L'ITALIA IMPARA A FARE LA GUERRA
con 200 immagini della Raccolta Darra
A cura di Glauco Pretto e Domenico Romani
Con la collaborazione di
EREO BOVO, GIOVANNI CALLEA, FRAN CESC A CANTON E, MARCO CASTAGNA, GRAZI ANO COSTA, GIANCARLO DE CESCO, ROBERTO FIN, ANDREA MAGAGNA, PASQUALINO MARUCCI, FRANC ESCO MASSA, GIOVA I MOLETTA , BRUNO PASCOLI, SIS TO PERINA, UGO SOFFIATI, OSVALDO SORTO, MAURO ZATTERA .
Circo lo Fotografico Poveg li ano Veronese
Copyright © 2 01 5, Casa edi tri ce M azziana , Ve rona
V ia San Carlo, 5
37129Ve rona
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Tutti i d iri tti rise r vat i. Non è consent iro l'utilizzo o la riproduzione , anch e parz iale, se nza autori zzazion e scritta del de tentore del Copyright.
Pr im a e dizio ne : novemb re 20 15
ISBN 978-88-97243-2 1- 2
S tampato presso
Cierre Grafì ca
Caselle d i Sommacampag na (Verona)
Stampato in Ita lia
Presentazione
Questo vuole essere soprattutto un libro d 1immagmi.
Si tratta di fotogrefie ricavate da vetrini ritrovati presso flstituto Don Mazza di Verona, in occasione del restauro del suo edifìcio più antico1 chiamato «Fondamento>> . Siccome l'intervento doveva riguardare l'intera struttura1 era necessario procedere allo sgombero di tutti i mobili e1 in maniera particolare, dei documenti e oggetti che potessero avere un rilievo di carattere artistico o storico.
Fui invitato1 in quest 1 occasione, nella mia qualità di direttore della Biblioteca storica Antonio Spagnolo, pertinente ali' Istituto, a vagliare attentamente quanto era raccolto in armadi, scrivanie, o anche custodito in piccoli depositi .
Fu proprio durante la selezione di ciò che comunque si doveva salvare1 che "inciampai)) (è proprio il caso di dirlo) in un vero tesoro. In una robusta cassetta di legno, si trovavano decine di scatole di vetrini che contenevano centinaia di fotografie risalenti alla Grande Guerra Ritenni pertanto doveroso traiferire presso la Biblioteca questo materiale, in attesa di metterlo a disposi zione per l1 uso più opportuno1 anche in vista delle celeb razioni centenarie che ormai si avvicinavano.
Un fortunato incontro con il Circolo Fotografico Povegliano Veronese fece nascere un progetto di divulgazione che valorizzasse il materiale disponibile in esposizioni appositamente organizzate e in una pubblicazione che ne prolungass e nel tempo la fruizione .
A dire il vero il Circolo, composto da una quindicina di competenti veramente appassionati , pensava in un primo tempo alla raccolta di materiale che riguardasse il grande evento bellico entro i con -
fini del paese e delle località più vicine . Quando però fu informato deWesistenza delle immagini, rimaste nascoste per tanti anni in quella cassa, chiese di prenderne visione, ne fece le prime riproduzioni su carta fotografica e dispose alcune prime divulgazioni in mostre sperimentali, ottenendo favorevoli consensi
Tutti si convinsero che era opportuno procedere a una pubblicazione a stampa 1 che avrebbe potuto portare questo prezioso materiale a conoscenza di un vasto pubblico.
Nel frattempo la Casa editrice Mazziana, da cinquant 1anni dedita alla valorizzazione di ogni patrimonio culturale proveniente dalle istituzioni risalenti a don Nicola Mazza, decideva di programmare l'edizione di un libro che utilizzasse questo materiale fotografico. Si proponeva di mettere in luce da una parte il legame con il luogo di ritrovamento e dall'altra il forte richiamo morale che può venire dalla storia oltremodo dolorosa, a trovare attraverso metodi non militari, la costruzioni di società e popoli non contrapposti, ma sempre più vicini fra di loro) in questo tempo che perframmenti sembra vivere una "terza guerra mondiale".
Così tre camm ini sono venuti a incontrarsi in questo lavoro editoriale1 che proprio a partire dalle date espresse nelle didascalie riscontrate su parte dei vetrini, mette nel titolo il 1916: lo si propone come l) anno in cui fl!talia ha imparato afare la guerra. . Oggi è desiderio di tutti che si impari sempre più a costruire la pace .
Un anno per imparare
Quando, il 24 maggio 191 5, l' Ital ia encrò nella Grande Guerra al lato d'Ingh ilterra, Francia e R.ussia contro l'Austria-Ungheria, erano passaci quasi cinquant'anni dall'ultima comba ttu ta e pe rsa ne l 1866.
Qu ell a. si era c hiusa con l'ann essio ne del Veneto per meriti altrui, cioè per la ,·ittoria della Prussia sull' Aumia e la mediazione de ll a Francia
Era sta ta comunq ue breve, come le precedenti del 1848-49 e 1859: tra la dichiara zione di guerra, l'invasione del territorio da conqu istare e la battaglia ri solutiva erano bastat i tre o quattro mes i el 191 5 la situazione era di,-ersa: il nsto conflitto, sco ppi ato da qu asi un anno tra grandi potenze, ciasc una con l'illusione di un a rapida vittoria sul nemico, si era impantanato nelle oppos te trincee, logorando uomini e mezzi Una decisione d i cale impo rtanza, inoltre, veniva presa in mezzo a numerose imp li cazioni politiche e nùlitari di cui si do\·eva tener conto.
Nel Paese es isteva una frattura tra chi sosteneva anche entusiastica mente l'imervento e chi invece vi si opponeva per idealismo o puro pragmatismo. Si dec ide va tra gli es tre mi di chi, da una parte, vedeva nella guerra la «sola igiene del mondo~, co me i futuristi, e di chi, dall'altra, la considerava secondo il gi udi zio espresso da pa pa 13e nede tto XV nel ' 17, !'«inut ile strage».
In politica estera vi erano rapporti da rivedere. J el 1882, dopo che la Franc ia aveva ass un to un prot ettorato su lla Tunisia. l'Italia, valutando l'operazione contraria ai suoi inte ressi coloniali sul Mediterra neo, aveva sottosc ri tto co n Au st ri a-Unghe ria e Germania la triplice alleanza.
Entrando in guerra. ci si poneva come pros pettiva anche q uell a di co nqu iscare le terre irredente di Trento e Trieste, ,otto dominio asburgico: aHebbe affrontato quindi l'ex alleato, riallacciandosi di nuovo alla Franc ia, sforzandosi di far diment ica re k recenti
frizion i senza crearne di nuove. Ne l frattempo però avevano imb racciato le armi anche altre nazioni: a Ingh ilterra e Russia già legate alla Francia nella Tripl ice incesa, si aggiu nsero la 13osnia e il Giappone, mentre la Turchia si metteva a lato di Germania e Austria.
Era dunque necessario tener co nto di cucco lo scenario internazionale agire strategicamente d'accordo con gli alleati per affi-onca re in ma,ùera coordinata i comuni nemi ci.
Anche dal punto di vista militare si profùavano alc uni problemi. Bisognava valutare il ri chio di caden.· ne lla stessa situaz ione di logoramento, che aveva bloccato per lungo tempo le truppe schierate sul fronte occidentale e su quello orie ntale d'Europa.
Tra !calia e Austr ia -U ng heri a il confine, e quindi il terreno dove a\Tiare le operazioni . spesso era segnato in alca montagna, arriva ndo, ad esempio sull'Adamello, a su perare i 3.500 me tri . 111 una gue rra di logoramento a cale altitudine l'onere di mantenere continge nti militari comportava enormi difficoltà di com unicazione, di rifornim enti e di sicurezz a.
Anche in questo senso si doveva affrontare un quadro dive:rso dalle prec eden ti guerre d'indipendenza, rea lizza re con sco ntri prevale nteme nte i11 pian ura.
Il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, il tenente colonnello Luigi Cadorna, all' inizio della ca mpagna cadd e probabi lmente ne ll a stessa illu sione dei moi colleghi d'oltralpe: si convinse o volle convincere che con qualc he «spalla ta » si sa rebbe ,fondato sull' Isonzo e marciato verso Lubiana e Tri este: in pochi mes i tutto si arebbe risolto. anche a livello in t ernazionale, grazie pro pr io agli italian i.
Durante tutta la prim a parte de l conflitto, infatti, tentò l'offensiva a oriente lungo l'Isonzo, disponendo il fronte settentrionale. che puntava su l s:i li c nce trentin o. a una pura funzione difensiva .
I nuovi all eati, Francia e Inghilterra, nel patto segreto di Londra del 26 ap rile 19 15 avevano promesso collaborazi o ne e la uti compensi te r ritoria li in caso di vittor ia, ma pretesero che l'Italia di c hi arasse guer ra encro un mese, mob ilitandos i immediatamente .
Se il Paese avess e avuto ca pacità di spo stame nti rapidi d'artigl ieri a, r ifornita delle necess ari e munizioni , e ins ieme una migli o re conosce nza dell e for-
ze nemiche in q uel momento meno numerose delle pro prie, probabilme nte con ope razioni tempes tive avreb be ot tenuto esi ti più mass icc i. Invece la lentezza delle prime manovre e i no n amp i spaz i raggiunti
itinerari ferroviari e cronogra111ma relativi a 1111a delle operazioni pirì efficienti del 1916: il tra.ierimenro in 11 J!iomi di piiì di 130. 000 r1omi11i dal fro11te dell'Ison z o all'area della Strafexpe d ici on.
dai limitati armamenti disponibili dimensionò i successi a scarse penetrazioni olrre l' Isonzo, costituendo qualche testa di ponte, subito bloccata dall'esercito austroungarico, che nel frattempo otteneva i necessari rincalzi .
Per poter confrontarsi con un nernico già allenato alla guerra,l'[talia aveva bisogno di accelerare in maniera esponenziale la produzione delle armi, organizzare tutti i trasporti sul territorio nazionale, provvedere al vettovagliamento e garantire un servizio sanitario tale da assicurare la cura di feriti e malati provenienti dal fronte: era necessario moltiplicare ospedali, farmaci, strumentazione e mettere a disposizione un maggior numero di medici e infermieri.
I problemi s'incrociavano: i trasporci, la produzione industriale, la continuità nei raccolti agricoli.
La carenza interna di materie prime esigeva un incremento delle importazioni. Queste in massima parte avvenivano via mare, e potevano incappare nelle insidie della flotta tedesca, incrociatori e sottomarini. che già stavano provocando danni altissimi ai rifornimenti inglesi .
Alla tìne il bilancio delle vittin1e di guerra mostrò chiaramente che le perdite ita liane (morti, feriti, dispersi) furono spesso molto superiori dell'altro fronte. n numero altissimo di vite sacrificate dipendeva dall'armamento, inferiore a quello avversario per qualìtà e quantità, soprattutto all'inizio.
Schieramemo delle forze in campo ttel pri111,> giomo della comroffensi,,a italia11a alla spedizione p1111iriva a11srro1111garica.La Strafexpedition, prima Caporetto
Dall'altra parte del fronte, il capo di Stato Maggiore austriaco, Franz Con rad von Hotzendorf, non aveva fatto mistero che per lui la risposta da dare all'Italia era quella d'invadere il Veneto, impadronirsene e costringere alla resa e alla trattativa separata di pace.
A questo scopo aveva cercato, seppure invano, di coinvolgere il collega tedesco Erich von Falkenhayn, chiedendogli anche l'invio di contingenti in aiuto: con lui aveva insistito perché l'operazione risultasse una vera spedizione punitiva (Strefe:xpedition, appunto) per il "tradimento" dell'Italia, venuta meno alla precedente alleanza.
Alla fine decise di agire da solo e concentrò nell'area trentina tutte le forze disponibili, schierando artiglierie di tutti i calibri e preparando enormi masse di fanteria per impossessarsi delle postazioni nemiche. Sperava nell' dfetto sorpresa, ma l'inverno 1915-16 era stato molto rigido e costringeva arimandare le operazioni in quota, dove si dovevano affrontare le difese italiane.
Di qua del fronte, fortunatamente, proprio il ritardo aveva permesso di aggiornare conrinuamente le informazioni su quelle manovre nelle valli trentine e quindi disporre le opportune contromisure. Senonché un certo scoordinamento, che prima aveva permesso a contingenti italiani di avanzare con successo in ordine sparso, metteva ora in crisi i necessari collegamenti in caso di una ritirata.
Le forze austroungariche dovettero aspettare il 15 maggio per sferrare un pesantissimo attacco, riuscendo a occupare nel giro di ere settimane l'Altopiano di Asiago e avanzare verso la Val d' Astico, fìno ad Arsiero. Fossero scesi in pianura, attraverso Schio e Thiene, avrebbero potuto chiudere in una morsa lo schieramento orientale e costringere gli itali:mi alla resa.
Richiamando dall'Isonzo e da altre parti centinaia di migliaia di soldati, l'esercito italiano riuscì a recuperare tutte le posizioni perdute, lasciando però sul campo un incalcolabile numero di vittime.
In questo modo si stava davvero imparando a fare la guerra. La S1rafexpedition risultò come un'anteprima di Caporetto. E l'aver riaperto l'offensiva sul fronte isoncino fìno a ottenere la conquista di Gorizia, amicipò su scala ridotta, quella che sarebbe stata la rivincita di Vittorio Veneto.
Non a caso, in quel periodo, come avverrà nel '18, Cadorna predisponeva un piano d'emergenza per far retrocedere al Piave tutte le truppe.
Lo spostamento di forze dal fronte isontino alle zone a nord di Vicenza era avvenuto con di~creta segretezza ed efficienza; una volta ripetuto in senso contrario (nonostante le perdite subite) poteva permettere un contrattacco nella zona di Gorizia. già tentato senza esito all'inizio del conflitto.
11 4 agosto cominciarono le operazioni dapprima verso Monfalcone poi sui monti che circondano Gorizia, dove le trincee austroungariche erano dotate di postazioni altamente efficienti. L'assalto però era stato ben preparato, grazie ai molti avvistamenti dello schieramento nemico; le truppe italiane riuscirono a entrare in città il mattino del giorno 9.
La notizia subito diffusa creò un cerco ottimismo sulle possibilità delle forze armate nazionali: gli austriaci avevano dovuto cedere la città che, nelle trattative segrete intrecciate anceguerra, avevano tassativamente esclusa da ogni baratto.
Anche questa volta il costo in vite umane fu altissimo, nonostante un'organizzazione migliore e la disponibilità di mezzi di attacco più numerosi.
S'inserisce qui, il 27 agosto, la dichiarazione di guerra alla Germania, che avrebbe maggiormente complicato le vie marittime.
Ma oltre Gorizia non si andò. Vennero riaperte le ostilità con la settima battaglia dell'Isonzo (14-16 settembre) e poi con l'ottava e la nona (1 - 4 novembre) ma senza sostanziali vantaggi territoriali. Pesante invece il bilancio delle perdite: 23.000 morti e 88.000 feriti .
Durante l'anno l'esercito italiano venne impegnaro anche nei terri tor i occu pa ti cieli' Al bania, dove u n corpo di spedizione si trovava g ià dal 19 1-L Con nuovi invii di truppa in maggio la presenza c resceva fm o a 100.000 uni tà.
