Voci - Numero 2 Anno 1 - Amnesty International in Sicilia

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VOCI DIAMO APRILE 2015

VOCE

AI

DIRITTI

UMANI

NUMERO 2 - ANNO 1

SPERANZA


VOCI Rivista del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson”

COMITATO DI REDAZIONE Giuseppe Provenza Responsabile della Redazione Liliana Maniscalco Responsabile Regionale di Amnesty International Daniela Conte Responsabile del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson” Ignazio Morici Responsabile Relazioni Esterne e Comunicazione di Amnesty International in Sicilia

COLLABORANO Caterina Altamore, Aurelio Angelini, Clelia Bartoli, Giorgio Beretta, Daniela Brignone, Paola Caridi, Francesco Castracane, Giovanna Cernigliaro, Vincenzo Ceruso, Cissé Mouhamed, Coordinamento America Latina - Amnesty International Sezione Italiana, Marta D’Alia, Luciana De Grazia, Aristide Donadio, Vincenzo Fazio, Maurizio Gemelli, Javier Gonzalez Diez, Giuseppe Carlo Marino, Maria Grazia Patronaggio, Paolo Pobbiati, Rossella Puccio, Daniela Tomasino,Fulvio Vassallo Paleologo

www.amnestysicilia.org ai.sicilia@amnesty.it Via Benedetto d’Acquisto 30 90141 Palermo

FINE DEL QUADRIMESTRE

I MINORI ACCOMPAGNATI E L’INSUFFICIENZA DELL’ITALIA Proseguono senza sosta gli sbarchi. E’ sempre più preoccupante la presenza crescente dei minori non accompagnati. Essi costituiscono una cifra superiore al 10% del totale dei migranti arrivati via mare. Costretti a viaggi pericolosi, indifesi e sovraesposti a violazioni dei diritti umani, colpevoli di essere figli della guerra e nati in paesi dove la parola speranza è stata cancellata dal vocabolario. Provengono soprattutto da Eritrea, Somalia, Egitto, Africa subsahariana e Siria. Tutti paesi in grave conflitto, dove l’emergenza umanitaria è la quotidanità come il perdurante e grave stato di pericolo ed insicurezza sociale. Sono in tutto 11.000 in Italia, 6.000 arrivati nel 2014, 3.000 irreperibili a causa della fuga dai centri dopo l’accoglienza, in maggioranza maschi, tra i 14 e i 17 anni. Poichè giungono a riva privi di punti di riferimento, essi dovrebbero ricevere accoglienza e protezione maggiore e avere nel più breve tempo possibile la concretezza di iniziare un percorso fattivo di integrazione. Questo però non avviene a causa dell’assenza cronica, aggravata peraltro dalla chiusura del programma Mare Nostrum, di un sistema organico ed adeguatamente strutturato atto allo scopo. A Luglio scorso alcune organizzazioni impegnate nella protezione dei minori, tra cui AIBI, Amnesty International, Caritas Italiana, Centro Astalli, CIR, CNCA, CNCM, Comunità di

Sant’Egidio, Emegency, Intersos, Save the Children Italia, Terre des Hommes si sono mobilitate, in occasione dell’inizio del semestre di presidenza italiana al Consiglio dell’Unione Europea, per porre al Governo e al Parlamento delle richieste al fine di fare fronte alla estrema inadeguatezza dell’accoglienza e della protezione riservata ai minori stranieri non accompagnati che giungono in Italia. In particolare, ribadendo che i minorenni stranieri non accompagnati sono titolari di diritti, così come sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, e che essendo in Italia privi di adulti di riferimento sono particolarmente vulnerabili, hanno segnalato quanto per questo è indispensabile garantire misure idonee alla loro protezione. In particolare hanno richiesto al Governo: “di promuovere nel corso del semestre di presidenza italiano l’attivazione di un coordinamento europeo per la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riguardo a coloro che intendono raggiungere altri Paesi Europei, oggi spesso inaccessibili stando alla normativa europea; di assumere piena e diretta responsabilità sul sistema di prima accoglienza dei minorenni stranieri non accompagnati, assicurando condizioni dignitose di ospitalità che superino la precarietà ed il degrado che si registra ad oggi, nonostante gli sforzi delle comunità territoriali, delle Organizzazioni della società civile e delle istituzioni locali; di approntare, a tale fine, un sistema di strutture di prima accoglienza temporanea, in Voci [ GENNAIO 2015 - N. 1 / A. 1 ] 2


EDITORIALE

prossimità dei luoghi di sbarco, che rispondano a criteri e standard di qualità omogenei ed evitino il sovraffollamento; di favorire il trasferimento dei minorenni, in tempi certi, da tali strutture alle comunità di accoglienza distribuite sull’intero territorio nazionale e regolarmente accreditate secondo i criteri regionali attualmente previsti – ivi compresa la rete SPRAR – nonché di promuovere la diffusione dell’affidamento familiare; di rendere subito disponibili le risorse del Fondo Nazionale per i Minorenni Stranieri non accompagnati, per superare l’attuale stallo e assoluta incertezza sulla disponibilità di risorse, e garantire modalità e tempi certi di pagamento dei servizi; - di prevenire i rischi di fuga e sfruttamento dei minori soli, rendendo più celeri le procedure di identificazione e la nomina dei tutori in tempi brevi e determinati; di favorire i processi Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 3

di avvio all’autonomia attraverso adeguate misure di sostegno ai processi di inclusione sociale.” Hanno inoltre chiesto al Parlamento di “approvare in tempi rapidi il Disegno di Legge. C. 1658, sostenuto dai parlamentari dei principali partiti politici di maggioranza e opposizione, volto a disciplinare finalmente in modo organico, sul territorio nazionale, la protezione e l’accoglienza dei minorenni stranieri non accompagnati, superando l’attuale gestione emergenziale.” E’ davvero giunto il momento che il governo italiano, quale parte dell’Unione Europea ed insieme ad essa, ponga rimedio alle violazioni dei diritti umani che vengono perpetrate ai danni dei migranti ed in particolare dei minori. L’Italia deve porre fine ad una insufficienza legislativa e strutturale perdurante e adottare

provvedimenti organizzativi per garantire la necessaria protezione, rimediando all’invisibilità sociale e sostanziale a cui li ha colpevolmente condannati.

Liliana Maniscalco - Responsabile Regionale di Amnesty International


SOMMARIO

IN QUESTO NUMERO 2

Fine del quadrimestre

14

L’Europa, la pace e il Mediterraneo

di Liliana Maniscalco

di Aurelio Angelini

5

Intervista ad Ales Bialiatski

Il diritto umano a un’esistenza dignitosa per le generazioni che verranno

8

USA - discriminazione delle popolazioni indigene

17

di Bruno Schivo

23

Diario di una speranza

di Daniela Brignone

10

La responsabilita sociale d’impresa nelle organizzazioni internazionali e nelle ONG

32

Animate letture

di Daniela Conte

di Marta D’Alia

35

Buone notizie

di Giuseppe Provenza

12

Priorità ai bambini nell’Agenda Globale

di Giovanna Cernigliaro

di Maurizio Gemelli

di Giuseppe Provenza

TUTTI I GIORNI www.amnestysicilia.it /amnesty.sicilia /Amnestysicilia Amnesty In Sicilia /amnestysicilia /amnestysicilia /amnestysicilia Questa rivista non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornata senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. Le informazioni contenute in questa rivista, pur fornite in buona fede e ritenute accurate, potrebbero contenere inesattezze o essere viziate da errori tipografici. Gli autori di “Voci“ si riservano pertanto il diritto di modificare, aggiornare o cancellare i contenuti della presente senza preavviso. Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi. Gli autori del blog non sono responsabili dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo. Le opinioni espresse negli articoli presenti in questo numero non necessariamente rispecchiano le posizioni di Amnesty International.

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ATTUALITÀ

INTERVISTA AD ALES BIALIATSKI pena di morte, unico paese europeo ed unico paese dell’ex Unione Sovietica.

In occasione del suo viaggio in Italia abbiamo intervistato per i lettori di VOCI Ales Bialiatski, il presidente della ONG per la difesa dei diritti umani VIASNA (Primavera), ingiustamente incarcerato dal regime di Lukashenko al fine di ostacolare l’attività della sua organizzazione. Desideriamo innanzitutto esprimergli il ringraziamento per la testimonianza che ci ha portato, e manifestargli la nostra ammirazione per il coraggio con cui ha affrontato ed affronta il duro regime politico del suo paese, fino al sacrificio della propria libertà, coraggio riconosciuto ed apprezzato, fra gli altri, dall’ONU, dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (che gli ha conferito la prima edizione del premio Havel per i diritti umani) e da Amnesty International che lo ha adottato, riconoscendo in lui un “prigioniero di coscienza”. Per i lettori di VOCI, prima di riportare l’intervista, tracciamo in poche righe un profilo della Bielorussia. La Bielorussia, capitale Minsk, è un paese di circa 10 milioni di abitanti situato fra Russia, Ucraina, Polonia, Lituania e Lettonia. Il suo territorio, prevalentemente pianeggiante, è per circa la metà ricoperto da boschi ed è ricco di laghi e fiumi, fra cui il Dnepr, fra i più grandi d’Europa. Fino al 1991 era una delle 15 repubbliche dell’Unione Sovietica. Dopo la dissoluzione di questa divenne indipendente.

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Ales, puoi riassumerci brevemente i fatti che portarono al tuo arresto e alla tua condanna?

