Anni possibili
L’IMPEGNO DI CURA DEI PROPRI CARI di Marco Trabucchi
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olte famiglie italiane sperimentano le difficoltà e il peso di assistere un congiunto anziano, non più autosufficiente, bisognoso di cure e di attenzioni complesse. Spesso l’assistenza diventa una sorta di prigione per chi
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la presta, perché richiede un impegno senza sosta per molte ore al giorno, un susseguirsi di sforzi anche fisici, la sensazione di essere chiusi in una gabbia dalla quale non si riesce ad uscire. A questo sentire, già così impegnativo, talvolta si aggiunge l’impressione di
impotenza, perché non si riesce a modificare significativamente l’evoluzione della malattia del proprio caro, un senso di colpa per il sentimento soggettivo e “sotterraneo” di rifiuto che talvolta pervade chi assiste, la difficoltà di avere un rapporto con l’ammalato, spesso colpito da deficit cognitivi che rendono difficile uno scambio verbale, l’abbandono di fatto da parte dei parenti e dei conoscenti, per cui si instaura una sensazione dolorosa di solitudine. La condizione dolorosa sopradescritta talvolta raggiunge livelli così elevati da impedire alla naturale generosità, che è alla base dell’impegno di servizio, di esprimersi appieno, per cui prevalgono sentimenti di fallimento, il desiderio di interrompere l’impegno assistenziale, talvolta un senso di aggressività verso l’ammalato e le persone di famiglia che non intervengono fornendo il necessa-
spazio50.org | dicembre 2021
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