Numero 5 - dicembre 2021
Numero 5 - dicembre 2021 - Anno XLIX - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479
SUPPORTO SOCIALE
IMMUNOTERAPIA
Insieme alla chemio per combattere il cancro della vescica
Per il buon esito delle cure conta anche la rete di sostegno
MENO FARMACI
L’obiettivo degli studi di de-escalation è ridurre le dosi con lo stesso risultato
Tumori pediatrici e ricerca
NON BASTA “RIMPICCIOLIRE” LE CURE
SOMMARIO
FONDAMENTALE dicembre 2021
In questo numero:
04 RICERCA RUBRICHE 07 ANOMALO MOLTO RIM08 RICERCA DI BASE 10 TERAPIE 12 CONGRESSI INTERNAZIONALI 14 NOTIZIE FLASH 16 SPERIMENTAZIONE ANIMALE 18 TESTIMONIANZA 19 RECENSIONI 20 BISOGNI SOCIALI 22 TUMORE D’ORGANO 24 IFOM 26 INIZIATIVE 27 ALIMENTAZIONE 28 RACCOLTA FONDI 30 IL MICROSCOPIO
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Dal laboratorio al reparto, i bambini non sono piccoli adulti I traguardi dei nostri ricercatori
Cellule natural killer, contro il cancro servono tiratori scelti
De-escalation: terapie meno tossiche ma altrettanto efficaci
La ricerca sui tumori pediatrici allunga le aspettative di vita e il numero di guarigioni
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Natural killer, le cellule immunitarie che difendono l’organismo dai tumori
Molte buone notizie (e alcune meno buone) dagli esperti di oncologia medica Dal mondo
Ultimi mesi utili per risolvere un problema annoso Aiutare gli altri senza risparmiarsi CAR-T contro i tumori dei bambini
Farmaci e terapie hanno bisogno di un contesto favorevole
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L’immunoterapia aiuta a preservare la vescica
Un approccio a tre vie per battere il cancro
Quattro incontri per ispirare i giovani ricercatori Frutta secca, con moderazione ma senza timore Nastro Rosa e partner
Diverse le età, diversi i problemi
FONDAMENTALE
Anno XLIX - Numero 5 Dicembre 2021 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A. DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci
Tempo di metter mano alla legge sulla sperimentazione animale
Le strategie per la ricerca di IFOM, parla il direttore scientifico
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EDITORIALE
Andrea Sironi
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Presidente AIRC
In sostegno dei piccoli malati
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l dramma della pandemia che abbiamo vissuto negli ultimi due anni ha cambiato molti aspetti del nostro modo di vivere, dalle relazioni con gli altri al lavoro, dalle vacanze ai viaggi. Fra tutte le conseguenze della crisi, al fianco di quelle drammatiche che tutti noi abbiamo conosciuto più o meno direttamente, due assumono una chiara valenza positiva. La prima è la maggiore sensibilità nei confronti della ricerca scientifica. Tutti noi abbiamo compreso quanto importante è il contributo che la scienza può offrire per superare le fasi più drammatiche della nostra vita. Se siamo stati in grado di rallentare la diffusione del virus e di tornare a una vita quasi normale, lo dobbiamo ai progressi della conoscenza e alle innovazioni – rese possibili dagli investimenti in ricerca scientifica – che hanno condotto in modo così rapido allo sviluppo dei vaccini. La ricerca si fonda su un metodo rigoroso, fatto di ipotesi verificate sperimentalmente e capaci di essere superate da nuove teorie e nuove evidenze empiriche. Comprendere appieno questo metodo e diffonderne la conoscenza aiuta anche a superare le incertezze e i timori che una parte minoritaria della popolazione ancora manifesta. La seconda conseguenza è rappresentata dal desiderio, di fronte alla sofferenza e alle difficoltà vissute da tante persone, di aiutare il prossimo, di donare e in questo modo di alleviare i problemi – di salute o economici – che tanti fra noi hanno vissuto e ancora stanno vivendo. Lo si è visto in modo chiaro dalle numerose e ingenti donazioni che hanno caratterizzato il periodo più acuto della crisi e più in generale dalla generosità di tante famiglie italiane nei confronti di associazioni e fondazioni del terzo settore. Il periodo che ci aspetta è particolare. Il Natale ci porta a rivolgere la nostra attenzione verso chi ha meno o attraversa periodi di difficoltà e sofferenza, in particolare quando si tratta di bambini e adolescenti, più indifesi e meno capaci di comprendere quanto gli succede. Ogni anno, in Italia oltre 2.000 bambini e adolescenti affrontano una diagnosi di cancro. Fondazione AIRC da anni investe una parte importante dei fondi raccolti a favore della ricerca nel campo dei tumori pediatrici. Grazie a questi investimenti sono stati fatti grandi passi avanti nella diagnosi e nella cura delle neoplasie dei bambini e dei ragazzi. Oggi in Italia l’82 per cento dei bambini e l’86 per cento degli adolescenti che si sono ammalati di cancro sono in vita a cinque anni dalla diagnosi di tumore e quelli guariti completamente sono 3 su 4. La strada è però ancora lunga e non per tutti i tumori si sono raggiunti risultati così positivi. Occorre dunque investire di più e affiancare AIRC in questa battaglia!
Fondamentale per i tumori pediatrici
Alcuni articoli di questo numero di Fondamentale sono dedicati ai tumori pediatrici e sono riconoscibili grazie al simbolo dell’aquilone.
RICERCA Tumori pediatrici
Dal laboratorio al reparto, i bambini non sono piccoli adulti Le caratteristiche dei tumori pediatrici fanno sì che fare ricerca per sconfiggerli sia particolarmente complesso. Nonostante ciò, negli ultimi decenni la percentuale di guarigioni ha continuato a crescere
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a cura di FABIO TURONE e c’è un aspetto che più di ogni altro caratterizza la ricerca oncologica sui tumori pediatrici sono proprio i bambini, che richiedono molte attenzioni speciali su diversi fronti.
Non si possono infatti adattare a misura di bambino le terapie dell’adulto riducendo semplicemente i dosaggi o la frequenza dei farmaci: se questo è vero per tutte le specialità pediatriche, la necessità di adottare un approccio specifico, ritagliato su misura, è nel
caso dei tumori che colpiscono bambini e adolescenti più forte e sentita che mai fin dalle fasi sperimentali. UNA LUNGA VITA DAVANTI Oggi si stima che in Italia circa 1.700 bambini di età inferiore ai 14 anni siano colpiti dal cancro ogni anno, e con loro 900 adolescenti tra i 15 e i 19 anni. In tutto, i tumori pediatrici costituiscono circa l’1 per cento di tutte le neoplasie. Rispetto a non molti anni fa, grazie ai progressi della ricerca e alle nuove terapie, diversi tumori pediatrici sono diventati più facili da curare. Il dato della sopravvivenza (misurata per convenzione a 5 anni dalla diagnosi) supera l’80 per cento per le leucemie, e si aggira attorno al 70 per cento per i tumori solidi. Uno studio recente, finanziato da AIRC e pubblicato sull’International Journal of Cancer da un gruppo di ricercatori dell’Istituto superiore
di sanità (ISS), del CNR, del Centro di riferimento per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte e dell’Associazione italiana registri tumori, ha confermato che il numero di adulti in buona salute dopo un’infanzia segnata da una diagnosi di cancro è in continuo aumento. La ricerca ha preso in esame i dati forniti da 15 registri tumori, che coprono il 19 per cento della popolazione del Paese, e stima che siano circa 45.000 i soggetti che hanno superato un tumore in età giovanile, con una lieve prevalenza di maschi (54 per cento contro il 46 per cento di femmine). Due terzi di questi (il 64 per cento) avevano ricevuto la diagnosi prima del 1995, momento di inizio del periodo di osservazione. Alla data della rilevazione, nel 2010, uno su quattro aveva già raggiunto e superato i 40 anni dopo una diagnosi di cancro. I tipi di neoplasia più comuni
45.000 italiani hanno superato un tumore in età giovanile
In questo articolo: pediatrici tumori al cervello radioterapia
all’interno del campione erano i tumori al sistema nervoso centrale e periferico (circa un quarto del totale), la leucemia linfoide acuta (circa un altro quarto del totale) e il linfoma di Hodgkin (7 per cento del totale). Proprio perché il numero di bambini che vivono molto a lungo dopo un tumore pediatrico è significativo e in continuo aumento, grazie a diagnosi sempre più tempestive e al miglioramento delle cure, diventa fondamentale trovare il miglior equilibrio possibile tra efficacia degli approcci terapeutici e riduzione degli effetti collaterali che rischiano di presentarsi a breve, medio e lungo termine. PICCOLI UOMINI, GRANDI SFIDE Se fra gli adulti si stima che appena il 5 per cento dei malati di tumore possa, per diverse ragioni, essere reclutato in una sperimentazione clinica, per i bambini non è così: molti di loro – in effetti quasi tutti – hanno la possibilità di entrare a far parte di una sperimentazione.
Questo accade perché il numero di malati è piccolo e perché, in generale, i criteri di inclusione delle sperimentazioni pediatriche sono meno selettivi rispetto a quelli degli adulti, dove per esempio vengono scartati i soggetti che presentano altre malattie o problemi concomitanti o che sono molto fragili a causa dell’età. “I tumori dei bambini sono ‘macchine’ che funzionano diversamente da quelle degli adulti e, soprattutto, la ricerca pediatrica per sua natura deve prestare molta più attenzione alla vita che attende il paziente per anni e anni a venire” spiega Maura Massimino, specialista in ematologia e in pediatria che dirige la Divisione di oncologia pediatrica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Infatti i pazienti pediatrici in molti casi avranno 70 o anche 80 anni da vivere dopo la guarigione, e di questa aspettativa di vita bisogna tener conto nella scelta delle cure: “Quando ho iniziato a lavorare in questo istituto, 34 anni fa, ho visto non pochi casi che dovevano es-
sere trattati con amputazioni molto invalidanti, perché ne andava della sopravvivenza. Oggi si riesce a fare molta più attenzione agli effetti collaterali sia acuti sia a lungo termine, e a tutto ciò che può avere un impatto sull’autonomia e sul ritorno alla famiglia, alla scuola e alla socialità. Per questo facciamo in modo di stratificare l’intensità delle terapie in funzione dell’aggressività di ciascun tumore, alla ricerca del miglior equilibrio tra danno e beneficio”. Purtroppo, nonostante i tanti progressi, rimangono tumori per cui una cura è ancora lontana, sia per le caratteristiche di aggressività del tumore stesso sia per la zona del corpo in cui la neoplasia si manifesta, e in questi casi l’obiettivo della ricerca è rimasto quello di allungare il più possibile la sopravvivenza: “Sono i casi che un ricercatore ricorda di
più” commenta Massimino, che da anni cerca di trovare le risorse economiche necessarie ad avviare nuovi protocolli di cura al di fuori di quelli previsti dalle case farmaceutiche, affinché i pazienti possano entrare a far parte di una rete internazionale così da accedere a cure all’avanguardia. Dare il via a un nuovo protocollo di ricerca indipendente costa circa 500.000 euro in spese gestionali e assicurative, che non sono coperte dai classici bandi di ricerca. FARMACI PER MODULARE L’EFFETTO DELLA RADIOTERAPIA Di alcuni tumori che non rispondono adeguatamente
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RICERCA Tumori pediatrici
PROSPETTIVE
SEGUITI ANCHE DOPO LA GUARIGIONE
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n qualche misura, sia il timore che spesso caratterizza l’esperienza della malattia sia, soprattutto, le cure lasciano qualche segno tangibile: chi sopravvive può col tempo vedere insorgere problemi polmonari, cardiaci, psicologici, metabolici o dover affrontare un calo della fertilità: “Non ci possiamo prendere cura solo dell’organo ammalato: tutte le branche della medicina sono necessarie per i nostri pazienti con un approccio a 360 gradi, che prosegue per decenni dopo la dimissione, e richiede una rete di competenze” spiega Maura Massimino. Per garantire che anche a distanza di anni chi ha sconfitto il tumore possa affrontare al meglio ogni evenienza è stato messo a punto in tempi recenti il “passaporto del guarito”: un programma di follow-up che coinvolge il medico di medicina generale ed è personalizzato sulla base del rischio di possibile tossicità tardiva. Il documento riporta gli esami da sostenere e i tempi per il monitoraggio a lungo termine in modo da assicurare interventi tempestivi in caso di comparsa di effetti collaterali anche dopo molto tempo. Lo stesso strumento fornisce dati utili alla ricerca sulla prevalenza e il tipo di effetti tardivi che si manifestano in chi è sopravvissuto a un tumore pediatrico.
