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Abstracts

ABSTRACTS

Filippo Focardi, La sfida del patriottismo repubblicano: la “guerra della memoria” del Presidente Ciampi

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Durante i sette anni del suo mandato come Presidente della Repubblica, dal 1999 al 2006, Carlo Azeglio Ciampi ha svolto un’intensa politica della memoria volta a rifondare e rilanciare un patriottismo repubblicano come fattore di coesione rispetto alle tensioni prodotte dallo scontro politico interno e come risposta alle istanze antiunitarie della Lega Nord. L’azione di pedagogia civile nazionale del Presidente Ciampi si è sviluppata attraverso il rilancio di simboli – l’inno di Mameli e il tricolore – nonché luoghi – il Vittoriano e il Palazzo del Quirinale – e ricorrenze – la festa della Repubblica del 2 giugno.

Un particolare impegno è stato profuso dal Presidente sul terreno della memoria attraverso la costruzione di una master narrative basata sull’asse di riferimento Risorgimento-Resistenza-Repubblica-Unione Europea. Ciampi ha così promosso una memoria istituzionale finalizzata a integrare patriottismo nazionale e appartenenza europea. Il Quirinale ha avuto successo nel contrastare gli attacchi più radicali del revisionismo contro la Resistenza. Resta però ancora da compiere un’adeguata resa dei conti del paese con l’esperienza del regime fascista.

During the seven years of his term as President of the Republic, from 1999 to 2006, Carlo Azeglio Ciampi has carried out an intense politics of memory which tends to reestablish and revitalize a republican patriotism, intended as a factor of cohesion, as opposed to the tensions produced by the internal political conflict, and also intended as a response to instances of the separatist Lega Nord. The action of civil and national pedagogy of President Ciampi was developed through the revival of symbols (the national anthem and the Italian flag) as well as places (Vittoriano and the Quirinale Palace) and anniversaries (the Day of the Republic of June 2). A special effort was made by the President on the ground of memory through the construction of a master narrative based on the reference axis Risorgimento-ResistanceRepublic-European Union. Ciampi has thus promoted an institutional memory aimed to supplement a national patriotism and an European belonging. The Quirinal has been successful in counteracting the more radical revisionism’s attacks against the Resistance. But it remains still to be made by the Italian nation, a proper reckoning with the experience of the fascist regime.

Paolo Savona, Il modello economico di riferimento implicito nell’azione di Carlo Azeglio Ciampi da Governatore della Banca d’Italia e da Ministro del Tesoro

Questo saggio si propone di individuare, utilizzando i paradigmi noti in letteratura, quale modello economico di riferimento implicito vi è stato nell’azione di Carlo Azeglio Ciampi come Governatore della Banca d’Italia e come Ministro del Tesoro, negli anni in cui egli ha guidato l’Italia ad aderire all’euro fin dall’inizio.

Le conclusioni raggiunte accreditano l’interpretazione secondo la quale vi sono state tre fasi nella sua azione politica ed economica. In primo luogo, Ciampi ha ereditato dal suo predecessore alla guida della Banca d’Italia, Paolo Baffi, l’approccio monetario neoquantitativo che era diventato necessario a causa di squilibri esterni e dell’alta inflazione interna. Egli è poi passato ad una considerazione monetarista dei modi di funzionamento dell’economia italiana, seppur divergendo dall’interpretazione “economica” – o “di mercato” – della disoccupazione, sacrificando così l’approccio keynesiano che si era diffuso in Banca d’Italia, e che aveva comportato la realizzazione degli investimenti pubblici volti a conseguire la piena occupazione. Dopo la firma del trattato di Maastricht, Ciampi ha ignorato la logica di fondo del modello di riferimento di Baffi nonché il suggerimento – avanzato anche da Federico Caffè – sul pericolo d’un regime di cambi fissi e, al fine di realizzare la politica necessaria per l’immediata adesione dell’Italia all’euro, ha subordinato a questo scopo l’uso di strumenti monetari e fiscali. Una volta che l’obbiettivo dell’euro è stato raggiunto, Ciampi si è reso conto dell’impulso deflazionistico sull’economia italiana e ha cercato di recuperare alcuni elementi del modello keynesiano; ma la necessità di rispettare i vincoli di bilancio pubblico concordati a livello europeo ha non solo impedito, ma rafforzato le spinte deflazionistiche, come dimostra il sensibile calo degli investimenti pubblici e la persistenza verso il basso di quelli privati.

This paper aims to identify, using the paradigms known in literature, which economic model was the implicit reference in the action of Carlo Azeglio Ciampi as Governor of the Bank of Italy and as Treasury Minister, who led Italy to join the Euro since the beginning.