A richiesta degli alleati, fu anche necessario l'invio ~caglionato di corpi scelti in Macedonia, speden d o da Ta ran to, a partire dalr8 agosto, me ntre era in corso la conq u ista di Gorizia, 44.000 uomin i, con animali da soma e traino e re lativi armamenti.
Lo sfo rzo bellico del 1916 coi nvolse fino al mass imo d elle poss i bil ità tutte le forze disp onib il i. La produzio ne d i pezzi di artiglie r ia. proie ttili. navi e aerei, raggiw1se ritmi fortemente accelerati coi nvolgendo imprese pub bliche e private; il trasfe r imen to de ll e compagnie d al fro nte de!J' Isonzo alla zona di resistenza con t ro la Srrafexpedicio11 il su ccess ivo viagg io di r itorno e le decine di migliaia di sfo llati che foggirono dall'Altop iano dei Sette Comuni pe r risalir vi in
seguito, costrinsero a programmare i trasporci fer roviari, organizzando in cont inu azione convogli stracarichi: lo stesso avveniva anche su strad a. co n l' utilizzo di tutti gli autocarr i in dotazione.
Tl crescente numero d i fe riti o mal ati fece mo ltiplicare nei press i delle trincee le se zio ni d i pron to soccorso, mentre su tu tto il te rr itorio nazionale furono aper ti centinaia di nuov i os pedali, req uise n do scuo le, co!Jegi, colonie, ville, palaz zi .
Le donne furono chiamate in fabb rica, ~altarono i d ir itti dei lavo ratori come il r i poso fes t ivo, il rispetto dell'età dei mino ri e il turno di n otte; n uovi g iovani furono chiamati alla leva.
Insomma non solo la gente in armi, ma tutto il Paese stava imparando a fare la guerra.
Rappresentazione gr1yìca de/1 'a~ressìone co11 gas /era/e, ~ffewwia il 29 gi11g110 I9 I 6, da parte delle postazioni a11s1ro1mgariche pittzzace sul 1110111e Sa11 Michele a s11doves1 di Gorizia .
Il materiale fotografico
Le duecento immagini qui pubblicate provengono dalla Raccolta Darra conservata presso la Biblioteca Antonio Spagnolo di Verona, in apposite scatole, che ne contengono circa 15 ciascuna. A loro volta le scatole sono custodite in una cassetta di legno.
Le scatole recano le etichette di due case di produzione e sviluppo: la Cappelli di Milano, che si unirà in seguito alla più nota Ferrania, e la francese Jougla che, fondendosi con la Lumière darà origine all'Uni on Photographique Industrielle.
T vetrini sono positivi (simili a delle diapos itive) di tipo stereoscopico, che permettono cioè, attraverso un apposito visore, di percepire l'oggetto rappresentato nella sua tridimensionalità.
Ogni piccola lastra, infatti, porta impresse due immagini affiancate, scattate contemporaneamente da macchine fotografiche dotate di due obiettivi distanti era loro come gli occhi di una persona.
Sopra una cinquantina di questi vetrini sono scritte delle didascalie. con grafie di almeno tre mani differemi, le stesse. si suppone, dì chi ha eseguito gli scatti. Gli altri invece ne sono privi e hanno richiesto lunghe
::- 44.r, t;/oVe
Sui verrit1i svi/11ppati i11 positi110, assieme alla doppia i111111agi11e d1e permeue la percezio11e 1ridi111eusio11ale. si trovano spesso delle lirevi didascalie.
Appaiono scritie da almeno ,re mmii d!ffèremi, si s11ppo11e quelle dei farogrqfi. Così la raccolta rimira opera di vari autori. Nel testo queste didascalie originali vengo110 evidenziate dal colore.
ricerche per identificare i soggetti fotografati, non tutte andate a buon fine. Su alcuni resta il mistero, che si è cercato di svelare con intuizioni verosimili. Nemmeno si è trovato documento scritto né ottenuta testimonianza orale che permetta di conoscere la provenienza di questo materiale.
Per tentare un'ipotesi plausibile, vale la pena chiedersi in prima istanza chi poteva scattare fotografie nei campi di battaglia.
n Comando Supremo dell'esercito aveva organizzata fin dall'inizio delle operazioni una Sezione Fotocinematografica del Regio Esercito. di~tribuica in quattro reparti: fotografi di campagna, che agivano su terreno pianeggiante al seguito del Comando Supremo e delle Armate; fotografi di montagna; fotografi d'assedio; fotografi per ricognizioni aeree, a bordo di apparecchi. dirigibili e palloni frenati. Tutto questo era materiale riservato allo stretto uso strategico, oggi reperibile negli archivi ufficiali e in parte già disponibile in pubblicazioni autorizzate.
Negli anni deJ conflitto il Comando Supremo poteva concedere l'uso di questo materiale, debitamen-
Vetrini sopra il sost~f?/IO dove i 1e11iva110 fatti asci11gare dopo lo s11il11ppo, e 1wo dei Pisori che perme/10110 di percepire l'i111111a)/it1e tridi111r11sio11ah•.
re selezionato, anche a editori di libri, quotidiani e periodici. Come gli articoli pubblicati sui giornali, anche le inunagini erano in genere sottoposte a una censura previa: non era perme~so, infatti, diffondere quelle di tipo strategico potenzialmente utili al nemico, né presentare scene di sconfitte. di distrnzione, di morti e feriti che potessero demoralizzare la popolazione e le truppe.
Anche i giornali e gli editori accreditati potevano inviare oltre ai corrispondenti i loro fotografi; questi però dovevano agire in stretto contatto con il Comando Supremo, dal quale prendevano indicazioni per recarsi sulle zone del fronte. Per fare qualche esempio, era gli editori si possono ricordare i Fratelli Treves, fra i quotidiani il «Corr iere della sera», diretto allora da Luigi Albertini, fra i periodici !'«Illustrazione italiana,>.
Vi erano però anche soldati e ufficiali che, avendo un reddito superiore alla media dei commilitoni, potevano acquistare l'apparecchio fotografico, le lastn.: e pagarne il successivo sviluppo. Proprio negli anni precedenti la guerra, la produzione di macchine fotografiche di questo tipo aveva raggiunto livelli rel ativamente alti, permettendo prezzi accessibili.
Durame il conflitto, come per la corrispondenza, anche l'eventuale diffusione d'inunagiui prodotte dai soldati passava, per le ragioni evidenziate, al vaglio della censura. Ma come le lettere e alcuni effetti personali. i vetrini da svil uppare potevano essere affidati a commilitoni in partenza per eventuali lic enze, diretti verso
la residenza dei familiari. Oppure rimanevano custodite allo stesso modo del diario, che molti tenevano tra gli oggetti personali, nella prospettiva di portarlo a casa alla fine del combatti.mento, o, nella peggiore delle ipotesi, di lasciarlo in eredità ai propri cari.
Per l'incarico di alto uffic iale che rivestiva, non è improbabile che Dana abbia ottenuto, su richi esta ispirata da una sua passione. qualcuna di queste lastre direttamente dagli uffici centrali legati al Comando Supremo. In tale ipotesi si tratterebbe d'immagini dovute a veri professionisti: alcune della raccolta,scattate per esempio sul manco nevoso (sfondo particolarmente difficile da trasferire sul veicolo fotografico), fanno pensare, per ]"'alta definizione", che siano davvero frutto di specialisti. Diverso il caso d'immagini sfuocate o mosse (qualche volta intenzio nali?), dovute a imperizia, a fretta o a scrupo lo morale di appartenenti alla truppa.
Partendo da queste considerazioni e dalla varietà di luoghi, situazioni , arnù, personalità rappresentate, diventa verosimile attribuire la raccolta al tenente genrale medico Vitto1io Napoleone Darra.
È doveroso, in conclusione, osservare che sca ttare foto sui luoghi di battaglia era rischioso e non sempre permesso a chi la guerra la faceva . Rare allora risultano qui le immagini che mostrano azioni belliche in corso, mentre spesso presentano persone "in posa". anche fingendo scene di guerra. Ma gli effetti di rischio, distruzione, ferimento e morte, tipici di ogni guerra, sono suftìcientemente documentati.
Il generale Vittorio Napoleone Darra
Naco a Valeggio stù Mincio, in provincia di Verona nel 1859, guarto di dodici figli, frequentò gli studi secondari aVerona, ospite dell'Istituto Don Mazza, diplomandosi poi presso il regio liceo Maffei e laureandosi quindi in medicina a Padova nel 1883. Chiamato alle anni nel dicembre dello stesso anno, entrò nella Scuola di Sanità Militare di Firenze uscendone nel 1885 col grado di sottotenente medico. Svolse il servizio in vari re&,aimenti, raggiungendo il grado di tenente medico nel 1887 e di capitano medico ne l 1894, quando era in forza al 92° reggimento di fanteria .
Nel 1896 partecipò alla campagna d'Africa dal gennaio all'aprile, quando dovette rientrare per motivi di salute. In quei mesi in Eritrea si era combattuta la battaglia di Adua fra le forze abissine e quelle italiane.
Ripreso il suo ruolo nel 92° reggimento di fanteria. dopo la morte del padre, si unì in matrimonio il 10 febbraio 1900 con Margherita Cantù vedova Milon, signora di Torino, dalla quale non ebbe figli. Pure in quell'anno fo ch iamato alla direzione di Sanità Militare del V corpo d'armata con sede a Verona. Nel gennaio del 1908 era in servizio all'ospedale militare della città. Nel 1914 ebbe un avanzamento di carriera, ottenendo il grado di tenente colonnello medico e iJ 1° maggio 1913 fu nominato direttore dell'Ospedale militare di Livorno.
Mobilitaco nel maggio del 1915
all'inizio della guerra, seguì la Il divisione di cavalleria che riuscì a sfondare le difese nemiche. Venne poi assegnato al]' ospedale contumaciale di Padova. con la nomina a direttore della Sanità del V corpo d'armata e il grado di co lonnello. Nel novembre 1917 dovette prov-
vedere dmante il tragico ripiegamento di Caporetco allo sgombero dell'ospedale di Padova e di Treviso, allestendo 350 vagoni di ammalati, materiale sanitario, archivi con destinazione Firenze e Parma. Terrrùnata la guem prestò servizio negli ospedali di Bologna, Ferrara, Venezia, e altri centri dove erano affiuite con la fine della guerra masse ingenti di feriti, mutilati e prigionieri. Un suo diario del 1919 è fitto di visite e di note sulla situazione sani taria ed epidemica: si era sviluppata, infatti, in que ll 'anno la famigerata influenza "spagnola''. Egli si dedicava ai sofferenti con grande carità cristiana, professando apertamente la sua fede.
Nel 1920 fu di ritorno a Verona, come direttore di Sanità del corpo d'armata. Nel 1921 il Ministero della Guerra gli conferì la medagl ia d'argento al merito della sanità pubblica. Nel 1925 fu collocato a r iposo per limiti di ecà e in pari tempo iscritto nella riserva. Era stato decorato con varie medaglie e onorificenze. Nel 1931 venne a mancargli l'amatissima moglie Margherita Cantù per grave malattia e per ricordarla fece costruire nel 1932 a sue spese a Monzambano, vicino a Valeggio, un asilo infantile gestito dalle suo re Orsoline, con inserita una scuola di lavoro per ragazze, un teatro e il primo campo di calcio del paese. Nello stesso anno chiese ospitalità presso l'lstituto Don Mazza, dove condusse vita ritirata guasi da religioso, fino alla morte, avvenuta il 14 aprile 1934.
Nelle stanze da lui occupate è stata rinvenuta la scatola contenente quasi trecento vecrinj, realizzati durante la Grande Guerra, che si trovano in buona parte riprodotti in questo libro.
La trincea
La Grande Guerra è stata soprattutto una guerra di trincea, strettamente legata all'idea che la vittoria si ottiene conquistando il territorio nemico.
Era insieme una linea da cui non si doveva recedere, e quindi una struttura da difendere a oltranza , e il luogo da cui sferrare l'attacco.
Dal lato del nemico era difesa da una barriera di reticolati, e dietro aveva in genere una seconda linea, dove rifugiarsi in caso di ritirata. Ancora più indietro, oltre all'appoggio logistico, i baraccamenti e i rifugi, dovevano stare pronti i rincalzi, cioè le truppe destinate a subentrare agli effettivi messi fuori gioco.
Il movimento delle truppe incontrò spesso una barriera invalicabile nei reticolati propri e altrui.
L'armamento era necessariamente leggero, in parte solo individuale, come il fucile in dotazione, cui aggiungere la baionetta, le granate, le mazze. Tutte armi che prevedevano un corpo a corpo con il soldato nemico. Vi erano a disposizione batterie di mitragliatrici, mentre l'artiglieria pesante si dislocava in opportune zone di tiro, per coprire i movimenti di assalto o di ritirata.
I necessari collegamenti erano garantiti da linee telefoniche o telegrafiche. Messe queste fuori uso, si ricorreva all'invio di corrieri, cui consegnare appositi dispacci e messaggi. Gli errori o l'impossibilità di trasmettere ordini elevarono il costo di vite umane.
Nella trincea i soldati e i loro ufficiali dovevano scavare gli alloggi, i depositi di armi; organizzare un servizio infermieristico, turni di vigilanza; tenersi pronti a rintuzzare gli assalti; rifornirsi di cibo e di acqua.
Spesso scavate direttamente dai combattenti in momenti di emergenza, le trincee erano sottopo-
ste al rischio di malattie, per la carenza dell'igiene necessaria. I bombardamenti di artiglieria, che avevano modo di aggiustare il tiro, sconvolgevano facihnente la costruzione, costringendo a ritirate e a rientri sempre segnati da perdite di mezzi e persone.
Non erano rari i casi di ''fuoco amico", quando arrivava l'annuncio che una parte della trincea era già stata conquistata dal nemico; si sparava allora sa quella parte della propria trincea, senza sapere quanti commilitoni vi fossero ancora sopravvissuti.
La barriera dei reticolati era spesso insuperabile. 1 tentativi di usare cesoie, anche perfezionate, risultavano improbi: dalle vicine postazioni nemiche tiratori scelti (i <•cecchini,>) puntavano immediatamente il tiro su chi si accingeva all'operazione. Anche l'adozione delle bombarde puntate sulle difese di filo spinato, otteneva risultati parziali: queste spesso saltavano in aria ma poi ricadevano, fuse e aggrovigliate più o meno nello stesso posto, creando ostacoli imprevisti.
La trincea è stato anche il luogo in cui si sono utilizzate armi diverse, come lo Shrap11el (un proiettile che esplodeva a tempo poco sopra le teste dei soldati scaricando sfere di acciaio) e i gas letali.
La didascalia originale, TVi11w1 alla b,ise del Vodil , pennette di identificare la località in rni è in corso la costrnzio11e di 1111a trincea (o di u11 ca111111iname11to) : ai piedi del monte Vodice (i11 sloveno Vodil), a nord di Tolmino. Dalla primavera del '16 è luogo di scontri per la conquista del 11ici110 monte Merzli. Nell'immagine si vede come 11el fondovalle veniva costruita una trincea, colloca11do il materiale di scavo i11 appositi co11te11itori di vimini, cui veni11a110 aggiunti i sacchi di terra.
