PINK BASKET N.29

N.29 GIUGNO 2021

IN QUESTO NUMERO // BATTITO OLIMPICO // CUBAJ LA ROCCIA // INSIDE EUROBASKET: L’ITALIA DI TUTTI // FOCUS: SFIDE AZZURRE // INSIDE A2: È TEMPO DI FESTA // ZANARDI IL FUTURO // 3X3: ORIZZONTE TOKYO // STORIE: ERAVAMO REGINE // RUBRICHE PINK

GIUGNO 2021

N.29

in questo numero 1 EDITORIALE

Battito olimpico

3 inside eurobasket L’Italia di tutti

9 PINK GLOSSARY 11 Focus

Sfide azzurre

17 cover story

Cubaj la roccia

23 inside A2

È tempo di festa

29 Primo piano

Zanardi il futuro

35 altri mondi

Orizzonte Tokyo

41 storie

Eravamo regine

44 pink mix 47 PALLA E PSICHE

In bolla

48 guardia e ladri

Underdogs

50 BUZZER BEATER

L’estasi della vittoria

DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Silvia Gottardi, Francesco

Velluzzi, Giulia Arturi, Manuel Beck, Simone Fulciniti, Eduardo Lubrano, Alice Buffoni, Laura Macchi, Susanna Toffali

PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI Marco Brioschi,

Ceretti (Ciamillo/Castoria), Fiba PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi

editoriale

BATTITO OLIMPICO DI ALICE PEDRAZZI

Si scrive Olimpiade, si legge: Sogno realizzato.

Il basket femminile torna a toccare i “cinque cerchi” dopo 25 anni. Dalla nazionale di Riccardo Sales, che sbarcò ad Atalanta 1996 dopo aver vinto l’argento europeo a Brno nel 1995, l’Olimpiade è stato un sogno trasformatisi di anno in anno in tabù, per il nostro basket femminile. Ora, finalmente, sfatato. E come spesso succede, è l’innovazione a fare la rivoluzione: la porta delle Olimpiadi si è aperta su una nuova competizione, il 3x3, alla prima volta assoluta in una competizione olimpica. A questa novità assoluta ci attacchiamo per riannodare il filo con la storia a cinque cerchi e riprendercela presto tutta.

Rae Lin D’Alie, Giulia Rulli, Chiara Consolini e Sara Madera hanno raggiunto questo Sogno. Sotto lo sguardo e la guida di Andrea Capobianco, giunto all’ennesimo risultato straordinario di una grande carriera.

Senti, senti come mi batte forte il cuore olimpico. A Tokyo, dal 24 al 28 luglio, il cielo sarà Azzurro.

TALENTO CECILIA ZANDALASINI, TORNATA IN ITALIA ALLA VIRTUS BOLOGNA, È LA STELLA DEL ROSTER AZZURRO.

inside eurobasket

L’Italia di tutti

EUROBASKET ALLE PORTE: PER LINO LARDO LA PRIMA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE ALLA GUIDA DELLE AZZURRE. DOPO AVERE CENTRATO LA QUALIFICAZIONE ALL’EUROPEO, IL CT VUOLE PROVARE A CONDURRE L’ITALBASKET IL PIÙ AVANTI POSSIBILE. L’AMBIZIONE? QUALIFICARSI PER IL PRE-MONDIALE

Di Francesco Velluzzi

S

e lui è davvero l’uomo giusto lo dirà il prossimo Europeo

che scatta in Spagna e vede le azzurre di fronte a Serbia, Montenegro e Grecia. Tre scogli da affrontare per andare avanti e sognare. Come l’Italia del calcio di Roberto Mancini. Ecco, Lino Lardo, CT dell’Italdonne, può, vuole e aggiungiamo il deve, essere il Mancini della Nazionale di basket femminile che lui, il tecnico di Albenga, ha cominciato a plasmare con un approccio simile a quello del Mancio. Passione azzurra è il motto del coach che, quando ha ricevuto la chiamata del presidente federale Gianni Petrucci, non ha esitato neppure un secondo. Era in Puglia a San Severo, dove aveva accettato l’ennesima sfida in A2 maschile. Non ha mai avuto problemi e difficoltà a calarsi in nuove realtà, in nuove avventure. La passione lo ha portato ovunque. È passato dalla finale scudetto con l’Olimpia Milano, dove ha partecipato all’avviamento del progetto di Giorgio Armani, a Rieti in A2. Ha vissuto la Virtus Bologna, che oggi è campione d’Italia,

e quel che restava di Roma che oggi piange perché non c’è più. Poi Trapani, Udine, Scafati, San Severo.

Fino alla femminile. Perché un nesso c’è.

Malì Pomilio, la compagna di Lino, la seconda splendida vita di Lino, è stata una protagonista vera del movimento. Da giocatrice innanzitutto. Nella Vicenza di Pollini e Fullin e in maglia azzurra. Un colore speciale per Lardo: “La maglia azzurra è un richiamo fortissimo. Deve esserlo. Per questo quando Petrucci, un anno fa, mi ha telefonato, non ho esitato un attimo. Non avevo mai allenato le ragazze, ma vivo in casa con Malì e qualcosa ho cominciato a masticare. Dieci anni fa avevo avuto un contatto con Schio che poi non si era concretizzato. Ho imparato a conoscere giocatrici e movimento. Quando allenavo la Gsa di Udine di A2 qualche anno fa, Malì era arrivata alla panchina della Delser. Ci svegliavamo la mattina e a colazione avevamo le lavagnette in mano. E ci confrontavamo”.

Ora Malì per qualche giorno siederà in tribuna

inside eurobasket

all’Europeo spagnolo. Ma in panchina ci sarà Lino Lardo che farà di tutto per portare più avanti possibile le azzurre. Che in panchina hanno una team manager speciale, quella Raffaella Masciadri che l’azzurro lo ha incollato sulla pelle. Resettare le vecchie esperienze, con un tecnico umano e motivato, è l’imperativo di questa Nazionale che si prepara alla tostissima battaglia con la Serbia. “Ho firmato un contratto di due anni, fino all’estate del 2022. Ma sia chiaro che sarei ben felice di andare avanti fino all’Europeo del 2023 che qualificherà per la nuova

Olimpiade. In questo torneo c’è in ballo la qualificazione per il prossimo Mondiale”, spiega Lardo. Al torneo Pre-Mondiale del febbraio 2022 che qualifica all’evento australiano di Sydney (in programma dal 22 settembre al 1°ottobre 2022) arrivano le prime sei classificate di questo Europeo in cui la nostra Nazionale prova a recitare un ruolo importante.

L’avventura Lardo si è inserito bene nel gruppo azzurro. Lo ha fatto entrando in punta di piedi, proponendosi con naturalezza e spontaneità, toccando

DEBUTTO A EUROBASKET PER COACH LINO LARDO, DALLO SCORSO ANNO CT DELL’ITALBASKET FEMMINILE E FRESCO DI NOMINA A CAPO ALLENATORE DELLA VIRTUS BOLOGNA FEMMINILE.

le corde giuste delle ragazze che avevano bisogno prima di tutto di questo aspetto. “Allenarle mi piace, è motivante. Le donne sono molto allenabili. Mi sono approcciato proponendomi esattamente per come sono. Il basket è universale, per uomini e donne. Io ho cercato di trasmettere la mia mentalità e di creare una mentalità. Poi ci vuole atletismo. Le ragazze hanno una forte resistenza alla fatica, amano lavorare in palestra e hanno grande capacità di concentrazione. Quando lavori con loro sai che riceverai molte richieste, ma, se troverai il feeling giusto,

otterrai molte più risposte. Ho avuto modo di gestire le prime bolle in piena pandemia, quando abbiamo giocato le prime partite e la risposta è stata davvero ottima. Abbiamo vissuto insieme”. E soprattutto il gruppo ha imparato a vivere tra le tante difficoltà che una situazione del genere imponeva. L’Italia ha ripreso a vincere e a convincere. E con questo spirito si presenta all’Europeo spagnolo. I concetti espressi dal commissario tecnico ligure sembra siano stati assimilati. La squadra è forte, ringiovanita, unita. La scelta di rinunciare a un pilastro come

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inside eurobasket Giorgia Sottana è stata assorbita. Con Crespi era una delle cosiddette punte. Ora non c’è. Perché questa Italia vuole crescere anche in prospettiva. E la chiusura con il passato deve servire a trarre spinta motivazionale ed energia per il futuro.

La squadra “Questa è la Nazionale di tutti”. Non è

proprio un manifesto o uno slogan studiato a livello mediatico, ma è lo spirito che ha trasmesso Lino Lardo. Nel senso che tutte hanno un’opportunità, sono considerate allo stesso modo, sono indispensabili. Lardo punta su concetti chiari: “La maglia azzurra trasmette emozioni. A me come a loro. Le ragazze devono tirar fuor tutto quello che hanno e su questo abbiamo lavorato. Occorre un certo spirito di sacrificio da parte di tutte. Bisogna dare assolutamente tutto in difesa”. E a proposito di questo particolare, non indifferente, si rileva anche la scelta di rinunciare a una specialista come Martina

società che crede molto anche nel settore femminile che ha accorpato con quello maschile”. Tornando a Zandalasini, Lardo ne conosce ovviamente il valore. “Chiaro che avrà tanti occhi puntati addosso.

So quel che ci può dare. Ma lei per prima, appena è arrivata, si è messa a disposizione di un gruppo in cui è importante come le altre. Ognuna ha il proprio ruolo. Con questo approccio dobbiamo arrivare al primo appuntamento del 17 con la Serbia. Sappiamo che nel reparto lunghe siamo un po’ contate e non abbiamo tanti centimetri. Ma mi fido dell’esperienza di Bestagno e del contributo di Cubaj, André e Keys. Abbiamo salutato Martina Spinelli e Valeria Trucco che hanno dato il massimo finché sono state con noi”. Il capitano scelto, Sabrina Cinili (che Lardo ritroverà come Zandalasini nella futura esperienza di Bologna), può agire indifferentemente da tre e da quattro, sfruttando la sua versatilità e anche il tiro di cui dispone. Il reparto piccole ha una certezza: De-

“Questa è la Nazionale di tutti”. Non è proprio un manifesto o uno slogan studiato a livello mediatico, ma è lo spirito che ha trasmesso Lino Lardo. Nel senso che tutte hanno un’opportunità, sono considerate allo stesso modo, sono indispensabili.

Crippa, da anni incaricata di mettere la museruola all’attaccante avversaria più pericolosa. “È stata una decisione e una scelta difficile, anche per la persona che è. Ma ha giocato anche poco nella stagione appena conclusa”, spiega Lardo. Che deve affidare questo compito particolare alla giovane e talentuosa stella dell’Umana Venezia, la squadra che ha appena guidato alla conquista dello storico scudetto: Francesca Pan. Tiratrice eccelsa. Ma capace anche di difendere forte, Pan è il presente, ma pure il futuro. L’esperienza americana l’ha resa forte a tal punto da guadagnarsi il premio di Mvp durante le finali scudetto contro Schio, spodestata dopo anni di dominio. “Ha molta personalità, ha un gran tiro, ma difende bene con aggressività, da esordiente ha compiuto dei progressi enormi e si è fatta sentire”, spiega il coach che, però, rimarca un concetto: “Questa Nazionale gioca di squadra. È una squadra che gioca di squadra. Nel gruppo sono davvero tutte importanti allo stesso modo”. Poi sia chiaro che una giocatrice come Cecilia Zandalasini non può essere considerata una qualunque, dopo tre anni da protagonista in Turchia al Fenerbahce. Il futuro la vedrà stella indiscussa della Virtus Segafredo Bologna che sarà allenata indovinate da chi? Da Lino Lardo... “È un capitolo a cui penserò dopo. Ma sono contento di tornare a Bologna e misurarmi in una realtà come questa. Vedo sicuramente un grande spirito. Una

bora Carangelo, playmaker e leader della Venezia scudettata. Sarà lei a guidare la barca in partenza.

“Si è ritagliata uno spazio importante, semplicemente con il lavoro. Ha giocato una grande finale scudetto con la Reyer. Ha dimostrato che a tutte le età si può essere protagonisti”. Il resto dell’energia lo trasmetteranno la passaportata Nicole Romeo, ormai di casa in Italia, tra Ragusa e Nazionale (un trottolino che dà tanto ritmo e pericolosità offensiva), e Attura. Poi c’è l’altra protagonista della bella pagina scritta a maggio dall’Umana Venezia, Elisa Penna che sembra maturata a tal punto da essere una giocatrice di grande affidabilità anche a livello europeo. Lardo ci conta parecchio unendo un mix di esperienza e gioventù che è sempre la chiave necessaria per raggiungere determinati risultati. È un Europeo che vede squadre come Spagna, Serbia, Francia, Belgio e Russia come le formazioni più pericolose e sulla carta più accreditate, ma le azzurre, con lo spirito trasmesso dal nuovo e pure futuro coach (per alcune) possono inserirsi nella lotta. Hanno la spensieratezza e la sfrontatezza che serve. “Chiaro che le squadre citate sono molto forti e inizialmente accreditate per le posizioni di primo piano, Serbia in primis, visto che è la nostra prima avversaria. Ma sono certo che lo spirito che metteremo sarà quello giusto. Io mi fido”. Parola d Lino Lardo.

AL TIRO ELISA PENNA, IN FOTO, È UNA DELLE MIGLIORI TIRATRICI DELLA SQUADRA. ANCHE DALLA SUA PRECISIONE AL TIRO PASSERANNO LE FORTUNE DELL’ITALBASKET.

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RACCOLTA BOLLINI

glossary

PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).

Estate baskettàra

un po’ dolce, un po’ amara

Definizione.

Periodo dell’anno in cui la giocatrice di basket è impegnata in un numero di partite superiore rispetto al campionato. È scientificamente provato infatti che i tornei estivi, in qualsiasi forma e svolgimento, siano il prolungamento naturale e inesorabile della stagione regolare.

Si potrebbe pensare che la giocatrice affronti questi impegni estivi con leggerezza e serenità, ma è una supposizione errata. Nella sua testa, gli obiettivi sono sempre due e molto chiari: accumulare più magliette e pantaloncini possibili da sfoggiare durante l’anno in allenamento; e vincere. Perché sì, anche se si tratta della gara di tiro da metà campo che ha come premio una cassa di birra scadente, l’agonismo prevale.