The conclusions reached accredit the interpretation that there are three changes in the pursued utility function. First, Ciampi inherited from his predecessor at the lead of the Bank of Italy, Paolo Baffi, the neo-quantitative monetary approach that had become necessary due to external imbalance and high domestic inflation. He then moved towards a monetarist consideration of the Italian economy ways of operation, although diverging from the “economic” – or “market” – interpretation of unemployment, sacrificing the Keynesian “physical” approach that was prevalent in the Bank of Italy – at that time – which would had implied the implementation of public investments aimed at achieving full employment. After signing the Maastricht Treaty, Ciampi ignored the logic underlying Baffi’s reference model and the suggestion, advanced also by Federico Caffè, on the danger of a fixed exchange rate regime, as such and for the policy necessary to immediate join the Euro, making the use of monetary and fiscal instruments subordinated to this purpose. Once the Euro was joined, Ciampi realized the deflationary impulse given to the Italian economy and tried to recover some elements of the Keynesian model; but the need to comply with the public budget constraints agreed at the European level not only prevented, but strengthened deflationary forces, as evidenced by the significant fall in public investments and the drag downward of private ones.

Giorgio Petracchi, L’impatto della rivoluzione russa e bolscevica in Italia tra guerra e primo dopoguerra

Tra i diversi modi di indagare gli influssi prodotti dagli eventi russi del 1917 in Italia, tra la fine della prima guerra mondiale e il primo dopoguerra, questo contributo si propone di metterne in luce due, particolarmente significativi ed intrecciati tra loro. Il primo considera l’impatto delle due rivoluzioni russe, ma in particolare della seconda, quella d’ottobre, sulla politica di Stato – militare, interna ed estera – dei ceti dirigenti liberali tra guerra e dopoguerra e, più in generale, apre quadri di riflessione sulle reazioni della compagine italiana nel suo insieme all’irruzione del bolscevismo.

Il secondo mette in luce le ingerenze esercitate dall’Internazionale comunista e dai suoi agenti in Italia sul partito socialista italiano in un momento decisivo della storia nazionale. Questi due livelli dell’impatto della rivoluzione bolscevica in Italia interagirono tra loro, si condizionarono a vicenda ed agirono non come causa, ma come catalizzatore – l’espressione è di Vittorio Strada – che accelerò e favorì lo sviluppo di tendenze già esistenti nel sistema politico italiano.

There are various ways of investigating how events in Russia in 1917 influenced Italy from the late war years to early peacetime. This essay focuses on two particularly important, interconnected aspects. The first is concerned with the impact of both Russian revolutions, especially the second or October one, on the conduct of State policy – military, domestic and foreign – by the Liberal ruling classes in the period examined. Discussion is also broadened towards overall Italian reactions to the outbreak of Bolshevism.

The second examines interference by the Communist International and its agents in Italy with the Italian Socialist party in a key phase of the country’s history. There was interaction between these two levels of the Bolshevik revolution’s impact in Italy, which influenced each other and acted as a catalyst – the term used by Vittorio Strada – rather than a cause, in accelerating and favouring trends already present in the Italian political system.

Roberto Bianchi, Soviet, guardie rosse e rivoluzione nell’Italia del primo dopoguerra

Il contributo prende in esame le dinamiche interne delle mobilitazioni di protesta che segnarono il primo dopoguerra, prestando particolare attenzione alla geografia dei tumulti, agli obiettivi, ai linguaggi, alle forme di azione e organizzazione di movimenti animati da uomini e donne che avevano vissuto la mobilitazione totale al fronte, o nelle città e nelle campagne lontane dal fronte, e si trovavano a fronteggiare lo smantellamento della New Moral Economy costruita durante il conflitto.

Rileggendo fonti processuali, carte di polizia, corrispondenze e decreti conservati presso vari archivi, assieme a pubblicazioni ufficiali, periodici e memorie, al centro dell’analisi sono collocati i tumulti annonari: un fenomeno che non fu solo italiano, ma che nella penisola fu accompagnato dalla comparsa di guardie rosse e di organismi denominati soviet o comitati di salute pubblica, nello scenario d’un moto che nelle sue pratiche di azione, nelle sue parole e slogan si richiamava alla rivoluzione russa e rinnovava forme e linguaggi della protesta che avevano una lunga storia alle spalle.

This paper examines the internal dynamics of the protest mobilization of the first post-war period, paying particular attention to the geography of the riots, to the aims, languages, repertoires of action, and organization of movements that were led by women and men who had experienced the total mobilization at the war front or in the cities and countryside away from the war front, and had to face the dismantling of the New Moral Economy established during the war.