M. Giove - Il trincerone • Il Monte Giove fa parre del massiccio del Novegno a no rd di Schio. Si racconta che il trincerone che si vede nell'immag ine fu costruito dagli alpini in una sola notte di lavoro per garancire spostamenci protetti dal tiro nemico. Durante la Strqfexpedition, esattamente il 12 e 13 giugno, fu combattuta in qu esta zona una battaglia dec isiva: la resistenza opposta dalle postazioni italiane imp ed ì lo sfondame nto nella valle di Ars iero.
Reticolati austriaci - Podgora • I tre soldati italian i si fanno fotografare in un tratte di trincea nemica, certamente dopo un 'operazi o ne positi va che ne ha permesso la conquista . L'a vvenimento potrebbe essere datato all'inizio dell'agosto 1916, quando con la VI battagli a dell'Isonzo s'in iziò ]° offensiva che portò alla conq uista di Gorizia . Gl i ita liani vi e ntrarono il 9 agosto. In alro si vede un elmo ap peso, ma non è possibile riconoscere l'a r ma di ap partenen za.
Trinc c.:a o, fo rse, punto di osservazione sulla valle sottosta nte, non facilmente i<l enri fì cabile. Le abbondanti pietre di riporco fanno pensare a una zona car\ica che si affaccia sulla pianura: porrebbe esserè la conca dd lago di Doberdò . A <lrnra si riconosce un contenitore di vimini c.: una barriera di sacchi di te rra. A t1·~colla i so lda ti tengono la masc hera antigas nd l'apposita cus todia; vi stava scri tto: «Chi si leva la maschera muore. tenetela sempre con YOÌ •
Sembra essere un punto di osservazione co ll egato co n una trince a che corre lateralrneme. In alco appaiono uno spumon e di fer ro e pali di legno o alberi stroncat i, probabili segn i di un precedente bombardamento. Il soldato in pied i co n pas trano e be rretto è un so rrorene nte, proba bilmente l'ufficial e responsab il e del posto.
Ancora oldati in un al tro spazio de ll a trincea: sullo sfondo s'intravede un grande tendon e. In mezzo alla truppa si rro,·ano ufficiali di grado superiore e, elemento intere ..ance, si vede istallata sul cavalletto una cinepresa, inviata dal servizio cincfotografico del Comando Supremo. Prevedibile l'uso propagand istico dl'll'imma gine c he vorrebbe do cumen tare l'istallazione di un pezzo d'artiglieria, intuibile a dema.
Trincea al S. Marco • Si tratta della collina di San Marco a o r ie nte di Gorizia, non lontano da ova Gorica. Su ll o sfo ndo è visibile un edifìcio in buone condizio ni; potrebbe essere una chiesa se que ll o che s'intravede a destra è un campanile .Ap poggiato de ntro la tr in cea è visib il e un fucile, mod e ll o Carcano 91, dato in dotazione no rm alm ente a tutti i soldati . Non si cap isce cosa tenga in mano l'uo mo di sin istra, che ha u no strappo nei pantal on i.
Altr i fuci li e altro strap po, questa volta nel giubbotto pre sso l'asce lla destra. Nei pi cco li r icove ri i so lda ri si ritiravano per il periodo di riposo : si vedono spo rgere i pied i di uno d i loro. Oltre la tr in cea appare una macchia chiara, difficile da in terpre tare . Dietro i fucil i sono invece chia ramente visibili le pa le, sempre indispensab ili in trincea .
Lo scavo e la protezi o ne di sacc hi sono tip ici di una trincea . La mancanza di fi lo spinato e di arm i lascia intendere ch e si tratti piu ttosto di una postazione di retroguardi a, con funz ione , fo rse, di osse rvatorio. Le macch ie bianche po trebbero esse re res idui ghiacciati di una nevicata.
Trin cee antistanti Dob erdò • La lu nga bar ri era in muratura ha in alto delle specie di feritoie ad altezza del vo lto. Più vic ino ap pare una linea di sc avo, più larga e forse più profonda su lla parte des tra. Il celo bianco steso sul rialzo po trebbe alludere a una se poltura.
Lungo trin ce ran1 en to c he si perde fino a svanire su l do rs ale di fon do. So lo in primo piano si trovano d ei reticolat i. La funz io ne era probabilmente quella di un canuninamento creato a prote zi on e di guanti dovevano muovers i nelle du e di rez ion i. Non appare ndo nessuna persona, è di fficile calco lare esattame nte l'alt ezza del la dop pia bar ri era.
Reticolati a M. Sei Busi • Più vicino a chi guarda appare anc he un tracciato di trin cea . Ma l' impress ione è di un luogo o r mai abbando nato . Il monte Sei Busi era stat o inte ressa to a ripetuti sco ntri nel lu glio del 19 15 durante la seco nda battaglia dell ' Isonzo. Le trnppe itali ane era no riuscite a occupare una buo na stri sc ia di terra, co n l'intenzi one di sa lire più a nord all'attacco del monte San Michele, che allo ra , però, op po se resistenza .
La striscia, appa rentemente una pie traia, na sco nd e una lu nga ser ie di r icoveri, dove avevano all oggi ato i soldati. In alto è anc he visib il e u na barr iera d i fìl o spin ato . U na fo tog rafia scattata in ques ta situazi one vo le va senza dubbio documentare che i vinc ito ri do po aver conq uistato qu esto cerreno erano passa ti o ltre .
N umeroso g r up po della truppa ri preso in un mome nt o di riposo, anche se si pros petta qualche impegno . Forse si tratta di soldati di rinc al zo, raggiunti dalla notizia di un buo n risu ltato ottenuto dalle prime linee .
Piccola pattuglia di fant i con fuci li a tracolla. Pro bab il mente apparten gono a una trincea di seconda linea (v isibile a valle) e si tengono pron ti per un eventuale o rd ine di difesa .
La montagna
All'inizio delle operazioni militari tra Italia e Austria-Ungheria, il confine di oltre 600 km era segnato per tre quarti di estensione su montagne oltre i 1 .000 m, con alcuni crinali che superavano i 3.500.
Era in genere convenzione non attribuire all'alta montagna grande valore strategico: gli scontri e i guadagni territoriali si sarebbero dovuti svolgere piuttosto sul fondovalle con l'appoggio di postazioni difensive e offensive su livelli adatti alle manovre.
Pochi anni prima dell'iiùzio delle ostilità era però sorta una nuova teoria, formulata in termini tattici dal generale Kasimir von Lutgendorf, operante nel Sudtirolo. Egli attribuiva alla vetta una funzione fondamentale per cui, spiegava, non la si deve lasciare sguarnita e i,una volta conquistata, non va più abbandonata, finché non è passato il momento critico dell'attacco», senza ben specificare quale fosse questo momento
Anche in Italia c·era chi la pensava allo stesso modo. Da una parte e dalJ'altra si erano formati corpi specializzati di combattimento: gli alpini e i Kaiserjiige,:
Conseguentemente anche ad altezze elevate, furono dislocati soldati, costruiti baraccamenti, tracciate trincee, e nei due inverni 1915-16 e 1916-17, i più rigidi del conflitto, si videro salire pezzi di artiglieria di piccolo e medio calibro anche a quote elevate, dove mai erano stati istallati.
Lassù l'artiglieria, colpendo gli obiettivi, otteneva effetti anche più devastanti, soprattutto provocando schegge di rocce che cadendo si spargevano in un vasto raggio sul terreno sottostante.
Venne sperimentata una nuova potente arma d'attacco: dopo settimane di scavi in galleria venivano collocate cariche di dinamite sotto le postazioni nemiche. L'esplosione comandata a
distanza le faceva saltare, provocando insieme radicali cambiamenti al profilo fisico della montagna. Cosi avvenne, ad esempio, sul Col di Lana e sul Lagazuoi
La vita ad alta quota richiedeva particolari accorgimenti per la fornitura di cibo, di legna, di munizioni, di soccorso. Per facilitare i rapporti con il fondovalle vennero istallate un po' dovunque delle teleferiche.
Le abbondanti nevicate - raggiunsero altezze da 4 fino a 8 metri - permisero di scavare nel ghiaccio gallerie anche di una certa lunghezza (si ricorda quella di cinque chilometri sull'Adamello tra passo Garibaldi e passo Lobbia) utili per nascondere gli spostamenti ed evitare attacchi nemici
Ma il clima rigido in alta montagna si dimostrò essere il nemico più pericoloso, imprevedib ile nelle sue dimensioni e nella durata. Su certi punti d'altura, anche in quelli in cui meno era stato previsto, la temperanira scese a oltre 40° sotto zero, con conseguenze letali. I congelamenti portarono a morti e malattie croniche.
Inoltre lungo i ripidi versanti, soprattutto i più elevati, si scatenavano improvvise tempeste di neve: anche piccoli cambiamenti di temperatura provocavano slavine e valanghe. Una di grandi dimensioni si portò via da sola 300 soldati. La "guerra bianca" , come venne chiamata, fece molte più vittime di quelle provocate dagli scontri armaci.
Alpi110 di 11edetta s11 1111a 11alle dell'Adamello. n massiccio venne coperto da straordi11arie nevicate 11ei due inverni 1915-16 e 1916-17 con un manto alto fino a 8 metri e 1111a temperatura che scese i11 alcune notti sotto i -40°.
Tra tto de ll a teleferica che sali va al rifugio Garibaldi sull'Adamello. Car ica un soldato munito di casco e di tuta bianca. La comp lessa costruzione dell' impi anto fa pensa re all'enorme sfo rzo al qu ale dove ttero so ttopo rs i i genieri e gli altri militari (e proba bil mente altre persone non ap parte nenti all'ese rcito) . Sui carre lli e att raverso alt ri sostegni era possibil e trasportare armi, munizioni, vettovaglie, medicinali, legn a, non ché persone, soprattutto feriti .
Un g ru ppo di ci nq ue sold at i sul sen tiero che co ngi un ge la va ll e all e cime de l! ' Adam e ll o, dove gli alloggiamenti erano collocati all 'al titud ine di 3.200 111 . Tenendo conto d ella vege taz io ne vis ibi le nella fo to, l'i t ine rar io si doveva prolunga re parecchio. l tre sol dat i più in basso si avv iano a sce nd e re.
Il co lonnello Annibale Roffi riconosc iu to nel l'ufficiale, e un cappe Uano so no portati su sl itte trai na te dai cani . L'ambiente sembra essere anco ra il massiccio dell'Adamello, volutamente in q uadrato da l fotografo in un momento di sosta .
Qu i il cap pell ano viene acco mp ag nato più in alto, alq uan to sopra la se lla in c ui sono istallati i bara ccame nti, vis ibili sullo sfondo. Co n loro è sa lic o, natura lmente, anc he il fotografo .
Un gruppo fotog rafato in un momento di sosta . Al cencro un sol dato indossa la tuta bianca. Si riconoscono gli occhia li , che dovevano pro teggere gli occhi dal freddo e dal riverbero della neve. ln seconda fila un uomo della truppa si è messo in bocc a la pip a.
Al passo Brizio, nel complesso de ll 'Adamello, un assem brarnento numeroso su uno spiazzo vic ino ai ba ra ccamen ti, intu ib ili a sini stra. Al ce ntro si nota no, con croce su fascia bianca, gli addetti al serv izio sanitario, che scanno con tutta probab ilità assistend o dei ma lati. I muli, visibili in va ri punti, fanno pensare che si organizzerà un traspo rt o a va ll e.
Uaraccamemi sull'Adame llo, distribuit i in d ue blocchi dist inti, su ll a pr ima do rsale e sulla va ll e tta più avanti . Una coper tura è ancora incomple ta. Il numero de ll e cos truz ioni e que llo della truppa che s'intravede su ll a des tra fan no pensare alla volontà di cos titui re in ques ta posizione di alta quota un equipagg iamento d i lunga du rata e con suffic iente autonomia per un folto numero di so ldati .
Un'alrra visione pano ramica dei baraccame nti cos truit i sull'Adame llo. li fumo che cop re le baracche in primo piano è prodotto dai comigno li delle cucine e anche di q ualch e allogg iamento. Partico lar me nte difese dal freddo risu ltava no le ba racche con tetto a vo lta, dotate di una stru ttura meta lli ca in cui venivano inserite, in doppi a fila, tavo le di legno. In esse, anche senza l' accensione de ll e stufe, la tempera tura si stab ili zzava attorno a 0°.
Alt ro colpo d'occ hi o su l campo de ll 'Adam e llo visto da Punta Vene rocolo. In primo piano è po ssibile intuire lo spessore ra gg iunto dal man to nevoso; sull e ba racche sono be n visibili i com ig no li de lle stufe ut ilizza te pe r riscal dare l'a ll oggiamento de i sodati ; sulla pr ima vetta sale il sentiero verso le pos taz ioni , dove erano piazzati i pezzi di artiglie ri a e i pos ti di osse rva zione.
Suggestiva immagine di una galler ia scavata, a quanto sem bra nel ghiacc io, che sbocca su un pendio coperto di neve. Potrebbe esse re esattamente quella otten uta pro prio sul massiccio de ll 'Adamello, che si pro lun gava per cinq ue chi lometri sotto il manto nevoso .Veniva chiama ta "Galle r ia azzurra" e doveva essere percorsa con l'accompagn amento di una guida espe rca pe r po rer sup erare co n sic urezza alcuni tratti pe ri colos i.
Ora le imma gini si sposta no ve rso orience: qui si vede il mo nte Caurio l, nel momenco in cui viene sottoposto a bomba rda menti di artiglie ri a. Le zone bia nche ind icano tratti di gh iaccia i. In vetta l' altitudine ragg iun ge i 2.396 m. L'attacco qui documentato è quello che si realizz ò da parte del Battagl io ne Alpini Feltre dal 23 al 27 agosto 1916, che r iu scì a conquista re le postazioni austri ache .
Un gruppo di alpin i sa le ne ll a zona montana de l Pas ubio, ri conoscibile sull o sfondo. Caricano tucro il loro equipaggiamento : con il fuc ile e le muni zion i sono visibili anche la mas chera antigas nell'a ppos i ta custodia e la borraccia di legno chiamata Guglielminett i, da l nome del suo creatore.
Ne lla tr in cea scavata ne ll a neve e sistema ta di recente , come possono far pens are i bad ili in primo piano, arr iva il rancio : i solda ti sono pronti, gavetta in mano, a ricevere la propria porz ione.
Alp ini sc iacori (o skiator i, come i scr iveva allora) con la ru ta bianca, adat ta a mim e tizzarli nell'ambiente carico di ne ve . [Jro prio sul! ' Adamello, alpini in gr igioverde ave va no fatto una sortita per comp iere un attacco, ma su ll a neve furono be rsagli o ben visibile dal fuoco nenùco . Anche le gib erne sono cope rte da te la bianca. Sono dotat i di fuci le e zaino. Prob ab ilmente si stanno spos tando ve rso un a zona di comba tt imento.
Eccoli ora in movimento, con lo zaino ben vis ib ile. La vegeta zione circos tante lascia intendere che non si trovano a quoce molto elevate, come potrebbero esse re invece que ll e delle postaz ioni, alle quali sembrano indirizzati.
Verso Cor tina d'A m pezzo • Paesagg io sugges tivo, nei pressi del noto centro alpino. Immagine che potrebbe benissimo essere servita come cartolina per gli auguri di I arale. A causa del freddo il soldato protegge k man i so tto il pastrano. Suggestivo anche il vi lla ggio c he ~i inw isce sullo sfondo.