Ma la baskettàra sa anche rilassarsi, sa godersi il buon vino e il buon cibo. O almeno, lo fa finchè un’amara consapevolezza la assale e improvvisamente si rende conto che l’unità di misura di tutto diventa lo squat. Kilocalorie levateve. E allora la sua mente, in modo autonomo e con una certa cattiveria, comincia a calcolare: 1 spritz: 10 squat.

Gelato con 3 palline: 15 squat (+ panna: 20 squat). Patatine fritte più birra: 30 squat.

Crisi. Immagini del preparatore atletico che si materializzano sulla spiaggia come fossero miraggi. Necessità immediata di procedere con degli squat. Squaaat!

Ma c’è qualcosa di ancora più stressante che caratterizza l’estate di una cestista: la scelta della squadra con cui giocare la stagione successiva. Paragonabile alla scelta di un partner con cui passare il resto della propria vita, la scelta della squadra fa sorgere esattamente la stessa tipologia di dubbi: sarà quella giusta? Costruiremo qualcosa insieme? Troverò la giusta motivazione? Riuscirò ad avere delle buone prestazioni?

L’estate è periodo di viaggi. Le baskettàre sono molto esigenti, tanto che alcuni siti di viaggi hanno aggiunto come filtro di ricerca “Campetto entro 2 km dall’albergo”, interpretando una necessità pulsante delle giocatrici. La presenza del campetto diventa il metro di valutazione nella scelta della destinazione. E poi, il pallone nel bagagliaio deve entrarci a tutti i costi, pur di lasciare a casa il gatto (nessun gatto è stato maltrattato, si tratta soltanto di un esempio di fantasia dell’autore). Infine, i campetti lungomare diventano l’unica vera meta romantica da gustarsi al tramonto col proprio partner.

Dedicato a tutte noi, amanti del basket, che non abbandoniamo mai veramente il campo finita la stagione. Ma ce lo portiamo dentro, nei nostri cuori assieme alla passione che coltiviamo per questo splendido sport! W il basket (e l’estate baskettàra!).

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FAVORITA LA FRANCIA SI PRESENTA A EUROBASKET CON I FAVORI DEL PRONOSTICO, GRAZIE A UN ROSTER RICCO DI TALENTO ED ESPERIENZA. IN FOTO MARINE JOHANNÈS, UNA DELLE STELLE DEL TORNEO.

focus

SFIDE AZZURRE

IL GIRONE DI EUROBASKET VEDE LE AZZURRE DI FRONTE A SERBIA, MONTENEGRO E GRECIA. DA QUI COMINCIA IL CAMMINO EUROPEO, INSEGUENDO IL SOGNO DELLA QUALIFICAZIONE AL PRE-MONDIALE. SCOPRIAMO PUNTI DI FORZA, PRECEDENTI E ROSTER DELLE NOSTRE PRIME AVVERSARIE

DI MASSIMO MATTACHEO

S

erbia, Montenegro e Grecia. 17, 18 e 20 giugno. Da

qui comincia il percorso azzurro agli Europei di Spagna e Francia. L’ambizione? Uno dei primi sei posti, che qualificano al Pre Mondiale del prossimo anno. Il desiderio? Continuare a esprimere una pallacanestro godibile e corale, con l’obiettivo di mantenere l’identità che ha portato l’Italdonne fino a qui anche di fronte ad avversarie di alto livello. Il percorso di avvicinamento – Francia, Turchia e Spagna – ha testato il livello della Nazionale allenata da Lino Lardo contro alcune delle pretendenti al titolo continentale.

Tra queste, indubbiamente, anche la Serbia. Il primo step del percorso vedrà l’Italia opposta alla squadra campione d’Europa nel 2015 e reduce dal bronzo alle Olimpiadi di Rio nel 2016 e all’ultima edizione di Eurobasket (Serbia/Lettonia 2019). Un avversario che indubbiamente ci rievoca il quarto di finale a Orchies nel 2013 in cui l’Italia guidò la partita per 38 minuti prima di arrendersi a un ter-

rificante parziale di 11-0 negli ultimi 90 secondi di gara.

IL ROSTER Nove giocatrici oltre i 30 anni nel roster di coach Maljkovic, che dispone di giocatrici probabilmente all’ultima esperienza a Eurobasket. Per questo la Serbia, arrivata in Spagna in grande forma, sa di avere davanti a sé una grande occasione per centrare l’ennesima medaglia a livello continentale con un gruppo di giocatrici straordinarie.

Guidate da Sonja Vasic e Jelena Brooks, che agiscono nei due ruoli di ala e hanno fisicità, talento e una doppia dimensione che le rende uniche nel panorama continentale, le serbe possono poi contare sulle qualità offensive di Yvonne Anderson, neo campionessa d’Italia con la Reyer Venezia e sulla solidità delle altre atlete che scenderanno in campo a Valencia.

Completo e profondo in ogni reparto, il collettivo a disposizione di coach Maljkovic si candida a recitare un ruolo di assoluto protagonista.

focus LA STELLA In un roster davvero ricco di talento ed esperienza (età media 29 anni) pronto a giocarsi le proprie chance di medaglia alle spalle di Francia, Spagna e Belgio – le squadre più accreditate per arrivare in fondo – spicca la stella di Sonja Vasic (tre volte vincitrice dell’EuroLega) e già protagonista del successo a Eurobasket 2015 e del bronzo olimpico a Rio 2016. Si tratta di una giocatrice completa, capace di variare diverse soluzioni di tiro e di aiutare la squadra a vincere con tante piccole e grandi cose.

IL COACH Marina Maljkovic, figlia del grande Božidar Maljkovic, uno degli allenatori più vincenti nella storia della pallacanestro europea (17 trofei vinti in carriera), ha iniziato giovanissima – all’età di 16 anni - la carriera da allenatrice togliendosi grandi soddisfazioni alla guida della Nazionale, che ha condotto a un oro e un bronzo europei e a un bronzo olimpico. Dopo avere lasciato la panchina nel gennaio del 2017, è stata nuovamente nominata CT nel dicembre dello stesso anno. Con i Club ha vinto numerosi titoli nazionali (sei consecutivi – con annesso premio di Coach of the Year tra il 2007 e il 2013 alla guida prima dell’Hemofarm e poi del Partizan). Nel

Nazionale, bene affiancata da Milica Jovanovic, l’atleta più impiegata (quasi 33’ di media) nel corso delle qualificazioni, concluse con 14.3 punti a gara, Markeisha Gatling, centro capace di segnare con continuità al ferro (15.3 punti e 7.3 rimbalzi di media). Bozica Mujovic è il metronomo della squadra, capace di mettere in ritmo le compagne e di creare per se stessa, mentre il quintetto è completato da Jovana Pasic, capace di agire come guardia o ala.

Dalla panchina si alzano Snezana Aleksic, Milena Jaksic, Bojana Kovacevic, Violeta Lazarevic, Marija Lekovic, Kristina Rackovic e Dragana Zivkovic che hanno il compito di mantenere alto il livello di intensità e di energia della squadra. Le fortune del Montenegro passeranno soprattutto per il rendimento del quintetto, composto da giocatrici capaci di segnare con continuità, e dal risultato della partita inaugurale contro la Grecia, che potrebbe essere già decisivo per aumentare le possibilità di passaggio del turno della formazione allenata da Jelena Skerovic.

LA STELLA Jelena Dubljevic, 34 anni da poco compiuti, è la giocatrice di maggiore talento della Nazionale. Tra-

Il desiderio? Continuare a esprimere una pallacanestro godibile e corale, con l’obiettivo di mantenere l’identità che ha portato l’Italdonne fino a qui anche di fronte ad avversarie di alto livello.

2018 ha vinto l’Eurocup con il Galatasaray, sconfiggendo Venezia in finale. In panchina da quasi 25 anni, è una dei coach più esperti e vincenti presenti ad Eurobasket.

I PRECEDENTI Sono sei i precedenti tra le due Nazionali, con

un bilancio favorevole alla Serbia (4 vittorie e 2 sconfitte). Detto del precedente del 2013, le Azzurre colsero invece il successo (64-43) nell’edizione del 2007 di Eurobasket. Questa è la migliore vittoria italiana per scarto, al pari dell’altro sorriso ottenuto nelle qualificazioni a Eurobasket 2011 (76-55).

Il secondo avversario nel percorso delle Azzurre sarà il

Montenegro, nella partita in programma il giorno dopo la sfida contro la Serbia. Una sfida molto importante nel percorso dell’Italbasket in ottica di accesso alla seconda fase del torneo. Si tratta di un avversario di valore, ma sicuramente più abbordabile rispetto alla Serbia con cui giocheremo all’esordio. Ventiduesimo nel ranking europeo FIBA, il Montenegro vuole giocarsi le proprie carte per il passaggio del turno.

IL ROSTER Un mix di esperienza e talento quello con cui si presenta il Montenegro all’appuntamento con Eurobasket 2021. Jelena Dubljevic, di cui parliamo sotto, è sicuramente un punto di riferimento importante per la

scinatrice del Montenegro nelle qualificazioni a Eurobasket 2021 (due partite disputate), in cui ha totalizzato 21 punti e 11 rimbalzi a partita con percentuali eccellenti dal campo, è sicuramente l’osservata speciale numero 1 per la nostra difesa. In carriera, tra le altre cose, vanta un titolo WNBA vinto nel 2016 con la canotta delle Los Angeles Sparks.

IL COACH Jelena Skerovic, dopo una carriera ad alto livello

come giocatrice, cominciata al Buducnost Podgorica e che la ha vista compiere diverse tappe, tra Brno, Spartak Mosca, USK Praga, tra le altre, ha cominciato ad allenare nel 2017, assumendo l’incarico di head coach del Lotos Gydnia, in Polonia, con cui ha conquistato due titoli nazionali e una Coppa di Polonia. Dal 2019 è capo allenatrice della Nazionale montenegrina.

I PRECEDENTI Sono quattro in totale, con un bilancio decisamente positivo per le Azzurre (3 vittorie e 1 sconfitta).

Uno di questi si è giocato a Eurobasket 2013 ed è stato lo spareggio per accedere ai quarti di finale: dopo un primo tempo favorevole alle nostre avversarie, l’Italbasket girò la partita nella ripresa e si guadagnò un posto tra le migliori otto della competizione. L’ultimo precedente risale al 2016, nelle qualificazioni a Eurobasket 2017: il Monte-

AMBIZIOSA LA SERBIA, AVVERSARIA DELLE AZZURRE ALL’ESORDIO, PUNTA A UN RISULTATO DI GRANDE PRESTIGIO. TRA LE PIÙ IN FORMA, SONJA VASIC, AL SUO ULTIMO EUROPEO.

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focus negro si impose per 66-57 contro un’Italia già qualificata.

L’ultima avversaria della prima fase di Eurobasket 2021 è la

Grecia (tredicesima nel ranking europeo FIBA), che rievoca alla memoria il brutto ricordo di Eurobasket 2009 in cui le elleniche vinsero lo spareggio per un posto al Mondiale e anche quello di Eurobasket 2015 in cui l’Italbasket perse e uscì dalla competizione. Provare a invertire questo trend negativo deve essere una parola d’ordine importante per le Azzurre, per cancellare i fantasmi del passato e cercare di scrivere una nuova e bella storia.

IL ROSTER In cabina di regia agirà Anna Stamolamprou,

play/guardia che nel corso delle qualificazioni ha totalizzato 10.2 punti e 3.3 rimbalzi di media. Specialista nel tiro da tre punti (5 tentativi a incontro, convertiti con il 30%) è il metronomo della formazione ellenica. Al suo fianco Angeliki Nikolopoulou, guardia che predilige concludere al ferro o dalla media distanza rispetto al tiro da tre punti. Con i suoi 10 punti a gara, è uno dei riferimenti offensivi più importanti della squadra. L’ala piccola titolare sarà verosimilmente Eleanna Christinaki, altra atleta capace di concludere al ferro o con il tiro da fuori.

Sotto canestro, al fianco di Fasoula – di cui parliamo sotto – agisce Artemis Spanou, che nel corso delle qualificazioni ha prodotto 11 punti e 6.5 rimbalzi a partita.

Dalla panchina si alzano Dionysia Alexandri, Eleni Bosgana, Ioanna Diela, Vasiliki Louka, Penelopi Pavlopoulou, Aikaterina Sotiriu ed Elena Tsineke. Tra loro,

Bosgana e Pavlopoulou sono le due giocatrici che, nel corso delle qualificazioni, hanno offerto il maggiore contributo alla squadra in uscita dalla panchina (17 punti di media complessivi). A loro, e alle compagne, il compito di mantenere alto il livello di intensità nel corso delle singole gare.

LA STELLA In un roster composto da tante giocatrici capaci di offrire un contributo importante alla squadra, dovendo individuare una stella il nome è quello di Maria Fasoula. Nel corso delle qualificazioni a Eurobasket 2021, il centro in forza a Tenerife, ha prodotto 12.5 punti e 7.5 rimbalzi di media. Grande specialista a rimbalzo d’attacco, Fasoula ha una dimensione esclusivamente interna ed è abile a concludere al ferro.

IL COACH Vasileios Maslarinos, nato nel 1983, è allenatore della Nazionale femminile della Grecia dal 2019. Dal 2014 guida anche la formazione femminile del Paok Salonicco e in precedenza dell’Aris Salonicco e dell’Iraklis.

