 dicembre la possibilità di usufruire della cosiddetta “Pace contributiva”, che era stata prevista, unitamente al Riscatto Laurea agevolato (o “light” come viene giornalisticamente definito), dallo stesso provvedimento che aveva introdotto anche “Quota100” e il “Reddito di cittadinanza” (Decreto Legge 4/2019); ma, al contrario

del riscatto di Laurea agevolato, che costituisce una misura strutturale, la “Pace contributiva” era stata introdotta in via sperimentale per il solo periodo 2019-2021. Di che si tratta? Si tratta di una forma di riscatto che consente di “coprire fino ad un massimo di 5 anni - anche non continuativi - privi di contribuzione figurativa o obbligatoria, recuperandoli ai fini pensionistici. Tale possibilità può essere esercitata ad alcune condizioni: possono usufruirne i soli lavoratori che non facciano valere alcuna contribuzione - né obbligatoria, né figurativa - prima del 1996, ai quali si applica, quindi, il sistema di calcolo interamente contributivo (ne sono dicembre 2021 | spazio50.org

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Previdenza

esclusi, ad esempio, i soggetti che abbiano esercitato l’opzione al sistema contributivo, in quanto questi lavoratori, pur avendo l’applicazione del sistema di calcolo contributivo, sono comunque titolari di contribuzione anteriore al 1996). La titolarità di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 comporta l’impossibilità di usufruire della Pace contributiva, anche se la contribuzione risulta accreditata presso le Casse previdenziali dei liberi professionisti oppure in un Paese estero. Questa condizione deve essere mantenuta anche dopo l’attivazione della Pace contributiva; in caso contrario (ad esempio, in caso di accredito di un contributo prima del 1996 in un momento successivo al perfezionamento della Pace contributiva), si perde il diritto a questa misura - ancorché già perfezionata - con conseguente restituzione dei contributi versati; i lavoratori che la richiedono non devono essere titolari di un trattamento pensionistico diretto; possono formare oggetto di riscatto (nel limite massimo di 5 anni) i periodi non coperti da contributi, in qualsiasi gestione INPS dove il lavoratore abbia almeno un contributo, purché i “vuoti contributivi” si posizionino tra l’anno del primo contributo versato e l’anno dell’ultimo contributo (e comunque entro 80

il 28 gennaio 2019); i periodi per i quali è consentito il riscatto devono essere periodi di inattività; non possono pertanto formare oggetto di questa particolare forma di riscatto i periodi per i quali il datore di lavo­ro abbia eventualmente omesso il versamento dei contributi (in questo caso, sono riscattabili mediante un diverso tipo di domanda la co­siddetta rendita vitalizia - che sog­giace a regole diverse). L’onere da versare all’INPS è calcolato applicando l’aliquota contributiva della gestione in cui viene operato il riscatto alla retribuzione lorda degli ultimi 12 mesi. Peraltro, i datori di lavoro possono sostenere una parte dell’onere destinandovi i premi di risultati detassabili, su richiesta dei lavoratori interessati; in questo caso, le relative somme sono deducibili per l’azienda dal reddito d’impresa. Ma la “pace contributiva” conviene? L’anzianità contributiva acquisita per effetto del riscatto è utile sia ai fini del conseguimento del diritto a pensione, sia per la determinazione della relativa misura. Può quindi consentire di colmare i buchi contributivi tra un lavoro e l’altro, recuperando anzianità contributiva utile alla pensione ed incrementandone il futuro importo (finalizzato anche al raggiungimento dell’importo soglia previsto nel sistema contributivo quale ulteriore requi-

sito per l’accesso a pensione). Questa possibilità risulta particolarmente favorevole per coloro che hanno una carriera lavorativa frammentata e discontinua, situazione nella quale sempre più persone - soprattutto i giovani - si trovano negli ultimi anni, in considerazione della precarietà che caratterizza l’attuale mondo del lavoro. Di contro, proprio la circostanza che la platea dei beneficiari sia quella dei lavoratori ancora relativamente giovani (privi di anzianità contributiva al 1/1/1996) rende difficile per i diretti interessati, ancora lontani dal momento del pensionamento, avere oggi una prospettiva chiara (e tantomeno, certezze) circa la convenienza di sostenere il relativo onere economico, con la spada di Damocle di possibili riforme pensionistiche future che potrebbero “neutralizzare” i vantaggi attualmente ipotizzabili. Particolarmente interessante è però il risparmio fiscale: la Pace contributiva è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50% ed è rateizzabile senza interessi in un arco di tempo pari a 10 anni (fino a 120 rate mensili). Dati ufficiali non se ne conoscono, ma la sensazione è che - ad un mese dalla scadenza - una misura che se adeguatamente valorizzata avrebbe potuto costituire un efficace strumento per recuperare contribuzione per una fascia di lavoratori particolarmente fragile dal punto di vista previdenziale è stata, invece, assai poco utilizzata. Per chi volesse usufruirne, il tempo stringe: salvo improbabili proroghe, le domande vanno presentate improrogabilmente entro il 31 dicembre prossimo. Gli Uffici 50&PiùEnasco presenti su tutto il territorio nazionale possono fornire ai lavoratori interessati tutte le valutazioni e le informazioni, verificando l’opportunità di presentare la domanda di riscatto e la relativa convenienza, e potranno provvedere alla presentazione della relativa domanda.

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PACE CONTRIBUTIVA IN SCADENZA AL 31 DICEMBRE 2021 Sai che in alcuni casi gli anni di mancata contribuzione possono essere recuperati? La Pace Contributiva consente ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, di riscattare periodi non coperti da contribuzione fino ad un massimo di 5 anni.

QUALI SONO I REQUISITI? I lavoratori privi di anzianità contributiva al 31.12.1995 possono riscattare – fino ad un massimo di 5 anni, anche non continuativi – periodi non coperti da contribuzione compresi tra il 1.1.1996 ed il 29.1.2019.

La misura, infatti, è sperimentale e scadrà il 31 dicembre 2021: c’è ancora poco tempo per sfruttare la possibilità di sanare con oneri agevolati eventuali buchi contributivi ai fini pensionistici tra un periodo e l’altro.

Per approfondimenti sulle condizioni di accesso alla Pace Contributiva e sulla relativa convenienza, è possibile rivolgersi alle sedi del Patronato 50&PiùEnasco.

ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE

Trova la sede sul nostro sito o chiama il nostro numero unico nazionale

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Fisco

a cura di Alessandra De Feo

AGEVOLAZIONE “PRIMA CASA” A FAVORE DEGLI UNDER 36 Nuovo approfondimento su come usufruire del beneficio e districarsi tra le numerose norme e i regolamenti complessi. In questo caso, i destinatari sono i giovani

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roseguiamo la disamina , iniziata nel precedente numero della Rivista, in materia di applicazione dell’agevolazione “prima casa” a favore degli under 36enni, con la risposta n. 653/2021 e con quanto specificato dalla circolare n. 12/E del 14.10.2021. Il Decreto Legge del 25 maggio 2021, n. 73, all’articolo 64 ha previsto l’agevolazione in favore dei giovani acquirenti di una “prima casa”, ed in particolare: l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale; in caso di acquisto soggetto ad IVA, invece, il riconoscimento di un credito d’imposta di ammontare pari al tributo corrisposto in relazione all’acquisto; l’esenzione dall’imposta sostitutiva per i finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo. Tali agevolazioni si applicano agli atti stipulati nel periodo compreso tra il 26 maggio 2021 e il 30 giugno 2022. Ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, nell’anno in cui l’atto è rogitato, il soggetto fruitore non deve avere compiuto trentasei anni di età, e deve avere un ISEE non superiore a 40.000 euro annui. I citati requisiti vanno ad aggiungersi a quelli già stabiliti, ai fini dell’agevolazione della cosiddetta “prima casa”, dalla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allega-

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ta al D.P.R. n. 131/1986, in base ai quali l’acquirente: abbia stabilito o stabilisca la propria residenza nel comune in cui l’immobile è ubicato entro 18 mesi dall’acquisto o, se diverso, in quello in cui svolge la propria attività, ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende, ovvero, nel caso in cui questi sia cittadino italiano emigrato all’estero, abbia acquistato l’immobile come “prima casa” sul territorio italiano; dichiari, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, nemmeno in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare. Con la risposta n. 653/2021 l’Agenzia delle Entrate esamina una specifica fattispecie posta da un contribuente che «in una asta, è risultato aggiudicatario di una unità immobiliare, con decreto di trasferimento del Tribunale non ancora registrato presso l’Agenzia delle Entrate. L’istante, intende avvalersi delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa di abitazione e beneficiare del dettato dell’articolo 64 del D.L. n.73/2021, sia nel momento del pagamento delle imposte dovute per la registrazione del decreto di trasferimento, che nel momento della futura stipula del contratto di mutuo». L’Agenzia delle Entrate, a tale que-

sito, ha risposto che «come precisato da ultimo nella risoluzione 38/E del 28 maggio 2021, è possibile chiedere l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” anche nelle ipotesi in cui il trasferimento immobiliare avviene con un provvedimento giudiziale. In tal senso, considerato che la descritta agevolazione “prima casa” trova applicazione anche nell’ipotesi in cui la proprietà di un immobile si acquisisce per effetto di un provvedimento giudiziale, come nella fattispecie in esame, si ritiene che l’interpellante possa usufruire delle agevolazioni disciplinate dal citato articolo 64 del D.L. n. 73».

Le agevolazioni del Decreto Legge n. 73 del 25 maggio 2021, specificamente pensate per i giovani (con un ISEE non superiore a 40.000 euro annui), si applicano solo agli atti stipulati nel periodo compreso tra il 26 maggio 2021 e il 30 giugno 2022.

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Crociera Fluviale 2022 Navigando la Saona e il Rodano Dal 2 al 9 aprile

Un itinerario straordinario nelle vallate della Saona e del Rodano, attraverso la Borgogna, la Provenza e la Camargue, dove scoprire le meraviglie di un patrimonio storico, architettonico, naturalistico ben conservato e i vigneti dei vini più famosi al mondo.

ITINERARIO 1° giorno

Arrivo a Lione

Imbarco e sistemazione in cabina.

2° giorno

Lione

Al mattino Santa Messa. Pomeriggio visita della città.

3° giorno

Mâcon

Visita all’Abbazia di Cluny (X sec.). Pomeriggio libero. Escursione facoltativa a Chalon-sur-Saone.

4° giorno

Vienne

Visita della città romana: Tempio di Augusto e Cattedrale.

5° giorno

Avignone Escursione a Pont du Gard e ad Uzès. Pomeriggio visita di Avignone.

6° giorno

Avignone Escursione ad Arles e visita dell’anfiteatro romano, la cattedrale, il centro storico. Rientro a bordo. Pomeriggio libero. Escursione facoltativa in Camargue.

7° giorno

Viviers

Escursione nell’Ardèche e visita del Castello di Grignan.

8° giorno

Lione

Arrivo e sbarco.

IMPORTANTE - L’itinerario e le escursioni possono subire variazioni per cause di forza maggiore e condizioni di navigazione.

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€ 1.280

€ 1.580

Quota di iscrizione per i non soci: € 50 La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta • Trattamento di pensione completa a bordo (dalla cena del 1° giorno alla prima colazione dell’8° giorno) • Cocktail di benvenuto e cena di gala a bordo • Escursioni e visite guidate inserite nel programma (ingressi esclusi) • Tasse portuali • Polizza medico/bagaglio e spese Covid-19 • Polizza annullamento viaggio (fino a € 2.000) • Assistenza di personale medico e staff 50&Più. La quota non comprende: Viaggio per e da Lione • Assicurazione integrativa • Escursioni facoltative (da regolare in loco) • Trasferimenti per e da aeroporti e stazioni ferroviarie • Ingressi dove previsti • Tutte le bevande, mance, extra in genere e tutto quanto non sopra specificato. TRASPORTI in pullman GT: partenza da Milano (Stazione Centrale) per Lione A/R da definire alla chiusura delle prenotazioni. TRASPORTI in aereo: con voli A/R dalle principali città italiane: tariffe migliori disponibili al momento della prenotazione e trasferimenti dall’aeroporto al porto di Lione, da definire alla chiusura delle prenotazioni.

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OLIMPIADI INVERNALI 2022

INFORMAZIONI SPORTIVE

Courmayeur (AO) Dal 23 al 30 gennaio 2022

La quinta edizione delle Olimpiadi Invernali 50&Più si svolgerà nel cuore della Valle d’Aosta, ai piedi della montagna più alta d’Europa, nel comprensorio sciistico di Courmayeur Mont Blanc. Trascorrerete giornate sulla neve circondati da splendidi paesaggi e avvolti da una natura incontaminata. Ogni giorno potrete scegliere se dedicarvi alle diverse attività sciistiche, alle passeggiate nel vicino centro di Courmayeur, alle escursioni organizzate dall’Hotel o al totale relax nel centro benessere con piscina.

SISTEMAZIONE ALBERGHIERA Il TH Courmayeur (4 stelle Sup.) si trova ad Entreves (1,8 km da Courmayeur), un luogo fiabesco, dove il tempo sembra essersi fermato e dove si possono ammirare panorami spettacolari del massiccio del Monte Bianco: creste vertiginose, scintillanti ghiacciai, valli e ambienti di immensa bellezza. L’Hotel dista circa 200 metri dalla Sky Way, la funivia che consente di arrivare sulle cime perennemente innevate del Monte Bianco, alla scoperta della sua maestosità. All’interno dell’Hotel potrete usufruire (fino a esaurimento presenze) di una piscina panoramica affacciata sulle cime del Monte Bianco e una palestra attrezzata con area fitness. Per un maggior benessere è a disposizione il centro wellness con sauna, idromassaggio, bagno turco e trattamenti estetici e distensivi. Tutte le proposte saranno confermate a condizione che si possano garantire i più alti standard di sicurezza e tutela dei partecipanti, il tutto nel rispetto delle normative vigenti. Qualora i pacchetti venissero annullati, i pagamenti effettuati dai Soci 50&Più verranno debitamente rimborsati.

