Voci - Numero 4 Anno 3 - Amnesty International in Sicilia

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Il Coraggio delle proprie idee

LA PERSECUZIONE DEL POPOLO ROHINGYA di Mouhamed Cissé

Manifestanti bruciano un’effigie del Consigliere di Stato del Myanmar Aung San Suu Kyi durante una manifestazione sul genocidio contro i Rohingyas Kolkata il 4 settembre 2017. (foto IANS)

Da qualche giorno, il Myanmar è tornato ad essere al centro dell’attenzione di tutte le testate giornalistiche internazionali a causa delle violazioni dei diritti umani fondamentali subite dai Rohingyas. Avendo i Rohingyas il triste primato di minoranza più perseguitata e discriminata del mondo, l’insieme delle violenze che questi subiscono possono giuridicamente essere qualificati come crimine di genocidio e crimine contro l’umanità, il cui scopo è apertamente quello di cacciarli dallo Stato d’Arakan, nel Sud Ovest del Myanmar. Gli attori delle persecuzioni sono da una parte i buddisti appartenenti all’etnia maggioritaria, i barmans (70% della popolazione) dall’altra la giunta militare e quindi lo Stato. Le persecuzioni si traducono in una campagna di incitamento all’odio etnico religioso che si manifesta attraverso l’incendio delle moschee, delle case, l’indicazione che i buddisti ricevono di usare degli adesivi nei loro negozi in modo tale da mettere in evidenza la loro appartenenza religiosa. A questo si aggiunge una feroce campagna di sterminazione, di spostamento forzata della popolazione, di insulti e intimidazioni. I monaci buddisti, principali fomentatori degli attacchi, si considerano i veri birmani contro i Rohingyas, i quali rappresentando all’incirca 4% di una popolazione di 55 milioni di abitanti (di cui 135 gruppi etnici), sarebbero gli stranieri venuti dal Bangladesh durante Voci - NOVEMBRE 2017 N. 4 / A.3

l’invasione britannica. Sono anche considerati come dei traditori essendosi sempre coalizzati con gli occupanti per proteggersi da una continua campagna dei persecuzione nei loro confronti. La loro persecuzione e discriminazione non data pertanto di oggi ma si può far risalire all’indipendenza nel 1948. Adesso, la domanda è la seguente: che cosa è successo a Aung San Suu Kyi, colei il cui nome è stato considerato sinonimo di lotta per la difesa dei diritti dell’uomo del suo paese, il Myanmar, ed è stata anche a torto o a ragione paragonata a Gandhi? Dove si trova mentre una parte della popolazione del suo paese è vittima di pulizia etnica? Perché non eleva la sua voce e non usa il carisma che le è stato riconosciuto per denunciare le gravi violazioni dei diritti umani? In opposizione al silenzio assordante della prima, Tun Khin è un giovane attivista dei diritti umani Rohingya nato nello Stato d’Arakan. Nel 2005 diventa Presidente della Burmense Organisation nel Regno Unito un’organizzazione che denuncia le discriminazioni e persecuzioni etnico-religiose nei confronti dei Rohingyas in Myanmar. È molto attivo nella difesa della causa del suo popolo davanti alle più alte istituzioni politiche internazionali quali il Parlamento britannico, l’Unione Europea, il Senato americano e il Dipartimento di Stato Americano. È 8


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