I PRECEDENTI Sono ventitré le sfide tra le due Nazionali nel-

la storia: il bilancio sorride all’Italbasket, nel complesso, capace di imporsi in 14 di queste occasioni. L’ultima sfida, un’amichevole, risale al 2017 e venne vinta dalle Azzurre con il punteggio di 70-59. Detto dei precedenti agli ultimi Europei, la Nazionale allenata da Lardo proverà a invertire la tendenza per centrare l’accesso alla fase successiva della manifestazione.

roster serbia 5 Sonja Vasic

23 Ana Dabovic

(1989, 189, SF, Spar Girona)

(1989, 183, SG, BLMA)

6 Sasa Cadjo

24 Maja Skoric

(1989, 178, SG, Carolo Basket)

(1989, 184, PF, KSC Szekszard)

8 Nevena Jovanovic

25 Masa Jankovic

(1990, 179, SG, Sopron Basket)

(2000, 187, SF, ZKK Crvena Zvezda)

9 Jelena Brooks

32 Angela Dugalic

(1989, 190, PF, Sopron Basket)

(2001, 193, PF, Maine West High School)

10 Dajana Butulija

33 Tina Krajisnik

(1986, 175, G)

(1991, 190, C, Galatasaray)

11 Aleksandra Crvendakic (1996, 187, PF, Lyon Asvel)

12 Yvonne Anderson (1990, 175, PG, Umana Reyer Venezia)

Head Coach Marina Maljkovic

roster montenegro 1 Jelena Dubljevic

13 Bojana Kovacevic

(1987, 191, PF, Elazig Il Özel Idare)

(1996, 186, PF, Campus Promete)

5 Jovana Pasic

19 Violeta Lazarevic

(1992, 183, F, Sepsi-SIC)

(1997, 190, C, BEMAX Buducnost)

8 Dragana Zivkovic

25 Marija Lekovic

(2001, 179, SG, BEMAX Buducnost)

(2003, 166, PG, ZKK Buducnost BEMAX)

9 Snezana Aleksic

31 Milica Jovanovic

(1989, 173, PG, Montana 2003)

(1989, 189, F, Izmit Belediyespor)

10 Kristina Rakovic

34 Markeisha Gatling

(1994, 185, PF, Basket Club Santfeliuenc)

(1992, 196, C, Nadezhda)

11 Bozica Mujovic (1996, 176, PG, Pink Pécsi 424)

12 Milena Jaksic

Head Coach Jelena Skerovic

(1998, 183, G, BEMAX Buducnost)

roster grecia 4 Anna Stamolamprou

15 Artemis Spanou

(1995, 170, PG, Olympiacos)

(1993, 186, PF, CCC Polkowice)

5 Eleni Bosgana

23 Elena Tsineke

(2003, 188, F, Stanford University)

(1999, 176, G, Niki Lefkadas BC)

6 Dionysia Alexandri

26 Ioanna Diela

(1989, 170, PG, Olympiacos)

(1990, 181, SG, Panathinaikos AC)

8 Pinelopi Pavlopoulou

34 Maria Fasoula

(1996, 172, PG, ACS Sepsi-SIC)

(1997, 192, C, CB Avenida)

11 Angeliki Nikolopoulou

Eleanna Christinaki

(1991, 174, PG, Olympiacos)

12 Aikaterina Sotiriu

(1996, 184, SF, Alter Enersun Al-Qázeres Extremadura)

(1984, 186, PF, WBW CEKK Cegled)

13 Vasiliki Louka (1996, 192, C, A3 Basket Umea)

Head Coach Vasileios Maslarinos

LORELA CUBAJ NATA 22 ANNI FA A TERNI, MA DI ORIGINE ALBANESE, 193CM DI ENERGIA E INTENSITÀ. E’ AL SUO SECONDO EUROPEO.

cover story

CUBAJ LA ROCCIA

UN METRO E 93 DI SOLIDITÀ ED ENERGIA PER LA NAZIONALE CHE SI TUFFA NELL’EUROPEO: “SONO UN PO’ TESA MA PRONTA, AL COLLEGE HO IMPARATO AD ESSERE MENO IMPULSIVA. DOBBIAMO ACCIUFFARE IL PASS PER I MONDIALI, IN SQUADRA C’È MOLTA COMUNICAZIONE”

DI giulia arturi

U

na roccia in azzurro. Lorela Cubaj, centro, 22 anni, è

una che nella lotta nelle zone calde vicino ai canestri si ritrova. Un metro e 93 che si fanno molto rispettare lá sotto, merce rara per i nostri standard.

Quello che inizierà il 17 giugno è il suo secondo europeo senior e la Nazionale la conosce da tempo: 9 partecipazioni a competizioni Fiba tra cui un bronzo agli Europei under16 nel 2015 e un argento ai Mondiali under17 nel 2016. Ma due anni fa la ragazza era una matricola cui non si poteva chiedere molto, oggi, dopo altre stagioni e lezioni americane, la musica sarà diversa.

Lorela negli ultimi quattro anni è stata, insieme a Francesca Pan, un pilastro di Georgia Tech. Il suo quarto anno di esperienza al college l’ha chiuso con una doppia doppia di media: 12.5 punti e 11.5 rimbalzi a partita.

Gli inverni scorrono un rimbalzo dopo l’altro lontano dall’Italia, ma, ogni volta che torna per vestire l’azzurro, possiamo lustrarci gli occhi: troviamo forza, solidità, intensità, nuovi movimenti spalle a canestro, un tiro sempre più affidabile anche dalla distanza. E ci carichiamo

con la sua energia. Nell’amichevole contro la Turchia ha preso uno sfondamento durissimo senza nemmeno alzare un sopracciglio. In piedi e subito pronta a rimettersi al servizio della squadra.

Come si vive la vigilia di un Europeo? Quali le emozioni?

“Sono una delle più giovani del gruppo, l’impegno è importante e confesso di sentirmi vagamente nervosa!

Ma è bello avere la possibilità di affrontare un’esperienza come questa. Quindi sono molto contenta e carica, ma allo stesso tempo un po’ tesa, comunque penso sia normale provare questo tipo di sensazioni”.

Cosa ti ha colpito di più dell’ambiente della Nazionale? “È un ambiente molto tranquillo, c’è una grande comunicazione tra le giocatrici e lo staff. Tutte noi abbiamo un unico obiettivo e devo dire che ci trattiamo un po’ come sorelle: posso chiedere consigli a qualcuna più esperta di me, ma anche viceversa. Questo tipo di sintonia aiuta molto ad affrontare gli impegni che ci aspettano”.

cover story

Sei una delle più giovani del gruppo.

“Sì. Cerco di ascoltare il più possibile, di raccogliere e mettere in pratica i suggerimenti che arrivano dalle mie compagne e dallo staff tecnico. Per me l’impegno è di portare tutta la mia energia sul campo, eseguendo quello che mi viene chiesto e riuscendo così ad inserirmi nel gruppo”.

Cosa serve ad un gruppo per diventare una squadra?

“Intanto unirsi per raggiungere un obiettivo comune.

E la comunicazione tra di noi: dalle cose più banali di campo, se si riesce a parlare si cresce e si migliora come squadra. Conoscersi e sapere come mettere ognuna nelle condizioni migliori”.

Ma quanto vale oggi questa Nazionale? Che risultato avete nel cuore?

“Ovviamente il nostro obiettivo è di vincere e di riuscire a qualificarci per i prossimi Mondiali. Ci stiamo lavorando dal 22 maggio e secondo me c’è una grande possibilità di fare bene”.

In questa Nazionale c’è un bel pacchetto di lunghe.

Oltre a te, André, Keys, Bestagno. Come vi trovate in campo insieme?

“Ci troviamo bene sia fuori che dentro al campo. Ci divertiamo a giocare tra di noi e in allenamento la competizione è alta”.

Nel breve video della Federazione messo su Facebo-

ok hai parlato dell’energia che metti in campo, soprattutto a rimbalzo…

“Sì diciamo che è una cosa che mi piace fare e che mi viene bene, quasi sempre!”.

Hai appena concluso il tuo quarto anno a Georgia Tech. Com’è andata?

“L’anno scorso è stato un momento molto particolare, abbiamo incontrato parecchie difficoltà non sapendo se si potesse scendere in campo o meno, il Covid aveva reso tutto un po’ imprevedibile. Questa stagione è andata invece molto bene, superata la delusione di aver dovuto interrompere lo scorso campionato sul più bello, c’era tanta voglia di fare bene. Nella Conference abbiamo guadagnato il terzo posto e siamo arrivate fino alle Sweet Sixteen, superando i primi due turni della March Madness. Era dal 2012 che non si otteneva questo piazzamento: è stato motivo di orgoglio per noi e per la scuola, un risultato importante”.

E hai deciso di tornare l’anno prossimo sfruttando l’occasione di poter fare il quinto anno.

“Sì, ho deciso di completare gli studi e di prendere il master, quindi di giocare ancora un anno con il college, l’ultimo”.

In cosa prenderai il master?

“Mi sono laureata in Business e prenderò il master in International Affairs”.

GEORGIA TECH. NEL SUO QUARTO ANNO HA VIAGGIATO A 12.5 PUNTI E 11.5 RIMBALZI DI MEDIA. È STATA NOMINATA 2021 ACC CO-DEFENSIVE PLAYER OF THE YEAR. TORNERÀ NEGLI STATES L’ANNO PROSSIMO PER L’ULTIMA STAGIONE.

Cosa ti è piaciuto di più dell’esperienza americana?

“La cosa che più mi ha stupito è l’incastro perfetto che c’è tra studio e basket, una situazione molto difficile da gestire quando arrivi ad alti livelli qua in Italia. In America mettono allo stesso livello sia lo sport sia la scuola: non vai al college solo per giocare, devi anche studiare.

E poi l’ambiente è molto stimolante: la gente ama andare a vedere le partite di basket, di football e quindi c’è sempre una bellissima atmosfera che ti fa sentire come a casa. È un’esperienza, per chi ha l’opportunità di poterla fare, che io consiglio sicuramente: vedi tante cose nuove, una cultura e un modo di vivere diversi. A me è piaciuta un sacco”.

Com’è maturata la decisione di partire, una volta che si è presentata l’occasione? Sei stata convinta sin dall’inizio?

“Ho iniziato a pensarci quando avevo 14-15 anni, con l’ingresso nelle Nazionali giovanili e l’arrivo delle prime offerte. Già allora avevo deciso di voler andare in America”.

Torniamo un po’ indietro: quando è entrato il basket nella tua vita?

“Ho iniziato perché mio zio giocava, non ad alti livelli, e andavo a vedere le sue partite. Un giorno mi hanno detto che avevano creato una società per il basket femminile a Terni, e da quel momento, avrò avuto 9-10 anni, ho cominciato sino ad arrivare ad oggi”.

Cosa ti lega alla tua terra, a Terni?

“Ovviamente è dove sono nata e cresciuta e la mia famiglia vive ancora lì, poi è dove ho scoperto il basket con la mia prima società, la Pink Basket Terni. Sono queste le cose che mi legano alla città”.

Sei nata in Italia, ma hai origini albanesi. Qual è la storia della tua famiglia?

“Loro sono arrivati in Italia alla fine degli anni novanta e si sono stabiliti da subito in Umbria. Sino a qualche anno fa andavo spesso d’estate in Albania, perchè una parte della famiglia risiede là. Ora meno di frequente per gli impegni sportivi e il college, però quando posso cerco di tornare, oppure di andare a trovare i miei parenti che sono sparsi un po’ per tutto il mondo”.

Il passaggio alla Reyer è avvenuto quando eri ancora molto giovane. Com’è stato andare per la prima volta lontano da casa?

“Sono andata a Venezia poco prima di compiere 16 anni. È stato difficile i primi mesi, ero molto giovane e mi mancava non avere la mamma e gli affetti vicini. Poi è stata un’esperienza molto bella. Nei tre anni che ho passato alla Reyer ho avuto anche la possibilità di allenarmi con la prima squadra, quindi di ricevere tanti preziosi consigli. E ho anche vinto qualche scudetto giovanile!”.

A proposito di vittorie, qual è la partita che ricordi con più emozione?

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cover story “Direi quando abbiamo vinto il bronzo con l’under16 nel 2015, e anche la semifinale al mondiale under17 nel 2016, quando siamo andate in finale: una delle partite emotivamente più intense che ho giocato”.

In questi anni passati al college, tecnicamente in cosa ti senti migliorata?

“Caratterialmente sono cambiata tantissimo, prima in campo ero troppo impulsiva, ora gioco con più tranquillità, in questo l’esperienza del college mi ha aiuta-

Parliamo di difesa, qual è stata la giocatrice più difficile da marcare?

“Parecchie! Nella nostra Conference per esempio c’è Arike Ogunbowale e lei è davvero tosta da marcare, come pure Asia Durr. Davvero difficile riuscire a fermarle!”.

Come hai vissuto tutte le vicende legate al “black lives matter”?

“In America è un argomento molto forte. L’anno scorso non ho potuto partecipare alle manifestazioni che ci

Solo quando so di aver dato il 100% in difesa mi ritengo soddisfatta della partita che ho giocato. to parecchio: c’è molta disciplina, vengo seguita con grande attenzione. E poi in questi quattro anni sono stata impiegata più da 4 che da 5, inserendo nel mio gioco più tiro anche da lontano”.

E per il futuro?

“Sicuramente ancora il tiro, anche da tre, ci sto lavorando tuttora. Poi saper penetrare, portare palla, insomma vorrei ampliare il mio bagaglio tecnico il più possibile per avere più opzioni da spendere in campo”.

Sogno nel cassetto?

“La Wnba. Sarebbe un sogno avere la possibilità di giocarci, vediamo se riuscirò a realizzarlo”.

Ci sono delle giocatrici da cui hai imparato di più?

“Ce ne sono tante, tra compagne ed avversarie. Ma tra tutte dico Murriel Page, un’allenatrice a Georgia Tech, che è stata la terza scelta del primo draft, nel 1998. Mi dà sempre molti consigli sul come stare in campo, è una figura di ‘mentor’, un faro per me”.

Quali sono i tuoi punti di riferimento?

“La mia famiglia: mia mamma, mio papà, mio fratello.

E mio zio, che è stato il primo a darmi la spinta per iniziare a giocare”.

Quando hai cominciato ti saresti immaginata alla vigilia del tuo secondo Europeo senior?

“Era un sogno, ma dire che me lo aspettavo assolutamente no (risata).”

Al di fuori della pallacanestro hai degli hobby o delle altre passioni?

“Vado spesso al cinema. In America appena hanno riaperto le sale e ci sono subito andata, così come nei musei e in giro per la città. Amo tantissimo passeggiare, e fare una vita da persona normale per staccare un po’ la testa dal basket”.

sono state, ma sono molto sensibile al tema. Molte delle mie compagne di squadra sono di colore e insieme abbiamo parlato e cercato di capire come dimostrare la nostra vicinanza. Abbiamo usato le partite come piattaforma per sensibilizzare sul tema”.

