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Olga Dubrovina

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Stefano Garzonio

Stefano Garzonio

Olga Dubrovina

Politica estera e/o rivoluzione? I primi passi della Russia bolscevica in Italia: protagonisti, strumenti, sovrapposizioni

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All’indomani della rivoluzione d’Ottobre il neonato governo sovietico deve affrontare le questioni di politica estera ridefinendo le proprie responsabilità in seno all’Intesa e il proprio atteggiamento verso la “vecchia” diplomazia internazionale. Nel secondo decreto pubblicato dal governo sovietico il 26 ottobre – secondo il calendario giuliano – 1917 veniva data risposta ai problemi che interessavano i governi europei sulla nuova politica estera della Russia sovietica. Vladimir Ilic Lenin, in veste di Presidente del Consiglio dei Commissari del popolo, dichiara l’immediata uscita della Russia dalla prima guerra mondiale e l’urgente avvio delle trattative con tutte le parti belligeranti. Inoltre annuncia il passaggio a un nuovo tipo di politica internazionale che prevede la trasparenza delle attività diplomatiche e «la pubblicazione di tutti i trattati segreti confermati o stipulati dal governo di latifondisti e capitalisti dal febbraio al 25 ottobre 1917»1 . Tale azione non solo poneva drasticamente fine alla diplomazia tradizionale dell’epoca zarista ma annunciava anche l’avvento d’una nuova politica estera sovietica ispirata alle idee rivoluzionarie. Una volta preso il potere, i bolscevichi si aspettavano che il processo rivoluzionario avrebbe coinvolto tutta l’Europa occidentale. Insieme al Komintern la diplomazia sovietica nei primi anni rappresentava uno degli strumenti dell’esportazione della rivoluzione russa all’estero. Durante tutti gli anni ’20 i bolscevichi discutono sul ruolo della diplomazia nell’ambito dell’attività del governo rivoluzionario, trovandosi di fronte alla necessità d’elaborare propri principii sulla conduzione della politica estera2 .

Il “biennio rosso” italiano è stato inserito dagli storici sovietici nella mitologia rivoluzionaria comunista come un ricordo prezioso dell’azione internazionale a sostegno della giovane repubblica sovietica russa e del glorioso tentativo d’esportare la rivoluzione proletaria in Occidente3. In quel periodo il potere bolscevico si trovava ancora in una situazione

1 Dekret II Vserossijskogo s’ezda Sovetov “O mire” 26 oktjabrja 1917 g. [Decreto “Sulla pace” approvato dal II Congresso panrusso dei Soviet del 26 ottobre 1917], in Dekrety Sovetskoj vlasti [Decreti del potere sovietico]. Vol. 1, Moskva Izdat. Političeskoj Literatury, u.a. 1957, p. 16. 2 Timothy Edward O’Connor, Georgij Čičerin i sovetskaja vnešnjaja politika 1918-1930, Progress, Мoskva 1991, p. 16. 3 Si veda ad esempio K.V. Kobyljanskij, Zabastovka solidarnosti s Sovetskoj Rossiej 20-21 ijulja 1919 [Lo sciopero di solidarietà con la Russia sovietica del 20-21 luglio 1919], in Rossija i Italia [Russia e Italia], a cura dell’Akademija Nauk SSSR. Institut istorii., Izdatel’stvo ‘Nauka’, Moskva 1968, pp. 340-351; Kira Emmauilovna Kirova, Zapadnaja Evropa, 1917-j [L’Europa Occidentale nel 1917],

di gravissimo rischio di crollo a causa dell’accerchiamento militare degli ex alleati e della guerra civile che devastava il paese. Nonostante queste condizioni critiche i sovietici progettavano la rivoluzione proletaria su scala mondiale, che avrebbe spazzato via tutti i governi capitalistici e borghesi, liberando i contadini e gli operai da una secolare oppressione.

L’Italia non rimase fuori da questo ambizioso progetto, anzi il suo coinvolgimento segnò una pagina importante nella storia del comunismo internazionale. Quali sono stati i primi passi del governo sovietico nei confronti dell’Italia, il paese dove Lenin decide di poter ripetere l’esperienza bolscevica e tentare la rivoluzione? Quali informazioni arrivavano a Mosca per permettere al Politbjuro di valutare la situazione interna italiana e prendere decisioni concrete? Da quali fonti provenivano le informazioni a disposizione dei dirigenti del Komintern e del NKID4? Come si è manifestata la dicotomia fra NKID e Komintern in ambito italiano, soprattutto nel contesto delle lotte frazionistiche della Sinistra?

La cospicua letteratura esistente sul doppio canale della politica estera sovietica ci permette di evitare l’approfondimento di questo fenomeno nella storia della diplomazia internazionale5. Inoltre, alcuni studiosi italiani e russi si sono occupati dell’avvio delle relazioni tra la Russia sovietica e il Regno d’Italia, basti ricordare i lavori di Irina A. Khormach, Giorgio Petracchi, Rosaria Quartararo, Antonello Venturi.

Il mio contributo ha l’ambizione di descrivere, in base ai documenti conservati presso gli archivi russi, il tortuoso cammino attraverso il quale furono stabilite le relazioni fra la Russia sovietica e il Regno d’Italia, un percorso contraddistinto da una serie di scelte tra la politica estera tradizionale e l’idea della rivoluzione mondiale. Per analizzare la politica sovietica nei confronti dell’Italia saranno prese in esame le informazioni che i bolscevichi avevano a disposizione sul periodo liberale prima e fascista dopo, nella prospettiva della auspicata rivoluzione proletaria in tutta Europa. La valutazione sovietica della situazione interna italiana porta di volta in volta al prevalere di uno dei due strumenti della politica estera bolscevica: NKID e Komintern.

Inoltre si cercherà di ricostruire la divergenza tra la diplomazia sovietica – rappresentata dall’istituzione capeggiata da Georgij Vasil’evič Čičerin – e il Komintern, fondato nel marzo 1919 e presieduto da Grigorij Evseevič Zinov’ev, attraverso l’attività e le posizioni di

Nauka, Moskva 1977; N.P. Komolova, Velikij Oktjabr’ i revoljucionnyj process v Italii [Il Grande Ottobre e il processo rivoluzionario in Italia], in Velikaja Oktjabr’skaja socialističeskaja revoljucija i strany zapadnoj Evropyn [La grande rivoluzione d’Ottobre nei paesi dell’Europa occidentale], a cura di V. D. Kul’bakin-Institut Vseobščej Istorij, Akademija Nauk SSSR, Nauka, Moskva 1978, pp. 94-122. 4 NKID: Narodnyj komissariat inostrannych del [Commissariato del popolo per gli Affari Esteri]. 5 Ad esempio: Arno J. Mayer, Political origins of the new diplomacy, 1917-1918, Yale University Press, New Haven 1959; Alexander Vatlin, L’attività internazionale dell’URSS: dalla rivoluzione mondiale all’espansione imperiale, in Da Lenin a Putin e oltre. La Russia tra passato e presente, a cura di Vittorio Strada, Jaca Book, Milano 2011, pp. 11-32: Silvio Pons, La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale (1917-1991), Einaudi, Torino 2012; Anna Di Biagio, Coesistenza e isolazionismo. Mosca, il Komintern e l’Europa di Versailles (1918-1928), Carocci, Roma 2004; Jonathan Haslam, Komintern and soviet foreign policy, 1919-1941, in The Cambridge History of Russia. Vol. III. The twentieth century, Cambridge University Press, Cambridge 2008, pp. 636-661; Olga Dubrovina, Una istituzione della nuova diplomazia: l’ambasciata sovietica a Roma, “Il Ponte”, n. 8-9, agosto-settembre 2014, pp. 73-96.

alcuni rappresentanti sovietici ufficiali in Italia, che si trovarono nella difficoltà di lavorare per due istituzioni con obiettivi spesso contrastanti.

La Missione militare italiana e il Consolato generale italiano a Mosca

Nei principali archivi russi (RGASPI6 e AVP RF7) sono conservate pochissime testimonianze delle relazioni tra le rappresentanze ufficiali italiane e il nuovo governo sovietico nei primi due anni dopo la rivoluzione d’Ottobre. Il motivo di questa lacuna ovviamente sta nella grande confusione politica e sociale che regnava nel paese: eventi drammatici come l’intervento straniero in territorio russo, la guerra civile e la fame provocata dal disastro politico, nonché le condizioni climatiche hanno reso caotici e disordinati i primi anni di vita del NKID. Tuttavia, benché il vecchio personale del Ministero degli Esteri zarista avesse rifiutato in massa di collaborare con il nuovo governo, lasciando l’istituzione senza impiegati adatti a questo delicato lavoro8, il servizio di Čičerin cercò di mantenere buoni rapporti con i rappresentanti ufficiali italiani rimasti in Russia.

Si tratta anzitutto della Missione militare italiana – inviata in Russia in base alla Convenzione militare firmata tra la Russia e l’Italia il 21 maggio 19159 –e del Consolato italiano a Mosca. Nell’aprile 1916 la direzione della Missione è assunta da Giovanni Romei-Longhena, ufficiale di cavalleria. Nel marzo 1918, dopo la partenza dell’ambasciatore italiano Pietro Tomasi della Torretta per Vologda prima e Arcangelo poi10, la Missione militare italiana si trasferì da Pietrogrado a Mosca, che nel frattempo era diventata la capitale ufficiale del nuovo Stato sovietico. In questo periodo a Mosca continuò a funzionare il Consolato generale d’Italia presieduto dal Console Majoni11 che era in contatto con Čičerin già dal maggio 191812 .