Dal punto di vista istituzionale è una repubblica presidenziale. Presidente della Bielorussia dal 1994 è Aleksandr Lukashenko, che ha fatto modificare la costituzione per essere rieletto dopo i primi due mandati. Questa circostanza, unita alla atipicità del Parlamento, i cui rappresentanti appartengo TUTTI al partito del Presidente, fanno considerare agli osservatori internazionali le elezioni della Bielorussia, sia presidenziali che politiche, una vera e propria farsa. Inevitabilmente, in questo contesto politico, nel paese manca qualsiasi garanzia di rispetto dei diritti civili e politici, come dimostra, fra le altre, la vicenda Bialiatski. Ciò ha implicato l’impossibilità per la Bielorussia di far parte del Consiglio d’Europa, anche in relazione al mantenimento della

Le elezioni presidenziali del 2010 avevano suscitato a Minsk manifestazioni popolari, contrastate violentemente dalla polizia, durante le quali erano stati operati più di 1.000 arresti e a cui avevano fatto seguito condanne, il più delle volte per reati amministrativi, tranne che per circa 50 casi, per i quali le condanne riguardarono reati previsti dal Codice Penale. Quella stessa notte furono anche compiute perquisizioni presso la sede della mia Organizzazione, Viasna, nel corso delle quali vennero anche sequestrati i computer dell’Organizzazione. Apparve subito chiaro che lo scopo delle perquisizioni era intimidire Viasna, ma l’Organizzazione continuò la sua azione poiché venne ben compresa l’importanza, in quel momento, del sostegno a chi aveva subito condanne. Le perquisizioni si ripeterono nel tempo, e ad esse fecero seguito controlli fiscali e minacce, anche indirizzate a me personalmente dal Procuratore Generale per la mia attività svolta in nome di una organizzazione non autorizzata. Tuttavia non riuscirono ad intimidirci. Si rese anche evidente che volessero costringermi a lasciare il paese, ma per me era chiaro che non potevo partire senza danneggiare la causa


ATTUALITÀ

Come vede il bielorusso comune l’attuale regime politico del paese?

dei diritti umani in Bielorussia e quindi rimasi. Quando si resero conto che non avevo intenzione di lasciare il paese capirono che era necessario arrestarmi ed accusarmi penalmente. Infatti, poiché ero stato costretto, per la mancata autorizzazione a Viasna, ad aprire i conti correnti dell’Organizzazione in Polonia e Lituania, fui accusato di evasione fiscale. Era stato chiaramente trovato il modo di incriminarmi

dopo la sua elezione nel 1994, Lukashenko prese il controllo dello stato e le strutture democratiche sono rimaste deboli. Esistono alcune ONG organizzate meglio dei partiti e sindacati indipendenti, in aggiunta a quelli ufficiali. Lo spirito democratico, e questo è importante che si sappia, in Bielorussia esiste, ma non si esprime per paura. Viasna trova simpatizzanti nelle

Una parte della popolazione in effetti sostiene l’attuale regime, ed è soprattutto costituita dagli anziani delle campagne e dei piccoli centri, il più delle volte si tratta di persone di bassa cultura e non informate in maniera indipendente. A questi si aggiunge una buona parte di coloro che lavorano per la pubblica amministrazione.

e durante il processo, infatti, dai documenti risultò chiaro che le accuse a me rivolte provenivano dal KGB. Sulla base di queste accuse, una mattina, mentre mi recavo a prendere il Metrò fui arrestato per strada.

città, tanto è vero che camminando per le strade di Minsk, non è infrequente che io venga fermato per manifestarmi sostegno, e questo in Bielorussia è rilevante, poiché la gente è solitamente chiusa.

Al contrario fra i giovani si riscontra uno scarso sostegno all’attuale regime. In sostanza, mentre circa l’80% degli anziani è a favore di Lukashenko, fra i giovani i favorevoli sono intorno al 20%.

Diversa è invece la situazione nelle campagne, dove si trovano più anziani, e dove, quindi, lo spirito democratico è meno diffuso. La possibilità di un cambiamento democratico, dunque, esiste, ed è affidata ai giovani.

Dal punto di vista economico come si vive oggi in Bielorussia?

In Bielorussia esiste una reale opposizione organizzata? Subito dopo l’indipendenza, nel 1991, in Bielorussia era cominciato uno sviluppo democratico. Tuttavia

Dal punto di vista economico la vita in Bielorussia risulta difficile. Vi è stata una svalutazione prima del 10% e poi del 30% del Rublo Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 6


ATTUALITÀ

la rivoluzione. È per questo che è importante non abbandonare il lavoro. In chiusura di questa intervista desidero manifestare la mia gratitudine ai soci di Amnesty International che hanno raccolto firme e spedito cartoline, perché le firme sono state d’aiuto per la pressione esercitata sul regime, e le cartoline sono state d’aiuto per me per sopportare il carcere.

Giuseppe Provenza - Responsabile Gruppo Italia 243 di Amnesty International Sezione Italiana - Membro del Coordinamento Europa di Amnesty International Sezione Italiana

Bielorusso (agganciato al Rublo Russo), con conseguente aumento dei prezzi, mentre i salari sono rimasti immutati. Il salario medio equivale a circa 300 euro (o poco più nelle città). Tuttavia la paura che accada quanto è successo nella vicina Ucraina ha impedito che sorgessero manifestazioni di protesta, anche perché molti bielorussi lavorano in Russia. Il modello economico costruito da Lukashenko non si è rivelato efficace ed è stato salvato dal sostegno russo. C’è qualche bisogno essenziale garantito in Bielorussia? (salute, abitazione, ecc.) La costituzione garantisce la salute, l’abitazione e l’educazione. Tuttavia il paese è povero e la mancanza di mezzi impedisce che si realizzi pienamente quanto previsto dalla costituzione. A ciò va aggiunto che i salari sono insufficienti e che non sono rispettati i diritti civili e politici. Lukashenko ha detto che è meglio lavorare che fare politica. Che futuro vedi per la Bielorussia?

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È difficile fare ipotesi sul futuro, tuttavia voglio essere ottimista perché sono sicuro che in futuro la Bielorussia sarà membro del Consiglio d’Europa. Questo è importante perché potrà assicurare una maggiore difesa dei diritti umani. Tuttavia sono anche preoccupato per la guerra Russo/Ucraina anche nei riguardi della Bielorussia, perché è chiara l’intenzione di ricostituire l’impero russo. Questo è un timore che riguarda tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica. Fino a poco tempo fa ciò sembrava impossibile, ma la Crimea e l’est Ucraina hanno provato che è possibile. Miei amici che vivevano a Lugansk sono dovuti fuggire a Kiev. E’ possibile prevedere una evoluzione pacifica verso la democrazia? È un’evoluzione che è cominciata nella mente di molti e questi cambiamenti alla fine diventeranno realtà. Ho un’amica anziana nella repubblica Ceca che mi ha detto che nel ’68, due settimane prima non sembrava che dovesse scoppiare


LUOGHI NORD AMERICA

USA - DISCRIMINAZIONE DELLE POPOLAZIONI INDIGENE: LE DONNE PAGANO IL PREZZO PIÙ ALTO Una lunga e tenace mobilitazione ha permesso in questi ultimi anni alle popolazioni indigene degli Stati Uniti d’America di conseguire fondamentali vittorie, in particolare sul piano del riconoscimento della legittimità delle loro rivendicazioni, vittorie che erano impensabili soltanto pochi anni fa. Tuttavia questi successi sono rimasti spesso sulla carta e i nativi negli Stati Uniti, come del resto in altre zone dell’America, si trovano a vivere in condizioni di povertà in percentuale decisamente superiore alla media del paese. Essi, per lo più, conseguono un livello di istruzione inferiore, sono sottopagati, hanno un’aspettativa di vita inferiore alla media e un’alta mortalità infantile, e, più in generale, sono emarginati dai processi decisionali. In un contesto come questo sono le donne native a pagare il prezzo più alto, in quanto sulla loro condizione vengono a pesare anche le oppressioni e le discriminazione di genere. Secondo i dati forniti dal Dipartimento di Giustizia americano, la percentuale di rischio di subire stupri o attacchi a sfondo sessuale è due volte e mezza superiore per le donne native americane e dell’Alaska rispetto alla media generale delle donne negli Stati Uniti. Il dato è impressionante: più di una su tre è destinata a subire violenza sessuale nel corso della propria vita. Già nel International