L’organizzazione dei “giochi” sarà gestita dallo Staff 50&Più, supportata dallo Staff tecnico Gare e dai maestri di sci locali. I partecipanti, divisi per categoria e classi d’età, si sfideranno nelle seguenti gare: Slalom gigante (2 manches) - Slalom speciale (2 manches) - Sci di fondo classico e sci di fondo pattinato - Camminata di regolarità a tempi di percorso stabiliti.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (7 notti/8 giorni)

In camera doppia

€ 630

In camera doppia uso singola

€ 880

Suppl. Polizza Annullamento Viaggio (facoltativa): € 15 Quota di iscrizione per i non soci: € 50 RIDUZIONI: III e IV letto anni 0-3: gratuito (THinky Card obbligatoria per i servizi a loro dedicati € 126); anni 3-15 in camera con 2 adulti: 50%; adulti 30% (le età si intendono per anni non compiuti al momento del soggiorno). I minori devono necessariamente pernottare con i propri genitori o nucleo familiare. La quota comprende: Th Courmayeur Hotel • Trattamento di prima colazione e cena • Animazione e spettacoli serali, piano bar, giochi, balli e feste • Partecipazione alle gare e agli intrattenimenti proposti dall’organizzazione • Ingresso alla SPA e utilizzo piscina su prenotazione e contingentata secondo le normative vigenti • Polizza bagaglio-sanitaria e copertura Covid-19 • Assistenza di personale 50ePiù. La quota non comprende: Trasporti da e per Courmayeur • Polizza annullamento viaggio (€ 15) • Ski pass individuale • Tutte le bevande • Lezioni di sci • Tassa di soggiorno (attualmente € 2 al giorno a persona, da regolare in Hotel) • Trattamento massaggi al Centro benessere • Mance, extra in genere e tutto quanto non specificato. GARAGE: coperto e disponibile fino ad esaurimento posti, € 10 al giorno. Da prenotare. TRASPORTI: in aereo dai principali aeroporti d’Italia per Torino, con trasferimento per e da Courmayeur (150 km). Quotazioni individuali e di gruppo su richiesta.

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 E-mail: info@50epiuturismo.it Oppure presso le sedi Provinciali 50&Più.

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CAPODANNO INSIEME

Gabicce Mare (PU) Dal 28 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022 La solidarietà e l’amicizia sono il valore dello stare insieme. 50&Più da 40 anni organizza per i propri soci questo importante appuntamento, nato per trasformare il periodo festivo di Capodanno in un’esperienza carica di suggestioni. La località prescelta è un’interessante proposta di soggiorno ricco di tradizioni, storia, cultura e bellezze naturali dove poter trascorrere una vacanza serena e rilassante. Gabicce Mare e la Riviera Adriatica, lo scenario perfetto per il relax e divertimento dei soci 50&Più, che potranno anche scoprire il territorio con visite ed escursioni. Non mancheranno giochi, fuochi d’artificio e magnifiche serate stellate.

SISTEMAZIONE ALBERGHIERA Una prestigiosa struttura che si affaccia sul mare, nella posizione più incantevole del Golfo di Gabicce, dalla cui terrazza si gode il sorgere e il tramontare del sole. È dotato di una Beauty Farm e di una piscina interna. I servizi, la posizione e l’atmosfera fanno del Grand Hotel Michelacci la struttura più importante di Gabicce Mare e uno dei centri turistici più rinomati delle Marche.

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (5 notti /6 giorni)

In camera doppia a partire da:

€ 610

Supplemento camera singola

€ 380

Pacchetto Escursioni. Durante il soggiorno sono previste le visite ed escursioni guidate a: Fano, Urbino (con l’oratorio di San Giovanni), Gradara (ingresso alla Rocca), Pergola (ingresso al Museo dei Bronzi Dorati) e Mondavio (ingresso al Teatro).

€ 120

Suppl. Polizza Annullamento Viaggio (facoltativa): € 20 Quota di iscrizione per i non soci: € 50 La quota comprende: Soggiorno al Grand Hotel Michelacci con trattamento di pensione completa (dalla cena del giorno d’arrivo al pranzo del giorno di partenza) con pasti ricchi, buffet di verdure e antipasti, primi e secondi a scelta fra tre proposte • Bevande ai pasti (1/2 minerale e ¼ di vino) • Gran Cenone del 31/12 con musica dal vivo e Gran Galà di San Silvestro presso il “salone delle feste” con musica dal vivo fino a tarda notte • Pranzo tipico del primo gennaio • Una serata di intrattenimento con tombola o musica dal vivo • Un libro a camera: Itinerario della Bellezza nella Provincia di Pesaro e Urbino • Polizza bagaglio-sanitaria e copertura Covid-19 • Assistenza di personale 50ePiù. La quota non comprende: Trasporto da e per Gabicce Mare (quotazioni individuali e di gruppo su richiesta) • Tassa di soggiorno € 2,00 a persona al giorno da regolare in loco • Tutto quanto NON espressamente indicato nella voce “La quota comprende”.

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 E-mail: info@50epiuturismo.it Oppure presso le sedi Provinciali 50&Più.

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Cultura

Libri

TREMARE È UMANO UNA BREVE STORIA DELLA PAURA ADRIANO PROSPERI SOLFERINO 140 PAGINE 9,90 EURO

LA LINGUA UNIVERSALE DELLA PAURA Guardarsi dentro, nel posto più intimo e remoto, e scoprire di provare terrore, angoscia. Solo conoscendoci e dando un nome alle nostre preoccupazioni potremo combatterle, vincerle ed esorcizzarle di Renato Minore Come guardare alle nostre paure in tempi come i nostri attraversati dalle paure della pandemia? Torna in mente La paura, uno dei racconti, davvero memorabile, di Federico De Robertis. La scena è quella della Grande Guerra con le interminabili attese e i corpi dissepolti dal gelo, che potrebbero figurare in Kaputt di Malaparte. Il tenente è costretto a ordinare ai soldati, uno per volta, di andare a raggiungere un posto di vedetta, esposto al fuoco: così sfilano i suoi uomini, e ognuno dice in dialetto il proprio terrore, una incontenibile paura. Tremare è davvero umano e bisogna trovare le parole giuste, la “lingua” per dirla, la paura, per affrontare quel sentimento che ci appartiene. Adriano Prosperi quelle parole per dire la sua e la nostra paura le trova nella forma di una sua “breve storia”, frammenti davvero significativi di un interminabile racconto che attraversa i secoli e li illumina con potenti zoom. Prosperi, uno storico che come pochi sanno “narrare” la storia LE PORTE DEL MITO Maria Grazia Ciani Marsilio 138 pagine Prezzo: 15 euro