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ai farmaci e neppure alla radioterapia si occupa Francesco Marampon, medico e ricercatore dell’Università Sapienza di Roma, che segue un approccio innovativo. La sempre maggiore precisione dei macchinari per la radioterapia a fasci esterni permette infatti di ridurre gli effetti collaterali acuti, che in anni passati spingevano molti pazienti a interrompere il ciclo di sedute di terapia. Tuttavia alcuni tumori pediatrici resistono fin da subito alla radioterapia, e altri sviluppano una resistenza in corso di trattamento. Marampon sta conducendo, grazie a un finanziamento AIRC, una ricerca su potenziali farmaci radiosensibilizzanti, ovvero in grado di agire selettivamente sulle cellule tumorali e renderle più vulnerabili alle radiazioni, in modo da ottenere un miglioramento del controllo del tumore con dosi inferiori di raggi, e quindi minore rischio di tossicità. “La radiobiologia è una disciplina ancora di nicchia ma promettente” spiega. Una delle scommesse è quella di riuscire a modulare l’uso delle radiazioni in modo da attivare anche la risposta del sistema immunitario nei confronti dei tumori cosiddetti “freddi”, cioè i tumori contro i quali normalmente non reagisce. La sua ricerca è per ora in fase preliminare, limitata allo studio di modelli in vitro e di modelli animali, ma se l’approccio si dimostrerà efficace
la tecnica potrebbe essere utilizzata nei pazienti e portare grandi benefici. IL DIVERSO RUOLO DELLA GENETICA “Nei tumori solidi dei bambini, di cui mi occupo, c’è senza dubbio un’importante componente genetica che richiede molta ricerca mirata, perché i meccanismi che caratterizzano queste malattie sono spesso assai più complessi rispetto alle mutazioni che hanno permesso di ottenere le terapie a bersaglio molecolare usate in alcuni tumori comuni negli adulti” spiega Katia Scotlandi, che dirige il laboratorio di oncologia sperimentale dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna. “Occorre imparare a conoscere meglio le caratteristiche del dialogo tra cellule tumorali e microambiente e non solo le mutazioni che causano o tengono in vita il cancro. Ogni tumore ha il suo tallone di Achille, ma i tumori pediatrici sono rari ed eterogenei, cioè composti da cellule diverse tra loro, ciascuna delle quali può avere mutazioni (e quindi sensibilità ai farmaci) differenti. Anche per questo c’è poco interesse da parte delle aziende farmaceutiche a investire in studi di base che porteranno a cure riservate a un numero molto ridotto di soggetti” conclude. “Di conseguenza il ruolo della ricerca indipendente, quale quella finanziata da AIRC, è più che mai cruciale.”
I tumori solidi pediatrici necessitano di ricerca mirata
I TRAGUARDI DEI NOSTRI
... continua su: airc.it/traguardi-dei-ricercatori
Morgana non è un’illusione Il gruppo di ricerca di Mara Brancaccio dell’Università di Torino ha studiato i meccanismi cellulari di sopravvivenza in condizioni di stress, mediati dalle cosiddette proteine dello stress, o proteine chaperone, che permettono alle cellule di sopravvivere in condizioni critiche quali presenza di tossine, elevata temperatura, mancanza di ossigeno. “Sono proteine molto importanti anche per le cellule tumorali, proprio perché i tumori crescono in ambienti stressanti” spiega Brancaccio. “Non a caso, nelle cellule tu-
Organoidi simili agli organi Gli organoidi, colture cellulari in tre dimensioni, sono tra i modelli di studio più promettenti nella ricerca oncologica, ma non sono ancora in grado di sostituire gli animali di laboratorio. “Perché siano davvero efficaci bisogna essere certi che mantengano nel tempo le caratteristiche dell’organo di partenza” spiega Gianluca Tell, direttore del laboratorio di biologia molecolare dell’Università di Udine. Con il suo gruppo di ricerca, Tell ha appena dimostrato
Nanotrasporti per farmaci tossici Alghe microscopiche, oro e gelatina sono i tre componenti alla base di un nuovo sistema di trasporto nanometrico particolarmente efficace nel rilasciare nelle cellule tumorali dosi minime del farmaco antitumorale galunisertib. A svilupparlo sono stati tre gruppi di ricerca di altrettanti istituti del CNR con base a Napoli, tutti guidati da ricercatrici donne: le fisiche Anna Chiara De Luca e Ilaria Rea, rispettivamente dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (CNR-IBBC) e dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti (CNR-ISA-
morali le proteine chaperone sono spesso presenti in concentrazioni superiori alla norma.” Nel suo studio più recente, pubblicato su Cancer Research, la ricercatrice si è dedicata al rapporto tra la proteina dello stress HSP90 e la sua proteina regolatrice, Morgana. I risultati ottenuti aprono la strada a nuove prospettive terapeutiche, perché questo anticorpo potrebbe essere utilizzato in combinazione con altri farmaci per ottimizzare l’immunoterapia nei casi in cui quest’ultima non è particolarmente efficace.
la validità, da questo punto di vista, degli organoidi di cancro del colon, con un lavoro che mette a disposizione della ricerca strumenti sempre più affinati e precisi, pubblicato sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research. Gli scienziati hanno analizzato a tappeto una serie di caratteristiche molecolari di organoidi del tumore del colon-retto scoprendo che queste restano inalterate rispetto ai tumori di origine a prescindere dalle condizioni di crescita.
SI), e la biotecnologa Enza Lonardo, dell’Istituto di genetica e biofisica (CNR-IGB). Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Small, ha riguardato in particolare cellule di tumore del colon-retto, uno dei più diffusi. Galunisertib è un farmaco in grado di ridurre, in laboratorio, l’aggressività delle cellule tumorali e il rischio di formazione di metastasi. Ad alte dosi può avere effetti tossici e per questo lo sviluppo di un sistema che permette di trasferire alle cellule tumorali dosi ridotte del farmaco è indispensabile per poterlo utilizzare nella pratica clinica.
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RICERCA DI BASE Natural killer
Cellule natural killer, contro il cancro servono tiratori scelti I linfociti natural killer sono globuli bianchi specializzati nell’individuare ed eliminare cellule fuori controllo. I ricercatori stanno studiando il modo di servirsene per combattere i tumori
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a cura di ELENA RIBOLDI l nome non lascia spazio all’interpretazione: le cellule natural killer (NK) nascono come sicari di professione. Questo sottotipo di globuli bianchi ha infatti la capacità di riconoscere cellule pericolose per l’organismo, come quelle infettate dai virus o quelle tumorali, e di ucciderle. I tumori ricorrono però a diversi stratagemmi per sfuggire a questi cecchini e sopravvivere. Alcuni gruppi di ricerca si stanno concentrando su come ovviare a questo problema e sviluppare terapie innovative basate sulle cellule NK. BUCHI NELLE CELLULE “Le cellule NK appartengono a una famiglia di globuli bianchi nota come famiglia di linfociti dell’immunità innata” spiega Giovanni Bernardini, professore di immunologia presso l’Università La Sapienza di Roma, che studia queste cellule da molti anni. “Sono imparentate con i linfociti T e B, ma usano meccanismi diversi per riconoscere le cellule bersaglio.” Sulla loro superficie le cellule NK posseggono molti recettori (proteine che legano specifiche molecole, dette ligandi): i recettori possono essere attivatori o inibitori. Gli attivatori riconoscono molecole espresse dalla cellula dopo un’infezione o la trasformazione neoplastica, mentre i recettori inibitori riconoscono una proteina presente in quantità sulle cellule normali ma solo a bassi livelli su quelle tumorali. La presenza di ligandi attivatori o l’assenza di ligandi inibitori induce la cellula NK a entrare in azione e a rilasciare
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In questo articolo: immunologia immunoterapia linfociti NK
vescicole contenenti perforina e granzima: la perforina, come indica il suo nome, forma dei pori nella membrana della cellula bersaglio attraverso i quali entra il granzima, che induce la morte della cellula. “Le cellule NK hanno inoltre importanti funzioni immunoregolatorie. Per esempio, producono proteine della famiglia delle chemochine e delle citochine che richiamano e sostengono la funzionalità delle cellule dendritiche, le cellule che formano l’impalcatura dei tessuti e sono essenziali per l’attivazione dell’immunità specifica mediata dai linfociti T.” SORVEGLIANZA ED ELUSIONE “Le cellule NK non solo possono inibire la progressione neoplastica, eliminando le cellule trasformate nelle prime fasi di formazione del tumore, ma anche contenere la comparsa delle metastasi” racconta Bernardini. “Riescono infatti a mantenere le cellule tumorali migrate lontano dal tumore primario in uno stadio detto di dormienza, durante il quale non proliferano. Se e quando provano a moltiplicarsi, diventano visibili alle cellule NK e vengono eliminate.” Purtroppo, i tumori e le metastasi mettono in atto una serie di meccanismi che permettono loro di sottrarsi a questo controllo. “Ciò dipende in gran parte dal microambiente: il tumore recluta altre cellule che vengono ‘corrotte’ e indotte a sopprimere le risposte immuni o attraverso la produzione di molecole, come alcune citochine, o per contatto diretto con le cellule immunitarie. Anche il tumore stesso produce molecole immunosoppressorie,
come la citochina TGF-beta, che riduce l’espressione dei recettori attivatori sulle cellule NK, e la prostaglandina E2, che interferisce con la capacità di queste cellule di richiamare le cellule dendritiche nell’ambiente tumorale e, di conseguenza, di permettere l’attivazione dei linfociti citotossici.” LE CELLULE NK COME FARMACI Sono in fase di studio diversi sistemi per utilizzare le cellule NK nel trattamento del cancro. Perché questo si possa verificare è cruciale che killer e “vittime designate” si incontrino: le cellule NK devono essere quindi messe in grado di raggiungere e riconoscere la neoplasia. “Sappiamo per esempio che le cellule di glioma, un tumore cerebrale aggressivo, producono elevati livelli di una proteina, chiamata CXCL12, che promuove la sopravvivenza delle cellule tumorali, favorisce l’angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni) e richiama le cellule che hanno uno specifico recettore, CXCR4” dice Bernardini. “Alcune ricerche in modelli animali puntano a manipolare le cellule NK affinché esprimano sia alti livelli di CXCR4, e quindi siano indotte a migrare dove c’è un accumulo di CXCL12, sia un recettore modificato che riconosce una molecola espressa dal glioma.” CAR-NK E LEGAMI MORTALI Già da qualche anno per il trattamento di alcuni tipi di leucemia vengono usate le cellule CAR-T (dall’inglese Chimeric Anti-
gen Receptor T cell ovvero “cellule T esprimenti un recettore chimerico per l’antigene”), ottenute grazie all’ingegnerizzazione genetica dei linfociti T che vengono equipaggiati con una molecola capace di individuare le cellule tumorali. Hanno ora raggiunto la prima fase della sperimentazione clinica anche le cellule CAR-NK, cioè una versione ingegnerizzata delle cellule NK. Oltre al tipo di cellule utilizzato, CAR-T e CAR-NK presentano alcune differenze importanti. “Se si usano le cellule T del paziente (CAR-T autologhe) è difficile ottenere in tempi brevi la quantità di cellule necessarie; inoltre, dopo l’infusione è possibile l’insorgenza di effetti collaterali anche gravi dovuti a una super-attivazione. Se si usano i linfociti T di un donatore, il problema è che ogni donatore, per quanto compatibile, non lo è mai al 100 per cento, e quindi si rischia che le CAR-T possano attivarsi anche contro i tessuti sani.” I linfociti T sono infatti specializzati nel distinguere tra cellule self (le cellule proprie dell’organismo) e nonself (cellule estranee all’organismo), un ruolo essenziale per la protezione del nostro corpo, che però in questo caso diventa un limite, e che invece le cellule NK non hanno. “Le cellule CAR-NK possono essere preparate in grandi quantità a partire dalle cellule di un dona-
tore, congelate e poi scongelate all’occorrenza, senza causare al paziente seri problemi di tossicità.” Gli studi si stanno orientando anche sul promuovere un intervento efficace delle cellule del paziente, facendo a meno di un donatore o di manipolazioni in provetta. “Si stanno studiando anticorpi monoclonali bispecifici o trispecifici” spiega Bernardini. “Gli anticorpi bispecifici si legano contemporaneamente alla cellula NK e alla cellula tumorale, in quanto riconoscono sia una molecola espressa dalle cellule NK sia una molecola espressa dal tumore, creando un ponte tra killer e bersaglio. Gli anticorpi trispecifici hanno un elemento in più che potenzia la risposta contro il tumore.” A quasi 50 anni dalla loro scoperta (a cui ha contribuito in modo essenziale l’italiano Alessandro Moretta grazie anche al sostegno di AIRC), le cellule NK sono ancora oggetto di studi e le loro potenzialità non ancora del tutto sfruttate. “Con lo sviluppo delle CAR-NK si è raggiunto un nuovo traguardo” conclude Bernardini. “Ma non siamo ancora al capolinea, perché si tratta di cellule molto potenti, che bisogna imparare a controllare e guidare verso il bersaglio giusto.”
