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LA SFIDA VERDE Lo standard allo studio è irrealizzabile a costi competitivi
L’EFFETTO CONTRARIO DELL’EURO 7
Sembra una partita a poker. La Commissione europea propone la decarbonizzazione totale (anche dei trasporti) entro il 2050; l’Acea, l’associazione europea dei costruttori dell’automotive, rilancia: ce la facciamo entro il 2040; la Commissione rilancia a sua volta: allora introduciamo lo standard Euro 7 dal 2025, portando le emissioni a livelli che i costruttori hanno subito definito «proibitivi». La sequenza temporale non è esattamente questa, ma la sostanza sì. Anche se l’ipotesi di Euro 7 ancora non è stata formalizzata, lo studio preparatorio predisposto dall’Advisory Group on Vehicle Emission Standards ipotizza – perS
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bbassare con l’Euro 7 Abbbassa le emissioni di NOx a leemis 30 mg/km contro gli 80 dello standard Euro 6d in vigore? In questo modo la Commissione vieterebbe di fatto le auto con motore a combustione dal 2025. Hildegard Müller, presidente enteresi VDA, associazione tedesca scatedes costruttori di auto
Mentre si punta alla decarbonizzazione con elettrico e idrogeno, l’Unione europea vuole alzare gli standard del diesel che così rischia di sparire dal 2026. Per Starace (Unrae) i costi elevati scoraggeranno gli acquisti di veicoli nuovi e il parco circolante invecchierà ancora. Per Digioia (Uetr) l’autotrasporto rischia il collasso
dare un ’idea del balzo – di abbassare le emissioni di NOx a 30 mg/km (ma non si esclude di arrivare a 10) contro gli 80 dello standard Euro 6d attualmente in vigore. Valori da rispettare, per di più, anche in situazioni estreme con temperature fra i –10 e i 40 gradi e a quote fino a mille se non a 2 mila metri. «In questo modo», ha subito tuonato Hildegard Müller, presidente dell’associazione tedesca di costruttori di auto VDA, «la Commissione vieterebbe di fatto le auto con motore a combustione dal 2025», perché «vorrebbe che i veicoli siano praticamente privi di emissioni in ogni situazione di guida, per esempio con un rimorchio salendo in montagna o nel lento traffico urbano. Questo però è tecnicamente impossibile e tutti lo sanno». Sulla stessa linea, anche se con toni più dialoganti, l’Acea, che ha parlato di proposte «irrealizzabili e dannose», ha chiesto un confronto trasparente, ha offerto piena collaborazione, ma ha sug biare approccio per «g società non sostenga ficati per una legislazi be un impatto minim dell'aria, mentre, d'a nione europea sta gi impostando la sua st mobilità a emissioni z
I RISCHI, SECONDO L’UNR
Perché la vera domand ha costringere i costru re su un Euro7 pratica sibile e, comunque, a per le imprese, quando verso l’elettrico e l’idr fase avanzata? Sopra il cui vero limite è la ca di ricarica? «È una sor ambientale», scuote Starace, presidente della sezione veicoli industriali di Unrae, l’associazione dei costruttori di automotive stranieri, intervistato da K44 Risponde. Ed elenca i rischi della proposta: «Il primo è il un prolungamento dell’ utilizzo degli attuali veicoli da parte dei trasportatori di fronte a queste tecnologie che non sono alla loro portata economica; il secondo, di conseguenza, è l’aumento dell’ anzianità del parco circolante e quindi una frenata nella riduzione delle emissioni (che è esattamente il contrario dell’obiettivo che si vuol raggiungere); il terzo, sono i maggiori costi sulle nostre imprese di autotrasporto a vantaggio della concorrenza dei vettori dei Paesi extraeuropei confinanti». Per non parlare delle risorse che l’industria automobilistica sta investendo (tra i 50 e i 100 miliardi su elettrico e idrogeno) per decarbonizzare il trasporto su gomma. «Investire in nuove tecnologie richiede miliardi di euro e non avere una chiarezza d'indirizzo sullo standard che arriverà è molto pericoloso perché aziende im-
l 56% del parco circolante Il l56% italiano sopra le 3,5 ton italian (quasi 700 mila veicoli) è rappresentato da veicoli ante Euro 4. Con il tasso di sostituzione attuale ci vorrebbero oltre 13 anni per rinnovarlo. Vogliamo abbattere veramente le emissioni? Svecchiamo il parco. Se per magia potessimo sostituire l'attuale parco con tutti veicoli Euro 6 già saremmo già ben oltre l'obiettivo che ci siamo posti. Paolo A. Starace, presidente e dent sezione VI di Unrae
