10 minute read
L'ELETTRICO Solo lo 0,2% dei veicoli merci è elettrico o ibrido
Èuna lunga marcia costellata di sigle, quella dell’avvicinamen to alla trazione elettrica degli autoveicoli. Perché il problema non è nel motore – un propulsore non troppo differente da una centrifuga che trasforma l’energia elettrica in energia meccanica – ma nella batteria, dove accumulare l’energia elettrica necessaria a muovere il veicolo. Dato che di energia ce ne vuole tanta e ci vuole tanto tempo per ricaricare le batterie, gli scienziati si affannano da sempre per trovare soluzioni che consentano agli accumulatori di caricare tanta energia elettrica nel minor tempo possibile, ma senza pesare troppo per non alterare i rapporti peso/motore/freni. Ognuna di queste soluzioni ha una sua sigla: mHEV, sHEV, PHEV, E-REV, BEV. Le prime tre sono ibride in cui la batteria è ricaricata dal motore a combustione che nelle HEV può essere usato in alternativa a quello elettrico (ma nella PHEV entra in funzione quando l’elettrico non ce la fa), la quarta fa lo stesso solo che il motore a combustione è piccolo e serve unicamente a ricaricare la batteria. L’ultima – la BEV, Battery Electric Vehicle – dispone soltanto di motore elettrico, alimentato da batterie (al litio le più diffuse) ricaricabili da una fonte di alimentazione esterna. Ed è questa il target della carbon neutrality voluta dall’Unione europea entro il 2050, perché è l’unica che non ha emissioni di CO2.
Advertisement
nostro piano prevede Il nnostro installazioni ultra fast installa all'interno di grandi città. Ma ci stiamo muovendo verso la creazione di vere e proprie stazioni di servizio elettrico che devono dare un ulteriore miglioramento alla tranquillità e alla sicurezza della ricarica. Augusto Raggi, responsababilesponsa Enel X Italia
CRESCONO LE AUTOMOBILI
Tutto questo prima di dire che all’inizio del 2021 l’Italia ha superato le 100 mila vetture elettriche in circolazione, con una quota tra lo 0,1% e lo 0,2% rispetto a un parco da 40 milioni di unità. Il segnale positivo arriva dalle immatricolazioni: lo scorso anno, nonostante la pandemia, ne sono entrate in circolazione quasi 60 mila (32.500 BEV e 27.375 PHEV), contro le 17.600 del 2019 con un incremento monstre del 251,5%. L’impennata è a fine anno con le BEV che a dicembre hanno superato le PHEV e insieme hanno segnato l’11,4% di un mercato totale che ha ceduto il 15%. E anche questo vuol dire qualcosa. Il fenomeno, però, non si registra nel comparto autocarri. Dato che – come detto – il peso ha una funzione rilevante nel complicare le possibilità di soluzioni tecniche, è comprensibile che i problemi si moltiplichino con l’aumento della portata di un camion. Infatti, stando ai dati Anfia-Aci, se il circolante di autocarri merci al 31 dicembre 2019 riporta alla voce «Elettrico-Ibrido» 7.849 veicoli, solo 39 sono al di sopra delle 3,5 ton. Ma, se passiamo alle immatricolazioni, i dati Unrae (che distinguono tra elettrico e ibrido)
0,8%
due mesi del 2021 (UNRAE)
MA ADESSO CI VUOLE UNA SCOSSA
di Umberto Cutolo
Nonostante una leggera tendenza alla crescita, la quota di camion senza motore a combustione è ancora marginale. Le ragioni: costano molto, hanno un’autonomia limitata e i punti di ricarica sono ancora pochi. E c’è chi già gli preferisce l’idrogeno. In attesa di incentivi pubblici
rivelano un leggero incremento tra i 16 veicoli BEV immatricolati nel 2019 e i 22 del 2020 (nonostante l’anno nero della pandemia) a scapito degli ibridi. E le ultime rilevazioni Acea, associazione continentale dei costruttori, mostrano che nel 2020 l’Italia ha registrato una quota di immatricolazioni dei veicoli leggeri minima per l’elettrico puro (0,8% contro l’8,1% della Norvegia), ma è in testa alla classifica europea per ibrido elettrico (3,3%) e per combustibili alternativi (4,5%). Piccole cifre, ma che rivelano una tendenza.