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delle culture e delle mentalità, mette in campo tutto il suo esteso sapere, rievocando ad esempio passate micidiali pestilenze e le psicosi che ne derivavano, con complottismi popolari e strategie dei potenti, attacchi ai medici e processioni penitenziali, pozioni miracolose e capri espiatori. «Avere paura - scrive - è un grande destino umano e i tempi del Covid, che speriamo di avere definitivamente alle nostre spalle, sono stati segnati da questo sentimento con il rischio di immobilizzarci, come animali davanti ad un sentimento nel suo aspetto più nascosto di forma di dominio». Solo così possiamo davvero conoscerlo per ciò che è: una risposta naturale a quello che può accadere, una delle cinque emozioni universali accanto a felicità, tristezza, ira e repulsione. E, se la conosciamo, questa paura così improvvisa e subdola, possiamo anche, tramite il suo dominio, “renderci più forti”. Imparare, finalmente, a vincerla.

Come guardare oggi i grandi miti della letteratura di ieri? «La Verità sfugge o forse non esiste neppure. Tutto e niente può accadere nell’universo del mito scrive Maria Grazia Ciani -. Forse è tutto davvero favola». Lettrice, traduttrice e interprete della saggezza antica, Ciani bussa alle porte del mito, attraversa “come un romanzo” il mondo greco, l’Odissea, l’Iliade, le grandi tragedie. Come Ovidio, nelle Metamorfosi, con la morte ricongiunge gli amanti, così Orfeo ed Euridice potranno per sempre guardarsi negli occhi o passeggiare l’uno accanto all’altra. Infinite sono le variazioni di queste favole antiche nei molti travasi, contaminazioni, che attraversano i media di ieri e di oggi. E rivelano quanto possano rappresentare emozioni, passioni ancora vive nella mente dell’uomo contemporaneo.

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Arte

VENEZIA CELEBRA I SUOI 1.600 ANNI Una grande rassegna, che propone circa 300 opere dall’antichità fino ai contemporanei, presenta la vitalità e l’evoluzione della città lagunare di Ersilia Rozza 421, 25 marzo - giorno dell’Annunciazione - sulle rive melmose dell’attuale Canal Grande viene consacrata la prima chiesa di un insediamento di transfughi dalla terraferma sulle isole della laguna. È questo leggendario evento - San Giacomo in Rialto risale in realtà al XII secolo - a essere considerato, dai tempi della trecentesca Cronaca estesa del doge Andrea Dandolo, “la data di nascita” di Venezia. 1.600 anni fa. Dall’accoglienza alle popolazioni in fuga dai barbari durante i secoli successivi fino alla soluzione del problema dell’acqua granda con il Mose, la Serenissima ha vissuto periodi di luce e di buio, di ricchezza e di esilio, di fulgore artistico e di oscurantismo. Venetia 1600. Nascite e rinascite è l’esposizione che raccoglie a Palazzo Ducale dipinti, incisioni, disegni, e poi costumi, modellini di monumenti, monete, reliquiari, che sanno raffigurare come questa città unica al mondo abbia saputo reinventarsi per adattarsi al mutare dei tempi e superare così difficoltà e minacce. Aperta dal maestoso Leone di San

Marco, dipinto nel 1516 dal Carpaccio, illustra le vocazioni della città dove riposa il corpo dell’evangelista, trafugato rocambolescamente sotto uno strato di carne di maiale agli egiziani nell’828. Città della giustizia, dei marinai e dei mercanti, città con la forma di governo più longeva, città della piazza più bella del mondo e di pestilenze, terremoti, incendi, città di Palladio e Goldoni, città austriaca e francese, città capitale dell’arte. La illustrano nei suoi aspetti Tiziano, Tintoretto, Tiepolo, Veronese, Canaletto, Canova, così come Pollock, Vedova, Tancredi e Santomaso. Informazioni sulla mostra: Palazzo Ducale Piazza San Marco n. 1, Venezia Orario: dalle 10,00 alle 18,00 Biglietti: € 12; ridotto € 8 (over 65, studenti 15/25 anni, bambini 6/14 anni, convenzioni); ridotto € 3 (visitatori Musei Piazza San Marco); gratuito per under 6, portatori di handicap con accompagnatore e guide. palazzoducale.visitmuve.it Fino al 25 marzo 2022

DA NON PERDERE NOVARA

Omaggio alla Serenissima Seguendo la sua vocazione votata all’800, Novara propone Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale. Omaggio ai 1.600 anni della Serenissima, offre 80 opere (scorci e vedute, ritratti e scene familiari) di - tra gli altri - Ippolito Caffi, Guglielmo Ciardi, Pietro Fragiacomo, Giacomo Favretto. Castello Visconteo Sforzesco Fino al 13 marzo

ROMA

L’Inferno di Dante Ultima grande mostra dedicata al settecentenario dantesco, si sofferma sulla cantica più stimolante della Divina Commedia con 235 opere eterogenee (Botticelli, Angelico, Cézanne, Rodin, Delacroix, Goya, Richter, Kiefer...), dalla potenza visiva e creativa totale. Scuderie del Quirinale Fino al 9 gennaio

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Cultura

Teatro

di Mila Sarti

DOPO TANTO SILENZIO, IL TEATRO TORNA PROTAGONISTA

Fiocco azzurro a teatro. Rinasce il Parioli di Roma grazie alla sensibilità e alla risolutezza di Michele ed Enzo Gentile, insieme a Giovanni Vernassa La bella notizia è data nella giornata in cui i teatri tornano finalmente, dopo un lungo periodo di buio, alla capienza del 100%. Altra bella notizia è la riapertura di un teatro, il Parioli di Roma, chiuso ormai da anni. Ed è una festa, perché quando un teatro rinasce è come se tornassimo a vivere tutti, a respirare di nuovo, nutrendoci di emozioni e cultura. Piero Maccarinelli è il nuovo direttore artistico e la sua scelta del cartellone disegna chiaramente la vocazione di un teatro polifunzionale, una casa della cultura eclettica, uno spazio di produzione e di ospitalità. Molti i progetti, come il corso biennale all’interno della scuola teatrale “Arte e Mestiere” o il corso di teatro per bambini e appassionati, le collaborazioni con l’Accademia Nazionale Silvio D’Amico, il Centro di Cinematografia e l’Accademia Molly Bloom. 88