Nella stretta va ll e di montagna, dove il ruscello semb ra scorrere rego la rment e, un gra n num ero di persone si è messo a spala re per aprire il sentiero che sa le a quote pi ù alte. Ne ll a lu nga fìla al lavo ro non è inveros imi le pens are alla presenza di donne, le guaii, per esempio sui monti della Carnia, si rec avano sp esso a portare vivande e mun izion i agli uomini in armi sui crin ali del co nfin e.
La co lonna di militari, che ~ca sa lendo verso una locali tà difficile da identificare. fa una sosta in piedi. Forse il ragazzo accucciato in primo piano sta usando un radiotelegrafo per comunicare il punto raggiunto o per ri cevere eventuali o rdi ni dai co mandi. Sulle ~palle di molti dd grup po appare un carico abba,tanza pesante.
Una carovana di alp ini si sta mettendo in cammin o con i muli, non molto carichi. La partenza semb ra importan te se richiama la presenza di gruppi schierat i ad ass iste re . Una recente nev ica ta deve essere stata molto abbondante: intorno le baracch e rimaste q uasi se polte.
Le buone cond izi o ni atmosfe riche permetto no al piccolo g rupp o, di cu i poco è ri conoscib ile. di prendere la , ia de lla discesa . nonos tante qualche difficoltà nell 'aprirsi un , arco nella ne, e.
Due alpini in marcia dentro un crincerone di neve. Il primo è sicuramente fer it o. Del seco ndo, c he segue a brevissima distanza, si riesce a vedere solo il braccio destro.
No n è stato poss ibil e identifica re la loca lità rapp resentata in questa foto, pe raltro ric ca di partico lar i. Potrebbe trattars i dell'a lto Iso nzo . Luogo d i confìne, tracci ato in al to dalla barr ie ra di fil o spina to, è pro tett o poco sopra il ponte da un fort in o. l quattro so lda ti ne l greto del fiume stanno tenta ndo d i re cup erare un tronco caduto.
In ques ta zo na di montagna, che no n sem bra però di alta quota, sono ben vis ibili i fili dei co ll egamenti te le fonic i, che dovevano più a monte raggiunge re le varie posta zioni di prima e seconda linea. Su lla strada è in arrivo una lunga fila di ca rr iaggi, per riforn ire ve ttovagliamento e munizi oni.
Probabilmente pano rama di una valle trentina. Un momento di pausa c he il fotografo si è preso, in una stagione non più rigida, per rip osare gli occhi e la sciarsi dietro le impressioni legate al conflicco.
Un trincerone scavato tra du e fianchi di neve viene vigilato da un fa nt e, all e cu i spalle è visibile un rifugio molto approssimativo. Difficile individuare la zona montagnosa che fa da sfondo. Un'ipotesi potrebbe far pens are a q ualche sentiero di co ll egamento su ll'Altopiano de i Sette Com uni, in un'alt itud ine non eccess ivamente elevata . La stag ione è sicu ramente invernale, tene ndo conce che gli invern i in quegli ann i erano stati pa rtico lar mente rigidi.
La Strafexpedition
Nonostante il parere contrario del collega tedesco Falkenhayn,il capo del Comando Supremo austroungarico, Franz Conrad von Hotzendorf, decise di sferrare un attacco sul fronte trentino, sfondando in ahneno una delle valli. Invadendo la pianura veneta, si potevano accerchiare le forze italiane costringedole alla resa. Ottenuta una pace separata, sarebbe stato possibile affrontare in maniera efficace anche gli altri Paesi dell'Intesa.
Lo schieramento austroungarico ottenne notevoli rinforzi. Nella capitale austriaca l'opinione pubblica veniva convinta dell'importanza di piegare l'Italia e per dare enfasi all'esito decisivo della campagna militare venne attribuito il comando di un corpo d'Armata al principe ereditario, rarciduca Carlo.
La preparazione necessariamente lunga e il ritardo delle operazioni, dovuto all'impossibilità di far avanzare i mezzi dell'artiglieria nel prolungarsi dell'inverno, permisero all'Esercito italiano di raccogliere informazioni e di disporre gli avvistamenti opportuni.
In un primo momento, lo stesso Cadorna era incerto se si trattasse di un programma di attacco o di una manovra diversiva per sfondare sul fronte isonrino. Appena in tempo, risultò chiaro che si trattava di una campagna offensiva di enorme impatto, e furono ricercati i necessari rimedi.
Le operazioni iniziarono il 15 maggio; fino al 19 gli austriaci sottoposero a bombardamento continuo gli italiani dall'Adige alla Val d' Asrico e in Valsugana, riuscendo a occupare anche alcune loro postazioni.
In un secondo momento, dal 20 al 28 maggio, gli austriaci penetrarono in Val d'Astico fino a raggiungere lo sbocco di Arsiero e invasero parte dell'Altopiano di Asiago, da dove si allontanarono precipitosamente le popolazioni sfollate.
Dal 29 maggio al 10 giugno tutto l'Altopiano era sotto il controllo austriaco; i paesi erano ridotti a rovine.
In seguito e fino alla controffensiva italiana lo sforzo degli austriaci rimase concentrato ad aprirsi la via oltre Arsiero per dilagare nella pianura verso Feltre e Schio.
Ma il 16 giugno si mise in moto la controffensiva italiana che respinse gli attacchi e fece retrocedere le forze occupanti: le operazioni, incessanti e faticose, si prolungarono fino al 24 luglio.
Alla fine di luglio si dovette fare il conto delle perdite: l'offensiva e la controffensiva della Strafexpediton avevano provocato fra le truppe italiane circa 35.000 morti e 45.000 prigionieri.
Ma quei primi sette mesi del '16 cominciarono a far riflettere su tutti i militari messi in campo: erano in servizio all'inizio dell'anno circa 2.050.000; ne erano già morti in combattimento 56.680, in luogo di cura 5.000, fatti prigionieri 56.030, invalidi 85.588. Ma vi erano malati e altri feriti, per cui in totale circa 525 .000 erano indisponibili per le operazioni: un quarto dell'intera forza in armi. Si dovette ricorrere a nuove mobilitazioni.
Se i generali nemici temevano il preponderante numero dei soldati italiani, ora cominciava, da questa parte del fronte, a preoccupare il numero delle perdite in un periodo relativamente breve.
La joto potrebbe essere stata scattata dopo la rimonta delle forze italia11e che riuscì a ricacciare gli attsfro,mgarici nelle postazioni da wi aveva110 iniziato l'attacco. La forte presenza di bossoli al suolo e il terreno segnato da esplosio11i potrebbero esserne una prova. I tre militi sul luogo se111bra110 compiere un'ispezione i1iformale.
Serravalle - E.ffètti del Bombardamento ausr• • Serrava ll e nella Va l Lagarina, dove sc orre l'Adige, è stata il 16 maggio 19 16 uno dei primi obiettiv i della spedi zione punitiva, tena ce mente vo lu ta dal capo di Stato Maggiore Con rad Evidenti le devas taz ioni provo ca te, in un amb iente, ben vis ibil e sullo sfondo, da sempre ben conserva to e produttivo.
Asiago - Ro11in e - maggio 1916 • La d idasca li a orig in ale, q ues ta volta, non sem bra corr ispo nde re a ve r ità. lo sfon do delle montagne, la pre senza del so ldato, che sembra esse re esa ttame nte quello della foto precedente, indicano che ci ~i trova anco ra in V.11 Laga r ina .
La Val/arsa da Passo B11o[lej • Que sta valle, co n la Val Lagarina e la Valsugana, oltre che all' inizi o della guerra, fu d uramente coinvolta in tutte le o peraz ion i della cam pagna svoltasi tra la metà di magg io e quella di giugno del 1916 . I d ue so ld ati, che hanno oltrepassato il fi lo sp inato e si espo ngono a visionare l' in te ro panorama, scanno a significare che il per ico lo è pas sa to.
Pa es i distrntti in Val d 'A stico • Se in questa zona no n fosse stata op posta una val id a res istenza, le sorci della gue rr a per !' !cal ia po tevano essere be n peggiori . La de va staz ione in q uesto campo e ne ll a casa adiacente non lasc ia d ubbi sugl i scontr i interven uti .
Arsiero i11 fiamme • La cittadina, poco a nord di Schio, cosrimì il pumo più avanzato raggiumo dall'attacco aust roungar ico. La popo laz ione aveva dovuco pre nderi.: la via de ll a fuga, aggiungendosi alla lunga fila degl i sfollati dal \'icino Altopiano di Asiago.
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Dopo l' i<>ce n '° pm vocaro ad l\,si . ,. . . . in pied i so lo lo scheletro. No ero dai bon1bardamenci, del! immenso ed1fìc 10 de lla Ca r tiera Rossi nmase d . . nostante 1 e . J c., . 1· . . . . . l . vamente poco an n egg1at1. 1 101 te calore prodotto dal e 1w111ne, g 1 ed1fìc 1 v 1 c 1111 sembrano re at1-
Anche sul!' Altop iano, comp leta men to invaso da ll e forze aust roungar ic he, mo lt i caso lar i spa rsi nella zon a rurale ve nnero colp ic i Qui l'edifi c io, pres o di mira per la sua pos izione st rategica, d eve essere stato centra to in p ieno, considerando la demo li zione provoc ata
Alrre case co lp ite, in una zona parzialm ente cope rta di neve. Sotto i co lp i cedono fac il mente i tett i costru iti co n liste lli di leg no. Oltre i sacc hi in p rimo piano è visib ile un a barriera di reticolat i.
Vista dall'a lto anche questa contrada sembra pesanteme nte co lp ita : alc un i cett i sono sco mparsi, alt ri parz ialmente danneggiat i. Le finestre e le porte sembrano inesistenti . Tu tto fa pensa re che nessuno sia tornato ad abita re in queste case.
Cons iderando il ma teriale disordinatamente sparso in prim o piano e le case completamente o parzialmente lesio nate, è probabile che questa fotog rafi a d i Asiago sia stata sca ttato d urante la co ntroffe nsiva delle fo rze italiane per riprendere l'Altop iano .Vana la ri ce rc a di un p ur minimo seg no di vita tra le rov in e.
Il sotcotenente appoggiandos i ad un bastone semb ra vo ler usc ire daU'ammasso di mace ri e, dove sarà stato pe r cercare eventuali sop ravv issuti o per verificare che non vi siano corp i insepo lti .
li terreno brutalmente sconvolro, ha certamente subito un bombardamento a forte potenziale esplosivo. L'ufficia le che si è porta to sul fo ndo e gli altri due milita ri in piedi sull 'o rl o dell a vo rag in e sembrano esp rimere la de5olazione per il danno subito.
Carnia e Isonzo
Nelle prospettive iniziali delle operazioni militari italiane, sul fronte trentino si doveva mantenere un atteggiamento puramente difensivo mentre l'attacco alle forze austroungariche con relativo sfondamento doveva realizzarsi nella zona dell'Isonzo e del Carso. Le mete da raggiungere rimanevano le città di Lubiana e di Trieste.
1 primi assalti dovevano conseguire due teste di ponte sulla sinistra del fiume a Tolmino e Gorizia: gli esiti, però, non erano stati quelli desiderati. Nel 1915 si erano combattute le prime quattro battaglie dell'Isonzo, con la costituzione di una testa di ponte nei pressi di Plezzo. Un 'altra strategicamente più importante conquistata a Tolmino. fu bersaglio in seguito di continui bombardamenti che provocarono numerose vittime senza ottenere nessun vantaggio da una parte o daB'altra. Attorno a Gorizia i tentativi d'impadronirsi dei monti Sei Busi e San Michele furono subito respinti con gravissime perdite da una parte e dall'altra.
Dal 9 al 15 marzo 1916, in seguito agli accordi stretti nella Conferenza interalleata di Chantilly, del dicembre precedente, furono disposte manovre di forza sul Carso, sul fronte di Gorizia e nuovamente sulla testa di ponte di Tolmino. Ma non erano previste conquiste di particolare rilievo, ci si doveva anzi accontentare di tenere impegnato il nemico con azioni dimostrative.
Per rinforzare le difese sul fronte trentino, poderosi contingenti di truppe, di quadrupedi, di armi e vettovagliamenti furono spostati nelle province di Padova e Vicenza per respingere l'attacco sferrato dagli austroungarici.
Dopo la conquista di Gorizia, si tornò a combattere, ma La settima e ottava battaglia dell'Isonzo riuscirono soltanto a conquistare alcune trin-
cee presso Merna. Un'azione presso Doberdò, a nord di Monfalcone, dopo un'effimera avanzata, si concluse con un ripiegamento sui luoghi di partenza.
Per un certo periodo di tempo. i soldati e gli ufficiali che ai primi di agosto avevano conqtùstato Gorizia riuscirono a far sorgere un certo ottimismo tra la popolazione e in mezzo alle truppe dislocate sui vari fronti. Si era diffusa anche la voce che la pace sarebbe stata ormai prossima. Ben presto, però, subentrò una sfiducia e anche uno spirito di rivolta: le gravissime perdite - morti, feriti e prigionieri -, soprattutto le numerose vittime cadute in attacchi giudicati troppo avventati, demoralizzarono i combattenti che si sentivano traditi dagli stessi loro comandanti.
Anche dai campi di battaglia del fronte orientale e occidentale europei arrivavano notizie di stragi che non ottenevano alcun risultato.
Sempre più il territorio circostante alle azioni belliche si riempiva di rovine: interi paesi e città dovevano essere abbandonati dagli abitanti, costretti a fuggire verso mete sconosciute, terrorizzati dal pensiero di quanto poteva succedere alle loro case e ai campi, durante la loro assenza.
Piccolo plotone, probabilmente in ,m giro di perlustrazione, presso un piccolo laghetto 11011 ide11tij1cato. Non è dato sapere se i soldati siano di stanza nell'edijicio che si tro,,a vicino al pontile e usino per scopi di ossen}(ltorio militare anche le due casette sull'acqua. Le ca1111e lawstri stanno a indicare 1111a altitudine non elevata della località.
In Carnia - reticolati • In q ue sto fondovalle sono visibil i dei cavalli di Fris ia con reticolati . Dall'al tro fianco dell a va ll e appa iono le tende di un accampamento e, in basso, alc uni depos iti co n mate ri ale va rio. Dove la barr iera è più fitta sono presenti uno o più pe rsone. Non è stato poss ibile identific are il luogo dove furono istalla te queste st rutture p rovv isor ie.
Anche q ues ta immag in e è rim as ta mister iosa : in un ambiente abbastanza desolato, con una vegetazione bru lla, le cende montate al di là dei ret ico lati , che iJ fo tografo non ha pocuco sup erare.
Sella Nevea - Baraccamen[ti] • La località d i montagn a che si trova a pochi chilometri dal passo di Ta r vis io era integ rata nelle strutture difensive del fronte della Carnia . La foto, dove si vedono uomini al lavoro, presenta una se ri e di tettoie des tina re a depos iti di materia le per le pri me linee, abbas tanza lontane. La bianche ria stesa ad asciugare tes timonia che i so ld ati vi risiedevano regola r mente .
Parco buoi in. mal'Cia (Carnia) • Sul telo dell'autoca rro si legge << 2° Au to parco 2 157» . I bovini accomp agnati in fila sono des tinat i a ll a mace!Jazione , per l'alimentazione d ei soldati. In seguito il te r mine "parco buoi" diventerà un modo d i d ire con va le nza dispregiativa.
