PNRR Ricerca e sanità
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PNRR sistema sanitario nazionale ricerca scientifica
Le innovazioni per i pazienti e la stabilità per i ricercatori Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previste molte iniziative di sostegno alla ricerca, dall’acquisto di nuovi macchinari a nuove garanzie per la carriera dei giovani. Un’indagine nazionale ha fotografato le speranze riposte dai pazienti oncologici nei fondi che arriveranno
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a cura della REDAZIONE n nuovo modo di gestire la medicina sul territorio, ospedali più efficienti e più moderni, più finanziamenti per la ricerca scientifica e per sostenere i giovani ricercatori italiani: questi sono gli obiettivi che si prefigge il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), messo a punto dal Governo per superare la crisi pandemica e dare una sterzata al piano di innovazione del Paese, nell’ambito delle due “missioni” che riguardano la sanità e la ricerca scientifica. Che cosa cambierà per i cittadini comuni e, in particolare, per coloro che
si trovano ad affrontare una malattia come il cancro? Alcuni benefici di questa ingente iniezione di denaro (per esempio gli effetti della riforma dell’assistenza sanitaria) si dovrebbero vedere in tempi brevi, mentre altri, come i risultati che produrrà una ricerca scientifica più moderna ed efficiente, richiederanno ovviamente molti anni. Resta il fatto che tutti e tre i pilastri intorno ai quali si è costruito questo ambizioso progetto (ovvero la digitalizzazione e l’innovazione, la transizione ecologica e una maggiore inclusione sociale) hanno un impatto importante proprio su servizi e attività essenziali per i malati di cancro. Per
Tante attese specialmente per i medici sul territorio
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PIÙ STABILITÀ PER LA RICERCA
l mondo universitario e quello delle istituzioni di ricerca aspettano i fondi del PNRR soprattutto per poter avere accesso a dotazioni tecnologiche avanzate e dare continuità alla carriera dei ricercatori. Per ottenere questo risultato sono già previsti finanziamenti per le cosiddette piattaforme tecnologiche
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(alcune delle quali riguardano in modo diretto l’oncologia, come quelle destinate alle scienze omiche) e piani per la formazione e il sostegno dei giovani. I fondi per la ricerca ordinaria erogati dal Ministero dell’università e della ricerca dovrebbero finalmente essere messi a disposizione
questa ragione, subito dopo l’approvazione del PNRR nella sua forma generale, un gruppo di 39 associazioni di pazienti oncologici e oncoematologici ha condotto un’indagine su oltre 800 tra pazienti e caregiver per capire cosa, in concreto, desiderano coloro che devono affrontare la malattia e cosa può essere migliorato con i fondi che arriveranno. L’indagine, intitolata “La salute: bene da difendere, diritto da promuovere”, ha confermato che in Italia ci sono ancora troppe diseguaglianze nell’accesso alle cure, che i malati pagano lo scotto della mancanza di collegamento tra ospedale e territorio e che in alcune aree del Paese i macchinari per la diagnosi e le cure sono obsoleti e poco funzionali, vi è disomogeneità nell’accesso a screening, test e terapie e infine che i caregiver sono lasciati soli, spesso senza alcun supporto sociale.
Dal centro al territorio “Il PNRR è una grande opportunità per ridisegnare il modello di assistenza sul territorio, grazie agli oltre 7 miliardi stanziati per quest’obiettivo nell’ambito della ‘missione sanità’, ai quali si aggiungono gli oltre 4 miliardi resi disponibili dalla Commissione europea per programmi sull’oncologia” dice Annamaria Mancuso, coordinatrice del gruppo di lavoro che ha promosso l’indagine e presidente di Salute Donna Onlus, un’associazione nata nell’ambito dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano per sostenere le donne colpite da cancro al seno e i loro familiari. “Malgrado in Italia si registrino, rispetto al resto d’Eucon cadenza regolare e prevedibile (come già accade con i fondi di ricerca privati messi a disposizione degli scienziati dalle fondazioni come AIRC) e comprendere una serie di misure per sostenere e facilitare la carriera dei giovani più meritevoli (un altro ambito nel quale Fondazione AIRC già lavora fin dalla sua nascita), evitando l’emigrazione intellettuale che ha caratterizzato il Paese negli ultimi 10 anni.