A partire dal 3 gennaio 2022, si potrà assistere a “I Concerti del Lunedì in Teatro” del Maestro Maurizio Trippitelli e poi a incontri di letteratura, con registi e autori, due eventi speciali, il tutto allietato dalla buona cucina di un bistrot. La prima proposta della stagione teatrale è affidata al sorprendente e talentuoso Matthias Martelli, interprete dal 26, di Mistero Buffo di Dario Fo e Franca Rame, per la regia di Eugenio Allegri. Lo stile irriverente, fatto di gestualità, suoni e parole rievoca le rappresentazioni medioevali dei giullari e soprattutto la presa di coscienza della cultura popolare. Seguono Nancy Brilli e Chiara Noschese, Filippo Dini e Valerio Binasco, Ale e Franz, Glauco Mauri e Roberto Sturno, Lina Sastri, Enzo Decaro, Stefano ed Emanuela Fresi, Toni Fornari. Info: 065434851

DA NON PERDERE MILANO

Il Carcano si rinnova A Teatro si respira una piacevole aria profumata di novità, progetti e proposte che coinvolgono attori e spettatori. Tutto questo grazie a due donne appassionate e illuminate, le direttrici artistiche Lella Costa e Serena Sinigaglia che propongono in scena Michela Murgia e Maria Paiato, la Compagnia del Sole e Mosaico Errante. Info: 0255181362

FOLIGNO

Dal film con otto Oscar alla prosa… Una data sola, il 9, da non perdere. Fronte del Porto, al Politeama Clarici, con dodici bravi attori diretti da Alessandro Gassmann, che si avventura in un’altra riscrittura di una storia cinematografica. La vicenda è ambientata in una Napoli di quasi 40 anni fa, vistosa nei colori e nelle musiche. Info: 0742352232

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Musica

FAITHFULL E WATERS A MONTREUX Nella cittadina turistica sulle sponde del lago di Ginevra, dal 1967 si tiene uno dei festival musicali più importanti del mondo. Soprattutto jazz, ma anche molto blues e rock alternativo. Ne sono esempi gli ultimi due doppi cd della serie Montreux Years, che vedono protagonisti il grande bluesman elettrico Muddy Waters e la macerata musa dei Rolling Stones, Marianne Faithfull. Entrambi di spessore.

di Raffaello Carabini

7 ANNI DOPO, VASCO ROSSI RISCOPRE IL ROCK OLD STYLE

IN RICORDO

Il suo ultimo cd, Sono innocente, era datato 2014. Il nuovo Siamo qui è uscito da pochi giorni: Lu Komandante parla ancora della quotidianità con la forza di un rock senza fronzoli

«Io non sono stato e non sono un profeta, né un cattivo maestro. Gli artisti raccontano la realtà, magari sentono delle cose prima degli altri, perché hanno una sensibilità più accentuata. Gli artisti fotografano quel che vedono e la gente si riconosce nelle canzoni». Così Vasco presenta i brani di Siamo qui, il suo 18° album in studio, appena pubblicato su cd oppure in doppio LP. Avrebbe dovuto intitolarsi Siamo qui pieni di guai - «quelli della condizione umana, non solo quelli della pandemia» -, ma poi ha deciso di accorciarlo in un ponte ideale con il mitico Siamo solo noi, album che ha appena compiuto quarant’anni e la cui title-track è stata un inno generazionale (e la canzone rock italiana del secolo, secondo la rivista Rolling Stone).

Vasco rivendica il ruolo di chi traccia la via, con un’altra title-track che vuole diventare un riferimento per un momento difficile, in cui la tecnologia sopperisce alla delusione, facendo però pagare un conto pesante alle persone. E continua facendo musicalmente un balzo all’indietro, tornando al rock primigenio, classico, chitarristico, senza elettroniche e senza riempire i brani, neppure le ballad (spicca Una canzone d’amore buttata via), di parole e di concetti. «Io non scrivo per compiacere - conclude -. Non scrivo pensando a cosa dirò, mi lascio andare al flusso dell’inconscio, dell’ispirazione. Questo è un album divertito, divertente, spontaneo e vero. Io sono sincero solo nelle canzoni». Possiamo credergli.

I SUPER DB E IL LORO MIX DI SUONI Il tastierista, fiatista e cantante Matt Dibble si è spento improvvisamente, per un aneurisma, nel maggio scorso, alla fine delle registrazioni del secondo cd dei Super db, il quartetto nato nel 2013 durante le sessioni del suo sesto lavoro da solista. È dedicato alla sua memoria Écoute Ça, un disco di squisita qualità, un mix insinuante di pop e soul, di disco ed elettronica, di West Coast e di soft rock, con poderose linee di basso, chitarre graffianti, fiati stimolanti e deliziose armonie vocali. dicembre 2021 | spazio50.org

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Cultura

Cinema

FILM IN USCITA MUSICALE, DRAMMATICO WEST SIDE STORY Regia: Steven Spielberg con: Ansel Elgort e Rachel Zegler

Il cinema celebra se stesso alla luce dei 10 Oscar vinti nel ’61, ma punta sulla visione di Spielberg per ritoccare un classico di Broadway, dove musica e coreografie s’intrecciano coi sentimenti forti. L’odio tra bianchi e portoricani, e la violenza nelle strade tra bande rivali, fanno da controcanto alla love story tra Tony e Maria, innamorati nel West Side newyorkese.

DRAMMATICO, GIALLO HOUSE OF GUCCI Regia: Ridley Scott con: L. Gaga, A. Driver, J. Leto, S. Hayek, Al Pacino e J. Hirons

Un fatto di cronaca che occupò le pagine dei rotocalchi, quello che nel 1997 vide Patrizia Reggiani finire in manette con l’accusa di essere la mandante dell’omicidio del marito Maurizio Gucci, presidente della casa di moda. Ambizione, sete di potere e gelosia sono gli ingredienti che rievocano la caduta di una dinastia. 90

di Alessandra Miccinesi

CRY MACHO. RITORNO A CASA Clint Eastwood, eterno cowboy. Un ruolo che calza a pennello dopo una vita sul set. Un film delicato e semplice: storia di redenzione e pacificazione «È come nella vita, pensi di avere delle risposte e invecchiando ti rendi conto che non ne hai nessuna. Tutti devono fare delle scelte». Applausi per il veterano Clint Eastwood che, a dispetto delle rughe e dei suoi ultra 90 anni, strizza l’occhio alla macchina da presa e punta dritto al cuore del pubblico per raccontare un’altra delle sue storie “umane”. Una vicenda intensa e drammatica, farcita di speranza e redenzione, ispirata al romanzo di Richard Nash, in cui Eastwood è impegnato sia come regista che come interprete. Con lui c’è il giovane esordiente Eduardo Minett (Rafo). Siamo alla fine degli Anni ’70. Eastwood è Mike Milo, ex campione di rodeo che alleva cavalli per sopravvivere e porta avanti la sua vita stancamente, alternando i ricordi ai rimorsi.