2007 Amnesty ha pubblicato il

rapporto Maze of Injustice: The Failure to Protect Indigenous Women from sexual violence in the USA nel quale denunciava il livello sproporzionatamente alto di violenze e stupri tra le donne native americane e la loro grande difficoltà ad ottenere giustizia. Ciò è dovuto al complicato intreccio di giurisdizioni tribali, statali e federali creato dal governo americano che di fatto permette ai colpevoli (la maggior parte dei

quali non sono nativi) di sottrarsi alla giustizia. Questo clima di violenza ha radici storiche (i coloni e i soldati erano soliti stuprare le donne native come strumento di conquista e colonizzazione) ed è ancor oggi favorito dalle violazioni su larga scala dei diritti umani e dallo stato di emarginazione in cui si trovano le popolazioni indigene. Nel luglio 2010 è stato approvato il Tribal Law and Order Act allo scopo di migliorare il coordinamento tra le varie istituzioni nell’applicazione della legislazione tribale e federale e di potenziare il ruolo delle Corti Tribali nella punizione dei reati,

attribuendo loro maggiore autorità nell’emettere sentenze. Tuttavia il rapporto annuale del Dipartimento di Giustizia, anch’esso previsto da quella legge, ha evidenziato che, mentre globalmente il numero dei rinvii a giudizio è aumentato di oltre il 50%, i reati sessuali costituiscono oltre il 30% di tutti i casi per i quali non si è avuto luogo a procedere, generalmente per mancanza di elementi. E’ stato inoltre riportato che le linee guida stabilite dal Tribal Law and Order Act in materia di reati sessuali non sono state per lo più efficacemente implementate o addirittura seguite. Nel 2013 il Congresso ha approvato una nuova redazione del Violence Against Women Act, all’interno del quale sono state introdotte nuove disposizioni volte a proteggere le donne indigene: tra queste assai importante è la possibilità per le Corti Tribali di perseguire anche uomini non-nativi accusati di determinati reati, tra i quali la violenza domestica. Il Dipartimento di Giustizia ha peraltro riscontrato che l’86% degli stupri e delle aggressioni sessuali è perpetrata da non-nativi, rendendo assai critica la possibilità che i governi tribali possano intervenire contro un fenomeno così diffuso, considerata anche la scarsità di risorse di cui dispongono. La nuova legge, che entrerà in vigore quest’anno, sembra quindi destinata a risolvere solo parzialmente il problema. Intanto le Corti Tribali continuano Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 8


LUOGHI NORD AMERICA

a poter comminare soltanto una pena massima di tre anni di prigione per qualsiasi crimine, compreso lo stupro, e non hanno giurisdizione per perseguire i nonnativi al di fuori del contesto delle violenze domestiche, per le quali è consentito appunto dal Violence Against Women Act. Secondo quanto previsto da quest’ultimo documento, sono escluse dalle competenze di queste corti parecchie tipologie di reati, come le violenze sessuali tra stranieri, i crimini commessi da non nativi privi di legami con una tribù e, parimenti, da coloro che non vivono o lavorano nelle riserve. Un altro problema di non poco conto consiste nel fatto che le vittime di violenza sessuale incontrano serie difficoltà ad accedere alla contraccezione d’emergenza. Nel giugno del 2013 il Food and Drug Administration ha stabilito che si doveva ottemperare ad una decisione della Corte Federale che prevedeva che i contraccettivi fossero tenuti sui banconi a disposizione di tutti, senza restrizioni di età. Ma nonostante ciò l’Indian Health Services, la principale istituzione che si occupa della salute delle popolazioni autoctone degli USA e dell’Alaska, non è riuscita a dar seguito a questa politica: i contraccettivi d’emergenza non sono disponibili per nulla in alcune farmacie e nelle altre restano quasi sempre in uso le restrizioni in base all’età. Questa situazione lascia le donne indigene senza un’appropriata tutela sanitaria e lede il loro diritto ad un accesso non discriminatorio ai diritti relativi alla loro vita sessuale e riproduttiva. In un documento del luglio 2014 Amnesty International ha reso note le sue richieste alle istituzioni americane. Il Congresso deve implementare il Tribal Law & Order Act e il Violence Against Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 9

Women Act, provvedendo anche a stanziare i necessari finanziamenti, e assicurare il completo ripristino della giurisdizione delle Corti Tribali sui crimini commessi nei territori indiani. Al governo USA si chiede invece di fare in modo che si indaghi a fondo nei casi di violenza sessuale denunciati e si perseguano efficacemente i responsabili: a questo scopo è necessario incrementare le risorse per l’assistenza sanitaria e legale alle vittime di violenza sessuale, nonché per le forze di polizia che operano nei territori indiani. E’ fondamentale inoltre che sia riconosciuta la giurisdizione tribale su tutte le persone accusate di crimini commessi nelle terre. Il governo federale degli Stati Uniti deve poi chiamare a rispondere l’Indian Health Services affinchè si adoperi per garantire alle donne indigene l’accesso alle cure mediche, inclusa la contraccezione d’emergenza, senza alcuna discriminazione. Lo stesso governo federale e quelli degli stati interessati, consultandosi e cooperando con i rappresentanti delle popolazioni native americane e dell’Alaska, devono infine prendere provvedimenti concreti per combattere ogni sorta di pregiudizio e di discriminazione

nei confronti delle popolazioni indigene e in particolare delle donne. Soltanto in questo modo i passi avanti compiuti negli ultimi anni usciranno dal piano dei semplici riconoscimenti formali per tradursi in un reale miglioramento delle condizioni di vita delle persone.

Bruno Schivo - Responsabile “Coordinamento Nord America” di Amnesty International Sezione Italiana


AMNESTY RESPONSABILITÀ D’IMPRESA

LA RESPONSABILITA SOCIALE D’IMPRESA NELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E NELLE ONG: UNA QUESTIONE DI COERENZA DI FONDO TRA I VALORI FONDATIVI E LE SCELTE SUL CAMPO E UNA GARANZIA DI SICUREZZA

Mentre in un recente passato la società veniva descritta come divisa in tre macro aree che interagivano tra loro spesso in opposizione l’una all’altra: la sfera pubblica, il settore privato e il terzo settore, dall’avvento della globalizzazione e sempre più negli ultimi anni la forma che la società ha assunto è notevolmente mutata, assumendo piuttosto l’aspetto di un “network relazionale” in cui tutti gli attori coinvolti, ognuno per il ruolo assunto all’interno della società, contribuiscono allo sviluppo di questa. Quando lo scambio di informazioni e la comunicazione diventano sempre più facili, le possibilità di networking raggiungono un grado sempre maggiore di coordinazione tra le diverse azioni. I networks organizzati sono sempre più sviluppati e il potenziale di governance aumenta e si articola in maniera sempre più complessa. Quelle che prima erano descritte come tre aree separate della società diventano ora obiettivi comuni, facendo mutare anche la relazione tra gli attori che da un rapporto “cliente – fornitore” assumono il ruolo di partner di una società più sostenibile. In questa evoluzione, il concetto di responsabilità sociale emerge come un modo per comprendere le azioni delle organizzazioni all’interno della società, azioni sempre più integrate nel

contesto in cui vengono messe in campo e rispettose dei diritti e della dignità delle persone.1 Ogni azione di qualsiasi forma di organizzazione, sia questa una pubblica amministrazione, una società privata o un ente del terzo settore, ha un impatto sia all’interno della stessa organizzazione sia al suo esterno nei confronti delle altre organizzazioni, della comunità nel suo complesso, e nell’ambiente circostante. Per questa ragione, la responsabilità sociale incide su tutti i comportamenti e le azioni portando le organizzazioni a dover assumere degli impegni con la società, secondo i loro valori e il ruolo che ognuna di essa ha all’interno della società stessa. Da questo punto di partenza, negli ultimi anni, si è diffuso il concetto più specifico di social corporate responsibility (SCR) o responsabilità sociale d’impresa, che è l’aspetto più visibile della più generale responsabilità d’impresa dal punto di vista

dell’impatto globale. Per SCR si intende “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali nei loro rapporti con le parti interessate”.2 La SCR copre le prassi in materia di diritti umani, lavoro e occupazione (quali formazione, diversità, parità di genere nonché salute e benessere dei lavoratori), le questioni ambientali (per esempio la biodiversità, i cambiamenti climatici, l’efficacia delle risorse, l’analisi del ciclo di vita e la prevenzione dell’inquinamento) nonché la lotta alla corruzione. Anche il coinvolgimento e lo sviluppo delle collettività, l’integrazione delle persone disabili e gli interessi dei consumatori, compresa la privacy, rientrano nel programma della RSI.3 Due appaiono le caratteristiche più immediate del concetto di SCR applicato alle imprese: da un lato il suo carattere volontario (seppure spesso molte organizzazioni ricevono una forte pressione esterna) e la sua universalità perché non esiste organizzazione che non produce alcun impatto nel contesto in cui opera, sia questo locale o globale. Per le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative (ONG), invece, il fatto di applicare la responsabilità sociale e nello specifico i principi della SCR

1 - P. Vidal, D. Torres, B. Guix, M.P. Rodriguez, The Social Responsibility of Non-Profit Organisations: A Conceptual Approach and Development of SRO model, consultabile online sul sito: «http://www.observatoritercersector.org/pdf/publicacions/03_rso_en.pdf» 2 - Libro Verde della Commissione Europea, luglio 2001, consultabile su «http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/ResponsabilitaSociale/Documents/Allegato%201_Libro%20Verde_CSR_COM2001.pdf» 3 - Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese, Bruxelles 2011, consultabile su «http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/ResponsabilitaSociale/Documents/Allegato%202_COM%20681_2011_csr.pdf»

