Zootecnica International – settembre 2022 – POSTE ITALIANE S.p.A. – Spedizione in Abbonamento Postale 70%, DCB Firenze
Migliorare il benessere animale per una maggiore sicurezza e qualità degli alimenti Avicoltura, Unaitalia: nell’ultimo anno bruciati 800 milioni di euro Possibili strategie per l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 nel settore avicolo
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EDITORIALE Il mondo manageriale da tempo mostra segni di stanchezza, ancor più adesso che tutti noi viviamo una difficile e complessa situazione socio-economica. In passato per definire periodi simili abbiamo impiegato il termine ‘crisi’, spesso usato a dismisura, come comune denominatore di ogni circostanza sfavorevole. Etimologicamente il vocabolo “crisi” deriva dal greco κρίσις, krisis, che significa “scelta, decisione”, derivato di κρίνω, krino, che significa “distinguere, giudicare”: un significato in disaccordo con le interpretazioni date in passato. Sarebbe auspicabile poter riuscite a svolgere, attraverso gruppi di lavoro, seminari, congressi, una disamina concreta delle situazioni che ci attendono, realizzando delle vere sinergie. Purtroppo resta un’utopia. L’impresa innovativa è quella in cui tutte le funzioni aziendali fungono da antenne per percepire il cambiamento. Oggi ci troviamo dinanzi a un rovesciamento del modello classico: ricerca, sviluppo, produzione, in cui la scienza e la tecnica si collocano come sorgente esclusiva e motore primo per l’innovazione. Questa correzione tradizionale dell’innovazione costituisce una delle cause delle frustrazioni per gli insuccessi della ricerca slegata dagli obiettivi aziendali e quindi dei fenomeni di isolamento di strutture di ricerca nelle aziende. Il management deve avere ben chiari gli obiettivi aziendali, ma deve anche rendersi conto di rappresentare esso stesso uno strumento primario per la definizione delle strategie. Se il processo innovativo deve coinvolgere ricerca, sviluppo, marketing e produzione, devono essere assicurati gli indispensabili meccanismi di comunicazione efficace, non relegando le strutture tecniche soltanto in un ruolo esecutivo per la soluzione dei problemi posti dalla produzione e dal marketing. In definitiva, per il successo delle imprese innovative contano la qualità del management, l'intelligenza, la preparazione e l'intuizione, per armonizzare al meglio le diverse componenti aziendali.
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SOMMARIO
ATTUALITÀ................................................................................................ 4 PRIMO PIANO
Nuove tecnologie e prospettive del sessaggio in ovo: la gestione dei maschi della gallina ovaiola........................................................12
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Migliorare il benessere animale per una maggiore sicurezza e qualità degli alimenti......................................................................................16
REPORTAGE
Avicoltura, Unaitalia: nell’ultimo anno bruciati 800 milioni di euro....................... 20
INTERVISTA
Incubare senza preoccupazioni, ora e in futuro..................................................24 La soluzione Vencomatic: una garanzia di successo......................................... 26
DOSSIER Iniezione in ovo di olio essenziale di origano a diversi pH Risultati sulla schiusa e sulle performance del broiler nei primi giorni di vita....... 28
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FOCUS
Possibili strategie per l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 nel settore avicolo................................................. 30
MARKETING
Modelli dell’industria avicola del Medio Oriente Parte 2 – Produzione e commercio di carne avicola.......................................... 36
TECHNICAL COLUMN
Creare il clima giusto per gli avicoli................................................................... 42 Gestire le tacchine in deposizione.................................................................... 48
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MANAGEMENT
Plumofagia e cannibalismo, come contrastarli con l’Opuntia.............................. 52
NUTRIZIONISTICA
Benessere e arricchimento delle uova.............................................................. 54 Dal mangime al guscio: il ruolo di BACTOCELL nel metabolismo del calcio delle galline ovaiole mature.............................................................................. 56
MARKET GUIDE................................................................................... 60 GUIDA INTERNET............................................................................... 64
©Pexels - Christian West
ATTUALITÀ
Cresce il biologico nel settore avicolo Si è tenuto il 6 luglio a Roma il convegno sulle tendenze del comparto biologico in agricoltura organizzato da ISMEA dal titolo: “Appuntamento con il bio: l’agricoltura biologica del futuro”, con la partecipazione del Ministero delle Politiche Agricole, Federbio, AIAB, Assobio, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Italiane, Anabio-Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri. Dal Rapporto Ismea emerge che dal 2020 al 2021 si è registrata una tendenza positiva nel comparto avicolo: il numero di capi allevati è infatti aumentato del +20,6%, superando così i 5 milioni di animali. Negli altri settori zootecnici si è registrato un +3% per i bovini, +0,5% per i suini, mentre è in diminuzione il contingente degli ovini e dei caprini, rispettivamente del -7,6% e del -5,3%.
Dinamica marcata negli ultimi anni per il biologico nel settore avicolo Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili, mentre il comparto degli avicoli – con particolare riferimento ai polli da
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carne e ovaiole – presenta una dinamica più marcata, tanto da guadagnare in media circa mezzo milione di capi ogni anno. Sempre in riferimento alle categorie zootecniche più rappresentative, attraverso un confronto con i dati ISTAT sulle consistenze, possiamo vedere come le più rilevanti in termini di incidenza del biologico siano: caprini (9,4%), ovini (8,6%) e bovini (7,0%), mentre all’interno dell’allevamento suinicolo il biologico incide ancora solo per lo 0,7%. In generale, nel corso degli ultimi 15 anni, il settore biologico è cresciuto a livello nazionale e internazionale a ritmi elevati, guadagnando sempre più spazio nelle politiche agroalimentari e nelle strategie commerciali dell’intera
- attualità -
ATTUALITÀ
filiera agricola. Solo negli ultimi cinque anni, in Italia le superfici e le aziende biologiche sono cresciute del 40% e i consumi interni di circa il 70%. Naturalmente, tali livelli di crescita sono stati favoriti dalla ridotta dimensione iniziale del fenomeno che, tuttavia, ha raggiunto traguardi importanti.
La tendenza a livello europeo nel biologico A livello europeo, nel 2020 – secondo gli ultimi dati completi a disposizione – la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) coltivata ad agricoltura biologica si attesta su quasi 15 milioni di ettari. La Francia, la Spagna e l’Italia, in questo ordine, sono i tre Paesi con le superfici biologiche più ampie in termini assoluti e l’Italia conferma, anche nel 2021, la maggiore incidenza percentuale sulla superficie agricola complessiva, valore aumentato al 17,4% dal 16,6% del 2020, orientamento che va avanti oramai da diversi anni.
Dal campo alla tavola Tra le strategie dell’Unione europea che interessano in particolare modo il comparto agricolo ci sono i programmi sulla “Biodiversità” e “Dal produttore al consumatore”, che sono diretti a rafforzare il ruolo degli agricoltori e degli allevatori nella filiera agroalimentare e che contestualmente fissano anche degli obiettivi ambientali altamente sfidanti e sicuramente non a costo zero per il settore agricolo. A sostegno della strategia europea viene messo a punto anche un bilancio finanziario ambizioso, che passa principalmente attraverso gli strumenti della Pac. Una politica che, secondo alcuni Stati membri, andrebbe già ripensata in un nuovo quadro politico internazionale e che dovrebbe anteporre nuove priorità agli obiettivi di crescita verde, primo tra tutti quello della sicurezza alimentare. Fonte: Ismea, Unaitalia
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ATTUALITÀ
Il punto sull’Influenza Aviaria Efsa ha pubblicato il report “Avian Influenza overview March-June 2022”, dal quale si evince che tra il 2021 e il 2022 sono stati segnalati circa 5.300 casi ad alta patogenicità (HPAI) negli avicoli, negli uccelli selvatici e in quelli in cattività in 36 Paesi UE/SEE e nel Regno Unito. Le misure di biosicurezza messe a rischio dalla lunga durata dell’epidemia
©Pexels - Chris F.
La lunga durata del periodo di rischio potrebbe rappresentare una sfida per la sostenibilità delle misure di biosicurezza rafforzate e attuate lungo la filiera avicola, per esempio il confinamento obbligatorio al chiuso degli avicoli allevati all’aperto, da attuarsi in aree o settori di produzione ad alto rischio.
In aumento i casi di HPAI Si tratta del maggior numero di casi di HPAI mai registrato in una stagione epidemica. La persistenza del virus HPAI (H5) indica che potrebbe essere diventato endemico nelle popolazioni di uccelli selvatici in Europa. Durante il periodo di riferimento 2021-2022, l’86% dei focolai verificatisi negli avicoli è stato secondario a causa della diffusione del virus da un allevamento all’altro. La Francia ha rappresentato il 68% dei focolai, l’Ungheria il 24% e tutti gli altri Pae-
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si colpiti, meno del 2% ciascuno. La maggior parte dei rilevamenti del virus negli uccelli selvatici è stata segnalata dalla Germania (158 casi), seguita dai Paesi Bassi (98) e dal Regno Unito (48). Come nella precedente stagione del virus, la persistenza più lunga dell’HPAI nei volatili selvatici, a confronto con lo stesso periodo degli anni precedenti, può indicare una continuazione del rischio di diffusione tra volatili selvatici e mammiferi, nonché un pericolo per l’ingresso del virus negli allevamenti avicoli.
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Considerando l’elevato impatto negativo di queste epidemie di HPAI negli ultimi anni, dovrebbero essere individuate delle strategie di programmazione e di prevenzione a medio e lungo termine, soprattutto nelle zone ad alta densità di allevamenti avicoli. La sorveglianza nei mammiferi e negli esseri umani, che potrebbero essere potenzialmente esposti ai volatili infetti, dovrebbe essere rafforzata per facilitare l’individuazione precoce degli eventi di trasmissione del virus dai volatili all’ambiente selvatico o a mammiferi domestici e/o umani. Il rischio di infezione è tuttavia valutato come basso per la popolazione generale nell’UE/SEE e medio-basso per le persone professionalmente esposte. Fonte: Efsa, Unaitalia
ATTUALITÀ
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ATTUALITÀ
Aiuti straordinari al comparto zootecnico Il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli, ha firmato il decreto di “Intervento a favore dei produttori del comparto zootecnico tramite la previsione di aiuti eccezionali di adattamento per i danni indiretti subiti in seguito al conflitto Russia-Ucraina”.
Il provvedimento mira a sostenere alcuni settori del comparto zootecnico maggiormente colpiti dall’aumento dei costi delle materie prime, dal caro energia e dalle conseguenze dirette e indirette del conflitto in Ucraina, con l’obiettivo di favorire metodi di produzione rispettosi dell’ambiente, del clima e del benessere animale. L’importo complessivo è di circa 144 milioni di euro, di cui 48 milioni di fondi comunitari stanziati in applicazione del Regolamento Delegato (UE) n. 467/2022, che prevede un aiuto eccezionale di adattamento per i produttori dei set-
ABBEVERATOI
GABBIE DA TRASPORTO
tori agricoli più colpiti dalla crisi, a cui si aggiunge un cofinanziamento nazionale pari a circa 96 milioni di euro. Per quanto riguarda il sostegno agli altri settori zootecnici colpiti dall’aumento dei costi delle materie prime, il Ministero sta intervenendo con un ulteriore provvedimento, finanziato per un importo pari a 80 milioni di euro. L’intesa per il finanziamento è stata sancita in Conferenza Stato-Regioni con accordo sullo schema di decreto, a valere sul “Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura”, che interviene su alcuni dei settori zootecnici colpiti da un eccessivo innalzamento dei costi di produzione, con particolare riferimento all’aumento del costo dei mangimi e delle principali voci di costo aziendale. Le imprese agricole interessate sono gli allevamenti di suini, vitelli, ovicaprini, conigli, galline, tacchini, polli e bovini di razze autoctone. Con questo secondo decreto si prevedono aiuti più estesi e specifici, in modo da poter dare un sostegno e una tutela reale agli allevamenti e al reddito delle imprese. Fonte: Mipaaf
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CASSETTE UOVA
ATTUALITÀ
Nuovo CdA EFSA “In un contesto internazionale in cui la sicurezza degli alimenti e la loro disponibilità sono interconnesse, è significativo che il CdA EFSA includa un’ampia gamma di rappresentanti che contribuiranno al funzionamento efficace della filiera degli alimenti e mangimi”, ha dichiarato Claire Bury, vicedirettrice per la sostenibilità alimentare presso DG SANTE. La struttura precedente del CdA contemplava 14 membri con competenze in materia di filiera alimentare che non rappresentavano alcun governo, organizzazione o settore, oltre a un rappresentante della Commissione europea. Nel nuovo modello di governance saranno invece rappresentati gli Stati membri, il Parlamento europeo, la Commissione europea, la società civile e coloro che difendono gli interessi della filiera alimentare.
I sistemi Jansen sono noti per la loro qualità e affidabilità. Vengono proposte varie soluzioni, tra cui sistemi a voliera per ovaiole commerciali e svezzamento pollastre, nidi per ovaiole commerciali e riproduttori.
Il nuovo modello risponde ai requisiti prescritti dal regolamento sulla trasparenza, entrato in vigore nel 2019, che rafforza il ruolo degli Stati membri e l’impegno di tutte le parti coinvolte nelle attività dell’EFSA. Il consiglio di amministrazione garantisce il funzionamento efficace ed efficiente dell’Autorità, espleta il proprio mandato in conformità del regolamento istitutivo dell’EFSA e risponde alle aspettative delle istituzioni europee e nazionali, delle parti interessate e del pubblico. Il nuovo CdA è composto da 27 rappresentanti degli Stati membri (con supplenti), due rappresentanti del Parlamento europeo (senza supplenti), due rappresentanti della Commissione europea (con supplenti) e quattro rappresentanti della società civile e degli interessi della filiera alimentare (con supplenti).
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Inoltre, parteciperanno al CdA anche due rappresentanti dei Paesi EFTA/SEE (Norvegia e Islanda) e un rappresentante dell’Autorità di vigilanza EFTA (con supplenti), ma senza diritto di voto. Il CdA è composto in totale da 38 membri. Fonte: www.sivempveneto.it
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ATTUALITÀ
Assalzoo: sempre primo il settore avicolo per produzione di mangimi Secondo l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici (Federalimentare - Confindustria) che rappresenta l’industria mangimistica italiana con un fatturato di 9,7 miliardi di euro, circa 8.300 addetti e una produzione che supera i 15,5 milioni di tonnellate, il canale produttivo dell’avicoltura continua a dimostrare una grande solidità. Aumenti generalizzati nella produzione di mangimi composti per quasi tutte le principali specie animali, fatta eccezione per tacchini, conigli ed equini, ma nel 2021 è stata soprattutto l’alimentazione dei volatili che ha permesso di schiacciare l’acceleratore, registrando aumenti tra il 6% e l’8%. “Il notevole incremento produttivo fatto registrare dalla mangimistica nel 2021 riguarda non solo gli avicoli, ma anche i suini e i bovini”, ha dichiarato Michele Liverini, presidente reggente di Assalzoo, che ha commentato i dati diffusi in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione, che si è tenuta a Bologna all’inizio dell’estate e si è svolta in presenza dopo due anni di pandemia. I dati rappresentano secondo Liverini “una conferma, rispetto allo scorso anno, della dinamicità del settore nonostante la difficile congiuntura”.
per la crisi correlata al Covid. Il livello di output per i volatili è cresciuto del 5% – dopo il +1,6% dello scorso anno – passando da 6.070.000 a 6.372.000 tonnellate. Un dato certamente positivo, se si considera che l’avicoltura rappresenta il 40% del totale della produzione di alimenti per animali in Italia. In dettaglio, tutte le singole specie avicole hanno visto crescere il volume di prodotto: polli da carne (+6,1%), galline ovaiole (+7,1%) e altri volatili (+7,7%). Unica eccezione la categoria dei tacchini, in riduzione sensibile (-3,7%). In proposito va però evidenziato che si tratta di un risultato che sarebbe potuto risultare ancora superiore se il comparto avicolo non avesse dovuto fronteggiare l’Influenza Aviaria che ha determinato l’abbattimento di quasi 15 milioni di capi, tra cui anche molti tacchini.