Quando un giorno alla sua porta bussa Howard (Dwight Yaakman), il suo ex capo; Mike che è a corto di denaro non può rifiutargli il favore di andare fino in Messico per recuperare il figlio che, a detta dell’uomo, si è messo nei guai. Sarà un viaggio sulle polverose strade americane, che porterà il vecchio e il ragazzo - due generazioni a confronto - a conoscersi meglio e ad affrontare pericoli e imprevisti in cui ritrovare finalmente il senso autentico della vita, e un pizzico di saggezza on the road. Nel cast anche Natalia Traven, Dwight Yaakman, Fernanda Urrejola e Horacio Garcia Rojas. Musica avvolgente di Mark Mancina.

Regia: Clint Eastwood Genere: drammatico

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Corti di Lunga Vita, il concorso di cortometraggi dell’associazione 50&Più, è pensato per tutti coloro che vogliono realizzare opere che fanno riferimento all’anzianità e all’invecchiamento. Per partecipare, è necessario presentare opere inedite o edite (purché realizzate e trasmesse dopo il 1° ottobre 2020) di durata uguale o inferiore ai 7 minuti. Tutte le opere dovranno declinare il tema “Abbracciami!” – che guiderà questa edizione – in relazione alla terza età.

Per maggiori informazioni e per rimanere aggiornati sul bando di quest’anno, è possibile visitare la pagina


Vivere in armonia

seguendo le stagioni

VERSO IL SOLSTIZIO

«Per conservare i frutti si debbono mettere in luogo freddo e sopra la paglia, e sarebbe bene che la stanza avesse le porte o le finestre verso tramontana». Almanacco Barbanera 1863 a cura di:

DICEMBRE Sul crinale dell’anno, il solstizio d’inverno segna il tempo in cui le giornate riprendono lentamente ad allungarsi. Anche la terra comincia a risvegliarsi. Così nell’orto e nel giardino, e pure sul balcone - dove solo i più coraggiosi ortaggi non hanno ceduto al freddo - la raccolta dei cardi per la tavola di Natale accompagna le nuove timide semine. Perché anche se il freddo non smette di punzecchiare, si comincia a gettare il cuore oltre l’ostacolo, a pensare a più serene giornate, a rimettere in sesto gli strumenti, a definire spazi e colture. Nuove energie fanno fiorire il calicanto e maturare le bacche del biancospino, mentre nuovi progetti sono i semi da gettare sulla terra ancora fredda. Tra semine, potature e trapianti c’è molto da fare, ma a darci una mano ci sarà come sempre la Luna, pronta a crescere e a calare, a suggerire tempi e pratiche di buon vivere e coltivare. E si spalanca la porta alle Feste, giunte a scaldare il periodo più atteso dell’anno. 92

IL FRUTTO DI DICEMBRE Il corbezzolo (Arbutus unedo) Ricchi di carboidrati e praticamente privi di colesterolo, i corbezzoli contengono tannini e vitamina C. Antisettici, astringenti e diuretici, un infuso con 20 g di frutti lasciati in un litro di acqua bollente per 10 minuti, aiuta a depurare i reni. Il proverbio Non vi sono frutti così duri che il tempo non maturi. Fa bene perché... Pianta grande, dalle radici profonde, il corbezzolo si presta anche alla coltivazione sul balcone dove le sue bacche attireranno gli uccellini. Ci vorrà ovviamente un vaso capiente, di almeno 60 cm di altezza per un diametro di 70 cm. La semina La pianta non necessita di particolari attenzioni quanto a terreno o terriccio, purché sia ben drenato. Se il clima è mite e la temperatura non scende sotto i 5 °C, si coltiverà con facilità. L’impianto si fa in Luna crescente all’inizio dell’autunno, a settembre-ottobre, spingendosi fino a novembre, oppure a fine inverno, in febbraio-marzo. Predilige posizioni soleggiate e annaffiature non troppo frequenti, tranne nel caso di piante giovani o in periodi particolarmente caldi e asciutti. Teme le gelate, soprattutto per i fiori che si aprono da ottobre a febbraio. Si moltiplica per talea. Raccolta e conservazione I buoni frutti del corbezzolo si raccolgono da ottobre a dicembre. Si consumano freschi. Conservarli si può, ma solo tramite la preparazione di confetture, gelatine, canditi, aceti o del noto liquore al corbezzolo sardo.

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BUONO A SAPERSI! Per un Natale ecologico Se non intendiamo utilizzare un abete di Natale vero, possiamo optare per un albero ecologico e, per non rinunciare al suo profumo, cerchiamo per boschi resina di pino dall’odore simile -, da bruciare su un carboncino acquistato in erboristeria. Per addobbare la sala da pranzo, ideali sono le alzatine con frutta rossa: mele ben lucidate, corbezzoli dalle foglie verdi, melagrane e bacche di rosa canina. Infine, un buon tè nero con buccia di mandarino e arancia - solo la parte bianca -, cannella, zenzero e chiodi di garofano.

NEL CESTINO DEL MESE

NELL’ORTO, NEL GIARDINO, SUL BALCONE Sarà una gioia anche per i più piccoli raccogliere rami e pigne per realizzare ghirlande natalizie. Molto preziose per gli addobbi sono le bacche rosse, quelle della rosa canina, evitando quelle di agrifoglio e pungitopo che sono specie protette. Invece nell’orto - con la Luna crescente - è tempo di iniziare a raccogliere i cavolfiori e i cavoli da broccolo con temperature sopra allo 0 °C, e di seminare, in semenzai protetti, il radicchio da taglio, fave e piselli. Raccogliere le ultime foglie delle officinali per il consumo e i cardi. Nel giardino è invece il momento di trapiantare le viole e gli iberis a fioritura primaverile. Piantare i viburni. Portare gradatamente in casa l’albero di Natale perché si abitui alle temperature dell’interno. Piantumare nuovi alberi e cespugli in giornate soleggiate e non rigide. Proteggere le rose ancora in fiore con il tessuto non tessuto. Tornando poi nell’orto, piantare nei giorni di Luna calante i bulbi di aglio e cipolla e mettere a dimora - in semenzai protetti - lattughe e valerianella. Si raccolgono per la conservazione i cavolfiori. Controllare con attenzione che i teli di serre e tunnel siano integri e ben ancorati a terra. Lavorare il terreno, ma solo se non è bagnato. Vangare in giardino intorno alle rose e agli arbusti a fioritura precoce. Trapiantare le talee attecchite senza irrigarle, per evitare che l’apparato radicale geli.

COLTIVARE CON LA LUNA

LA GIUSTA ATTREZZATURA Nel tempo in cui rallentano i lavori nell’orto e nel giardino, ci si può dedicare alla manutenzione o all’acquisto degli attrezzi. Ci sono infatti strumenti che non possono mancare e che richiedono qualche piccola attenzione. A volte, se robusti e ben fatti, sono gli stessi a passare da una mano all’altra, di generazione in generazione. Per chi è all’inizio, è fondamentale disporre di una vanga a lama larga e una a lama stretta, una zappa e un rastrello per affinare il terreno e accogliere semi e piantine. Se poi dovete piantare molti bulbi, è conveniente un piantabulbi; se, invece, ci sono infestanti da eliminare o bisogna sminuzzare il terreno in superficie, sarà molto utile una piccola zappa per poter entrare tra le piante e non danneggiarle. Da non dimenticare, infine, l’abbigliamento giusto: scarponi o stivali di gomma, buone calze e una giacca a vento leggera.

SE HAI ½ GIORNATA

ORTAGGI: carciofi, cardi, carote, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cavolo verza, cicorie, cicorino da taglio, cime di rapa, cipolle invernali, finocchi, indivie, lattughe, porri, radicchi rossi, rape, sedano, spinaci, valerianella e verza.

FRUTTA: arance, bergamotto, cedri, cachi, cotogne, limoni, clementine, mandarini, mele, nocciole e pompelmi. AROMI: alloro, rosmarino e salvia.

IL SOLE Il 1° sorge alle 07.08 e tramonta alle 16.30. L’11 sorge alle 07.18 e tramonta alle 16.29. Il 21 sorge alle 07.25 e tramonta alle 16.32. Il 1° dicembre si hanno 9 ore e 22 minuti di luce solare e il 21 se ne hanno 9 e 7 minuti. Si perdono 15 minuti di luce solare. Il 22 se ne hanno 9 e 7 minuti e il 31 se ne hanno 9 e 10 minuti. Si guadagnano 3 minuti di luce solare. LA LUNA Il 1° sorge alle 03.18 e tramonta alle 14.43. Il 12 tramonta alle 00.33 e sorge alle 13.13. Il 21 tramonta alle 09.24 e sorge alle 18.23. Luna calante dal 1° al 3 e dal 20 al 31. Luna crescente dal 5 al 18. Luna Nuova il 4, Luna Piena il 19. dicembre 2021 | spazio50.org

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16/11/21 16:27


Giochi

Stuzzica Cervello

di Lionello e Favolino

di Enrico Diglio

TEST 1 Osservate attentamente il seguente insieme di curve e dite, senza toccare la figura, in quanti punti esse si incontrano.

REBUS Lionello 9 6 8 1 4...

REBUS Lionello ...7 10

TEST 2 Osservate attentamente il sottostante insieme di cifre e dite, utilizzando un criterio logico da determinare, quale cifra va sostituita al punto interrogativo.

» L’ULTIMO MESSAGGIO Ho letto …e francamente l’ho guardato a lungo, ma non certo ben disposto a sopportare questo affetto insano… una visita voglio, ad ogni costo!

TEST 3 Osservate attentamente i seguenti gruppi di figure e coppie di numeri, e dite quale figura va sostituita al punto interrogativo nel sesto gruppo.

» INCONTRO D’AMORE Venne a posta per me, apertamente, e si capiva ch’era per il mio bene. Non disse motto… e quando si riscosse vidi alla fin qual sogno fosse! INDOVINELLI Favolino

Soluzioni a pag. 96 94

spazio50.org | dicembre 2021

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16/11/21 16:31


LINEA

Novità


Soluzioni giochi

Vicini alla tua salute, noi.

REBUS (9 6 8 1 4...) O C corrono soli: di P RO getti; E I dee... = Occorrono solidi progetti e idee...

INDOVINELLI L’ultimo messaggio = Il malato Incontro d’amore = Vaglia postale

(...7 10) ...da VV Ero CO; raggio SE = ...Davvero coraggiose

Stuzzica cervello

TEST 1 - Le curve si incontrano in 21 punti.

Thermalcare® Light - 7 notti Fino al 12.12.2021 • 7 notti in camera doppia Classic con trattamento di pensione completa (bevande escluse) • Visita medica con stesura del protocollo di cura • Integratore di sali minerali ed estratti vegetali alcalinizzante e antiossidante • 6 applicazioni di fango • 6 bagni termali all’ozono • 6 trattamenti personalizzati (25 minuti) a scelta tra massaggi terapeutici o rilassanti • Acquagym di gruppo in piscina* • Spa kit con accappatoio e telo piscina per l’intera durata del soggiorno • Tutti i servizi inclusi Atlantic

A partire da € 683 a persona con impegnativa ASL (quota ticket esclusa) * Servizi fruibili in base alla situazione sanitaria attuale. Offerta valida anche per altre tipologie di camera e non cumulabile con altre promozioni in corso.

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Servizio Transfer su richiesta

TEST 2 - Il numero che va sostituito al punto interrogativo è 2. Esso, infatti, permette di rispettare il seguente criterio logico: addizionando i primi sette numeri partendo da sinistra, si ottiene lo stesso numero (40) che si determina addizionando i successivi sette numeri, ai quali appartiene il numero rappresentato dal punto interrogativo. Quindi:

TEST 3 - La figura da sostituire al punto interrogativo è un triangolo di colore verde. Esso, infatti, permette di utilizzare il criterio impiegato negli altri gruppi composti da una figura e una coppia di numeri: il numero a destra della figura si ottiene addizionando il numero a sinistra della figura al numero dei lati della figura, se questa è di colore verde; se la figura è di colore rosso, il numero alla sua destra si ottiene sottraendo al numero posto alla sua sinistra il numero dei lati della figura stessa. Quindi:

I possessori della Card 50&Più troveranno all’arrivo in hotel un gradito omaggio riservato in esclusiva.

35031 Abano Terme (PD) · Tel. 049 86 69 015 info@atlanticterme.com · www.atlanticterme.com

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17/11/21 15:26


BAZAR

a cura del Centro Studi 50&Più

Questo spazio offre informazioni, curiosità, notizie utili. Come ogni bazar, sarà luogo d’incontro e di scambio. Potete quindi inviarci le vostre segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

SALUTE

FILM

COHOUSING

PREVENZIONE IN ROSA La Società Italiana di Ginecologia della Terza Età (SIGITE) è un’associazione senza fini di lucro a carattere culturale, scientifico e didattico. Nata per approfondire i problemi medici, psicologici e sociali legati alla ginecologia in terza età, diffonde - tra le altre cose - anche linee guida per migliorare la qualità della vita delle donne in menopausa e in età adulta. Il sito web della SIGITE, ricco di consigli, approfondimenti e pagine di consultazione, è utile per informarsi su un tema troppo spesso posto in secondo piano. www.sigite.eu/site

LES JEUNES AMANTS Regia di Carine Tardieu Con F. Ardant e M. Poupaud Shauna è una donna di 70 anni, raffinata e indipendente. Da tempo non pensa più alla propria vita sentimentale, finché non s’imbatte in Pierre. Lui, medico di 45 anni, sposato e padre di famiglia, l’aveva molto colpita in un incontro avvenuto già quindici anni prima. Dal canto suo Pierre la vede ancora come una donna attraente. Tra il turbamento di entrambi, mentre la vita familiare di lui va a rotoli, Shauna lotta con sentimenti che credeva appartenessero ormai al passato.