La Missione militare continua a svolgere anche a Mosca il suo compito di osservazione e raccolta informazioni sulla «riorganizzazione militare della Russia rivoluzionaria»13, a patrocinare gli interessi dello Stato italiano e a garantire la protezione dei prigionieri ita-

6 RGASPI: Archiv vnešnej politiki Rossijskoj Federacii [Archivio Statale Russo di storia sociale e politica]. 7 AVP RF: Rossijskij Gosudarstvennyj Grchiv Social’no-Političeskoj Istorii [Archivio della politica estera della Federazione Russa]. 8 Sui primi anni dell’esistenza del NKID si veda Stanislav Vasil’evič Zarnickij-Anatolij Nikolaevič Sergeev, Čičerin, Molodaja Gvardija, Moskva 1975. 9 Antonello Biagini, In Russia tra guerra e rivoluzione. La missione italiana 1915-1918, Ufficio storico SME, Roma 1983, pp. 18-19. Sulla Missione italiana in Russia si veda anche Francesco Randazzo, Alle origini dello Stato sovietico. Missioni militari e Corpi di spedizione italiani in Russia (1917-1921), Stato Maggiore Esercito, Roma 2008; Giorgio Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca. La diplomazia italiana in Russia, 1861-1941, Bonacci, Roma 1993, pp. 167-176. 10 Giorgio Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca… cit., p. 196. 11 Si veda il diario del Console italiano a Mosca in questo periodo: Giovanni Cesare Majoni, A Mosca nell’anno rosso (agosto 1917-settembre 1918), Ispi, Milano-Varese 1936. 12 Giorgio Petracchi, La Russia rivoluzionaria nella politica italiana. Le relazioni italo-sovietiche, 1917-1925, Prefazione di Renzo De Felice, Laterza, Roma-Bari 1982, p. 71. 13 Sui rapporti inviati da Romei-Longhena a Roma e sulla sua visione della situazione nella Russia postrivoluzionaria, si veda ibid., pp. 68-69.

liani, ex soldati dell’esercito austro-ungarico concentrati a Mosca14, e la loro immunità nei confronti della propaganda bolscevica15. Nonostante questa attività mascheri lo spionaggio militare e la propaganda antibolscevica, neanche ben celata, il governo sovietico si dimostra tollerante e ospitale nei limiti del possibile nei primi mesi successivi alla rivoluzione e durante la guerra civile, benché si trovi sotto l’imminente minaccia dell’intervento degli ex alleati.

L’atteggiamento del governo sovietico nei confronti della missione italiana va inserito nel contesto generale e analizzato sullo sfondo della politica sovietica internazionale del periodo. Una scarsa fiducia nel trattato di Brest-Litovsk e quindi nella pacificazione con la Germania, insieme al bisogno di collaborazione militare con gli ex alleati – secondo le affermazioni di Romei-Longhena, Trockij invitò gli specialisti militari a cooperare nella costituzione dell’Armata Rossa nel marzo 1918 – costrinsero i bolscevichi a mantenere un rapporto diplomatico con i rappresentanti francesi, inglesi, italiani ed americani rimasti a Mosca16. Il Console Majoni intravedeva in questa benevolenza dei bolscevichi una politica di doppio gioco «dei massimalisti, desiderosi del riconoscimento de jure degli Alleati, sopratutto per servirsene con o contro le Potenze Centrali»17 .

Le condizioni del funzionamento della Missione militare italiana erano garantite dal NKID e da Čičerin personalmente. Per qualsiasi inconveniente relativo alle condizioni in cui si trovavano i militari italiani a Mosca, Romei-Longhena si rivolgeva direttamente al Commissario per gli Esteri. I membri della Missione e del Consolato erano esposti a molte delle privazioni comuni a tutta la popolazione russa in quel periodo. La «peggior sofferenza» secondo Majoni era «la coabitazione forzata, ormai imposta a tutti»18, in altre parole la minaccia di dover cedere i locali abitativi appartenenti al Consolato italiano per ordine delle autorità municipali che riorganizzavano gli alloggi. Inoltre si faceva sentire la mancanza di benzina e il bisogno di trovare cavalli per assicurare il collegamento con gli ex prigionieri stanziati in diverse parti della città; nonché la ricerca disperata di vitto e alloggio per i numerosi soldati italiani confluiti nella capitale da diversi campi di concentramento austriaci: «È da diverso tempo che a Mosca arriva un numero importante di soldati italiani fuggiti dalla prigionia austriaca. Questi soldati sono mantenuti dalla Missione in attesa del loro rientro alla patria. Fino ad oggi sono arrivati in questo modo circa 150 soldati italiani»19 .

L’esito delle richieste italiane da noi analizzate è stato nella maggior parte dei casi favorevole. Le autorità sovietiche – era il NKID che si occupava dei rapporti con la Missione –

14 Sul rimpatrio di prigionieri italiani dell’ex esercito austro-ungarico si veda ibid., pp. 85-97; nonché Quinto Antonelli, I dimenticati della Grande Guerra, Il Margine, Trento 2008, pp. 155-230. 15 Antonello Biagini, In Russia tra guerra e rivoluzione… cit., pp. 131-134. 16 Giorgio Petracchi, La Russia rivoluzionaria... cit., pp. 63-65. 17 Giovanni Cesare Majoni, A Mosca nell’anno rosso… cit., p. 46. All’inizio del suo servizio presso il consolato italiano di Mosca, Majoni chiamava i bolscevichi massimalisti. Lo stesso termine lo usavano i giornalisti italiani ancora poco informati sulla situazione politica in Russia nei primi giorni della rivoluzione d’Ottobre. Si veda al riguardo Guido Donnini, Il 1917 di Russia nella stampa italiana, Giuffré, Milano 1976, pp. 432 e Italia: il diciassette nei giornali, in 1917. La rivoluzione al potere, a cura di Marc Ferro, Giunti, Milano 1988, pp. 46-48. 18 Giovanni Cesare Majoni, A Mosca nell’anno rosso… cit., p. 49. 19 Lettera del Capo di Stato Maggiore della Missione militare italiana R. Pentimalli al Commissariato del popolo per gli affari esteri, Mosca, 23 maggio 1918, AVP RF, F. 98, Op. 2, P. 1, D. 2, L. 17.

annullavano gli ordini sulla restrizione degli spazi abitativi occupati dagli italiani, garantivano gli alloggi per il collocamento dei prigionieri arrivati a Mosca, rilasciavano i certificati che garantivano l’immunità dei mezzi e delle persone che li possedevano. Tra i documenti archivistici si trova addirittura la tessera rilasciata dal NKID al corriere italiano che partiva da Mosca per Vologda – dove si erano trasferiti precedentemente tutti gli ambasciatori – per esercitare il suo mestiere di corriere diplomatico per i Consolati americano, francese e italiano20. Ricordiamo che questa tolleranza fu dimostrata dal governo sovietico a sole due settimane di distanza dalla VI Conferenza interalleata di Versailles (3-5 giugno 1918), durante la quale viene deciso lo sbarco ad Arcangelo, a Murmansk e l’intervento in Siberia. Il NKID assicurava anche il servizio di comunicazione della Missione cercando di risolvere i problemi dei ritardi nel recapito della corrispondenza e concedendo il diritto di mandare telegrammi cifrati in Italia. Un atteggiamento più che favorevole traspare anche nelle diverse disposizioni del vice del Commissario degli Esteri ad interim, ad esempio nell’ordine di consegnare un grande numero di bottiglie di vino «per le necessità della Missione militare italiana»21 .

L’atteggiamento del governo sovietico tuttavia cambiò dopo lo sbarco del contingente inglese al porto di Murmansk nel giugno 1918, che aumentava il numero dei militari francesi e inglesi già presenti sul territorio russo dal marzo 1918. Inoltre, dopo la pubblicazione sul giornale “Naše slovo” (“Parola nostra”) dell’intervista rilasciata da alcuni diplomatici stranieri presenti a Mosca nel giugno 1918, Čičerin inviò a Majoni una lettera in cui gli chiedeva di spiegare le ragioni dell’eventuale intervento militare dell’Italia e dei suoi alleati in Russia cui accennava l’intervista. Alla fine della lettera, Čičerin espresse in russo la

forte speranza che il rappresentante dell’Italia respingerà qualsiasi suo consenso al piano dell’intervento militare sul territorio della repubblica russa. In nome dei rapporti di amicizia tra i popoli della Russia e dell’Italia, sulla solidità dei quali conta la Russia, il Commissario del popolo per gli affari esteri aspetta con fiducia che il rappresentante dell’Italia dichiarerà il dissenso del proprio governo dai piani che provocano la violazione di questi rapporti di amicizia [...]22 .

Non abbiamo la risposta di Majoni alla lettera di Čičerin, ma sappiamo che il Console italiano subito dopo averla ricevuta si esprime contro il disarmo del corpo di spedizione ceco, anzi dichiara «di assumere la protezione ufficiosa della colonia czeka di Mosca»23 . Questa posizione del Consolato italiano insieme alla minaccia dell’intervento degli Alleati, provocò il peggioramento della situazione in cui si trovavano i diplomatici italiani e la Missione militare: «Si accentua in ogni modo l’ostilità contro l’Intesa: impossibile telegrafare ai nostri Governi, vietata la pubblicazione di qualunque smentita o comunicato. Ci è stato per di più inflitto uno speciale castigo, come ai bimbi cattivi: la sospensione del vino, che finora il monopolio statale ci aveva concesso»24. Infatti, sulla richiesta di 60 bottiglie di

20 Tessera rilasciata dal Commissario per gli affari esteri ad Achille Burlazzi, 21 giugno 1918, ibid., F. 98, Op. 2, P. 1, D. 3, L. 11. 21 Lettera del vice del Commissario degli esteri ad interim alla Direzione delle imposte sui consumi della provincia di Mosca, 29 aprile 1918, ibid., F. 98, Op. 2, P. 1, D. 3, L. 1. 22 Lettera di Čičerin a Majoni, 29 giugno 1918, ibid., F. 98, Op. 2, P. 1, D. 1, L. 3. 23 Giovanni Cesare Majoni, A Mosca nell’anno rosso… cit., p. 53. 24 Ibid., p. 56.