Conferma dunque la propria solidità il canale produttivo dell’avicoltura, uno dei comparti che meno ha sofferto
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Fonte: Assalzoo
Immunizzazione contro la Salmonella in avicoltura Meccanismi dello sviluppo dell’immunità e importanza dell’escrezione limitata del ceppo vaccinale Elanco Italia S.p.A., PM-IT-22-0329
Vaccini vivi contro la Salmonella: importanza di un’escrezione limitata del ceppo vaccinale Viste le implicazioni per la salute pubblica legate alle infezioni da Salmonella nell’uomo, l’industria avicola, le autorità regolatorie e i consumatori si aspettano che gli interventi messi in atto per ridurre il rischio di contaminazione siano non solo efficaci, ma anche sicuri e privi di rischi. Pertanto, è importante che i vaccini vivi impiegati per l’immunizzazione degli animali abbiano un limitato periodo di escrezione dopo la vaccinazione, che non persistano nell’ambiente, non diffondano ad altre specie animali non target e non residuino nella carne di pollo o nelle uova. Di conseguenza, l’industria e i consumatori, in linea con le direttive dell’OIE, si aspettano che i ceppi batterici utilizzati nei vaccini vivi non persistano a lungo negli animali vaccinati e non si ritrovino nelle uova. Un’ulteriore considerazione: a un’escrezione prolungata del ceppo vaccinale non consegue una risposta immunitaria protettiva. Il fatto che alcuni ceppi vaccinali possano essere re-isolati durante il periodo di produzione significa solamente che sono caratterizzati da una escrezione prolungata e che possono sopravvivere bene nell’ambiente dell’allevamento. La frazione del titolo antigenico originale eventualmente assunta dagli animali non può essere controllata ed è un’evenienza casuale; pertanto, è ragionevole sottolineare che il ceppo vaccinale debba, preferibilmente, essere caratterizzato da un’escrezione limitata per garantire cibo sicuro ed evitare interferenze con le procedure di autocontrollo.
Come si valuta il buon esito di una vaccinazione per via orale? L’immunità indotta dai vaccini vivi è associata alla produzione di linfociti T (CD4 e CD8) e/o immunoglobuline, piuttosto che alla capacità del ceppo vaccinale di diffondersi ad altri animali. È possibile misurare accuratamente questo tipo di risposta solo mediante prove cliniche controllate con infezione sperimentale, che mettano a confronto animali vaccinati e non vaccinati. L’assunzione della dose raccomandata può assicurare la qualità della risposta immunitaria nei confronti dei vaccini vivi. È possibile quantificare la risposta immunitaria mediante la valutazione dei titoli di IgA Secretorie (IgA-S) associate alla risposta umorale locale o mediante l’analisi della risposta cellulo-mediata. Per verificare la corretta assunzione del vaccino è possibile considerare l’approccio batteriologico e, eventualmente, la misurazione delle IgA-S per stabilire la risposta immunitaria locale a livello intestinale. Pertanto, un’immunizzazione efficace sarà in grado di ridurre la moltiplicazione dei batteri nei tessuti bersaglio e, di conseguenza, ridurre l’escrezione di Salmonella nell’ambiente. Tuttavia, l’efficacia dell’immunizzazione dipenderà da a) ado-
zione di buone pratiche di vaccinazione, b) impiego della dose raccomandata di vaccino e c) attuazione del protocollo vaccinale raccomandato dal foglio illustrativo (primer e successive dosi). Pertanto, perché la vaccinazione sia efficace, è importante assicurarsi che gli animali assumano una corretta dose di vaccino controllando il consumo di acqua vaccinale.
Conclusioni Perché la vaccinazione con vaccini vivi contro la Salmonella sia efficace è necessario seguire il protocollo raccomandato dal foglio illustrativo. L’assunzione della dose raccomandata di vaccino consente lo sviluppo di un’immunità affidabile in termini di risposta umorale locale e cellulo-mediata. L’escrezione prolungata del ceppo vaccinale, e l’eventuale assunzione di una frazione della dose vaccinale da parte degli animali, non è correlata allo sviluppo di una risposta protettiva ma è semplicemente un’indicazione delle capacità del ceppo vaccinale di sopravvivere nell’ambiente. Queste caratteristiche possono essere indesiderate perché interferiscono con i programmi di monitoraggio e possono rendere necessari ulteriori accertamenti. Per verificare la corretta somministrazione del vaccino è opportuno ricorrere a valutazioni “post take” basate su collaudati metodi batteriologici. Pertanto, è priva di fondamento e non supportata da rigorosi studi di campo l’affermazione che la frazione di vaccino escreta nell’ambiente e assunta per contatto dagli animali possa indurre un’immunità affidabile. Come dimostrato da rigorosi studi scientifici, ci si può aspettare un’adeguata immunizzazione solo mediante l’applicazione del protocollo vaccinale raccomandato dal foglio illustrativo. In conclusione, pensando a un programma di vaccinazione per riproduttori o ovaiole, è di fondamentale importanza la scelta di un vaccino vivo in grado di proteggere nei confronti dei sierotipi di Salmonella più importanti e dotato di un limitato periodo di escrezione. Bibliografia disponibile su richiesta Elanco e la barra diagonale sono marchi registrati di Elanco o sue affiliate. © 2022 Elanco. Contenuto sponsorizzato Elanco
IN PRIMO PIANO
Nuove tecnologie e prospettive del sessaggio in ovo: la gestione dei maschi della gallina ovaiola
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Al Fieravicola Poultry Forum, il 6 maggio scorso, si è svolto il convegno su “Le nuove tecnologie e prospettive del sessaggio in ovo”. Martino Cassandro, presidente WPSA Italia, ha aperto l'evento introducendo il tema; dopo il suo intervento è seguita la relazione di Joel Gautron, direttore alla ricerca presso l'Institut national de recherche pour l'agriculture, l'alimentation et l'environnement - INRAE.
Il convegno si è focalizzato sulla produzione di uova nei prossimi decenni con la presenza di Yael Alter, AD Saas Technology, che ha illustrato un nuovo metodo per salvare i pulcini maschi nella filiera delle uova. Gian Luca Bagnara, presidente Assoavi, ha infine concluso i lavori, delineando i metodi per incentivare e sensibilizzare l’introduzione in Italia del sessaggio in ovo.
Luigi Montella, Medico veterinario
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A livello globale vengono attualmente prodotti 1.400 miliardi di uova all’anno. In Europa si fanno sempre più pressanti le richieste per un maggior rispetto del benessere ani-
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male in allevamento. La direttiva 1999/74 ha differenziato le produzioni in gabbia, a terra, all’aperto e biologica, ma è stata applicata dai vari Paesi in maniera diversa. Oggi la produzione in sistemi alternativi arriva al 40%, un dato ben diverso rispetto a quello del 1996, quando non superava il 10%. La situazione resta tuttavia molto articolata a seconda dei Paesi: in Germania l'allevamento in gabbia è inferiore al 2%, mentre in Portogallo e Spagna supera il 90%; l’Italia rispecchia il dato della media europea, con un valore che si aggira sul 50%.
IN PRIMO PIANO
“In futuro l’allevamento in gabbia sarà sempre più penalizzato, indipendentemente dalla legislazione, poiché già messo al bando da buona parte della grande distribuzione. Restano, per il benessere, alcuni problemi aperti, come un’ulteriore riduzione del numero di animali accasati per metro quadrato e un’alternativa alla soppressione dei pulcini maschi di un giorno nella filiera delle uova”
Verso un allevamento sempre più free-range In futuro l’allevamento in gabbia sarà sempre più penalizzato, indipendentemente dalla legislazione, poiché già messo al bando da buona parte della grande distribuzione. Restano, per il benessere, alcuni problemi aperti, come un’ulteriore riduzione del numero di animali accasati per metro quadrato e un’alternativa alla soppressione dei pulcini maschi di un giorno nella filiera delle uova. I maschi di ovaiola sono considerati “scarti” per l’industria delle uova, poiché non depongono uova e la loro carne non ha alcun valore economico per il settore; ciò ne causa la soppressione, con un dato che si attesta sugli oltre 6 miliardi all’anno e che avviene in incubatoio a un giorno di vita. L’opinione pubblica sta facendo una notevole pressione per trovare una soluzione a questo problema e la politica si è mossa di conseguenza. Dal 2022, Francia e Germania proibiscono l’eliminazione dei maschi di un giorno, mentre Olanda, Spagna e Italia si sono impegnate a seguirne l’esempio.
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IN PRIMO PIANO
Soluzioni per evitare la soppressione dei pulcini maschi nella filiera delle uova
Gli approcci messi in atto per la risoluzione del problema della soppressione dei pulcini sono vari: • biologico, con rilevamento ormonale e dei metaboliti;
Una delle soluzioni alla soppressione dei pulcini potrebbe consistere nella muta; se si utilizzano le ovaiole per diversi cicli produttivi si ha una riduzione nel numero di galline da accasare, e quindi di maschi soppressi in schiusa. La muta dovrebbe però essere indotta senza privazioni di mangime e acqua, perché tale pratica è vietata in Unione europea e occorrerebbe, su questo tema, approfondire le ricerche. Un’altra maniera per ridurre il numero di ovaiole da accasare potrebbe essere l’aumento della durata di deposizione. Oggi lo sviluppo della genetica ha portato a cicli di oltre 100 settimane di deposizione, con una produzione di 500 uova per gallina. Ovviamente, in analogia a quanto detto sulla muta, se la stessa gallina produce più uova, occorrerà un numero inferiore di pulcini, e di conseguenza ci saranno meno maschi da sopprimere. Dal punto di vista produttivo, si potrebbe pensare a sviluppare linee a doppia attitudine, da impiegarsi per la produzione di uova e carne, che permetterebbero di poter utilizzare sia pulcini maschi che femmine nel ciclo produttivo. Oggi le ovaiole producono circa 340 uova a ciclo, mentre i riproduttori della linea da carne ne forniscono meno di 150. Si potrebbe prendere in considerazione un tipo di incrocio in cui le femmine siano in grado di fornire una buona quota di uova e i maschi una resa sufficiente in carne. Si tratterebbe di una scelta più che altro di tipo etico, ma andrebbe pienamente incontro alle richieste del consumatore in materia di benessere animale.
Sessaggio in ovo Un’altra opzione, emersa di recente e dalle prospettive molto promettenti, è rappresentata dal sessaggio in ovo, che identifica i maschi prima della schiusa, evitandone la soppressione cruenta. Gli embrioni esprimono differenze anatomiche, fisiologiche e molecolari che potrebbero consentire l’identificazione del sesso in anticipo. Per attuare questa soluzione servirebbero metodiche veloci, capaci di selezionare fino a 30.000 uova/ora, economiche, precise (al 98,5%), che non causino danni alla schiusa e alla vitalità del pulcino ed eseguibili molto precocemente, per evitare che l’embrione soffra. Sono attualmente in corso vari studi diretti a trovare la procedura ideale.
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• fisiochimico, basato su odori diversi tra embrione maschile e femminile; • fisico e ottico, tramite spettrometria e risonanza magnetica o iperspettrale; • genetico, con editing per la mappatura genetica. Queste tecnologie presentano vantaggi e svantaggi: quelle cromosomiche e molecolari sono invasive, le fisiologiche si applicano solo su linee a piumaggio marrone, mentre sembra particolarmente interessante la tecnica del genome editing, che però non è ancora disponibile sul mercato.
Yahel Alter - Soos Technology Soos Technology è tra le aziende che conducono studi approfonditi sul benessere del pulcino di ovaiola e ha presentato al Fieravicola Poultry Forum i risultati di queste ricerche. L’azienda opera sulla definizione del sesso nei primissimi giorni di vita, come avviene in natura, che nell’embrione aviario dipende da almeno 17 geni. Lo scopo è influenzare tale processo genetico, riassegnando i geni maschili a una funzione femminile e trasformandoli quindi in ovaiole. Il procedimento avviene utilizzando vibrazioni acustiche, umidità e temperatura sulle uova incubate. A tale scopo, vengono usati vassoi specifici in incubazione con sensori che raccolgono i dati ogni 30 minuti. Finora, le prove di campo hanno evidenziato schiuse dal 56% al 65% di femmine sul totale (rispetto allo standard che si attesta sul 50%), mentre in laboratorio si è giunti all’80%. In campo, soggetti con caratteristiche squisitamente femminili – cloaca, cresta, piumaggio e anche evidenza autoptica – si sono rivelati con DNA maschile. I gruppi che contenevano questi soggetti, con DNA maschile ma caratteristiche femminili, deponevano con risultati uguali a gruppi di femmine sessate dalla nascita, per tutta la durata del ciclo. Questa inversione di sesso potrebbe dunque consentire di diminuire notevolmente il numero di pulcini maschi, con ripercussioni sul benessere animale, sulle prestazioni e sulla redditività dei produttori.
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Migliorare il benessere animale per una maggiore sicurezza e qualità degli alimenti Di fronte all’acquisto di un prodotto di origine animale il primo impulso del consumatore è controllare l’etichetta e le modalità di allevamento per accertarsi del benessere dell’animale. Chi acquista oggi è meno sensibile al prezzo, ma ritiene che un buon prodotto sia la diretta conseguenza di un allevamento di qualità, come è emerso dal sondaggio di AISA – Federchimica, che ha fotografato le abitudini di consumo degli italiani. Sempre più consumatori oggi ritengono la garanzia del benessere degli animali un elemento fondamentale nelle scelte di acquisto, oltre che un aspetto da considerare nella definizione della propria dieta. Questo è parte di quanto emerso dal sondaggio che AISA - Federchimica, l’Associazione Nazionale Imprese di Salute Animale, ha realizzato, in collaborazione con SWG, per comprendere
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le scelte alimentari degli italiani e le loro considerazioni sul binomio allevamenti e benessere animale. I risultati, presentati nel corso del webinar “Benessere animale, per mangiare e vivere meglio” sono stati commentati insieme alla Dott.ssa Maria Caramelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, al Dott. Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Fi-
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liera Italia e alla Senatrice Caterina Biti, vicepresidente della Commissione Agricoltura. Quando si parla di dieta, gli italiani sembrano non avere dubbi: vince l’equilibrio della mediterranea. Gli alimenti di origine animale, stando a quanto emerge dal sondaggio, sono tra i preferiti dalla fascia di popolazione tra i 18 e 34 anni (18% del campione), che ne ha dichiarato un consumo fino a 4 volte a settimana, facendo così di carne e latticini la propria principale fonte di alimentazione. Se quindi i prodotti di origine animale ricoprono un posto importante sulle tavole degli italiani, sono di particolare interesse anche le motivazioni di scelta al momento dell’acquisto che emergono dal sondaggio. Oltre 6 italiani su 10 dichiarano di controllare quanto viene riportato in etichetta dal produttore e di acquistare anche secondo le modalità con cui l’animale è stato allevato; un’attenzione che si fa particolarmente puntuale tra chi afferma di consumare prodotti di origine animale poco o per nulla (70%). Gli italiani che seguono una dieta povera di carne e latticini sono coloro che fanno più attenzione al fatto che il prodotto da acquistare provenga da un animale allevato a terra o all’aperto. Non manca la motivazione prezzo: meno di 3 italiani su 10 sono infatti guidati dal prezzo più basso, scegliendo sempre o spesso il prodotto di costo inferiore. La qualità viene ricercata da ben il 71% del campione, che si sincera sempre che il prodotto sia 100% made in Italy, un’eccellenza che tutto il mondo riconosce al nostro Paese (ne è convinto l’85% dei rispondenti), ma che - ne sono sicuri 9 italiani su 10 - non è sufficientemente tutelata dalle istituzioni, che dovrebbero fare di più per preservarla da imitazioni di bassa qualità (83%). “Con l’aggravarsi della crisi economica – ha dichiarato Luigi Scordamaglia – c’è un allarmante aumento della disuguaglianza alimentare, un fenomeno da contrastare. L’accesso ad alimenti di qualità e sicuri, frutto di allevamenti che garantiscono il benessere animale, deve poter essere garantito a tutti. Per questo è importante utilizzare strumenti come la Pac e il Pnnr per accompagnare i produttori in questo percorso di evoluzione, per garantire standard sempre più elevati e far sì che i costi non ricadano interamente sul consumatore finale”. Per gli italiani l’eccellenza dei prodotti di origine animale è strettamente connessa a un allevamento di qualità (82% dei rispondenti), ma non è così per tutti: se, infatti, per molti un buon prodotto animale o derivato è da attribuire
a corrette modalità di allevamento, la percezione cambia quando viene chiesto al campione quanto oggi gli allevamenti italiani siano attenti alla salute e al benessere degli animali, con una risposta categorica: si potrebbe fare di più. Un italiano su due è convinto che nel nostro Paese ci sia poca attenzione alla salute e al benessere dell’animale. Una percezione particolarmente diffusa perché - a rilevarlo il sondaggio - solo 1 intervistato ogni 5 dichiara che gli allevatori sono molto attenti al benessere degli animali. Non è da sottovalutare un 15% degli intervistati che si dichiara convinto che gli allevamenti siano luoghi di sfruttamento e maltrattamento.
