Voci - Numero 3 Anno 1 - Amnesty International in Sicilia

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Approfondimenti

Pena di Morte

PENA DI MORTE E COSCIENZA EUROPEA di Vincenzo Ceruso

Negli anni della “primavera hitleriana” Montale scriveva: “la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue / s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate, / di larve sulle golene, e l’acqua seguita rodere / le sponde e più nessuno è incolpevole” 1. Quanto scriveva il poeta è ancora più vero oggi, in tempo di globalizzazione. Nessuno è incolpevole, cioè nessuno è irresponsabile dei crimini perpetrati nei confronti di un altro essere umano in qualunque parte del mondo avvengano. Dopo la II guerra mondiale, l’Europa ha sentito fortemente questa responsabilità nei confronti del resto del mondo. Il continente che si era reso colpevole delle peggiori violazioni dei diritti umani, è divenuto il primo continente liberato dalla pena capitale e primo nella lotta alla pena di morte nel mondo. Il 4 novembre 1950 i governi riuniti a Roma adottarono la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tale trattato, oltre ad essere giuridicamente vincolante, istituiva una Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La giurisprudenza della Corte è giunta a vietare agli Stati membri l’estradizione di individui verso paesi che applichino la pena di morte. Si è trattato di una lettura combinata dell’articolo 2 della Convenzione, che sancisce il diritto alla vita di ogni individuo, e del Protocollo n. 6 alla stessa Convenzione, adottato  1  -  E. Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 2012, p. 256.

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nel 1983 2. Infatti, nella sua prima stesura, l’art. 2 stabiliva: “Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena”. Il successivo Protocollo ha abolito del tutto la pena di morte, salvo ipotesi eccezionali confinate al tempo di guerra. La Carta dei Diritti dell’Unione Europea ha espresso un orientamento netto in tal senso, asserendo che “nessuno può  essere condannato alla pena di morte né giustiziato” (comma 2, art. 2). La coscienza europea ha affermato sempre di più il legame strettissimo tra il diritto alla vita e il no alla pena di morte. Una rapida lettura della geografia della pena di morte basta a mostrare quanto ciò non sia affatto scontato, tanto che in diverse parti del mondo si è arrivato ad “ipotizzare che l’irrogazione della pena di morte possa essere sanzione adeguata per assicurare essa stessa il diritto alla vita” 3. Tale interpretazione, oltre a ribadire una funzione deterrente della pena di morte che non ha alcun fondamento storico-giuridico, sottende una finalità puramente retributiva della pena che ha trovato un autorevole avallo giurisprudenziale presso alcune sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti. Non è inutile ribadire l’ingenuità di questa concezione  retributiva e il volto feroce di un  2  -  C. Russo – P. M. Quaini, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Giuffrè editore, Milano, 2006, p. 87.  3  -  V. Angiolini, Diritti umani. Sette lezioni, Giappichelli editore, Torino, 2012, p. 61.

LUGLIO 2015 N. 3 / A.1 - Voci


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