portanti, gruppi storicamente solidi finanziariamente rischiano di buttare a mare tutte le risorse indirizzate su una tecnologia non più coerente con gli indirizzi politici». E, per essere più chiaro: «Arrivare a sviluppare le tecnologie che oggi sono disponibili in concessionaria alle quali l'utente può avere accesso, sono il frutto di investimenti di lunghi anni. Ma gli investimenti devono avere un ritorno e possono averlo solo se i costruttori vendono i loro prodotti alle aziende di trasporto. Perciò è importante che queste siano in grado economicamente di affrontare questa spesa che oggi è ancora assai superiore a quella di un diesel». Qual è allora la soluzione? Per Starace non ci sono dubbi. «Il 56% del parco circolante italiano sopra le 3,5 ton è rappresentato da veicoli ante Euro 4», ricorda, «parliamo di quasi 700 mila veicoli il cui impatto sull'ambiente e sulla sicurezza è sotto gli occhi di tutti. Di questo passo, cioè con il tasso di sostituzione attuale ci vorrebbero oltre 13 anni per rinnovarlo. E allora, cerchiamo di essere pragmatici. Vogliamo abbattere pesantemente le emissioni? Partiamo dallo svecchiamento del parco. Faccio un paradosso: se per magia potessimo sostituire l'attuale parco circolante con tutti veicoli Euro 6 già saremmo già ben oltre l'obiettivo che ci siamo posti». E conclude, scuotendo la testa: «Le soluzioni si trovano guardando l’intero contesto: scaricare il problema solo sul veicolo industriale chiedendo a noi di sostenere il carico e il peso non solo economico della decarbonizzazione senza guardare l'intera filiera è quanto meno miope».
L’UETR È D’ACCORDO
E un altro pezzo della filiera – le imprese di autotrasporto – è sulla stessa linea. «Se si interviene solo sull’ultimo miglio, in pratica sul tubo di scappamento, non va bene», spiega Marco Digioia, segretario generale della Uetr, l’associazione degli autotrasportatori europei – anche lui intervistato da lu K44 Risponde – ed entra nello specifico della propoed sta del nuovo standard Euro 7. «La sta Commissione», spiega, «sostiene C che, nonostante l’Euro 6, vi è ancora un grosso problema di emissioni a livello urbano, quindi non tanto di trasporto di media e lunga distanza. Ma è poco coerente da una parte dire che l'elettrico andrà molto bene a livello urbano e dall'altra sostenere che per risolvere il problema di emissioni a livello urbano ci vuole l’Euro 7». E butta lì una domanda: «Cosa si si pensa di poter ottenere da un nuovo ovo standard oltre l’Euro 6, anche alla alla luce di tutto quello che sta bollendo o in pentola con la decarbonizzazione al 2050?». Vengono in mente le parole di Pascal Canfin, presidente della Commissione Ambiente del Parlamento europeo. Pur senza fare riferimento all’Euro 7, Canfin ha annunciato che «la prossima revisione degli standard sulle emissioni dei veicoli leggeri da parte del Parlamento europeo, prevista per giugno 2021, potrebbe rendere impossibile la commercializzazione di veicoli termici dal 2035». Ma se, come previsto, l’Euro 7 scatterà dal 1° gennaio 2026, la scomparsa dei motori a combustione dal mercato sarà anticipata e costringerebbe ad accelerare il processo di decarbonizzazione. È questo l’intento dell’Unione europea? «Voglio pensare che non sia così», replica Digioia, «perché sarebbe una scelta irresponsabile che metterebbe a rischio l’intera catena dell’autotrasporto. Prima di tutto perché mancano ancora le infrastrutture di ricarica per sostenere la circolazione dei mezzi elettrici (ma anche a GNL); poi perché il 90% dei veicoli commerciali è a gasolio e non vedo come si possano buttar via in 4-5 anni un numero così elevato di veicoli; infine, gli operatori piccoli e medi non possono permettersi di cambiare il veicolo nel giro di 2-3 anni senza finanziamenti pubblici. Il rischio è il collasso totale dell’autotrasporto. Che – non dimentichiamolo – deve riprendersi anche dal Covid».
Siccome il 90% dei veicoli Siiccom commerciali è a gasolio, non comme vedo come si possano buttar via in 4-5 anni un numero così elevato di veicoli. Marco Digioia, segretario etario generale UETR