“Con l’aggravarsi della crisi economica c’è un allarmante aumento della disuguaglianza alimentare, un fenomeno da contrastare. L’accesso ad alimenti di qualità e sicuri, frutto di allevamenti che garantiscono il benessere animale, deve poter essere garantito a tutti. Per questo è importante utilizzare strumenti come la Pac e il Pnnr per accompagnare i produttori in questo percorso di evoluzione” – Luigi Scordamaglia
Che cosa è possibile fare quindi per tutelare maggiormente il benessere animale? Diminuire gli antibiotici, così la pensa il 55% del campione che dichiara di seguire una dieta equilibrata; seguono poi le indicazioni di diminuire il numero di animali presenti nel singolo allevamento (42%) e aumentare il monitoraggio della salute psicofisica dell’animale (38%). Nessuna esitazione quando la domanda viene rivolta direttamente al consumatore che si dichiara pronto a pagare un prezzo più alto: il 67% degli italiani non ha dubbi ed è disposto a pagare un prezzo maggiore se sull’etichetta è presente una certificazione relativa alla tutela del benessere in allevamento. Meno semplice cambiare dieta: è d’accordo e pronto a diminuire il consumo di prodotti di origine animale chi già ne
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IN PRIMO PIANO
sia importante monitorare la salute animale e intervenire non in modo preventivo, ma solo e unicamente all’insorgere di malattie o sintomi (23%).
consuma poco o per nulla (85%), in confronto a chi invece ne fa l’elemento principale della propria dieta, e, in questo caso, la percentuale crolla al 44%. L’antibiotico non arriva nel piatto, conferma Maria Caramelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta: “in Italia l’antibiotico viene somministrato agli animali da reddito solo a seguito di visita e prescrizione del medico veterinario. Dopo una terapia antibiotica, all’animale viene dato obbligatoriamente il tempo per smaltire il farmaco che, quindi, non è mai presente nel piatto. Gli alimenti che arrivano sulle nostre tavole vengono controllati per la presenza degli antibiotici in un Piano nazionale del Ministero della Salute che ne monitora costantemente i risultati. È importante sapere, inoltre, che l’Ita-
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lia è stata il primo Paese al mondo a introdurre la gestione elettronica del farmaco veterinario, dotandosi della ricetta elettronica per prescrivere un antibiotico, permettendone la rintracciabilità e garantendo il controllo degli abusi. Gli alimenti risultano di maggiore qualità quando provenienti da animali in stato di salute e di benessere e questo rappresenta un ulteriore motivo per impegnarsi in questo campo”. Infine, i pareri sul ruolo del medico veterinario, indicano che un italiano su due ritiene che sia una figura centrale per stimolare i produttori a creare e mantenere un allevamento sostenibile e responsabile. Ne è particolarmente convinto (quasi 6 italiani su 10) chi ritiene che l’attuale sistema di tutela del benessere animale sia migliorabile. Rilevante anche la percentuale di chi pensa che
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“Il tema del benessere e della tutela della salute animale deve essere affrontato con attenzione e le preoccupazioni degli italiani in merito vanno certamente ascoltate. È importante sottolineare che la normativa italiana a riguardo è eccellente: i servizi veterinari e i controlli effettuati sono tra i migliori al mondo e sotto la responsabilità del Ministero della Salute. Credo sia fondamentale, in questo senso, il ruolo delle istituzioni nel comunicare tutto questo con chiarezza al consumatore, attraverso una campagna di sensibilizzazione e informazione dedicata, che sappia valorizzare i punti di forza del nostro sistema dei controlli ed evidenziare il legame tra benessere animale e qualità dei nostri prodotti”, ha commentato Caterina Biti, vicepresidente della Commissione Agricoltura. “Assicurare la salute dei nostri animali significa anche garantire la qualità degli allevamenti e quindi dei prodotti che ne derivano. In questa partita, un ruolo cruciale è quello giocato dal medico veterinario nel monitoraggio della salute e nell’utilizzo corretto dei farmaci, una responsabilità da cui discendono una serie di ricadute tanto sull’uomo, quanto sull’ambiente. Investire oggi nella salute animale e in quella del pianeta è centrale per assicurare a tutti noi un domani in salute, in piena conformità al concetto di One Health, per tutelare le produzioni e salvaguarda il nostro made in Italy”, ha concluso Arianna Bolla, presidente di AISA – Federchimica.
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REPORTAGE
Antonio Forlini, Presidente di Unaitalia
Avicoltura, Unaitalia: nell’ultimo anno bruciati 800 milioni di euro Tra l’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia e gli effetti della guerra, la filiera avicola italiana ha bruciato in un anno 800 milioni di euro: è l’allarme lanciato dal Presidente di Unaitalia, Antonio Forlini, durante l’assemblea nazionale dell’associazione che rappresenta oltre il 90% della produzione avicola italiana. L’impatto della crisi internazionale, il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia e gli effetti della guerra, hanno avuto un peso consistente sulla filiera avicola italiana: a fornire le stime è stata Unaitalia, che si è riunita a Roma il 16 giugno, alla presenza delle istituzioni, delle principali associazioni agricole e del mondo della cooperazione, per parlare de “L’avicoltura italiana alla luce del nuovo contesto socioeconomico”. Unica filiera zootecnica totalmente autosufficiente, ad esclusione del solo approvvigionamento delle materie prime per la mangimistica, l’avicoltura italiana è tra i set-
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tori più colpiti: nel primo trimestre 2022, a fronte di un aumento generalizzato dei costi agricoli del 18,4%, la carne avicola ha registrato incrementi dei costi produttivi del 21,1% per la carne e del 50% per le uova (dati Ismea). A incidere maggiormente è il costo vertiginoso dei mangimi, che assorbono il 60% dei costi di produzione, aumentati del 33% nel primo trimestre 2022 e di un ulteriore 40% ad aprile su base annua. In particolare, solo ad aprile 2022 il mais è cresciuto del 59%, la soia del 15% e l’orzo del 90%. Criticità queste, che si inseriscono in uno scenario sempre più complesso, caratterizzato dall’uscita dalla fase pandemica e dai problemi di approvvigiona-
- reportage -
REPORTAGE
mento e logistici a livello mondiale, e dagli effetti indiretti della guerra in Ucraina. “Sui prezzi delle materie prime – ha dichiarato il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini – dobbiamo però essere chiari: oltre che ad aumenti derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, dalla corsa all’approvvigionamento preventivo da parte della Cina e alle difficoltà di produzione legate ai cambiamenti climatici, siamo di fronte a dinamiche speculative, in atto da quasi 2 anni, che devono essere fermate. I dati forniti dal CFTC Usa dimostrano infatti come i rincari su grano, mais e soia siano anche legati all’ingresso, da metà 2020, di investitori “non commerciali” nel mercato delle materie prime. Da allora i prezzi sono arrivati ai massimi storici, con valori raddoppiati rispetto alle medie del 2015-2020. Anche l’Indice IGC Grains&Oilseeds evidenzia una forbice del +80% tra i valori medi del 2015-2020 (primo semestre) e quelli attuali. Così non è sostenibile. Fino ad oggi il settore ha tenuto testa alla crisi – prosegue Forlini – grazie al suo alto livello di integrazione verticale, ma siamo molto pre-
“Sui prezzi delle materie prime – ha dichiarato il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini – dobbiamo però essere chiari: oltre che ad aumenti derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, dalla corsa all’approvvigionamento preventivo da parte della Cina e alle difficoltà di produzione legate ai cambiamenti climatici, siamo di fronte a dinamiche speculative, in atto da quasi 2 anni, che devono essere fermate”
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REPORTAGE
carni, il comparto registra ora i primi segnali di riallineamento al 2019. In lieve flessione l’utilizzazione interna, pari a 1 milione e 267mila tonnellate (-2%) e i consumi pro-capite (-0,5%), arrivati a 21,43 kg (Dati Ismea/Unaitalia).
I partecipanti alla Tavola Rotonda. Da sinistra: Ettore Prandini, Presidente Coldiretti; Stefania Trenti, Head of Industry office Intesa Sanpaolo; Antonio Forlini, Presidente Unaitalia; Giovanni Bruno, Presidente Fondazione Banco Alimentare; Carlo Piccinini, Presidente FedagriPesca Confcooperative
occupati per il futuro. I cambiamenti dello scenario mondiale, a livello sanitario, politico ed economico ci stanno insegnando l’importanza della sovranità alimentare e dell’accesso al cibo. E che non possiamo più dare per scontata la nostra autosufficienza, oggi al 108,4%. Occorre perciò abbandonare le logiche del passato in un’ottica strategica di medio-lungo periodo, che significa limitare la dipendenza dall’estero e garantire la nostra capacità produttiva, mettendo in campo tutti gli strumenti possibili, dal Pnrr alla Pac, alle nuove tecnologie. Ma anche procedere verso una graduale transizione green che miri a una sostenibilità durevole ed efficace guardando anche agli aspetti economici e sociali”.
La filiera avicola italiana Con 6.000 allevamenti professionali e 64mila addetti (38.500 nella fase di allevamento e 25.500 addetti alla
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trasformazione), l’Italia nel 2021 ha prodotto 1.374.000 tonnellate di carne (-1,14% sul 2020), pari al 108% dei consumi. Sono 12,1 miliardi le uova prodotte, con un tasso di approvvigionamento pari al 97%. Complessivamente il settore vale 5,9 miliardi di euro (4.830 milioni per le carni e 1.070 milioni per le uova). In ripresa l’export delle carni (+8,3%), soprattutto il pollo, passato a 131mila tonnellate (+12,2%).
Carni bianche, dopo 5 anni di crescita si profila un riallineamento al 2019 Dopo la forte crescita degli ultimi 5 anni (2017-2021), in cui le carni avicole hanno registrato un aumento degli acquisti del 9% in quantità e del 19% in valore, mostrando una dinamica di gran lunga più favorevole rispetto all’intero comparto delle
- reportage -
Anche nel primo trimestre 2022, in risposta all’incremento dei prezzi medi, la domanda al consumo mostra i primi segni di contrazione (-11% a volume sul primo trimestre 2021), riallineandosi ai volumi prepandemia del primo trimestre 2019 (86mila tonnellate). Rimane però una spesa più alta del 4% rispetto ai primi tre mesi del 2021 (dati Ismea). La carne di pollo, in particolare, anche nel 2021 rimane di gran lunga la carne più consumata dagli italiani: il 72% la mangia almeno una volta alla settimana, al pari di carne e pesce, seguita a lunga distanza da manzo (54%), maiale (50%), vitello (46%). In media il pollo è consumato quasi 2 volte a settimana (dati Doxa 2021). Secondo i dati Ismea l’origine delle materie prime è il primo driver di scelta nell’acquisto per la carne bianca e le uova (indicata dal 66% dei consumatori) in abbinamento alla sostenibilità dei prodotti che sta diventando sempre più un elemento guida negli acquisti, soprattutto di uova (14%), carne bianca e carne rossa (entrambe al 9%), dopo il pane fresco (10%).
Un aiuto alle famiglie: il protocollo Unaitalia - Banco Alimentare Con l’inflazione (+6,8% a maggio su base annua) solo il 2% degli italiani sembra disposto a svuotare il carrello della spesa, ma il 90% è spaven-
REPORTAGE
Unaitalia, Antonio Forlini – ed è impegnato nel declinare con atti concreti la responsabilità sociale di impresa. Per questo ci impegniamo a sottoscrivere con Banco Alimentare un protocollo per favorire meccanismi di collaborazione per la donazione dei nostri prodotti a chi è in difficoltà, rafforzando e strutturando una collaborazione già in essere, ma che è nostra intenzione rendere ancora più incisiva”.
La stretta di mano che ha sancito l'accordo tra Unaitalia e Banco Alimentare per favorire meccanismi di donazione dei prodotti avicoli
tato dall’aumento dei prezzi di prima necessità tanto che il 70% punta a evitare gli sprechi di cibo (dati Ismea). È in quest’ottica che Unaitalia e Banco Alimentare hanno deciso di unire le proprie forze per dare un aiuto concreto alle famiglie. “Il nostro settore vuole continuare ad assicurare cibo sano e accessibile a tutti – ha dichiarato il presidente di
“Siamo molto grati a Unaitalia – ha dichiarato Giovanni Bruno, Presidente della Fondazione Banco Alimentare – per questo accordo che ci permetterà di aumentare le possibilità di donare cibo nutrizionalmente prezioso, come eccedenze di carne e uova, a chi si trova in difficoltà. La critica situazione economica del nostro Paese, aumenta in noi la consapevolezza che la sostenibilità (sociale, economica e ambientale) sia un valore che deve crescere di pari passo agli interventi delle istituzioni. Il coinvolgimento di un’associazione come Unaitalia è un segnale positivo non solo per quella parte più fragile della nostra società, ma è anche un bene e un valore aggiunto per l’intera comunità territoriale”.
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INTERVISTA
Incubare senza preoccupazioni, ora e in futuro Intervista a Victor Chaux, Marketing Specialist - Jamesway Chick Master Incubator Inc.
Jamesway ha iniziato a progettare e produrre attrezzature per incubatoi nel 1890. Oggi l’azienda è conosciuta in tutto il mondo per l’eccellenza dei suoi sistemi. Di recente, durante la fiera VIV Europe, abbiamo incontrato Victor Chaux, Marketing Specialist presso Jamesway Chick Master Incubator Inc., che ci ha illustrato le ultime innovazioni aziendali e la loro strategia di mercato. bridge, in Ontario, Canada. La nuova realtà è stata denominata 'Jamesway Chick Master Incubator Inc.' ed è guidata da Denis Kan, con il sostegno di Nate Goodnow. Il concetto di base è operare con i due marchi, Jamesway e Chick Master, in modo che entrambe le aziende possano beneficiare dei vantaggi di una ricerca più strutturata e di una migliore assistenza. La produzione è in Canada, il che significa che i prodotti sono tutti made in Canada”. Parlando di qualità dei pulcini, quali sono le caratteristiche cruciali dei vostri sistemi durante le varie fasi di incubazione?
Victor Chaux - Marketing Specialist - Jamesway Chick Master Incubator Inc.
Jamesway e Chick Master hanno integrato le loro attività, creando una nuova e potente organizzazione. Quali obiettivi sono stati fissati e quindi raggiunti in seguito a questa riorganizzazione? “Jamesway e Chick Master hanno deciso di unire le loro attività nel 2020 e stabilito una nuova sede congiunta con operazioni di produzione integrate, situata presso l’esistente stabilimento di Jamesway a Cam-
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- intervista -
“Jamesway offre sistemi di incubazione a stadio singolo e multistadio. Siamo leader del settore per molte ragioni, ma soprattutto per i nostri progetti più avanzati che si traducono in apparecchiature molto affidabili, facili da usare ed efficienti dal punto di vista energetico. Abbiamo anche un sistema specializzato per il controllo climatico in incubatoio, l'AirWay Complete Climate Control. Le nostre attrezzature per la ventilazione sfruttano la tecnologia più recente e sono personalizzabili per offrire la migliore configurazione possibile per ogni esigenza. Da modelli plug and play a soluzioni di recupero del calore, siamo in grado di fornire un perfetto ecosistema. Ciò significa che operiamo con prodotti innovativi e avendo sempre in mente il futuro.