vino inviata dal Console italiano alla Direzione delle imposte sui consumi della provincia di Mosca, c’era scritto a matita: «Il vino non può essere consegnato secondo l’ordine del vice del commissario del popolo»25 . Infine, dopo numerose richieste del Console e le sue istanze presso il NKID, la Missione militare italiana partì da Mosca per l’Italia il 26 agosto 1918 con 53 ex prigionieri italiani, subendo dalle autorità sovietiche «ogni sorta di angheria». Il Console stesso insieme ai 274 prigionieri parte da Mosca l’11 settembre 1918. Secondo le richieste indirizzate personalmente a Čičerin, il treno doveva essere composto da «trois wagons de première classe, de 14 de troisième pour les soldats, d’un wagon pour les bagages, un pour la cuisine et deux “plate-formes” pour le transport des deux automobiles appartenant à la mission»26 . Di fatto, invece, come scrive Majoni, «ad eccezione del mio sgangherato vagone di seconda classe, il resto è composto di carri merci, attrezzati con tavole... a vagone-letto e con un po’ di paglia, riscaldato con stufe portatili»27 . Si potrebbe quindi ragionevolmente affermare che subito dopo la rivoluzione d’Ottobre la diplomazia sovietica non dimostrasse avversità nei confronti dei rappresentanti d’uno di quei governi “borghesi capitalistici” che secondo il programma bolscevico dovevano essere rovesciati e spazzati via per mezzo delle rivoluzioni socialiste. Anzi, ai diplomatici e militari italiani era riservato un trattamento privilegiato, probabilmente nella speranza d’evitare la collusione diretta con le potenze europee, che minacciava di capovolgere il neonato regime sovietico subito dopo la sua instaurazione. Si potrebbe ipotizzare che la politica estera sovietica abbia mosso i suoi primi passi spinta dalle necessità della sopravvivenza, che consistevano allora nell’evitare lo scontro diretto e anzi nel conservare rapporti amichevoli. Il mantenimento dei rapporti con le rappresentanze ufficiali rispettando le regole del bon ton diplomatico rivela le intenzioni dei bolscevichi di fare politica estera privilegiando, almeno subito dopo la rivoluzione, i canoni internazionali della diplomazia classica. Questo atteggiamento sarebbe stato messo a dura prova sia dalle scelte fatte dalle potenze dell’Intesa, sia dalla carica rivoluzionaria intrinseca al bolscevismo stesso.

Prima missione sovietica in Italia di Mikhail Vodovozov

Dopo la partenza dei rappresentanti ufficiali italiani dalla Russia nell’autunno del 1918, i rapporti tra i due governi furono interrotti a causa dell’intervento italiano in Russia insieme alle potenze dell’Intesa. Nonostante i ripetuti richiami di Čičerin al fine di cessare l’intervento militare e ristabilire i rapporti diplomatici tra i due paesi28, le autorità italiane si mostrarono esitanti. Queste esitazioni perdurarono nonostante la sempre più intensa pressione socialista in parlamento, l’allargamento degli scioperi a sostegno della rivoluzio-

25 Lettera di Majoni alla Direzione delle imposte sui consumi della provincia di Mosca, 15 luglio 1918, AVP RF, F. 98, Op. 2, P. 1, D. 3, L. 2. 26 Lettera di Majoni a Čičerin, 30 luglio 1918, ibid., F. 98, Op. 2, P. 1, D. 1, L. 16. 27 Giovanni Cesare Majoni, A Mosca nell’anno rosso… cit., p. 74. 28 Tra le carte “italiane” conservate presso l’AVP RF ci sono almeno tre radiogrammi inviati nel periodo dell’intervento da Čičerin al Ministero degli Esteri italiano a Roma: 17 gennaio 1919, 15 febbraio 1919, 31 dicembre 1919.

ne russa e la necessità economica, avvertita con sempre maggiore urgenza, d’uno sbocco sui mercati russi.

Fu necessario attendere ancora quasi due anni prima che il governo italiano intraprendesse il lungo processo del riconoscimento della Russia sovietica e l’avvio dei rapporti con il nuovo Stato socialista. Il primo passo in questo senso fu costituito dalle trattative tra il rappresentante sovietico Maksim Maksimovič Litvinov – in veste di capo della delegazione sovietica del Cetrosojuz29 a Copenaghen – e i rappresentanti delle cooperative italiane, avviate nel marzo 192030. Gli accordi raggiunti con il trattato firmato da Litvinov e dall’addetto navale italiano Gravina il 27 aprile 1920 a Stoccolma, prevedevano lo scambio di delegati in garanzia dell’attuazione dell’accordo31. Dovette passare un altro anno prima che il rappresentante sovietico Vorovskij arrivasse in Italia il 14 marzo 192132. Tuttavia non fu Vorovskij il primo rappresentante ufficiale sovietico a promuovere sul suolo italiano gli interessi del governo bolscevico. Probabilmente in veste ufficiosa agiva già Mikhail Kh. Vodovozov, la cui missione non ha goduto della dovuta attenzione da parte degli storici sovietici33, i quali pur definendolo «rappresentante ufficiale sovietico»34 non ne hanno mai fatto il nome. D’altra parte gli studiosi italiani, basando le loro ricerche solo sui documenti prodotti dalla polizia italiana, non hanno avuto a disposizione materiale utile ad approfondire il carattere della sua missione in Italia nel periodo 1919-192135 .

Vodovozov giunge a Milano nel 1914, da dove è allontanato durante la guerra, e si trasferisce a Roma. È sospetto alla polizia per le sue amicizie tra i socialisti italiani e la frequentazione della redazione dell’“Avanti!”36. In base alla sua attività, alla corrispondenza e ai documenti ufficiali si potrebbe presupporre che dopo la rivoluzione d’Ottobre Vodovozov diventi un rappresentante ufficioso del governo sovietico in Italia. Purtroppo fino ad oggi non è stato possibile trovare negli archivi russi un documento che attribuisca un inca-

29 Creato nel 1898, Cetrosojuz fungeva da organo dirigente delle cooperative di consumo russe prima della rivoluzione d’Ottobre. Dopo la rivoluzione diventò un’organizzazione parastatale, l’unica ad avere il diritto d’effettuare il commercio estero, essendo il rappresentante ufficiale del Commissariato per il commercio con l’estero. 30 I.D. Ostoj-Ovsjanyj, K istorii ustanovlenija diplomatičeskich otnošenij meždu SSSR i Italiej [Contributo alla storia dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra l’URSS e l’Italia], in Leninskaja diplomatija mira i sotrudničestva [La diplomazia leninista di cooperazione e pace], a cura di Viktor Ivanovich Popov, [u.a.], Moskva 1965, p. 69. 31 Giorgio Petracchi, La Russia rivoluzionaria... cit., p. 170. 32 Sulla missione di Vorovskij si veda V.A. Burjakov, Missija V.V. Vorovskogo v Italii v 1921 godu [La missione di Vorovskij in Italia nel 1921], “Voprosy istorii”, n. 2 1971, pp. 131-142; Vjačeslav Kolomiez, Il bel paese visto da lontano...: immagini politiche dell’Italia in Russia da fine Ottocento ai giorni nostri, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2007, pp. 90-104. 33 Cfr. Irina A. Chormač, Otnošenija meždu sovetskim gosudarstvom i Italiej 1917-1924 [Le relazioni tra lo Stato sovietico e l’Italia 1917-1924], Institut rossijskoj istorii RAN, Moskva 1993; nonché I.D. Ostoj-Ovsjanyj, op. cit. e V.A. Burjakov, op. cit. 34 I.D. Ostoj-Ovsjanyj, op. cit. p. 72. 35 Sull’attività di Vodovozov in Italia si veda Antonello Venturi, Rivoluzionari russi in Italia (1917-1921), Feltrinelli, Milano 1979, pp. 83-84, 128; Agnese Accattoli, Rivoluzionari, intellettuali, spie: i russi nei documenti del Ministero degli esteri italiano, Europa Orientalis, Salerno 2013, p. 291; Valentine Lomellini, La grande paura rossa. L’Italia delle spie bolsceviche (1917-1922), Franco Angeli, Milano 2015. 36 Agnese Accattoli, Rivoluzionari, intellettuali, spie… cit., p. 291.

rico preciso a Vodovozov in Italia. Grazie alle diverse indicazioni, testimonianze e allusioni si può comunque ricostruire passo per passo la sua attività in Italia subito dopo il cambio del regime politico in Russia.

Sappiamo che, a cominciare nel 1919, Vodovozov è già attivo in Italia come «instancabile difensore degli interessi dei sudditi russi residenti in Italia» e «gode di una larga popolarità nei circoli politici italiani»37. Questa fama probabilmente era dovuta al fatto che Vodovozov era entrato in stretto contatto coi prigionieri russi inviati al campo di concentramento dell’Asinara alla fine del 191838 e si era impegnato a migliorare le loro condizioni di vita, convincendoli a scegliere il rimpatrio in Russia per combattere dalla parte dei bolscevichi:

La difficoltà maggiore consisteva nell’instaurare un contatto con i prigionieri e nel sospendere il loro reclutamento39. Sono riuscito a raggiungere entrambi gli obiettivi con il viaggio all’isola dell’Asinara che mi è stato concesso con la scorta di due compagni deputati. In seguito a questa visita il contatto tra i prigionieri e la ex Missione militare è stato sospeso. Dopo una adeguata ma breve propaganda, tra i soldati si è stabilita una unione come tra compagni. […] Grazie alle sollecitazioni insistenti presso il governo è stato ottenuto un notevole miglioramento delle loro condizioni, sono state cancellate tutte le tracce e conseguenze del regime zarista militare stabilito dagli ufficiali russi reazionari40 .