TERAPIE Riduzioni mirate
De-escalation: terapie meno tossiche ma altrettanto efficaci Ricercatori di tutto il mondo cercano di ridurre, quando possibile, intensità e durata delle terapie antitumorali, senza ovviamente intaccarne l’efficacia
a cura di CRISTINA FERRARIO ono finiti i tempi in cui si somministrava il maggior numero possibile di dosi di terapia e farmaci per cercare di eliminare il tumore seguendo l’idea che “più è meglio”. Oggi medici e ricercatori guardano con occhi diversi al trattamento, puntando a ottenere la massima efficacia con il minor impiego possibile di farmaci o
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tecniche aggressive. Il tutto con uno scopo ben preciso: curare al meglio il paziente, evitando quando possibile effetti collaterali troppo pesanti. È questo il principio alla base dell’idea di “de-escalation”, la riduzione del trattamento antitumorale in termini di intensità o di durata, che in alcuni casi ha anche permesso di evitare di somministrare un “eccesso” di terapie a pazienti che dall’incremento dei farmaci avrebbero verosimilmente tratto pochi benefici e probabilmente molti effetti collaterali. “In un certo senso, la deescalation è una forma di medicina personalizzata” afferma Massimo Di Maio, del Dipartimento di oncologia dell’Università di Torino, direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Mauriziano di Torino. “Con l’attenzione puntata sul paziente e sulla sua qualità di
TRATTAMENTI
OLTRE LA CHEMIOTERAPIA
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l principio della de-escalation non si applica solo alla chemioterapia, ma a tutti i trattamenti antitumorali. La chirurgia del tumore al seno è un esempio molto chiaro del successo della de-escalation in sala operatoria. Si è passati infatti da interventi estremamente demolitivi che prevedevano l’asportazione dell’intera mammella (mastectomia) a tecniche molto meno invasive (quadrantectomia, lumpectomia), e dall’asportazione totale dei linfonodi ascellari, con annessi rischi di linfedema, all’analisi dei linfonodi sentinella, che permette in molti casi di evitare la rimozione degli altri linfonodi.
In questo articolo: de-escalation tossicità effetti collaterali
vita, oltre che sull’obiettivo di eliminare o controllare il tumore, oggi si cerca di identificare la terapia che, a parità di efficacia, sia meglio tollerabile” aggiunge, spiegando che in alcuni casi questo atteggiamento si traduce nella possibilità di evitare la somministrazione di alcuni trattamenti – o di ridurne le dosi – rispetto allo standard usato in precedenza. LA RICERCA FA LA PARTE DEL LEONE “Prima ancora che un problema di pratica clinica, la deescalation è un problema di sperimentazione” spiega Di Maio. In altre parole, la decisione di ridurre la dose di un farmaco o la durata del trattamento non può essere presa dal singolo medico, ma deve essere supportata da dati chiari che sono sempre il risultato di una ricerca. “Bisogna prima di tutto identificare i contesti – tipo di paziente, di malattia eccetera – nei quali è stato dimostrato che è davvero possibile procedere con una de-escalation” aggiunge, ricordando che attualmente molti esempi di de-escalation in oncologia hanno riguardato la terapia adiuvante, ovvero il trattamento che viene effettuato dopo l’intervento chirurgico. Senza dubbio molte delle spinte verso la riduzione dell’impatto dei trattamenti sulla salute del paziente sono frutto dei progressi compiuti dalla ricerca negli ultimi anni. Le innovazioni nel campo della tecnologia hanno per esempio permesso di ottenere immagini più chiare e informati-
ve sui tumori e sulle risposte al trattamento, o di somministrare la radioterapia con maggior precisione. I nuovi farmaci a bersaglio molecolare consentono di selezionare già in partenza i pazienti che potranno beneficiare del trattamento, e i test genetici svolti dopo l’intervento chirurgico aiutano i medici a scegliere la terapia migliore per il malato che hanno di fronte. “La valutazione del rischio del singolo paziente è uno strumento fondamentale per aiutarci a capire quando si può ridurre il trattamento” precisa Di Maio. CHI HA PAURA DELLA DE-ESCALATION? L’idea alla base della deescalation piace a tutti: ridurre gli aspetti negativi dei trattamenti mantenendone sostanzialmente intatta l’efficacia. Dimostrare che ciò è davvero possibile non è però affatto semplice e gli studi clinici che valutano la possibilità di ridurre i trattamenti sono difficili da realizzare. Per esempio, negli studi in cui al trattamento standard si aggiunge un ulteriore farmaco, il nuovo medicinale, nella peggiore delle ipotesi, non porterà vantaggi aggiuntivi. Certamente l’efficacia contro il tumore sarà garantita dal momento che la terapia standard è stata effettuata, ma il paziente potrebbe andare incontro a maggiori rischi di tossicità o di effetti collaterali. Diverso è il caso degli studi per la de-escalation: si parte da un trattamento standard che funziona e lo si riduce in termini di dosi
Non decide il singolo ma è un lavoro collettivo
o durata, con l’intento di mantenere la stessa efficacia e ottenere dei vantaggi in termini di tossicità e qualità di vita. “In un certo senso è un gioco a perdere e non è semplice proporlo a un malato” dice l’esperto, che poi rassicura: “Non dimentichiamo, però, che tutti gli studi che proponiamo ai nostri pazienti sono stati valutati e approvati da un comitato etico e i risultati vengono monitorati costantemente nel corso dello svolgimento”. La chiave per il successo di queste ricerche è una sola: il dialogo aperto tra medico e paziente. “È fondamentale
spiegare al malato nei dettagli i rischi e i benefici, con un linguaggio semplice e chiaro, senza creare false speranze, ma neppure inutili paure” dice Di Maio. “La de-escalation è un aspetto importante dell’oncologia moderna, ma non dobbiamo pensare che sia applicabile sempre. Ci sono casi in cui è necessario procedere con trattamenti più aggressivi per poter puntare ai migliori risultati per il paziente” aggiunge. In altri termini “meno è meglio” solo quando i dati disponibili permettono di muoversi “al ribasso” in piena sicurezza.
QUALITÀ DI VITA
I TANTI VOLTI DELLA TOSSICITÀ
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a tossicità di un trattamento non riguarda solo gli effetti collaterali di tipo fisico che possono presentarsi in seguito alla terapia. In molti casi la tossicità è anche “sociale” e si traduce per esempio nella difficoltà di uscire con gli amici, di andare al lavoro, di programmare una vacanza o nella necessità di dover interrompere le proprie attività per recarsi in ospedale per trattamenti o controlli. C’è poi anche una tossicità cosiddetta “finanziaria” (le spese legate alla terapia) che, pur avendo in Italia un impatto inferiore rispetto ad altri Paesi grazie all’esistenza di una copertura sanitaria universale, può pesare sulla qualità di vita. La de-escalation punta anche a ridurre questo tipo di tossicità.
CONGRESSI INTERNAZIONALI ESMO 2021
Molte buone notizie (e alcune meno buone) dagli esperti di oncologia medica
Dall’impatto della pandemia alle diseguaglianze nelle cure, passando per le ultime scoperte cliniche, sono stati tanti e vari i temi affrontati al congresso annuale della Società europea di oncologia medica a cura di CRISTINA FERRARIO irca 2.000 ricerche presentate, 450 relatori, 22.700 partecipanti da 143 diversi Paesi del mondo e 200 ore di presentazioni. Per il secondo anno consecutivo il congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO) si è svolto in modalità virtuale, ma a guardare i numeri si comprende come nemmeno la pandemia di Covid-19 sia riuscita a bloccare il lavoro e l’entusiasmo dei tanti ricercatori che si occupano di tumori. “Siamo di fronte a una rinascita della ricerca oncolo-
C
gica dopo lo stop legato alla pandemia” ha spiegato Antonio Passaro, addetto stampa di ESMO. “Molti degli studi presentati quest’anno cambieranno o influenzeranno la pratica clinica attuale” ha aggiunto Pasi Jänne, co-coordinatore scientifico dell’evento, sottolineando in particolare i grandi progressi compiuti nel campo della medicina di precisione. LA PAROLA AI NUMERI Prima di entrare nel vivo della ricerca medica e dei suoi risultati, vale la pena scoprire le previsioni degli epidemiologi in ambito oncologico per i prossimi anni. Secondo le
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stime dei ricercatori del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea (Ispra, Varese), nei Paesi dell’Unione e in Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera il numero di nuovi casi raggiungerà i 3,4 milioni nel 2040, con un aumento del 21,4 per cento rispetto ai numeri attuali. Ancora maggiore l’incremento della mortalità, con i decessi che potrebbero arrivare a 1,7 milioni, aumentando del 32,2 per cento. Come hanno spiegato gli autori, i numeri del cancro in Europa non sono affatto omogenei: cambiano in base al tumore (si va da un aumento di incidenza superiore
al 35 per cento per il mesotelioma a una diminuzione del 5 per cento per il tumore del testicolo), in base al Paese e soprattutto in base alla composizione della popolazione e ai suoi cambiamenti nel corso del tempo. “La strategia più importante e semplice per ridurre il peso del cancro in Europa è senza dubbio la prevenzione, perché circa il 40 per cento dei tumori è prevenibile riducendo l’esposizione a fattori di rischio ambientali e legati allo stile di vita” ha spiegato Manola Bettio, una delle autrici del lavoro. LA PANDEMIA ANCORA AL CENTRO Dopo quasi due anni di pandemia, gli oncologi europei hanno fatto il punto sull’impatto che questa situazione tanto particolare ha avuto, sta avendo e avrà sulla comunità oncologica. A
In questo articolo: Covid-19 epidemiologia cancro al seno
ESMO, il tema è stato protagonista più o meno diretto di numerosi dibattiti e presentazioni dai quali sono emersi messaggi importanti. Uno di questi arriva dai registri creati in tutto il mondo, che confermano come l’essere malati di cancro e sottoposti ad alcuni trattamenti oncologici (in particolare quelli che riducono le risposte immunitarie) aumenti le probabilità di andare incontro a forme gravi o letali di Covid-19. Ma gli stessi registri mostrano anche che la situazione è estremamente dinamica, in seguito ai progressi nella conoscenza del virus e delle sue conseguenze e alla modifica nelle strategie di contenimento e cura nel corso dei mesi. Un altro lavoro ha invece
valutato gli effetti a lungo termine dell’infezione nei pazienti con cancro: il 15 per cento dei malati oncologici mostra sintomi a lungo termine dopo la guarigione dall’infezione. “La percentuale è simile a quella riscontrata nella popolazione generale” ha affermato Alessio Cortellini, dell’Imperial College di Londra, che ha presentato i dati. Infine, ma non certo meno importante, a ESMO si è parlato di vaccini anti-SARSCov-2 nei pazienti oncologici. “In generale i dati ci dicono che la vaccinazione è sicura ed efficace nei pazienti con cancro, e che la risposta è migliore dopo la seconda dose o dopo aver contratto Covid-19. Un risultato che conferma l’importanza del richiamo in
SFIDE FUTURE
OLTRE I CONFINI DELL’EUROPA
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l cancro è una sfida globale e come tale deve essere affrontato. “ESMO ha la responsabilità di fare il possibile per rallentare l’aumento del numero di casi previsto nei prossimi anni” ha spiegato Solange Peters, presidente di ESMO, che nel corso del congresso 2021
questa popolazione” ha detto Marina Chiara Garassino, recentemente trasferitasi dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano all’Università di Chicago, negli Stati Uniti. NOVITÀ INCORAGGIANTI PER TUTTI Nei cinque giorni di congresso, sono stati presentati dati estremamente importanti su diversi tumori, dai più comuni ai più rari, sui nuovi approcci terapeutici disponibili e sulle strategie migliori per portare i progressi della ricerca il più velocemente possibile al letto del paziente. Tra le buone notizie, in evidenza alcune legate al tumore al seno, per il quale si è discusso di riduzione graduale dei trattamenti in alcune
categorie di pazienti, di “cronicizzazione” della malattia in donne post menopausa e di tanto altro ancora. Per il tumore della prostata sono stati presentati risultati che potrebbero portare a un cambiamento nello standard di trattamento e per quello del polmone si è parlato di terapie che, somministrate dopo l’intervento chirurgico, sembrano ridurre il rischio che la malattia ritorni. L’elenco delle novità interessa però anche tumori rari e difficili da studiare e curare. Quando si vogliono studiare queste neoplasie servono grandi collaborazioni internazionali, come quella che, a ESMO, ha dedicato una presentazione a feocromocitoma e paraganglioma.