INTERVISTA
Al VIV Europe abbiamo lanciato un nuovo progetto, 360 - Easy Hatchery Management, un programma software per le nostre macchine che permette un controllo più accurato e quindi una migliore qualità dei pulcini. Le varie componenti di controllo sono la parte più importante delle nostre macchine; gestione, monitoraggio e software sono le aree in cui siamo i più innovativi al momento. La piattaforma 360 tiene traccia delle prestazioni della macchina, dei dati sulle uova e della routine di manutenzione. La capacità di analizzare le prestazioni è la chiave per l’ottimizzazione dell’incubatoio per ottenere risultati migliori e per la piena soddisfazione della clientela. Il lancio di 360 porta la gestione dei dati e il controllo dell’incubatoio a un nuovo livello”. Quali sono le peculiarità delle vostre attrezzature rispetto ad altre presenti sul mercato? “Beh, ci sono delle differenze: diversificarsi è fondamentale quando si vendono attrezzature per l’incubazione. Le caratteristiche specifiche e uniche delle nostre attrezzature risiedono nel fatto che sono facili da gestire; inoltre, il tempo di incubazione è più breve, con una diversa qualità dei pulcini che comporta un notevole risparmio di denaro. Il modo in cui vengono conservate le uova ha un profondo impatto sulla qualità dei pulcini. Le nostre attrezzature di stoccaggio delle uova sono progettate specificamente per eseguire brevi periodi di incubazione durante la conservazione, al fine di garantire che gli embrioni rimangano robusti e vitali. Un altro punto importante da con-
Il team di Jamesway Chick Master Incubator Inc. allo stand del VIV Europe
siderare è la nostra politica green: le nostre macchine sono le più efficienti dal punto di vista energetico sul mercato e più performanti dal 50 all’80% rispetto a qualsiasi altra attrezzatura. Garantiscono ai nostri clienti un alto livello di innovazione e pulcini di qualità superiore, il che significa risparmio di tempo e denaro in tutte le fasi di incubazione”. Come definite la vostra strategia in termini di assistenza e servizio ai clienti? “Uno dei principali punti di forza di questo business è il servizio ai clienti: siamo presenti in molti Paesi in tutto il mondo con i nostri agenti, che assistono i clienti in caso di problemi tecnici o in relazione a qualsiasi esigenza specifica dei loro mercati locali. Disponiamo di team specializzati di supporto tecnico che operano in diversi Paesi del Nord America, America Latina, Europa, Asia, Australia.
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Abbiamo oltre 2.500 clienti in più di 150 Paesi”. Quali sono i mercati attuali e le prospettive future in vista della vostra espansione globale? “Jamesway e Chick Master portano la loro solida reputazione nel mercato mondiale. Con i suoi due marchi attuali, Jamesway Chick Master Incubator Inc. è in grado di fornire soluzioni perfette per ogni cliente. La nostra futura strategia di marketing è diretta ad ampliare il target commerciale, con un’ulteriore espansione in Europa, Asia e Africa, oltre alla già consistente quota di mercato che abbiamo in Nord America e America Latina. Jamesway Chick Master Incubator Inc. è il partner ideale per produrre pulcini di qualità: con due linee di prodotti siamo in grado di fornire le macchine giuste per qualsiasi incubatoio”.
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INTERVISTA
La soluzione Vencomatic: una garanzia di successo L’azienda Pagliaccia rappresenta la conferma che la fedeltà di un cliente a un marchio non è altro che il frutto delle ottime prestazioni che il marchio stesso offre. Simone Pagliaccia, proprietario di un allevamento di ovaiole nel viterbese, ci ha raccontato come avviene la raccolta delle uova, processo che è stato completamente automatizzato grazie ai macchinari Vencomatic.
I due capannoni dell'allevamento Pagliaccia in cui sono accasate le ovaiole in voliera
Nel viterbese ormai da diversi anni il settore avicolo rappresenta un settore di eccellenza e le aziende in zona sono davvero numerose; tra queste, sulla strada provinciale Ombrone (VT), sorge l’allevamento di galline ovaiole di Simone Pagliaccia. L’allevamento Pagliaccia è nato 16 anni fa come allevamento biologico: all’epoca c’era un solo capannone dove venivano allevati 6.000 capi. Con il passare degli anni l’azienda si è allargata, fino ad arrivare alle dimensioni attuali: 3 capannoni in cui sono accasate circa 51.000 ovaiole, di cui 40.000 allevate in voliera e 11.000 a terra, con uno spazio esterno per fare uscire le galline e farle razzolare.
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- intervista -
Fedeltà al marchio Vencomatic Ciò che ha caratterizzato questi anni di lavoro è stata la fedeltà dell’azienda al marchio Vencomatic, che fin dall’inizio ha accompagnato la famiglia Pagliaccia (attualmente lavorano in azienda, oltre a Simone, anche i due genitori) nella gestione dell’allevamento. A proporre ai Pagliaccia un sistema di automazione targato Vencomatic è stata MBE, rivenditore ufficiale del Gruppo. Come ci ha spiegato Francesco Lattanzi, Sales Manager MBE, “la linea di raccolta inizia con le voliere Bolegg Gallery installate nei due tunnel e i nidi SBN nel terzo capannone e prosegue con il nastro Vencobelt da 55 che
INTERVISTA
Prinzen. Abbiamo scelto questa imballatrice per la sua enorme capacità d’uso e per il trattamento delicato delle uova, che vengono imballate velocemente ma con estrema cura al ritmo di 30.000 uova all’ora. Per automatizzare ulteriormente il sistema di raccolta, abbiamo deciso di affidarci a un’impilatrice completamente automatica e la nostra scelta è ricaduta sulla PS4 Prinzen”.
Tray Stacker PS4 Prinzen, l’impilatrice automatica che fa risparmiare manodopera Il capannone in cui le ovaiole sono allevate a terra: sulla sinistra il nastro di trasporto Vencobelt convoglia le uova provenienti dagli altri capannoni nella sala di raccolta
permette di trasportare le uova provenienti da diversi nidi e da diversi piani in un’unica zona centrale di raccolta, dove le uova vengono convogliate all'imballatrice Smartpack e all'impilatrice PS4”. “La sala raccolta – prosegue Simone Pagliaccia – si trova nel capannone con le ovaiole allevate a terra: è lì che, in maniera del tutto automatica, dai nidi vengono trasportate le uova, dove ad attenderle si trova una SmartPack
La linea di raccolta uova completamente automatizzata permette a un solo operatore di gestire l’intero processo di lavorazione
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L’impilatrice, posizionata nella parte terminale del nastro di scarico, ha una capacità di 40.000 uova all’ora e impila fino a 6 vassoi. Inoltre la sua capacità di effettuare curve fino a 90° permette di ottenere ottimi layout anche in spazi ridotti. Ma la caratteristica che rende la PS4 davvero performante è che permette di risparmiare manodopera: in effetti nell’azienda Pagliaccia l’intero ciclo di raccolta uova può essere effettuato da un’unica persona nel giro di poche ore, permettendo così alla famiglia di gestire in completa autonomia un allevamento di queste dimensioni. Il processo di automazione si conclude con il Flattop conveyor per PS4, il nastro che – riducendo ulteriormente il lavoro fisico dell’addetto al controllo – trasporta i vassoi già impilati direttamente al pallettizzatore. La linea di raccolta Vencomatic, realizzata nell’allevamento Pagliaccia, rappresenta dunque la soluzione ideale per tutti gli allevatori che desiderano avere un controllo costante del flusso delle uova e una garanzia di performance elevate. Contenuto sponsorizzato Vencomatic
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DOSSIER
Iniezione in ovo di olio essenziale di origano a diversi pH
Risultati sulla schiusa e sulle performance del broiler nei primi giorni di vita La complessità dinamica dell’evoluzione embrionale deve tenere conto di diversi compartimenti e deve mantenere un ambiente ideale indipendente, al fine di ottimizzare le sue funzioni. Questa prova ha valutato l’ipotesi che l’iniezione in ovo di olio essenziale di origano (OEO) a pH tamponati tra 6,5 e 7 nel broiler possa migliorare la schiusa e le rese subito dopo la nascita.
A.A. Khaskheli, S. Niknafs, M.M.Y. Meijer, E. Roura The University of Queensland, Australia
Lo studio è stato condotto su 720 uova, incubate seguendo le procedure standard. T1 e T2 erano i gruppi di controllo, con 3 repliche da 20 uova ciascuna, sia non iniettate (gruppo T1) che sottoposte a iniezione di soluzione salina (gruppo T2) nel sacco aereo al giorno 17,5 di incubazione. Ai gruppi da T3 a T8, invece, con 5 repliche di 20 uova ciascuno, sono stati iniettati nel sacco aereo 0,1 ml di olio essenziale di origano diversi pH al giorno 17,5. La concentrazione di OEO era dello 0,5%. Il pH della soluzione T3 (pH=4,5) è stato aggiustato usando una soluzione 0,1 mM di acido citrico, mentre per T4-T8 (valori di pH rispettivamente 5,5, 6,5, 7,5 e 8,5) si è utilizzata una soluzione di idrossido di sodio 0.001 M. Il 21esimo giorno di incubazione 45 pulcini provenienti dai gruppi T1-T8 (3 repliche di 15 pulcini per gruppo) sono stati trasferiti in pulcinaia per 7 giorni. I dati sono stati analizzati usando PROC GLM del SAS 9,4. Il livello di significatività era P<0,05. La schiusa migliore è stata osservata nel gruppo T5, con pH 6,5 (95,7%), mentre quella del gruppo T6 (pH 7,5) è risultata la peggiore (82%), come si evince dalla Tabella 1. Uno dei meccanismi omeostatici meno compresi dello sviluppo embrionale riguarda il pH. Il pH dell’albume al momento della deposizione subisce un lieve aumento, fino a 9,7, per poi calare a 6,90 a 17 giorni di incubazione (Tona et al., 2001). Al contrario, il pH del tuorlo inizia con un valore relativamente basso, pari a 6,67, alla deposizione, per poi aumentare a 8,05 verso i 15 giorni di incubazione (Decuypere et al., 2001).
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L’iniezione di olio essenziale di origano nel sacco aereo a diversi pH non ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo dopo la schiusa, e nemmeno sul consumo di mangime (P>0,05). Tuttavia nel gruppo iniettato con OEO a un pH 7,5, rispetto al gruppo non iniettato di controllo, si riduceva significativamente (P<0,05) la conversione del mangime (FCR: 1,114 rispetto a 1,558). La migliore resa potrebbe essere correlata all’influenza positiva dell’olio essenziale di origano sulla salute dei pulcini, che han-
- dossier -
DOSSIER
Tabella 1 – Influenza dell’iniezione in ovo di olio essenziale di origano a diversi pH sulla schiusa e sulle performance postnatali nel pulcino da carne. Trattamento
Schiusa (%)
Peso a 0 gg. (g)
Peso a 7 gg (g)
Consumo mangime
Conversione
T1 Controllo
89,6
44,6
167,3
188,8
1,558a
T2 Soluzione salina
90,6
44,7
183,4
163,3
1,183ab
T3 origano pH 4,5
92,7
44,0
182,5
169,8
1,225ab
T4 origano pH 5,5
91,8
45,3
182,4
180,1
1,318ab
T5 origano pH 6,5
95,7
44,9
187,2
183,7
1,291ab
T6 origano pH 7,5
82,0
44,3
184,9
156,3
1,114b
T7 origano pH 8,5
89,5
44,2
181,5
163,1
1,188ab
T8 origano pH 9,5
91,9
44,5
188,4
180,6
1,256ab
SEM
-
0,51
6,4
9,3
0,09
Valori P
-
0,6167
0,4494
0,2123
0,0343
* medie entro ciascuna colonna con lettere diverse risultano significativamente differenti a P<0,05.
no usato con maggiore efficienza il mangime. In conclusione le variazioni nel pH di olio essenziale di origano iniettato in ovo potrebbero influenzare sia la schiusa che la conversione nei pulcini immediatamente dopo la schiusa. Ringraziamenti: lo studio è stato sostenuto da AgriFutures Chicken Meat Program.
Bibliografia Decuypere E., Tona K., Bruggeman V. & Bamelis F. (2001) World’s Poult. Sci. J. 57: 127-138. Tona K., Bamelis F., De Ketelaere B., Bruggeman V., Moraes V.M., Buyse J. & Decuypere E. (2003) Poult. Sci. 82: 736-741.
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FOCUS
Possibili strategie per l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 nel settore avicolo In seguito all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21), è in corso da parte di nazioni e imprese della filiera agricola la definizione degli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra da conseguire entro il 2050. Per questo motivo cresce l’interesse da parte dei produttori agricoli verso l’applicazione di strategie che possano condurli a una produzione a zero emissioni di CO2. Richard Eckard Faculty of Veterinary and Agricultural Sciences, University of Melbourne, Parkville, Victoria 3010, Australia
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La presente analisi si basa sui dati dell’Australian National Greenhouse Gas Inventory che stabiliscono un profilo tipico delle emissioni di gas a effetto serra per un allevamento, rispettivamente, di broiler o di galline ovaiole. Nel settore dell’allevamento avicolo, a livello strettamente aziendale, le maggiori fonti di emissione di gas serra sono il metano e il protossido di azoto derivanti dai sistemi di gestione delle deiezioni; mentre, a livello extra-aziendale, sono i
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FOCUS
consumi di energia. Tuttavia, anche i gas emessi a monte dell’azienda stessa e dovuti alla produzione degli alimenti per gli animali possono avere un ordine di grandezza simile alle emissioni provenienti dall’allevamento. È chiaro dunque che le possibili misure di mitigazione per l’azzeramento delle emissioni di CO2 dovrebbero concentrarsi sull’utilizzo della tecnologia già esistente per generare energia verde, aumentando la quantità di metano prodotto attraverso il sistema di gestione delle deiezioni e riducendo allo stesso tempo le emissioni di ammoniaca. Quest’energia verde potrà poi essere venduta o utilizzata al posto dell’elettricità proveniente dalla rete nazionale. Un’altra possibilità di mitigazione prevede il bilanciamento della proteina grezza nell’energia totale assunta dagli avicoli con la dieta, strategia che permette di ridurre ulteriormente l’ammoniaca emessa attraverso le feci, fonte indiretta di protossido di azoto. La riduzione delle emissioni legate alla produzione degli alimenti per gli animali, invece, comporta una sempre maggior selezione delle fonti di approvvigionamento e un orientamento verso aziende a vocazione colturale a basse emissioni. Nella seguente analisi si metteranno in evidenza le principali fonti di emissione del sistema di produzione avicolo e si suggeriranno delle possibili misure per azzerare le emissioni di CO2 attraverso l’utilizzo di tecnologie già esistenti. A livello aziendale, la quantificazione del guadagno derivante da queste misure potrebbe dipendere dalla presenza di un meccanismo di incentivazione alla compensazione delle emissioni di CO2 ma, ancor di più, dalla capacità di conformazione ai requisiti che verranno richiesti dal mercato futuro.
Introduzione L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21) è un trattato internazionale giuridicamente vincolante adottato da 196 parti ed entrato in vigore nel novembre del 2016 (Nazioni Unite, 2015). Nell’articolo 2a si stabilisce l’obiettivo di ridurre l’aumento della temperatura mondiale ben al di sotto dei 2 °C e, come traguardo ideale, si esprime l’impegno a limitare tale aumento a 1,5 °C, sotto i livelli preindustriali. Cosa ancora più importante, si dichiara di voler raggiungere quanto prima il picco di emissioni di gas a effetto serra, anche se l’articolo 4 espone l’obiettivo di arrivare a “un equilibrio tra le fonti di emissioni e gli assorbimenti antropogenici di gas a effetto serra nella seconda metà del corrente secolo”, indicando così di fatto la volontà di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. L’80% dei 160 contributi determinati a livello nazionale presentati prima dell’accordo di Parigi includeva obiettivi di mitigazione per i settori legati all’uso di terreni e suoli, inclusa l’agricoltura. In risposta all’accordo, moltissime delle imprese multinazionali facenti parte della filiera agricola hanno stabilito i propri obiettivi personali in linea con quelli stabiliti a Parigi, indicando così ai produttori agricoli il percorso da intraprendere verso una produzione a basso o nullo volume di emissioni di CO2. I risultati di un’analisi dell’organizzazione Oxfam (2016) indicano che 69 delle 100 maggiori economie mondiali sono in realtà imprese e non nazioni. Per questo è importante che il settore agricolo concentri la propria attenzione sugli obiettivi posti dalle proprie filiere più che su quelli stabiliti dai governi. Inoltre, in Australia, più del 50% del mercato dei crediti agricoli è gestito dalla National Au-
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FOCUS
stralia Bank e dalla Rabobank, che entro il 2050 vogliono arrivare a finanziare solamente attività a zero emissioni nette. Un altro cambiamento potenzialmente significativo per il settore agricolo è la proposta di aggiustamento delle tasse alla frontiera sulla CO2, che verranno applicate nei confronti di quei Paesi la cui attività in termini di tassazione e politiche in materia di cambiamento climatico non sono considerate sufficienti. Il presidente americano Joe Biden ha affermato che “in caso di mancata riduzione delle emissioni, gli Stati Uniti applicheranno una tassa sulle importazioni, […] per assicurare che le politiche sul clima non mettano i lavoratori e le aziende statunitensi in una posizione ingiustamente svantaggiata”. L’Unione europea ha introdotto un meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism, CBAM), in base al quale il Parlamento europeo inizierà a tassare le importazioni da quei Paesi che, entro il 2023, saranno ancora privi di un prezzo del carbonio. Poiché circa il 70% dei prodotti agricoli australiani viene esportato, e data la scarsissima posizione occupata dall’Australia nella recente classifica del Climate Change Performance Index (CCPI 2021), il settore agricolo australiano dovrà dimostrare di muoversi nella direzione di una produzione a ridotte emissioni di CO2 per evitare aggiustamenti delle tasse alla frontiera nei confronti delle proprie esportazioni. Ciò significherebbe che lo stesso settore agricolo dovrà sostenere una qualche forma di pagamento del prezzo del carbonio e, dunque, sembrerebbe più giudizioso che i finanziamenti venissero spesi all’interno del Paese per collocare le aziende australiane in una posizione migliore, piuttosto che limitarsi al pagamento di tasse all’esterno verso i mercati di esportazione. In agricoltura il gas a effetto serra emesso in maggiori quantità è il metano, che arriva in gran parte dalle fermentazioni enteriche dei ruminanti ma anche dalla gestione delle deiezioni. Al secondo posto si trova il protossido di azoto, che arriva da qualsiasi forma di azoto presente nei terreni agricoli ma, come il metano, anche dai sistemi di gestione delle deiezioni. L’agricoltura è però anche fonte di emissioni di anidride carbonica, principalmente dovute all’uso di calce e fertilizzanti a base di urea e all’acquisto di energia da combustibili fossili come elettricità e carburanti. È chiaro che il profilo emissivo non è lo stesso per i vari sistemi agricoli. La coltivazione di cereali emetterà principalmente protossido d’azoto a causa dell’uso di fertilizzanti e dei residui di coltivazione.