Colonna rijòniimento presso Caporetto • La colonna di carr iaggi si trova non molto lontano da Plezzo, avviata a dare rifornimento di generi alim en tari e, probabilmente, di muni zioni e altro mate ri ale al pe rsona le che si trovava nelle prime linee del fronte . La stagione invernale deve essere particolarmente rigida se si considerano gli indumenti pesami e le mani tenute ben protette degli uomini che aprono la carovana.
Caporetto • I rifornimenti arr ivano a Caporetto, cope rta da un legge ro strato di neve . La cittadina è in mano icaliana e in primo piano si vedono i binar i della decauville (ferrovia a sca rtame nto rid otto) c he ve rrà ter minata in tempi rap idi pe r ga ranc ire in seguito i tri,port i di truppa e de i necessa r i rifornim enti: durante il 19 ·16 fu infacc i concluso il co llegame nto ferroviario con C ividale del Friuli.
Caporetto - Strada e ponte per Drezenca • Il << ponte di Napoleone», come è stato anche ch iamato, sostiene un binario della decauv ille, arrivata q ui al suo capo li nea . Sopra l' imboccamra al termine della strada è vis ibi le un carab iniere . Il luogo, ai piedi de l Monte Nero era stato conqu istato il 16 giugno del 19 15 dal 3° reggimento alp ini al comando del co lonnello Donato Elia.
Ponte per Temova • Loca licà che si trova a sei ch ilo met ri di di scanz a a n o rd di Capo re tco, sull' alc o Iso nzo . Al di là del pon ce sono vis ibili sol dat i ical iani con cava lli , de i q uali uno ca ri ca du e bott i, p rob abil men te utilizza re pe r il riforn imento d'acqua . Gli edific i ap paiono in perfette co nd izio ni.
Pro ba bile tronco ferrov iario cos truito a se rviz io dell 'eserc ito. Non è sta to poss ibile ri conosce re la lo caliz zazione. Nel caso si t rattasse di un tro nco della caudc11il/e che collegava Caporetto a C ividale, si po trebbe pensare all a va ll e del Natisone. È utile ri cordare che la fer rov ia venne uc il izzata dopo la guerra anche per trasporto passeggeri e merci fìno agli ini zi degli anni '30.
11 tra cco di caudeville, visib il mente sconnesso, semb ra anco ra uti lizza bile per quan to è da to in tuire dal carrello su cui si trovano sed uti due so lda ti. Anche il caotico accampamento sullo sfondo è frequentato da numerosi so ldat i. La zona è tipicamente cars ica, diff1c il111 ence r iconoscibile.
Camminamenti verso Tolmino • La cittad ina di To lmino assunse partico lare valore strategico per la campagna di sfondame nto prev isto fin dall' inizio delle operazioni. Qu i si doveva cost it uire una pr ima tes ta di ponte per le amb iziose conquiste che doveva po rta re l'ese rcito ita liano fino a Lub iana . La foto sca ttata documenta implic itament e la scarsa occupaz ione rea li zzata.
L'Isonzo 11erso Tolmino • Si tra tta di una t ipica foto scattata a chi si me rce in posa per l'occa sione, carica pe rò di valore simbolico. L'alp ino sc ru ta il paesagg io c he si alla rga ne l fon do va lle dove sc orre il fiume e sale (a sini stra) verso il monte Merzl i, tutt i ob ie tt iv i e ostacoli da superare da par te delle forze italiane. Il luogo dove si trova il so ldato appare come un att re zzat o punto di osse rvaz ione .
Trincea austriaca dal 1\lferzli • Prendendo alla le ttera la didasca lia original e, si potrebbe intendere che le ba rr ie re austriache sono q uell e intu ibili sul pendio c he si trova di fronte; in pr imo piano si presentereb be all ora la trincea ital iana , sup era ta per un attacco po rtato felicemente a re nnine.
L ' Ison zo (dal Merzli) • Il monte Merzli ha cos tiru ico un punto chiave della difesa austroungarica, diventando il più cruento campo di baccaglia nell'alta va lle de ll' Isonzo . Lo scatto documenta che gli italian i se ne sono impossessat i, come è dato da comprendere anche dagli e lmetti che appa iono a sinis tra all 'interno della trincea.
Nel fondova lle dell' Isonzo è rico nosc ib ile un deposito di materi ale, collo ca to in gran parte so tto la tetto ia vis ibile al te r mine del canuniname nto. In prim o piano si trovano gli allo ggiame nti pe r le gua rdi e di custo di a. In curi o isce il so ldato in maniche di cami cia sulla des tra : fo rse si sca so ccopon e nd o a una visita medica all 'ape rto .
Due pos tazi o ni ge me Ue appoggiate all a roccia. I sacchi colloc ati in buon ordine e altro materi al e visibile in primo piano fanno pensa re a depositi in pro ss imità de lle linee di combattimenco. Curiose le tabel le co ll ocate al vertice del palo sul pi edesta llo a sca lin i, forse frecce indicat ri ci.
Jl ponce fe rrov iario su l Vipacco (in slove no Vipava) a Rubbia, poco a sud di Go r izia . Evi denti i danni sub it i e insieme l'avvio della ricos tr uz ione co n l'impalcatura, co llegata in basso con la spo nda destra del fiume.
Una Dolina carsica • Dida scal ia di sapo re eufemistico. È, infatt i, ben visibile c he le nume rose croci piazza te in mezzo ai piccoli ri tagli di terreno segnano al trectanri sepolc r i d i vitt ime de i rec enti scont ri a fuoco. Anche i r icove ri bass i ricavati nella parte superiore fanno pensare a locu li , pronti per esse re ut il izzaci anc he in futu ro.
.Albania e Salonicco
L'Albania era stata dichiarata Stato indipendente nel 1912,ma fu coinvolta ben presto nelle vicende belliche, da parte dell" Intesa.
Il 30 ottobre 1914 fu inviata nel Paese una missione sanitaria italiana, cui fece seguito in dicembre la spedizione dell'XI Reggimento Bersaglieri, che s'istallò nella città portuale di Valona.
Nel patto di Londra (26 aprile 1915) era garantita all'Italia piena sovranità sulla città di Valona e sull'isola di Saseno, con «un territorio sufficientemente esteso per assicurare la difesa di questi punti•>. Il resto sarebbe divenuto Stato autonomo neutralizzato, sotto protettorato italiano. La proclamazione dell'indipendenza albanese sotto protettorato italiano sarà proclamata nel giugno 1917 .
L'Italia venne subito coinvolta tra dicembre 1915 e gennaio 1916 nel soccorso ai soldati serbi, decisi a fuggire dopo la sconfitta subita nell'ottobre precedente. Questi, assieme a 50.000 prigionieri austriaci, si misero in marcia verso l'Albania sperando di poter trovare rifugio in qualche Paese ospita le . Erano in totale circa 260.000, ma non tutti riuscirono a raggiungere le coste albanesi. La Marina italiana raccolse e trasferì i superstiti nella vicina isola di Corfiì, aU'Asinara, a Marsiglia, a Biserta.
Nel maggio 1916 viene spedito il XVJ corpo d'armata italiano in Albania, costituito da 100.000 uomini, che allarga l'occupa zi one anche ai laghi d'Ocr ida e di Prespa, sul confine con la Grecia .
Nell'arca dei Balcani, l'entrata in guerra della Bulgaria a lato degli Imperi centrali aveva permesso la sconfitta della Serbia, l'arrivo delle truppe occupanti a Be lgrado il 9 ottobre 1915 e la conseguente dispe rsione d ell'esercito serbo.
Anche la R omania, che dopo un periodo di
neutralità, il 17 agosto 1916 aveva dichiarato la sua disponibilità ad allearsi con l'Intesa, il successivo 27 dichiara guerra all'Austria - Ungheria. L'immediata reazione degli Imperi centrali si conclude il 6 dicembre con la presa di Bucarest.
Ormai viene percepito, non solo a livello di governi e di comandi militari che la guerra deve essere gestita contemporaneamente su fronti diversi. L'allargamento a nuovi conflitti locali costringeva a un coordinamento sempre più intenso delle iniziative militari. D'altra parte l'imponente produzione di armi minacciava distruzioni sempre più devastanti, che dal fronte di combattimento si allargavano alle città, ai trasporti per terra e per mare .
Anche paesi estranei al conflitto finivano per essere coinvolti. Successe, ad esempio, alla Grecia, rimasta neutrale fino al 27 giugno 1917, che dovette cedere alla richiesta dell'Intesa di aprire i suoi porti (in particolare Salonicco) per accogliere già nel novembre 1915 un corpo di spedizione anglo-francese inviato a soccorrere, senza esito, la Serbia. Gli 80.000 uomini inviati dovettero presto ripiegare sulla città portuale.
Ritenuta importante la permanen z a di forze nell'area, l' I talia, pur pesantemente impegnata sul Carso, dovette spedire da Taranto un contingente di 44 000 sodati.
L'apparente atteggiamento di nonchalance dei due militi seduti sul muretto è motivato dalla co,wersazio11e che stmmo i11treccia11do con 1111 terzo uomo, di cui si vedono sofo le gambe. nfotografo 11011 se n'è curato per poter invece spostare / 1inq11adrat11ra s11l bel panorama. Si tratta co11 tutta probabilità della città di Valo11a, Albania, sotto protettorato italiano.
del po rto di Valona . Qu i sbarca ro no i numerosi soldat i italiani e da qui la ma rin a mil ita re riuscì a portare in salvo l'ese rcito se rbo in fu ga dopo la sconfit ta subita nell'ottobre 191 5 dalle forz e austrounga ri che.
In primo piano una sfila ta di sol dati, all 'apparenza privi di armi, con il cara tterist ico copricapo albanese. Sulla via, affo ll ata da persone di ogni età, in combono le rovine di un g randioso cas tello; ben visibile anche un minareto. Si tratta di un a città all' in terno dcll'.Albania sotto occupa zione italiana, forse Tepcle ni.
Immagine mo lto si mi le alla precedente, forse ripresa ne ll a parte alca de ll a stessa via. Soldati italia ni, sulla destra, si mescolano tranquillamente alla gente, anc he qui var iamence rappresentata. Il ragazzo in primo piano con il cara tter is tico berretto è un lustrasca r pe.
Suggestiva inquad ratura di Salonicco con l' imponente Beas k11lè, la To rre bianca c he si affaccia sul po rro. Singolare la presenza di un'auto di lusso al bo rdo de l mare . Felice e beneauguranre la ve la sp iegata del pescatore in primo piano. Alcun i so ldati ita li ani si incamminano verso il pont ile.
Famosa inquad ratura del v iale princip ale d i Salo ni cco che dà su l porto. Viene documenraco uno d egli sbarc hi delle fo rze militari italia ne in viate in so cco rso delle trup pe all cace nella città greca. Saranno po i or ienta ce a prendere po siz ion e più a nord .
L'antica im pronta romana a Salonicco è manifes raca anc he dal monumentale arco d i Gale ri o. La popolazione frequentava regola r mente le strade e non aveva motivo di preoccupazione. La Grecia non era infatti coinvolta nel conflitto.
Gorizia
Dopo aver respinto le forze austroungariche dalle zone occupate durante la Strafexpeditio11, circa 300.000 uonùni vennero ricondotti sul fronte dclrlsonzo, cercando di mantenere la manovra nascosta al nemico, nell'intento di preparare un'azione di sorpresa.
Qui la situazione non era rimasta del tutto statica: la IV divisione era riuscita ad avanzare verso la cima del monte Sabotino, a nordest di Gorizia e i genied lavorarono rapidamente alla costruzione di gaJlerie a ridosso delle postazioni austroungariche.
I monti attorno alla cictà rimanevano però tutti in mano nemica. O San Michele, a sudovest, era stato teatro di attacchi particolarmente odiosi. Durante l'estate, alcuni rincalzi italiani. dislocati alla base dell'altura erano stati colpiti dai "barilotti", piccole botti riempite di esplosivo, che penetrando nei ricoveri scoppiavano e scatenavano incendi. li 29 giugno venne attuato un attacco con il gas (il fosgene) che colpì a morte 3.000 soldati italiaui.
Una prima iniziativa d'attacco fu tentata nei pressi di Monfalcone sulle colline a est della Rocca, bloccata però dall'emissione di gas letali.
Per preparare meglio la campagna, si era provveduto anche a una serie di ricognizioni aeree che permisero di avere subito il quadro di tutte le postazioni nemiche.
Le vere operazioni furono scatenate il 6 agosto sulle alture del Pogdora e del Sabotino, dove in una quarantina di minuti fu raggiunta la vetta, esaltando il re Vittorio Emanuele III che seguiva l'azione dalle retrovie.
Contemporaneamente iniziava anche l'attacco al Monte San Michele che riuscì a mettere in fuga i soldati austroungarici, permettendo di
impadronirsi delle loro postazioni collocate sulle quattro cime; altre unità affrontarono e presero il controllo di alcuni trinceramenti nella zona di San Martino.
npomeriggio dell'8 agosto la sinistra delrlsonzo era tutta in mano italiana fino a Tolrnino.
A ovest vennero occupate le difese di Oslavia e quelle sul cocuzzolo di quota 206 sovrastante il Grafenberg.
Nonostante che i ponti fossero stati danneggiati, la cavalleria, i bersaglieri ciclisti e i genieri riuscirono a passare il fiume. Alla fine, il mattino del 9 agosto le truppe italiane entrarono in Gorizia.
Dopo gli scontri venne raccolto anche w1 notevole bottino di guerra: 30 cannoni, di cui 7 di medio calibro, 63 lanciabombe, 92 mitragliatrici, oltre 12.000 fucili, 3.000 colpi di artiglieria, con 190 cofani di munizioni, 5 milioni di cartucce, 60.000 bombe e altro materiale.
Quella di Gorizia fu l'unica vera vittoria di Cadorna: senza aver ottenuto altri rilevanti successi, sarà infatti sostituito 1'8 novembre 1917, poco dopo la disfatta di Caporetto. Lo si accusava di mandare allo sbaraglio la truppa, senza studiare manovre alternative o particolari accorgimenti strategici che evitassero i massacri.
Il bilancio della battaglia di Gorizia ne costituisce una prova incontrovertibile. Dal 6 al t 7 agosto gli italiani persero 51.282 soldati e 1.759 ufficiali contro i 41.835 e 807 dell'esercito avversario.
Zoua tipica111e11te carsica. Sembra essere un'area di depositi di materiale mi/e per le linee a11anzate. I pochi 110111i11i presenti sono rimasti a custodia. La prima liuea è lontana.
I soldaci portano a tracolla il loro fucile. Di fronte sono visibili i ricoveri di una trincea deserta. Potrebbe significare l'esito di una conquista. Il muraglione più vicino è stato sbrecciato. Meglio stare all'erta.
Baraccamenti nel Carso goriziano. I soldati attorno al tavolo sembrano intenti a lavori di cipo arcigianale. l cavi telefonici in primo piano stanno ad indicare che anche questa postazione è collegata con il comando delle operazioni.
Truppa di rincalzo pronta ad entrare in azione. Oltre ai fucili sono visibili le maschere antigas . la pala e altra terramenta utile per rimuovere il terreno . La botte deve contenere l'acqua potabile. SuJJo sfondo sono visibili terrazzamenti diversi di trinceramento.