By analysing trial proceedings, police documents, correspondence and decrees from a number of archives, as well as official documents, periodicals and memoirs, the paper focuses on food riots: this phenomenon was not confined to Italy, but in Italy was accompanied by the emergence of “red guards” and “soviets”, or committees of public safety, as part of an uprising movement that was influenced by the Russian revolution in its repertoires of action, watchwords, and claims and renewed protest forms and languages of long tradition.

Andrea Mariuzzo, L’emergere dell’antibolscevismo nell’opinione pubblica italiana

Il saggio indaga il sorgere d’atteggiamenti di ostilità nei confronti dell’esperienza rivoluzionaria russa sui principali mezzi di comunicazione politica italiani, espressione della cultura cattolica e delle varie anime dell’interventismo. L’ascesa al potere dei bolscevichi venne valutata fin da subito in base al suo impatto sullo sforzo bellico che vedeva allora impegnato il paese e secondo i criteri della condotta di guerra, sì che abbandonò solo gradualmente l’aspetto della generica minaccia “disfattista” per acquisire quelli più specifici della concreta attuazione degli ideali socialisti, la contrapposizione ai quali era stata fino ad allora prevalentemente teorica.

È così che l’interpretazione della possibile emulazione in Italia dei fatti di Russia, a partire dal 1919, essenzialmente come minaccia alla vita e all’integrità della nazione vittoriosa, restò l’elemento caratterizzante delle esperienze locali di antibolscevismo “militante” destinate a confluire in varia misura nel primo fascismo.

The essay deals with the emergence of hostile attitudes towards the Russian revolutionary experience on the main political newspapers that were expression of catholic culture and of various “interventionist” orientations. Bolsheviks’ rise to power was immediately considered according to its impact on Italian effort in World War I and on general ally war conduct. It only slowly lost its appearance of generic “defeatist” scare and assume the more specific aspect of attempt to put into effect the theoretical elaboration of a socialist society.

From 1919 on, the possible emulation of the Russian facts in Italy was still widely interpreted as a menace to life and national integrity of the victorious country; such attitude featured local experiences of “militant” anti-bolshevism, which finally, at various times and in various terms, joined and influence the early fascist movement.

Roberto Morozzo della Rocca, Cattolici italiani e Russia rivoluzionaria

La rivoluzione di Febbraio non dispiace alla Santa Sede perché ridimensiona le ambizioni russe in campo geopolitico e confessionale. Gli zar erano da sempre avversari del cattolicesimo. Inoltre la Russia imperiale nutriva il progetto d’impadronirsi di Costantinopoli, unificando la Terza Roma con la Seconda, a danno della Prima. La rivoluzione d’Ottobre e il bolscevismo vengono percepiti dalla Santa Sede come ennesime convulsioni anarchiche del ribellismo russo, al quale non si danno chance di durata in quanto le rivoluzioni, per definizione, sono temporanee.

Il cattolicesimo italiano per tanti aspetti segue le medesime interpretazioni. Inizialmente interessati soprattutto a capire se la Russia rivoluzionaria resterà fedele all’alleanza di guerra, i cattolici italiani dalla fine del 1917 cercano piuttosto di decifrare gli avvenimenti interni russi. E col ritorno alla pace, a fine 1918, prendono a guardare alla rivoluzione russa anche con interesse dettato dal dibattito interno italiano, dove il bolscevismo viene assunto da parte socialista come mito politico.

The Holy See wasn’t too worried about February’s Revolution, that’s considered able to reduce russian’s geopolitical and confessional ambitions. The czars were traditionally adversaries of Catholicism. In addition, imperial Russia planned to conquer Constantinople, in order to unify the Third Rome with the Second one, and against the First one. The October’s Revolution and the Bolshevism are perceived by the Holy See as the umpteenth anarchic convulsion generated by the Russian rebel spirit, with no chances of duration because revolutions are temporary by their own nature.

Italian Catholicism shares the same interpretations in many aspects. After having been mainly interested in understanding if revolutionary Russia would respect war alliance, from the end of 1917 Italian Catholics rather look for decipher Russian domestic events. And when peace comes back at the end of 1918, they start to look at Russian revolution with a special interest due to the Italian domestic debate, as Bolshevism becomes a political myth for socialist party members.

Danilo Breschi, Il vario liberalismo italiano e la rivoluzione d’Ottobre

La domanda che anima il presente saggio è quali furono le conseguenze della rivoluzione bolscevica sul pensiero e sulla psicologia di alcuni tra i più rappresentativi esponenti intellettuali di quel che possiamo, in termini di teoria politica, definire correttamente come il “liberalismo” – “vario” perché, al suo interno, diversificato tra una destra e una sinistra, nonché tra posizioni filogovernative e antigovernative – nell’Italia del primo dopoguerra.