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AMNESTY RESPONSABILITÀ D’IMPRESA

non è una questione di carattere volontario, poiché il concetto è alla base del core business stesso di queste organizzazioni. Nel cambiamento della composizione dei soggetti che partecipano all’interno della società descritto sopra, anche il ruolo delle organizzazioni internazionali e delle ONG è considerevolmente mutato. Adesso, esse sono globalmente considerate come uno degli attori sociali più influenti, capaci di incidere politicamente e provocare grossi mutamenti sociali. Seppure questo nuovo ruolo ha comportato innumerevoli dibattiti sulla legittimità del ruolo assunto, nessuno può negare il riconoscimento di tali organizzazioni come un importante e necessario attore sociale. Contemporaneamente al ruolo assunto da queste organizzazioni rispetto alla società, esse hanno intrapreso un percorso che le ha per lo più portate ad aumentare le loro attività e ad accrescere la loro complessità organizzativa. Come organizzazioni, esse hanno continue interazioni con l’ambiente circostante. Infatti, per raggiungere il cambiamento sociale che esse propongono come valore base della loro stessa creazione, le organizzazioni internazionali e le ONG partecipano all’interno della società svolgendo attività giornaliere in diversi contesti. Esse spesso devono affrontare processi in cui vengono prese decisioni che possono aiutare a migliorare l’impatto delle loro stesse attività. Ma cosa sarebbe il valore del cambiamento sociale che loro propongono se mentre provano a raggiungerlo, le OI e le ONG lasciassero da parte i valori promossi dalla missione? Per questa ragione, la SCR delle OI e delle ONG si concentra sul modo in cui queste organizzazioni agiscono secondo i valori che loro stesse

promuovono, sulla base di una questione di coerenza tra “il modo in cui agiscono” e “la ragion d’essere” dell’organizzazione stessa. Se il punto di partenza è la coerenza tra i valori e la proposta sociale elaborata dalle OI e dalle ONG e le loro azioni sul campo: cooperazione per lo sviluppo, servizio sociale, aiuto umanitario o ambiente; la responsabilità sociale d’impresa appare un fattore chiave per competitività e la sostenibilità delle tali organizzazioni. Oltre che essere un fattore chiave per la competitività delle ONG, è anche un elemento di sicurezza per i professionisti che vi lavorano e che spesso mettono a repentaglio la loro vita per un ideale più alto, che è il valore o i valori portati avanti dall’organizzazione. Tutto ciò è ancor più vero in questo momento in cui a causa della polarizzazione di numerose posizioni a livello internazionale sono numerosi i fronti di guerra aperta e i gruppi terroristici che, per ragioni di ricatti economici o per propaganda antioccidentale tout court, usano gli operatori umanitari come bersagli di rappresaglia. Ecco perché come affermato di recente per un caso italiano noto alla cronaca dal Prof.

Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia4, è assolutamente necessario che, una volta individuato un canale verso cui orientare tutta l’attività portata avanti dalle OI e dalle ONG come quella della SCR, è importante che nessuno autonomamente agisca discostandosi da questa, mettendo altrimenti a repentaglio la propria incolumità e quella di numerosi operatori umanitari professionisti che invece vi si attengono riconoscendo ai principi della SCR non solo legittimità ma anche una certa capacità di protezione oggi più che mai fondamentale.

Marta D’Alia - Assistente giuridico nell’attività di promozione degli investimenti d’impresa presso “MhD Consulting”

4 - G. Rufini, «http://www.ispionline.it/it/informarsi-per-il-mondo/vanessa-greta-e-il-bene-dei-siriani» del 20 gennaio 2015

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AMNESTY MINORI

PRIORITÀ AI BAMBINI NELL’AGENDA GLOBALE Quasi 1 miliardo di bambini sotto i 15 anni subisce regolarmente punizioni fisiche; circa 570 milioni di giovani vivono con meno di 1,25 dollari al giorno; nel 2014, 230 milioni di bambini vivevano in zone colpite da conflitti. Alla vigilia del World Economic Forum, l’UNICEF ha definito l’“Agenda for Every Child” come guida per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile post 2015. Mentre i leader di tutti i settori si riuniscono a Davos, l’UNICEF lancia una sfida alla comunità internazionale perché i bambini siano la priorità dei Nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, un piano d’azione per il progresso dell’umanità nei prossimi 15 anni che guiderà gli

investimenti e le azioni in tutto il mondo. Gli obiettivi saranno poi condivisi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre. L’ “Agenda for Every Child” dell’UNICEF delinea sette priorità da inserire tra i nuovi Obiettivi di Sviluppo:

bambini da violenza, abusi, abbandono e sfruttamento deve essere una priorità globale.

2. La fine della povertà infantile deve essere centrale per eliminare la povertà globale: La metà delle persone che nel mondo vivono in condizioni di povertà estrema sono bambini 1. Porre fine alla violenza sui con circa 570 milioni di bambini. Quasi 1 miliardo di persone con meno di 18 anni bambini sotto i 15 anni subisce che vivono al di sotto della regolarmente punizioni fisiche e soglia di povertà internazionale un quarto di tutte le ragazze tra i di 1,25 dollari al giorno. La 15 e i 19 anni ha subito violenza povertà infantile è spesso la fisica. Mentre la violenza sui causa principale di povertà in bambini è spesso invisibile, età adulta. Senza accesso a l’impatto su di loro e sulle servizi sanitari, nutrizionali, società è profondo e di vasta acqua e servizi igienico sanitari, portata. La violenza sui bambini alloggi e istruzione il circolo è un problema universale: della povertà continuerà. investire nella protezione dei

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AMNESTY MINORI

3. Porre fine alle morti materne e infantili prevenibili. I bambini che appartengono al 20% delle famiglie più povere hanno il doppio delle probabilità di morire prima del loro quinto compleanno rispetto a coloro che fanno parte del 20% più ricco, e hanno circa tre probabilità in più di essere sottopeso o malati. Migliori sistemi sanitari e migliori modi per individuare le risorse per raggiungere i bambini più vulnerabili e le madri salveranno vite, rafforzeranno le famiglie e contribuiranno ad una crescita sostenibile. 4. Dare maggiore attenzione agli adolescenti. I progressi fatti nella prima infanzia possono essere consolidati o persi durante l’adolescenza, ma gli adolescenti sono troppo spesso esclusi dai piani di intervento e dai servizi. Investire nel loro apprendimento e nella promozione di stili di vita sani, fra gli altri impegni, aiuterà a proteggere gli adolescenti da malattie e violenze, e li preparerà meglio alla vita adulta. 5. Sfruttare la crescente rivoluzione dei dati per sostenere i diritti di tutti i bambini: Dati tempestivi e credibili sono fondamentali per identificare i bambini che hanno più bisogno e per sviluppare politiche mirate a migliorare le loro vite. I dati devono essere disaggregati per aiutarci a guardare oltre le medie globali e nazionali e a prendere in considerazione i bambini che sono stati lasciati indietro. 6. Migliorare gli investimenti per tutti i bambini, soprattutto i più vulnerabili e emarginati: Fondi Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 13

sufficienti non devono solo essere investiti nell’istruzione, in acqua e servizi igienico sanitari, cure mediche e protezione sociale; per fornire risultati più sostenibili, devono anche essere orientati ai bambini e alle famiglie che hanno più bisogno. 7. Rompere il ciclo delle crisi croniche che colpiscono i bambini: Nel 2014, 230 milioni di bambini vivevano in zone di conflitto e molti di più sono stati colpiti da disastri naturali o causati dall’uomo. La risposta globale alle crisi umanitarie deve concentrarsi non solo sui bisogni nel breve periodo ma anche sulla costruzione della resilienza nel lungo termine, aiutando i bambini e le loro famiglie a sopportare shock futuri, e sul porre fine al ciclo delle crisi che li colpiscono.

Il mondo ha fatto significativi passi in avanti negli ultimi 15 anni, ma ancora milioni di bambini sono emarginati, questa è una grande opportunità per raggiungere i bambini che sono stati lasciati indietro. Le decisioni e gli investimenti che facciamo oggi determineranno il futuro di questa generazione e di quelle a venire. Tutti noi abbiamo un ruolo da giocare – leader politici, imprese e organizzazioni, individui e bambini stessi – per guidare il cambiamento e costruire un mondo migliore per tutti.

Giovanna Cernigliaro - Presidente del Comitato Provinciale UNICEF ONLUS di Palermo


MONDO SOCIOLOGIA

L’EUROPA, LA PACE E IL MEDITERRANEO L’acceso ineguale che caratterizza i rapporti tra paesi del Nord e del Sud del mondo, allarga sempre di più la forbice che divide la maggioranza dei popoli della Terra che vivono in condizioni di grande indigenza ed una minoranza costituita da un quinto, che vive nell’opulenza. L’espansione nel mondo della produzione di beni e servizi resa possibile dai cambiamenti tecnologici, sociali ed economici ha permesso solo ad una parte del mondo di mantenere e implementare gli standard di vita, più di quanto sia avvenuto nella storia dell’umanità. Nell’ultimo mezzo secolo, grazie al progresso tecnologico, la produzione è stata molto maggiore della crescita della popolazione, generando un aumento di tre volte del PIL pro capite. Ma i benefici non sono stati ripartiti in modo omogeneo.. In Africa, ben un terzo della popolazione è denutrita e questo numero è in aumento.

l’umanità dovrà affrontare nei prossimi decenni. In particolare quella dolce, non è distribuita uniformemente e la crescita della popolazione mondiale rende l’umanità sempre più bisognosa di risorse idriche. 500 milioni di persone hanno scarso accesso all’acqua ed altri 2,4 miliardi vivono in paesi in cui il sistema idrico è a rischio (Clarke, King, 2008).

e la concentrazione sempre di più in periodi estremamente brevi, con delle piogge violente e particolarmente devastanti, che si abbattono su di un territorio dissestato dal punto di vista idrogeologico. Il Mediterraneo settentrionale si trova all’interno di una condizione, dal punto di vista

La maggior parte dell’acqua viene utilizzata per l’agricoltura, specialmente nelle regioni più aride; in Europa e America del Nord ha un forte impatto anche il consumo industriale (ad esempio gli impianti di generazione elettrica).