FURGONI BEV DA CITTÀ
Ed è quella dell’uso crescente di veicoli a basso impatto ambientale nella distribuzione urbana: i 2.352 leggeri a metano e i 348 a GNL del 2019 pre-Covid sono uno spazio su cui un elettrico sempre più competitivo potrà sicuramente
DOVE VUOI
Acea
Elettrico Ibrido elettrico Combustibili alternativi Benzina Diesel
Norvegia 8,1 0,0 0,1 0,8 91,0 Svezia 6,4 0,3 2,9 1,9 88,5 Islanda 4,9 0,0 0,5 5,3 89,3 Irlanda 3,4 0,1 0,0 0,1 96,3 Germania 3,3 0,4 1,1 3,3 92,0 Olanda 2,8 0,2 2,2 1,3 93,4 Svizzera 2,7 0,4 0,4 7,0 89,4 Francia 2,3 0,6 0,4 3,9 92,8 Danimarca 2,0 1,3 0,0 4,6 92,1 Austria 1,8 0,1 0,3 2,3 95,5 Regno Unito 1,8 0,2 0,0 1,0 97,0 Lussemburgo 1,4 0,0 0,0 1,5 97,0 Finlandia 1,3 0,9 0,5 1,3 96,0 Spagna 1,3 2,0 1,9 3,4 91,4 Portogallo 0,9 0,0 0,0 0,3 98,7 Italia 0,8 3,3 4,5 3,3 88,1 Lettonia 0,7 0,0 0,9 3,8 94,6 Belgio 0,6 0,1 1,4 4,8 93,1 Ungheria 0,6 0,1 0,4 1,3 97,6 Romania 0,6 0,2 0,0 2,7 96,5 Slovacchia 0, 0,0 0,4 2,5 96,5 Croazia 0,4 0,0 0,1 2,0 97,4 Estonia 0,4 0,0 0,3 10,3 88,9 Polonia 0,4 0,0 0,1 5,1 94,4 Rep. Ceca 0,3 0,0 3,6 4,8 91,3 Slovenia 0,3 0,1 0,1 1,8 97,6 Grecia 0,2 0,3 2,7 5,0 91,8 Cipro 0,0 0,0 0,0 16,2 83,8 TOTALE 2,1 0,7 1,1 3,0 93,1
inserirsi. La pandemia ha concesso una tregua ai divieti di circolazione per i veicoli più inquinanti, ma con il ritorno alla normalità torneranno anche i blocchi delle vetture diesel Euro4 (immatricolate tra gennaio 2006 e settembre 2009) in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, oltre che – con diverse modalità – a Milano, Torino, Venezia, Firenze e Roma, che dal 2024 sarà diesel free. E tornerà la spinta a dotarsi di veicoli ecologici: il furgone BEV da città potrà dire la sua. «Prevediamo una forte penetrazione dei veicoli elettrici nei prossimi vent’anni», ha confermato a K44 in occasione del forum "Il Motore del Duemila40", Augusto Raggi, responsabile Enel X Italia, «specialmente nel trasporto merci leggero che è già una realtà con gli small van, che sono cresciuti con la pandemia, tanto che ormai si parla dell'ultimo miglio elettrico». Non è un caso che – proprio sotto questo slogan – la prima a muoversi in questa direzione è Amazon che ha ordinato alla startup statunitense Rivian 100 mila furgoni elettrici con il marchio della freccia (tre diverse dimensioni con batterie adeguate alle diverse lunghezze di percorso) che entreranno in circolazione in tutto il mondo – anche in Italia – entro il 2022. Ma già dalla scorsa estate il gigante dell’e-commerce utilizza per le consegne in Europa 1.800 furgoni elettrici Mercedes-Benz, 600 eVito e oltre 1.200 eSprinter.
LE CRITICITÀ: PREZZO, AUTONOMIA E RICARICA
Se fra divieti pubblici e sensibilità privata, il veicolo elettrico sembra essere stato accettato, la sua strada verso la sostituzione del parco a combustibili fossili è ancora accidentata. A cominciare dal prezzo: un furgone a gasolio costa intorno ai 15 mila euro, uno elettrico almeno il doppio. «E oltre al prezzo del veicolo», ricorda Andrea Manfron, segretario generale di FAI, «ci sono anche i costi correlati: performance, consumi, affidabilità, manutenzione sono tutti costi che incidono. E non ultimo, la rivendibilità del mezzo sul mercato dell’usato». Come risolvere il problema? «Banalmente», continua Manfron, «con degli incentivi che, però, devono essere mirati. Oppure con una sorta di carbon tax sulla CO2 emessa, da ricavare dalla revisione dell’accisa». Ma non è soltanto questione di costi: la scarsa autonomia dei motori elettrici (intorno ai 300-350 km) e la loro potenza limitata ne precludono (almeno per ora) l’impiego sui veicoli più pesanti nei viaggi di linea internazionali e ne diminuiscono l’appeal anche per le tratte più brevi. Oltretutto il peso della batteria è ancora tale da incidere significativamente sulla portata, riducendo la capacità della merce trasportabile. E, infine, i prolungati tempi di ricarica mal si conciliano con le esigenze di lavoro di un camion che per ammortizzarne i costi e ottimizzarne l’impiego deve essere in continuo movimento: per avere un’idea, un’automobile con batteria da 40kWh, attaccata a una colonnina rapida da 22 kW, deve attendere un paio d’ore per fare il «pieno», mentre una «superbatteria» per camion, da 680 kWh, presentata lo scorso anno sul mercato, richiede circa due ore per caricarsi all’80% da una colonnina da 150 kW.