Nel marzo 1920 Vodovozov accompagnava a Copenaghen la delegazione socialista italiana incaricata di trattare con Litvinov e Krasin, ufficialmente come interprete del deputato socialista Nicola Bombacci41, ma in realtà come delegato per gli accordi sui prigionieri di guerra42. Ancora prima di lasciare l’Italia, Vodovozov ebbe due incontri con il Segretario Generale del Ministero degli Esteri italiano, Salvatore Contarini, e col primo ministro Francesco Saverio Nitti. Secondo le parole di Vodovozov furono proprio loro ad organizzare i colloqui affinché passassero per suo tramite le comunicazioni alla delegazione russa a Copenaghen sulla disponibilità dell’Italia a ristabilire i rapporti politici ed economici con la Russia. Alla fine del suo resoconto su questi incontri, Vodovozov si diceva fermamente convinto della necessità di «continuare [a fare pressioni sull’Italia] senza sopravvalutare gli eventuali risultati ma nello stesso tempo senza esagerare con il pessimismo»43. Secondo la ricostruzione di Antonello Venturi, basata sugli articoli dell’“Avanti!” – al quale Vodovo-

37 Lettera di un ex ufficiale della Missione militare russa a Roma, S. Tolmačevskij a Vodovozov, Roma 17 dicembre 1919, AVP RF, F. 98, Op. 3, P. 1, D. 3, L. 1. 38 Agnese Accattoli, Russkie voennoplennye v italianskich koncentracionnych lagerjach (19181920) [I prigionieri russi nei campi di concentramento italiani (1918-1920), in Pervaja mirovaja vojna - prolog XX veka [Prima guerra mondiale - prologo del ’900], a cura di Е. Ju. Sergeev, Parte 1, IVI RAN, Moskva 2014, pp 269-272. 39 Si tratta dell’irreggimentazione di prigionieri russi da parte dei rappresentanti della Missione militare russa zarista presente in Italia dall’estate 1915. 40 Rapporto di Vodovozov a Čičerin, Copenaghen, 9 aprile 1920, AVP RF, F. 04, Op. 2, P. 152, D. 2, L. 6-7. 41 In seguito Bombacci si avvicinò al fascismo e fu un esponente della Repubblica Sociale Italiana. Fu fucilato dai partigiani nel 1945 assieme agli altri gerarchi fascisti. 42 Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri (ACS, PCM), Guerra Europea, b. 206, f. 19.29.9. Russia, citato in Agnese Accattoli, Rivoluzionari, intellettuali, spie… cit., p. 291. 43 Rapporto di Vodovozov a Čičerin, 9 aprile 1920, AVP RF, F. 04, Op. 2, P. 152, D. 2, L. 6-7

zov collabora a cominciare dall’estate 1917 – il 27 aprile 1920 egli fu designato da Litvinov quale suo rappresentante in Italia per l’attuazione d’una convenzione sullo scambio di prigionieri di guerra. Pochi giorni dopo fu nominato corrispondente della delegazione russa per l’Italia44. Infatti, tra i compiti affidati a Vodovozov dal capo della delegazione russa a Copenaghen, Krasin, c’era quello di «scoprire al suo ritorno in Italia lo stato del mercato italiano, di inviare alla delegazione il resoconto e il materiale statistico, inoltre di stabilire un contatto permanente con la delegazione [russa a Copenaghen]»45 . Dopo il suo ritorno in Italia, ormai ufficialmente incaricato dalle alte autorità sovietiche, Vodovozov agisce come un vero e proprio rappresentante politico sovietico: con una lettera indirizzata personalmente a Nitti il 29 maggio 1920, tenta di convincerlo a «entrare senza ulteriore ritardo in trattative dirette col Commissario per gli Affari esteri per una rapida elaborazione di un accordo»46. A parte il ruolo d’intermediario politico tra i due governi e d’agente economico tra le cooperative italiane e il Cetrosojuiz, Vodovozov aveva l’ordine da Mosca di «acquisire le scorte di equipaggiamento militare vendute dall’esercito britannico all’est. Egli acquisì anche un grande numero di cappotti, scarpe, selle e munizioni comprati per l’esercito Rosso»47 .

A quanto pare il compito di Vodovozov consisteva anche nell’inviare informazioni sugli umori politici degli operai italiani e sul ruolo del PSI nell’organizzazione delle masse popolari. Riferendosi all’opinione pubblica sulla questione del riconoscimento della Russia sovietica, Vodovozov descriveva così la situazione in Italia:

Dell’atteggiamento degli operai italiani non parliamo neanche. Voi senza dubbio lo conoscete bene: ogni appello ad esso in questo senso [cioè nel senso del riconoscimento della Russia sovietica] riceve la più entusiastica eco. Questo indubbiamente esercita una dovuta pressione sui circoli governativi ma purtroppo, nelle condizioni dell’attuale regime politico in Italia, la massa non può concretizzare questa sua azione che tramite il suo gruppo parlamentare [socialista]. Tuttavia questo è formato da opportunisti che nella loro grande maggioranza sono inclini a seguire le argomentazioni di carattere borghese-internazionale e ad accettare le realtà presentate dal governo italiano. Perciò sul gruppo parlamentare si deve esercitare sempre una forte pressione48 .

In questo passaggio si delinea una chiara critica del rappresentante sovietico nei confronti dei dirigenti del PSI, che secondo lui non rispondono alle aspettative della classe operaia italiana e non sanno cogliere il momento per organizzare meglio le ampie masse popolari a sostegno della Russia bolscevica e del suo riconoscimento politico. Questi due aspetti dell’attività di Vodovozov negli anni 1919-1920 – diplomatica e “lobbista” nel seno del PSI – sembrano rientrare nella più ampia strategia di Lenin di far uscire la Russia

44 Antonello Venturi, Rivoluzionari russi... cit. p. 128. 45 Verbale n. 1 della seduta della Delegazione con i rappresentanti delle Cooperative italiane compagno Bombacci e Vodovozov, 8 aprile 1920, AVP RF, F. 98, Op. 4, P. 2, D. 14a, L. 15. 46 Lettera personale contenuta in ACS, Carte Nitti, fasc. Copie doppie, varie, citato in Giorgio Petracchi, La Russia rivoluzionaria... cit., p. 175. 47 Telegramma da Riga a Čičerin, 10 ottobre 1920, AVP RF, F. 98, Op. 4, P. 2, D. 11, L. 39. 48 Rapporto di Vodovozov a Čičerin, Copenaghen 9 aprile 1920, ibid., F. 04, Op. 2, P. 152, D. 2, L. 6-7.

sovietica dall’isolamento diplomatico per farle riprendere fiato prima dell’assalto decisivo contro la borghesia occidentale.

Infatti nella sua lettera aperta indirizzata a Giacinto Menotti Serrati il 28 ottobre 1919 e pubblicata dall’“Avanti!”, Lenin mette in guardia i socialisti italiani da un’«insurrezione prematura»: «In rapporto con la situazione internazionale dell’Italia, compiti molto difficili stanno davanti al proletariato italiano. Può darsi che l’Inghilterra e la Francia, con l’appoggio della borghesia italiana, tenteranno di spingere il proletariato verso un’insurrezione prematura per schiacciarlo più facilmente. Ma non riusciranno nei loro piani»49 . Invece nel luglio 1920 Lenin cambia parere sulla rivoluzione in Italia e scrive a Stalin che «la situazione nel Komintern è ottima. Zinov’ev, Bucharin ed anche io crediamo che bisognerebbe incoraggiare la rivoluzione immediata in Italia»50 . L’ottimismo di Lenin era sostenuto dalla controffensiva dell’esercito rosso in Polonia, dal rovesciamento di forze nella guerra civile a favore dei bolscevichi, e dall’interruzione degli aiuti agli eserciti bianchi da parte degli ex alleati. Il nuovo “ponte rosso” tra Mosca e Berlino rappresentato dalla Polonia sovietizzata apriva una nuova prospettiva sulla situazione rivoluzionaria in Italia. Le vedute realistiche e flessibili di Lenin sulla impossibile rivoluzione in Italia si trasformarono nella nuova strategia dell’Internazionale, che prevedeva l’aiuto dei bolscevichi ai comunisti italiani nella loro preparazione della rivoluzione socialista51 .

Tornando al protagonista di questo paragrafo, troviamo Vodovozov che in vista dell’imminente arrivo di Vorovskij e della Delegazione commerciale sovietica a Roma nel gennaio 1921, riceve da Krasin tramite il NKID le istruzioni in cinque punti inerenti la sua attività di rappresentante sovietico nelle trattative con le istituzioni italiane. Al primo punto Krasin ordinava di posticipare qualsiasi «operazione importante al momento dell’arrivo di Vorovskij e della delegazione»52. Con l’arrivo della delegazione sovietica ufficiale capeggiata da Vorovskij, secondo le parole di Rondani, deputato socialista, rappresentante delle cooperative italiane a Mosca, Vodovozov «sarebbe ora completamente esautorato, perché non godrebbe la fiducia della delegazione russa»53. Purtroppo, non è ancora possibile confermare o smentire queste informazioni in base ai documenti conservati negli archivi russi. L’unico indizio di questo atteggiamento del NKID verso Vodovozov lo troviamo in una lettera a Vorovskij inviatagli da uno dei dirigenti del NKID – di cui non si è potuto appurare l’identità – il quale, quasi scusandosi, comunica al capo della Delegazione commerciale sovietica che «siamo stati costretti a cedere alle richieste di Krasin di annullare l’invio di Vodovozov dall’Italia in Russia». Dalla lettera si evince che Vorovskij chiedeva con insi-

49 “Avanti!”, n. 332, 5 dicembre 1919. Tra le diverse traduzioni in italiano, questa ci pare la più corretta rispetto all’originale russo pubblicato in Vladimir Il’ic Lenin, Polnoe sobranie sočinenij [Raccolta completa delle opere]. Vol. 31, Moskva Gosudarstvennoe Izdat. Političeskoj Literatury, Moskva 1962, pp. 257-258. 50 Lettera di Lenin a Stalin, 23 luglio 1920, RGASPI, F. 2, Op. 2, D. 343, L. 1, citato in Jakov S. Drabkin-Leonid G. Babičenko-Kirill Kirillovič Širinja, Komintern i ideja mirovoj revoljucii: dokumenty [Il Komintern e l’idea della rivoluzione mondiale. Documenti], Nauka, Moskva 1998, pp. 118-186. 51 Giorgio Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca… cit., pp. 279 sg. 52 Lettera di Krasin al NKID, 31 gennaio 1921, AVP RF, F. 98, Op. 4, P. 2, D. 4, L. 4. 53 Citato in Antonello Venturi, Rivoluzionari russi... cit., p. 128.

stenza l’allontanamento di Vodovozov da Roma perché «ha eseguito male l’incarico del Commissariato per il commercio estero»54 .

Pertanto la missione di Vodovozov presentava numerosi aspetti: egli era responsabile della propaganda e dell’arruolamento nell’esercito Rosso degli ex prigionieri russi in Italia, degli scambi commerciali tra le cooperative italiane e il Cetrosojuz sovietico, intermediario nelle trattative politiche tra il governo di Nitti e quello sovietico; inoltre agiva come fornitore segreto di materiali bellici per l’esercito rosso e, infine, secondo la polizia italiana era un agente segreto sovietico che svolgeva in Italia attività sovversiva. Fra tutte queste funzioni ne emerge un’altra, sicuramente non meno importante: Vodovozov era per il governo sovietico una fonte importante di informazioni sulla situazione italiana.