L’emergenza idrica non investe più solamente i paesi del Sud del mondo, si calcola infatti che oltre il 60% delle grandi città europee sfrutta eccessivamente e in maniera sbagliata le proprie risorse idriche. Tale fenomeno è solo In termini assoluti, il numero di la punta di un iceberg persone che, a livello mondiale prodotto da condizioni -secondo ONU- vive al di sotto climatiche che tendono della soglia di povertà è pari a a peggiorare e che non più di un miliardo e soffre di appaiono congiunturali, denutrizione e secondo i dati condizioni ambientali forniti dall’UNICEF ogni giorno del suolo sempre più precarie e climatico, che rende sempre nel mondo 19.000 bambini un sistema organizzativo carente, più difficile la previsione di (circa 7 milioni l’anno) sotto dispendioso e inefficiente. quali saranno gli scenari che i 5 anni muoiono per cause si potrebbero determinare in prevenibili e malattie facilmente L’Europa è tra le aree del mondo queste zone dell’Europa. curabili. in cui la temperatura è aumentata maggiormente nella media La mancanza di acqua potabile La carenza d’acqua è uno mondiale con l’effetto della genera malattie e fame. La dei maggiori drammi che diminuzione delle precipitazioni ricarica naturale di molte falde Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 14


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è messa a rischio dai milioni di pozzi scavati in tutto il mondo. Per questo motivo un crescente numero di paesi, come lo Yemen, l’Iran, il Messico i paesi del Medio Oriente, quasi tutti i paesi dell’Africa del Nord e dell’Asia centrale, hanno il bilancio idrico in rosso.

mettono in pericolo la vita nel Pianeta accelerando le differenze e le opportunità tra Nord e Sud del Mondo. Oggi più di ieri è necessario sviluppare politiche e pratiche sostenibili per l’ambiente, portando avanti quelle pratiche che siano in grado di supportare le capacità autoriproduttive dell’ambiente e È stato calcolato che un che questo avvenga in modo essere umano su quattro non Il paradosso è che nel Sud può utilizzare acqua pulita del mondo, il territorio viene per mangare, bere e lavarsi. disseminato di immense opere di ingegneria idraulica volute dalle grandi multinazionali dell’acqua che hanno il solo effetto di sconvolgere in modo irreparabile il territorio e gli equilibri ambientali. Sono opere che devastano l’assetto idrogeologico del territorio per canalizzare l’acqua e controllarla in un unico bacino.

La conseguenza di questa situazione è la morte di 2,2 milioni di persone ogni anno. Sì stima che entro il 2020 le persone senza accesso all’acqua diventeranno 4 miliardi, più della metà della popolazione mondiale. I cambiamenti climatici Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 15

distruggono i territori, un cerchio crudele che unisce i mutamenti climatici al degrado ambientale alla povertà e al disagio sociale. L’impoverimento della biodiversità non riguarda, solamente, la scomparsa delle specie, che vengono trasformate in materie prime per il sistema industriale e il loro sistema d’arricchimento. Ma, è soprattutto, un impoverimento dei sistemi di vita su cui si basa la sopravvivenza di milioni di persone. La biodiversità, oltre ad essere una ricchezza per la natura in quanto tale, è la risorsa principale d’intere popolazioni che dipendono dalle risorse biologiche per il nutrimento, la cura della salute, l’energia, i vestiti e le abitazioni.

Il limite delle risorse disegna scenari ancora più drammatici rispetto alle attuali tragiche guerre per il controllo delle risorse naturali, idriche ed energetiche che produce dei Le carenze idriche, i veri e propri esodi ambientali. cambiamenti climatici diversità biologica è e l’inquinamento, La sono tra le principali sottoposta ad un costante cause che provocano processo di erosione a causa devastazione degli il progressivo della i m p o v e r i m e n t o habitat naturali, dall’invadenza ed economica della biodiversità tecnologica che determina una protesa a sostituire la diversità sequenza di reazioni con l’omogeneità in agricoltura, allevamento a catena. La fine di silvicoltura, una specie determina degli animali e nella pesca. la scomparsa di numerose altre Il progressivo impoverimento specie con cui è collegata con le della biodiversità aggravato dall’effetto serra, determina altre catene alimentari. Niente può più del ciclo una sequenza di reazioni a dell’acqua rappresentare catena. La fine di una specie il divario tra Paesi ricchi e determina la scomparsa di Paesi poveri: dalla siccità che numerose altre specie con cui provoca carestie e malattie, è collegata con le altre catene L’impoverimento alle sconvolgenti alluvioni che alimentari.


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della biodiversità è soprattutto, un impoverimento dei sistemi di vita su cui si basa la sopravvivenza di milioni di persone, diventando una delle cause dell’immigrazione che da fenomeno ciclico diventa strutturale ed è conseguenza della carenza di risorse alimentari e dell’acqua, espressione della globalizzazione e dell’omologazione produttiva. I fenomeni migratori avvengono a causa di grandi cause strutturali che riguardano l’insieme del Pianeta, e in particolare, da quei paesi in cui: la povertà, la fame, la mancanza di lavoro o il lavoro ridotto a schiavitù, le carestie, le guerre, la sovrappopolazione, i regimi oppressivi, le persecuzioni delle minoranze e i disastri ambientali, spingono sempre più un gran numero di individui a cercare di raggiungere con ogni mezzo, dopo essere stati privati dei pochi dollari di cui disponevano e a rischio della vita, le coste del ricco, opulento e libero occidente.

è in crescita esponenziale il in fuga dall’orrore della guerra, numero di arrivi di minori non appena pochi anni fa pensava di accompagnati. trasformare il Mediterraneo in uno spazio economico comune, Il Mediterraneo è da millenni fondato su uno sviluppo una regione del mondo in cui armonico delle varie zone, su si incrociano e si integrano uno sfruttamento equo delle culture e popoli diversi. Il risorse e su un’integrazione Mediterraneo contiene una sociale e culturale oltre straordinaria ricchezza di luoghi, che economica. Non aver di città, di culture, di diversità raggiunto questo obiettivo ha culturale, religiosa, biologica e comportato una degenerazione paesaggistica. dei conflitti, un’esasperazione delle divisioni esistenti con la Il Mediterraneo oggi conseguente ingovernabilità di rappresenta anche la linea di un’area nevralgica, nella quale demarcazione fra ricchezza e confluiscono le propaggini di tre povertà. Un divario che l’Europa continenti. intendeva ridurre attraverso l’ormai archiviato processo di Il processo di Barcellona e la Barcellona e la strategia di strategia di Lisbona davano Lisbona. Entro il 2010 doveva grande importanza agli aspetti giungere a compimento la economici e commerciali del strategia di Lisbona (“fare processo di integrazione e divenire l’Europa l’economia più quelli culturali, sociali e umani competitiva e dinamica basata evitando di ridurre quest’ultimo sulla conoscenza”). Nello stesso punto semplicemente ad anno era anche prevista la un problema di prevenzione realizzazione dell’area di libero dell’emigrazione. scambio euro-mediterranea, la Oggi è strategico per la Pace e più grande al mondo, con oltre per l’Europa e per il suo destino, 40 paesi e quasi 800 milioni sottrarre il Mediterraneo alla L’immigrazione è divenuta di persone, rilanciando gli sua condizione di conflitto e un macrofenomeno sociale in scambi tra i paesi dell’Unione povertà. Europa, che necessita della Europea e quelli della sponda costruzione di una politica sud del Mediterraneo, oltre Angelini comune del vecchio continente, che tra questi ultimi, a partire Aurelio - Docente di Sociologia dell’ambiente, delle migrazioni ed Ecologia sia per l’accoglienza e sia dalla seconda metà degli anni Sociologia presso l’Università degli Studi di Palermo Presidente in Itaia del Comitato di integrazione sociale, in Novanta. Al contrario, a una fase -Scientifico UNESCO-DESS considerazione che da più di caratterizzata dall’intensificarsi qualche decennio l’Europa si dell’integrazione commerciale è trovata ad accogliere numeri iniziata a partire dalla metà sempre crescenti di stranieri, degli anni ottanta e novanta, e si assiste alla presenza di ha fatto seguito, sul finire degli immigrati di seconda, o anche anni novanta un rallentamento di terza, generazione, ormai nella tendenza. stabili e radicati sul territorio. Laddove inizialmente erano i Oggi un’Europa che manifesta singoli individui che iniziavano tutta la propria impotenza un percorso migratorio, adesso davanti ai conflitti che si constata, un radicamento infiammano il Mediterraneo e di interi nuclei familiari ed all’esodo di intere popolazioni Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 16


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IL DIRITTO UMANO A UN’ESISTENZA DIGNITOSA PER LE GENERAZIONI CHE VERRANNO