In particolare, il saggio esamina tanto le valutazioni circa l’evolversi delle vicende politiche, sociali ed economiche in Russia quanto, e soprattutto, i giudizi e i sentimenti a proposito delle possibilità, più o meno concrete, più o meno velleitarie, d’una traduzione in Italia dell’esperimento sovietico nei primi anni postbellici. Una simile ricognizione può fornire elementi utili per una aggiornata comprensione critica della storia del pensiero politico liberale italiano. Sul piano storiografico si ricavano sia conferme, sia nuovi e diversi punti di vista sulla crisi del liberalismo e sulle cause dell’avvento del fascismo al potere nell’Italia del primo dopoguerra.

The question at the art of this essay is what were the consequences of the Bolshevik Revolution on the thinking and the psychology of some of the most important and representative intellectuals of what we may properly define, in terms of political theory, as “liberalism” in Italy after the First World War. It is a “variegated” liberalism, because of its inner divisions between a left and a right and between pro-government and antigovernment positions.

In particular, the essay examines the assessment of the political, social and economic reforms in Russia and, above all, the judgments and feelings about the more or less concrete and the more or less fanciful possibilities of a translation, in Italy, of the Soviet experiment in the early post-war years. Such a survey can provide useful elements for a new critical understanding of the history of Italian liberal political thought. From a historiographical point of view arise confirmations as well as new and different points of view on the crisis of liberalism and of the causes of the advent of fascism in Italy.

Santi Fedele, La Sinistra non marxista e la Rivoluzione russa: anarchici e repubblicani

L’entusiasmo per l’evento rivoluzionario prodottosi in piena tormenta di guerra, la sensazione che l’Ottobre rosso rappresenti l’inizio d’una nuova era nella storia dell’umanità, l’interesse vivissimo per l’esperimento che si sta realizzando nella Russia dei soviet, non impediscono agli anarchici, pur nella solidarietà con la Rivoluzione minacciata dai suoi tanti nemici, di percepire con immediatezza i pericoli d’involuzione autoritaria d’una rivoluzione che si faccia Stato, e i sintomi premonitori dei processi degenerativi insiti nella pratica bolscevica della dittatura del proletariato.

Diversa la posizione dei repubblicani, portati ad esultare per la rivoluzione di Febbraio che con l’abbattimento dell’autocrazia zarista ha rafforzato la valenza democratica, se non rivoluzionaria, della guerra condotta dall’Intesa contro gli “Imperi tedeschi”, ma poi altrettanto pronti a percepire il pericolo che l’avvento al potere di Lenin preluda alla pace separata della Russia. Da qui l’accesa polemica repubblicana contro il bolscevismo antinazionale e dissolvitore, cui non senza fatica subentrerà una più articolata valutazione critica dei portati storici della prima Rivoluzione proletaria vittoriosa.

Enthusiasm for the revolutionary event occurring as war rages, the feeling that the Red October represents the beginning of a new era in human history, lively interest in the experiment happening in the Russia of the Soviets: none of this prevents the anarchists, despite their solidarity towards the revolution threatened by its many enemies, from immediately perceiving the dangers of authoritarian involution of a revolution set to become the state and the warning signs of the degenerative processes inherent in the Bolshevik practice of the dictatorship of the proletariat. The Republicans saw things differently: inclined to rejoice in the February Revolution that overthrew Tsarist autocracy and strengthened the democratic – if not revolutionary – valency of the war conducted by the Entente against the “German Empires”. But then just as ready to perceive the danger that Lenin’s rise to power lead to a separate peace for Russia. Hence the violent republican polemic against Bolshevism as anti-national and destructive, and then – with some difficulty – a more detailed critical assessment of the historical contribution of the first victorious proletarian revolution.

Giuseppe Bedeschi, I socialisti riformisti italiani e la rivoluzione bolscevica in Russia

Il saggio prende in esame l’attitudine del socialismo riformista italiano e le principali posizioni espresse dai suoi leader – in particolare Turati e Mondolfo – dinanzi alla rivoluzione d’Ottobre, mettendole in relazione con le idee e con l’azione politica di Lenin e Kautsky.

The essay examines the attitude of the Italian reformist socialism and the main positions expressed by its leaders – especially Turati and Mondolfo – in front of the October Revolution, relating them with the ideas and the political action of Lenin, Kautsky and Gramsci.