ALIMENTAZIONE

ASSISTENZA

COABITAZIONE INTERGENERAZIONALE A Treviso, tra il 2002 e il 2021, l’indice di anzianità è aumentato da 124 a quasi 170 con un consistente incremento dei pensionati. L’ISRAA, Istituto di Servizi di Ricovero e Assistenza agli Anziani, un’istituzione pubblica di assistenza, ha quindi realizzato un progetto di cohousing attraverso il quale ha recuperato alcuni edifici storici dal punto di vista energetico, dedicandoli alla vita quotidiana delle persone anziane. I nuovi affittuari però hanno età diverse, visto che è previsto un piano di convivenza intergenerazionale. www.israa.it/il-progetto

MIRTILLI CONTRO IL DECADIMENTO COGNITIVO Un nuovo studio americano ha confermato i benefici dei mirtilli sul potenziamento cognitivo degli anziani. Condotta su persone di età compresa tra i 60 e i 75 anni, l’indagine ha previsto che questi ne consumassero una certa quantità. Dai test effettuati è poi emerso un netto miglioramento nella funzione cognitiva e nella memoria. Gli stessi studiosi, però, hanno ammesso di non aver ancora scoperto il meccanismo attraverso cui i mirtilli agiscono sul cervello umano. Tuttavia, anche altre ricerche condotte in passato su alimenti contenenti polifenoli, come le bacche, hanno fatto riscontrare miglioramenti delle prestazioni cognitive. I mirtilli, in particolare, sembrano avere inoltre effetti neuroprotettivi.

POCA TECNOLOGIA NELLE RSA Quanta tecnologia c’è nelle nostre Rsa, anche dopo il Covid? Secondo l’indagine Rsa oltre l’emergenza, la strada per l’innovazione, realizzata dalla società di ricerche Ipsos per conto di Ascom Ums Italia, non moltissima. Il noto istituto di ricerca, infatti, ha svolto un’analisi qualitativa sulla loro diffusione. Risultano essere pochi, ad esempio, i sistemi di monitoraggio delle funzioni vitali. Così come le tecnologie che rilevano l’allontanamento degli ospiti dalla struttura e la loro localizzazione vengono percepite come “poco interessanti”. Percezione diffusa anche laddove si stiano già sperimentando. Pochi anche i device digitali da far indossare agli ospiti delle strutture.

PROGETTI STOP ALLE BARRIERE ARCHITETTONICHE Ci sono buone notizie per le persone con disabilità o difficoltà motorie che vivono in Emilia-Romagna. Per consentire l’abbattimento delle barriere architettoniche, la Regione ha stanziato oltre 10 milioni di euro fra risorse nazionali e regionali. Lo scopo è quello di distribuirle fra i diversi Comuni, in modo da accogliere le quasi 5mila richieste già presentate dai cittadini. Dalla rimozione di scale all’installazione di videocitofoni, sono tantissimi gli interventi realizzabili per le abitazioni private. www.regione.emilia-romagna.it dicembre 2021 | spazio50.org

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16/11/21 16:36


Lettere al direttore

Risponde Giovanna Vecchiotti Direttore responsabile 50&Più

CHE NATALE SARÀ? DIPENDE ANCHE DA NOI STESSI

Forse saranno festività con alcune restrizioni dovute alla pandemia, o forse saranno “totalmente libere”. Ma ciò che conta è come ognuno di noi le vive; e saranno certamente le migliori di sempre, se ci si lascia alle spalle i sentimenti negativi

Gentile Direttore, ho deciso di scriverle perché credo che la “testimonianza diretta” sia sempre preferibile al “sentito dire” o al leggere determinati eventi sul giornale o su internet. Sono una cinquanta e più, anzi i cinquanta li ho superati da un bel pezzo. Mi sono considerata sempre una persona in salute, attiva, capace di superare le avversità che la vita ti mette davanti. Lo scorso anno, nel mese di dicembre, sono stata colpita dal Covid-19, anzi, siamo stati colpiti dal Covid entrambi, io e mio marito, di qualche anno più grande di me. È stata un’esperienza dura, durissima. Innanzitutto per la malattia, che ti aggredisce e ti lascia letteralmente senza fiato, e poi per l’angoscia causata dall’isolamento, quello completo, che non ti permette neanche di sapere che cosa sta accadendo fuori dalle quattro mura dell’ospedale. La mia pena più grande è stata quella di non aver avuto nessuna notizia di mio marito per giorni, e anche quella di non aver potuto incontrare i miei figli, stringere le loro mani e trarre i benefici che l’amore riesce a trasmetterti. C’erano, e direi per fortuna, i medici e gli infermieri che si prodigavano come potevano, e loro avranno per sempre la mia riconoscenza. Alla fine, però, l’abbiamo spuntata e sia io che il mio Danilo siamo riusciti a venirne fuori. La convalescenza è stata complessa, ma con l’aiuto di tante care persone,

compresi i vicini di casa, abbiamo ricominciato a vivere. Letteralmente. E il prossimo Natale sarà il primo che passeremo dopo la malattia, circondati da figli e nipoti, un paio dei quali torneranno dall’estero dove stanno studiando, proprio per l’occasione. Io lo considero il Natale della rinascita, quella mia e di mio marito, e vorrei dedicarlo a tutti coloro che stanno soffrendo a causa della pandemia. E dico a tutti gli altri: pensate sempre a ciò che si ha, perché in un attimo potrebbe sfuggirti dalle mani. Buon Natale a tutti! Gisella Tubini Vero, signora Gisella, troppo spesso trascorriamo la nostra vita pensando più a ciò che non abbiamo piuttosto che godere di tutto quello che già possediamo. E quando ce ne accorgiamo talvolta è troppo tardi. Ma, per fortuna, spesso ci capita anche di avere una “seconda occasione” ed è allora che dobbiamo approfittarne. Non sappiamo ancora che Natale sarà, questo del 2021, conosciamo però come è stato quello dello scorso anno e tutti i sacrifici e le pene che abbiamo dovuto affrontare, e superare, per tornare a vivere una parvenza di normalità. Godiamoci, dunque le festività natalizie insieme ai nostri cari, cercando di cogliere fino in fondo, il piacere dello stare insieme. Auguri a tutti i lettori, da me e da tutta la redazione di 50&Più.

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Giovanna Vecchiotti può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - g.vecchiotti@50epiu.it 98

spazio50.org | dicembre 2021

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50 e PIU_Ins. Miscela 3olii NF 09.21.pdf

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