La truppa si è già allineata a ridosso de l muretto, pronta a rispondere a un eventuale attacco proveniente da lla cima de ll a coll ina. La zona man ifesta segru di precedenti bombardamenti. Sono ben visibili le maschere antigas . In pr imo piano un uffic iale arr iva con il suo attendente.
n Nnd Logem • Situato a nord del Vallone di Gorizia, costituiva un'importante linea di sbarramento delle forze austroungariche. Il 12 agosto 1916 la Brigata Lombardia risalì raltura e ne occupò il presidio. Divenne postazione di artiglieria e sede di comandi; alle pendici forano allestiti magazzini e servizi logistici e un cimitero.
Una strada, mascherata con appositi tendonj di materiale leggero. Evidente lo scopo ru tener nascosti ai punti di osservazione nemici o a eventuali ricognizioni aeree, mezzi in transito, o solamente parcheggiati.
Sul S. Michele dopo la battaglia - Agosto 1916 • Si allude certarncne alla cruenta battaglia che portò alla conqu ista del le quattro cime del monte da parte delle fo rze italiane. Nella foto . evide ntemente mossa, si vede il cadavere di un soldato d i cui non sembra riconoscibile la nazionalità . Al tri soldati stan no apparendo in alto.
Come si può leggere chiaramente sulla facciata della ca~a si tratta di una strada di Fogliano (oggi Fogliano Redipuglia). L'autocarro è carico di truppa. La polvere sollevata sulla strada a sinistra, che lascia intravedere due uomini. fa pensare che altri autocarri siano già passati: può trattarsi di una colonna forse inviata a combattere verso il monte San Michele.
Vermegliano - Sbarramenti sulla strada per Salz • Probabile luo go di controllo di tutti i mezzi di passaggio. Qualche segno di bombardamento si vede sulla casa di sinistra, mentre all'ingresso di quella a descra appare una persona seduta . f soldati portano anche la loro borraccia.
Savog11a - La chiesa • Tra il monte San Michele e Gorizia, Savogna fu duramente colpita dagli scontri bellici. Nella foto, non unica riguardante la distruzione della chiesa, è ben visibile l'elegante costruzione del presbiterio, dove sembrano rimaste intatte le due statue principali. In primo piano a destra si intravede una figura umana.
Sagrado - il nuovo ponte • TI vecchio pon te di Sagrado era stato distrutto dall'Isonzo e poi ricostruito. Il 23 maggio 1915 fu danneggiato dagli austroung:irici per fermare le eruppe italiane, e poi risis tema to . Nello foto sono visibili 1e carrozze, trainate da cavalli, che t ransita no normalmente.
Sa,(!rado - Ro11ine • Soldati italiani prendono visione della situazione. I danni sono evidenti . anche se qualcuno ha già provveduto a ripulire le strade.
la chiesa totalmente distrutta è que lla di Lucinico. quasi del tutto irriconoscibile. Già all"alba del 24 maggio 1915 un fragoroso crollo della seicentesca torre campanaria era stato provocato dagli amtriaci per evitare che l' esercito italiano se ne potesse servire come osservatorio.
Anche qu este rov in e sembrano fa r parte d i Lucinico do po gli scontri . Sullo sfon do la strada ap pare per u n tratto masc herata .
Altri edi fici dis trut ti, non necessa riamente di Luc inico. I so lda ti italian i si muovono sicuri ne i loro movimenti, come occup an ti ce rt i, alme no per il momento, d i aver con cl uso u na ba ttag lia vittoriosa .
Se i bin ar i sembrano poco dan ne gg iati, r isul tano invece del tu tto distru tti gli ed ifici de ll a stazione fe rrov iaria di Rubb ia
Le rotaie sulla li nea ferrov iarie si presentano les ionate e inserv ib ili, forse sost ituite da un provvisorio tratto a scarcame nto ridotto. La loca lità è pross ima al sottopasso Baruzzi; su ll o sfo ndo è vis ibil e la città di Gorizia.
Il sotrnpasso prende il nome da Aurel io Baruzzi, il primo soldato itali ano ad entrare a Gorizia il 9 agosto 19 16.
Lavo r i attorno al ponte sul canale Rittcr a Gor izia. Pur vedendo impiegata numerosa trup pa non è ben comprensibile quale sia l' att ività svolta .
L' i mponente costruz io ne del Seminari o minore de ll' arc idiocesi d i Go ri zia. Durante la Grande Guerra l' ed ificio venne ad ibito p r ima dagl i aust ri ac i e po i dag li ita li an i a ospedale mil icare .
Una camminame nto ne i pressi dell'os peda le mi litare . Sulla scalecca di fondo, sta nn o ri salendo due so ldati itali ani; il più visib ile ti ene in mano la masc hera antigas .
Gorizia - Sottopassaggio di • Il punco te r minale della linea ferrov iaria aus criaca di guerra a Cas tagnevi zza .
visibile la galle ri a- depos ito di arm i e munizioni . La fo to mos tra l'o ccupazione da parte degli italia ni.
Gorizia - Veduta della città • Altra visio ne pano ramica de ll a città . Su llo sfondo a des tra si vede il mo nte Calvario. A sinistra si sco rgono i campanili dell a chiesa di Sa nt ' lg nazio . Un tetto de ll e case in pri mo pi ano mostra qualche dan no .
Entrata a Piazza della Viccoria. In alto è ben visibile il cas ccUo pure duramente colpi to : po rta infatt i i segni del bom bardamento austriaco del se ttembre 19 16. All'ingresso della piazza si vedono due ba rri ere mobili di filo spina to .
Gorizia - Una chiesa • Si tra tta del tem pi o c he si trova ne ll 'a ttuale via Diaz. Il temp io era stato edificato nel 1864 e serviva una comunità tedesca di rel igione lute rana, che si era stab ilita nella città per lavorare in un'impresa pu re di or igin e tedesca . N el 1922, in seguito all a chi usura della fabbrica, austriaci e tedesch i torna rono alle loro terre . Ogg i vi si trova una comunità me todi sta ep isco pale .
S. Grado di Merna • San Grado di Merna (in slove no l'vfiren) è ora un comune della Slovenia, sul mon te Grado dove si trova il sant uari o omo nim o, oggi pe1fettam enre ricos truito. Atto rno alla ch iesa si svolse ro aspri sc ontr i dura nte la VII battagli a dell'Isonzo (14 - 18 set tembre 1916)
Loquizza - Truppe di rincalzo - agosto 1916 • La data fa riferimento al periodo imm edi atamente successivo alla p resa del monte San Miche le. A Loq ui zza erano ar ri va ti alc u ni so lda ti dal Vall one . Fin o alla ri tirata di Caporc tro, fu zo na de ll e re trovie ita li ane .
Piedi monte del monte Calvario, do po la conquis ta italiana . Nell'insegna sc ritta su ll 'edi fi cio di des tra si legge 1ixovina, cioè negozio di alcolici .
Ufficiali e personalità
La Raccolta Darra non presta molta attenzione alle autorità responsabili della guerra. mentre è interessata alle vicende del soldato semplice e degli ufficiali inferiori, che condividevano la giornata con la truppa.
Vi si trovano solo alcune immagini di personalità in visita ai luoghi delle battaglie, in occasione di particolari circostanze.
Una foto documenta la visita del generale Nivelle, capo dello Stato Maggiore dell'esercito francese, al fronte italiano, dove s'incontra con il collega italiano Cadorna. I due, per scatenare l' offensiva sui trinceramenti nemici,condividevano la tattica dell'attacco progressivo per sbloccare la situazione di logoramento: l'artiglieria doveva aprire il fuoco contro gli sbarramenti più vicini e poi alzare progressivamente il tiro per coprire l'avanzamento coordinato deUa fanteria.
Nelle prime campagne sul fronte occidentale europeo la tattica funzionò. Ben presto, però, quando bastò rinforzare le artiglierie difensive per contrastare l'avanzata, apparve tutta l'assurdità di mandare all'assalto un'enorme massa di soldati che :finivano massacrati dagli interventi nemici, senza ottenere concreti risultati Fu messo in discussione il metodo di combattimento e Nivelle fu esonerato. Per lo stesso motivo lo sarà anche Cadorna.
Appare in questa modesta galleria di foto anche Gabriele D'Annunzio, il poeta scrittore che si presentò volontario per combattere come aviatore. Aveva aderito all'Associazione Nazionalista Italiana di Corradini, e durante il 1914 in numerose città sostenne fortemente la necessità dell'intervento.
Dichiarata la guerra, visitò i combattenti invitandoli ad affrontare con coraggio il pericolo.
Personaggio quasi coetaneo, pure decisan1en-
te schierato in favore dell'intervenco fu il padre barnabita Giovanni Semeria, all'inizio del conflitto cappe!Jano per alcuni mesi del Comando Supremo. Egli ammitava Cadorna e ne appoggiava completamente le idee. Di Cadorna eraritenuto, non senza malignità, il padre spirituale.
Persona colta e attenta alle vicende politiche, collaborò con Agostino Gemelli nella fondazione dell'Università Cattolica a Milano. Durante il 1916 attraversò un periodo di dolorosa depressione. Uscitone, visitava i soldati in arrni, predicando loro la necessità della guerra giusta e s:mta.
Fra gli ufficiali erano annoverati anche i cappellani militari, che servivano con la loro presenza le truppe sul campo o nelle retrovie.
Tutt'altra presenza fu quella degli ufficiali inferiori, che condivisero con le truppe i patimenti, l'isolamento, le ferite e le morti.
La 11LS1ta in Italia del generale comandante in capo dell'esercito francese Robert Georges Nivelle è databile all'inizio difebbraio 1917.Al centro dellafoto incontra gli alti gradi dell'esercito italiano: il capo di Stato maggiore Luigi Cadorna, il geuerale Carlo Porro e il duca d'Aosta, E111a11uele Filiberto di Savoia. Siccome quest'ultimo co111a11dava la m annata schierata sul fronte si può supporre che l'incontro si sia s11 olto nelle vici11a11ze del fronte isontitw.
Sono presenti nella trin cea innevata, oltre a qu egli italian i, uffi ciali francesi e in gles i, non identificati. Nemmeno è possibile con oscere il luogo dove è stat a sc attata la foto grafia
Questa foro, c he fa parte della collez ione Darra, è que lla che più si allontana dall' anno 1916 .
Documenta, infatti, un incontro di ufficia li tenutosi nel vicentino nel 1918 per accoglie re e asco ltare Gabriele D'Annunz io, già al culmine de ll a sua fama .
La lv1essa al campo • Anch e i cappe llani dell 'esercito ha nno tito lo di ufficia li. Sono presenti nelle v1c111anz e del fronte e nelle loc alità di rin ca lzo. Q ui il ca pp ellano celeb ra la messa in suffra gio dei Granatie ri di Sardegna cad uti in battagl ia, probab ilme nte attorno al 18 settembre 191 6, giorno in c ui al R egg im ento fu concesso un pe riodo di riposo, do po le battaglie sul monte Ceng io e attorno a Goriz ia.
Padre Semeri a parla alla truppa • Tra i prese nti all a ce r imonia si trova anche il pad re barnab ita Giovanni Serneria, già cap pellano mili tare al Comando Sup remo.Amico d i Cadorna , ne con di vise all' inizio tutte le idee. Oratore di grande capac ità persuas iva, incoraggiava i soldat i al com ba ttimento. Già all a data del!' evento fotografato, dopo :wer passa to un per iodo di fo r te de press ione, si ded icava a opere di carità .
Ufficiali di alto grado interrogano un prigioni ero cattu rato, probab ilme nt e un graduato di un cerco livello. L'ambiente potre bb e essere que ll o dell'Adame ll o.
Esistevano naturalmente anche ufficial i infer iori come il tenente ben ritto in pied i, che assiste alla ri mozione dei detri ti provocati dalla distruzione di questa casa . Condiv isero sempre l'esperienza dei soldat i setnplici loro affidati, spesso anche la sorte della caduta in combattimento.
L'Artiglieria
Per ridurre il costo di vite umane sul fronte di guerra e migliorare le condizioni per un esito favorevole, le autorità politiche e militari decisero di potenziare la produzione deglì armamenti, cercando di ridurne l'importazione. Ormai inserita nell'ingranaggio delle alleanze, l'Italia doveva prepararsi a un conflitto ben più lungo del previsto.
Rimaneva il problema delle materie prime, tradizionalmente scarse all'interno del Paese. Si aumentarono perciò tutte le importazioru dei minerali e dei metalli necessari alle industrie. Dall' estero nel 1916 arrivarono, ad esempio, 302.000 tonnellate di ghisa, contro le 240 .000 dell'anno precedente; contro le 64.000 tonnellate di semilavorati e di acciaio grezzo del 1915, ne furono importate 26.000 di semilavorati e 1.134.000 di ferro e acciaio di prima lavorazione.
Contemporaneamente quasi tutta l'industria nazionale , direttamente o indirettamente, si trasformava in industria di guerra. Ormai si percepiva che si combatteva una guerra totale, nella quale tutti venivano coinvolti . Ogni settore produttivo, e conseguentemente di consumo, ne era trascinato e ridimensionato .
Gli stabilimenti destinati a produrre materiale bellico di proprietà dello Stato passarono da 28 a 66 e potevano occupare oltre 34 .000 operai. di cui 12.500 donne. Più ancora aumentarono gli stabilimenti ausiliari dello Stato : erano 125 nel 1915 e 932 nel 1916. Gli operai al lavoro erano passati da 115 .000 a 400.000, comprese 55 .200 donne.
Verso la fine del '16 era possibile fare un calcolo dei pezzi di artiglieria disponibili: dai 2.038 dell'iruzio del conflitto si era passati a 5 . 597, anche defalcando dal conto 284 bocche da fuoco perdute e 512 scoppiate.
La carenza di proiettili per le prime operazioni aveva richiesto un'accelerazione di produzione già nel 1915, che dai 3.055.000 del maggio erano passati a 6.640.000 a dicembre.
La produzione del 1916 garantiva la disponibilità di 22.170 .000 colpi, di cui furono utilizzati poco più di 10.740.000.
Le fabbriche erano dislocate in tutte le regioni e per far sì che i pezzi prodotti, alle volte del peso di decine di tonnellate, arrivassero a destinazione, erano necessari efficienti collegamenti ferroviari, in certi casi appositamente prolungati per giungere il più vicino possibile ai luoghi di istallazione.
Diventava così problematico l'approvvigionamento del carbon fossile, tenendo conto che il rifornimento dall'Austria era stato sospeso e quello tedesco pesantemente ridotto. Neanche la Francia e l'Inghilterra, per le necessità interne, potevano provvedere. Fu necessario economizzare i consumi perché la disponibilità passò da 9 .800.000 tonnellate del 1914 a 8.400 .000 nel 1915 e 8.070.000 nel 1916.
Obice italia110 da 305 i11 posizione abbassata per permettere la pulizia; visibile lo scovolo a fato dell'artigliere.
Carr iagg i per trasporto di m uniz ioni e crain o d i pezzi d i art iglier ia. Sta nno passando su l greto dell'Isonzo probab ihnente tra Gor izia e Gradisca .
Trasporto a guado di un canno ne 75/ 27 (s ul cui affusto sta rip iega to un so ldato) . Bo cca da fuoco di arti glie ri a mo bile da campagna, util izzato anche come pezzo contrae reo.