Franco Andreucci, Il bolscevismo nella mentalità della Sinistra italiana e la nascita del PCI

La formazione del Partito Comunista Italiano fu profondamente influenzata dalla rivoluzione d’Ottobre e dall’Internazionale comunista. Si trattò, prima di tutto, di un’influenza politica: Lenin e i bolscevichi russi intendevano spezzare il Partito Socialista Italiano per formare un partito comunista membro dell’Internazionale e, nel gennaio 1921, lo scopo fu raggiunto. Ma si trattò, anche, di un’influenza culturale e ideologica: il bolscevismo e il leninismo, come soggetti strutturati di ideologie e di esperienza, passarono al nuovo partito il loro universo di principii politici.

Il PCI acquisì da essi le idee del centralismo organizzativo e l’ossessione per la disciplina, il programma della dittatura del proletariato, la legittimazione all’uso della violenza per il raggiungimento di obbiettivi politici, la tendenza alla segretezza e al dottrinarismo. Erano principii e idee del tutto opposti rispetto a quelli del vecchio PSI: il fine dei bolscevichi, almeno del “secolo breve”, fu raggiunto. Nel terzo millennio, una nuova discussione appare opportuna.

The formation of the Italian communist party (PCI) was deeply influenced by the Russian revolution and the Communist International. It was, first of all, a political influence: Lenin and the Russian bolskeviks wanted to split the Italian socialist party in order to create a new Communist party, which would become a member of the Communist International, and in Januray 1921 they reached their goal. But it was also a cultural and ideological influence: Bolshevism and Leninism, as structured body of ideologies and political experiences, conveyed their own set of political principles to the new party.

The PCI acquired from them the ideas of organizational centralism and obsessive discipline, the program of the dictatorship of the proletariat, the legitimation in using violence for political goals, the propensity for secrecy and doctrinarianism. They were ideas and principles diametrically opposite to the ones of the PSI. The objective of the bolsceviks was partially reached, at least during the short twentieth century. Today, a new narrative seems appropriate.

Marco Bresciani, Tra “guerra civile europea” e “crisi eurasiatica”: Benito Mussolini, la rivoluzione russa e il bolscevismo

Questo saggio si focalizza sui complessi e stratificati atteggiamenti di Mussolini e dei primi fascisti verso le Rivoluzioni russe e il bolscevismo all’interno dei contesti europei e globali del 1917-1922. Analizza particolarmente le connessioni e le convergenze con i sindacalisti rivoluzionari italiani e con gli esuli social-rivoluzionari russi in Italia.

Percezioni e interpretazioni di Mussolini e dei primi fascisti sono spiegate alla luce di due fondamentali – ma controverse – categorie storiografiche: da un lato, la “guerra civile europea”, che rimanda a conflitti transnazionali multipli all’interno dell’Europa; dall’altro, la “crisi eurasiatica”, che descrive il crollo postbellico degli imperi continentali e i suoi effetti destabilizzanti. Così intese, le rappresentazioni delle Rivoluzioni russe e del bolscevismo alimentarono il progetto fascista di aggressiva trasformazione dello stato nazionale italiano e, di conseguenza, presentarono il fascismo come modello potenzialmente europeo di reazione alla crisi postbellica.

This essay focuses on the complex and layered attitudes of Mussolini and of the early Fascists towards the Russian Revolutions and Bolshevism within the European and global contexts of 1917-1922. It particularly analyses the connections and convergences with the Italian revolutionary syndicalists and with the Russian socialist revolutionary exiles in Italy.

Mussolini’s and early Fascists’ perceptions and interpretations are understood in the light of two fundamental – but controversial – historiographical categories: on the one hand, the “European civil war”, implying multiple transnational conflicts within Europe; on the other hand, the “Eurasian crisis”, describing the post-war collapse of the continental Empires and its destabilising effects. Seen in this way, the representations of the Russian Revolutions and of Bolshevism fueled Fascist aggressively transformative project of the Italian nation-state and accordingly presented Fascism as a potentially European model of reaction to the post-war crisis.

Antonello Venturi, La lotta per l’immagine della rivoluzione: i socialisti-rivoluzionari russi in Italia tra il 1917 e la nascita del PCdI

Fin dall’inizio del 1917 l’Italia fu teatro d’una dura lotta per la rappresentazione e la definizione della rivoluzione russa, in cui i più diversi attori politici si sforzarono di diffondere nuove idee e nuovi linguaggi. Un ruolo particolare spettò ai socialistirivoluzionari russi, a volte interpreti e tramiti efficaci delle proprie culture e della nuova realtà russa, a volte essi stessi incapaci di comprendere gli avvenimenti in corso. Il lessico della rivoluzione russa servì a definire aspirazioni e timori del mondo politico italiano, anche quando la diversità delle culture e dei linguaggi politici costituì un serio ostacolo alla comprensione di quelle esperienze. I socialisti-rivoluzionari russi sperarono di dare forma alle nuove forze politiche che andavano emergendo in Italia, ma in genere ne furono largamente strumentalizzati.