In che modo?

“Ad ogni partita, prima dell’inno nazionale, una giocatrice a turno raccontava la storia di una donna che era stata ingiustamente uccisa dalla polizia. Poi, assieme ad alcune mie compagne di squadra, anzichè inginocchiarci siamo proprio uscite dal campo per non offendere nessuno con quel gesto”.

Quindi in squadra c’è molta condivisione su questi temi, un modo per crescere insieme.

“Sicuramente. Le nostre allenatrici hanno organizzato anche dei meeting con degli esperti per sensibilizzarci sui temi dell’ingiustizia sociale, del razzismo. E questo ha aiutato anche noi ragazze, che proveniamo da mondi completamente diversi (una mia compagna arriva dalla Finlandia, un’altra dalla Spagna), a capire l’essenza del problema. In pratica l’obiettivo è educare le persone ad affrontare questa realtà”.

Qualche scaramanzia prima di affrontare le partite?

“Cerco di tranquillizzarmi per stemperare il nervosismo: per esempio mi concentro sui dettagli del pre-partita, la coda deve essere perfetta e altri piccoli particolari, mi aiuta ad allentare la tensione”.

Per te cosa significa uscire dal campo soddisfatta?

“Quando so di aver dato il massimo in difesa. Ci tengo moltissimo e quando non difendo bene non sono contenta della partita che ho giocato. Se esco dal campo consapevole di aver dato il 100 per cento delle mie possibilità, allora sono contenta della mia prestazione”.

AZZURRO. CON LA MAGLIA DELLA NAZIONALE HA GIÀ 15 PRESENZE. NEL PALMARÈS UN BRONZO AGLI EUROPEI UNDER16 DEL 2015, E UN ARGENTO AI MONDIALI UNDER17 DEL 2016.

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È tempo di festa

MONCALIERI E FAENZA, DOPO IL PRIMATO IN STAGIONE REGOLARE, CONQUISTANO L’A1. IL RITORNO DEL PUBBLICO, LA PROSPETTIVA DI USCIRE DALLA PANDEMIA SONO ALTRI MOTIVI PER SORRIDERE, PUR CONSAPEVOLI DEI PROBLEMI CHE RIMANGONO. MERCATO: SUPER-CREMA

di manuel beck

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envenuta Moncalieri, bentornata Faenza. La bussola

dei playoff di A2, che sembrava impazzita durante il primo turno (5 serie vinte dalla peggio piazzata), ha stabilizzato il suo doppio ago sui poli Nord e Sud, cioè le primatiste di stagione regolare. Milano è stata l’unica sorpresa fra le finaliste, partendo dal settimo posto; la presenza di S. Giovanni Valdarno era attesa, nonostante la perdita di Miccio. Fra le semifinaliste del Nord, Alpo ha fatto il suo, cedendo a Moncalieri dopo una serie combattuta; Vicenza ha perso con le meneghine il duello fra rivelazioni ma la sua rimane una stagione oltre le aspettative, così come quella delle semifinaliste del Sud, l’esordiente nella categoria Patti e una Selargius che non era mai arrivata ai playoff finora.

Il secondo e ultimo turno dei playout condanna Albino e Livorno, che si aggiungono alle retrocesse dirette, San Martino e Virtus Cagliari; si salvano Ponzano e Cus Cagliari.

Le finali-promozione hanno goduto del ritorno del pub-

blico in presenza, sia pure ad accessi limitati; bello per l’atmosfera (conquistare l’A1 davanti a spalti vuoti non sarebbe stato lo stesso), bello anche simbolicamente per il contatto ritrovato fra giocatrici e spettatori, un premio per aver resistito oltre 7 mesi a distanza.

La chiusura in bellezza non può però cancellare tutti i mali di una stagione interamente disputata sotto pandemia. Quasi 80 partite rinviate; squadre costrette a “stop and go” continui (qualcuna ferma anche più di un mese); niente pubblico da fine ottobre; e non ultimi, i problemi di salute delle atlete contagiate. Ora, come navigatori scampati a una tempesta, le società vedono un orizzonte più sereno, ma devono verificare i danni all’imbarcazione, cioè l’impatto economico del virus: incassi mancati, spese sanitarie extra, sponsorizzazioni che potrebbero diventare ancora più difficili da trovare. Sarà un’estate intensa. Intanto Crema, regina di Coppa Italia ma delusa dai playoff, ha già rilanciato la sfida: Mirco Diamanti in panchina, primi colpi Conte e D’Alie.

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GIRONE NORD // Moncalieri: difesa, fisico, profondità.

Finale combattuta con la sorpresa Milano, ma è 2-0 per la squadra di Terzolo. Intense anche le semifinali, dove sono uscite Alpo e Vicenza.

Salva Ponzano, scende Albino Sono serviti appena tre anni all’Akronos Moncalieri per scalare l’A2 fino alla vetta. Forse ne sarebbero bastati due, se la scorsa stagione non fosse stata troncata mentre le gialloblù erano in testa al girone Nord. Già da debuttante la squadra di Paolo Terzolo – timoniere fin dai tempi della serie C – aveva impressionato, cedendo solo in semifinale a Costa Masnaga poi promossa: la capacità di bruciare le tappe è nel suo Dna. “Quella di stasera non è stata la vittoria di una singola partita, ma la vittoria di una squadra, di un progetto. Quattro anni fa siamo andati a giocare la prima gara a Biella: sembravamo quattro ‘scappati di casa’, e ora siamo arrivati al massimo campionato. Un obiettivo che forse non ci eravamo nemmeno posti”, ha detto coach Terzolo subito dopo la partita della promozione.

Quest’anno, Moncalieri sembrava presentarsi con minori ambizioni rispetto al 2019/20, avendo perso elementi come Grigoleit, Conte e Trucco. In effetti, nei primi mesi di stagione, pur senza demeritare, sembrava avere qualcosa meno di Crema, Udine, Castelnuovo. In realtà, al riparo dai riflettori, stava ricompattando la sua identità, completata strada facendo con gli azzeccati innesti di Landi e Trehub, anche se ha perso Cordola per infortunio.

Da metà stagione in avanti, a parte una Coppa Italia sottotono, Moncalieri ha cambiato marcia e non ha fatto prigionieri: 13 vittorie di fila, strappando il primato a Crema. Nei playoff non è stata una marcia trionfale, con due partite lasciate per strada (contro Sarcedo e Alpo) e un 2-0 “tirato” in finale con Milano. È emerso, a tratti, il difetto di non essere una squadra di attaccanti naturali, casomai di buone esecutrici ma poco creative se il “piano A” non funziona. Ma l’Akronos ha una potenza fisica tale per cui vince sempre la battaglia a rimbalzo (ne ha arraffati più di 20 offensivi in entrambe le partite di finale), così può permettersi percentuali al tiro poco esaltanti. Non solo: l’intensità difensiva mette una pressione costante sulle avversarie, concede pochissimi canestri facili. E con una rotazione da 9 giocatrici quasi alla pari, arriva in fondo più fresca e non dipende da nessuna: emblematico il tabellino di gara-2 di finale, in cui Moncalieri ha vinto senza nessuna in doppia cifra. Certo, poter inserire Salvini a cambiare Katshitshi e Trehub sotto canestro, o Landi, Berrad e Penz ad alternarsi con Reggiani, Domizi e Giacomelli sul perimetro (più le giovani Bevolo e Jakpa all’occorrenza), è un lusso. Ma non sarebbe bastato senza il valore aggiunto di una disciplina collettiva ferrea. Così Moncalieri sale per la prima volta in A1 e ri-

porta la provincia di Torino nel massimo campionato, un anno dopo la rinuncia della società del capoluogo.

FINALE Due partite, dicevamo, combattute e incerte, an-

che se Moncalieri ha comandato per gran parte degli 80 minuti. Milano ha confermato la sua clamorosa capacità di rimontare, già emersa nei primi due turni, con 4 vittorie su 4 in recupero da uno svantaggio in doppia cifra.

La squadra di Franz Pinotti è stata come un pugile che appena incassa una scarica da k.o., anziché crollare si scuote e restituisce i colpi con gli interessi. In G1 di finale l’Akronos (Giacomelli 14) ha toccato il +18 nel 2° quarto con un dominio assoluto a rimbalzo; Il Ponte Casa d’Aste (Toffali 18) ha trovato nella zona una chiave per risalire fino a -3, pur senza avere il tiro per pareggiare (62-59).

In G2, pieno equilibrio nei primi due quarti, poi +10 Moncalieri e “solita” risposta del Sanga, con qualche occasione fallita per il sorpasso; Toffali, rientrata dopo qualche minuto fuori per infortunio, ispira insieme a Cicic l’ultima rimonta milanese, ma i canestri di Katshitshi e Domizi aprono la strada alla festa dell’Akronos (48-55).

Milano può essere fiera di quanto ha fatto; dopo il colpo sfumato con Pastore sembrava destinata a una stagione discreta ma nulla più, invece ha raggiunto la sua seconda finale a 8 anni dalla prima. Ora sogna di trovare più sostegno dall’imprenditoria cittadina per programmare la salita in A1.

SEMIFINALI Moncalieri ha domato Alpo con un 2-1 frutto di

una vittoria esterna per parte, di stretta misura (in G2 decisive due triple di Dell’Olio), ma di una G3 dominata dalla futura neopromossa. Tra Milano e Vicenza due battaglie a suon di break e controbreak, ma con le lombarde sempre capaci di piazzare quello decisivo, in G1 nonostante 20 punti di Villarruel, in G2 rispondendo al +14 delle venete con un clamoroso 0-22 a cavallo fra 3° e 4° periodo, grazie soprattutto a una spettacolare Toffali (21 punti).

PLAYOUT Ponzano non ha avuto una stagione gratificante,

tra sconfitte inopinate negli ultimi secondi e il divorzio in corso d’opera dalla top scorer Iannucci. Ma nella serie “spalle al muro” con Albino, ha fatto valere i suoi punti di riferimento, le varie Miccoli, Zitkova, Egwoh, Giordano e Leonardi, rispetto alle bergamasche che, a parte la polacca Tyszkiewicz (43 punti in due gare), non hanno trovato chi potesse traghettarle verso la salvezza, vanificando così un onesto 10° posto in stagione regolare ottenuto con tante giovani.

FESTA QUELLA DELL’AKRONOS MONCALIERI, IN APPENA TRE ANNI CAPACE DI PASSARE DALLA A2 ALLA A1. DECISIVA LA VITTORIA IN FINALE CONTRO SANGA. IN FOTO, LA CAPITANA CLAIRE GIACOMELLI ALZA IL TROFEO.

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ETERNA SIMONA BALLARDINI, A QUARANT’ANNI, CONQUISTA L’ENNESIMO SUCCESSO DI UNA CARRIERA STRAORDINARIA. A FAENZA, LADDOVE TUTTO ERA COMINCIATO.

GIRONE SUD // Con Faenza l’A1 ritrova una piazza storica.

Ballardini ha fatto bene a continuare…

Valdarno cede solo in gara-3 dopo un ottimo playoff. Patti e Selargius fuori a testa alta in semifinale. Prosperi salva il Cus Cagliari Tra le storiche piazze perdute dall’A1 in epoca recente, Faenza è una di quelle dove il basket femminile è religione vera. E dunque fa piacere il suo ritorno nella massima serie dopo 9 anni: formalmente l’attuale Faenza Basket Project, sponsorizzato E-Work, è società diversa dal Club Atletico che vanta due Coppe Italia e due finali-scudetto, ma la passione è la stessa, testimoniata dall’entusiasmo del PalaBubani in gara-3 con Valdarno. Valeva davvero la pena, per Simona Ballardini, rinviare il ritiro di un altro anno, per aggiungere un capitolo alla sua grande storia, in modo da non farla terminare con due promozioni sfumate all’ultimo scoglio, nel 2015 (con Castel S. Pietro contro il Geas) e nel 2018 (già tornata a Faenza, nel famoso spareggio “A1 vs A2” con Vigarano, finito al supplementare), né con la stagione troncata dal Covid, ma con la coppa per la promozione alzata al cielo insieme alle compagne. Se poi deciderà di andare avanti, meglio ancora…

Non era difficile puntare su Faenza come favorita all’inizio del campionato, per profondità, talento, varietà di opzioni: due delle migliori play della categoria come Schwienbacher e Porcu, con Meschi in alternativa; Soglia e Caccoli a coprire le spalle all’affidabilissima Vente sotto canestro; fin troppa grazia nelle guardie e ali, con Ballardini, Franceschelli, Morsiani, Franceschini, Brunelli.

Chiaro, poi, che ci sono anche le avversarie – in un girone Sud in rialzo di competitività – e possono capitare imprevisti. Come la svolta inattesa in autunno, con l’esonero di coach Paolo Rossi (totem del basket faentino e fin lì imbattuto; ma qualcosa non funzionava nel gruppo) e l’arrivo di Diego Sguaizer, con una certa pressione addosso. Poi il Covid, che ha colpito alla vigilia della Coppa Italia, bloccando a casa tre giocatrici e il coach.

Nel frattempo era terminata per infortunio la stagione di Franceschini, pedina preziosa che però è stata ben rimpiazzata dal ritorno di Policari, più volte protagonista nella cavalcata finale. Il bilancio in campionato dice 28 vittorie in 33 partite: che aggiungere? Ha vinto la migliore.

FINALE Dopo il primo episodio vinto da Faenza con una

rimonta tardiva di Valdarno (65-60), la serie-promozione è vissuta su due clamorosi parziali. Quello di gara-2 a favore delle toscane, che erano sotto di 19 a 2’30” dalla fine del 3° quarto e hanno vinto 66-64 con un arresto e tiro di De Pasquale dal lato destro allo scadere; e quello, in vendetta con gli interessi, delle romagnole in gara-3. Da annali il 23-0 del 2° periodo (23-2

nelle statistiche ufficiali, ma è un errore), con Valdarno precipitata in un incubo da 0/18 al tiro e inopinate palle perse, mentre Faenza dilagava con triple, assist per appoggi da sotto, contropiedi, mettendo in cassa la promozione con due quarti d’anticipo (71-47 alla fine, con 13 di Morsiani contro 16 di Slim).