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La maggior parte delle emissioni degli allevamenti di ruminanti arriverà invece dalle fermentazioni enteriche e, negli allevamenti di bovine da latte, anche dal protossido di azoto per via delle diete ad alto contenuto proteico e dell’uso di fertilizzanti a base di azoto. Al contrario, gli allevamenti di animali monogastrici produrranno, a livello aziendale, soprattutto metano o protossido di azoto derivanti dalla gestione delle deiezioni. Sebbene esistano modelli meccanicistici in grado di fornire un modello dinamico delle emissioni provenienti dai diversi sistemi produttivi agricoli, il calcolo delle emissioni di gas a effetto serra attualmente accettato in Australia dovrebbe aderire alla metodologia dell’Australian National Greenhouse Gas Inventory (l’inventario nazionale australiano dei gas a effetto serra), approvata dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (International Panel on Climate Change, IPCC), ma all’interno del programma Climate Active del 2019 (in precedenza noto come National Carbon Offset Standard), basato sulle seguenti categorie di emissioni, denominate “scope”: • scope 1: tutte le emissioni dirette di gas a effetto serra provenienti dal sistema di produzione, meno il cambiamento annuale nella quantità di carbonio immagazzinato negli alberi e nei suoli gestiti a livello aziendale; • scope 2: le emissioni derivanti dall’acquisto di elettricità dalla rete elettrica nazionale e destinata al consumo in azienda; • scope 3: le emissioni extra-aziendali, a monte, derivanti dalla produzione di alimenti per gli animali, fertilizzanti e altri prodotti chimici necessari all’azienda. Lo sviluppo di un sistema di calcolo delle emissioni aziendali di carbonio richiede l’inclusione delle categorie sopra indicate all’interno di un’analisi annuale del ciclo di vita a partire dalle emissioni extra-aziendali, a monte, fino all’ultima attività produttiva che avviene in azienda. Diversi sono i meccanismi attualmente proposti per ottenere la certificazione di azienda a zero emissioni nette di CO2, attraverso lo stesso programma Climate Active o altri enti certificatori per conto terzi che utilizzano lo stesso approccio di calcolo. Esiste però una modalità di verifica ispettiva formale, pubblicata in un articolo su una rivista specializzata, che le filiere produttive hanno dichiarato accettabile come evidenza sufficiente dell’integrità durante la valutazione ispettiva.
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ORIGINAL Risultati Poiché il format richiesto dal programma Climate Active non contiene metodi di calcolo delle emissioni di gas serra che siano pensati in maniera specifica per il settore avicolo australiano, i dati per questa analisi sono stati estratti dall’Australian National Greenhouse Gas Inventory allo scopo di sviluppare un profilo tipico delle emissioni di un allevamento, rispettivamente, di broiler o di galline ovaiole (Figura 1). Per i consumi di elettricità e carburante (si veda la voce Energia in Figura 1) si è fatto riferimento all’articolo di Wiedeman et al. del 2015. Dunque, i dati relativi al profilo delle emissioni di gas serra mostrati in Figura 1 non sarebbero relativi a un tipo specifico di azienda avicola ma indicherebbero, in maniera più generale, quali sono le fonti di emissione del settore e, di conseguenza, dove concentrare gli sforzi in termini di ricerca e misure di mitigazione future. Il National Greenhouse Gas Inventory non include, a livello di singola azienda, le emissioni di gas serra dovute alla produzione degli alimenti per gli animali, broiler o ovaiole, le quali, dunque, non sono riportate in Figura 1. Secondo Wiedeman et al. (2015), nel settore avicolo queste ultime potrebbero corrispondere al 55-60% delle emissioni totali e andrebbero quindi, di fatto, a raddoppiare la supposta produzione di gas serra da parte degli allevamenti avicoli per la produzione di carne e uova.
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Discussione In base a quanto riportato in Figura 1, la prima categoria di emissioni (scope 1) indica che la principale causa di emissione del settore, a livello aziendale, sono il metano e il protossido d’azoto derivanti dalla gestione delle deiezioni. Tuttavia, i gas emessi a livello extraaziendale, a monte, per la produzione degli alimenti per il pollame potrebbero raggiungere cifre simili. Di nuovo a livello aziendale, le emissioni legate ai consumi di elettricità e carburanti (scope 2) potrebbero variare da un 10% per gli allevamenti di broiler a un 20% per quelli di ovaiole, a seconda della fonte e dei consumi. È chiaro dunque che le misure di mitigazione volte all’azzeramento delle emissioni nette di CO2 dovrebbero orientarsi verso l’eliminazione delle emissioni dirette provenienti dalla gestione delle deiezioni, dei consumi di energia e delle emissioni extra aziendali che avvengono a monte per la produzione degli alimenti per gli animali. Diverse tecnologie volte a minimizzare le emissioni di metano dalla gestione delle deiezioni sono già ben note. Per esempio, la copertura delle deiezioni stesse, che aumenta la quantità di metano prodotto per via delle condizioni più fortemente anaerobie che si vengono a creare. Questo metano può essere semplicemente bruciato e riportato ad anidride carbonica, il cui potenziale di riscaldamento globale è 28 volte inferiore. Oppure, questa energia può essere reimpiegata in
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FOCUS
Suolo N2O 1% Suolo Atmos N2O 2% GD Perc N2O Suolo Perc N2O 3% 6%
Suolo N2O Suolo Atmos N O 2 1% 2% GD Perc N2O Suolo Perc N2O 5% 4% GD Atmos N2O Energia CO2 4% 20% GD N2O 34%
GD Atmos N 2O 8%
Energia CO2 10% GD N2O 38%
GD CH4 30%
a) galline ovaiole
GD CH 32%
b) broiler
Figura 1 – Profilo delle emissioni di gas a effetto serra di un allevamento di a) galline ovaiole e b) broiler, come calcolato dall’Australian National Greenhouse Gas Inventory. CH4 = metano; N2O = protossido di azoto; CO2 = anidride carbonica; GD = gestione delle deiezioni; Suolo = emissioni dovute alle deiezioni applicate ai suoli agricoli; Atmos = N2O indiretto da deposizione atmosferica; Perc = N2O indiretto da percolazione e scorrimento superficiale; Energia = consumi di elettricità e carburanti.
maniera più intelligente per il riscaldamento e la produzione di elettricità, andando così a rimpiazzare i consumi elettrici dalla rete nazionale e, anzi, rivendendo l’eccesso alla rete stessa come energia verde. La copertura delle deiezioni ridurrebbe anche la produzione indiretta di protossido di azoto grazie alla deposizione atmosferica di ammoniaca, la quale non verrebbe più liberata durante il processo di gestione delle deiezioni. Il digestato derivante da tali deiezioni sarebbe dunque una soluzione nutritiva più ricca di azoto, e per questo un prodotto più facilmente vendibile come fonte naturale di azoto a basse emissioni per altri scopi agricoli all’interno di un settore, quello agricolo, che sta evitando l’utilizzo di fertilizzanti a base di urea che implicherebbero alti volumi di emissioni. Altre misure di mitigazione prevedono il bilanciamento della proteina grezza assunta dagli avicoli attraverso la dieta, riducendo così ulteriormente l’ammoniaca emessa attraverso le feci, fonte indiretta di protossido di azoto. Sebbene le emissioni extra-aziendali legate alla produzione degli alimenti per gli animali siano molto rilevanti e a meno che la produzione della materia prima vegetale non sia nelle mani delle stesse aziende avicole, la sola misura di mitigazione possibile rimane l’approvvigionamento da aziende esterne a zero emissioni nette di CO2. La necessità pressante di approvvigionarsi da fornitori a basse emissioni è destinata ad aumentare in tutti i settori
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dell’agricoltura, in quanto cresce la consapevolezza delle aziende circa le relative emissioni e la possibilità di scegliere le fonti di approvvigionamento. Secondo i calcoli di Wiedeman et al. (2015), l’intensità delle emissioni derivanti dalla produzione di carne avicola oscillano tra gli 1,8 e i 2,2 kg di CO2 equivalenti/kg di peso morto, un ordine di grandezza maggiore rispetto alla tipica azienda agricola di cereali, e leggermente maggiore rispetto a quella delle aziende di bovine da latte che varia dall’1,0 agli 1,1 kg di CO2 equivalenti/kg di latte corretto per il tenore di grasso e proteina, ma molto più bassa rispetto alle tipiche aziende per la produzione di carne rossa caratterizzate da valori compresi tra i 20,2 e i 26,0 kg di CO2 equivalenti/kg di peso morto. Data anche la maggior difficoltà da parte del settore della carne rossa rispetto a quello avicolo di raggiungere l’azzeramento delle emissioni di CO2, i valori appena presentati si potrebbero trasformare in un fattore di competizione per il settore avicolo, in quanto i mercati e le filiere si orientano sempre di più verso l’approvvigionamento a basse emissioni. Traduzione di Giorgia Riuzzi
Bibliografia disponibile su richiesta Dagli Atti dell’Australian Poultry Science Symposium 2022
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Modelli dell’industria avicola del Medio Oriente
Parte 2 – Produzione e commercio di carne avicola
Hans-Wilhelm Windhorst L’autore è Professore Emerito all’Università di Vechta e Visiting Professor all’Università di Medicina Veterinaria di Hannover, Germania
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In un primo articolo (pubblicato su Zootecnica International 7/2022) l’autore ha analizzato i modelli della produzione e del commercio di uova in Medio Oriente. Questo articolo conclude l’analisi, focalizzandosi sulla produzione e sul commercio di carne di pollo. Nel 2020 in Medio Oriente vivevano 453 milioni di persone, pari al 5,7% della popolazione mondiale. La regione ha contribuito alla produzione mondiale di carne avicola con il 6,4% e a quella di pollo con il 6,9%. Il ruolo dei Paesi mediorientali nel commercio mondiale è stato molto vario: nel 2020 hanno contribuito alle importazioni di carne di pollo per il 12,1% e alle esportazioni con il 4,8%. Il commercio di altri tipi di carne bianca è stato trascurabile.
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MARKETING
La particolare situazione climatica della regione mediorientale, che limita di fatto la produzione di mangimi per avicoli, spiega il ruolo notevole che questi Paesi rivestono nelle importazioni di carne di pollo; lo straordinario ruolo che essa ricopre nell’alimentazione della popolazione è conseguenza della mancanza di barriere religiose al consumo di carne di pollo.
Totale: 8.210 milioni di tonnellate 1,5% 1,5% 2,4%
27,0%
3,0% 1,9% 2,4%
26,0%
7,0%
La carne di pollo ha dominato la produzione di carne avicola Nel 2020 in Medio Oriente il pollo ha dominato la produzione di carne avicola (Tabella 1). Le altre tipologie di carne hanno raggiunto volumi relativamente piccoli. Mentre l’Egitto si è classificato al primo posto nella produzione di carne di anatra e di oca, Israele e la Turchia insieme hanno prodotto l’80% della carne di tacchino. Considerato il netto predominio del pollo, quest’analisi si concentra su questo tipo di carne. Tabella 1 – Produzione di carne avicola in Medio Oriente in base al tipo di carne (2020) (fonte: database FAO). Tipo di carne
Produzione (1.000 t)
Contributo (%)
Pollo Tacchino Anatra Oca Altro
8.210,1 170,6 77,1 31,5 15,0
96,5 2,0 0,9 0,4 0,2
Totale
8.504,3
100,0
Alta concentrazione regionale nella produzione di carne di pollo Nel 2020 i 17 Paesi del Medio Oriente hanno prodotto 8,2 milioni di tonnellate di carne di pollo, in particolare di broiler. I dieci Paesi leader hanno prodotto il 98,1%. La Figura 1 documenta questa elevata concentrazione regionale. Iran e Turchia hanno contribuito al volume di produzione totale con il 53,0%, i primi quattro Paesi con l’80,3%. La classifica dei primi tre Paesi riflette quella della popolazione. Israele, che si trova solo al 9° posto per quanto riguarda la popolazione, si colloca invece al 5° posto in classifica, dimostrando di cercare di essere autosufficiente e di soddisfare la domanda interna a causa del proprio isolamento politico ed economico. Nel 2020 Israele ha anche avuto il più alto consumo pro capite di carne avicola a livello mondiale con oltre 60 kg/anno.
11,0% 16,3%
Iran Turchia Egitto Arabia Saudita Israele Giordania Yemen Iraq Lebano Siria Altri
Figura 1 – I dieci Paesi del Medio Oriente leader nella produzione di carne di pollo (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
Concentrazione regionale alta anche nel commercio Con l’eccezione della Turchia e dell’Iran, i Paesi mediorientali non sono stati in grado di soddisfare la crescente domanda di produzione interna. La Figura 2 mostra il ruolo eccezionale ricoperto dalla Turchia, che ha condiviso il 75,4% del volume complessivo delle esportazioni, mentre l’Iran ha contribuito con il 7,2%. Gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Oman hanno esportato alcune delle loro importazioni nei Paesi islamici adiacenti, come si evince dall’analisi dettagliata dei flussi commerciali. Vale la pena notare che la Turchia non solo si è classificata al primo posto per la carne di pollo, ma anche per le esportazioni di uova: negli ultimi due decenni un’industria avicola altamente efficiente sviluppatasi nella zona le ha infatti permesso di acquisire una forte posizione nel commercio mondiale per questi due prodotti. Se sarà in grado di mantenere questa posizione dipenderà dal futuro sviluppo economico e dalla svalutazione della lira turca.
Export
Totale: 692.500 tonnellate
75,4%
2,6%
1,3%
4,5% 7,2%
Turchia E.A.U. Iran Arabia S. Oman Altri
9,0%
Figura 2 – I cinque Paesi del Medio Oriente leader nelle esportazioni di carne di pollo (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
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Come previsto, la concentrazione regionale nelle importazioni di carne di pollo è stata inferiore a quella delle esportazioni, poiché la maggior parte dei Paesi mediorientali ha dovuto importare per soddisfare la domanda in costante aumento. Tuttavia la concentrazione è stata notevolmente elevata. I tre principali Paesi hanno contribuito insieme a più di due terzi delle importazioni complessive della regione (Figura 3).