Le più recenti indagini statistiche ci consegnano, ormai da tempo, una condizione umana decisamente precaria, che vorrebbe cambiare, che non ne può più della confusione dilagante e, tuttavia, rimane attendista perché ha paura del peggio, che antepone il benessere allo sviluppo, che cerca nel privato ciò che il pubblico non è riuscita a offrirgli. Tutto ciò, all’evidenza, implica la destrutturazione del sistema degli affidamenti esterni a tutto vantaggio del consolidarsi della consapevolezza interiore. Con l’ulteriore effetto che la condizione collettiva si contrae in esperienza personale per diventare valore. Si fa largo, insomma, la voglia di esistere secondo prospettive egoistiche Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 17

in un sistema che tiene a distanza di sicurezza soprattutto le minoranze non ancora integrate, le quali, dalla loro angolazione visuale di marginalità, assistono attonite e impotenti a questi processi, in ultima analisi, di sostanziale emarginazione. Si vuole alludere, in buona sostanza, a quelle che, con espressione davvero scultorea, Papa Francesco ha definito le “periferie dell’esistenza”. Sono tanti i nuovi “invisibili”, persone che fino a poco tempo addietro avevano una casa, un lavoro, una famiglia e ora si trovano in stato di abbandono in mezzo ad una strada, perchè hanno perso il lavoro, perchè stanno vivendo una separazione dolorosa, perchè sono rimasti soli e devono affrontare una malattia e

via discorrendo. Sono individui che stanno misurandosi non soltanto con la pur fisiologica incertezza del futuro, ma anche con le paure del tempo presente, e che, anche per queste ragioni, rimangono attardati all’interno di un meccanismo che sembra avanzare come una ruspa, facendo a meno di loro. Nel 2007, solo nel nostro paese, vivevano in povertà assoluta 2,4 milioni di persone, pari al 4,1% della popolazione. Nel 2013 sono salite a 6 milioni, il 9,9%. E il prossimo anno potrebbe andare pure peggio. I più recenti dati ISTAT riportano che il 16,6% della popolazione può contare su entrate mensili


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sotto la soglia di € 972,00 di spese per nuclei con due componenti.

accompagnare - il nostro Paese. Dati certo assai preoccupanti, che ci danno la misura di come siamo, insomma, ancora Nel nostro paese, insomma, oggi assai lontani dal benessere e esiste una “terza società : quella dalle opportunità equamente degli esclusi che negli anni distribuite. della crisi, segnatamente dal 2008 al 2013, ha registrato un Dopo gli ennesimi fatti, anche considerevole incremento delle assai recenti, di corruzione sue dimensioni, fino a superare all’interno della pubblica quota dieci milioni di individui, amministrazione, dopo i vari tra disoccupati, occupati in nero episodi di “invalidopoli”, di e inattivi, ma disponibili a un “pensionopoli”, dopo tutti i impiego. Nello scorso novembre, verminai formatisi al riparo il tasso di disoccupazione ha di un pervicace costume raggiunto la quota record del clientelare, ormai pressocchè 13,4 %, sfiorando il 44% tra quotidianamente denunciato i giovani. Abbiamo un debito dalle cronache di stampa, pubblico da capogiro e il continuiamo a non interrogarci costume sembra come essersi sul valore da attribuire all’essere arreso ad un endemico senso cittadini di questo Paese e, ciò di instabilità. I valori della che è più grave, a non volere convivenza civile, dell’etica comprendere, una volta per tutte, individuale, della solidarietà una verità forse assai banale, sociale, pur in presenza di vale a dire quella che ciascuno sempre più ricorrenti e meritorie di noi cresce, arretra, o si salva, esperienze di volontariato, soltanto insieme agli altri! sono ancora piuttosto distanti da raggiungere e stentano A rendere il quadro ancora più ad imporsi sulle ingiustizie preoccupante contribuisce, che hanno accompagnato - altresì, il dato che il nostro e purtroppo continuano ad paese è il quarto in Europa per

presenza di immigrati regolari, anche se si tratta di soggetti prevalentemente in possesso di titoli di studio piuttosto bassi e con scarsa qualificazione professionale. Le destinazioni più ricorrenti rimangono il Regno Unito e la Germania, paesi nei quali l’importo medio del reddito per uno straniero arriva ad oltrepassare i 20.000 euro. Mentre in questi ultimi anni di crisi, in Italia e in Spagna i redditi degli immigrati – occupati prevalentemente in settori, quali l’edilizia, o i servizi domestici, pervero assai poco remunerativi – hanno subito una contrazione pari a circa il 10%. Tutti fattori, insomma, che concorrono a collocare il nostro paese in una situazione di notevole disagio sul fronte dell’esclusione sociale, in forza della quale oltre il 26% degli italiani si trova a rischio di povertà. Parametro quest’ultimo che ci posiziona agli ultimi posti nell’ambito dell’Unione Europea insieme alla Grecia, Spagna e Portogallo. E costituisce certo rilievo di scarso conforto la constatazione che il divario economico tra Nord e Sud e tra le differenti fasce della popolazione non è una peculiarità tutta italiana, investendo piuttosto l’intera Europa. Persino quest’ultima, infatti, risulta essere profondamente divisa tra Nord e Sud sul versante dei redditi, delle opportunità occupazionali, del trattamento economico riservato ad autoctoni e stranieri, della quota da considerare a rischio povertà. Le cose non stanno, poi, affatto meglio sul versante della giustizia sociale nei ventotto paesi dell’Unione Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 18


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Europea. Come riferito, infatti, da un recente rapporto della Fondazione Bertelsmann Stiftung, che ha elaborato un c.d. Social Justice Index, il relativo trend appare in netto calo, ulteriormente fiaccato dalle recenti misure di austerità e dalle riforme adottate in vista della stabilizzazione economica e finanziaria, con conseguente riduzione in molti paesi della capacità di investire in settori strategici, quali, per esempio, l’istruzione e la ricerca. Lo studio, elaborato dal succitato Ente, ha tenuto presenti i seguenti parametri : prevenzione della povertà, equità dell’istruzione, accesso al mercato del lavoro, coesione sociale, non discriminazione, salute e giustizia intergenerazionale. Ed è pervenuto alla davvero assai sconfortante conclusione che gli stati non hanno una linea di azione comune su quei versanti e che le migliori performances sono state realizzate sin qui soprattutto dai paesi nordici, segnatamente negli ambiti della prevenzione della povertà, nell’accesso al mercato del lavoro, nella coesione sociale e nella non discriminazione. Tutti disequilibri sociali, quelli sin qui evocati, che, in uno con l’ormai costante e globalizzata minaccia terroristica, rischiano di pregiudicare irrimediabilmente la coesione all’interno dell’intera Unione Europea.

l’irruzione della globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione e le nuove produzioni non ci consentiranno certo più nel prossimo futuro. Nutrivamo tutti la speranza che la globalizzazione avrebbe portato benefici tanto nei paesi industrializzati quanto in quelli del Terzo mondo. Oggi, al contrario, il rovescio della medaglia della globalizzazione appare sempre più evidente. Agli occhi dell’osservatore attento si presenta un sistema commerciale globale ingiusto, che ostacola lo sviluppo e un sistema finanziario globale instabile, in cui i Paesi poveri si ritrovano gravati da un debito ingestibile. Il denaro dovrebbe giungere dai paesi ricchi a quelli poveri, ma assai spesso compie il percorso opposto. Come ha puntualmente sottolineato Joseph Stiglitz, già premio nobel per l’economia nel 20011, “ l’aspetto più significativo della globalizzazione è la disparità tra promesse e realtà. Sembra che la globalizzazione sia riuscita

a unire gran parte del mondo contro di sé, forse perché sembra che ci siano troppi perdenti e troppo pochi vincitori”. Con l’euro, il successo maggiore degli anni dell’Unione Europea è stato il programma di scambi universitari Erasmus, che ha forgiato la prima generazione davvero europea. E’ la generazione che, se ha ancora voglia di europa, deve sapere trovare idee e leadership per uscire dalla crisi, magari prendendo consapevolezza del fatto che l’Europa di un tempo non esiste più, che ha bisogno di nuovi ideali, leaders e capacità di essere ottimisti e solidali, di rimboccarsi le maniche con la certezza che certi privilegi del passato sono finiti. La scommessa è piuttosto semplice e verte tutta su una serie interminabile di interrogativi di fondo, del tipo : che cosa realmente intendiamo quando reclamiamo per il futuro una qualità della vita? Chi sarà l’uomo di domani? Riuscirà

D’altro canto, nel torno di tempo che va dal 1945 all’avvento dell’euro, questa Europa ha certamente vissuto con un tenore di vita e di lavoro che 1 - Per ogni ulteriore approfondimento delle argomentazioni di cui al testo, v. J. Stiglitz, Making Globalization Work, WW. Norton/Penguin 2006.

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a costruire rapporti sociali, e tra le persone, più aperti? Sconfiggerà lo scandalo della povertà e delle violenze vecchie e nuove? Quali sconosciuti dolori dovrà conoscere? Sarà libero di organizzare la sua storia secondo un progetto universale o seguiterà a portarsi dietro le separazioni di oggi? Di quali esempi potrà giovarsi per entrare nel terzo millennio? E quale futuro avranno il sentimento e l’idea di Dio nel suo animo e nella sua mente? Ma le generazioni europee del prossimo cinquantennio avranno la nostra stessa fortuna e, tutto sommato, una esistenza dignitosa come è stata la nostra? Potranno invocare, nelle varie sedi istituzionali e non, il diritto umano ad avere garantita una vita degna di questo nome? Sullo fondo di tutti questi interrogativi si colloca la ricerca di senso, che rimane strutturale alla stessa esistenza umana. Sovvengono, al riguardo, le parole utilizzate da Honorè de Balzac, nella sua opera “La pelle di zigrino” del 1831: “la chiave di tutte le scienze è indiscutibilmente il punto di domanda. Dobbiamo la maggior parte delle grandi scoperte al come? E la saggezza nella vita consiste forse nel chiedersi a qualunque proposito perché”. D’altro canto, se ci riflettiamo solo un istante, ci rendiamo subito conto che l’incremento del nostro sapere, in ultima analisi, non è altro che un continuo susseguirsi di domande e delle relative risposte, le quali, a loro volta, generano nuove domande ed è appunto dall’alto di questa piramide che si riesce ad osservare ambiti della realtà sempre più estesi. Ciò, però, non