“Siamo stati bravi a metabolizzare la sconfitta di gara-2 trovando la giusta energia e le motivazioni dopo la delusione per la rimonta subita. Abbiamo giocato una partita perfetta, il massimo per un allenatore. Mi complimento con le ragazze per avermi sempre seguito; anche i tifosi e la città si meritavano questa promozione”, ha commentato subito dopo gara-3 coach Sguaizer, del quale il presidente Fermi ha annunciato la conferma per l’A1.

Valdarno non aveva sempre convinto in stagione regolare, soprattutto nel ritorno; ma ha rischiato a buon fine cambiando Trehub con Slim (anche se la croata poi è andata a prendersi la promozione con Moncalieri) e nel momento in cui sembrava che l’infortunio di Miccio alla vigilia dei playoff le tagliasse le gambe, ha trovato un’identità convincente e un rendimento continuo, fino al blackout di gara-3, che non le nega comunque un voto alto.

SEMIFINALI Patti e Selargius, dopo le imprese al primo

turno, hanno provato a giocarsela con le più attrezzate Faenza e Valdarno, riuscendoci a tratti, ma non abbastanza da strappare almeno una partita. Bella lotta in G1 in Sicilia (70-76), ma l’E-Work la porta a casa con 22 di Franceschelli (non bastano 23 di Verona), chiudendo poi con un +21 in G2 (Morsiani 20). Nell’altra serie, in G1 Valdarno allunga nel finale con 9 giocatrici a segno contro sole 6 per Selargius (Manzotti 17); in G2 molto orgoglio per le sarde nel restare incollate fino all’ultimo, ma le toscane tengono un piccolo vantaggio per tutto l’ultimo quarto (Slim 18 punti).

PLAYOUT Rocambolesco l’ultimo turno: salvo il Cus Ca-

gliari con due vittorie allo scadere, con punteggio quasi identico (49-51 gara-1 in trasferta; 52-49 gara-3 in casa), entrambe firmate da Prosperi con due azioni simili, attaccando l’area per concludere di destrezza nel “traffico”. A Livorno non è bastato dominare G2 sul campo delle sarde: +20 con una clamorosa Giangrasso (32 punti con 8/10 da 2 e 5/7 da 3). Le labroniche erano già state sfortunate a perdere Peric, inserita a inizio febbraio ma ginocchio rotto a fine marzo; va ricordato però che il Cus a sua volta era senza la leader Striulli, infortunata durante il primo turno di playout.

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IN AZIONE FIN DA GIOVANISSIMA ZANARDI SI È AVVICINATA ALLA PALLACANESTRO, FINO A DIVENTARE ORA, A SOLI 16 ANNI, UN PUNTO DI RIFERIMENTO DEL BRIXIA BASKET.

primo piano

ZANARDI IL FUTURO

FIGLIA D’ARTE, HA DISPUTATO UNA STAGIONE STREPITOSA NELLE FILE DEL BRIXIA BRESCIA. LA PRIMA IN SERIE A2, COMINCIATA A SOLI 15 ANNI. MANI RAPIDE, SOLIDITÀ MENTALE E DESIDERIO COSTANTE DI MIGLIORAMENTO LE SUE ARMI VINCENTI

DI Simone Fulciniti

C

arlotta Zanardi, nata il 13 marzo del 2005, ha appena

compiuto 16 anni. Un’età in cui le ragazzine trascorrono il tempo sui social, in giro con gli amici, e scelgono con cura l’abito da mettere per l’uscita serale. Lei invece vive su un altro pianeta, quello della pallacanestro. Nella sua prima stagione in serie A2, con la maglia del Brixia Brescia, allenata dal padre Stefano, ha letteralmente sbaragliato il campo, trascinando a suon di punti e giocate straordinarie la propria squadra al secondo posto nella classifica generale di regular season. Cifre mostruose, considerando l’età. Una volta ne ha messi 35, un’altra ha piazzato una tripla doppia. Un vero portento della natura, con l’animo gentile ed una forte carica di simpatia.

Carlotta, quali sono stati i tuoi inizi?

«I miei genitori hanno sempre vissuto di basket; mia madre Laura Marcolini ha giocato fino a pochi anni fa (anche in A1, ndr), mio padre ha cominciato ad allenare molto giovane. E quindi possiamo dire che sono nata

con la palla a spicchi in mano. Avevo poche settimane ed ero già in palestra, appena possibile ho cominciato i corsi di minibasket nel Brixia. Poi le prime partite tra maschi e femmine, e la trafila delle giovanili, la serie B e quest’anno la A2».

Ricordi il debutto assoluto?

«La prima partita, non l’ho mai giocata. Non ero andata a scuola per qualche motivo, e i miei non mi permisero di giocare. La seconda, invece, la ricordo bene, avevo gran voglia di scendere in campo. Eravamo solo tre femmine ma ci facevamo rispettare, e abbiamo vinto».

L’inizio della grande avventura…

«Il primo anno nel settore femminile, con le Under 13 sono arrivata alla finale regionale, vincendola. E abbiamo vinto lo scudetto nel Join the Game 3x3”. Il successivo, con le Under 14 abbiamo avuto una stagione sfortunata e ci siamo fermate al primo turno play off.

primo piano Poi un secondo posto alle finali nazionali con l’Under 16, a Chianciano Terme. L’anno scorso tutto bloccato e adesso ci aspettano le finali di Coppa Italia, e la seconda fase del campionato con l’Under 18 Elite».

Quando hai capito di avere la stoffa giusta per fare il salto tra le senior?

«Nella mia società anche se non giochi in prima squadra ti puoi allenare col gruppo senior. Visto che il mio ruolo è playmaker mi confrontavo con la playmaker titolare e mi rendevo conto di essere all’altezza della situazione, ero tranquilla; ho pensato che probabilmente sarei potuta stare in campo in un campionato senior e così è andata».

fatica. Ma si deve provare a dare tutto quello che si ha, anche quando non si è al top. Male anche in una partita a Cagliari: io so di esserci sempre di testa, non vedo l’ora che arrivi il week end. Ma in quella occasione mi misi in difficoltà da sola, proprio di testa, troppi pensieri, difficile».

Tu e Matilde Villa siete universalmente riconosciute come le rivelazioni della stagione, quali sono i rapporti tra voi?

«Io e Matilde ci conosciamo da anni: ricordo la prima volta nel 2017 in un torneo con la selezione della Lombardia. Di lì ci siamo trovate qualche volta, anche in nazionale. Abbiamo un bel rapporto, ci sentiamo e in caso

Nella mia società anche se non giochi in prima squadra ti puoi allenare col gruppo senior. Visto che il mio ruolo è playmaker mi confrontavo con la playmaker titolare e mi rendevo conto di essere all’altezza della situazione, ero tranquilla.

Una roboante serie B e poi è arrivata l’A2…

«Ad inizio anno sapevo che sarebbe stata dura, ma il coach, mio padre, mi ha detto di stare serena. “Se ti facciamo giocare significa che per noi sei pronta”.

Le prime partite sono state necessarie per capire.

Ma essendo abituata a lavorare con le più grandi è andata bene. Dalla terza partita ho iniziato a migliorare, aggiungendo sempre qualcosa al gioco».

Prima esperienza e una partita da tripla doppia…

«Ma non è stata la prestazione migliore dell’anno.

Inoltre lo score personale l’ho scoperto a fine gara, dai tanti messaggi che mi sono arrivati. Con tutto il rispetto, Bolzano non era una squadra di massimo livello. In altre circostanze invece ho fatto meglio, dove vincere era importante».

Quali è stata allora la migliore partita che hai disputato?

«Quella contro Cus Cagliari: non per i 35 punti realizzati, ma perché ho fatto ogni scelta tranquilla, sciolta, dando il mio contributo, aiutando a vincere una partita difficile. Oppure la penultima contro Faenza, dove non ho iniziato bene, ma ho fatto cose buone e canestri importanti verso la fine. Lì abbiamo ottenuto il secondo posto matematico. Dentro di me sapevo che era una gara importante».

E la più difficile?

«Contro Livorno: venivo da un piccolo infortunio, non ero in forma, sono subentrata dopo e ho fatto

di belle prestazioni siamo le prime a farci i complimenti. Magari qualcuno può pensare ad una rivalità accesa.

Forse in campo. Fuori siamo super amiche».

Altre giovani interessanti, su cui puntare?

«Vedendo le partite delle nazionale, direi Giulia Natali; e Alessandra Orsili, che sembra sia molto simpatica e particolare. Non le conosco di persona, ma mi sono sempre piaciute. Natali è determinata, sa fare le cose. E aggiungo Ilaria Panzera».

Purtroppo per Brescia, i play off non sono andati benissimo. Cosa è successo?

«L’inesperienza ha pesato; e il fatto che, probabilmente, tutti si aspettavano molto, visto il campionato disputato. Ad un certo di punto della stagione dopo la striscia vincente ci chiedevamo come avessimo fatto. Poi le difficoltà del viaggio: io ho paura dell’aereo e la prima partita fuori ha condizionato, anche molte mie compagne. Nonostante tutto potevamo farcela, siamo arrivate punto a punto, c’è mancata la spinta finale, Ci dispiace, è il modo peggiore per uscire dai play off 2-0 al primo turno. Un giorno doloroso che non macchia una stagione incredibile. Erano i primi play off per tutte. Ci riproveremo, cercando di fare di più».

Quali sono gli obiettivi futuri?

«Prossimo step salire di categoria, ma non l’anno prossimo; penso infatti di restare a Brescia. Non voglio fare in fretta ad alzare l’asticella. Voglio essere

PROTAGONISTA BRESCIA HA CENTRATO LA QUALIFICAZIONE ALLA FINAL EIGHT DI COPPA ITALIA E AI PLAYOFF NEL SUO PRIMO ANNO IN A2, ANCHE GRAZIE AL TALENTO DI CARLOTTA.

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primo piano

pronta fisicamente e mentalmente. Ho bisogno di restare ancora qui. Quando sarà, si vedrà».

vski della Cestistica Spezzina: alta qualità, grande passatrice e realizzatrice. Mi rivedo un po’ in lei».

Scuola, basket, come fai ad organizzarti?

«Non so come sia una vita differente; comunque ho appena finito il secondo anno di superiori, anche se pochissimo in presenza, e sono sempre riuscita a rispettare gli impegni. Certo ci sono sacrifici, ma non me ne sono mai né pentita né lamentata».

E la nazionale?

«La Nazionale, è un grande obiettivo. Negli ultimi anni ho fatto poco o nulla. Il primo anno mi sono infortunata, quindi solo un raduno di due settimane. Mi hanno aiutato molto, coccolata. L’anno dopo il Trofeo dell’Amicizia e il campionato europeo Under 16: una grande esperienza in Macedonia, affascinante. La prima volta che andavo all’estero e lo facevo come giocatrice di una nazionale, con coach Giovanni Lucchesi. Un gran bel ricordo, e spero di tornarci il prima possibile».

Cosa pensano i compagni di questa tua vita “speciale”?

«Purtroppo non sono riuscita a legare tanto con loro, come farebbe uno studente normale. Ho saltato parecchi giorni per lo sport e non posso uscire con gli amici. Non condividiamo la stessa passione per la pallacanestro. È sempre stato così e va bene.

Magari avrò nuove occasioni nei prossimi tre anni».

La tua routine giornaliera?

«La mattina vado a scuola. Poi pranzo, e allenamento metà pomeriggio. Prima e dopo studio, e poi nulla. Non ho tempo per fare altro».

L’avversaria più forte che hai incontrato?

«Mi viene in mente Simona Ballardini di Faenza, con molti anni di basket alle spalle. Nel mio ruolo Packo-

I punti di forza e le cose da migliorare di Carlotta Zanardi?

«Punto di forza, il tiro anche se devo riuscire a mantenere sempre la stessa tecnica, costanza nel movimento. Posso far meglio in difesa. Sto cercando di potenziare il fisico. Sono alta, ma magrolina, devo imparare a scontrarmi con le grosse taglie. Bene il cambio di velocità. Che alleno da sempre. Nel momento decisivo mi aiuta tanto. Mi piace passare la palla, un assist mi fa felice come un canestro. Devo esser più precisa, variare le tipologie, con passaggi complicati da leggere per le difese».

TALENTO ZANARDI SI È PRESA LA RIBALTA CON ALCUNE PRESTAZIONI DI ALTO LIVELLO PER PUNTI REALIZZATI. IN STAGIONE ANCHE UNA TRIPLA DOPPIA CONTRO BOLZANO.

Libro o film?

«Non leggo molto, ma guardo film e qualche serie. Mi emoziono facilmente, mi faccio prendere dalle storie».

Qualche titolo? «“La Casa di Carta”, non vedo l’ora che escano i nuovi episodi. Poi “the Hundred”, e l’italiana Summertimes. E con l’attore preferito Will Smith il film Focus, che mi è rimasto nel cuore».

Cosa diresti ad una bambina che approccia alla pallacanestro?

«Le consiglierei di essere se stessa: se inizi a fare uno sport perché lo fa una tua amica, non va bene se non ti senti. Ma quando hai preso una tua decisione mettici sempre il cento per cento, perché in questo modo in futuro, con la testa giusta, qualcosa riesci a fare, sarai orgogliosa e capirai che i sacrifici son valsi la pena».

Sei attiva sui social?

«Ho Instagram da poco (ccarlottazanardi), i miei non volevano, per paura che potesse creare dipendenza. Non lo uso molto. Accetto i complimenti, ringrazio, ma resto sulla mia strada. Lo uso per divertimento, non sono ossessionata come tanti».

Il tuo idolo sportivo?

«Lebron James. Mi piace la mentalità e le gran bella persona che è fuori dal parquet. Fa molto, aiuta con i soldi. Quando ha vinto la finale di conference l’anno passato non ha esultato dichiarando “il lavoro non è ancora finito”. La sua mentalità. Ho anche il libro di Kobe, Mamba mentality, super».

Hai un soprannome?

«Charly».

Portafortuna?

«No, nessuna scaramanzia».

Che musica ascolti?

«Musica degli anni 2000, una playlist con pezzi tipo “Low” Flo Rida, Lady Gaga “Poker Face”».

Carlotta, per concludere, la domanda scontata, ma necessaria. Cosa farai da grande?