Nei suoi rapporti forniva descrizioni dettagliate della vita politica ed economica italiana, che costituivano per i sovietici una delle poche fonti sul clima politico-sociale italiano all’indomani della Grande Guerra e durante l’intervento militare contro la Russia sovietica. Inoltre, egli doveva agire in base alle istruzioni ricevute da Mosca per influenzare in qualche modo la situazione interna italiana che doveva essere plasmata in conformità con gli obiettivi a breve termine del governo sovietico. Con la missione di Vodovozov ci troviamo di fronte a un paradosso: un agitatore sorvegliato dalla polizia italiana che entra in contatto diretto col primo ministro per convincerlo ad allacciare rapporti con il governo sovietico. Responsabile davanti a Čičerin, quindi rappresentante ufficioso della diplomazia sovietica, Vodovozov interpreta già quel ruolo di Giano bifronte che diventerà tipico dei diplomatici sovietici in Italia: le forme della diplomazia internazionale non devono comportare la rinuncia all’idealismo rivoluzionario, la fede che funge da tessera d’appartenenza al mondo comunista. Il personaggio di Vodovozov è già un’efficace incarnazione della politica estera bolscevica che, a seconda dell’opportunità politica, utilizza l’uno o l’altro degli strumenti a sua disposizione.

NKID-Komintern: un governo, due strumenti

Alla questione della duplice politica sovietica sono dedicate numerose opere storiografiche55. In questa sede vorremmo focalizzare la nostra attenzione sulla collaborazione fra il Komintern e il NKID come strumenti della politica estera dello stesso governo. Le due strutture fondamentali dell’attività internazionale dei bolscevichi incarnavano due obiettivi correlati, la lotta per la vittoria del comunismo in tutto il pianeta e la sopravvivenza della Russia sovietica56. Con il passare del tempo maturò una sorta di rivalità tra le due istituzioni dovuta innanzi tutto al fatto di operare sullo stesso terreno, ovvero la politica estera sovietica. Nonostante una serie di deliberazioni in merito al funzionamento dei due organi, la confusione dei loro ruoli nell’attività internazionale e in politica estera durò a lungo.

54 Lettera dal NKID a Vorovskij, 16 maggio 1921, AVP RF, F. 098, Op. 4, P. 101, D. 12, L. 8. 55 Vedi infra, nota 3. 56 Alexander Vatlin, L’attività internazionale dell’URSS… cit., p. 15.

La prima conferenza costitutiva del Komintern57 è organizzata sotto la direzione e la supervisione del NKID e personalmente di Čičerin. Il NKID riceve tutti i dati dei rappresentanti che i partiti nazionali mandano a Mosca. Il Commissario per gli Esteri Čičerin è nominato capo della commissione di verifica dei poteri della conferenza58. Fin dal 1919 il Komintern assume la funzione di organo di propaganda del NKID, svolta dalla Sezione della propaganda all’estero dell’IKKI59, che nel 1920 viene rinominata Dipartimento per l’agitazione e la propaganda. Čičerin, il quale prende parte attiva alla preparazione del primo congresso, crede che il Komintern funzionerà sotto il controllo del suo Commissariato.

Lenin60 la pensava diversamente: riteneva che il momento della diplomatničanije (fare diplomazia) fosse ormai passato con la rottura del Trattato di Brest-Litovsk ed era tornato a ragionare con le categorie dell’offensiva rivoluzionaria61. Così Lenin proponeva la candidatura di Zinov’ev alla carica di Presidente del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, mentre Angelica Balabanova e Vorovskij – entrambi strettamente legati alla politica sovietica in Italia, la prima nel passato, il secondo nell’immediato futuro – ne diventavano rispettivamente Segretario e collaboratore. Inoltre Vorovskij era nominato capo della Sezione di propaganda della III Internazionale, mentre Litvinov assumeva l’incarico di rappresentante del Komintern presso il NKID62. Entrambi, com’è noto, lavoravano al servizio del NKID. Che fra le due istituzioni esistesse un’infrastruttura comune è confermato anche dalla decisione presa dall’IKKI, a meno d’un mese dall’istituzione del Komintern, di mettere a disposizione della Segreteria della Terza Internazionale «la radio […] e i corrieri che il NKID utilizza all’estero»63 . Si direbbe che alla fine del 1920 il NKID non tenti neanche di nascondere i suoi legami con l’IKKI. In vista del Congresso del PSI a Livorno, tenutosi dal 15 al 21 gennaio 1921, il capo della diplomazia sovietica fa da intermediario per sollecitare il Ministero degli affari esteri italiano a rilasciare il visto d’ingresso in Italia ai più grandi esponenti del movimento comunista internazionale, Zinov’ev e Bucharin. Anzi, Čičerin non nasconde neanche il vero motivo del viaggio dei due funzionari sovietici in Italia «pour prendre part au congrès du parti Socialiste à Florence [sic, Livorno]. Considérant que les représentants de la aile droite des socialistes indépendants allemands prendront part à ce même congrès la justice la plus élémentaire exige que l’accès ne en soit pas fermé aux représentants du comité

57 Sull’organizzazione e la struttura del Komintern si veda Kermit McKenzie, Сomintern e rivoluzione mondiale, 1928-1943, Sansoni, Firenze 1969, pp. 34-46. 58 Alexander Vatlin, Komintern: idei, rešenija, sud’by [Komintern: idee, decisioni, destini], Rosspen, Moskva 2009, p. 55. 59 IKKI: Ispolnitel’nyj komitet Komunističeskogo internacionala [Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista]. 60 Sul ruolo di Lenin nel Komintern si veda ad esempio Fridrikh Igorevich Firsov, Lenin, Komintern i stanovlenie kommunističeskich partij [Lenin, il Komintern e l’istituzione dei partiti comunisti], Politidzat, Moskva 1985. 61 Alexander Vatlin, Komintern… cit., p. 67. Dopo la vittoria dei paesi dell’Intesa, il 13 novembre 1918 il VCIK annullò il Trattato di Brest-Litovsk. 62 Verbale n. 1 della seduta dell’IKKI (Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista), 26 marzo 1919, RGASPI, F. 495, Op. 1, D. 1, L. 1-2, citato in Jakov S. Drabkin-Leonid G. Babičenko-Kirill Kirillovič Širinja, Komintern i ideja mirovoj revoljucii… cit., pp. 118-119. 63 Ibid., p. 119.

de la Troisième Internationale»64. La richiesta di Čičerin viene respinta dal momento che «le Gouvernement Italien ne peut pas autoriser les citoyens Zinovieff et Boukharin de se rendre in Italie vue leur attitudes précédentes dans des cas analogues»65 .

Del resto nei primi mesi del suo soggiorno a Roma in veste di capo della delegazione sovietica ufficiale, Vorovskij continua ad agire in stretta collaborazione con il Komintern, comunicando al Segretariato le informazioni sul partito socialista, prestando ai comunisti italiani la radio perché a Mosca si potesse «suivre le développement de la crise du Parti Socialiste, et que nous puissons intervenir le cas échéant en toute connaissance de cause»66 . Inoltre Vorovskij, come Vodovozov prima di lui – forse in misura minore – si occupa delle forniture per l’esercito sovietico, come si evince dal suo telegramma segreto cifrato indirizzato a Čičerin: «[...] si potrebbero acquistare ancora 2 aeroplani al prezzo di 250.000 lire. La risposta di Ležava [Vice Commissario del popolo per il Commercio estero dal 1920 al 1922] è stata balorda. I velivoli possono interessare il Registrupr67, il Komintern, oppure Trockij»68. A giudicare dalle istituzioni eventualmente interessate all’acquisto, si può scartare l’ipotesi che gli aeroplani fossero destinati a un uso civile; inoltre vediamo il rappresentante diplomatico sovietico farsi intermediario nelle trattative tra i venditori italiani e il Komintern.

Tra i compiti di Vorovskij rientra anche il mantenimento dei rapporti con il PCdI per il quale egli deve essere una sorta di “guida spirituale”. Questa è l’idea di Lenin, che istruisce il rappresentante sovietico in questi termini: «Lei aiuta i comunisti? Bisogna. Assolutamente bisogna. In estrema clandestinità. Non hanno esperienza. Fanno delle stupidaggini. […] Bisogna insegnargli, insegnargli ed insegnargli come hanno lavorato i bolscevichi – insegnare attraverso gli articoli, attraverso la stampa. Bisogna trovare una persona ed agire tramite essa»69 .

Nella risposta alla lettera di Lenin, Vorovskij dà una descrizione dettagliata delle condizioni politico-economiche in Italia alla vigilia dell’avvento del fascismo, con particolare attenzione ai rapporti fra il PSI e il PCdI. Il capo della delegazione sovietica si rivela un ottimo conoscitore delle lotte frazionistiche nella Sinistra italiana, anzi ammette d’essere parte attiva nell’evolversi della situazione: «È inutile contare sulla scissione [tra i riformisti e i massimalisti]; in caso di scissione è ugualmente inutile contare sull’unione immediata degli scissionisti con i comunisti. Bisogna condurre una politica mirata alla scissione dei socialisti e contenere lo sciovinismo di partito dei comunisti. Noi qui lo facciamo in automatico. È auspicabile che anche il Komintern si attenga fermamente a questa linea».

64 Radiotelegramma di Čičerin al Ministero degli esteri a Roma, 17 dicembre 1920, AVP RF, F. 98, Op. 4, P. 2, D. 1, L. 30. 65 Telegramma da Roma, 8 gennaio 1921, RGASPI, F. 513, Op. 1, P. 36, L. 8. 66 Lettera del Segretariato del Komintern di Mosca a Vorovskij, 6 settembre 1921, ivi. 67 Registrupr del RKKA: Registracionnoe upravlenie Raboče-Krest’janskoj Krasnoj Armii [Direzione di registrazione dell’Armata Rossa dei Lavoratori e dei Contadini], organo centrale dell’intelligence militare. 68 Telegramma di Vorovskij a Čičerin, 13 maggio 1921, RGASPI, F. 513, Op. 1, P. 36, L. 5. Trockij nel periodo dal 1917 al 1923 occupava l’incarico di Commissario degli Affari Militari e Navali. 69 Lettera di Lenin a Vorovskij, 8 settembre 1921, ibid., F. 2., Op. 1, D. 24693, citato in Grant Mkrtyčevič Adibekov-Z.G. Adibekova, Politbjuro CK Rkp(b)-Vkp(b) i Komintern 1919-1943. Dokumenty [Il Politbjuro del Cc della Rkp(b)-Vkp(b) e il Komintern 1919-1943. Documenti], Rosspen, Moskva 2004, p. 96.

Le conclusioni di Vorovskij si basavano su una serie di considerazioni generali riguardo alla situazione italiana:

1. Il calo dell’ondata rivoluzionaria che accompagna una generale crisi economica che interessa tutte le industrie in Italia e che cresce ogni giorno minacciando gravemente la classe operaia 2. La reazione politica che avanza spontaneamente con questa crisi e che si manifesta come la concentrazione delle forze borghesi contro il movimento proletario e 3. L’impressione ancora troppo viva della recente scissione, che impedisce anche solo di pensare ad un qualsiasi avvicinamento tra i partiti divisi70 .

L’ingerenza di Vorovskij nella politica interna italiana, tramite l’appoggio all’ala estrema del PSI e il diretto intervento sul PCdI, fu sostenuta dai finanziamenti sovietici inviati ai comunisti italiani tramite i canali diplomatici. Un legame tra il Komintern, i comunisti italiani e Vorovskij – quindi il NKID – lo troviamo nel telegramma segreto di Vorovskij inviato a Čičerin, in cui quest’ultimo viene informato della consegna d’una «somma» a Umberto Terracini, e cioè che il «controllo [della situazione] è completamente nelle nostre mani». Vorovskij sollecita l’invio del resto della somma di denaro inviata a Terracini71 . Infine, lo stretto affiancamento del polpred (rappresentante plenipotenziario) sovietico a Roma da parte d’uno dei più noti funzionari del Komintern, Jan Straujan72, testimonia il forte legame fra le due istituzioni presenti in Italia.

Attività informativa degli agenti del Komintern in Italia

Ma l’azione principale del governo sovietico sul partito socialista prima e comunista poi, è esercitata dagli agenti segreti del Komintern che si trovavano in Italia ancora prima della rivoluzione d’Ottobre73. È il caso innanzi tutto di Nikolaj M. Ljubarskij – pseudonimo Carlo Niccolini – che collaborava, come anche Vodovozov, con l’“Avanti!”, aveva fondato in Italia il giornale della Terza Internazionale “Comunismo” ed era stato intimo amico di Serrati74. Nelle lotte interne al PSI s’inseriscono altri tre agenti del Komintern inviati in Italia: Vladimir A. Dёgot’, Sofia I. Sokolovskaja e Daniil S. Ridel’.

Insieme alla Sokolovskaja, Dёgot’ arrivò in Italia nel gennaio 192075 e invece di sostenere Serrati come Ljubarskij, finanziò il settimanale del gruppo gramsciano “Ordine

70 Lettera di Vorovskij a Lenin, Roma, 25 settembre 1921, RGASPI, F. 2, Op. 1, D. 21029, L. 1-5 citato in Komintern protiv fashizma: dokumenty [Il Komintern contro il fascismo: documenti], Nauka, Moskva 1999, pp. 54-55. 71 Telegramma di Vorovskij a Čičerin, 23 dicembre 1921, RGASPI, F. 513., Op.1, D. 36, L. 17. 72 Straujan fu nominato primo Segretario presso la Missione di Vorovskij in Italia. 73 Si veda, sugli agenti del Komintern, V. Leont’ev, Gruppa “russkich bol’ševikov” v Italii i emissary Kominterna (1917-1922) [Il Gruppo di “bolsceviki russi” in Italia e gli emissari del Comintern], in Russkie v Italii: kul’turnoe nasledie emigracii [I russi in Italia: l’eredità culturale dell’emigrazione], a cura di Michail Grigor’evič Talalaj, Russkij put’, Moskva 2006, pp. 57-58. 74 Antonello Venturi, Rivoluzionari russi... cit., pp. 196-211. 75 Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano. Vol. 1. Da Bordiga a Gramsci, Einaudi, Torino 1967, p. 67. Sull’attività di Dёgot’ in Italia si veda V. Leontiev, Gramsci. La sposa mandata da Lenin, “Corriere della sera”, 24 febbraio 1999; Serge Noiret, Nitti e Bombacci. Aspetti di un dia-

Nuovo”76. Lasciò l’Italia nel 1921 mettendosi d’accordo con Vorovskij al fine di mantenere per suo tramite i contatti con l’IKKI, allo scopo di far pervenire le informazioni sul paese77 . Neanche Dёgot’, come Vodovozov, aveva grande considerazione del PSI negli eventi del “biennio rosso”. Secondo l’agente del Komintern «in quel periodo il partito socialista non faceva altro che cercare di spegnere il fuoco della rivoluzione», perciò le sue azioni in seno al PSI e poi al PCdI puntavano alla «presa del potere da parte della classe operaia attraverso la lotta di classe rivoluzionaria»78 .

L’attività di Dёgot’ in Italia è diventata in sede storiografica oggetto di diverse interpretazioni. Così, per Antonello Venturi la sua funzione in Italia era assolutamente passiva79 . Lo storico russo Leontiev, che ha avuto a disposizione documenti d’un archivio privato moscovita non ben specificato, interpreta l’attività di Dёgot’ in un’ottica sovversiva, diretta cioè, secondo le idee dei teorici di Mosca, a sollevare in Italia la rivoluzione socialista, ritenuta assai probabile80. Anche secondo Serge Noiret il ruolo di Dёgot’ nella storia dell’Italia postbellica è stato estremamente importante, ma per un motivo contrario: insieme agli altri inviati bolscevichi, Wisner81 e Vodovozov, egli sarebbe stato lo strumento di Lenin per fare pressione sul governo di Nitti per favorire gli interessi della Russia sovietica. Secondo l’ipotesi di Noiret, Lenin era contrario a una rivoluzione prematura in Italia e riteneva che dovesse essere impedita a tutti i costi tramite l’attività degli emissari segreti in seno al PSI. Quindi la politica del Komintern nel 1919 doveva assecondare gli obiettivi della diplomazia sovietica che cercava in tutti i modi di far uscire la Russia dall’isolamento diplomatico e dall’accerchiamento militare82. In ogni caso gli storici concordano sull’insufficienza di testimonianze concrete relative all’attività di Dёgot’ in Italia e sul suo ruolo nelle vicende del paese.

Un altro agente segreto che lavorò successivamente in Italia in seno al partito socialista fu Heller (pseudonimo Chiarini). Giunse in Italia con il preciso incarico di referente del Komintern, un incarico subordinato rispetto al vero e proprio rappresentante della Terza Internazionale in Italia che era Ljubarskij83. Particolarmente attivo nel 1921, Heller inviò una copiosa corrispondenza direttamente a Zinov’ev e ad altri alti funzionari del Komintern descrivendo la situazione politica in Italia, lo stato delle lotte operaie e lo sviluppo sia

logo impossibile. I bolscevichi contro la rivoluzione italiana. Novembre 1919-febbraio 1920, “Storia contemporanea”, n. 3 1986, pp. 397-441. 76 Michail Panteleev, Agenty Kominterna: soldaty mirovoj revoljucii [Agenti del Comintern: soldati della rivoluzione mondiale], Jauza, Moskva 2005, p. 126. 77 Ibid., p. 129. 78 Aleksandr Kolpakidi-J. Leontiev, Il peccato originale. Antonio Gramsci e la fondazione del PCd’I, in PCI. La storia dimenticata, a cura di Sergio Bertelli e Francesco Bigazzi, Mondadori, Milano 2001, pp. 25-60. 79 Antonello Venturi, Rivoluzionari russi... cit., p. 245. 80 Aleksandr Kolpakidi-J. Leontiev, Il peccato originale… cit., p. 33. 81 Aron Abramovič Wisner fu un noto bolscevico emigrato dalla Russia zarista in Italia. Svolse in Italia attività clandestina dopo la rivoluzione d’Ottobre. In seguitò lavorò nel Gabinetto politico di Molotov, per poi sparire nel 1937, vittima delle purghe staliniane. Vedi in merito Agnese Accattoli, Rivoluzionari, intellettuali, spie… cit., pp. 288-290 e V. Leont’ev, Gruppa “russkich bol’ševikov” v Italii… cit., pp. 54-56. 82 Serge Noiret, Nitti e Bombacci… cit., p. 419. 83 Antonello Venturi, Rivoluzionari russi... cit., p. 248.

del PSI che del giovane PCdI. Chiarini-Heller si soffermava spesso sull’inerzia, l’inesperienza e, addirittura, sul sabotaggio operato dal PSI nei momenti decisivi della rivoluzione proletaria che secondo lui era imminente in Italia. Così, a Jules Humbert-Droz, il membro svizzero del Segretariato del Komintern a Mosca, egli comunicava i suoi successi nel sostenere il PCdI: «L’évolution du notre partie va bien, un peu lentement, mais bien basée, le travail du propagande d’organisation, de coordination e d’inquadramento va très bien»84 .

Nel resoconto indirizzato a Zinov’ev, Heller sottolineava il suo ruolo d’«addestratore» di gruppi di combattimento pronti ad agire contro le squadre fasciste: «Adesso prestiamo molta attenzione all’armamento delle masse ed alla preparazione dei nostri “militanti” e battaglioni. Ma la situazione è ancora molto difficile, piena di contraddizioni e incognite»85. I problemi maggiori Chiarini-Heller li vedeva nell’organizzazione della stampa propagandistica, a causa della «mancanza nel partito di forze intellettuali e organizzative»86 . Nonostante l’impressione che può suscitare l’ultima citazione, i resoconti di Heller-Chiarini erano caratterizzati da notevole ottimismo, un alto livello di presunzione e la profonda convinzione che gli imminenti e certi successi del PCdI in Italia avrebbero portato all’azione comune di tutta la classe operaia sempre più stretta attorno al partito marxista.

