6 minute read

L'IDROGENO Le strategie per la diffusione delle Case costruttrici

IL PRIMO CAPITOLO DI UNA STORIA DA SCRIVERE

Latendenza all’elettrificazione dei veicoli industriali, leggeri e pesanti, si è ormai consolidata, anche se resta da stabilire quanto inciderà nell’autotrasporto e quale sarà il ritmo della sua affermazione. Ma c’è un’altra domanda la cui risposta si cerca già oggi: come avverrà? Questa domanda riguarda soprattutto lo stoccaggio dell’energia sui veicoli, che può avvenire in due modi: in batterie o nell’idrogeno, che è convertito in elettricità dalle celle (o pile) a combustibile. Si stanno già formando due fronti: i sostenitori delle batterie sull’intera gamma di veicoli, che contano sulla loro maggiore efficienza energetica e sull’evoluzione tecnologica che dovrebbe produrre batterie sempre più leggere, capienti ed economiche, e i sostenitori dell’idrogeno, che pur ammettendo la sua minore efficienza sostengono che è l’unico modo per fornire una lunga autonomia ai veicoli pesanti, che altrimenti dovrebbero concedere troppo volume e portata utile al carico.

Advertisement

MOVIMENTI D’INSIEME

Questa diatriba mostra per ora un aspetto più teorico che pratico, perché i costruttori di veicoli che puntano sull’elettrico stanno giocando su entrambi i tavoli. Oggi offrono modelli a batteria perché manca una rete per la distribuzione dell’idrogeno, ma nello stesso tempo stanno investendo nella progettazione e produzione di celle a combustibile, anche tramite accordi tra loro o con società specializzate nel settore. La collaborazione finora più eclatante è quella tra il Gruppo Daimler e il Gruppo Volvo (vedi box a p. 58), da cui nascerà) la nuova società Cell Centric GmbH che produrrà celle a combustibile per veicoli pesanti a livello globale entro la seconda metà di questo decennio. Ma la via della collaborazione è seguita anche dai produttori di componenti. Ad aprile è nato in Europa il consorzio Immortal con uno stanziamento inizia-

Esiste una sorta di diatriba tra chi propende per l’elettrico con batteria e chi scommette sulle fuel cell. Anche se in realtà i costruttori di veicoli stanno dalla parte dei bottoni e investono – spesso unendo gli sforzi – su entrambi, convinti che l’idrogeno possa risultare congeniale per missioni diverse rispetto al full electric. E da più parti si scorgono anche i primi passi delle reti di distribuzione

GLI OBIETTIVI DEL CONSORZIO IMMORTAL

Sviluppare componenti più resistenti per realizzare celle a combustibile destinate ai veicoli pesanti così da farle durare almeno 30.000 ore. È l'obiettivo del consorzio Immortal, che annovera tra i partecipanti Bosch, Johnson Matthey, FPT Industrial e AVL, con il coordinamento del CNRS francese. I partner industriali stanno contribuendo con il loro rispettivo know-how: Johnson Matthey per le membrane, Bosch e AVL per gli stack e FPT Industrial per i test sulle unità a celle a combustibile. Dal punto di vista scientifico, il CNRS Montpellier guiderà il progetto e contribuirà allo sviluppo di nuove membrane, mentre l'IMTEK di Friburgo si concentrerà sulla comprensione dei meccanismi di degradazione utilizzando tecniche chimiche e strutturali. A conti fatti le 30.000 ore di funzionamento potrebbero non essere sufficienti a durare per l’intera vita del veicolo. Con 45 ore di funzionamento a settimana, si arriva a 666 settimane, pari a poco meno di 13 anni. Meno dell’età media dei camion italiani.