Import
Totale: 2.223 milioni di tonnellate 2,4%
27,8%
2,2% 2,0% 2,8%
21,4%
4,3% 5,4% 6,1%
6,3%
19,3%
S. Arabia E.A.U. Iraq Yemen Kuwait Qatar Oman Bahrein Giordania Turchia Altri
Produzione carne avicola (1.000 t)
Produzione carne di pollo (1.000 t)
Iran Turchia Egitto Arabia S. Israele Giordania* Yemen Iraq Siria Libano Kuwait E.A.U. Palestina Qatar Cipro Bahrein Oman
2.230,9 2.201,1 1.468,9 900,7 664,9 *200,6 194,5 156,5 126,6 126,0 62,6 51,2 42,7 34,8 26,7 9,1 -
2.219,2 2.138,5 1.339,1 900,0 578,2 200,0 194,5 156,5 124,8 126,0 62,6 51,2 42,7 34,8 26,5 9,1 -
50,0 522,3 0,6 31,5 0,1 6,5 2,1 1,9 4,8 62,2 0,8 0,3 9,3
3,0 44,4 19,7 617,4 49,1 139,7 429,0 13,1 1,6 134,8 474,9 8,6 120,6 8,8 62,2 96,5
Medio Oriente
8.497,8
8.203,7
692,4
2.223,4
Paese
Esportazioni Importazioni carne di pollo carne di pollo (1.000 t) (1.000 t)
* Nel database FAO è presente un errore statistico relativo alla Giordania; qui i dati sono stati corretti
Figura 3 – I dieci Paesi del Medio Oriente leader nelle importazioni di carne di pollo (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
Totale: 522.300 tonnellate
L’Arabia Saudita si è classificata al primo posto, seguita dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Iraq. Il ruolo straordinario che la carne avicola svolge nella nutrizione della popolazione dell’Arabia Saudita si riflette sul consumo pro capite di oltre 40 kg/anno. Come già accennato, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman hanno esportato parte delle loro importazioni in altri Paesi islamici della regione (Tabella 2).
Modelli di flussi commerciali Analizziamo adesso i modelli delle esportazioni e delle importazioni di carne di pollo per alcuni Paesi selezionati. Nel 2020 la Turchia si è classificata al quinto porto tra i principali esportatori di carne di pollo con una quota del 3,6% rispetto al volume globale delle esportazioni. La carne è stata esportata in 100 Paesi, la concentrazione regionale è stata tuttavia molto elevata come documenta la Figura 4. Con una quota del 53,8%, l’Iraq è stato il primo Paese di destinazione, seguito da Hong Kong, Libia e Congo. La composizione e la classificazione dei Paesi sono il riflesso della possibilità di congelare il prodotto e, a differenza delle uova, di trasportarlo quindi su lunghe
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Tabella 2 – Una sintesi dell’industria di carne avicola e del commercio di carne di pollo nel Medio Oriente (2020) (fonte: database FAO).
15,2% 1,6% 2,0%
2,0%
2,0% 2,6%
53,8%
2,5% 3,4% 5,2%
9,7%
Iraq Hong Kong Libia Congo Georgia Filippine Siria Turkmenistan Congo, D.R. E.A.U. Altri
Figura 4 – I dieci maggiori Paesi di destinazione delle esportazioni di carne di pollo proveniente dalla Turchia (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
distanze. Gli Emirati Arabi Uniti si sono classificati al secondo posto per quanto riguarda le esportazioni in Medio Oriente (Tabella 2). La produzione nazionale è stata solo di 52.200 tonnellate; per soddisfare la domanda interna sono state importate quasi 475.000 tonnellate di carne di pollo, in modo da rendere disponibili per il consumo 527.000 tonnellate. Ovviamente si è verificato un eccesso di offerta, che ha portato a un’esportazione di 62.200 tonnellate in Yemen, Arabia Saudita e Kuwait. La Tabella 2 documenta che nel 2020 il volume delle importazioni è stato di circa 1,5 milioni di tonnellate supe-
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riore al volume delle esportazioni. I modelli spaziali delle importazioni saranno analizzati in dettaglio per alcuni Paesi al fine di documentare somiglianze e differenze. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti insieme hanno importato quasi 1,1 milioni di tonnellate di carne di pollo nel 2020. La Figura 5 mostra la concentrazione notevolmente elevata delle importazioni dell’Arabia Saudita. I cinque principali Paesi di origine hanno contribuito con il 97,3% alle importazioni complessive, il Brasile da solo per il 71,8%. Il ruolo straordinario del Brasile non stupisce in quanto esso è il principale esportatore di questo tipo di carne. È sorprendente tuttavia che gli Stati Uniti non abbiano esportato simili quantità in Arabia Saudita. Uno dei motivi potrebbe essere lo strascico dei focolai di Influenza Aviaria che hanno colpito gli Stati Uniti nel 2015, che hanno interrotto le esportazioni verso più di 30 destinazioni. Un’altra ragione è che i consumatori della penisola araba preferiscono i polli interi con un peso medio compreso tra 0,8 e 1 kg: mentre Brasile e Francia offrono questo tipo di
Totale: 617.400 tonnellate 71,8%
2,7% 2,0%
2,3%
10,4%
Brasile Francia Ucraina Russia Argentina Altri
10,8%
Figura 5 – I cinque maggiori Paesi di origine delle importazioni di carne di pollo dell’Arabia Saudita (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
prodotto, gli Stati Uniti esportano principalmente pollo in parti, che non sono particolarmente apprezzati dai consumatori (Windhorst 2019, 2021). Il modello di importazione degli Emirati Arabi Uniti è quasi identico a quello dell’Arabia Saudita; l’unica differenza risiede nel maggior contributo degli Stati Uniti (Figura 6). La composizione della popolazione negli Emirati differi-
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MARKETING
Un confronto tra i flussi commerciali nelle importazioni di carne di pollo rivela che il Brasile è stato il principale Paese di origine per tutta la penisola araba. Gli Stati Uniti, al secondo posto nelle esportazioni, hanno guadagnato quote di mercato più elevate solo negli Emirati Arabi che, sulla base della composizione specifica della popolazione e delle sue relazioni economiche internazionali, hanno importato notevoli quantità di pollo in parti per soddisfare la domanda dei consumatori.
Sintesi e prospettive
sce notevolmente da quella dell’Arabia Saudita: la percentuale di abitanti non arabi è molto più elevata, basti pensare che le principali aziende e banche internazionali hanno loro sedi e filiali a Dubai e ad Abu Dhabi; inoltre il turismo svolge un ruolo importante, attirando visitatori da tutto il mondo. Alberghi e ristoranti di lusso si adattano a questa situazione e offrono pasti a base di pollo simili a quelli serviti in Europa e Nord America, in cui il pollo in parti è la base dei pasti.
Totale: 474.900 tonnellate 69,4%
5,3% 1,9%
2,7%
8,0%
Brasile USA Ucraina Argentina Arabia S. Altri
12,7%
La crescita della popolazione e un maggiore potere di acquisto si tradurranno in un costante aumento della domanda. Poiché l’espansione della produzione di carne di pollo in Medio Oriente è limitata, le importazioni aumenteranno. Se e quando la carne di pollo prodotta sinteticamente guadagnerà quote di mercato più elevate è una questione ancora aperta nonostante il notevole sviluppo in Israele e le iniziative su questo fronte in Qatar.
Bibliografia e approfondimenti
Figura 6 –I cinque maggiori Paesi di origine delle importazioni di carne di pollo degli Emirati Arabi Uniti (2020) (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
Il modello di importazione del Qatar è quasi identico a quello degli Emirati Arabi Uniti. Nel 2020 il Brasile ha contribuito al 60,9% delle importazioni, gli Stati Uniti al 20,5%. Il Kuwait ha importato oltre 104.000 tonnellate di carne di pollo dal Brasile, pari all’80,3% del volume complessivo delle importazioni.
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Questo articolo documenta come la produzione e il commercio di pollo svolgano un ruolo importante in Medio Oriente. La mancanza di barriere religiose rende il pollo il tipo di carne più apprezzata. La concentrazione regionale nella produzione e nel commercio è stata molto elevata. Nella produzione (quasi esclusivamente di broiler) i quattro Paesi leader hanno condiviso quasi l’80% del volume di produzione del 2020. L’Iran e la Turchia hanno prodotto oltre due milioni di tonnellate ciascuno, mentre tutti gli altri Paesi del Medio Oriente hanno dovuto importare carne di pollo per soddisfare la domanda crescente. Il Brasile rappresenta il primo Paese di origine delle importazioni mediorientali; gli Stati Uniti potrebbero acquisire quote più elevate solo negli Emirati Arabi Uniti.
Database FAO: https://www.fao.org/faostat. Windhorst, H.-W.: Brazil and USA: Ongoing competition on the global chicken meat market. In: Zootecnica International 41 (2019), n. 6, p. 16-19. Windhorst, H.-W.: Brasilien – ein Gigant der globalen Fleischerzeugung und im Fleischhandel. Teil 2: Mit Geflügel an der Spitze. In: Fleischwirtschaft 101 (2021), n. 8, p. 28-33.
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MARKETING
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TECHNICAL COLUMN
Creare il clima giusto per gli avicoli Il clima all’interno dell’allevamento influenza la salute e il benessere degli avicoli. In condizioni climatiche non ottimali è probabile che si presentino disturbi legati all’apparato respiratorio e digerente e si verifichino problemi comportamentali. Anche la crescita e la produttività possono risentirne se le condizioni climatiche non vengono soddisfatte secondo gli standard. Teun van de Braak Product Manager, Hendrix Genetics Layers
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Il metodo migliore per valutare il clima è dare un’occhiata ai polli e al modo in cui si comportano: se sono attivi, se mangiano e si abbeverano a livelli normali, se la produzione di uova e la mortalità restano in linea con le aspettative, se gli animali mostrano disagio, se ansimano, se soffrono il calore, ecc.
- technical column -
TECHNICAL COLUMN
Il clima è definito da diversi fattori:
consiglia di collocare i termometri il più vicino possibile agli animali per avere una migliore indicazione della temperatura al loro livello e di sistemarli in modo tale che l’aria fresca passi il termometro prima di raggiungere gli animali.
• temperatura dell’allevamento; • umidità relativa; • flusso dell’aria e sua velocità; • composizione dell’aria; • illuminazione.
Un altro esempio è la temperatura all’interno delle pulcinaie: qui il calore è intrappolato poiché c’è meno movimento d’aria a livello di pavimento. Ciò consente di risparmiare sui costi energetici per il riscaldamento poiché è necessaria meno energia per riscaldare l’intera struttura. Il clima dell’allevamento può essere migliorato isolando i tetti, le pareti e il pavimento, installando sistemi di ventilazione, riscaldamento o raffrescamento, e persino tramite l’illuminazione.
Perdita di calore negli avicoli adulti Ci sono due misurazioni di temperatura: • La temperatura effettiva dell’aria misurata dal termometro; • La temperatura reale, cioè la temperatura che avverte l’animale. La temperatura reale cresce all’aumentare dell’umidità, ma diminuisce con l’aumento del movimento dell’aria. Calore latente Calore sensibile
Perdita di calore in %
Bisogna sempre monitorare e misurare il clima a livello degli animali: può essere che temperatura e umidità all’interno dell’allevamento siano accettabili, ma non adeguate a livello degli avicoli. Per esempio, la CO2 è un gas pesante, quindi i livelli di CO2 possono essere molto più alti a livello del pavimento rispetto che ad altezza uomo.
Temperatura
Temperatura
La temperatura critica per le galline ovaiole adulte è di 18 °C. Per ogni 1 °C inferiore a 18 °C, le galline necessitano di 1 g di mangime in più al giorno. La temperatura critica per i pulcini in allevamento dipende molto dall’età degli stessi. Misurare la temperatura è uno dei modi più comuni per valutare il clima all’interno dell’allevamento; per farlo possono essere utilizzati diversi tipi di termometri ed è consigliabile disporne vari nel capannone in modo da poter avere una visione migliore delle possibili differenze di temperatura e per rilevare eventuali rotture.
Dove posizionare i termometri? Prima di tutto, vanno posizionali in luoghi in cui si può leggere facilmente la temperatura, per esempio non troppo in alto. Dato che la temperatura all’interno dell’allevamento non è uniforme, si consiglia di non collocarli vicino alle pareti, poiché qui il flusso d’aria è spesso inferiore. Per il posizionamento bisogna considerare le prese d’aria, la posizione dei ventilatori e delle cappe delle pulcinaie. Si
Zone di temperatura La zona termica neutra (detta anche zona di comfort) viene definita come la zona di temperatura in cui gli animali riescono a mantenere costante la temperatura corporea con il minimo sforzo. Questa zona di comfort dipende dalle condizioni ambientali, quindi bisogna sempre tenere conto dell’umidità relativa oltre che della temperatura. Il comportamento degli avicoli cambia quando le temperature salgono: diventano meno attivi, riducono il consumo di mangime e si presentano depressi, scuotendo le ali per favorire il movimento dell’aria a contatto con il corpo. Con una minore assunzione di mangime anche la produzione e la dimensione delle uova saranno inferiori alle media. Se le temperature aumentano ulteriormente, gli animali mangiano ancora meno e iniziano ad ansimare per ridurre la temperatura corporea. È anche vero il contrario: quando le temperature sono al di sotto della zona comfort, i soggetti cer-
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TECHNICAL COLUMN
cano di scaldarsi, aumentando il consumo di mangime per utilizzarne l’energia e accalcandosi per stare al caldo. La zona termoneutrale non è fissa e dipende da diversi fattori: • età; • peso corporeo; • stato di salute degli animali; • climatizzazione in allevamento: temperatura + umidità relativa (UR) + ventilazione (velocità dell’aria); • tipo di accasamento; • mangime e strategie di alimentazione.
Aumento del consumo di mangime e attività ridotte per mantenere il calore <18 °C
Intervallo ideale di temperatura
Leggera riduzione nel consumo di mangime
Ulteriore calo nel consumo di mangime e nella produzione di uova
Possibile stress da calore
Probabile stress da calore
Stress da calore
18 - 24 °C
24 - 29 °C
29 - 33 °C
33 - 35 °C
35 - 38 °C
> 38 °C
Nella zona termoneutrale, il rapporto tra acqua e alimentazione è di circa 2:1. Con l’aumentare delle temperature gli animali riducono il consumo di mangime, ma incrementano quello di acqua per rimanere freschi. Quando si verifica uno stress da calore, il rapporto acqua/ alimentazione può arrivare fino a 5:1. Al verificarsi di un forte stress da calore gli animali non sono in grado di aumentare l’assunzione di acqua in modo adeguato, per esempio non possono compensare le perdite attraverso la respirazione e l’escrezione urinaria. Senza alcun intervento climatico la condizione potrebbe peggiorare fino al decesso. Con l’aumento del consumo di acqua ne risente anche la lettiera, che diventa più umida e meno consistente. Una lettiera umida contribuisce a far salire l’umidità relativa, peggiorando il clima dell’allevamento. Si consiglia di rimuovere più spesso la lettiera e di asciugarla all’esterno. Negli allevamenti a terra la lettiera può produrre calore poiché con l’umidità inizia a decomporsi. La lettiera incrostata dovrebbe sempre essere rimossa per migliorare l’ambiente d’allevamento.
Umidità relativa L’umidità relativa descrive il livello di acqua presente nell’aria, cioè se l’aria trattiene il 20% della sua capacità di ritenzione, l’umidità è del 20%. Quando l’umidità raggiunge il 100% significa che l’aria è completamente sa-
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tura. Come la temperatura, l’umidità relativa non è fissa e può variare durante il giorno. L’aria si espande a causa dell’aumento della temperatura e incrementa così la sua capacità di ritenzione dell’umidità. L’umidità relativa è generalmente più alta durante la notte, poiché la temperatura più fredda ha una capacità minore di trattenere l’umidità. Il periodo più pericoloso per le galline ovaiole è quello estivo, soprattutto il tardo pomeriggio (15-18) quando la temperatura inizia a diminuire, ma l’umidità relativa è in aumento, il che rende più difficile per gli animali liberarsi del loro calore. La maggior parte delle perdite dovute allo stress da calore si verifica in questo momento della giornata.
Il rapporto tra temperatura e umidità relativa In molti casi, i produttori di uova si concentrano troppo sulla temperatura ambientale. L’umidità relativa è spesso trascurata, ma il clima dell’allevamento, che definisce se il soggetto si senta a suo agio o meno, è il risultato dell’interazione tra temperatura e umidità relativa. L’ideale è che la somma della temperatura e dell’umidità relativa sia intorno a 90. Temperatura in °C + % di umidità relativa
Conseguenze
Temperatura in °C + % di umidità relativa
Temperatura percepita
90
I soggetti sono a proprio agio
25 °C + 45% UR = 70
23 °C
<80
Ambiente freddo, aria scarsa
25 °C + 55% UR = 80
24 °C
>100
Ambiente soffocante (caldo e umido)
25 °C + 65% UR = 90
25 °C
>115
Conseguenze fatali
25 °C + 75% UR = 100
26,5 °C
25 °C + 85% UR = 110
28 °C
Il potenziale del raffrescamento Se si vuole ottimizzare il clima all’interno dell’allevamento tramite la gestione si deve prendere in considerazione l’interazione tra temperatura e umidità relativa. L’impatto di un’elevata umidità relativa non deve essere trascurato, poiché influisce sullo stress da calore e sull’affanno dei soggetti.