«Non lo so. Da piccola pensavo di fare solo la giocatrice, arrivare ad altissimi livelli per potermi mantenere anche nel dopo carriera. Ora sono cosciente che capita solo a poche elette. Quindi non mi fermo: studio scienze applicate, che mi hanno consigliato, una solida base per tutto.

Università sì, certo. Dopo il Liceo è necessaria, ovunque vada a giocare. Ma non so ancora di che tipo. Difficilissimo rispondere a questa domanda al momento attuale».

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VINCENTE RAE D’ALIE È UNA DELLE PIÙ GRANDI INTERPRETI A LIVELLO MONDIALE DEL 3X3. MVP DEI MONDIALI NEL 2018, AUTRICE DEL CANESTRO VALSO LE OLIMPIADI POCHI GIORNI FA. UNA FUORICLASSE ASSOLUTA.

altri mondi

ORIZZONTE TOKYO L’ITALIA DEL 3X3 VOLA ALLE OLIMPIADI GRAZIE A UN CANESTRO DI RAE LIN D’ALIE

CONTRO L’UNGHERIA, NEL PREOLIMPICO DI DEBRECEN. STORIA DI UNA FUORICLASSE DELLA DISCIPLINA, E DI UNA GIOCATRICE CAPACE DI FARE EMOZIONARE

DI EDUARDO LUBRANO

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er star dietro a Rae Lin D’Alie ci vuole una gran testa

oltre che “un fisico bestiale” come cantava Luca Carboni tanti anni fa. Perché l’italo americana che con un buzzer beater ha segnato il canestro che ha di fatto staccato l’ultimo pass olimpico per Tokyo 2021 al Torneo di Debrecen e consegnato all’Italia la partecipazione alla prima apparizione a cinque cerchi del 3x3, viaggia a mille anche fuori dal campo.

Nel senso che ragiona e parla con la stessa velocità e lucidità con le quali gioca. Ed appena le si chiede della qualificazione è un torrente in piena.

“Un’emozione indescrivibile – dice con un bellissimo italia-

no arrotondato dalla pronuncia americana – che ha fatto diventare realtà il primo sogno di tutte e tutti noi che giochiamo il 3x3. Quando è stato annunciato che sarebbe diventata disciplina olimpica io mi son detta “Wow! Ci voglio essere! Ci dobbiamo essere!”. E quando nel 2018 abbiamo vinto il Mondiale ci abbiamo creduto ancora di più perché quel sogno si è colorato con

i cinque cerchi dell’Olimpiade. È stato un lavoro lungo, un percorso difficile che per adesso si è chiuso in Ungheria con la qualificazione. Io mi sento di dire grazie agli organizzatori dei tornei, ai dirigenti, agli allenatori a quel gruppo storico del 3x3 italiano che lavorava ben prima che arrivassi in Nazionale, perché senza tutte queste persone noi giocatrici oggi non saremmo qui a fare festa. Il mio tiro con l’Ungheria – a 4” dal termine della finale dell’Universality Olympic Qualifying Tournament in casa delle ungheresi per il 12 a 13 a nostro favore – è stata la scena di un film iniziato dieci anni fa circa. Ora ne dobbiamo girare un altro”.

Un altro film? Che si chiama Tokyo 2021?

“Certo che sì. Ed è anche il secondo sogno che abbiamo tutte: andare lì e vincere tutte le partite. Siamo tra le otto nazioni che partecipano alla prima edizione del 3x3 all’Olimpiade: non vedo una buona ragione per non cercare di arrivare fino in fondo. Come si dice in questi casi? Daremo il massimo, faremo tutto

altri mondi

il possibile ed il meglio di quel che sappiamo fare per riuscirci. È difficile, lo sappiamo benissimo e ne siamo consapevoli, ma dopo il primo torneo di qualificazione olimpica a Graz, sembrava difficile anche vincere in Ungheria. Anche se…”

Anche se? Vada avanti…

“A Graz abbiamo perso una partita incredibile con la Spagna all’ultimo secondo (20-21, ndr), vinto bene con Cina Taipei e poi perso con l’Austria padrona di casa e la Svizzera. Soprattutto la partita con le austriache ci ha sorpreso: il tifo, loro che hanno segnato

6 su 10 da due punti (da oltre l’arco ma nel 3x3 vale due, ndr) e noi 1 su 8. Ci hanno battuto dal punto di vista emotivo così che poi con la Svizzera non eravamo noi ed abbiamo perso senza giocare quasi. Ma lì dopo quella sconfitta, pur con le lacrime di alcune di noi ho visto che eravamo pronte a giocarci l’ultima chance con la faccia, il cuore e la grinta giuste. Ed oggi posso dire che è stato meglio così: magari saremmo andate ai quarti di finale a Graz e chissà… a Debrecen non avremmo avuto la stessa “cazzimma” che ci chiede sempre coach Capobianco”.

“Cazzimma”: termine napoletano dialettale che come

GRUPPO LA FORZA DELL’ITALIA, CAPACE DI GIOCARE SOPRA LE DIFFICOLTÀ E DI CENTRARE UNA QUALIFICAZIONE STORICA PER LE OLIMPIADI DI TOKYO.

spiegava Pino Daniele:” Designa la furbizia accentuata, la pratica costante di attingere acqua per il proprio mulino, in qualunque momento e situazione, magari anche sfruttando i propri amici più intimi, i propri parenti “. Sfrondata da tutte le possibili implicazioni meno nobili ed applicata allo sport, è quella la cattiveria agonistica del tutto particolare un po’ sfrontata che serve per arrivare ad un traguardo.

Che cosa vi siete dette durante i time out nella gara con l’Ungheria?

“Prima di entrare in campo ci siamo dette che ancora

una volta avremmo giocato una partita decisiva con la squadra di casa ma che questa volta sarebbe stato il nostro riscatto. Durante la partita ci siamo ricordate sempre di fare attenzione al nostro movimento ed ai rimbalzi ed alla nostra tattica di gioco. Poi però nell’ultima azione prima di tirare ho pensato che stavamo per andare a Tokyo, ho rallentato il P&R ed ho tirato!”.

Allora parliamo per un po’ di questa Olimpiade con una domanda scontata: a parte l’Italia chi è la squadra da battere?

“Tutte. Ma non lo dico per mettere le mani avanti.

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altri mondi Lo dico perché saremo le migliori otto o comunque le prime otto ad andare ad un’Olimpiade quindi per forza siamo tutte forti. Russia e Cina che abbiamo battuto a Manila nel 2018 sono bravissime ed hanno vinto un Mondiale a testa, la Francia non si discute, il Giappone è la squadra di casa ed ha un’energia pazzesca, la Mongolia ha esperienza di tante partite giocate, gli Stati Uniti che neanche a dirlo, vorranno tornare a vincere qualcosa di importante e la Romania che non abbiamo mai incontrato ma se è lì ha buone certezze. Una cosa voglio dire che mi ha emozionato dopo la nostra qualificazione: chi ha perso nonostante tutto ci ha festeggiato perché anche noi siamo una delle 8 squadre che rappre-

li è una jolly super, Chiara Consolini è quella che in America chiamano “baller” cioè una che conosce il gioco e gioca in modo naturale. Quando nella finale con l’Ungheria ha fatto canestro più tiro libero ho capito che saremmo andate a Tokyo. Ma come ho detto prima vorrei ringraziare e salutare una per una tutte le persone che in questi dieci anni hanno permesso che il nostro gruppo fosse lì a Debrecen a giocarsi la chance olimpica. Senza di loro noi oggi non staremmo lavorando per giocare a Tokyo”.

Perché state già lavorando?

“Certo! Ci siamo concesse pochi giorni di pausa e poi sotto di nuovo con gli allenamenti. Ho chiamato al te-

Giocare con fiducia ed iniziativa. E con la spina del cervello sempre accesa. Ci serve cuore e forza mentale, entusiasmo ed equilibrio mentale perché a mio modo di vedere il 3vs3 è uno sport di motivazioni, è un gioco emotivamente pazzesco. senterà questo sport per la prima volta ai Giochi. Insomma è stata come una festa di tutte le giocatrici ed è stato davvero bello”.

Lei ha scritto l’inno del 3x3 e sarebbe comunque andata a Tokyo come ambasciatrice di questa disciplina. Cos’è che le piace così tanto?

“La spontaneità. La velocità all’interno della quale però devi ragionare. La grinta che ti serve. Il fatto che veramente non conta nulla chi è la squadra favorita sulla carta. Mi sono innamorata subito di questo sport. Mi piace la grande fiducia che devi avere nelle tue compagne di squadra ed il fatto che nessuna può nascondersi in un angolo del campo. Mi piace che i tornei sono un evento dentro il centro delle città e quindi sono un evento della gente che è una delle mie grandi passioni. Io amo la gente, conoscerne di nuova e da tutto il mondo. Grazie al 3x3 ho avuto questa opportunità di stare a tavola col mondo. E questo è impagabile”.

Ci racconta le sue compagne di squadra?

“Facile, sono tutte persone meravigliose. In campo ognuna ha la sua funzione e la segue come un meccanismo perfetto. Marcella Filippi la più esperta, è una che sai che la metterà sempre da oltre la linea dei due punti, Giulia Ciavarella fa tutto ed anche un po’ di più di quello che deve fare un’esterna, Mariella Santucci conosce il gioco e facilita il lavoro di tutte le altre, Valeria Trucco sotto il canestro è super ma se le lasci un millimetro ti fa male anche da fuori, Sara Madera è una certezza quando giochi il pick&roll, Giulia Rul-

lefono tutte le mie compagne per sostenerci a vicenda in questo periodo e dare a tutte l’appuntamento in palestra perché dobbiamo lavorare tanto per essere pronte”.

Come è arrivata al 3x3 e cosa fa Rae D’Alie fuori dal campo?

“Ho iniziato nel 2014 a Salerno dove c’era un torneo locale. Una mia amica mi ha spinto in campo, abbiamo vinto e poi siamo andate a Riccione. Da lì è nato il mio amore per questo sport. Ma tutto nasce dalla mia famiglia: mio papà è un grande appassionato di sport e noi sei fratelli (3 maschi e 3 femmine, ndr) facciamo tutti sport. Dal basket al football americano, tuffi, ginnastica, lotta greco-romana. Ed i 18 nipoti a loro volta sono tutti sportivi. Cosa faccio? Intanto nella prossima stagione lascerò Bologna dopo tanti anni, la prima volta sette anni fa e poi di seguito dal 2016, ed andrò a Crema dove c’è un allenatore che mi ha colpito molto per come fa giocare le squadre, Mirco Diamanti. Quando nel 2017 vinse lo scudetto a Lucca mi andai a presentare e gli dissi che un giorno avrei voluto essere allenata da lui. Mi piace la musica, quella dedicata a Gesù, il rap, suono la chitarra.

Della musica italiana mi piacciono Cremonini, Ferro, Elisa ma la numero uno per me è Fiorella Mannoia.

Mi piace scrivere e mi piace lo storytelling. E adoro la natura perché ci sono nata e cresciuta nella fattoria dei miei genitori in Wisconsin. Ma soprattutto quello che vorrei fare nella vita è mettere insieme la fede e lo sport per portare un po’ di speranza alle persone in difficoltà”.

IN AZIONE NELLA DECISIVA PARTITA CONTRO L’UNGHERIA, D’ALIE SI È CARICATA LA SQUADRA SULLE SPALLE NEL MOMENTO DECISIVO. QUI AL TIRO CONTRO GOREE.

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FINALE ITALIANA LA FINALE DI COPPA RONCHETTI DEL ’91 VEDE OPPOSTE IL GEMEAZ MILANO E LA COMENSE. TRA LE PROTAGONISTE DEL SUCCESSO MILANESE JENNIFER GILLOM, QUI AL TIRO CONTRO STEFANIA PASSARO E VALERIE STILL.

storie

Eravamo regine

LA LEGGENDARIA PRIMAVERA 1991 DEL NOSTRO BASKET FEMMINILE: DUE COPPE EUROPEE VINTE, UNA FINALE SCUDETTO SEGUITISSIMA, UN CAMPIONATO PIENO DI STELLE. ERA IL CULMINE DI UN’EPOCA CHE, PERÒ, STAVA PER CHIUDERSI. I RICORDI DI TRE PROTAGONISTI: ZANOTTI, PAOLO ROSSI, CANTAMESSE

DI EDUARDO LUBRANO

M

acchina del tempo in azione: andiamo indietro di

30 anni esatti. Primavera 1991: c’erano ancora (per poco) la Guerra fredda, l’Urss e la Jugoslavia; niente telefonini né internet, almeno per la gente comune. Davvero un altro mondo: anche nel basket femminile di club, in cui a dettare legge erano le italiane. Avevamo interrotto il dominio delle squadre dell’Est tra fine anni ’70 e inizio ’80, con il Geas Sesto S. Giovanni e la Fiat Torino sul trono d’Europa, poi monopolizzato da Vicenza con 5 Coppe dei Campioni tra il 1983 e l’88.

Un crescendo inarrestabile: nel 1990 la prima doppietta, con Priolo in Coppa Campioni e Parma in Coppa Ronchetti, secondo trofeo per importanza.

Possibile fare meglio? In quegli anni magici sì: nel 1991 ci prendiamo di nuovo la Coppa Campioni, con Cesena, e nella Ronchetti celebriamo una finale tutta italiana tra Milano e Como.

ALL STARS Era il naturale riflesso di un campionato

stellare, che nel triennio 1989-91 toccava il suo apice. Tramontata la dittatura di Vicenza e non ancora iniziata quella della Comense, la lotta per il titolo era aperta a tante, moltiplicando l’interesse. E soprattutto, le migliori americane giocavano in Italia.

La nazionale Usa alle Olimpiadi di Barcellona ’92 sembrava una selezione della nostra A1: da Cynthia Cooper a Teresa Edwards, da Teresa Weatherspoon a Clarissa Davis, Vicky Bullett, Daedra Charles… Non solo americane, peraltro: nel ‘90/91 ospitavamo il pivot più forte d’Europa, la jugoslava Mujanovic, e la leggenda brasiliana Hortencia.

“La principale differenza rispetto a oggi è che non esisteva una lega professionistica negli Usa e i nostri club avevano più disponibilità economica di tutti. Per cui le americane più forti, finito il college, venivano da noi. E la stagione europea per loro era l’unica, non una parentesi tra un campionato Wnba e l’altro: allenavamo giocatrici eccezionali al loro meglio”, analizza coach Paolo Rossi, che in quel

storie

CAMPIONESSE IL 1991 È UN ANNO MAGICO: CESENA VINCE LA COPPA DEI CAMPIONI CONTRO L’ARVIKA, AL TERMINE DELLA FINAL FOUR GIOCATA A BARCELLONA.

1991, dopo lo scudetto dell’anno precedente, guidava Cesena alla conquista dell’Europa.

ROMAGNA REGNA Prima edizione delle Final Four di Cop-

pa Campioni al Palau Blaugrana di Barcellona: l’11 aprile ’91 Cesena, dopo una sofferta semifinale vinta sullo Sporting Atene, affronta per il titolo le svedesi dell’Arvika, che hanno battuto Leningrado. Tutte grandi squadre, ovviamente, ma… dal volto umano: massimo due straniere; le squadre dell’Est erano tutte “autoctone”. Se pensiamo che Ekaterinburg, a proposito di russe, ha vinto l’Eurolega 2021 con una collezione di fenomeni di 7 nazionalità differenti, sembrano passati tre secoli, non trent’anni...

Quella Cesena ha due americane super, Clarissa Davis e Andrea Lloyd, il resto è italiano: Donadel, Laura Gori, Caldato, Tassara, Barbaro, Piatta, l’immensa Catarina Pollini e le giovanissime, ma già importanti, Renata Zocco e Novella Schiesaro. “Il giorno della finale – ricorda Rossi – convoco Schiesaro nella hall del nostro albergo e la avverto: oggi parti in quintetto, mi serve difesa sulla loro lunga. Grossa responsabilità per una quasi 18enne; ma lei aveva già una gran testa”.

La Conad domina quella partita: 84-66. I mille tifosi giallorossi al seguito impazziscono; le gioca-

trici cantano “Romagna Mia” durante la premiazione. Dice Rossi: “Per me è un’emozione forte ancora oggi. Quella squadra era un mix perfetto tra talento e disponibilità al lavoro, due doti che raramente vanno di pari passo. Pollini e Lloyd erano d’esempio, così nessun’altra poteva dare meno del massimo.

Ma sempre con il sorriso”.

NON PIÙ SECONDE Due settimane prima, il 28 marzo,

era toccato alla Gemeaz Milano alzare la sua coppa. Derby lombardo contro la Comense per la Ronchetti, in due gare: decisiva l’andata. La squadra di Marco Rota è perfetta, tira col 70% da due, le lariane non riescono a contenere i danni (94-76) e al ritorno non basta la spinta di un gremito “Pianella”, il tempio del basket canturino, per ribaltare lo scarto: è solo +11. Per Milano del presidente Crespi è finalmente l’ora di vincere, dopo un calvario di finali perse negli anni ’80: 6 per lo scudetto, 2 in Ronchetti.

“Un grande ricordo, il risultato più sentito della mia vita cestistica, e ovviamente una liberazione dopo tante sconfitte”, rievoca Cinzia Zanotti, protagonista assoluta con 33 punti all’andata. Con lei Adriana Galimberti, Nunzia Serradimigni, Francesca Rossi, Di Michele, Vietti, Salvi, Filonzi e le americane Perry e Gillom. “La pressione la sentivamo a ogni finale,

ma quella volta l’abbiamo gestita meglio. Non lo sapevamo ancora, ma era l’ultima occasione, perché l’anno seguente la squadra fu ridimensionata e io passai a Cesena”, conclude l’attuale coach del Geas.

RISCATTO NEROSTELLATO Per la Comense, perdere in fina-

le la coppa dedicata alla propria leggenda Liliana Ronchetti è una grande delusione. “Il team lariano si è confermato un coacervo informe, prodotto senza tener conto della razionalità”, sentenzia il settimanale Superbasket dopo la disfatta dell’andata.

In quel momento le nerostellate sono seconde in

e due in Europa, l’ultima nel 1995: da allora mai più un’italiana in cima all’attuale Eurolega. In Ronchetti abbiamo vinto altre 6 volte tra il ’92 e il 2002 con 5 squadre diverse, ma anche nell’odierna EuroCup siamo a secco da tanto tempo, 13 anni.

Non è però, solo questione di trofei. L’impressione è che quel momento di successo del nostro basket femminile potesse innescare un boom definitivo – di pubblico, di spazio sui media, di tesserate – che però non si è mai realizzato. “Sì, in quegli anni di palazzetti pieni e di entusiasmo generale mi ero illuso che il nostro movimento stesse davvero decol-

Nel 1990 la prima doppietta, con Priolo in Coppa Campioni e Parma in Coppa Ronchetti, secondo trofeo per importanza. Nel 1991 ci prendiamo di nuovo la Coppa Campioni, con Cesena, e nella Ronchetti celebriamo una finale tutta italiana tra Milano e Como. campionato, dove pesa anche il ricordo della finale dell’anno prima, persa da 2-0 a 2-3. Ma il finale della storia non è ancora scritto. E a ridere per ultime sono proprio le ragazze del presidente Pennestrì, con due americane da leggenda, Bridgette Gordon e Valerie Still, e un gruppo italiano non da meno: Fullin, Ballabio, Todeschini, Passaro, Salvestrini, Gaudenzio (recentemente scomparsa), Brena, Bianco.

L’8 maggio ’91 si decide il tricolore; è di nuovo Como-Cesena, situazione 2-1 dopo una gara-3 interrotta a 1’30” dalla fine per intemperanze del pubblico romagnolo. Il “Pianella” si riempie di nuovo, con 5000 spettatori che portano il totale della serie a sfiorare i 20.000. Davanti alle telecamere di Tele+2, antenata di Sky (ai tempi visibile a tutti), le nerostellate non sprecano il “match point”: tentano la fuga nel primo tempo, la Conad rimonta, ma Gordon segna il 73-68 a 25 secondi dalla fine. L’invasione di campo, i clacson per le strade della Brianza comasca e del capoluogo: una festa di popolo.

“Ci fu una grandissima partecipazione dei tifosi comaschi e canturini – conferma Guido Cantamesse, coach di quella cavalcata tricolore. – Ma anche in altre città che scoprivano il basket femminile, in quel periodo, con le partite su Tele+ e sulle tv locali.

Era una pallacanestro spettacolare, con molta velocità e pochi tatticismi. Le giocatrici di talento avevano carta bianca, ma sapevano anche fare gruppo.

Trent’anni dopo, rimangono emozioni forti, perché con quel successo regalammo momenti indimenticabili a tante persone”.

L’ATTIMO PERSO Nasceva così la dinastia della Comen-

se, che avrebbe trionfato altre 8 volte di fila in Italia

lando. Non è stato così, e abbiamo perso il primato sia economico che tecnico”, è il rimpianto di Paolo Rossi. Però – commento nostro – pur nell’obiettiva constatazione che rispetto a quei livelli di risultati, qualità tecnica e seguito abbiamo perso terreno, la nostalgia non deve impedirci di vedere il positivo che c’è oggi e il negativo che già allora serpeggiava.

Ce lo ricorda il già citato Superbasket: “Questa superiorità tecnica in Europa non dev’essere sciupata. Il movimento deve finalmente trovare una solida struttura dirigenziale. Altrimenti il settore femminile continuerà ad essere noto per le beghe interne, per gli scandali piuttosto che per lo spettacolo offerto e per i successi agonistici”.

E L’ITALIA... In questa storia del 1991 merita un capi-

tolo anche la Nazionale azzurra. Che nel giugno di quell’anno, proprio come in questo 2021, affronta gli Europei. Si gioca in Israele, e la squadra del c.t.

Novarina non va oltre un settimo posto; più o meno il solito di quell’epoca. “Vero, nonostante negli anni ’80 e inizio ‘90 fossimo una buona squadra, ci piazzavamo sempre tra quinte e settime – riflette Cinzia Zanotti. – Il fatto è che, se da un lato c’erano meno nazionali competitive rispetto a oggi, dall’altro affrontare l’Urss e la Jugoslavia unite era durissimo”.

E in effetti ad Eurobasket ‘91 furono proprio quelle due a sbarrarci la strada nel girone eliminatorio, per poi sfidarsi in finale con vittoria sovietica: l’ultimo successo nel basket per la corazzata comunista, che già nel ’92 non esisteva più. L’Italia si sarebbe presa un bell’argento nel ’95, qualificandosi per i Giochi di Atlanta; ma era ormai un’altra epoca e un’altra storia.

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pink mix DI Manuel Beck

SERIE A1 SERIE A1 SERIE A1 MERCATONE-1 MERCATONE-2 IMPIEGO U20 Sensazione dopo il primo mese di mercato: campionato in rialzo. Dopo aver messo le fondamenta con la coppia Zandalasini-Lardo, la super-Virtus Bologna si arricchisce di due protagoniste Wnba come Brianna Turner (1° quintetto difensivo nel 2020) e Myisha Hines-Allen (2° quintetto assoluto); sul fronte italiano ha aggiunto Cinili e Pasa alle confermate Tassinari, Battisodo e Barberis.

Schio ha affidato la panchina al greco Dikaioulakos; rinnovata Mestdagh; investimento su Costanza Verona.

Ma il botto è l’arrivo del centro Charli Collier, prima scelta assoluta del draft Wnba 2021. Per Ragusa confermata più di metà del gruppo (5 italiane + Kuier) e ingaggio di due straniere anch’esse con curriculum in Wnba: Asia Taylor e la lunga Hebard; presa la giovane Spinelli da Costa. San Martino, dove è approdato coach Serventi, ha annunciato la svedese Kantzy, l’americana Mitchell e Francesca Romana Russo. Le prime novità a Campobasso sono Trimboli, Nicolodi e Premasunac.

EMERGENTE MARTINA SPINELLI È STATA UNA DEI PRIMI RINFORZI ESTIVI DI RAGUSA E UNA DELLE GIOCATRICI GIOVANI MAGGIORMENTE UTILIZZATE NEL CAMPIONATO APPENA CONCLUSO.

Il Geas conferma il duo di lusso Gwathmey-Graves; nuova la terza straniera, la serbo-cipriota Raca; inserisce Trucco; lascia partire Gilli; tiene Arturi, Crudo, C.Dotto, Ercoli. La polacca Rembiszewska è la nuova lunga di Empoli, che conferma Baldelli e Ravelli. Continuità a Costa Masnaga, con quattro elementi da quintetto ancora in biancorosso: M.Villa, Spreafico, Del Pero e Jablonowski. Lucca, dopo l’accordo societario con la Nico, ha messo le basi per il rilancio, con due americane di spessore come Dietrick e Wiese, oltre alla polacca Kaczmarczyk; fa salire dall’A2 Frustaci e Gianolla anche se perde Orsili che va in Spagna. Broni ha un nuovo coach, Andrea Castelli, e il suo primo acquisto è la croata Perisa. In attesa delle due neopromosse dall’A2, che arrivano in ovvio ritardo sul mercato, le uniche a non aver battuto colpi ufficiali sono Sassari e le tricolori di Venezia, le quali hanno divorziato da coach Ticchi dopo una sola stagione.

Quale squadra della massima serie ha dato più minutaggio alle proprie U20 nella stagione regolare? Risposta facile: Costa Masnaga, che secondo i dati da lei stessa forniti, ha impiegato 8 giocatrici dal 2002 al 2005 per un totale di 2655 minuti, tra cui la più utilizzata in assoluto – e anche qui non si resta sorpresi – è Matilde Villa (822’, oltre 30 a partita) davanti a Spinelli (611’) e Allievi (508’). Seconda fra le società più generose di spazi per le giovani è Battipaglia, con 1361 minuti totali, fra cui 334 per Mazza e 323 per Mattera. Anche per le campane ben 8 U20 scese in campo. Terzo posto per Lucca (1195 minuti), con due soli elementi, ma importanti: Orsili (670’) e Pastrello (525’). Seguono il Geas (945 minuti, di cui 518 a Panzera – cifra condizionata dalle assenze per infortunio, ma sono ben 27’ a partita - e 300 a Gilli) ed Empoli con 824 minuti, in maggioranza per Chagas (592’).

SERIE B GIOVANILI 3X3 ROAD TO THE FINALS SOGNI DI COPPE VIA AL CIRCUITO La formula della fase nazionale di B prevede 4 sfide andata-ritorno con altrettante promozioni in palio, il 4 e 11 luglio. Questa la situazione (al 15 giugno) nei 7 campionati territoriali. In Lombardia la prima qualificata alle “F4” regionali è Costa Masnaga. Nel Triveneto, Rovigo ha vinto lo scontro al vertice con Trieste ma nell’ultima giornata si gioca il primato con Treviso. In Emilia-Romagna, Fiorenzuola e Ancona vincono i due gironi di seconda fase. In Toscana, impresa di S.G. Valdarno, che nel pre-spareggio elimina il Costone Siena, imbattuto in stagione regolare, e va allo spareggio per le finali nazionali contro la seconda del Piemonte/Liguria, dove è l’Amatori Savona a vincere la seconda fase per scontri diretti a favore su Torino Teen. Nel Lazio/Umbria/ Abruzzo, mancano dei recuperi; la Stella Azzurra Roma ha riaperto la corsa al primato battendo Roseto.

In Campania + resto del Sud ha già vinto Capri di Dacic (19 di media).

Per il secondo anno di fila non si disputano le finali nazionali giovanili.

Ma la Lega, in collaborazione con la Fip, ha organizzato due Coppe Nazionali per U18 e U20, offrendo così una competizione (e una vetrina) al massimo livello per molte delle migliori squadre d’Italia. In entrambe la partecipazione è a inviti. La Coppa U18 (in corso mentre scriviamo) si gioca a Udine dal 14 al 19 giugno e comprende 12 formazioni: Torino Young, Costa Masnaga, Ragusa, Brixia, Granda Cuneo, Basket Roma, Battipaglia, Geas, Peperoncino Bologna, S. Martino, Udine, Ororosa Bergamo. Attese sia Matilde Villa sia Zanardi, insieme ad altre già protagoniste in A, ma l’interesse è anche per rivedere in ambito nazionale quei talenti che il Covid ha tenuto lontano dalla scena.