[…] Si è scoperto che nel momento decisivo le masse si raggruppano intorno a noi. L’organizzazione del partito procede abbastanza velocemente e bene e il suo peso cresce ogni giorno. Ma bisogna rafforzare ancora di più l’attività e concentrare tutti gli sforzi perché l’organizzazione e la preparazione siano più veloci visto che la situazione sta diventando e diventerà sempre più difficile e accesa. La borghesia e il governo vedono il loro principale nemico nel partito comunista (del partito socialista tutti i giornali parlano come dei peccatori pentiti e con questi sperano di schiacciarci). La crisi economica aumenta, la disoccupazione cresce, la borghesia dopo aver raggiunto l’apice delle proprie forze e considerando la disorganizzazione del PSI ha cominciato a lavorare sul nostro disordine (che sta già diventando minaccioso) perché capisce che questo è il momento giusto per la preparazione e lo spiegamento della sua offensiva per non essere schiacciata dopo. Io e L87, quando egli era qui, da parte nostra facevamo tutto il possibile per aiutare i nostri compagni a fare pressione sul C[omitato] C[entrale] (con il quale noi collaboravamo in pieno accordo) per rafforzare ed intensificare il lavoro per non trovarci presi alla sprovvista come spesso è capitato con il vecchio partito. E c’è tanto da fare, visto che dobbiamo creare e riorganizzare: nel vecchio partito si erano abituati alla superficialità (la maggior parte non pensava sul serio alla rivoluzione proletaria e a prepararsi ad essa). Dobbiamo organizzare tutta l’attività clandestina a cui gli italiani alla fine non sono abituati e dare a tutto il partito un carattere disciplinato e combattivo88 .

28. 84 Lettera di Chiarini [Heller] a Humber-Droz, 5 ottobre 1921, RGASPI, F. 513., Op. 1, D. 29, L.

85 Secondo le ricostruzioni eseguite in base ai documenti dell’Archivio Centrale di Stato di Roma da Agnese Accattoli, Chiarini si incaricava di trasportare carichi di armi da Trieste a Firenze. Si veda pertanto ACS, il fondo PS. Documenti sequestrati al partito comunista italiano (Movimento comunista in Italia e all’estero, Ministero Nitti) 1919-1920. Scatola 1. 86 Lettera di Chiarini [Heller] a Zinov’ev, 15 dicembre 1921, RGASPI, F. 513., Op. 1, D. 29, L. 30. 87 Si intende probabilmente Ljubarskij. 88 Resoconto di Chiarini [Heller] sulla situazione in Italia, 22 marzo 1921, RGASPI, F. 513., Op. 1, D. 29, L. 7.

Alla fine del 1921 Heller-Chiarini scrive un’altra lettera a Zinov’ev con il resoconto dello sciopero organizzato dagli operai a Roma durante il terzo Congresso dei Fasci di Combattimento, tenutosi dal 7 al 10 novembre. Mettendo in rilievo «lo spirito combattivo» delle masse italiane, Heller-Chiarini tuttavia constata il cambiamento della situazione in Italia rispetto a pochi anni prima e le sempre crescenti difficoltà nel contrastare le forze fasciste:

Questo sciopero generale a Roma ha un grande significato per noi. Anzitutto, ha colpito i fascisti durante il loro primo Congresso di fondazione del partito89. Inoltre, ha dimostrato che nelle masse si sveglia di nuovo lo spirito della resistenza e del combattimento. Lo sciopero ha avuto successo nel senso che per quattro giorni nonostante tutte le misure tutto è stato paralizzato e la popolazione ha assunto un atteggiamento ostile verso i fascisti. D’altra parte, si è dovuto constatare con tristezza quanto sono cambiate le condizioni a favore della borghesia rispetto a 1,5-2 anni fa. Come allora noi, adesso sono i fascisti i padroni della città (almeno in centro). Per una settimana circa 30 mila sostenitori di Mussolini perfettamente armati (pistole, coltelli e bombe) hanno terrorizzato la città sotto la protezione di poliziotti e militari. Tuttavia lo sciopero ben organizzato e la preparazione militare dimostrata dalle masse lavoratrici si è rivelata una grande sorpresa per loro90 .

Chiarini-Heller si trovava in una posizione chiave per la questione dei finanziamenti del PCdI da parte del Komintern e più precisamente da parte della sua Sezione Rapporti Internazionali, l’OMS (Otdel Meždunarodnoj svjazi), sotto la direzione di Osip A. Pjatnickij, divenuta lo strumento privilegiato con il quale il potere sovietico estendeva il suo controllo sugli altri partiti comunisti91. Nel dicembre 1921 Chiarini-Heller scriveva a Zinov’ev d’aver inviato a Pjatnickij il budget del PCdI per i «tre mesi correnti con allegata una nota esplicativa» e chiede al Presidente del Komintern di approvare il prima possibile l’erogazione delle somme richieste per non «lasciare il partito senza mezzi». Inoltre aggiungeva: «anche se si è costretti a spendere molto per il PCdI, i soldi sono spesi in modo ragionevole e con profitto e buoni risultati»92. Chiarini-Heller aveva tutti i motivi di rivolgersi a Zinov’ev chiedendogli d’aumentare i finanziamenti ai comunisti italiani. Alcuni mesi prima in una lettera indirizzata ad Amadeo Bordiga e Nicola Bombacci, Zinov’ev aveva promesso «un aumento dell’aiuto finanziario per dare la possibilità di sviluppare il lavoro [di propaganda tramite la stampa, in questo caso]»93 .

Nella stessa lettera Zinov’ev, evidentemente in base ai resoconti a lui inviati dai rappresentanti del Komintern in Italia, affermava di «non aver nessun dubbio che obbiettivamente la situazione in Italia continua a rimanere rivoluzionaria»94. Dunque, Chiarini-Heller e gli altri agenti del Komintern costituivano un altro tipo di fonte rispetto a quella diplomatica a disposizione del governo sovietico sulla situazione italiana. I suoi resoconti e quelli di Ljubarskij sono conservati presso l’Archivio Russo di Stato della Storia Poli-

89 Durante il terzo Congresso dei Fasci di Combattimento, fu deciso lo scioglimento del movimento e l’istituzione del Partito Nazionale Fascista. 90 Lettera di Chiarini [Heller] a Zinov’ev, 15 dicembre 1921, RGASPI, F. 513., Op. 1, D. 29, L. 30. 91 Victor Loupan-Pierre Lorrain, L’argent de Moscou. L’Histoire la plus secrète du PCF, Plon, Paris 1994, p. 79. 92 Lettera di Chiarini [Heller] a Zinov’ev, 7 dicembre 1921, RGASPI, F. 513., Op. 1, D. 29, L. 42. 93 Lettera di Zinov’ev a Bordiga, Bombacci e a tutti i compagni assenti al Terzo Congresso del Komintern, 1 agosto 1921, ibid., F. 324., Op. 1, D. 548, L. 70. 94 Ivi.

tico-Sociale (RGASPI)95. Il loro attento spoglio insieme alle memorie di Dёgot’ potrebbe fornire qualche chiarimento sulle decisioni prese dal governo sovietico sulla scissione di Livorno, le scelte tattiche del PCdI e l’atteggiamento verso i leader socialisti. Bisognerebbe confrontare le informazioni ricevute dal governo sovietico attraverso i canali del Komintern con i resoconti inviati dai diplomatici sovietici in Italia, data la posizione critica e probabilmente più realistica di questi ultimi rispetto al PCdI.

Diplomatici sovietici versus Partito Comunista d’Italia

L’originario intreccio fra il NKID e il Komintern si scioglieva gradualmente man mano che i diplomatici sovietici assumevano la consapevolezza della difficoltà d’agire sul palcoscenico internazionale rappresentando tutte e due le istituzioni. A quanto pare, al 1921 risalgono le prime tracce del conflitto d’interessi tra il NKID e il Komintern. Alcuni episodi dell’attività dei diplomatici sovietici in Italia sono emblematici in questa prospettiva. Così, alla richiesta di Litvinov di sollecitare il visto per Anatolij Vasil’evič Lunačarskij, che doveva assistere al Congresso del PSI come rappresentante del Komintern, Vorovskij risponde che non si poteva «chiedere il visto per Lunačarskij, che è abbastanza famoso qui, senza motivare il suo viaggio. Indicare il vero motivo significa sollecitare attraverso le istituzioni statali la rappresentanza del Komintern al Congresso socialista. Indicare, invece, il motivo falso significherebbe screditare i nostri rappresentanti, il che non è ammissibile e non è degno della Repubblica»96. Abbiamo visto che a partire dal 1919 le linee d’azione della diplomazia sovietica e del Komintern in Italia erano state strettamente intrecciate e confuse tra loro: la missione ambigua di Vodovozov, il ruolo della delegazione ufficiale sovietica a Roma d’intermediaria fra il Komintern, il PSI e il PCdI e gli agenti segreti della Terza Internazionale. Tuttavia un anno dopo l’arrivo di Vorovskij a Roma in veste di rappresentante ufficiale della RSFSR97, cominciano a delinearsi i due diversi profili della politica estera sovietica.

Dopo aver conosciuto meglio la situazione italiana e le condizioni alle quali la Russia sovietica avrebbe potuto ottenere non solo tutti i vantaggi del commercio con l’Italia, ma anche il riconoscimento politico, Vorovskij diviene via via più cauto nel manifestare il legame fra il Komintern e la diplomazia ufficiale che lui incarnava. Uno dei primi segni di questo nuovo atteggiamento è la posizione assunta rispetto alla decisione del Politbjuro del 1° novembre 1922 di richiamare la sua missione e quella commerciale da Roma in segno di protesta contro «l’aggressione ai danni della Missione commerciale e il trattamento inappropriato da parte dei fascisti con il corriere italiano [che prestava i suoi servizi alla Missione sovietica]». Litvinov non nasconde il vero motivo del gesto: «un atto contro il fascismo che deve dare una certa soddisfazione agli operai italiani»98. Vorovskij si oppone alla decisione del Politbjuro e chiede di non richiamare la Rappresentanza sovietica

95 Per la precisione, Fondo 513: “Il partito comunista italiano”. 96 Resoconto n. 18 di Vorovskij inviato a Litvinov, 1 novembre 1921, AVP RF, F. 98, Op. 20, P. 153, D. 19, L. 31. 97 Con l’Accordo preliminare italo-russo, firmato il 26 dicembre 1921, si riprendevano i rapporti economici e commerciali fra i due paesi. 98 Lettera di Litvinov a Krestinskij, 13 novembre 1922, AVP RF, F. 98, Op. 20, P. 153, D. 19, L. 31.

dall’Italia considerando l’inopportunità del gesto in quel momento per gli interessi della RSFSR, visto che riteneva imminente il riconoscimento diplomatico da parte dell’Italia.