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TECHNICAL COLUMN
La risposta dell’ovaiola allo stress da calore
Ansimare
Attività ridotta
Alcalosi respiratoria
Minor consumo di mangime
Squilibrio acido-basico
Deficit nutrizionale
durante la notte la temperatura non scenda troppo, poiché sbalzi di temperatura troppo elevati in un breve periodo di tempo possono influenzare negativamente la salute e il benessere degli animali. La riduzione della temperatura effettiva (quindi la temperatura percepita dal soggetto) è chiamata fattore “wind chill - raffrescata”. Gli animali devono fare i conti con due fonti di calore: il calore derivato dall’ambiente e quello prodotto internamente, dal loro metabolismo; il calore in eccesso deve essere eliminato. Come accennato in precedenza, la maggior parte viene dispersa per evaporazione con la respirazione, ma l’ansimare degli animali per ridurre il calore corporeo ha un impatto negativo sull’umidità relativa: alzandosi il livello di umidità, i soggetti non riescono più a trovare sollievo con la respirazione, il calore inizia ad accumularsi nel loro corpo e ne può causare la morte.
Conseguenze: calo della produzione di uova e aumento della mortalità
Controllo del clima Nella maggior parte dei Paesi che sono dotati di allevamenti di ovaiole moderni il clima può essere controllato facilmente perché la climatizzazione è già stata curata in fase di progettazione, con l’isolamento della struttura per evitare che il calore penetri dall’esterno e con la dotazione di sistemi di ventilazione meccanica o di raffrescamento. Gli obiettivi della climatizzazione possono essere definiti in più fasi: • rimuovere il calore in eccesso nella stagione calda; • rimuovere l’umidità in eccesso per abbassare la temperatura effettiva; • limitare l’accumulo di gas nocivi salvaguardando l’apporto di ossigeno e di aria fresca. Gli obiettivi su indicati possono essere raggiunti utilizzando diversi metodi, come la ventilazione a tunnel, che può essere molto efficace per aumentare il flusso d’aria, o anche il raffrescamento evaporativo, tramite nebulizzazione, oppure con pannelli o ventilatori. Per permettere agli animali di liberarsi dell’eccesso di calore prodotto durante il giorno bisogna provare ad abbassare le temperature notturne a 12-16 °C. La temperatura più bassa consentirà loro di riprendersi dallo stress da caldo sperimentato durante il giorno. È importante che
Consigli pratici Ristrutturare e rinnovare gli allevamenti per renderli più resistenti allo stress da calore può essere molto costoso, proponiamo quindi diversi suggerimenti pratici che prevedono bassi costi di investimento. - La posizione dell’allevamento è importante per le strutture ventilate in modo naturale. Si consiglia di realizzare il capannone in direzione est-ovest, per evitare il sole diretto e per sfruttare al meglio il vento. - L’isolamento può essere molto conveniente nei climi caldi: impedirà al calore di entrare durante il giorno e di fuoriuscire nelle ore notturne. Inoltre, consentirà agli ani-
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TECHNICAL COLUMN
mali di rimanere più a lungo nella loro zona termoneutrale. Il rivestimento con pluriball, ricoperto su entrambi i lati con strati di alluminio, si è rivelato estremamente efficace nei climi tropicali; è anche economico da acquistare e facile da installare. I tetti possono anche essere ricoperti con materiale di paglia, come cime di canna da zucchero, foglie di palma, paglia di riso, ecc., per ridurre il riscaldamento solare.
- Piantare alberi ad alto fusto vicino all’allevamento creerà ombra: l’umidità dagli alberi defluirà e l’aria circostante si raffredderà, determinando un clima più confortevole all’interno della struttura. Vanno piantati in modo tale da non bloccare la ventilazione. Attenzione però alla biosicurezza, poiché è probabile che gli alberi attirino uccelli selvatici e roditori. - L’erba ben tenuta intorno agli allevamenti contribuirà a fornire condizioni più fresche all’interno rispetto al terreno nudo, a rocce o cemento. - Una volta installate le voliere, assicurarsi sempre che i contenitori di distribuzione del mangime siano collegati all’impianto, ai lati, dove si trovano i corridoi. L’aria più fredda si trova spesso nei corridoi e questo aiuterà gli animali a liberarsi del loro calore più facilmente. - Il serbatoio dell’acqua dovrebbe essere preferibilmente conservato all’interno, per non riscaldarsi alla luce diretta del sole. Quando è posizionato all’esterno, va protetto con coperte o iuta bagnata poiché il processo di evaporazione della coperta/iuta bagnata ulilizzerà il calore proveniente dal serbatoio e questo aiuterà a mantenere l’acqua all’interno più fresca. Si consiglia di dipingere il serbatoio dell’acqua di colore bianco per un migliore raffrescamento, poiché il calore viene riflesso anziché assorbito. - Meglio avere un generatore elettrico a disposizione, poiché l’interruzione di corrente è di solito più frequente durante la stagione calda. Senza energia, la ventilazione si interrompe e si verifica uno stress da calore che diventa rapidamente fatale. - Gli allevamenti con i lati aperti possono essere trasformati in strutture ventilate con l’installazione di tendaggi sulle pareti aperte. Spesso è conveniente e si può beneficiare dei vantaggi di entrambi i sistemi.
- Impedire alla luce solare di entrare in allevamento con tende alle finestre o sporgenze del tetto. Si consiglia di utilizzare tende traspiranti, poiché bloccano efficacemente la luce solare, ma consentono il passaggio dell’aria. - Un tetto di colore chiaro è in grado di riflettere meglio il calore. I tetti potrebbero essere dipinti di bianco per consentire un migliore riflesso (utilizzare calce idrata o cemento bianco per imbiancare i tetti); per gli allevamenti ventilati in modo naturale, un colmo aperto consente all’aria calda che sale di fuoriuscire attraverso il tetto.
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Gestire le tacchine in deposizione Le prime settimane che intercorrono tra il trasferimento delle tacchine all’allevamento di deposizione e il picco di produzione possono avere una grande influenza sulle prestazioni del gruppo, a seconda di come sono gestite. Se si completa bene questa fase, il gruppo reagirà bene e richiederà meno lavoro.
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Il trasferimento delle tacchine alla struttura di produzione dovrebbe coincidere con la loro fotostimolazione. È in produzione che esse passano da un giorno corto a uno lungo (normalmente di 14 ore), il che le stimola a deporre le uova. Il trasferimento viene di solito effettuato tra le 29 e le 30 settimane di età. È probabile che il passaggio delle femmine a un programma luce diverso prima di questo periodo riduca la produzione di uova e che queste siano più piccole. Il trasferimento dopo le 30 settimane di età può comportare un picco di produzione più elevato, ma una minore persistenza della deposizione. Durante lo svezzamento le femmine de-
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vono sempre passare a un programma luce che sia di intensità maggiore rispetto a quello precedente; si consiglia di raddoppiare il livello di lux in deposizione per ottenere la stimolazione, considerando che è necessario un minimo di 100 lux (vedi Figura 1). La produzione di uova inizierà normalmente tra i 14 e i 18 giorni dopo la fotostimolazione. È necessario prestare attenzione alla scelta del tipo di illuminazione artificiale, poiché la parte rossa dello spettro luminoso è essenziale. È stato dimostrato infatti che lo spettro di luce rossa è importante, nella fotostimolazione, per la produzione di uova. La luce diurna naturale fornisce la migliore intensità e qualità della luce, poiché emette un ampio spettro di luce.
TECHNICAL COLUMN
È necessario assicurarsi che la densità di allevamento delle tacchine pianificata sia corretta per l’area dell’allevamento e di disporre di nidi sufficienti per prevenire la deposizione di uova a terra e massimizzare la produzione di uova di buona qualità. La Tabella 2 mostra il numero raccomandato di femmine per nido relativamente alle linee Nicholas Select e femmine B.U.T. Una quantità di nidi insufficiente può ridurre il numero di uova da incubare, aumentando il numero di uova a terra, di cove e di uova di scarto. Tabella 2 – Rapporto raccomandato femmina:nido. Tipo di razza
Figura 1 – Allevamento di deposizione ben illuminato.
Rapporto
Nicholas Select
4.5-5
B.U.T.
5-5.5
Nidi Esistono due tipi di nido, manuale e automatico. Entrambi i sistemi hanno i propri vantaggi, che possono essere messi a confronto, come si può vedere nella Tabella 1. Tabella 1 – Pro e contro dei nidi manuali e automatici. Tipo di nido Manuali
Automatici
Più basso
Più alto
Manodopera
Più alto
Più basso
Raccolte per giorno
Limitate
Molte
Alta
Bassa
Uova incubabili per gallina
Uguale se gestito secondo uno standard elevato
Uguale se gestito secondo uno standard elevato
Pulizia e disinfezione
Richiesto smontaggio
In-sito
Investimento di capitale
Flessibilità
Quando si utilizzano nidi manuali, è necessario inserire nella scatola una lettiera di trucioli, con una profondità minima di 8 cm, per garantire un posto comodo per la deposizione e sicuro per l’uovo. I trucioli di legno privi di polvere sono il materiale migliore da utilizzare, ma devono sempre essere conservati in un’area di stoccaggio pulita, asciutta, a prova di parassiti e sicura. La lettiera dei nidi dovrà essere regolarmente rinnovata e rimosso il materiale contaminato, soprattutto all’inizio del periodo di deposizione quando vi è un aumento dell’attività di nidificazione. Per i nidi automatici, fare sempre riferimento alle linee guida del produttore al momento della configurazione iniziale.
Addestramento delle femmine Il tempo che intercorre tra l’illuminazione e il picco di produzione è il periodo più importante affinché le femmine familiarizzino con il loro nuovo ambiente; esse vanno poi addestrate all’uso dei nidi per ridurre la presenza di uova a terra. La percentuale delle uova deposte a terra non dovrebbe superare l’1% della produzione totale di uova.
Addestramento manuale del nido Dall’inizio del trasferimento bisogna rendere disponibili i nidi 24 ore su 24. Le trappole devono essere bloccate o rimosse dall’ingresso del nido (vedi Figura 2). I nidi do-
Figura 2 – Femmina che utilizza un nido facilmente accessibile con rimozione della trappola.
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TECHNICAL COLUMN
vrebbero rimanere in questo stato fino al raggiungimento del 25%-35% della produzione per incoraggiare l’ingresso delle tacchine. Si deve poi ripristinare le trappole gradualmente nell’arco di una settimana e, se si nota un aumento di uova deposte a terra durante questo periodo, è necessario ridurre la quantità di nidi ripristinati. Le uova dovrebbero essere raccolte e le femmine spinte fuori dal nido. La frequenza della raccolta di uova dovrebbe essere incrementata gradualmente via via che aumenta la produzione di uova. Durante la bella stagione si consiglia di chiudere i nidi durante la notte e di riaprirli quando si accendono le luci al mattino.
Addestramento automatico del nido Il meccanismo di apertura e chiusura del nido dovrebbe essere azionato due volte al giorno. Questa pratica aiuterà a far sì che le tacchine familiarizzino con il funzionamento del meccanismo del nido ed eviterà qualsiasi stress associato alla sua attivazione. I nidi automatici dovrebbero essere aperti anche di notte fino a raggiungere il 20%-30% della produzione. Una volta raggiunta questa percentuale, i nidi devono essere aperti 30 minuti dopo l’accensione delle luci e chiusi 30 minuti prima che vengano spente. L’allevatore dovrebbe valutare il livello di attività del nido per determinare quando tenere lontane le femmine e raccogliere le uova. Bisogna incrementare gradualmente la sollecitazione all’uscita dal nido via via che aumenta la produzione di uova, come mostrato nella Tabella 3. Tabella 3 – Numero di raccolte giornaliere consigliate per produzione di uova. Produzione di uova %
Numero di allontanamenti e raccolte al giorno
10
2
20
4
30
6
50
8
70
10
80+
12+
La pulizia dei tappetini inizia generalmente alla fine della quinta settimana di produzione e dovrebbe idealmente avvenire al termine del periodo di deposizione giornaliero. Inoltre, il programma per la raccolta delle uova do-
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vrebbe essere adeguato ai cambiamenti nella produzione. Durante il picco giornaliero può essere necessario raccogliere le uova più frequentemente di una volta ogni ora. È importante raccogliere le uova a terra per scoraggiare la cova quando viene stimolata la fuoriuscita dai nidi e ogni 30 minuti durante il picco giornaliero di produzione. Se nella struttura sono installate più file di nidi, vanno azionate in sequenza. Ciò consentirà al personale dell’allevamento di allontanare le femmine dalle rampe prima che la successiva serie di nidi spinga via le femmine. Si raccomanda di chiudere i nidi per un massimo di 3-4 minuti, tempo sufficiente per consentire al personale dell’allevamento di allontanare le femmine dalle rampe. In tutti i casi è consigliabile consultare il produttore. Le Figure 3 e 4 di mostrano alcuni esempi di nidi automatici.
Figura 3 – Nido per tacchine MGH.
Figura 4 – Nido per tacchine Vencomatic.
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MANAGEMENT
Plumofagia e cannibalismo, come contrastarli con l’Opuntia La pica delle piume o plumofagia è una patologia del comportamento tipica delle galline ovaiole, che può verificarsi in tutti i tipi di allevamento e che ha sempre effetti dannosi. Il concentrato di Opuntia ficus-indica, più nota come fico d’India, può aiutare a contrastare il fenomeno. vamento; l’inizio di questo fenomeno è imprevedibile, le aree preferite sono la parte bassa della schiena, il collo e la zona attorno alla cloaca. I fattori che possono scatenarla sono molteplici: fattori genetici, luce intensa, densità d’allevamento, carenze nutrizionali, mancanza di materiale per il razzolamento. I danni causati da questi comportamenti sono ingenti.
Debeccaggio e plumofagia La pratica del taglio del becco è in grado di ridurre la plumofagia, diminuendo i danni al piumaggio e impedendo l’insorgere di ferite causate dallo strappo delle piume, limitando di conseguenza anche il rischio di cannibalismo scatenato dalla presenza di ferite sanguinanti. Non è un caso che il fenomeno del cannibalismo sia meno frequente negli allevamenti dove si effettua il debeccaggio.
La plumofagia rappresenta un problema serio negli allevamenti avicoli perché può diradare il piumaggio degli animali con conseguenze sulla termoregolazione, provocare ferite cutanee e scatenare il cannibalismo. Pier Enrico Rossi Medico veterinario
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Di solito la plumofagia comincia in piccoli gruppi, ma si può estendere a tutto l’alle-
- management -
Negli allevamenti dove tale pratica non è messa in atto, occorre prestare molta attenzione e intervenire precocemente prima che plumofagia e cannibalismo si diffondano in tutto l’allevamento, causando una maggiore mortalità e un conseguente aumento del costo delle uova. Il debeccaggio viene criticato dalle associazioni animaliste e in molti Paesi è vietato. Nell’Unione europea questo trattamento come prevenzione della plumofagia e del cannibalismo è consentito nel pulcino fino a 10 giorni di età, ma molti Stati membri ne hanno annunciato il divieto in un prossimo futuro.
