Voci - Numero 3 Anno 1 - Amnesty International in Sicilia

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Approfondimenti

Psicologia

LA LUNGA STORIA DEL RAPPORTO FRA LA PSICOLOGIA E I DIRITTI UMANI di Aristide Donadio

unitarietà, di reale interdisciplinarità, di autentica intercultura o, più lapidariamente, povera di cultura.

Nel 1936 Einstein, su mandato della Società delle Nazioni, invia una lettera a Sigmund Freud dal titolo “Perchè la guerra?”. Scopo del mandato era quello di intervistare le maggiori autorità della comunità scientifica internazionale per tentare di comprendere come fosse potuta accadere la follia collettiva della 1ª Guerra Mondiale (mentre scrivo sono in corso le celebrazioni del centenario) e quali potessero essere gli interventi possibili per scongiurare altre follie collettive. La Storia ci ha poi drammaticamente insegnato che al peggio non c’è limite. Si tratta, a ben vedere, d’un carteggio estremamente interessante: un fisico, seppur di fama mondiale e dotato di una curiosità straordinaria, e uno psicologo, come Freud stesso ama definirsi, il fondatore della psicanalisi, che decidono di mettersi a parlare assieme su come mettere fine ad una cosa diventata “insopportabile” 1; due mondi altrimenti lontanissimi l’uno dall’altro, eppure accomunati dalla stessa curiosità 2, dalla stessa onestà intellettuale, dalla stessa “amicizia per l’umanità”, per usare la magnifica espressione adoperata dallo stesso Freud nella sua missiva di risposta. Sorprende l’ampio bagaglio culturale e d’interessi che hanno le due autorità della comunità scientifica internazionale, che da un lato fa sconfinare l’uno nel campo dell’altro, mentre dall’altro crea un ponte naturale d’incontro, d’invischiamento reciproco, di felice contaminazione, qualità rara nella nostra attualità, ricca di iper-specializzazioni ma povera di  1  -  Espressione adoperata dallo stesso Freud, nella sua risposta ad Einstein: “semplicemente non la sopportiamo più’... un’intolleranza costituzionale... della massima idiosincrasia”.  2  -  « Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso. », da una lettera a Carl Seelig, 11 marzo 1952

Voci - LUGLIO 2015 N. 3 / A.1

Profetici i richiami ad un auspicabile tribunale internazionale, una Corte riconosciuta da tutti gli Stati che abbia l’autorità e i mezzi per intervenire nelle diatribe fra Nazioni e punire le violazioni del diritto internazionale, a patto che vi siano i mezzi per intervenire e che ciascuno Stato sia pronto a cedere parte della propria sovranità. Sorprendente la riflessione di Einstein, a proposito di come fosse possibile che la maggioranza di individui d’un popolo accettasse di andare al “proprio olocausto” per compiacere gli interessi di potere ed economici di un’avida minoranza dominante, sorprendente anche il richiamo a certi concetti quando afferma: “Una risposta ovvia a questa domanda sarebbe che la minoranza di quelli che di volta in volta sono al potere ha in mano prima di tutto la scuola e la stampa, e perlopiù anche le organizzazioni religiose. Ciò le consente di organizzare e sviare i sentimenti delle masse rendendoli strumenti della propria politica”. E’ il concetto di “industria culturale”, un assioma tipico della scuola di Francoforte, già presente dal 1923, composta da sociologi, filosofi e psicologi in buona parte ebrei. Colpisce, fra le altre, un’affermazione apparentemente banale, se non persino inopportuna in relazione ad una catastrofe bellica 3, quella riguardante la “degradazione estetica” causata appunto dalla guerra. Solo una persona di eccezionale levatura morale e culturale può essere in grado, in una situazione di totale distruttività e prostrazione, di mostrare al mondo l’importanza della bellezza e di come il danno ad essa arrecato possa essere persino accostato a quello dei milioni di morti e di feriti. Viene in mente una frase di Primo Levi, quando afferma, in riferimento ai campi di sterminio, che la cosa più grave fosse stata che tutto ciò sia entrato nel regno del possibile, del pensabile 4. Freud, infine, richiama l’attenzione del grande scienziato sulla necessità di considerare la complessità della psiche umana e di come sia difficile individuare un’azione, un  3  -  “[...] mi sembra che le degradazioni estetiche della guerra non abbiano nel nostro rifiuto una parte molto minore delle sue crudeltà [...], sempre dal carteggio Freud-Einstein.  4  -  “ [...] La vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.”, in Se questo è un uomo, cap. “Le nostre notti”.

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