ha presentato l’International Cancer Foundation. La fondazione nasce per sostenere diverse attività di prevenzione, diagnosi, trattamento e follow-up ovunque siano necessarie, anche oltre i confini del Vecchio Continente. “L’obiettivo finale è quello di salvare vite facendo in modo che ogni paziente in qualunque angolo del pianeta abbia a disposizione le migliori cure possibili” ha detto Peters.
NOTIZIE FLASH
Dal Mondo Dopo Covid-19, potenziare la prevenzione Durante la pandemia da Covid-19, soprattutto nelle fasi più acute, le attività ambulatoriali chirurgiche, gli esami radiologici non urgenti e le attività di screening hanno subito un significativo rallentamento, se non addirittura una sospensione. In Italia, gli screening hanno permesso di ridurre, negli ultimi anni, di oltre il 30 per cento l’incidenza del solo carcinoma mammario avanzato. L’impatto del Covid-19 sulla prevenzione e le diagnosi sul lungo termine è argomento di discussione e preoccupazione: “L’emergenza sanitaria del coronavirus continuerà ad avere effetti negativi nel lungo periodo sui vari sistemi sanitari, distogliendo risorse umane ed economiche da altri ambiti medico-scientifici” ha detto Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica in occasione del congresso 2021 dell’European Society for Medical Oncology. Per questo, ha ribadito, il migliore investimento rimane favorire la prevenzione.
Uno su tre è falso Le notizie false sul cancro sono purtroppo diffusissime su Internet e sui social media. Un recente studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute ha mostrato come, su 50 articoli divulgativi pubblicati sui social tra il 2018 e il 2019, uno su tre contenesse informazioni false, inaccurate o fuorvianti, e spesso tali informazioni fossero potenzialmente dannose, soprattutto quando promuovevano trattamenti alternativi a scapito delle terapie di comprovata efficacia. Questi articoli potrebbero influenzare le persone e avere un ruolo importante nel processo decisionale dei pazienti, dando loro false speranze. Poiché non è affatto facile bloccare la cattiva informazione, è importante mantenere un dialogo aperto tra medico e paziente, per poter discutere i dubbi che potrebbero emergere dalla lettura di fonti non attendibili.
Nuove combinazioni per l’ovaio
Entra in fase 2 di sperimentazione una nuova combinazione di farmaci (VS-6766 e defactinib) contro il cancro dell’ovaio. La fase 1, condotta dall’Institute of Cancer Research di Londra e dal Royal Marsden NHS Foundation Trust, e i cui risultati sono stati presentati al congresso della European Society for Medical Oncology, riguardava per l’appunto la combinazione di due molecole in pazienti con carcinoma ovarico sieroso di basso grado, un tipo di tumore che si sviluppa spesso nelle donne giovani e che risponde a chemioterapia o terapia ormonale in meno del 15 per cento dei casi. Lo studio ha dimostrato che, su 24 pazienti, la metà ha visto una riduzione significativa della malattia in risposta al trattamento. Un risultato evidente soprattutto nelle donne con una particolare mutazione, il che, sottolineano i ricercatori, indica come i profili tumorali delle pazienti siano estremamente importanti e potrebbero essere utilizzati nelle future fasi della sperimentazione per identificare chi ha maggior probabilità di beneficiare di questo nuovo trattamento.
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Dottor IA velocizza le cure L’intelligenza artificiale (IA) può aiutare a immaginare un nuovo regime terapeutico da sperimentare nei bambini con il glioma pontino intrinseco diffuso, un raro e aggressivo tumore cerebrale. È il risultato, pubblicato su Cancer Discovery, di un ulteriore passo avanti nell’impiego dell’IA in campo oncologico. Il sistema di intelligenza artificiale ha suggerito infatti la combinazione di due farmaci esistenti, everolimus e vandetanib, in quanto il primo permetterebbe al secondo di oltrepassare la barriera ematoencefalica e trattare così la massa tumorale, che è difficile da rimuovere chirurgicamente. Si tratta ancora di un trattamento in fase estremamente preliminare, e sarà necessaria una sperimentazione clinica su larga scala per valutare se il trattamento sia davvero efficace. È importan-
te tuttavia sottolineare la rapidità con cui si è arrivati alla formulazione di questo nuovo regime terapeutico, e quanto l’intelligenza artificiale sia stata utile nell’accelerare i tempi della ricerca.
Quattro su 100 legati all’alcol
Il test HPV sulla saliva
Secondo le stime pubblicate su Lancet Oncology, nel mondo quattro tumori su cento nel 2020 risultano associati all’alcol. Le analisi, portate avanti da un team internazionale e rese pubbliche nel mese di agosto, hanno fotografato la già nota associazione tra alcol e tumori, in particolare quelli al colon-retto, bocca, esofago, laringe, faringe e seno. In generale si tratta di un problema prevalentemente maschile, dato che lo studio ha evidenziato che circa il 75 per cento dei casi di tumore attribuibili all’alcol si sono verificati negli uomini. Gli autori hanno sottolineato inoltre un aspetto importante, ovvero che anche un consumo moderato (cioè due bicchieri di vino al giorno) è rischioso. La consapevolezza del rischio è bassa, concludono i ricercatori, che invitano quindi i decisori politici a portare avanti interventi mirati per sensibilizzare e prevenire negli anni futuri i tumori attribuibili all’alcol.
Un test salivare simile a quelli che si stanno mettendo a punto per la diagnosi di Covid-19 potrebbe consentire una diagnosi precoce dei tumori della testa e del collo (HNC) causati dal papillomavirus (HPV). È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Molecular Diagnostics. “Nonostante l’incremento dei tumori di testa e collo da HPV, non esistono ancora metodi diagnostici o strategie di screening efficaci per queste malattie, a differenza di quanto avviene per altri tumori causati dallo stesso virus” ha spiegato Chamindie Punyadeera, della Queensland University of Technology, a capo del gruppo di ricerca autore dello studio. Il test è stato eseguito su 491 pazienti al momento della prima diagnosi di cancro di testa e collo e su 10 pazienti con forme ricorrenti dello stesso tumore. Il ceppo HPV16 (considerato ad alto rischio) è stato rilevato nel 92 per cento dei campioni di saliva HPV positivi. Questo risultato supporta l’utilità del test per facilitare la diagnosi precoce e lo screening.
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SPERIMENTAZIONE ANIMALE Il percorso legislativo
Ultimi mesi utili per risolvere un problema annoso L’introduzione, nella legge italiana, di divieti non previsti dalla legislazione europea ha dato origine a una procedura di infrazione che ora dovrà essere sanata, soprattutto per non danneggiare i risultati della scienza italiana
In questo articolo:
sperimentazione animale moratoria formazione
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a cura della REDAZIONE er difendere meglio gli animali oggetto di ricerca e, allo stesso tempo, garantire il supporto necessario alla ricerca scientifica che salva vite umane, è necessario che l’Italia si adegui alle normative europee in materia di sperimentazione animale. È questo il messaggio che Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life (la piattaforma italiana che dal 2015 riunisce enti non profit come AIRC, università, IRCCS, ospedali, società scientifiche e associazioni di pazienti impegnati nell’attività di ricerca biomedica), ha portato ai rappresentanti del Parlamento italiano nel corso di una audizione sul tema. La Commissione europea, infatti, ha prodotto la direttiva 2010/63/UE, che rappresenta il miglior compromesso possibile tra la necessità di tutelare il benessere animale e le indispensabili esigenze della ricerca biomedica. L’obiettivo della direttiva è la graduale ma completa sostituzione del modello animale, man mano che vengono messi a punto nuovi metodi affidabili in grado di sostituire in tutto e per tutto gli animali negli esperimenti. “Sono stati fatti molti passi avanti in questa direzione” spiega Grignaschi “ma purtroppo al momento non siamo in grado di fare completamente a meno della sperimentazione animale, se non rinunciando ad alcuni ambiti importanti della ricerca medica, inclusi ampi settori di quella oncologica.”
di infrazione n. 2016/2013 nei confronti del nostro Paese. Malgrado questa mossa, in tutti questi anni la normativa nazionale non è stata adeguata, ma solo sospesa, anche per via della consapevolezza che l’applicazione in toto della legge fermerebbe importanti settori della ricerca e metterebbe a rischio vite umane. Nel parere motivato che la Commissione europea ha inviato all’Italia sono segnalati decine punti di non conformità tra la direttiva europea e il decreto legislativo italiano, a riprova del fatto che è necessario mettere mano con urgenza al testo. Per esempio, il divieto di allevamento sul territorio italiano di alcune specie non è presente nella direttiva europea, proprio perché entra in conflitto con la necessità di dare la massima protezione possibile agli animali. L’Europa, infatti, impone che tutti gli animali provengano da allevamenti autorizzati e controllati. I ricercatori italiani hanno quindi la facoltà di comprare gli animali necessari per le sperimentazioni da allevamenti che si trovano in altri Paesi ma non in Italia. Ciò non solo non migliora il benessere degli animali (sottoposti così a lunghi viaggi) ma mina la competitività della ricerca italiana, che deve far fronte a un notevole aumento delle spese e ingegnarsi a individuare venditori autorizzati. Inoltre, il decreto legge italiano vieta l’uso di animali per le ricerche su xenotrapianti d’organo, per gli studi sulle sostanze d’abuso e per le esercitazioni didattiche, salvo alcune eccezioni. Si tratta di limitazioni che non sono presenti negli altri Paesi europei e che non hanno motivazioni scientifiche, ma ideologiche. “I divieti di sperimentazione animale per gli studi su xenotrapianti d’organo e sostanze d’abuso sono stati fin da subito messi in moratoria (cioè di fatto sospesi con leggi rinnovate di anno in anno), principalmen-
Il Governo si è impegnato a sanare l’infrazione
Risolvere le infrazioni
Come Fondamentale ha raccontato più volte nel corso di questi anni, l’Italia, nel recepire la legge europea, ha introdotto norme più restrittive che mettono in seria difficoltà gli scienziati e i risultati della ricerca biomedica italiana, e che hanno condotto la Commissione europea ad avviare la procedura
te perché, allo stato attuale, non esistono metodi alternativi al modello animale applicabili in questi ambiti di ricerca” dice Grignaschi. La prossima scadenza è fissata al 30 giugno 2022, data entro la quale il Governo dovrà risolvere le incongruenze di legge per evitare di subire sanzioni dalla Comunità europea. E l’attuale Governo ha accolto un ordine del giorno con il quale si è impegnato a sanare l’infrazione nel prossimo disegno di legge europea 2021-2022, nonché a finanziare lo sviluppo di nuovi approcci metodologici per la ricerca senza uso di animali.