Since the early 1917 Italy was the theatre of a strong dispute about the representation and definition of the Russian revolution. Its main actors were characterized by their efforts to spread new ideas and new languages. The Russian Socialist-Revolutionaries played a relevant as well as an ambivalent role, as they conveyed both their cultures and the new Russian situation, but at times they failed to comprehend the ongoing events.

The lexicon of the Russian revolution helped to specify desires and fears of the Italian politicians, even though the dissimilarities among political culture and languages represented a serious obstacle for the comprehension of these experiences. The SocialistRevolutionaries aimed at shaping the new emerging political forces in Italy. Nevertheless they usually were manipulated.

Stefano Garzonio, La letteratura russa in Italia negli anni della Rivoluzione. Il ruolo degli emigrati

Nel presente saggio si prendono in esame gli scritti e, più in generale, il contributo che la folta colonia di emigrati russi presenti in Italia fornì al dibattito politico e culturale sviluppatosi all’indomani della rivoluzione d’Ottobre. Più concretamente si forniscono dati sulla diffusione di testi letterari russi dedicati al tema rivoluzionario, da Gor’kij e Andreev fino a Blok e Majakovskij, alla cui disamina i vari scrittori, pubblicisti e traduttori russi dedicarono pagine d’indubbio impatto sugli intellettuali e sul pubblico italiani. Si offrono così anche dati sull’opera di letterati minori – da Michail Pervuchin a Vladimir Frenkel’, da Ossip Félyne a Lina Neanova – i cui interventi, accanto a quelli di traduttori, quali Rinaldo Kufferle, Eva Kuhn-Amendola, Raissa Naldi Olkenizkaia e altri, proficuamente si intrecciarono con quelli dei molti intellettuali italiani – da Piero Gobetti a Clemente Rebora fino a Telesio Interlandi – che variamente si atteggiarono nei confronti del dibattito letterario russo del tempo.

In this paper we examine the writings and, more generally, the contribution that the large colony of Russian émigrés in Italy gave to the political and cultural debate developed in Italy in the aftermath of the October Revolution. More concretely, it provides data on Russian literary texts dedicated to the revolutionary theme – works by Gorky, Andreev, Blok, Mayakovsky and others – to whose examination the various writers, publicists and Russian translators, dedicated pages of undoubted impact on the Italian intellectuals and readers. It also offers information about some minor Russian writers – such as Michail Pervukhin, Vladimir Frenkel’, Ossip Félyne, Lina Neanova and others – whose interventions, alongside those of translators such as Rinaldo Küfferle, Eva Kuhn-Amendola, Raissa Naldi and Olkenizkaia, successfully intertwined with opinions of many Italian intellectuals – as Piero Gobetti, Clemente Rebora or Telesio Interlandi – and their different attitude to the Russian literary debate of the time.

Guido Carpi, I marxisti russi nel 1917 (dal Febbraio all’Ottobre)

L’articolo vuole gettare luce sul dibattito teorico e politico fra i marxisti russi durante i mesi del processo rivoluzionario, febbraio-ottobre 1917. Lungi dall’esaurirsi nella dicotomia “bolscevichi vs. Menscevichi”, tale dibattito riguardava l’analisi delle forze sociali attive durante la rivoluzione; i processi di disgregazione economica in corso, dovuti alla guerra mondiale, e le strategie per arginarli; il problema del potere politico e dell’egemonia culturale della classe operaia.

Accanto alle ben note teorie di Lenin e Trockij, particolare rilievo si è dato a teorici originali e oggi poco conosciuti, come il menscevico dell’ala destra Nikolaj Potresov e l’“internazionalista” Vladimir Bazarov.

This paper analyses the lively political and theoretical debate among the supporters of Russian Marxism during the two Revolutions of 1917. The main themes in this debate were not only the rivalry between Bosheviks and Mensheviks, but also the dynamics of the Russian crowds during the Revolution, the crumbling economy at the end of WWI, the strategy to increase the economic growth, the political and cultural power of the working class.

In addition to the ideological theories of Lenin and Trockij the analysis focus on important and unrecognised authors as the right wing Menshevik Nikolay Potresov, and the “Internationalist” Vladimir Bazarov.