Batte ria ic.1 li an a con ca nnone Schne id er 10 5/ 28, già in postaz ione . In alto è stesa u na co pertura mimetica per occu ltare il pezzo all a vista nemica .
Artiglieri dell'esercito italia no in posa uffic iale attorno a un ob ice da 21O che sta per essere messo in pos tazi one. La foco sembra prop ri o dest inata a uso propagandist ico. È stata scatta ca sul monte Novegno nel lugli o 19 16, dopo che gli oustroungarici sono st ati respinti da i te rrito ri occ up ati durante la S1mjèxpedi1io11 .
Il pezzo d'a rtiglie ri a, con tutta probab ili tà un cannone 75 / 27 deport, viene trasc inato in alto verso la sua postaz ione. Su ll a strada si vede l'avantreno co n il baule po rta mun izioni, da cui è stato sganc ia to. In primo piano a sinist ra e d i lato a dest ra sono gli uffic ial i che dirigono l' ope razione.
Questa vo lta si tratta di un bottino di guer ra : l'a rm a è un 111inen weifer (lanci a mine) catturato alle forze austroungariche . Avven imento da inunortalare con un o scatto rnencre un fante mette in mov ime nto l'a lzo. Sullo sfondo si vede l'omb ra del fotografo, e più a destra quella di un altro soldato, che forse si è messo scherzosamente sull'a ttenti.
Piccola pa tt uglia di so lda ti, ev iden temente in po sa die tro du e mitragliatrici Fiat model lo 191-t liscio, co n raffreddamento ad acqua . I mitragli er i indossano sull 'elmetto appos ite cuffie mimetiche.
Pri Stanti - Una batteria • Postazi one non usua le: in prossimità di case visib ili a dest ra e sin istra. Singolare anc he l' arredamento di ta volo e se die. Del pezzo d'artigli er ia s' in travede so tto la tettoia la ruota di sinistra. li Pri Stanti è un colle ne i pressi di Mcrna, poch i chilomet ri a su d di Gorizia.
Batteria d i art igl ieri a be n prot etta e masc herata. L'e no r me g ua nr ità di bo ss oli dimostra che è stata am piame nte utilizzata. La culatta dell a bo cca da fuo co esc e appena dal rip aro e no n pe r mette una sicura id entifi cazio ne.
I rami messi a cope rtura nascondono i can no ni 149/ 35 o 149/ 9 a can na lunga . I pa rt ico lari "zoccoli" disposti sull e ruo te, chiamat i "bonagente", perme tt evano il trai no anche su te r reno inneva to. Queste bocche da fuoco poteva no raggiunge re un a g ittata di oltre 16 chilometri .
Colonna d'artiglieria • La foco , legge rm ente sfuo ca ta, non lasc ia be ne intendere se al trai no dei cava lli si trovi un affusto di qu alc he bocca da fuoco.
Sul Merzli - U11a bombarda • La bombarda se mbra di 58 mm con alette, di produzion e francese. li p ro ie cc ile aveva gi uata di alc un e ce ntinaia di met ri ed era principalme nt e ut il izzato per ab battere le barr iere d i re ticol aci davanti alle trincee, in genere con scar o successo.
Eserc itazione dj un lanciafiamme , probabilmente di mode ll o indi vidu ale (l o caricava una persona) : poteva produrre un dard o di fiamma lungo fìno a 30 metri .Vi erano pe rò anche lancia fìanune da carro e da postaz ione che potevano raggiunge re i 100 metri d i fuoco.
Probabilmente si tra tta del lan cio di gas ne bbiogeno con fosforo bianco, per osc urare la vista delle manov re programmate e che si svolgeran no entro poco tempo . Non sembra che si possa tra tta re dei gas letali lanciati dal monte San Michele il 29 giugno 19 16.
Un 'auto bli ndata, prodo tta dalla Lancia su un protot ip o del 191 2, già impiegata nel le campagne co londi . Dopo la dichia raz ione di guerra g li imp ianti pro du tt ivi della La ncia ven nero dichia rati «stabil imenti aus ili ari di g uer ra,>. Il mezzo era in buona parte destinato all ' uso degli ufficia li .
Anche i treni d ivencarono strumenti di guerra attiva. Lo dimostra questo vagone dotato di un pezzo notevole di artiglieria . No nosta nte lo sfo ndo facc ia pensare a un paesaggio alpino, ven iva imp iegato soprattutto sulla costa adriatica .
Un dep osito di ma te r iale mi litare pe r la forniwra delle linee d'a zione, in pa rticolare de ll e trin cee: ceste lli di vi mini, sacchi di te rra , re tico lati. Fo rse anc he munizio ni e ma teri ale di sca rto da bru ciare.
Una mitragliatri ce pesante Sainc'Étien ne modello 1907, in do taz ione ali ' eserc ito italiano, q ui pred isposta sopra una piattaforma part icola re come arma con traerea . Co nsid eran do la sca rsa ve locità e il mate ri ale co n cui erano costru iti, gli ae rei po tevano effe ttivamente essere colp it i da ques te bocche da fuoco .
Aviazione e Marina
La recente invenzione dell'aereo non aveva ottenuto subito grande attenzione da parte degli eserciti europei in vista di una utilizzazione militare. Inizialmente si pensava di usarli solamente come strumenti di osservazione e rilevamento.
Ben presto però si capì il potenziale offensivo che potevano rappresentare e, soprattutto a partire dal 1917, si attribuirà all'aeronautica una crescente importanza strategica, accelerando la produzione di aerei e di idrovolanti e lasciando invece in secondo piano quella dei dirigibili, troppo ingombranti e più lenti.
Questi i dati all'inizio del conflitto: la Francia disponeva di 23 squadriglie di aerei con 5-6 velivoli per ciascuna e 5 dirigibili; l'Inghilterra aveva 7 squadriglie di 12 aerei. una di dirigibili e 30 idrovolanti; la Serbia era ferma a 5 aerei e un aerostato; l'Austria-Ungheria si attestava su 150 velivoli e 3 dirigibili. Meglio si presentavano la Russia e la Germania: la prima aveva a disposizione 248 aerei, con nove scuole militari di pilotaggio; la seconda concava 276 velivoli divisi in 34 squadriglie, 9 idrovolanti, 12 dirigibili, 24 stazioni aerostatiche. I tedeschi, inoltre avevano già costruito 36 cannoni antiaerei.
L'Italia, che per prima aveva intuito la possibilità di un"aviazione militare, aveva sorprendentemente rallentato la produzione nel biennio precedente il conflitto, per cui vi entrava con 12 squadriglie per un totale di 58 apparecchi. Fu deciso di accelerare la produzione: nel 1915 le fabbriche passarono da 3 a 17 e produssero 382 aerei e 606 motori. Il potenziamento fu sensibile nel 1916: le fabbriche salirono a 23 e il numero di velivoli fu portato a 1.255, comprendendovi anche gli idrovolanti. Le squadriglie a disposizione divennero 50. I dirigibili non superarono mai la decina.
n crescente uso dell'aviazione militare, sia di rilevamento sia, in seguito, da caccia, comportava un adeguamento anche nella produzione delle armi. L'Italia aveva faticato nell'anteguerra e nel 1915 a produrre armi automatiche, che importava in buona parte.All'inizio del conflitto disponeva di 618 mitragliatrici. Nel 1916 ne furono messe a disposizione dcli' esercito 5 .891, di cui 1.218 per l'aviazione.
Le armi leggere, portatili o facilmente trasportabili, dovevano disporre poi di numerosi proiettili. È certamente significativo il dato di produzione delle cartucce. Se ne producevano un milione e mezzo al giorno nel 1915 e l'anno successivo si passò a due milioni.
La nuova arma, per le sue caratteristiche, richiese, in zone sufficientemente prossime al fronte, la costruzione di appositi campi di aviazione da dotare di piste di atterraggio, spesso alquanto rudimentali, e di hangar che proteggessero da eventuali attacchi. Ben maggiori era110 le protezioni per i dirigibili, che pure venivano ricoverati in appositi ripari.
L'inserimento delJ'aviazionc nel conflitto ebbe un crescente impatto sull'opinione pubblica che ammirava i piloti che compivano spedizioni rischiose, alle quali veniva data particolare risonanza sulla stampa.
Per quello che riguarda la Marina fino a tutto il 1916 essa fu incrementata soprattutto per trasporto di merci e di contingenti di militari.
n campo di ar1iazio11e di Medeazza, poco lo11tano da M01ifalco11e, da do11e si alza iu 110/o 1111 aereo da ricog11izio11e Ca11dro11. Sullo ifondo è 11isibile il mo11te Q11ari11.
Aereo Voisin da r icogni zi o ne e da bombarda mento . Porta un equipaggio di due avieri ed è visibile la mitragliat ri ce montata sulla parte anter iore.
L'aereo che si è appena so ll eva to dal suo lo è un N ie upo rt 11, ribattezzato Bebé per le r idotte dim ension i. No n è poss ib il e vedere se po rta monta ta una mi t ragliatr ice, e se quin di sia utilizza to co me da cacc ia o da ricog niz ione. N o n è poss ib ile ri co nosce re il campo di av iazio ne.
TI Btbé visto di fronte pe rm ette di sco rgere la mit ragliatri ce c he ca ri ca sopra il motore . L'unico pil ota doveva fare tutto da so lo.
Altro modello di Nieuport F ispezionato da un grup po di uffi c ial i. È ben visib ile una m it ragli atrice Lewis c he veniva comanda ta dal p il ota mediante cavo. Alle co ntroventature poteva no esse re ap pl icati dei raz zi da usare cont ro i pallon i frenati. Un aereo di questo tipo veniva usato dal m itico Francesco Baracca .
L'aereo, di magg io ri d imensioni è un Caudron G 4, che monca due motori Anzan i da 100 cv. L'osscrvacoremitragliere veniva sistemato davant i al pil ota . Apparecch i di que sto tipo e rano tenut i in az ione soprattutto sul fronte trentino.
Un Caproni C.a 33, di prod uzione italiana . Bip lano da bomba rdamento, divenne ben presto iJ più usato durante la Grande Guerra. D ie tro all a cabina di pilota gg io si vede il posto del mitra gli ere, chiamato scherzosamente <•il pulp it0 >> .
Biplano farman, prodotto probab il mente dalla fabbrica italiana Savoia. I due av ier i so no già sa lic i al loro po\to e sta pe r cominc iare la fase di rullaggio, in vista del dc coll o. Di e tro è visib il e l'hangar in cu i l'ac rco era ri co\·eraco.
Un N ieuport da cacc ia con il pi lota, che non è stato po sibil e identi fi care con esattezza. Un'importante azione dell 'a eronaucica fu compiu ta il 9 agosto (il g iorno dell'ing resso degli ita liani in Gor izia) . Una squadriglia di Caproni sco rtata da alcun i caccia ieupo rt fece un'incursione sull a staz ione di r ifornimento di Prevacina, scar icando bombe esp losive e abb attendo un aereo aus triaco.
Un Cau dron 43 che in fase d i att e rraggio ha su bito la ro ttura de l ca rrello nel la to des t ro. Si tratta di un monomo to re da ricognizione.
Due idrovolanti, probab il mente pronti a scende re in acqua dallo scivolo in primo piano, cons iderando il ca rrello a ru o te di sostegno. Amb ed ue sono dorat i di mitraglia trice . Socco l' ala bassa so no vis ibi li i ga ll egg ianti.
Un idrovolante Macch i M 3 sceso in ac qua . A bordo si trovano d ue uom ini. Un altro velivo lo sembra in ca ri co o sca rico sulla banchina di sinist ra .
Anche questo è un M 3, fo rse lo stesso fotografato precede ntemen te, ora pe rò in fase d i attracco, verso lo scivo lo al q uale viene trai na to.
Ufficiali e mi litari ita li ani presso un aereo austriaco abbattuto in combattimento. Si tra tta d i un modello Hansa Brandenburg. Il motore è stato d ivelto dall'urto.
Fase di smontagg io di un pallone frenato. Si trattava di aeroscati trattenut i a te r ra che osse rvavano le pos taz ion i nemiche e crasmettevano le info r mazioni ai comand i ita li ani .
Il di ri gi bile M 3, ri conosc ibil e dalla par ticola re na vicella co razzata e dalle ca ratte ri stiche eli c he. Sembra che la foto sia stara scattat a mentre si app resta all'a tterraggio. Questi eno r mi velivoli, assieme anche ai palloni frenat i, veniva no chia mati Draken (Draghi) . L'eno rm e stru ttura ri chiedeva manutenzione spec ializzata e un enorme hangar per il ri cove ro.
Lo stesso dirigibile, già anco rato al terreno. Si distinguono i numerosi militi accors i e la presenza di un cin eopera to re, chiamaro a docume n tare qualche impresa de ll 'equipaggio. Particola r mente avventurosa fu la prima nùssione be llica de l M 3, staz ionato a l3 oscornantico (Vero na) do po il 17 marzo 1916 . Spedito ne lla zona de l Tonale, venne ragg iu nto da un pro ie tt ile sparato da una ba tteria in alca quota; nel percorso d i ritorno fu preso di mira dal "fuoco amico" di unità ita liane: a Brescia dalla cont raerea, po i da due idrovo lanti , che lo costrinsero ad atterrare a Dorgosatollo. Ripartito zop picante, venne ancora attaccaro da un Farman, che lo aveva scambiato per un'aeronave nemica . Riu scì comunq ue ad atterrare e rip arare i dann i.
locali tà di no n fa cil e identificazione. Forse il po rto di Gra do come si presentava all 'epoca . Si distinguono le grosse chiatte e la sfìl aca dei mari nai su ll a banc hina.
Nd porto di Grado ven ivano osp itati anche i MAS, i Mocoscafi Anti Sommerg ib ile, d iven ut i famos i per alcune imprese come la «Beffa di Buccari». Do tati di un eguipaggio di otto o dieci uom ini, montavano due motori di grande pote nz a. L'armamento era costituito da un cannoncino o mitragliatrice, due siluri e alcune bombe di profondità
La foto presenta un'immag in e non fac il men te dec ifrab ile. Proba bil mente si tratta di due unità navali differenti. Di fronte si trovereb be un MAS co n a bordo il suo eg uipagg io, mentre d ietro stazionerebbe un 'altra imbarcazione alla q uale app arte rrebbe il cavo su c ui sono stes i i pann i ad asciugare .
Cannone da 14 9 prol su barconi per g11ardiacosta • Si intuisce che la bocca da fuoco ha dimens io ne sup er io re d el pezzo da 149 e q uesto spieghere bbe il "prol.", cio è " prolungato " . In q ue sta foto i pezz i sono anco ra staziona ci sulla banclù na e res ta poco intuib ile qu ale potrà esse re la manovra pe r tras fer irli sulle imbarcazioni .
Pezzo da 14 9 s11 /1arco11i • Ora la bocca da fooco sembr:i g ià imbarcata e pronta per prende re il via. L'impiego d e i mezz i navali icaliarù, all'inizio decis amen te inadeguati all e esigenze, venivano prevalentemente usaci nelr Adriatico . Dopo la dichiaraz ione di gue rra alla Ge r mani a di fine agosto 1916, i cui sommergibili era partico larmen te per ico los i, fu necessario intens ifica re no tevo lmente la produzione di u nirà di marina.