L’uso didattico Anche l’uso degli animali nella formazione didattica è un punto critico dell’attuale normativa italiana, perché per assicurare il minore impatto possibile delle sperimentazioni è necessario che gli operatori siano stati adeguatamente formati, e le lezioni teoriche non sono sufficienti. La formazione interessa un gran numero di professionisti, dai veterinari responsabili del benessere animale negli stabulari a biologi, farmacisti, biotecnologi, medici e tanti altri che lavorano in laboratorio. I lunghi anni di moratoria hanno già prodotto danni alla ricerca italiana: alcune istituzioni straniere che finanziano la ricerca scientifica a lungo termine tendono a escludere progetti italiani che prevedono l’utilizzo di animali per un lungo periodo (dai tre ai cinque anni, durata media di un progetto di ricerca) perché temono che gli scienziati italiani siano obbligati a interrompere gli studi, perdendo tutto il lavoro fatto fino a quel momento.
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TESTIMONIANZA Lascito testamentario
Aiutare gli altri senza risparmiarsi Anna ha disposto un importante lascito testamentario a favore di AIRC, e questa somma ora aiuterà la ricerca a trovare una cura per sempre più malati oncologici
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a cura di ANTONINO MICHIENZI ella, intelligente, con un carattere apparentemente mite, ma forte come una roccia. Disponibile con tutti, forse anche troppo. Così Irene descrive Anna, la sua amica speciale che lo scorso anno è morta per un cancro, lasciando, oltre a un ricordo indelebile in chi l’ha conosciuta, un importante lascito in favore di AIRC per sostenere la ricerca sul cancro. Irene è stata la persona che più le è stata vicina, fino alla fine.
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“Noi eravamo amiche, sorelle, anime gemelle” racconta. “Il nostro rapporto era nato molto male; uno di quei casi in cui da una grande antipatia nasce poi un grande amore o una grande amicizia. Lentamente abbiamo cominciato a conoscerci, ci siamo avvicinate.” Per qualche anno si avvicinano e si allontanano senza però mai perdersi di vista. Fino al 2013, quello che Irene chiama “l’anno della liberazione e della scoperta”. È in quell’anno che Anna e Irene diventano inseparabili. Ma è anche quello in cui Anna incontra il cancro. È un caldo giorno d’autunno quando viene contattata Anna con i suoi dall’Istituto nacolleghi di lavoro zionale dei tumori a Milano, per comunicarle che un esame eseguito nell’ambito di uno screening sui fumatori mostrava qualcosa che non andava. “Da qui incomincia il suo calvario: le corse da un medico all’altro, le visite, i trattamenti. Il tutto prendendosi cura della mamma ultranovantenne” racconta Irene, ricordando anche le molte persone che lei e Anna hanno incrociato in questo percorso. Un me-
VUOI DISPORRE UN LASCITO TESTAMENTARIO A FAVORE DI AIRC? CONTATTACI!
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Se desideri legare il tuo nome o quello di una persona a te cara alla realizzazione di un futuro libero dal cancro, puoi scegliere anche tu, come Anna, di fare testamento a favore della ricerca
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oncologica. Per ogni domanda specifica puoi contattare Chiara Blasi.
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dico dell’Istituto nazionale dei tumori, per esempio, che portava avanti un progetto di ricerca finanziato da AIRC. “Anna gli chiese quanto le restasse da vivere” ricorda Irene. “Il medico la guardò e con calma le rispose: ‘Non sono qui per farla morire, ma per cercare di curarla’. Quelle parole hanno infuso in Anna la speranza, anche quando era chiaro che non ci fossero chance di guarigione. Inoltre, credo che la sua figura e la fiducia che ha ispirato in noi siano state determinanti nel convincere Anna a fare testamento in favore di AIRC” continua Irene. Una scelta pienamente in linea con il suo carattere. “È sempre stata una persona che ha aiutato gli altri senza risparmiarsi. Anche la cifra importante che ha deciso di donare dopo la sua morte era stata messa da parte con molti sacrifici, senza regalarsi mai nulla” aggiunge ancora Irene. Intanto la situazione di Anna peggiora, ma Irene è sempre più al suo fianco. “Nell’ultimo periodo della sua vita ci è capitato di parlare dell’eredità. Era indecisa sulla destinazione dei suoi averi, ma avevamo chiaro che avrebbero dovuto sostenere una causa fondamentale” racconta Irene. “Alla fine ha deciso di donarli alla ricerca sul cancro: ‘Voglio che nessun altro muoia come me’ mi disse una volta.” Anna lascia tutto ad AIRC, anche la casa che inizialmente aveva pensato di donare all’amica. Con questo gesto così generoso il suo nome rimarrà per sempre legato alla ricerca oncologica, per un futuro libero dal cancro. “Anna è la donna migliore che abbia mai conosciuto” conclude Irene.
RECENSIONI Terapie pediatriche
CAR-T contro i tumori dei bambini Il libro del ricercatore Fabio Ciceri e della giornalista Paola Arosio ci guida alla scoperta delle CAR-T, una terapia di ultima generazione che ha già ottenuto risultati nella cura di alcuni tumori pediatrici
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a cura della REDAZIONE el 2010 a Emily Whitehead, cinque anni, viene diagnosticata la leucemia linfoblastica acuta. È sottoposta a numerosi cicli di chemioterapia, ma la malattia pare inarrestabile. Nel giro di un paio di anni, la bambina è in fin di vita e per lei non restano che le cure palliative. Ma i medici del Children’s Hospital di Philadelphia decidono di fare un ultimo tentativo usando, per la prima volta al mondo, una nuova terapia chiamata CAR-T, composta da due elementi, il linfocita T (una cellula-chiave del sistema immunitario) e il CAR (un recettore artificiale), mirati ad annientare le cellule malate. Due settimane dopo la somministrazione, del tumore non c’è più alcuna traccia. Una remissione completa, a oggi senza alcuna recidiva. È una delle tante storie raccontate nel libro Come batteremo il cancro. La sfida dell’immunoterapia e delle CAR-T, scritto da Fabio Ciceri, professore ordinario di ematologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presidente del Gruppo italiano di trapianto di midollo osseo (Gitmo), e da Paola Arosio, giornalista e divulgatrice scientifica, e pubblicato da Raffaello Cortina Editore. Come spiegano i due autori, facendo riferimento agli studi più recenti e autorevoli, le CAR-T possono essere una va-
lida “arma” per contrastare con successo, quando gli altri trattamenti hanno fallito, questo tipo di leucemia, che rappresenta il tumore più frequente in età pediatrica. Dal 2019 la terapia è disponibile anche in Italia, in centri di ematologia e oncoematologia altamente specializzati. Attenzione, però, perché il trattamento, pur promettente, non è una sorta di bacchetta magica valida in tutti i casi. Può essere prescritto solo dopo un’accurata valutazione da parte degli specialisti, in quanto gli effetti collaterali possono essere molto pesanti. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di riuscire a contrastare anche alcuni tumori solidi infantili. Uno di questi è il neuroblastoma, che ha origine dalle cellule dei nervi, contro il quale gli esperti del Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, stanno testando apposite CAR-T. Anche nel nostro Paese è in corso una sperimentazione per
PREMIO GALILEO 2021
Titolo: Come batteremo il cancro. La sfida dell’immunoterapia e delle CAR-T Autori: Fabio Ciceri, Paola Arosio Editore: Raffaello Cortina Editore 194 pagine, 18,00 euro
contrastare questo tumore utilizzando CAR-T preparate all’Officina farmaceutica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Sempre al Baylor College è stata, inoltre, avviata una ricerca per il trattamento del sarcoma dei tessuti molli, un tumore raro che colpisce i tessuti connettivi, ovvero muscoli, grasso, nervi e vasi sanguigni. Ai pazienti che hanno partecipato allo studio, tutti bambini o ragazzi, sono state somministrate CART con riscontri iniziali positivi, che dovranno tuttavia essere corroborati da ulteriori studi.
Il Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica 2021 è stato assegnato a Il prezzo dell’immortalità – Cosa sappiamo del cancro e come possiamo sconfiggerlo (Il Saggiatore, 2020), scritto dal ricercatore AIRC Pier Paolo Di Fiore, che ha deciso di devolvere i proventi del libro e la somma vinta alla nostra Fondazione. Nel suo libro, Di Fiore racconta come le cellule crescono e si dividono, come i meccanismi sani vengono alterati dalle mutazioni genetiche e come il tumore sovverte il sistema immunitario. Ma si sofferma anche su ciò che sappiamo sulla malattia, su come prevenirla e come curarla e, in particolare, su quali sono i filoni di ricerca su cui puntare per il futuro.
BISOGNI SOCIALI Cure a 360°
Farmaci e terapie hanno bisogno di un contesto favorevole A parità di gravità di malattia e di tipologia di cure, a fare la differenza sono i cosiddetti bisogni sociali irrisolti: denaro, assistenza, informazioni. E anche la ricerca comincia ad accorgersene
“Q
a cura della REDAZIONE uando una persona si ammala di cancro, vi sono dei fattori non correlati direttamente alla malattia che possono avere un impatto misurabile sulla cura e sulla sopravvivenza. Per esempio, il luogo in cui il paziente vive, o la facilità di accesso al-
le terapie e a cibo sano. Questi fattori vengono definiti ‘determinanti sociali della salute’”. Così si è espressa Karen Winkfield, docente di ricerca sul cancro del Vanderbilt-Ingram Cancer Center di Nashville, negli Stati Uniti, durante l’ultimo congresso di ASCO, la più grande associazione di oncologi clinici del mondo. E la sede (seppure
virtuale) in cui queste parole sono state pronunciate è tutt’altro che casuale: la ricerca sui determinanti sociali della salute e sui bisogni sociali dei pazienti è un campo in grande sviluppo perché i medici si sono resi conto che, talvolta, ancora prima di investire enormi quantità di denaro nella messa a punto di un nuovo farmaco, si possono migliorare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti intervenendo per mitigare l’effetto di alcune ineguaglianze sociali. Per esempio, la rivista Cancer ha recentemente pubblicato i risultati di uno studio che ha coinvolto donne statunitensi con cancro al seno, alle quali è stato somministrato un questionario sui bisogni sociali (da quelli più prettamente economici a quelli psicologici, come la presenza di una rete di amici o di persone in grado di offrire sostegno). I risultati sono chiari: le difficoltà economiche e la solitudine erano i due problemi più sentiti, che si correlavano con alti livelli di stress, minore aderenza alle cure ed esiti peggiori (in termini di remissioni e sopravvivenza) a parità di gravità della malattia. Anche la difficoltà nel capire le istruzioni dell’ospe-
In questo articolo:
tossicità finanziaria supporto sociale efficacia delle cure
dale, le ricette e i fogli dei consensi informati aveva un impatto sul risultato delle cure, un problema cui si potrebbe facilmente porre rimedio con l’introduzione di personale specializzato nel seguire queste fasi della terapia.
Accade anche in Italia
L’idea che il contesto sociale conti poco in Paesi come l’Italia, che hanno la fortuna di avere un sistema sanitario pubblico che cura tutti allo stesso modo, è stata smentita da indagini recenti. “L’effetto dei bisogni sociali, e in particolare di quelli economici, sull’efficacia di una cura è stato misurato in Italia grazie allo studio PROFFIT (che sta per Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity of cancer), cui ha contribuito anche il sostegno di Fondazione AIRC” spiega Francesco Perrone, direttore dell’Unità di sperimentazioni cliniche dell’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli. “Volevamo trovare una risposta razionale che spiegasse perché, nonostante il Sistema sanitario nazionale assicuri a tutti gli stessi ottimi trattamenti, talvolta i risultati sono meno soddisfacenti in chi è economicamente più debole.” Per farlo è stato innanzitutto necessario mettere a punto uno strumento per misurare la condizione di difficoltà, che a volte dipende da spese accessorie per cure non garantite dal SSN (come quelle che aiutano a tenere a bada effetti collaterali dei farmaci e a rendere più semplice l’adesione corretta al protocollo di cura), ma anche da una variazione nelle disponibilità economiche, che può essere legata alla condizione di malattia, all’impossibilità di lavorare e al fatto che i sussidi non sostituiscono al 100 per cento lo stipendio. “Abbiamo messo a punto un questionario in 16 domande che ci ha permesso di circoscrivere il fenomeno. Per esempio, il cancro può peggiorare la si-
tuazione di chi è già in una condizione di difficoltà, e questo impatta su altri aspetti, come l’alimentazione o i mezzi di trasporto a cui si può avere accesso, che possono a loro volta agire direttamente sull’organismo rendendo più complessa la cura. Basti pensare alla differenza tra chi può recarsi in un centro specializzato in macchina o in taxi, o addirittura spostarsi in altre città, rispetto a chi può solo raggiungere il presidio più vicino con i mezzi pubblici.”
La ricerca sul percorso I determinanti sociali della salute che hanno un impatto diretto sulle cure sono molti e non tutti legati alle disponibilità economiche. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), oltre al guadagno e alla protezione sociale (ovvero a quanto uno Stato si prende cura di coloro che non hanno i mezzi per curarsi), contano fattori come l’educazione (proprio nel senso del numero di anni trascorsi a scuola e quindi di capacità di destreggiarsi tra le informazioni) e il lavoro. Per quel che riguarda quest’ultimo, non è solo lo stato di disoccupazione a influire sugli esiti dei trattamenti, ma anche l’insicurezza lavorativa, ovvero sapere di non avere la certezza di poter conservare il proprio posto per le assenze dovute alle cure. Paesi come l’Italia, che sono ai vertici mondiali nelle classifiche di sopravvivenza dei malati di tumore, devono il loro successo non solo alla competenza di medici e ricercatori e alla disponibilità di ospedali gratuiti, ma anche a leggi che tutelano i pazienti, consentendo loro di assentarsi dal lavoro anche per periodi prolungati, o di occuparsi temporaneamente di mansioni meno pesanti per il loro organismo debilitato. Tra i bisogni sociali con un impatto diretto sulla salute c’è anche l’accesso al cibo, che deve essere sufficiente e anche salutare, adatto alla condizio-
La ricerca ha come oggetto il viaggio del paziente
ne del malato. C’è la casa, che deve essere salubre, pulita e riscaldata a dovere. C’è l’inclusione sociale, che significa da un lato poter contare sul supporto psicologico e pratico di amici e conoscenti, e dall’altro non essere discriminati in quanto malati. E c’è, ovviamente, la qualità del sistema sanitario, che non si misura solo in numero di letti e tipologie di cure disponibili, ma anche in termini di facilità di accesso, equa distribuzione delle risorse, multidisciplinarietà nell’approccio al cancro e assistenza specializzata.
Come un film “Fare ricerca su queste componenti della cura non è facile perché i fattori confondenti possono essere molti” spiega Perrone. “Si deve però cominciare a farlo, in particolare quando si parla di terapie. I classici studi condotti dalle case farmaceutiche, che per loro natura selezionano pazienti che vengono seguiti in modo assiduo e in contesti che non sono quelli in cui il farmaco verrà poi usato nella vita reale, cominciano a mostrare i propri limiti: a volte farmaci che negli studi di registrazione per la messa in commercio mostrano risultati ottimi falliscono quando vengono somministrati nelle condizioni della vita di tutti i giorni. Per questo si è cominciato a parlare di ‘patient journey studies’, ovvero di ‘studi basati sul percorso del paziente’. Si tratta di valutare la cura non solo L’accesso nell’istante e nel contesto del- al cibo è la sperimentazione, ma anche un bisogno in relazione ai fattori sociasociale con li, alle terapie che sono venute prima e che verranno dopo. un impatto In pratica, è la differenza di vi- diretto sulsione che si ha guardando una la salute fotografia, che immortala in modo statico un momento specifico, o un film, che ci racconta invece una storia in movimento, includendo ciò che è accaduto prima e ciò che accadrà dopo il momento esatto della diagnosi e della terapia.” DICEMBRE 2021 | FONDAMENTALE | 21
TUMORE D’ORGANO Vescica
L’immunoterapia aiuta a preservare la vescica Oggi, se un tumore alla vescica viene diagnosticato in stadio avanzato, è necessaria l’asportazione chirurgica. Nuove terapie che si affacciano all’orizzonte potrebbero però rivoluzionare questo standard di cura migliorando la qualità della vita del paziente a cura di ELENA RIBOLDI uando si parla di fumo di sigaretta e cancro, il pensiero corre immediatamente al tumore al polmone. C’è però un’altra neoplasia che colpisce soprattutto i fumatori: il cancro della vescica. Rispetto ai tumori polmonari, i tumori della vescica sono fortunatamente meno letali: in più, grazie alle ricerche degli ultimi anni, le possibilità di curarli senza dover rimuo-
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vere completamente l’organo malato stanno crescendo. COME IL POLMONE “I tumori della vescica sono per definizione tumori legati al fumo di sigaretta” ribadisce Andrea Necchi, direttore di Oncologia medica genitourinaria all’Ospedale San Raffaele di Milano. “Il grado di associazione con il fumo è molto
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simile a quello che esiste per i tumori polmonari, sebbene questa conoscenza sia poco diffusa, forse perché le campagne antifumo hanno da sempre puntato i riflettori sul legame con le malattie del polmone, che colpiscono un numero maggiore di pazienti.” Resta il fatto che, secondo i dati dell’AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), nel 2020 in Italia erano attesi più di 25.000 casi di tumore della vescica, 20.500 tra gli uomini e 5.000 tra le donne. “È una patologia prevalentemente maschile. La fascia di età più colpita è quella tra i 60 e i 65 anni, anche se stiamo osservando un aumento delle diagnosi in età più precoce, soprattutto tra le donne, tra cui si registra anche un incremento dell’incidenza.” Queste variazioni probabilmente dipendono dall’aumento delle donne fumatrici registrato negli ultimi decenni.
lule dell’urotelio, il tessuto che riveste l’interno dell’apparato urinario. Questi tumori vanno poi distinti in forme superficiali e forme infiltranti, quelle in cui la neoplasia raggiunge lo strato muscolare della vescica (definiti perciò tumori muscolo-infiltranti). “In genere la diagnosi viene fatta per via endoscopica” spiega Necchi, che è anche professore di oncologia medica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Nel caso dei tumori non infiltranti si tratta di un atto diagnostico e terapeutico allo stesso tempo perché, se il tumore è superficiale, come avviene in una buona quota di casi, la resezione endoscopica è un intervento curativo.” Se il tumore è infiltrante o è resistente ai trattamenti è necessario invece ricorrere alla cistectomia radicale, ossia all’asportazione della vescica, oggi eseguita in molti centri con la tecnologia robotica. Dopo aver asportato l’organo malato, il chirurgo crea una specie di nuova vescica utilizzando un breve tratto di intestino modellato per formare un serbatoio per l’urina, a cui vengono collegati gli ureteri (i canali che trasportano l’urina dal rene alla vescica) e l’uretra (il canale attraverso cui l’urina defluisce dalla vescica all’esterno del corpo). “Sono stati fatti notevoli passi avanti nella riabilitazione dei pazienti sottoposti a cistectomia, sia dal lato propriamente urologico sia da quello psicologico. La riabilitazione urologica consiste nell’imparare a far funzionare la neovescica come fosse una vescica
Riabilitare è parte integrante della cura
UNA DIVERSA AGGRESSIVITÀ I tumori della vescica non sono tutti uguali. In nove casi su dieci si tratta di carcinomi uroteliali, formatisi per la trasformazione maligna delle cel-
In questo articolo:
tumore della vescica fumo immunoterapia
normale: il paziente impara a gestire lo svuotamento del nuovo organo, l’incontinenza e i problemi legati alla funzione sessuale.” Si tratta poi di affrontare il carico mentale di questa nuova condizione. “A tutti i pazienti operati viene offerto un percorso di accompagnamento, in cui può essere molto utile il supporto delle associazioni di pazienti. La qualità della vita non è chiaramente la stessa di quando si aveva la propria vescica, però mettendo in campo al meglio queste risorse si ottiene comunque un buon risultato e si possono svolgere attività completamente normali.”
saria la cistectomia. “Gli studi clinici dimostrano che l’immunoterapia può essere una valida alternativa per i pazienti che rifiutano l’intervento, o che non si possono sottoporre alla cistectomia per motivi medici” dice Necchi. Pa s s a n d o allo stadio successivo in termini di gravità, quello dei tumori muscolo-infiltranti non metastatici, per cui lo standard di cura è la cistectomia preceduta dalla chemioterapia, si sta valutando sia di sostituire la chemioterapia con l’immunoterapia sia, nei casi ad alto rischio di recidiva, di fare seguire
L’immunoterapia ha cambiato la prognosi
all’intervento chirurgico l’immunoterapia. Uno studio clinico internazionale ha dimostrato che l’immunoterapia, usata come terapia di mantenimento, è anche in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con malattia metastatica che rispondono alla chemioterapia. Altre terapie innovative per il tumore della vescica metastatico che non risponde alla chemioterapia o all’immunoterapia sono rappresentate dall’enfortumab vedotin, un agente terapeutico costi-
tuito da un anticorpo a cui è legato un farmaco citotossico, capace di riconoscere una molecola espressa dal tumore, e dall’erdafitinib, un farmaco a bersaglio molecolare. “Lo sviluppo dell’immunoterapia e di altri farmaci estremamente promettenti ha cambiato in modo radicale le possibilità di trattamento del tumore della vescica” conclude Necchi. “Alcune di queste terapie sono già diventate standard di cura negli Stati Uniti, mentre in Europa sono accessibili solo tramite studi clinici. L’Italia partecipa a molti studi clinici internazionali, perciò va sempre considerata la possibilità di includervi il paziente, specie se con malattia avanzata.”
NUOVI APPROCCI NELLA CURA “Oggi l’obiettivo della ricerca è guarire i malati evitando l’asportazione della vescica, in quanto si tratta della terapia che ha il maggiore impatto sulla qualità di vita del paziente” spiega l’esperto. Il campo più promettente in questo senso è l’immunoterapia, in studio sia per tumori non infiltranti sia per i tumori muscolo-invasivi. I tumori in stadio iniziale vengono normalmente trattati mediante resezione endoscopica e instillazioni di BCG (lavaggi della vescica con una soluzione contenente il bacillo di Calmette-Guérin, che ha attività immunostimolante e riduce il rischio che la malattia si ripresenti), ma se non rispondono al trattamento diventa necesDICEMBRE 2021 | FONDAMENTALE | 23
IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Strategie di ricerca
Un approccio a tre vie per battere il cancro Integrando genomica, aspetti metabolici e immunologici, e caratteristiche meccaniche delle cellule cancerose, l’istituto milanese è diventato protagonista di un nuovo modo di guardare alla malattia da punti di vista diversi ma complementari
IFOM
LA SQUADRA
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er sviluppare un approccio integrato alla lotta contro il cancro, IFOM ha messo in rete competenze specifiche che si affiancano a quelle considerate “di base” e legate alla ricerca sul genoma del cancro e sulla medicina personalizzata. Marco Foiani, oltre a essere direttore scientifico dell’intero istituto, si occupa delle caratteristiche meccaniche dei cromosomi e del nucleo della cellula; Vincenzo Costanzo lavora invece sugli aspetti metabolici che influenzano le caratteristiche meccaniche delle cellule tumorali, e come si può interferire con esse; Giorgio Scita studia la meccanica del citoscheletro, 24 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2019
l’impalcatura interna alla cellula che le conferisce il livello di rigidezza, oltre a governare processi importanti come la migrazione cellulare e la metastasi; Massimiliano Pagani lavora sui meccanismi immunitari di risposta al cancro e sull’interazione tra farmaci immunoterapici e caratteristiche cellulari; Claudio Vernieri, specializzato in oncologia clinica e metabolismo del cancro, sta sperimentando insieme all’Istituto nazionale dei tumori di Milano la combinazione di approcci metabolici alla cura del cancro e chemioterapia classica; Kristina Havas studia metabolismo e meccanica cellulare; Paolo Maiuri studia le proprietà fisiche del nucleo e la sua deformabilità; Nils Gautier studia le forze che influenzano la forma delle cellule;
In questo articolo:
meccanobiologia metabolismo instabilità genomica
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a cura della REDAZIONE er affrontare il cancro in modo innovativo dal punto di vista della ricerca di base, traslazionale e clinico, l’istituto IFOM punta su un approccio integrato che esplora la cellula tumorale da tre punti di vista: quello genomico classico, il cui scopo è individuare le mutazioni che inducono la trasformazione maligna; quello immunologico e metabolico, che studia i rapporti tra tessuto tumorale e tessuti circostanti, in particolare il sistema immunitario; e quello meccanico, che mette in relazione le caratteristiche di rigidezza o flessibilità della cellula tumorale con la sua capacità di replicarsi e di migrare. “È un approccio nato circa una decina di anni fa” spiega Marco Foiani, direttore scientifico di IFOM e responsabile di un laboratorio di ricerca che si occupa delle caratteristiche meccaniche della cellula o, nel suo caso, più specificatamente del nucleo cellulare. “Continuavamo a identificare mutazioni importanti, tutte potenzialmente bersaglio di nuovi farmaci, ma ci siamo accorti che non bastava. Dovevamo affrontare il problema anche
da un punto di vista non prettamente genetico. Siamo partiti dalla meccanica del nucleo e siamo passati a studiare la meccanica del microambiente tumorale e, in particolare, le connessioni con la risposta del sistema immunitario alla comparsa di un tumore. Abbiamo quindi aperto un nuovo fronte di indagine, quello sulle proprietà meccaniche del cancro, che si è subito rivelato molto promettente, specie se combinato con gli altri due.” L’ARRIVO DELLA MECCANOBIOLOGIA Per anni, infatti, la ricerca sul cancro aveva puntato i riflettori quasi esclusivamente sulle modificazioni del DNA e sulla sua instabilità, un meccanismo essenziale per la formazione dei tumori e, in generale, per tutti i fenomeni legati all’invecchiamento. “La maggior parte dei farmaci mirati che abbiamo oggi in commercio lavorano aumentando la cosiddetta instabilità genomica, ovvero cercano di indurre la cellula tumorale a superare il limite oltre il quale le modificazioni del DNA non sono più utili alla crescita tumorale, ma diventano invece così tante da portare la cellu-
Silvia Marsoni è la responsabile della messa a punto delle sperimentazioni cliniche e farmacologiche: il suo ruolo è quello di combinare le competenze dei diversi gruppi di ricerca per portare le scoperte al letto del paziente; Stefano Casola, immunologo e studioso di linfomi, sta affiancando l’approccio genomico alla meccanobiologia; Claudio Tripodo (partner associato di IFOM), dal suo laboratorio di patologia di Palermo, sta mettendo a punto sistemi visivi per valutare l’elasticità delle cellule, attraverso l’uso di speciali anticorpi; Stefano Piccolo è partner associato di IFOM e lavora a Padova sulle caratteristiche meccaniche del citoscheletro; Gianni del Sal (partner associato di IFOM) dal suo laboratorio a Trieste ha identificato alcune molecole in grado di interferire con la meccanica della cellula.
la maligna alla morte naturale per apoptosi” spiega Foiani. “È un grande traguardo, ma non basta, perché è sufficiente una sola cellula in grado di sfuggire al sistema di controllo per dare origine a metastasi. Un decennio fa abbiamo cominciato a chiederci se altre caratteristiche possono aiutare il cancro a sopravvivere e diffondersi. Siamo partiti pensando alle caratteristiche meccaniche dei cromosomi, che possono essere pensati come grandi molle con diversi gradi di elasticità. Riparare un danno al DNA significa quindi anche agire sull’elasticità della molla. Partendo da questo primo problema da risolvere, abbiamo cominciato a collaborare con l’Istituto di Mechanobiology di Singapore diretto da Mike Sheetz, un meccanobiologo di fama mondiale. È stato così che abbiamo aperto i nuovi filoni della ricerca in meccanobiologia e meccanomedicina.” La cellula tumorale, per spostarsi da un tessuto all’altro, deve infatti essere molto elastica. E la parte più elastica della cellula è il nucleo, che contiene appunto i cromosomi. “Sin dalle prime osservazioni fatte al microscopio sappiamo che le cellule tumorali hanno nuclei deformi, il che dimostra la loro scarsa capacità di mantenere la forma” continua Foiani. “Recentemente abbiamo scoperto che alcuni cambiamenti nel metabolismo dei tessuti facilitano il collasso del nucleo delle cellule in migrazione per ‘eccesso di fluidità’: un aspetto che rappresenta un bel vantaggio per le ricerche volte a evitare che le metastasi attecchiscano.”
UN LAVORO DI GRUPPO Per capire quanto aggressiva può essere una massa sono stati messi a punto strumenti come l’elastografia con risonanza magnetica: il paziente viene inserito nella macchina della risonanza, che consente all’operatore di valutare il livello di durezza o elasticità dei tessuti. “Oltre a essere utile per la ricerca, è un’arma in più per fare diagnosi” aggiunge Foiani. “Inoltre sappiamo che, se riusciamo a bucare il nucleo della cellula tumorale, la fuoriuscita del DNA nel citoplasma rende la cellula più sensibile all’immunoterapia con i cosiddetti inibitori di checkpoint del sistema immunitario, farmaci di nuova concezione. In pratica, bucando il nucleo trasformiamo un tumore cosiddetto ‘freddo’, cioè insensibile ai farmaci immunoterapici, in un tumore ‘caldo’, ovvero capace di rispondere alla terapia.” IFOM sta quindi lavorando, come istituto, a un approccio integrato alla ricerca contro il cancro che metta insieme le conoscenze sull’instabilità genomica, sulle alterazioni metaboliche e su quelle meccaniche. “Ognuno di questi filoni di ricerca può portare risultati anche senza essere messo in relazione con gli altri, ma siamo convinti che integrandoli otterremo gli esiti migliori. Intanto stiamo identificando vecchi farmaci capaci di agire sul metabolismo e, attraverso questo, sull’elasticità del nucleo per rendere la cellula sensibile agli inibitori di checkpoint, e stiamo programmando sperimentazioni cliniche per dimostrare la validità di questa strategia direttamente sul paziente.”
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INIZIATIVE AIRC lectures
In questo articolo: conferenze giovani ricercatori formazione
Quattro incontri per i giovani ricercatori Da quest’anno Fondazione AIRC lancia una nuova iniziativa: una serie di conferenze online tenute da grandi nomi della ricerca oncologica italiana e internazionale. Per far nascere nuove idee e nuove collaborazioni
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a cura della REDAZIONE er fare ricerca bisogna rimanere sempre aggiornati e, soprattutto, trovare nuove fonti di ispirazione per innovativi filoni di studio. Per questa ragione, la direzione scientifica di Fondazione AIRC ha organizzato una serie di conferenze, le AIRC lectures, che permetteranno ai giovani scienziati italiani (e non solo) di ascoltare online le esperienze dei colleghi “senior”, quelli che, grazie alle proprie ricerche, hanno ottenuto risultati importanti per i pazienti o aperto la strada a nuovi ambiti di ricerca.
Fonte di ispirazione “L’obiettivo dell’iniziativa è offrire nuove opportunità di ispirazione per i nostri erogati, cioè per tutti coloro che stanno conducendo uno studio grazie ai fondi ottenuti con i bandi AIRC” spiega Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. “Vogliamo anche promuovere nuove idee e opportunità di collaborazione, grazie alla circolazione delle conoscenze.” L’iniziativa di AIRC si allinea con altre analoghe promosse dalle più grandi charities che finanziano la ricerca oncologica all’estero, dall’americana American Association for Cancer Research (AACR) alla britannica Cancer Research UK (CRUK). “Proprio con CRUK abbiamo stabilito una collaborazione per far conoscere l’iniziativa: le
nostre AIRC lectures, che ospiteranno anche ricercatori stranieri sia tra i relatori sia tra gli uditori, sono in inglese, come è normale per tutte le conferenze scientifiche, e questo ci permette di diffonderle anche fuori dall’Italia” spiega Caligaris Cappio.
Il programma Le AIRC lectures del ciclo 2021-2022 a oggi pianificate sono quattro, e per assistervi basta registrarsi sul sito scienceseminars.airc.it, fornendo indicazioni sul proprio ruolo e sulla propria istituzione. L’iscrizione è gratuita. La prima AIRC lecture ha avuto luogo il 22 ottobre scorso ed è stata tenuta da Stefano Piccolo, dell’Università di Padova e del Dipartimento di medicina molecolare di IFOM, che ha parlato di meccanobiologia e, in particolare, della relazione tra cancro, rigenerazione cellulare e invecchiamento: un tema di punta nella ricerca oncologica, in particolare se affrontato attraverso la lente delle proprietà meccaniche delle cellule. Seguirà, il 14 gennaio 2022, Maria Rescigno, group leader dell’Unità di immunologia mucosale e microbiota presso la Fondazione Humanitas. L’8 aprile sarà il turno di un ospite straniero, David G. Maloney, direttore del Centro di ricerca in immunoterapia cellulare del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti. Chiuderà il primo ciclo di AIRC lectures, l’8 luglio 2022, Alberto Bardelli, direttore del laboratorio di oncologia molecolare dell’Istituto di ricerca contro il cancro di Candiolo (Torino). “A questa iniziativa affiancheremo anche una serie di seminari per aiutare i ricercatori, soprattutto quelli più giovani, ad applicare ai nostri bandi, in modo da valorizzare le loro competenze e le loro idee” conclude Federico Caligaris Cappio.