MANAGEMENT
Alimentazione e plumofagia Per quanto riguarda la correlazione tra alimentazione e plumofagia occorre prestare la massima attenzione all’inclusione della fibra: gli studi sul comportamento delle galline ovaiole, infatti, dimostrano che le fibre alimentari hanno un effetto positivo nella risoluzione di questo problema. La fibra grezza non contribuisce al valore nutrizionale di un mangime, ma deve essere comunque dichiarata nel cartellino; essa stimola un adeguato sviluppo del tratto digerente delle pollastre e lo sviluppo dello stomaco muscolare; stabilizza la flora intestinale, migliorando la consistenza delle feci e la qualità della lettiera e riducendo il numero di uova sporche; previene i disturbi digestivi; influisce sul comportamento degli animali, riducendo la tendenza alla plumofagia e al cannibalismo. I mangimi per le galline ovaiole sono spesso a base di materie prime come mais e soia, sono ricchi di energia e scarsi di fibra grezza e contengono elevati contenuti di oli e grassi, a discapito del contenuto di fibra grezza nel mangime completo che può essere ridotto fino al 3%. Le galline, sia durante la fase di svezzamento (pollastre) che durante quella di produzione, beneficiano dell’aggiunta di fibra nel mangime: in genere livelli di fibra del 6% in svezzamento e 5% in produzione sono raccomandati per migliorare le prestazioni produttive, proteggere la salute e migliorare il loro comportamento. Dal punto di vista nutrizionale la fibra occupa spazio nell’apparato digerente più di qualsiasi altra sostanza perché è scarsamente digeribile o addirittura indigeribile.
Il concentrato di Opuntia L’inclusione della fibra grezza nel mangime per galline ovaiole non dovrebbe ridurre la normale concentrazione di nutrienti, perché questo avrebbe un effetto negativo sulle performance. Disporre di una materia prima come il concentrato di Opuntia permette di superare questo scoglio. Il fusto di questa pianta, più comunemente noto come fico d’india, è formato da numerosi cladoli, termine botanico che si riferisce alle grosse foglie carnose, che costituiscono in realtà i rami della pianta. Dalla spremitura a freddo dei cladoli viene ricavato un succo che opportunamente stabilizzato, concentrato ed omogeneizzato, contiene, oltre a un’elevata concentrazione di fibre (sia
insolubili che, soprattutto, solubili), elevate quantità di potassio, calcio, magnesio e silicio, nonché ferro, sodio, arginina, istidina, lisina e manganese, che permettono di ottimizzare l’inclusione di fibra grezza. L’Opuntia apporta anche un 10% di carboidrati costituiti sia da mono che polisaccaridi e ha un elevato contenuto di vitamina A, B1, B2, B3 e C; inoltre le mucillaggini presenti nel succo sono in grado di favorire la regolazione del transito intestinale e ridurre i processi infiammatori di tutto il tratto gastroenterico, grazie a un’azione protettiva e cicatrizzante. Un altro componente dell’Opuntia è il GABA, l’acido γ-amminobutirrico, ovvero il principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale, responsabile nella regolazione dell’eccitabilità neuronale di tutto il sistema nervoso. Il GABA è un messaggero ubiquitario e l’attivazione o l’agonismo a livello dei suoi recettori è il meccanismo d’azione di un gran numero di farmaci sedativi, miorilassanti e ipnotici, tra cui i più conosciuti sono senz’altro le benzodiazepine. Riassumendo, le fibre, le mucillagini, il GABA, insieme alle vitamine, agli oligoelementi (ferro e manganese) e ai microelememti (potassio e magnesio) contenuti nel succo concentrato di Opuntia sono in grado di interagire favorevolmente con il sistema nervoso enterico. Conosciuto come secondo cervello, il sistema nervoso enterico possiede neuroni sensoriali, motori, secretori e vasomotori: trasmette sensazioni, dirige movimenti, ordina la secrezione di trasmettitori, regola l’afflusso sanguigno e si relaziona con il sistema nervoso centrale; contribuisce in modo fondamentale a orchestrare la digestione in tutte le sue fasi, in tutte le sue funzioni chimiche e meccaniche. Il concentrato di Opuntia, dunque, in stretta connessione con il sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico) e con il sistema nervoso centrale, coordina la motilità, la sensibilità, le secrezioni e, in generale, la complessa funzione dell’apparato digerente. Se si ha l’accuratezza di evitare il sovraffollamento, di gestire correttamente l’illuminazione e di offrire un ambiente confortevole agli animali accasati, l’integrazione con Opuntia permette di contrastare efficacemente pica, plumofagia e cannibalismo.
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NUTRIZIONISTICA
Benessere e arricchimento delle uova
La vitamina D3, il colecalciferolo, è un micronutriente essenziale, necessario per la corretta calcificazione delle ossa, ma anche per lo sviluppo e la stabilità dello scheletro. Conosci la vitamina D?
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La vitamina D3 regola l’omeostasi del calcio e del fosforo nel sangue, incrementandone l’assorbimento sia a livello intestinale che renale quando la concentrazione nel sangue è bassa; viceversa, la vitamina D3 promuove la riduzione dell’assorbimento intestinale e incrementa l’escrezione a livello renale di questi minerali.
Perché la vitamina D è essenziale per l’uomo e per gli animali? È all’origine di numerosi cicli metabolici: • metabolismo dell’omeostasi di Ca; • assicura lo sviluppo osseo; • stimola e regola il sistema immunitario; • stimola la crescita e la differenziazione cellulare.
- nutrizionistica -
NUTRIZIONISTICA
Le carenze di vitamina D portano a: • rachitismo, osteomalacia e osteoporosi; • fragilità delle ossa; • mancanza di tono muscolare; • alcuni tipi di cancro e diabete; • malattie cardiovascolari.
Quali sono i nostri fabbisogni? Il livello plasmatico di 25(OH)D3 (idrossicolecalciferolo) è il parametro di riferimento per lo stato della vitamina D negli esseri umani (WHO 1997, Robert et al., 2009). La definizione di questo stato è un fattore chiave per determinare il fabbisogno giornaliero e stabilire le raccomandazioni. I livelli ottimali sono compresi tra 30 e 80 ng/ml plasma (Holick M. Ann 2009; Hollis, 2005). Tabella 1 – Valori di 25(OH)D 3 inferiori a 30 ng/ml plasma sono sinonimi di carenza per l’uomo (Vieth, 2011). nmol/L
ng/ml
<25
25-50
50-75
75-200
>375
carente
insufficiente
inadeguato
corretto
tossico
<10
10-20
20-30
30-80
>150
Aggiungi valore alle tue uova Tutto parte dall’alimentazione. L’arricchimento con Hy-D® nel mangime delle ovaiole, ha mostrato una maggiore stabilità di contenuto di 25(OH)D3 trasferito nel tuorlo, ciò probabilmente dovuto alla maggiore biodisponibilità di HyD® e maggiore attività antiossidante. Diversi studi e prove di campo hanno dimostrato che un singolo uovo arricchito con 25(OH)D3 soddisfa il 25% del fabbisogno di vitamina D di un uomo (RDA 5mcg), con benefici anche sulla qualità del guscio e sul benessere delle galline. L’attività antiossidante dell’uovo potrebbe essere un utile approccio per migliorare l’assunzione di antiossidanti naturali nella dieta per il consumo umano, importante per ridurre il danno ossidativo. Nei Paesi di latitudine settentrionale, dove la carenza di vitamina D è la principale preoccupazione, la biofortificazione delle uova con 25(OH)D3 può diventare un approccio utile per combattere i bassi livelli di vitamina D nella popolazione e possono fornire benefici aggiuntivi di maggiore attività antiossidante. Il guscio è una struttura mineralizzata, altamente specializzata, che fornisce protezione
contro danni fisici e penetrazione da parte di microrganismi. Esso è costituito dalle membrane interne ed esterne, dal guscio propriamente detto e dalla cuticola. Lo strato cristallino del guscio, che è responsabile della sua resistenza meccanica, consiste di oltre il 90% di calcio sotto forma di carbonato di calcio. Il calcio proveniente dalla dieta viene assorbito a livello intestinale. A condizione che nel mangime ne sia presente una quantità sufficiente (3,84,2%), il processo di assorbimento, deposizione ed escrezione del calcio è regolato dalla vitamina D3 e dai suoi metaboliti. Ancora una volta risulta determinante per l’animale avere buone riserve di calcio e contestualmente un ottimale apporto con la dieta di vitamina D3, che possano garantire il benessere dell’animale e la qualità dell’uovo.
Benessere delle galline Il consumatore desidera che le galline che producono le uova che acquista, godano di buona salute e siano allevate in uno stato ottimale di benessere animale. Alimentare correttamente e fornire all’animale il livello ottimale di nutrienti, primo fra tutti le vitamine, significa rispettarne il benessere. OVN® (Optimum Vitamin Nutrition, un marchio DSM) significa che gli animali sono alimentati con livelli vitaminici ottimali. È noto che le vitamine hanno un ruolo importante per la salute degli animali e dell’uomo. La necessità di livelli vitaminici ottimali (OVN) per le nostre galline e per la produzione di uova di qualità è riconosciuta da molti studi scientifici di università e centri di ricerca di tutto il mondo.*
Differenziarsi sul mercato Oltre ai già noti e citati benefici apportati dall’aggiunta di Hy-D® alla dieta degli animali, integrare con Hy-D® vuol dire proporre un prodotto differente sul mercato con un approccio olistico: un animale ben alimentato produce uova più sane e ricche di vitamina D. A tal proposito esistono dei regolamenti europei (432/2012 e 983/2009), approvato dall’EFSA, che elenca tutti i claims che possono essere attribuiti alla vitamina D, ad esempio la fortificazione delle ossa e dei denti e l’aumento delle difese immunitarie. Ecco che da un “semplice” uovo, l’alimento con il valore biologico più elevato, il prodotto di origine animale più “sfruttato” dal consumatore italiano, si immetterebbe sul mercato non solo un prodotto differente, differenziandolo dalle categorie già presenti, ma anche un nuovo e importante messaggio al consumatore.
* Rif. Optimum Vitamin Nutrition in the production of animal feeds, pubblicato da 5M Publishing, 2012. Il marchio OVN® può essere utilizzato previo accordo con DSM.
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NUTRIZIONISTICA
Dal mangime al guscio: il ruolo di BACTOCELL nel metabolismo del calcio delle galline ovaiole mature Il processo di formazione del guscio d’uovo dipende non solo da fattori quali la genetica, la nutrizione e le pratiche di allevamento, ma anche dall’età delle galline e da come questa condiziona il metabolismo del calcio. Uno studio condotto dalla Dankook University su ovaiole di 50 settimane ha mostrato che il batterio probiotico Pediococcus acidilactici incide positivamente sulla produzione di uova, sulla loro qualità e sul benessere delle ovaiole.
Formazione del guscio: un processo di mineralizzazione impegnativo Il guscio d’uovo è costituito principalmente da carbonato di calcio (94-98%) in forma minerale di calcite. La sua qualità dipende principalmente dalla genetica e dalla fisiologia delle ovaiole (età, salute), dalle pratiche di gestione dell’allevamento (sistema di produzione, illuminazione) e dalla nutrizione. Con il progredire della durata del ciclo di deposizione (oltre le 90 settimane di età) e l’aumentare dell’età delle galline, le uova aumentano di dimensione mentre il metabolismo del calcio (Ca) si altera, causando un peggioramento della qualità del guscio dell’uovo e indebolendo il tessuto osseo.
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- nutrizionistica -
NUTRIZIONISTICA
Attività ormonali associate al metabolismo del calcio Il metabolismo del calcio nelle galline ovaiole è un processo specifico e dinamico regolato da stimoli ambientali (luce) e biochimici (minerali, vitamine e ormoni). Lo sfasamento tra assorbimento di Ca e l’utilizzo dello stesso per la formazione del guscio viene definito “desincronizzazione”. Durante la giornata, parte del Ca della dieta viene assorbito nell’intestino tenue attraverso vie di assorbimento attivo e passivo (Gloux et al., 2019). Durante la notte, quando nell’utero aumenta il fabbisogno di Ca per la formazione del guscio, vengono mobilitate le riserve del minerale nelle ossa.
BACTOCELL ha confermato benefici nella qualità del guscio Il batterio probiotico Pediococcus acidilactici CNCM I-4622 (BACTOCELL) potenzia le funzioni digestive e protettive degli avicoli attraverso la stimolazione delle popolazioni di batteri lattici. È stato dimostrato come sia in grado di migliorare lo spessore del guscio dell’uovo e di ridurre il numero di uova scartate in differenti sistemi di produzione (Demev et al., 2013; Mikulski et al., 2012 e 2020). Uno studio condotto presso la Dankook University (Corea del Sud) ha indagato l’interazione di BACTOCELL con il metabolismo del Ca, analizzando le concentrazioni dei marcatori ormonali e minerali del sangue e delle ossa
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La desincronizzazione e la dimensione di questo processo di mineralizzazione (~5 g di Ca/uovo), determinano costantemente un sequestro di Ca dal tessuto osseo della gallina, evidenziando quanto sia importante e delicato questo equilibrio metabolico. Pertanto, qualunque alterazione nell’apporto o nel metabolismo del Ca può com-
promettere la qualità del guscio e lo stato di salute delle ossa dell’animale. Questi meccanismi di mobilizzazione del Ca sono regolati dall’ormone calcitriolo [1,25(OH)2D] e dall’ormone paratiroideo (PTH) (Bar A., 2008; Tinawi M., 2021).
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NUTRIZIONISTICA
in galline ovaiole Hy-line brown di 50 settimane. Le galline sono state divise in 2 gruppi (1 trattato con BACTOCELL e 1 di controllo) e alimentate con diete formulate secondo le raccomandazioni genetiche, eccetto un livello ridotto del 10% di Ca e del fosforo (P). I parametri di produzione di uova e qualità del guscio sono stati registrati per 14 settimane. I risultati confermano l’incidenza positiva di BACTOCELL precedentemente osservata sulla produzione di uova e sul loro peso (+1%) (Alleman et al., 2011; Mikulski et al., 2012; Demey et al., 2018; Mikulski et al., 2020). Questa maggiore produzione deriva, in parte, da una significativa riduzione degli scarti e delle rotture (Figura 1).
Figura 1 – Effetto di BACTOCELL sul tasso di scarto (p=0.072) e sul rapporto con le uova rotte (P=0.05).
BACTOCELL e le sue interazioni con il metabolismo del calcio Per comprendere meglio l’effetto positivo del probiotico sulla qualità del guscio, è stato misurato l’assorbimento di Ca e P attraverso la differenza tra la quantità di nutrienti ingeriti dall’animale attraverso il mangime e i nutrienti trovati nelle feci. Dopo 14 settimane di trattamento con BACTOCELL, l’assorbimento di Ca e P è risultato migliore rispetto al gruppo di controllo (+4,2% per il Ca e +4,1% per il P). Questo riflette un migliore utilizzo di quelle fonti minerali alimentari che possono contribuire alla qualità del guscio. Per approfondire la comprensione della modalità d’azione di BACTOCELL, in relazione all’utilizzo del Ca nella dieta, sono state analizzate le concentrazioni degli ormoni coinvolti nel metabolismo del Ca. La concentrazione ematica di calcitriolo è aumentata del +82% dopo il trattamento di 14 settimane, rispetto al gruppo di controllo (Figura 2). L’ipotesi, supportata dalla maggiore
Figura 2 – Effetto di BACTOCELL sugli indicatori ematici del metabolismo del Ca (P<0.05).
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- nutrizionistica -
concentrazione di Ca rilevata contemporaneamente nel sangue, è che BACTOCELL abbia favorito la produzione di calcitriolo, favorendo così un maggiore assorbimento del Ca di origine alimentare. Durante la notte, la produzione di calcitriolo viene stimolata dal basso livello di Ca ematico innescando così il riassorbimento dell’osso midollare. Lunghi cicli di produzione e il peggioramento fisiologico del metabolismo del Ca, portano facilmente ad un danno strutturale dell’osso se non adeguatamente compensati. Ipotizziamo, quindi, che la maggiore concentrazione sierica di Ca, in un contesto di dieta a basso contenuto di calcio, sia stata utilizzata dall’utero per formare un guscio d’uovo più robusto rispetto alle galline del gruppo di controllo. Questi risultati sono ancora più interessanti sapendo che le galline del gruppo BACTOCELL hanno deposto uova più pesanti rispetto al gruppo di controllo, e come tali hanno potuto esportare una maggiore quantità di Ca. Le analisi delle ceneri dimostrano, infine, che nel gruppo BACTOCELL vi è stata una limitata incidenza del sequestro metabolico di Ca nel tessuto osseo. Insieme agli effetti benefici di BACTOCELL precedentemente descritti sulla produzione di uova (tasso di deposizione, persistenza) e sul benessere delle galline (qualità delle feci, mortalità), questi ulteriori benefici sulla qualità del guscio e sull’integrità ossea rappresentano ragioni, complementari alla redditività e al benessere animale, per considerare un utilizzo sistematico di questo probiotico nella produzione di uova.
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Edizione italiana Anno XXXIII • Settembre 2022
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