5%
del 2021 (UNRAE)
INFRASTRUTTURE DI RICARICA PUBBLICA IN EUROPA
(DICEMBRE 2020)
TOTALE
% >22 kW
Punti x100 km
Olanda 66.664 4 47,9 Lussemburgo 1.063 1 36,8
Norvegia 19.718 28 19,7
Svizzera 7.834 15 11,0 Regno Unito 33.470 19 7,9
Germania 44.669 17 6,9 Austria 8.232 16 6,0 Belgio 8.482 6 5,5
Finlandia 3.728 13 4,8 Svezia 10.412 15 4,7
Danimarca 3.254 17 4,4 Francia 46.945 9 4,2 Malta 101 0 3,5
Portogallo 2.470 20 2,7 Islanda 386 25 3,0 Italia 13.381 9 2,7 Croazia 670 28 2,5
Slovenia 747 18 1,9
Slovacchia 924 29 1,6 Spagna 8.165 26 1,2 Irlanda 1.102 26 1,1
Bulgaria 195 39 1,0
Rep. Ceca 1.200 51 0,9 Estonia 424 47 0,7 Cipro 70 34 0,7
Ungheria 1.295 22 0,6
Romania 502 37 0,6
Lettonia 314 75 0,5 Polonia 1.687 38 0,4 Grecia 334 24 0,3
Lituania 179 56 0,2
EUROPA 286.717 23 4,9
LE INFRASTRUTTURE CARENTI
Ma la tecnologia corre e i costruttori sono convinti di poter aumentare l’autonomia dei veicoli, riducendo anche il peso della batteria. Sui tempi di ricarica, però, non bastano i loro sforzi. Per questo si rivolgono ai governi europei per ottenere una rete infrastrutturale in grado di consentire, soprattutto nella fase di transizione, una maggiore frequenza di ricariche, in modo da contenere le dimensioni, la capacità (e il peso) delle batterie e permettere – anche ai veicoli più pesanti – viaggi più lunghi, senza ricorrere a complicate manovre di sostituzione delle batterie o a programmazioni dei percorsi al centimetro. «Con i nostri clienti», spiega Paolo Starace, amministratore delegato di DAF Veicoli industriali, «prima dell’acquisto, scendiamo nel dettaglio dell’operatività quotidiana, del tipo di territorio, dei punti di ricarica, per capire se il veicolo è adatto a quel trasporto». Per questo, continua, «stiamo facendo grosse pressioni per avere colonnine ad alta velocità di ricarica in interporti, porti, scambi merci, hub, poli logistici. Sulle autostrade sono in rapida evoluzione, però là dove opera il veicolo industriale mancano completamente». Ma la situazione è in miglioramento. Una norma dell’ultima legge di bilancio ha imposto a tutti i concessionari autostradali di creare stazioni di ricarica ad alta potenza (sopra i 50kW) per veicoli elettrici a distanza non superiore ai 50 km; Autostrade per l’Italia ha inserito nel suo Piano industriale 2020-2023 un programma di installazione di 67 stazioni per quasi 400 punti di ricarica ad alta potenza. E si stanno muovendo anche, Anas, Eni, Enel. «Il nostro piano», spiega Augusto Raggi, responsabile Enel X Italia, «prevede installazioni ultra fast all'interno di grandi città. Ma ci stiamo muovendo verso la creazione di vere e proprie stazioni di servizio elettrico che devono dare un ulteriore miglioramento alla tranquillità e alla sicurezza della ricarica». Chi non è del tutto convinto dei vantaggi dell’elettrico rispetto all’idrogeno sui mezzi pesanti è Alessio Torelli, Chief Mobility Officer di Snam: «Anche una colonnina supercharge», osserva, «non ricarica un camion in due minuti. Ve lo immaginate un interporto con 200 camion in coda ad attendere che il primo truck della fila finisca di ricaricare le batterie, sapendo che ci metterà un paio di ore per ricaricarle a metà prima di lasciare il posto al camion successivo? Di colonnine ne occorrerebbero almeno una cinquantina, ma non so quanti megawatt sarebbero necessari per ricaricare in contemporanea tanti veicoli pesanti: praticamente l’energia di una centrale nucleare». «Ma», ribatte Raggi, «la tecnologia è in rapida evoluzione: la stessa batteria che qualche anno fa caricava in tre ore adesso carica in venti minuti». Insomma, per fare paragoni, bisognerà aspettare che elettrico e idrogeno vadano entrambi a regime. Come dire: ai posteri l’ardua sentenza.