Ecco il Mercedes-Benz GenH2 Truck, vale a dire il camion della Stella declinato in versione fuel cell. Basato sul Mercedes-Benz Actros, vanterà un’autonomia fi no a 1.000 km. I test con i clienti partiranno nel 2023 per giungere alla produzione in serie nella seconda metà del decennio. Il veicolo, concepito per il lungo raggio e quindi con massimo peso totale a terra, disporrà di due serbatoi di idrogeno liquido e di un potente sistema di celle a combustibile che renderanno le sue prestazioni paragonabili a quelle di un tradizionale camion diesel.

le di 3,8 milioni di euro, che ha lo scopo di sviluppare e sperimentare nuove tecnologie. Lo compongono Johnson Matthey, Bosch (che intanto ha avviato una joint-venture in Cina con Qingling Motors per muovere con l’idrogeno un milione di camion cinesi entro il 2030), FPT Industrial (controllata da CNH Industrial, che detiene anche Iveco), AVL, CNRS Montpellier, Imtek e Pretexo. L’altro importante elemento è ovviamente l’idrogeno. Con l’ossigeno è il componente più importante della nostra atmosfera nonché l’elemento più diffuso dell’universo. Sarebbe una buona notizia, senonché oggi non è possibile “estrarlo” dall’aria come si estrae il petrolio dalla terra. Bisogna invece crearlo usando energia, con l’inconveniente che per farlo se ne usa più di quella che rilascia. E se vogliamo realmente ridurre l’emissione di gas serra, l’idrogeno va prodotto escludendo fonti fossili (insomma, non “blu”) e usando solo quelle rinnovabili (quindi “verdi”). Per la produzione di idrogeno si stanno muovendo sia i tradizionali produttori di combustibili fossili o di gas industriali. Quindi è un discorso interamente proiettato nel futuro, anche se qualcosa sta già apparendo sulle strade europee. Più precisamente su quelle svizzere, dove da gennaio viaggiano i primi esemplari dello Hyundai Xcient Fuel Cell, ma entro la metà del decennio dovrebbero entrare in gioco anche alcuni costruttori europei – tra cui Iveco con Nikola e Mercedes-Benz – ma anche d’importazione, come la Hyzon, che avvierà la produzione nei Paesi Bassi basandosi su cabine DAF XF. Questa società nasce con la collaborazione tra l’olandese Holthausen Clean Technology, che sta già convertendo camion termici in elettrici alimentati a idrogeno, e la statunitense Hyzon, che a sua volta è controllata da Horizon Fuel Cell di Singapore.

GLI OBIETTIVI DI SNAM

La Snam ha inserito nel Piano 2020-2024 la produzione d’idrogeno verde per il trasporto stradale e ferroviario in quanto ritiene diverrà competitivo in pochi anni grazie alla progressiva riduzione del costo di produzione delle energie rinnovabili, abbinata alla contestuale riduzione del costo degli elettrolizzatori. Nella visione della società il modo più efficiente per trasportarlo è l’infrastruttura gas, anche perché l’esperienza europea dimostra che gli interventi per riconvertirla a idrogeno sono limitati, con costi pari a 10-25% di quelli previsti dalla costruzione di una nuova rete. Per la precisione si valuta che Snam benefici di infrastrutture che sono già al 70% hydrogen ready. Guardando al 2050, la prospettiva è di trasportare gas interamente decarbonizzato per fare dell’Italia un hub europeo dell’idrogeno.

LA LOGICA DELLA RETE DI RIFORNIMENTO

Si sta lavorando anche alla creazione di una rete di rifornimento, che nella fase iniziale coprirà aree relativamente ristrette e quindi potrà servire solo determinate tipologie di autotrasporto. Prima tra tutte la distribuzione regionale, ma il porto di Rotterdam ha avviato un ambizioso programma per il trasporto di container, in collaborazione con Air Liquide, che vuole assicurare il rifornimento di un migliaio di camion in un’area che comprende Paesi Bassi, Belgio e Germania occidentale. I porti sono la base ideale per diramare una rete di rifornimento, perché possono ricevere via mare grandi quantità di idrogeno, stoccarlo e rifornire non solo i camion, ma anche equipaggiamenti portuali (a Rotterdam la Terberg sta sperimentando un trattore portuale con celle a combustibile), imbarcazioni per mare e fiumi o locomotori per manovre in aree prive di rete elettrica. Anche in Italia ci sono progetti simili. La Snam ha inserito nel Piano 2020-2024 la produzione d’idrogeno verde per il trasporto stradale e ferroviario e in questo comparto vuole investire 150 milioni. Sempre nei porti, lo scorso aprile l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale ha firmato un accordo con Sapio e Hydrogen Park per realizzare a Porto Marghera un impianto di produzione e distribuzione di ammoniaca verde, che serve come base per produrre idrogeno. Tanti piccoli pezzi di una storia che è solo al primo capitolo.

This article is from: