Fondamentale dicembre 2021

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TUMORE D’ORGANO Vescica

L’immunoterapia aiuta a preservare la vescica Oggi, se un tumore alla vescica viene diagnosticato in stadio avanzato, è necessaria l’asportazione chirurgica. Nuove terapie che si affacciano all’orizzonte potrebbero però rivoluzionare questo standard di cura migliorando la qualità della vita del paziente a cura di ELENA RIBOLDI uando si parla di fumo di sigaretta e cancro, il pensiero corre immediatamente al tumore al polmone. C’è però un’altra neoplasia che colpisce soprattutto i fumatori: il cancro della vescica. Rispetto ai tumori polmonari, i tumori della vescica sono fortunatamente meno letali: in più, grazie alle ricerche degli ultimi anni, le possibilità di curarli senza dover rimuo-

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vere completamente l’organo malato stanno crescendo. COME IL POLMONE “I tumori della vescica sono per definizione tumori legati al fumo di sigaretta” ribadisce Andrea Necchi, direttore di Oncologia medica genitourinaria all’Ospedale San Raffaele di Milano. “Il grado di associazione con il fumo è molto

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simile a quello che esiste per i tumori polmonari, sebbene questa conoscenza sia poco diffusa, forse perché le campagne antifumo hanno da sempre puntato i riflettori sul legame con le malattie del polmone, che colpiscono un numero maggiore di pazienti.” Resta il fatto che, secondo i dati dell’AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), nel 2020 in Italia erano attesi più di 25.000 casi di tumore della vescica, 20.500 tra gli uomini e 5.000 tra le donne. “È una patologia prevalentemente maschile. La fascia di età più colpita è quella tra i 60 e i 65 anni, anche se stiamo osservando un aumento delle diagnosi in età più precoce, soprattutto tra le donne, tra cui si registra anche un incremento dell’incidenza.” Queste variazioni probabilmente dipendono dall’aumento delle donne fumatrici registrato negli ultimi decenni.

lule dell’urotelio, il tessuto che riveste l’interno dell’apparato urinario. Questi tumori vanno poi distinti in forme superficiali e forme infiltranti, quelle in cui la neoplasia raggiunge lo strato muscolare della vescica (definiti perciò tumori muscolo-infiltranti). “In genere la diagnosi viene fatta per via endoscopica” spiega Necchi, che è anche professore di oncologia medica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Nel caso dei tumori non infiltranti si tratta di un atto diagnostico e terapeutico allo stesso tempo perché, se il tumore è superficiale, come avviene in una buona quota di casi, la resezione endoscopica è un intervento curativo.” Se il tumore è infiltrante o è resistente ai trattamenti è necessario invece ricorrere alla cistectomia radicale, ossia all’asportazione della vescica, oggi eseguita in molti centri con la tecnologia robotica. Dopo aver asportato l’organo malato, il chirurgo crea una specie di nuova vescica utilizzando un breve tratto di intestino modellato per formare un serbatoio per l’urina, a cui vengono collegati gli ureteri (i canali che trasportano l’urina dal rene alla vescica) e l’uretra (il canale attraverso cui l’urina defluisce dalla vescica all’esterno del corpo). “Sono stati fatti notevoli passi avanti nella riabilitazione dei pazienti sottoposti a cistectomia, sia dal lato propriamente urologico sia da quello psicologico. La riabilitazione urologica consiste nell’imparare a far funzionare la neovescica come fosse una vescica

Riabilitare è parte integrante della cura

UNA DIVERSA AGGRESSIVITÀ I tumori della vescica non sono tutti uguali. In nove casi su dieci si tratta di carcinomi uroteliali, formatisi per la trasformazione maligna delle cel-


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