La Coppa U20 è in programma a Battipaglia dal 24 al 27 giugno con 8 squadre: Alghero, Pegli, S. Martino, Stella Azzurra Roma, Sanga Milano, Campobasso, S. Raffaele Roma e le padrone di casa.

La grande estate del 3x3 non sarà soltanto Olimpiadi, ma anche – dalle nostre parti – il 3x3 Italia Fip Circuit, organizzato dalla Federazione tramite Master Group Sport. Il miglioramento della situazione sanitaria dà ulteriore spinta al circuito di tornei in cui si articola l’iniziativa.

Quello inaugurale si è disputato a Roma il 5-6 giugno e, nel femminile, è stato vinto dallo Splash Team, che è dunque la prima qualificata alle finali nazionali, in programma dal 6 all’8 agosto in Emilia-Romagna, con in palio lo scudetto 3x3 Open. Ogni torneo assegna alle partecipanti, in base al piazzamento ottenuto, un punteggio, che va a costituire il ranking italiano.

TG MARZIALI L’arbitressa marchigiana

Silvia Marziali (prima donna italiana a dirigere gare internazionali maschili), tante volte anche sui campi del femminile, è stata protagonista di un servizio del Tg1 sulla sua doppia attività da direttrice di gara e medico dell’Aeronautica.

FASE CALDA IN SERIE B ANCONA VINCE LA SECONDA FASE E SI APPRESTA A GIOCARSI LA PROMOZIONE.

ESPERIENZA QUELLA DI LAURA MACCHI, UNA DELLE GIOCATRICI ITALIANE PIÙ FORTI DI SEMPRE, CHE CON LA MAGLIA AZZURRA HA PARTECIPATO DA PROTAGONISTA A DIVERSE COMPETIZIONI INTERNAZIONALI.

IN BOLLA DI ALICE BUFFONI E LAURA MACCHI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Il tempo della semina è finito, iniziano gli Europei e le ragazze della Nazionale potranno finalmente raccogliere i frutti del lavoro intenso delle ultime settimane. Ma come si arriva a una competizione del genere, dopo tanti giorni chiuse nella bolla del ritiro?

L’abbiamo chiesto a una giocatrice che di raduni ne ha frequentati parecchi… Chicca Macchi!

“Innanzitutto, la prima partita è come un esame, devi arrivarci preparato a livello tattico, atletico e mentale, e vi assicuro che a qualsiasi livello, anche per i giocatori più esperti e vincenti, sale un po’ di tensione in vista dell’obiettivo.

Diffidate di chi vi dice il contrario! Chiusi in bolla si vive in una realtà parallela, una sorta di Grande Fratello Vip. Perdi il senso dell’esterno e il percepito viene a volte amplificato”.

Può capitare, allora, che i giocatori sotto pressione non riescano a regolare il proprio arousal, termine che in psicologia dello sport identifica l’attivazione. Arrivare alla gara con il giusto livello di attivazione è fondamentale per una buona prestazione. Se l’arousal è troppo basso, l’atleta non riesce a entrare in partita: farà fatica a seguire il ritmo dei compagni, avrà tempi di reazione rallentati e scarsa precisione nell’esecuzione dei gesti tecnici. Un’attivazione troppo elevata, invece, rischia di mandarlo fuori giri: ritmo cardiaco accelerato, tendenza al rushing, cioè a compiere tutto troppo velocemente. O paradossalmente può anche accadere che il giocatore si senta paralizzato, con le mani fredde e le gambe molli. Di solito, un arousal troppo elevato è figlio di un vissuto di ansia rispetto al match che si sta per affrontare.

Su questo Chicca è categorica: “È importante avere gli strumenti, a livello mentale, per poter lavorare su di sé e imparare ad autoregolarsi. Va da sé che ogni giocatore dovrebbe arrivare a una competizione così importante con tutti gli strumenti tecnici, dati dal lavoro tattico, e fisici, con il giusto mix di preparazione e riposo. Ma anche l’aspetto mentale va curato!

Poter controllare come e quando attivarsi, sapere come concentrarsi e avere delle routine mentali rendono più facile giocare ottime partite… come diciamo noi giocatrici, entrare in trance agonistica, anche se tecnicamente dovemmo parlare di stato di Flow”.

Quali sono, secondo te, gli elementi da tenere d’occhio durante un Europeo?

“In competizioni con molte partite ravvicinate, secondo la mia esperienza, gli elementi chiave sono: Alimentazione, Gestione del riposo/recupero, capacità di gestire la concentrazione e di rinforzare il senso di competenza, la fiducia nei propri mezzi e in quelli delle compagne, insomma. Inoltre, bisogna anche contemplare l’idea che si può perdere.

In quel caso essere capaci di fare tesoro degli errori fa la differenza!”.

Cosa ne pensi del famoso detto “L’importante è partecipare”?

“Non esiste! un atleta professionista e di alto livello aspira sempre alla vittoria!”

Non ci resta che tifare per la nostra Nazionale. Cuore, Gambe e Testa!

Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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GUARDIA E LADRI

UNDERDOGS

La stagione-tipo delle squadre sottovalutate Di Susanna Toffali AGOSTO - SETTEMBRE È tutto pronto. Con il termometro della macchina in procinto di passare dai 43° all’autocombustione diretta, capisci che il primo giorno di allenamento è arrivato e ti dirigi sconsolata verso la porta del palazzetto nuotando in un lago di sudore. C’è una strana aria di positività che veleggia tra le compagne e lo staff, una sorta di eccitazione da primo giorno di scuola mista alla quasi certa consapevolezza del futuro non rispettare gli obiettivi preposti. L’ossatura della squadra non ha subito particolari variazioni, sono le motivazioni ad essere cambiate: dopo le ultime, discutibili stagioni nessuno si aspetta grandi cose.

Sarà l’unico pronostico che rispetterete.

OTTOBRE - NOVEMBRE La prima di campionato vi vede andare in vantaggio di ben venti lunghezze tra l’incredulità generale degli addetti ai lavori, prima di subire, come in qualsiasi non-lieto fine che si rispetti, una rimonta ai limiti dell’inverosimile, che vi porterà inesorabilmente ad una Caporetto cestistica da brividi.

“Non importa dai, la stagione è lunga”. Dopo sei, ripeto, sei sconfitte consecutive al fotofinish il dubbio è che quaranta minuti di partita siano troppi e la petizione per ridurre il tempo di gara a tre quarti è in procinto di essere inoltrata ai sommi capi.

DICEMBRE - GENNAIO Il bilancio, a girone di andata quasi concluso, potrebbe tranquillamente essere messo a confronto con il tuo orario medio di rientro dei più classici sabato sera estivi. 4-10, numeri da far ricredere persino i vostri più fedeli estimatori. È decisamente arrivato il momento di reagire e far capire a tutti il reale potenziale di questa squadra, ancora inspiegabilmente inespresso. Nel giro di un mese: due fratture scomposte, svariate caviglie distorte, uno stiramento muscolare e tre casi accertati di Covid. Nella classifica degli eventi e degli infortuni occorsi nelle più stupide maniere possibili, il posto da capolista non ve lo toglierebbe nessuno.

FEBBRAIO - MARZO La fase di ritorno vede una vertiginosa alternanza di non particolarmente chiare vittorie contro corazzate della categoria e momenti di profondo baratro caratterizzati da sconfitte frutto di prestazioni al tiro abominevoli. A seguito di virtuosi calcoli matematici, si accende un piccolissimo barlume di speranza per quanto riguarda la possibilità di agguantare il quinto posto in classifica: per riuscirci basterà solamente battere di trentacinque punti la prima in classifica. Fattibile.

APRILE - MAGGIO Dopo mesi di dibattito in merito a quale fosse il miglior piazzamento in classifica tra il quinto ed il sesto posto, decidete di risolvere nell’unico modo ancora stupidamente inesplorato: arrivate settime.

Casualità, la squadra che secondo qualunque pronostico avrebbe dovuto essere capolista a fine campionato, arriva seconda e sarà la vostra concorrente ai playoff. Chi pensava che a fine campionato la cospicua mole di sfiga diminuisse come per magia sbagliava di grosso.

GIUGNO Siete date per spacciate da circa il 99,9% degli affidabili pronostici su Instagram. Ma voi non lo sapete, e così come lo 0,01% di batteri che rimane ancorato sulle superfici nonostante l’utilizzo del Napisan,

SORPRESA IL SANGA MILANO È ARRIVATO IN FINALE PLAYOFF CONTRO MONCALIERI DOPO UNA CAVALCATA ESALTANTE E SORPRENDENTE. IN FOTO SUSANNA TOFFALI, LEADER REALIZZATIVA DELLA SQUADRA E AUTRICE DI QUESTA RUBRICA

superate con un secco 2-0 un ostacolo che sembrava insormontabile fino a pochi giorni prima. In semifinale da brave portavoce della vostra filosofia di gioco mandate per due volte a “remengo” almeno quindici punti di vantaggio, salvo poi scamparla miracolosamente in zona Cesarini, in quei minuti finali che tanto reputavate deleteri. Siete in gas, il momento è buono: bisogna giocarsi il tutto per tutto in finale, la Cenerentola che riesce a portarsi a casa la promozione nella massima serie è un copione pressoché già scritto.

Ma, ancora una volta, decidete di non rispettare quanto già deciso per voi dagli altri. Perdendo.

BUZZER BEATER

L’ESTASI DELLA VITTORIA Di Silvia Gottardi Ho ancora impresso ogni singolo attimo di quando ho tagliato la retina del PalaLido.

Seduta sulle spalle del mio pivot, una mano aggrappata alla retina, con l’altra brandisco la forbice come fosse la bacchetta di un direttore d’orchestra, per dirigere i cori dei tifosi. E intanto i cori li canto anche io a squarciagola, talmente forte che poi il giorno dopo non ho più la voce. Tutti gli occhi sono puntati su di me, mentre comincio ad armeggiare sulla retina, che non ne vuole sapere di farsi tagliare. Sotto le compagne fremono nell’attesa: saltano, ballano, urlano assieme ai tifosi in una bolgia colorata. Poi la retina finalmente viene via e la alzo al cielo urlando di gioia.

C’è quel momento stupendo della festa dopo la vittoria. Che non importa se hai vinto la promo o lo scudetto, perché la gioia è la stessa. Gli abbracci con le compagne, le bottiglie d’acqua sulla testa, i cori con i tifosi, le fotografie, alcune volte anche le lacrime… Io ho avuto la fortuna di vincere diversi campionati, ma ho tagliato solo una retina nella mia carriera, quella del PalaLido per la promozione dalla Serie B alla Serie A2 del Sanga Milano. È il capitano che la taglia, non è un privilegio che capita a tutti durante l’arco di una carriera.

Ero al PalaGiordani quando Moncalieri ha strappato il biglietto per la A1, e mi sono emozionata con le ragazze.

Sì, tifavo per Milano ovviamente, la stessa Milano di cui sono stata capitana per 7 stagioni, la Milano con cui ho festeggiato la promozione del PalaLido, ma cosa devo dire… Quella festa lì è comunque contagiosa. Ho quasi provato una punta d’invidia, perché è un’emozione che so che non proverò mai più. Poi è arrivata anche la promozione di Faenza, e posso solo immaginare quanto se la sia goduta Ballardini, dopo aver passato diversi anni ad inseguirla. Quando cominci ad avere qualche anno in più le emozioni si moltiplicano… O almeno così è stato per me nei miei ultimi anni in campo.

E le ragazze del 3x3? La faccia di Consolini dopo aver vinto ed essersi qualificate per le Olimpiadi? Quella sì che deve essere stata un’overdose di adrenalina! Scontato ripetere che le Olimpiadi sono il sogno di ogni sportivo… Io da adolescente avevo scommesso con mio papà che le avrei giocate. Ero, come tutti i teenagers, pronta a spaccare il mondo e sicurissima di quello che dicevo, ma ovviamente le cose sono poi andate diversamente. L’ultima apparizione di una Nazionale femminile ai Giochi è quella del 1996 ad Atlanta. Ora ci vanno le azzurre del 3x3, proprio la prima volta che questa disciplina entra nelle competizioni olimpiche.

Ai miei tempi si chiamava Adidas Streetball, e proprio come adesso si giocava nei centri cittadini. C’erano i vari

EMOZIONI LA VITTORIA REGALA UN CONCENTRATO DI SENSAZIONI DIFFICILMENTE DESCRIVIBILI, CHE RIPAGA DI SACRIFICI E ALLENAMENTI. IN FOTO LA REAZIONE DI CONSOLINI ALLA QUALIFICAZIONE OLIMPICA NEL 3X3

tornei nazionali (che da quest’anno prevedono anche l’assegnazione di uno scudetto), e poi il World Tour, sostanzialmente l’equivalente del Campionato del Mondo di adesso. Funzionava tutto in maniera abbastanza simile: venivi selezionato dalla Federazione e giocavi con la maglia dell’Italia contro le selezioni degli altri stati. Un anno l’ho giocato anche io – assieme a Franchini, Diamanti e Maimone - a Budapest, arrivando seconda dietro la Russia.

Oggi avrei una medaglia d’argento mondiale al collo, allora ho vinto un giubbino di pelle dell’Adidas. Quasi uguale!

Quello che invece è totalmente cambiato, sono l’intensità e la velocità del gioco. Sì, certo, tutto lo sport si è evoluto in questo senso, ma devo dire che nel 3x3 si vede davvero tanto. Ho guardato tutte le partite di qualificazione delle azzurre e sono rimasta davvero shockata. Non basta saper giocare a basket bene per praticare il 3x3 a quei livelli, bisogna anche avere un fisicone per reggere letteralmente “alle botte”, essere mentalmente sveglissime per i continui e velocissimi cambi di possesso. E poi non c’è mai un attimo di pausa, nessuna tregua. E’uno sport davvero esaltante da vedere!

In attesa delle Olimpiadi, per rendere questa estate davvero speciale, ci vorrebbe ora che la Nazionale maggiore arrivasse tra le prime 6 di Eurobasket, qualificandosi così per il Pre Mondiale. Io commenterò le partite per Sky: prometto che cercherò di essere più neutrale possibile… Ma tanto lo sapete già che starò tifando e soffrendo su ogni pallone, nella speranza di poter esplodere di gioia alla fine della manifestazione!

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