TRA LE PIEGHE DELLA LEGGE
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“Me ne vado, divorzio!” “Vai pure, ma scordati il divorzio!” A cura dell’Avv. Stefano Camponovo, Lugano studiolegale@stefanocamponovo.ch Capita. Non funziona più. La coppia scoppia. E allora cosa succede, si divorzia? Sì, anzi no, anzi forse, dipende. Da che cosa?
Su cosa accordarsi?
Se entrambi vogliono divorziare. Se entrambi i coniugi vogliono divorziare, allora da subito, cioè da quando entrambi decidono di volere il divorzio, la procedura può essere avviata in Pretura. Non è indispensabile che i coniugi siano in accordo su tutte le conseguenze del divorzio (v. il punto seguente): è sufficiente che entrambi vogliano perlomeno una cosa, il divorzio per l’appunto. Importante è però giungere davanti al Pretore, all’udienza di conferma della volontà di divorziare, già abitando in domicili diversi.
• Si devono dividere i beni (conti in banca, automobili, eventuali appartamenti o case in comproprietà, imposte ancora scoperte, ecc.).
Considerando il tempo intercorrente da quando si avvia la procedura a quando vi è l’udienza (circa due mesi, ma dipende da Pretura a Pretura), se anche dopo detto tempo i coniugi convivessero ancora il Giudice potrebbe avere dei dubbi sulla loro effettiva volontà di divorziare, o perlomeno sul fatto che si separeranno davvero fisicamente e non continueranno invece sine die ad abitare insieme, in stanze separate, solo per diminuire i costi, ma da divorziati (ciò che sarebbe assurdo).
• Si deve decidere chi resta nell’(ex) abitazione coniugale, e chi invece se ne esce (magari la lasciano entrambi).
• Si devono dividere gli accumuli di averi pensionistici (chi li ha) dalla data del matrimonio a quello dell’anno della procedura: questo perché la coppia potrebbe avere deciso di ripartirsi i compiti, nel senso che uno si occupa di lavorare per avere un reddito sufficiente al mantenimento di entrambi, e l’altro si occupa invece della casa, del giardino, dell’orto, ecc. (e, se vi sono figli, principalmente anche di essi). Non lavorando però, l’altro non accumula averi previdenziali, che gli mancheranno poi (al più tardi) al momento del pensionamento, anni (decenni) dopo il divorzio. Per ovviare a ciò, la suddivisione degli averi accumulati da entrambi durante il matrimonio (non prima di esso) in vista della pensione appare dunque una soluzione equa. • Se uno dei coniugi non lavorasse, e magari neppure potesse farlo, vi sarà pure da prevedere un eventuale contributo alimentare mensile per esso, a carico dell’altro coniuge, verosimilmente limitato nel tempo. • Infine, per completare l’opera, ci si accorderà anche sull’accollo delle spese della procedura in Pretura. • E se ci fossero dei figli minorenni? Allora i coniugi (genitori) dovranno anche stabilire chi avrà l’affido di essi (cioè presso chi abiteranno), chi avrà l’autorità parentale (cioè il potere di decidere per essi: di regola entrambi i genitori), qual’è l’importo che il genitore non affidatario verserà all’altro per contribuire al mantenimento dei figli, e in quali momenti il genitore non affidatario potrà avere con sé i figli (il cosiddetto diritto di visita: ma non è - solo - un diritto di detto genitore, è anche un suo dovere, ed è anche un diritto dei figli).
Se l’altro coniuge non vuole divorziare? Può senz’altro capitare che un coniuge voglia divorziare, ma l’altro no: o perché tiene ancora al partner, o perché vuole fargli un dispetto, o perché vuole speculare sull’accumulo degli averi pensionistici dell’altro, ecc. A questo punto, chi vuole il divorzio non potrà ottenerlo subito, a meno che possa invocare dei gravi motivi (l’altro coniuge gli ha usato grave violenza, oppure è stato autore di atti di pedofilia, ecc.; insomma, situazioni, per l’appunto, gravi). In assenza di detti motivi gravi, un coniuge dovrà attendere che siano trascorsi due anni di vita separata, cioè due anni nei quali uno avrà abitato in un posto ed uno in un altro: dopo detti due anni il divorzio dovrà essere concesso a chi lo chiede, e l’altro coniuge non potrà più opporsi. E nel frattempo? Se uno dei due, o entrambi, non volessero (ancora) divorziare, ma volessero (o uno almeno volesse) vivere separati, non resterà che usare la procedura di misure di protezione dell’unione coniugale. Introdotta soprattutto per sostenere le coppie, promuovendo i consultori famigliari (di qui il nome), sono state utilizzate da subito in realtà essenzialmente per regolare (per accordo o per sentenza del Giudice) le problematiche legate alla vita separata (in pratica, quelle indicate sopra per i casi di divorzio, salvo la suddivisione degli averi pensionistici, e - per le coppie con figli - la questione dell’autorità parentale, oltre naturalmente al fatto che i coniugi restano tali, cioè sposati). Proprio perché i coniugi restano sposati, consiglio ad ognuno dei coniugi di prevedere un documento (notarile) che regoli, foss’anche provvisoriamente, il destino della propria eredità: in effetti, accadesse ad uno di essi qualcosa mentre vivono separati (magari con nuovi partners), essendo però essi ancora sposati tra loro ognuno erediterebbe dall’altro, come se stessero ancora vivendo insieme felici e contenti (mentre felice e contento sarebbe - forse - uno solo...).
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