comporta affatto come logico corollario che tutte le domande possano, o addirittura debbano, necessariamente trovare una risposta. Kafka ci faceva intuire che ci sono domande senza risposte, che, proprio per questa ragione, ci rivelano il nostro limite creaturale, costituiscono una sferzata all’arroganza dell’onniscienza, o dell’hybris, cioè della sfida all’arbitrio supremo nel decidere bene o male, vero e falso, giusto e ingiusto secondo risposte dettate da convenienza o da mera vanità e superficialità. Ciò premesso, t o r n a n d o al nostro interrogativo di fondo, relativo alle concrete possibilità di sviluppo del nostro welfare di oggi, al quale, pur con le difficoltà sin qui delineate, vorremmo provare ad abbozzare una risposta, mi sentirei di concludere di primo acchitto che esse si sono rivelate sin qui assai poco consistenti. La sensazione netta è, infatti, quella che, di fronte a un “ingorgo di futuri possibili” – secondo la celebre espressione di Jurgen Habermas – tende ad aumentare il rischio di essere trascinati dagli eventi, senza potere scegliere dove vogliamo andare. Sfidati da troppi domani, ci rendiamo sempre più conto

del fatto che ogni decisione può generare altri dilemmi, che, in fondo, sono insiti nel tipo d’uomo che ci rappresentiamo. E, a quel punto, l’alternativa diventa stringente, nel senso che consideriamo l’umanità o come il fine unico della creazione (e allora non è possibile

consegnare solo alla storia le nostre speranze), oppure come un mero aspetto della materia, una semplice forma di vita, pari a tante altre (e allora bisogna accettare l’indifferenza della storia nei nostri confronti). E a proposito di senso della vita, non potranno essere solo le realtà biologiche, oggettive, a non essere riducibili alla sola speranza, dal momento che la stessa vita è, invece, qualcosa di rivoluzionario proprio nella sua capacità di ricerca e di conversione, di rifiuto e di scelta. Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 20


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Ma se così è, diventa ancora più pressante l’interrogativo se nel prossimo futuro saremo, o meno, noi a scegliere? Grandi potenti e molte inquietudini continuano a segnare il futuro. Sul punto, ha scritto condivisibilmente un illustre economista2 che “se la democrazia è uno dei grandi

Una sorta di nuovo pessimismo sta insidiando il nostro pensiero: l’idea che le risorse del pianeta si esauriranno, che il disastro ecologico ci punirà, che le grandi migrazioni ci priveranno di qualcosa. Ne è derivata una sorta di nuova immagine della realtà, che è quasi l’ombra proiettata da quella vera, che si è provato a sintetizzare nell’immagine plastica del c.d. villaggio globale, cioè l’unirsi presunto dell’umanità per effetto del prodigio di internet, e che ha finito per oscurare la realtà effettiva del nostro mondo attuale di separati, nel quale da una parte si vive sempre più di benessere e dall’altra si muore sempre più di stenti. E’ stato fatto, all’uopo, il tentativo di esprimere in cifre la qualità della vita. impegni presi dall’Europa negli Né è scaturito, nell’ormai anni Quaranta, l’altro è stata la lontano 1990, il c.d. indice sicurezza sociale, la necessità di di sviluppo umano, che tiene evitare intense privazioni. Anche conto non soltanto del reddito se tagli feroci alle fondamenta prodotto, ma anche di fattori dei sistemi europei di giustizia come l’istruzione, il servizio sociale fossero inevitabili (non sanitario, il potere d’acquisto, credo, ma mettiamo pure che lo l’incidenza della criminalità e siano) è necessario convincerne della droga, la pubblicazione la popolazione, invece di tagliare di libri, la disparità tra uomini per decreto. Eppure sono stati e donne e di altri ancora. spesso imposti a dispetto Si è altresì compreso, per dell’opinione pubblica …” esempio, che la povertà dei

bambini è un caso esemplare non solo di disuguaglianza ingiusta (perché fondata esclusivamente sull’origine di nascita), ma anche del corto circuito che può scaturire, sul piano individuale, tra povertà materiale e menomazione delle capacità e, su quello collettivo, tra incidenza e gravità della disuguaglianza e impoverimento complessivo della società. Nel caso dei bambini, infatti, la povertà è destinata a provocare, all’evidenza, effetti di lungo periodo ben più rilevanti che non quella degli adulti, influendo negativamente sia sul loro sviluppo sia sulla salute fisica, sia sulla possibilità loro negata di accesso ad adeguate risorse per lo sviluppo complessivo. Gli esiti delle indagini svolte in questi ultimi anni nel nostro Paese sulle competenze cognitive dei bambini e degli adolescenti segnalano come esistano forti divari su quel versante tra i ragazzi, a seconda della classe sociale e della residenza geografica di provenienza. Al riguardo, sovviene, non senza accenti quasi provocatori, l’esperienza fatta nello stato del Kerala, dove il problema dell’istruzione dei bambini poveri è stato risolto, con conseguente sconfitta dell’analfabetismo, attraverso l’elaborazione di un programma di orari scolastici flessibili in cui si offriva una sostanziosa refezione. E l’esperimento ha così ben funzionato da indurre la Corte Suprema indiana a rendere la refezione di mezzogiorno obbligatoria in tutte le scuole pubbliche della nazione.

2 - Il riferimento di cui al testo è ad Amartya Sen e al suo intervento tenuto il 21 giugno 2012 alla Conferenza di Lucerna della Bank of International Settlement, la cui versione integrale, in italiano e in inglese, può essere letta in http://24o.it/H1ftF

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Non abbiamo ancora dati precisi per effettuare calcoli così complessi per stabilire esattamente a che punto è l’uomo di oggi nella considerazione di tutti quei parametri surrichiamati, epperò crediamo di potere affermare, senza tema di smentita, che la posta in gioco è piuttosto alta, dal momento che, in ultima analisi, si tratta del destino delle generazioni che verranno! A proposito di queste ultime, forse sarà il caso che gli uomini del nostro tempo comincino ad aiutarli a credere che forza e debolezza, rinuncia e impegno, sazietà e vuoto, egoismo e amore non sono separati per sempre, favorendo per quella via il quotidiano processo di adattamento ad essere ciò che faticano a diventare. Cooperando nella ricerca di altre mete, ovunque, persino all’estero, misurandosi con le opportunità più scomode, alimentando propositi e perseguendo obiettivi, che richiedono duttilità e rischio quotidiani.

Senza, tuttavia, commettere il grave errore di crederli appagati dalla loro età, dalla loro natività digitale e dalla realtà virtuale, nella quale li scopriamo ogni giorno sempre più immersi. Forse è venuto il tempo che la generazione adulta del presente smetta di rifugiarsi nel comodo alibi delle loro paure, dei loro dubbi, della loro indocilità, delle loro rassegnazioni, dedicando alla loro causa uno sforzo di maggiore attenzione. I diritti umani, com’è notorio, vivono nelle prassi quotidiane, non basta declamarli, occorre farli praticare sulla terra. Nessun diritto, neppure quello ad una esistenza più dignitosa, è mai per sempre, né possiamo ritenere imperiture le Dichiarazioni dei diritti. Ogni generazione deve impadronirsene di nuovo, perché altrimenti il serio rischio è che rinsecchiscano al pari di un vecchio tronco. Per le istituzioni, poi, il compito rimane lo stesso di sempre: quello di costruire una

infrastruttura sociale che aiuti le persone e i Paesi a vivere una vita all’altezza delle loro aspettative, che le sottragga all’alternativa di un mondo reale troppo povero e di un mondo virtuale troppo ricco3. In fondo, ripartendo anche da consapevolezze di questo genere, apparentemente banali, si può ricominciare a vivere un’esistenza più dignitosa.

Maurizio Gemelli - Docente a contratto di Diritti umani e giustizia penale internazionale presso il DEMS dell’Università di Palermo

3 - A questo specifico riguardo, forse meriterebbe maggiore attenzione di quella sin qui ricevuta la proposta per la riduzione della povertà e della fame nel mondo, avanzata da Shirin Ebadi, avvocato pacifista e attivista per i diritti civili, nonché premio nobel per l pace nel 2003. In occasione della Conferenza “Food and Water for Life”, tenuta a Venezia il 27 settembre del 2008, la Ebadi suggerì le seguenti due precise strategie : a) la concessione di prestiti e crediti ai diversi paesi venga vincolata alla riduzione del loro budget militare, che non dovrà superare il totale del budget previsto per l’istruzione e per la sanità; b) se un paese povero non è in grado di ripagare il proprio debito estero, lo potrà vedere annullato a condizione che sciolga il proprio esercito.

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ARTE FOTOGRAFIA

DIARIO DI UNA SPERANZA

UN REPORTAGE PER RACCONTARE QUELLO CHE ERA MARE NOSTRUM E I MIGRANTI SOCCORSI Sguardi curiosi, sollevati, pieni di speranza, che scrutano alla ricerca di un segnale su ciò che potrà essere l’esito di un’avventura verso l’ignoto:

una guerra senza confini e di un territorio ostile. Doppiamente vittime di un sogno che per alcuni, non per tutti, potrà avverarsi.