Un’iniziativa dal respiro internazionale
NUTRIZIONE Rubrica alimentazione
Crema di nocciole spalmabile
Frutta secca, con moderazione ma senza timore
Ingredienti • 100 g di nocciole tostate, possibilmente senza pelle • 50 g di cioccolato fondente • 1 cucchiaino di zucchero • cacao amaro in polvere • 100 ml di acqua • 10 g di olio EVO
Introdurre la frutta secca nella propria dieta senza eccedere con le calorie è possibile e rientra a pieno titolo nella costruzione di una dieta sana ed equilibrata
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a cura di RICCARDO DI DEO oci, nocciole, mandorle, pistacchi, pinoli, arachidi e anacardi sono alimenti che rientrano nella categoria della frutta secca, o più correttamente frutta a guscio, e che quotidianamente possono far parte di un’alimentazione sana. La versatilità è il loro punto di forza: si possono aggiungere a cibi che si consumano durante la prima colazione, possono essere protagonisti di uno spuntino o ingredienti di salse e creme, o infine possono essere semplicemente tritati per dare gusto e croccantezza a primi, secondi o insalate. La quantità consumata fa certamente la differenza. Come è noto, infatti, apportano molta energia dovuta all’elevato contenuto di grassi, ma non per questo sono alimenti da cui stare alla larga. I grassi che contengono appartengono infatti prevalentemente alla classe degli acidi grassi insaturi, che in un’alimentazione salutare andrebbero privilegiati rispetto ai grassi saturi. Inoltre, la frutta secca è fonte di fibra, apporta buone quantità di proteine e contiene sia alcune vitamine, co-
me la vitamina E, sia minerali come calcio e ferro. Queste caratteristiche nutrizionali rendono la frutta secca un’ottima soluzione per contribuire anche al fabbisogno di importanti nutrienti a rischio carenza in chi segue una dieta vegana, come gli omega-3, presenti soprattutto nelle noci, e appunto il calcio e il ferro. La porzione di riferimento indicata dalla Società italiana di nutrizione umana è di 30 grammi, che corrispondono a circa 7-8 noci, 15-20 mandorle o nocciole, 3 cucchiai di pistacchi sgusciati. Tale quantità vale anche per i semi oleosi, come girasole, sesamo, chia, zucca e lino, che hanno un profilo nutrizionale simile a quello della frutta a guscio. Spesso vengono trascurati nella dieta, invece dovrebbero far parte di un’alimentazione equilibrata. Numerosi studi hanno dimostrato come un consumo regolare di una porzione di frutta a guscio possa contribuire alla prevenzione cardiovascolare e al controllo del sovrappeso e obesità, importanti fattori di rischio per numerose forme di tumori. Come comportarsi invece con la frutta essiccata come fichi secchi, uvet-
Un’ottima fonte di grassi insaturi, fibre e proteine
Preparazione
Frullare le nocciole con il cacao amaro. Sciogliere a bagnomaria il cioccolato, poi aggiungere l’acqua. Far raffreddare e versare l’olio extravergine di oliva. Unire gradualmente il composto nel frullatore e frullare fino a ottenere una crema liscia. Trasferire in un barattolo di vetro e conservare in frigorifero per un massimo di due settimane.
ta o albicocche disidratate? La porzione di riferimento è sempre di 30 grammi ma, al contrario della frutta a guscio, è ricca di zuccheri semplici. Apporta comunque una buona quota di fibra e può essere utilizzata, con moderazione, alla stregua della frutta a guscio, per insaporire per esempio uno yogurt bianco non zuccherato, o nella preparazione di dolci senza aggiungere ulteriore zucchero. Il consiglio è di variare questi alimenti, consumarne una quantità complessiva non superiore alla porzione di riferimento e prestare attenzione a non acquistarli nella versione salata, zuccherata o glassata, ma preferirli sempre “al naturale”.
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RACCOLTA FONDI Nastro Rosa
L’Italia si è tinta di rosa per la lotta al tumore al seno
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a cura della REDAZIONE nche quest’anno il via alla campagna Nastro Rosa AIRC è stato dato dall’illuminazione in rosa di un monumento significativo a cura di The Estée Lauder Companies Italia, storico main partner della campagna. Nel 2021 la scelta è ricaduta sulla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, alla presenza della madrina della campagna Cri-
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stina Parodi, cui hanno fatto seguito, grazie alla collaborazione fra AIRC e ANCI, oltre 160 palazzi comunali e monumenti in tutta Italia. Tante sono state le aziende che si sono unite alla battaglia contro il cancro al seno, contribuendo alla raccolta fondi e realizzando iniziative per sensibilizzare clienti e dipendenti sull’importanza della ricerca e della prevenzione. I Comitati regionali AIRC e centinaia di volontari
hanno distribuito decine di migliaia di spillette simbolo del Nastro Rosa AIRC e, insieme a numerose altre realtà che hanno scelto di promuovere la campagna, sono riusciti in totale a consegnare ai nostri sostenitori oltre 245.000 spillette su tutto il territorio italiano. Dal 4 al 10 ottobre, inoltre, La7 è stata media partner della campagna. Giornaliste e conduttrici, insieme ai loro colleghi, si sono fatti portavoce dei messaggi di AIRC, raccontando le storie di medici, ricercatori e donne che hanno avuto un’esperienza di tumore al seno e invitando il pubblico a donare. Contro il tumore al seno c’è ancora molto da fare ma, grazie ai sostenitori che hanno aderito alla campagna, siamo un po’ più vicini all’obiettivo di arrivare a curare tutte le donne.
RACCOLTA FONDI Partner
La spesa buona due volte
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a cura della REDAZIONE l cibo che consumiamo può influire sulla nostra salute ed esserne un prezioso alleato se, oltre a mangiare in modo equilibrato, riduciamo fattori di rischio come sedentarietà e obesità. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, un corretto stile di vita e sane abitudini alimentari possono prevenire il 30-50 per cento dei tumori. Per promuovere abitudini alimentari salutari e raccogliere risorse da destinare alla ricerca oncologica, nel corso di tutto l’anno AIRC realizza numerose iniziative in collaborazione con aziende del settore agro-alimentare e della distribuzione organizzata. Un’alimentazione sana nasce proprio dai prodotti che scegliamo di mettere nei nostri carrelli e la spesa diventa doppiamente buona se sostiene anche la ricerca, oltre che contribuire alla nostra salute. Solo nel 2021, dal settore alimentare e della distribuzione, sono stati destinati alla ricerca circa 730.000 euro. Protagoniste delle iniziative AIRC sono soprattutto frutta e verdura di stagione. Un esempio sono le attività promosse insieme all’Organizzazione dei Produttori Francescon, che hanno coinvolto i frutti per eccellenza dell’estate: i meloni retati IGP di Mantova, distribuiti nei punti vendita Eurospin, e l’anguria Perla Nera, distribuita invece nei supermercati MD. Nel periodo autunnale le nostre tavole si tingono invece di giallo con le mele golden di VI.P Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta distribuite da Eurospin, ma anche di rosso con la melagrana che, insieme a insalata
e noci, costituisce “Il Piatto della Ricerca” promosso da ALDI per sostenere la ricerca sul tumore al seno. In inverno, protagoniste indiscusse sono le arance rosse, diventate simbolo della salute grazie alla storica campagna di piazza di AIRC che da alcuni anni è estesa anche ai supermercati di tutta Italia. A febbraio, con l’iniziativa Arance Rosse per la Ricerca, il settore della distribuzione organizzata si mobilita in maniera corale a supporto dei messaggi di prevenzione e della ricerca oncologica. Presenti tutto l’anno sono invece i pomodori, al centro di una nuova iniziativa in partenza che AIRC realizza in collaborazione con Verdagri, un consorzio di ol-
tre 100 aziende agricole del territorio. A tali iniziative legate a frutta e verdura di stagione e made in Italy, se ne aggiungono numerose altre che AIRC realizza in collaborazione con aziende alimentari e con il settore della distribuzione organizzata e che vedono una raccolta di contributi a sostegno della ricerca, insieme alla promozione della missione istituzionale della Fondazione. Tra i prodotti distribuiti vi sono le piante aromatiche promosse dal gruppo MD, le confetture e marmellate senza zuccheri aggiunti Hero light, le piante di roselline distribuite da Conad e infine le tavolette di cioccolato fondente Lindt per sostenere la ricerca sul cancro.
VELOCI COME TRENI: I RUNNER AIRC NELLE MARATONE SOLIDALI
Grazie al programma #oggicorroperairc, sostenitori, ricercatori e team aziendali sono tornati a correre insieme nel 2021: tutti sportivi per passione, animati dall’obiettivo comune di rendere i tumori pediatrici sempre più curabili. In occasione del grande ritorno, in presenza e in sicurezza, della Run Rome The Marathon a settembre e della Venice Marathon a ottobre, sono oltre 500 i runner che hanno deciso di mettere gambe e cuore al servizio della ricerca oncologica di AIRC. Con entusiasmo e impegno sportivo, i runner hanno portato AIRC al trionfo. Grazie ai giovani della S.S. Lazio Atletica Leggera, i colori di AIRC sono saliti sul gradino più alto del podio per la staffetta Run4Rome e il programma #oggicorroperAIRC si è attestato al primo posto in termini di raccolta fondi. Un risultato che è stato possibile raggiungere anche grazie a Italo e Alstom – aziende partner, rivali solo in pista – che hanno deciso di sostenere AIRC coinvolgendo i propri team aziendali di runner: pronti a correre come treni, anche grazie all’affiancamento svolto con il supporto del Gruppo Sportivo Bancari Romani. A tutti i runner solidali, AIRC rivolge un grazie speciale per aver mostrato come l’unico muscolo davvero importante per correre sia il CUORE.
IL MICROSCOPIO
Diverse le età, diversi i problemi za. Tali alterazioni spesso diventano un target terapeutico, permettendo lo sviluppo di nuovi farmaci, e stiamo imparando a manipolare il sistema immunitario con diversi approcci di immunoterapia, ma sappiamo anche che nessun trattamento, inclusi quelli più innovativi, è privo di effetti collaterali da valutare con attenzione. Questi concetti introducono un ulteriore elemento di riflessione, cioè la necessità di distinguere tra i pazienti oncologici: bambini e adolescenti, adulti e anziani. I tumori che insorgono nell’infanzia e adolescenza sono rari, ma è proprio la loro rarità a rappresentare un problema. Fortunatamente in Italia esiste un’ottima rete di collaborazione clinica e di ricerca sui tumori rari, e i tumori infantili più comuni, quali le leucemie acute, rispondono in genere in modo eccellente alle cure. Permane però una quota minoritaria di casi in cui l’andamento clinico e/o la resistenza alle terapie costituiscono un ostacolo che la ricerca è attivamente impegnata a superare. Questo vale a maggior ragione per altri tumori rari, quali quelli cerebrali, per cui le conoscenze sono ancora troppo limitate. A questi temi di ricerca si aggiunge la necessità di studiare le conseguenze a lungo termine della malattia e del suo trattamento. Per quanto riguarda gli adulti,
occorre sottolineare due aspetti. Il primo è l’utilità degli screening per una diagnosi precoce. La malattia tumorale diagnosticata tardivamente, spesso ormai metastatica, continua a essere un problema difficile da risolvere e per il quale la ricerca ha ancora molto da indagare. Il secondo è l’importanza degli studi clinici che garantiscono l’accesso a nuovi farmaci e a protocolli di terapia validati a livello internazionale. In questo contesto stanno diventando sempre più rilevanti gli studi clinici basati sulle scoperte della ricerca biologica di laboratorio. Un problema di vasta portata è rappresentato dagli anziani. Occorre considerare sia il progressivo invecchiamento della popolazione, sia il fatto che il 25 per cento circa dei pazienti con i più comuni tipi di cancro ha superato i 75 anni di età. Come recentemente riportato dal New England Journal of Medicine gli anziani sono spesso esclusi dagli studi clinici e da protocolli di trattamento potenzialmente efficaci, il che riduce l’accesso alle cure migliori di una larga parte della popolazione. L’approccio terapeutico deve tener conto della frequente presenza di patologie concomitanti che limitano o impediscono l’uso di determinati farmaci. Diventano quindi importanti sia la ricerca indirizzata a nuovi medicinali meno tossici, sia gli studi sulla fisiopatologia del cancro nell’anziano per sviluppare studi clinici ritagliati su misura. AIRC è profondamente convinta che la ricerca sia la strada maestra per superare le difficoltà elencate ed è consapevole che curare un paziente oncologico non significa soltanto offrire le migliori e più moderne terapie che nascono dalla ricerca, ma anche adattare la terapia alla situazione globale del paziente e considerare l’importanza della qualità di vita.
Ogni età ha bisogno di una cura personalizzata
FEDERICO CALIGARIS CAPPIO Direttore scientifico AIRC
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problemi che i pazienti oncologici devono affrontare sono diversi non solo a seconda della specifica malattia, ma anche in base all’età di insorgenza della stessa. Per tutti i pazienti vale la regola che, grazie alla ricerca, le anomalie geniche predittive dello sviluppo e dell’evoluzione di numerosi tumori sono ormai definibili con accuratez30 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2021
“Sei sempre qui accanto a me”
Donare è ricordare chi hai amato. Mantieni vivo il ricordo di chi ha significato tanto per te attraverso una donazione a favore della ricerca: un gesto concreto per sentirti sempre vicino a chi hai voluto bene. Per saperne di più sulle donazioni in memoria e per donare chiama il Numero Verde 800 350 350 o vai su airc.it/memorie
Tutto, in un dono. Regala gioia a chi ami e forza alla ricerca, nel segno di AIRC.
A Natale festeggia con un dono solidale o partecipando a una delle tante iniziative AIRC e rendilo indimenticabile per te, per chi ami e per la ricerca contro il cancro. Dai più valore al tuo Natale su nataleairc.it