Olga Dubrovina, Politica estera e/o rivoluzione? I primi passi della Russia bolscevica in Italia: protagonisti, strumenti, sovrapposizioni

Dopo la rivoluzione d’Ottobre i bolscevichi rompono con la diplomazia tradizionale e lanciano un nuovo modello di politica internazionale, basata sulla trasparenza e sugli interessi delle masse popolari. Tuttavia quasi da subito emerge il problema della dicotomia fra la politica estera sovietica e gli obiettivi della rivoluzione mondiale. Attraverso lo spoglio degli archivi russi, l’articolo ricostruisce il processo di formazione dei rapporti diplomatici con l’Italia in concomitanza coi tentativi sovietici d’intromettersi negli affari interni italiani. Nell’arco di pochi anni l’atteggiamento del governo sovietico verso l’Italia cambia a seconda della politica estera italiana, del bilanciamento delle forze interne in Italia e della situazione politico-economica russa.

In funzione del momento concreto viene privilegiato uno dei due strumenti della politica estera bolscevica: NKID o Komintern. Nel 1919 appaiono in Italia, accanto ai rappresentanti del NKID, gli agenti segreti del Komintern, personaggi che in alcuni casi incarnavano entrambi i ruoli. Con l’arrivo in Italia del rappresentante ufficiale sovietico Vorovskij, ha infatti inizio la lotta dei diplomatici sovietici per l’autonomia della politica estera dalle esigenze ideologiche della III Internazionale.

After the October Revolution, the Bolsheviks broke with traditional diplomacy and adopted a new model of international policy based on the transparency and interests of the popular masses. However, almost immediately a problem of dichotomy between foreign Soviet policy and world revolution goals arose. Through the analysis of archive documents,

this article reconstructs the process of the establishment of diplomatic relations with Italy concurrently with Soviet attempts to meddle in Italian internal affairs. During the few years following the Bolshevik Revolution, the attitude of the Soviet government towards Italy changed in light of Italian foreign policy, the balance of power in Italy and the political and economic situation in Russia. Depending on the specific moment, one of two instruments of foreign Bolshevik policy was preferred: the NKID or Komintern. In 1919 close to NKID representatives, secret Komintern agents appeared. In some cases these figures were the incarnation of both roles. With the arrival of Soviet representative Vorovsky in Italy, the battle of the Soviet diplomats for foreign policy autonomy from the ideologica, excessive pressure began.

Vittorio Strada, Un centenario anomalo

Il centenario delle rivoluzioni russe del 1917 ricorre quando da cinque lustri ha cessato di esistere il sistema statale – URSS – nato dalla seconda di esse, quella bolscevica d’ottobre, e lo stesso movimento comunista, suo sostenitore, appartiene ormai al passato storico. Si sente quindi l’esigenza d’un ripensamento di tutta l’esperienza, non soltanto russa, legata in primo luogo al nome di Lenin e Stalin, un’esperienza che ha conosciuto drammatiche fratture ma che costituisce un’organica, dinamica totalità. A caratterizzare lo spirito unitario si prendono in considerazione tre episodi in sé importanti e dotati d’un valore emblematico: lo scioglimento dell’Assemblea costituente, l’eccidio della famiglia imperiale e la cosiddetta “nave dei filosofi”. La riflessione si appunta poi sullo sviluppo del regime dalla nuova politica economica – NEP – fino alla perestrojka, mostrando che si creò un sistema politico e culturale non privo d’una sua compattezza e stabilità, detto “civiltà sovietica”, seppur con tutti gli enormi crimini che la hanno accompagnata. Rispetto agli altri sistemi totalitari coevi – come il fascismo – si sottolinea la specificità del sistema sovietico, il cui retaggio si ritrova nella Russia attuale.

The centenary of the two 1917 Russian revolutions occurs twenty-five years after the end of the Soviet Union, the state system born from the second or Bolshevik revolution of October, while its fulcrum, the Communist movement itself, now belongs to past history. There is therefore an impelling need to rethink the whole experience – not merely Russian – associated primarily with the names of Lenin and Stalin: an experience marked by dramatic fractures but also by dynamic, organic wholeness. In representing this unity, the paper focuses on three episodes both important in themselves and laden with symbolic value: the dissolution of the Constituent Assembly, the massacre of the imperial dynasty and the so-called “philosophers’ ship”.

Discussion then centres on the regime’s development from the new economic policy (NEP) to perestrojka, demonstrating the creation of a cultural and political system – “Soviet civilization” – characterized by its own sort of compactness and stability as well as by all the enormous crimes accompanying it. Comparison with other totalitarian systems of the time – fascism – underlines the specificity of the Soviet system, whose legacy is found in today’s Russia.