Alcuni mesi prima, spinto sempre dagli interessi nazionali e dal proprio ruolo di diplomatico, Vorovskij non si ferma davanti al conflitto con uno dei leader del PCdI, Bordiga. Usando i canali del PCdI, la moglie del comunista Ferruccio Virgili che si trovava a Mosca, richiede il visto per la Russia, successivamente sollecitato da Bordiga. Vorovskij dubita del motivo politico del viaggio di Elena Virgili e respinge la richiesta del visto «senza rispettare tutte le formalità precisando che il visto sarà rilasciato solo se essi [cioè i membri del PCdI] confermeranno che la Virgili va in Russia come delegato al Congresso, oppure se spiegheranno il carattere dei suoi compiti speciali»99. Difendendo la sua funzione di «persona di fiducia del governo sovietico», Vorovskij cerca così di stabilire il primato della diplomazia sovietica sugli interessi d’un singolo partito comunista che agiva in base ai principii dell’internazionalismo comunista.

Una battaglia personale ancora più decisa è condotta da Vorovskij nel febbraio-marzo 1923100, dopo la dichiarazione della «crociata contro il fascismo in generale e il governo fascista in particolare»101. Convocato da Mussolini, egli deve rispondere alle sue domande sul carattere del legame fra il governo sovietico e il Komintern. Davanti al proprio governo cerca di difendere la tesi della necessità di stipulare «un accordo ufficioso con il governo fascista sui limiti e le forme della propaganda diffusa da entrambe le parti», richiamandolo in questo modo a una politica realistica che contempli l’uso di mezzi diplomatici per risolvere l’impasse nei rapporti con Mussolini. Per il governo sovietico invece ciò equivale a considerare il Komintern come «un’organizzazione privata che agisce sul territorio russo e dipende dal governo sovietico, il che scredita il suo ruolo politico»102 .

Pur essendo al corrente della situazione politica dei partiti di Sinistra italiani e addirittura partecipando in modo attivo al processo di rafforzamento del PCdI, Vorovskij si dimostra realista nei confronti dei comunisti italiani. A differenza di Heller, i cui i resoconti traboccano di grandi speranze, Vorovskij scrive che i comunisti «non sono solo deboli ma anche monchi» e che «agiscono lentamente e con stanchezza»103. Le discrepanze tra le informazioni ricevute a Mosca dai due canali emergono esplicitamente dalla lettera di Eugen Varga a Zinov’ev del 6 agosto 1922: Varga indica i punti di divergenza tra la visione di Čičerin sulla situazione italiana – quindi in un’ottica diplomatica – e la sua, cioè d’un alto funzionario del Komintern.

Vorrei fare alcune osservazioni personali in merito al “segreto” resoconto italiano datato 1 agosto 1922 e inviato da Berlino durante la mia assenza. Sospetto che il resoconto sia stato redatto sotto la

99 Lettera di Vorovskij a Ganeckij, 25 ottobre 1922, ibid., F. 98, Op. 25, P. 102, D. 29, L. 65. 100 A questo proposito si veda anche Vjačeslav Kolomiez, Il bel paese visto da lontano... cit., pp. 94-95. 101 Lettera di Vorovskij a Litvinov, 8 marzo 1923, AVP RF, F. 098, Op. 6, P. 103, D. 46, L. 28. Probabilmente si intende la decisione presa durante la seduta congiunta dell’IKKI e il Comitato esecutivo del Profintern – organizzazione internazionale dei sindacati comunisti istituita dal Komintern – il 3 gennaio 1923, al fine di costituire la Fondazione internazionale della lotta contro il fascismo. Si veda in merito Komintern protiv fashizma... cit., p. 80. 102 Lettera di Litvinov a Vorovskij, 26 febbraio 1923, ibid., F. 04, Op. 20, P. 154, D. 25, L. 11. 103 Lettera di Vorovskij a Čičerin, 14 agosto 1921, ibid., F. 04, Op. 20, P. 153, D. 19, L. 19.

forte influenza esercitata dal compagno Čičerin nelle numerose conversazioni con il mio collaboratore italiano. Credo che non sia giusto: 1) Che il livello della vita della classe media in Italia sia effettivamente aumentato. 2) Che le condizioni del proletariato rispetto al fascismo siano così disperate104 .

La visione ottimista e rosea della situazione in Italia, corrispondente alle aspettative dei bolscevichi, si può leggere in un articolo di Mátyás Rakosi, all’epoca Segretario dell’IKKI e pubblicato sulla “Pravda” del 28 novembre 1924. Il polpred sovietico, Konstantin Jurenev, rimane indignato della pubblicazione dell’articolo dedicato all’Italia e dall’esagerato ruolo attribuito al PCdI nella politica italiana. «A chi servono queste bugie?»105 chiede Jurenev scandalizzato. Egli, come il suo predecessore Vorovskij, continua ad insistere sulla «estrema debolezza dei nostri amici. Soprattutto debole è il loro quartiere generale; non hanno leader forti»106. Ovviamente non possiamo dimenticare il famoso episodio dell’invito di Mussolini a Jurenev pochi giorni dopo l’omicidio di Matteotti. Il diplomatico sovietico senza aver ricevuto una palese approvazione del Politbjuro, decide di non disdire il pranzo nonostante le forti proteste del partito comunista e di Gramsci personalmente. Jurenev, come prima Vorovskij, affronta consapevolmente il conflitto con gli “amici italiani” privilegiando gli interessi della diplomazia nazionale a discapito delle idee rivoluzionarie internazionalistiche. Vorovskij e Jurenev, rappresentanti ufficiali della RSFSR in Italia, a differenza di Vodovozov la cui funzione non è mai stata chiarita fino in fondo, si sentivano evidentemente molto più responsabili delle azioni che intraprendevano in veste di diplomatici. La causa della diplomazia sovietica, la sua trasparenza e la sua reputazione diventano in qualche modo la loro causa personale. La difesa della diplomazia sovietica dalle intricate connessioni con l’azione del Komintern trova nei due polpredy sovietici dei fedeli sostenitori, che insieme a Čičerin prima e Litvinov poi, privilegiano la visione della Realpolitik rispetto a quella del fanatismo rivoluzionario, accantonato infine dallo stesso Stalin.

Conclusioni

Lo sguardo sin qui volto sulla politica sovietica in Italia agli inizi del suo lungo e tortuoso percorso porta a riflettere almeno su quattro punti. Il primo riguarda la politica bolscevica nei confronti dell’Italia e le intenzioni dei leader sovietici di estendervi la rivoluzione proletaria. Nei primi mesi dopo la rivoluzione d’Ottobre, prevalse la consapevolezza della necessità di garantire la pace esterna per poter vincere le battaglie interne. Fallita questa strategia con l’intervento militare dell’Intesa viene costituita la Terza Internazionale, la quale pose il problema della natura della politica estera sovietica, da allora articolata su due binari. Essendo di fatto il NKID e il Komintern due strumenti dello stesso governo, tali binari si alternarono secondo le necessità immediate del governo sovietico.

La politica variabile di Mosca verso un’eventuale rivoluzione in Italia si dimostra appunto nell’attuazione simultanea di due canali, uno finalizzato agli interessi nazionali della

104 Lettera di Varga a Zinov’ev, citato in Komintern protiv fashizma... cit., p. 63. 105 Lettera di Jurenev a Litvinov, 6 dicembre 1924, AVP RF, F. 04, Op. 20, P. 155, D. 44, L. 144. 106 Lettera di Jurenev a Litvinov, 4 novembre 1924, ibid., F. 04, Op. 20, P. 155, D. 44, L. 80.

Russia sovietica, l’altro agli interessi della lotta proletaria internazionale. I tentativi d’istigare i comunisti italiani ad una decisa politica finalizzata alla presa del potere, nonché l’attività sovversiva di agenti segreti andavano di pari passo con la diplomazia sovietica che, anche se a volte sosteneva i rappresentanti del Komintern in Italia, insisteva sullo sviluppo pacifico dei rapporti italo-sovietici negli interessi nazionali russi. La seconda riflessione riguarda i modi in cui si raccoglievano le informazioni spesso contraddittorie sulla situazione interna in Italia e in particolare sulla Sinistra italiana. Queste fonti d’informazione, che il governo sovietico riceveva tramite due canali diversi, in fin dei conti rappresentavano due modi differenti di vedere la realtà italiana e intenderla alla luce dell’idealismo rivoluzionario. L’ambiguità della politica sovietica verso l’Italia ci porta alla terza riflessione: la particolarità della presenza dei sovietici sul suolo italiano. Sappiamo che sia i rappresentanti ufficiosi del governo bolscevico, sia i primi agenti del Komintern cominciarono ad operare in Italia nel 1919 a meno di due anni di distanza dalla rivoluzione d’Ottobre. Alcuni di loro, come Vodovozov, erano già presenti in Italia prima della Grande Guerra; altri invece, come Dёgot’, furono inviati in Italia da altri paesi europei. Fin dall’inizio la presenza sovietica in Italia si caratterizza per una profonda ambiguità dal punto di vista delle funzioni di questi agenti segreti e semi-segreti, che fungono sia da propagandisti sovversivi che da intermediari tra i due governi. Infine, la quarta riflessione riguarda la dinamica della coesistenza dei due binari della politica estera sovietica. I documenti esaminati negli archivi russi dimostrano abbastanza chiaramente, nel caso italiano, la progressiva e sempre più netta divisione tra le attività promosse dal NKID, rappresentato dai polpredy sovietici – Vorovskij e Jurenev nel nostro caso – e il Komintern, la cui intromissione negli affari della diplomazia ufficiale è sempre meno tollerata da parte dei diplomatici. La conclusione che mi sento di trarre è che sembra non sufficientemente documentata l’affermazione di parte della storiografia secondo la quale il NKID risultava in una posizione sostanzialmente subordinata e ausiliaria, con un ruolo di supporto alle iniziative del Komintern107 .

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