Sono una creatura
Vallonccllo di Cima Quattro ìl 5 agosto 1916
Come questa pietra del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto che non si vede
La morte si sconta vivendo
Giuseppe
Ungaretti da Il porto sepolton Servizio sanitario
I1 lungo p eriodo di logoramento che caratterizzò la Grand e Gue rra è il princip al e r esponsa bil e d el n um ero elevatissimo di mor ti e fe riti. Alla fine l'Italia contava 6 51.0 00 vittime militari, di cui 3 7 8 .000 morti in azi o n e, 186. 000 in segui to a malat ti e contratte in servizio , 87 .000 invalidi d ece duti entro aprile 193 0
Per assis tere e curare i fe riti l'o rganiz zazione sanita ri a milita re fin dall ' inizio del conflitto fu m essa a dura prova , soprattutto p e r mancanza di personale.
N e l 1 916 si cor se ai ripari: venne istituita in gen11aio l'Università da Campo di S. Giorgio di Nogaro (Udine) per preparare in un semestre specializzato gli alunni dell'ultimo biennio delle facoltà di m e dicina, da immettere nei quadri del Servizio sanitario.
La struttura di tale Servizio era organizzata in più livelli, secondo la bellicosità del territorio e la prestazione medica richiesta.
N elle immediate vicinanze del fronte , era situato il posto di medicazione, piuttosto piccolo. Qui si prestavano i primi soccorsi, limitandosi a pulire e disinfettare le ferite, ad applicare sostegni provvisori di protezione e a immobilizz are le parti soggette a traumi. Considerate le condizioni cliniche del paziente, si valutava un 'eventuale destinazione presso altre strutture del territorio.
1 feriti leggerissimi venivano curati e rimandati sulla linea; i leggeri erano inviati per breve periodo presso ospedali territoriali; i classificari gravi trasportabili venivano ricoverati in o spedali da campo e nuclei chirurgici; venivano trattenuti e assistiti i gravi non trasportabili e i gravisssimi morenti.
L'ospedale da campo era la postazione sanitaria dei corpi d'armata, in cui i feriti inviati
dal fronte venivano sott opo sti a c ure più approfondite, oltre ch e agli interve nti chirurgici. Era una struttura attre zzata per la degenza di breve pe riodo e dispo neva di piccoli cimiteri per gli eventuali decessi.
Ospedali di retrovia e di riserva, attrezzati per la lunga degenza, accoglievano poi i pazienti nei settori sanitari territoriali. A guarigione avvenuta. i convalescenti si sottoponevano a visita d'idoneità e venivano eventualmente reinseriti in zona di guerra.
Di fondamentale importanza appariva l'ubicazione degli ospedali, che doveva essere sicura e facilmente raggiungibile. Si requisivano quindi grandi ville signorili, istituti religiosi. colonie, posti nelle vicinanze della linea ferro viaria. Particolarmente utili al trasporto dei feriti, soprattutto nelle zone di alta montagna come l'Adamello, erano le teleferiche, che richiedevano sforzi e sofferenze minori rispetto alle slitte. Anche per quanto riguarda i trasporti su strada si as siste nel 1916 a un notevole incremento, attraverso largo impiego di ambulanze e altri veicoli.
Più effi c ace appariva la lotta alle malattie infettive, a causa di un numero inferiore di infetti rispetto ai conilitti precedenti, complice anche il carattere cruento degli scontri.
Trasporto di ,m ferito. I numerosi soldati addetti al servizio, disti1tg11ibili dal bracciale bia,uo con la croce, .fanno pensare che sia avviata verso 1111 posto di migliore assistenza medica, 1111a persona partii"olarmellte grave o be,woluta.
La scr itta «So ccozona Adamello >> indica il monte su cu i si svolge la scena e ins ieme che si tratta d i una infermer ia, in tuibile anche dal b racc iale del so ldato sull' ingresso . Le d ue tute bianche documentano la presenza degli alpini. A d estra si trovano de i p ri g ionie r i austro u ngarici, Kaisefiiiger, probab il mente in at tesa d i una vis ica medica . In p rimo p iano si no ta un ge nerale.
Sempre sull 'Adame ll o : in mezzo a un a trup pa n um erosa, u n fe r ito è stat o fatto accomo dare in una slitta, g ià lega ta al traino, per esse re inviato alle retrog uardi e. S'intravede un casco di suss ist enza A des tra un ufficia le di art igli e ri a.
A socco rrere i fe riti, ma anc he a portare persone e vettovagli amento, è stato prez ioso il cont ribu to dei cani da slitta, ins os tituibili ne ll e zone più as pre della montagna.
le pie tre sparse un po' dappemmo semb ran o seg ni di una recente esplosione , che ha colp ito qualche edificio del campo mil ita re. Si cercano event uali co r pi rimast i sotto le mace ri e, anche con l'a iuto del cane.A destra di spalle con il berre cco bianco è il cappe llan o c he con gli altri sta probab ilmente ass istendo un ferito .
Sempre sul monte Adame ll o un ferito già medicato e pri gion ie r i mescola ti ai sol dati ita li ani . Ancora bracciali bianchi co n croce. Sono ben vis ib ili gli occh iali per difendersi dal rive rbe ro della neve.
Un so ldato, sen za apparenti ferit e, sta se nte ndo certame nte un malore, intuibile dalla smo rfi a c he ne segna il viso. La bare lla e ra in dotazione in ogni luogo di combattime nto. Il soccorrit o re di spalle tie ne a traco lla la masche ra antigas .
Doberdò - Arrivo feriti • Il paese in questione è stato parcicolarmcnre colpit o durante la VI hJttJglia dell' Isonzo I ferit i, che arr ivano con l' appos ita ca rrozza, sono ri cove rati ne l posto medico, forse un:i chiesa.
Trasporto di feriti • ll giovane con la gamba des t ra imm obilizzata se mbra abbas tanza se reno e fid ucioso d i tro va re la necessaria assisten za. In piedi, con al co ll o il suo cartellino med ico . un altro ferito che è stato ben fasciato alla testa .
Un altro giovane so rm i ferri del chi rurgo . È stato co lpiro in più p un ti (fo rse dalle sfere di uno ShrapncD all'a lrezza dell'add o me. Il medico, seco nd o un a verifìca con altre fo to, po rrebbe essere proprio Vittorio Dana, il coUezion ista dei vetrini da cui sono tratte le imm agini di questa pubbli cazione.
Con ev idente attenzione il medico sta ora procedendo a suturare le ferite. Pur nei li miti di pe rsonale, so pra ttutto all' inizio del confl itto, il serv izio sanitar io milita re fii o rganizzato in modo da po ter curare adeguatamente i pazient i che ve niva no dal fronte.
In 1t11 campo di concentrazione prigionieri • Già nel dicembre 19 1. 5 si era diffusa la voce che tra le trupp e al se rvizio dell'Impero austrounga ri co si scavano diffondendo malattie infettive. Per questo i prigionieri cominciarono ad esse re sottoposti ad alc uni esami , compreso quello de ll e feci .
I p rigionie ri consegnan o all o "sportello" il mate ri al e che ver rà p resto sottoposto agli esami di labo ra to rio . Una g ra ve epidemi a, l'«as iatic~,, ve rrà ne ll'imrne diato dopog ue rra a fare un'ul teriore strage in gran pane del piane ta .
Un incidente ha fatto usc ire di scrada un'ambulanza. Si sta assistendo qualche ma)aco provvisoriamente co lto dal veicolo. Jn segu ito, con l'aiuto dei presemi, si provve derà a rimettere in strada il mezzo di socco rso.
Ma c hi non ce l' aveva fatta rim aneva sul terreno, spesso di lan iato , irri conosc ibil e, co nfu so era le pie tre e il materiale be llico spars o all' in torno .
C imitero al M C orada • Dove era co ll ocato un importante osserva to ri o a ridosso delle pri me li nee , le croci improvv is ate se gn ano le se po lture facce in fre tta. Ma semp re con un a p reg hi era e un pensiero dei comm ili con i. E lo ntano la soffe renza e i sos piri di chi aveva accetta to di lasc iarli anda re . I loro nomi sa ranno scr it ti su i monumenti eretti in tu tti i comuni ita li ani .
Cè un fa me in questa trincea. È perfeccamente abb igli ato nella sua divisa di ordinanza. Mentre la neve si ,ciogli e piace pensarlo pronto no n per co mbattere, ma per tornare a casa, mi lite ignoto sop ravvi ss uto a di fferenza di altr i che avevano perso la vita nella st rage. per lavorare, per farsi una famigli a, insegna nd o a tigli e nipoti un mondo di pace.
Appendice
" Verrà anche q11 ella beuedetta pace "
Due lcctere. una dal!' Alba nia e l'altra da uno dei monti del fron te italiano, documenta no la vi ta dei giovani soldati nella ''Zona di guerra".
li cesto co rre tto di Soffiaci e quello sgrammat icaco di Albrigi sono comun q ue ugualmente comprens ibili. Li unisce il desiderio della pace e del ri torno a casa.
Zma di ,~11erra -Albania - 23 aprile 1916
Cari ge11iwri, ho appma ricev11to la vosira let1era, alla q11ale subito rispondo co11 111()/to piacere Sc11to che i,!Odetc di ot1i111a sal11re e così p11re è @che per 111c
Sia1110 }!i1111ti alla festa di Pasq11a che a11che per q11csto a11110 passeremo assieme wl binocolo del/'artiglieria. (Q11esto è r111 dello che abb iamo 11oi q11i q11a11do r111a wsa 11011 si p11ò jàre o 11011 si p11à r,1ggi1111_~Nla.) Ma ci ,,11ole sempre pazie11za lkrrà a11che q11e/ mo111e1t1e> che potrem<> stare assie111e Smrpre si smte rarn111e111are delle limr.::e per le truppe che st(l//110 q11i in Alba11ia, ma già andrà a.finire che 11011 si avrà niettte per la q11es1iv11c del periwfo che c'è a passare l'Adriatirn d1e J1110 a che c'è la g11erra c'è il periwlo di andare i11 acqua e perciò portiamo pazienza che verrà a11che quella bC11edetia pace e che potremo ritornare felimneme a casa
,\·011 vi 110 mai parlato del servi.::io che abbia1110 farro ali' Esercito Serbo 111e1l/re si ritirava A parla me di /litio .carebbe rma storia lr111_{!a, ma ì: una storia che 111i ricorderò in r1ita .
l i vedere 1111 esercito i11 ritirata era pietoso. E 11oi anzi, e proprio la 111ia co111pa,e11ia eravamo a fare quel sen,izio. Per 111ezzo delll' barelle li abbia1110 Jàui allraFersare il .fir1111e det10 "Semi11ye" (o Semi11ye).
Passarono t11t1i di là, 11111 vedere la fame du: 111,,,,mio, (am,a,10 pierà. Si tra1ta,l(l che per 111,ere r111 peuèuo di pag110/la da ~i11qua11t,1gm111111i la pagal'/1110 w11 twtv il de11ar1, d1c aF<'va110 in lasca perché si trat111v11 di 111orire di jà111e.
Una rvlt11 a 11110 di loro ci diedi 1111 pezze/lv di P'!'<IIOl/a e 11c>11
Foler10 11ie111e perchr afar.,i pagare era 1111 111bare a della po11era .(/Cl/te f l11i allora 111i baciò e mi abl1raaià dalla C<lll/e/rtezza.
F.ppure ha111w s<!fferto 1110/to, 111a piurwsto che arrendersi ha1111v pr~{erito morire quasi di fm11e per a11dare a liberare il s11,, s11c>lo pm/1110.
Cari gmirori tcmrilw 111{{!11ra11dwi tante belle C()se e 111a11da11dc>r1 i i pirì fervidi saluti r baci
Vostro.figlio Ugo
20-7-916
Zona di Guerra
Carissi11w Albina
Ora leggo la /!la i11 dma 14 corr. Sellle> compiacere che e ,,enuta la pioggia, qui 11011 è mldo e piove facilissime>, d1111q11e e 1110/io dir,erso di li, 111a ora spero clze vi acco11te11tere a11c/1e voi. Ora i '1,Fori pirì grossi li ave/e termi11aii, d1111q11e comggio rhe a rm 'altra sraci?ione ci saremo io e Paolo, dimmi se la suita a rovi11ato tmto, o pure si si rimerc (l//COra, le bestie se sono ribas,ace di prezw i11 rllllsa della sr11ta, q11a11to avete il//enzio11e di tenere i bovi, l'1wa come e riussita, se ce ne pocca, lzo rm discretto raccolte> se avete farw bozzoli, se Pi passa110 l1ll(Ora il s11;sidio, se ave1c ancora baroca ( ') . Seme> che si sono prese11/(//j i r!f<m11a1i; e le Y ca1eci?orie1 di q11este> mi dispiace 111a d'altra parte e l/l~l!lio che 111tti 11c senf(lllù il .(!HS/()1 e i11 questo modo jàcih11mte.fi11ira pri11111; io e .l!ià 1111 a111w che mi tr0110 in 1,jle~iat11ra ed'ora mi sono tal/lo abituai<> c1 vivere in alta ,'\!!0111ag11a, che 111i se111brerebbe stra110 amrbitire, ma se ,,iene la H1ce biso,1:11erà rassegnarsi e lassiare q11es1e belle vcd11te, per ima11{() 11011 ce 1111lla di 1111ovo r(i?r1ardo ala Pace. ma speria11w 11011 sia lo111a11a.
Paolo mi srrisSf diver.,e Folte, l'11lti11111 aw11a la dma del 12 c,>rr, ce111er,(> 1111 po' a11cl1 'io perché .<apevo clze cera 1111 po' di torbido, ma dalrra parte dicer10 che doppo tanto tfll1po d1e e i11 ,~11erm 11011 sartÌ ta11to {acile che resii nelle rne 111a11i, e rnsi f,1, mi disse a11che a 111e clic li~ passa/o dei brrrtti 1110111euti, 11111 per quelle> 11011 e 11ie111e; basta sa/1'(1rela]2f!k.
Co11 piacere srntv che il Ba111ba e veuuro a casa, ma e ve111 1to i11 co11r,alicc11za lw e rf(or111a10; dilli che quel mese che sono stato a ripe>so he> q11asi sempre ,{!ioca/0 alle boCle e 11e ho s1a11cati tanti mc;:lio di lui, sal111alo e diii che guardi di farsi a11dar Fia il male ai piedi, che q11a11do VCl(!/e> a casa sia i11caso di gitl()Wr(i.
Da pocco tempo ti ho 111,111dato 1111a lettera co11tC11entc una mr· wli11a, s11 q11ell11 ci so110 io e il 111ie> piffolo repart(>, dimmi se /'ai rim111ta , qui 11111/a di 11t10110 si sta 111a,e11ffica111e111c beul', Fersso i ul1i111 i a11dia111!l a11cor.1 a riposo per r111 111cse, se c,>11iit111a ct>Si qui 11011 e guerra. Uirambia i sa/r.11i a i110.fra1elfo
Ti saluio e ti haffio te eJimr(~lia sono sempre il ruo Sa11/()
Sal11rnmi il Parroco Cagei l1araca e wrrom, e la it111 Jà111igli11, e zia Ger111a11a, al Parroco li missi da ji()ffO, la amoli11a (C)/I meda,l!lia la rim'l'lli. Addio
:Hilemt Albrigi Sa1110
Soldato Y Bersaglieri
2° Cornp., 18° Ratt Zo11a di Guerra