Ettore Cinnella, Per un giudizio storico sulla rivoluzione bolscevica

Che cosa dobbiamo intendere per rivoluzione bolscevica? L’insurrezione dell’ottobre 1917 a Pietrogrado fu soltanto un episodio di quel complesso e multiforme fenomeno storico che chiamiamo rivoluzione russa. Quest’ultima ebbe inizio nel gennaio 1905 e continuò, con alti e bassi e con lunghe pause, nell’estate 1921. Bisogna dunque chiarire anzitutto il rapporto tra la rivoluzione russa e la rivoluzione bolscevica.

L’azione del partito bolscevico e la spinta della rivoluzione plebea, che fu una delle forze motrici della rivoluzione russa, determinarono l’intera storia dell’URSS. In che modo ciò avvenne, è un altro tema dell’articolo. Le pagine finali accennano all’impatto della rivoluzione bolscevica sul socialismo occidentale. In particolare, si può affermare che una delle conseguenze dell’Ottobre bolscevico fu la vittoria del fascismo in Italia nell’ottobre 1922.

What do we mean by the historical term “Bolshevik Revolution”? The uprising of October 1917 in Petrograd was indeed a small part of the complex and vast event that goes under the name of Russian Revolution. In this article, I will shaw that the Revolution began in 1905 and did not really end until the Summer of 1921. The Bolshevik uprising is then just a part of the Russian Revolution.

There were two forces at play that shaped the history of the USSR: the activity of the Bolshevik party and the drive of a primitive popular revolution, which I call plebeian Revolution and which was one on the main engines of the Russian Revolution. This is another subject of the article. The final part focuses on the impact of the Bolshevik Revolution on Western Socialist Movement. In particular, it must be said that one of the consequences of the October uprising in Russia was the coming to power of Fascism in Italy in October 1922.

Luciano Pellicani, Gramsci e Mondolfo di fronte alla Rivoluzione bolscevica

Pur dichiarando la loro piena fedeltà all’insegnamento dei padri fondatori del “socialismo scientifico”, Rodolfo Mondolfo e Antonio Gramsci di fronte alla Rivoluzione d’Ottobre giunsero a conclusioni diametralmente opposte. Per Mondolfo, Lenin aveva violato il principio fondamentale della teoria marxista della storia: lo sviluppo delle forze produttive. Sicché la rivoluzione bolscevica, a motivo dell’arretratezza economica della Russia, non poteva rappresentare una tappa verso la società socialista. Alla rovescia, per Gramsci, la rivoluzione in atto nell’Unione Sovietica era la dimostrazione che, grazie al ruolo demiurgico del partito comunista, la realtà economica poteva essere plasmata dalla volontà politica, talché era iniziata, su scala planetaria, l’epoca della ricostruzione del mondo.

While paying their homage to the tradition of “scientific socialism”, Rodolfo Mondolfo and Antonio Gramsci when confronted with the outcome of the October Revolution arrived to opposite conclusions. According to Mondolfo, Lenin had violated a fundamental principle in the theory of the Marxist historicism: the reinforcement of production. Therefore on account of Russia’s underdevelopment the Bolshevik Revolution could not be considered

as a phase towards the construction of a socialist society. On the contrary according to Gramsci thanks to the demiurgic role of the Communist party the entire economic realm of society could be forged by political command; in this respect the new era for a wide the world reconstruction had actually initiated.

Andrea Panaccione, Sotto gli occhi dell’Occidente.

L’articolo si concentra sui rapporti tra la Russia rivoluzionaria e le società europee nel 1917. I temi principali sono gli effetti della Prima Guerra Mondiale sulla società russa, le basi sociali e culturali della rivoluzione, la continuità tra il Febbraio e l’Ottobre, l’impatto e le eredità della rivoluzione per la Russia e oltre i confini. L’articolo si basa su scritti e note di protagonisti e testimoni e sulla storiografia russa e internazionale.

The article focuses on the relationship between revolutionary Russia and European societies in 1917. Main themes are the effects of World War I on Russian society, the social and cultural bases of the revolution, the continuity between February and October, the impact and legacies of the revolution for Russia and beyond the borders. The article is based on contemporary writings and records by protagonists and witnesses, and on Russian and international historiography.

Daniele D’Alterio, “Disillusione socialista” e delusione storiografica: a proposito d’un libro sulla storia del sindacalismo rivoluzionario in Italia

A partire da una recente pubblicazione sulla storia del sindacalismo rivoluzionario in Italia, si sviluppa una riflessione critica su vecchi e nuovi approcci metodologici al complesso fenomeno dell’“azione diretta” e alle sue molte connessioni con la storia politica, sindacale e culturale del Novecento.

Starting from a recent publication on the history of the Italian syndicalism, it develops a critical reflection on old and new methodological approaches to the complex phenomenon of “direct action” and about his many connections with the political, unionist and cultural history of the twentieth century.

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