Italiana con medici volontari nel soccorso sanitario ai migranti in particolare bambini e donne incinte. Un reportage che ci ha permesso di cogliere nei volti in

quella del mare, di un attraversamento alla ricerca di un sogno che ad un tratto diventa certezza. Sono gli occhi degli oltre 100.000 migranti che hanno creduto in un futuro diverso, per sé e per i propri figli, questi ultimi vittime di

Sono i soggetti del reportage che il noto fotografo Stefano Guindani ha realizzato nell’Aprile 2014 insieme a Giulio Tanzini durante la missione Mare Nostrum, per conto della Fondazione Francesca Rava, che affianca la Marina Militare

cui la vita ha impresso i segni di una lotta ancora prima di nascere, in alcuni la disperazione, in altri la rassegnazione, in tanti la speranza. Affidarsi al mare è l’unica via di uscita perché niente di peggio di ciò che hanno già vissuto nella

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ARTE FOTOGRAFIA

loro terra e da cui stanno scappando, potrà mai arrivare dal mare. Sono viaggiatori con una meta, ma non sanno quale strada percorrere o se la raggiungeranno mai. Partiti ognuno dalla propria terra per raggiungere le coste,

scandagliare il Mediterraneo attraverso una costante attività di pattugliamento marittimo, allo scopo di salvare vite umane ed assicurare alla giustizia le organizzazioni criminali che da questa situazione hanno generato un business.

connesso con l’ospedale militare romano del Celio. I soccorritori, ai quali si chiede comprensione e forza d’animo, acquisiranno un’esperienza umana di cui conserveranno la memoria, immergendosi nella vita e nei dolori altrui ed esplorando le

Stefano Guindani ne racconta la storia, un percorso di salvezza: il soccorso, l’identificazione, il controllo sanitario, per alcuni anche il ricovero in infermeria e L’operazione Mare Nostrum, gli interventi chirurgici all’interno nata nel 2013, sin da quando della nave San Giorgio della persero la vita 366 persone, Marina Militare italiana, attrezzata era nata con l’obiettivo di con un servizio di telemedicina

periferie del mondo. Ecco che Mare Nostrum diventa un incontro di anime, di compagni di viaggio, tra soccorritori e migranti, che condivideranno, seppur per breve tempo, destini e speranze in un mare che dà la vita e che la toglie. Le immagini raccontano infatti anche la storia di chi non ce

sono accomunati da un unico sogno: essere liberi alla ricerca di un futuro, pur nell’assoluta incertezza.

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l’ha fatta, il gusto amaro di un’impotenza nel salvare tante vite, malgrado il dispiego di circa 799 militari e di volontari, a cui si unisce il senso umanitario della gente comune, degli abitanti delle isole, dei pescatori per i quali vige soltanto la legge morale del mare

immagini in poesia. Guindani riesce a scorgere un sorriso, l’abbandono ai soccorritori, a trasmettere questa intensità e a cogliere infine lo sguardo di un bambino, perché tutto ciò serva da monito per la costruzione del nostro e del loro futuro.

che obbliga a dare soccorso, in una gara di solidarietà e di amore.

Nel mese di ottobre 2014, la solidarietà, in un’opera di Mare Nostrum ha concluso la costante sensibilizzazione. sua breve vita. Dopo un anno di attività, l’1 novembre ha lasciato spazio alla missione Triton Daniela Brignone destinata esclusivamente al - Componente del Consiglio Direttivo di Assocultura presso Confcommercio Palermo pattugliamento fino a 30 miglia dalle coste italiane, inefficace da sola a controllare tutte le

Foto realistiche e terribilmente attuali, quelle di Guindani, che raccontano tutto ciò. Ma in mezzo a tanta verità, anche la bellezza di un attimo rubato trasforma le Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 25

coste del Mediterraneo e la criminalità. L’appello di Amnesty International “Le persone prima delle frontiere”, lanciato in tale occasione, punta sul risveglio della coscienza e della legge del cuore, sul riconoscimento di valori quali la dignità umana, l’identità,


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BIBLIOTECA EDUCAZIONE AI DIRITTI UMANI

ANIMATE LETTURE

Testi da leggere, da ascoltare e da vivere… strumenti educativi per laboratori di lettura e attività con i bambini composito viaggio sui passi fatti dai Diritti nel corso dei secoli attraverso 20 carte, ognuna delle quali è dedicata ad un evento significativo della storia mondiale. Per ogni data un’illustrazione, una poesia e una didascalia che raccontano gli eventi e i personaggi attraverso colori, rime e parole. Infine una carta bianca, vuota, dove è possibile segnare un’altra tappa del cammino dei diritti.

All’interno della strategia del Movimento, l’EDU (Educazione ai Diritti Umani) viene concepito non soltanto come una semplice trasmissione di conoscenze e di informazioni sul tema dei Diritti Umani, ma come un’attività adatta a far prendere coscienza a ciascuno della propria dignità di essere umano, portatore, come tale, di diritti. Tutte le attività ad esso inerenti intendono favorire, mediante il ricorso a opportune metodologie e risorse educative, la crescita e lo sviluppo di conoscenze, abilità e attitudini coerenti con i principi riconosciuti a livello internazionale in materia di diritti umani.

punto di forza. Le immagini sono spesso accompagnate da frasi, citazioni, parole che ne sostengono la forza espressiva arricchendone di valore il significato. Si tratta di strumenti educativi per laboratori di lettura con i bambini, come “Il Cammino dei diritti”, di Carioli Rivola, Edizione Fatatrac, un

Un libro può suscitare la curiosità e l’interesse dei bambini anche prima della lettura, ma l’attività educativa efficace deve tendere a coinvolgere i bambini prima, durante e dopo la lettura. I bambini devono essere condotti con l’immaginazione e con la fantasia nella storia rappresentata fino ad assumere piena consapevolezza che ciò che ascolteranno o leggeranno può essere reale o verosimile comunque approvato, sostenuto, condannato, trasformato. La

A questo scopo l’ufficio EDU della Sezione Italiana mette a disposizione una serie di testi rivolti ai bambini delle scuole dell’Infanzia e delle scuole Primarie, albi illustrati che fanno delle immagini accattivanti e fortemente evocative il loro Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 32


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lettura diventerà animata nel momento in cui gli sguardi dei bambini si mostreranno curiosi di seguire le fasi delle storie, quando pur seduti per terra o sulle sedie i loro corpi si protenderanno e si muoveranno in simbiosi con i gesti dei personaggi, fino a quando anche le loro voci riprenderanno suoni e versi di espressioni e azioni. Il racconto diventerà animato quando si trasformerà in esplorazione del testo: - Cosa significa quella parola? – Cosa rappresenta? - Perché si dice questo? - e l’animatore avrà cura di promuovere il metodo maiuetico per vivacizzare il dibattito, sostenuto da domande stimolo e da proposte di prosecuzione della storia o di modifiche nel finale. Le illustrazioni prenderanno vita quando si inviteranno i bambini ad osservare i dettagli, i colori, le sfumature, e a seguire i sentimenti e le sensazioni che l’atmosfera avrà suscitato loro: Cosa comunica questo disegno? - Perché questo colore? - A cosa ti fa pensare?... Infine, il laboratorio di lettura si

animerà in gioco e si trasformerà in creazione quando la storia illustrata o descritta con le parole dell’autore si modificherà, trasfigurandosi nei pensieri e nelle idee dei bambini, nella “loro storia personale”, con domande del genere: - Tu da che parte stai? – E se fossi tu al suo posto?... Gli albi illustrati possono essere letti, oppure solo presentati nelle immagini, poi richiusi, capovolti e di nuovo letti, raccontati nelle loro illustrazioni e poi spiegati,

1 - Cit. di Mariana Chiesa Matteos, Migrando, Ed. Orecchi Acerbo

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commentati, partecipati, vissuti e trasformati. L’albo illustrato “Migrando”, di Chiesa Mateos, Edizioni Orecchio Acerbo, ad esempio, può trasformarsi in uno strumento di larga interpretazione e di condivisione poiché non contiene nel suo interno alcuna parola. “È un libro di disegni e la storia la re-inventa il lettore”1). Il racconto si snoda attraverso le illustrazioni, ma le immagini se capovolte daranno un’idea speculare dei fatti rappresentati e i personaggi potranno essere analizzati attraverso due punti di vista non assimilabili al dritto e al rovescio, neanche al giusto e all’ingiusto, poiché “non esiste un unico sguardo e neanche un unico finale possibile”1). Si potrà invece attivare la curiosità, sconvolgere i preconcetti, animare la storia dandole le parole che non ha attraverso la voce dei bambini che avranno espresso il proprio stupore nel rendersi conto che i veri creatori della storia sono proprio loro quando l’immaginazione avrà dettato loro indicazioni e commenti


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e indirizzato verso una strada piuttosto che verso un’altra. L’attenzione dei bambini deve essere sempre viva e la partecipazione motivata e ciò può verificarsi solo se l’animatore avrà modo di creare l’atmosfera modulando la propria voce nel raccontare la storia, dando timbro variegato ai differenti personaggi, utilizzando le pause nei momenti significativi, dando spazio alle espressioni e alle domande. Nel “Ranocchio e lo straniero”, di Max Velthuijs, Edizioni Bohem Press, ad esempio, libro utile per trattare temi come la diversità e i pregiudizi, i bambini potranno leggere la copertina, associare le parole alle immagini e ai personaggi raffigurati, riconoscersi nel protagonista o prenderne le distanze. Il libro potrà così animarsi attraverso domande aperte sui sentimenti suscitati e sulle riflessioni sulla storia.

illustrano il luogo di vita di un “Sogni di libertà. In parole e bambino e della sua famiglia e immagini”, AA.VV., Gallucci la sua voglia di andare a scuola. Editore, è un albo illustrato che racconta il desiderio di “libertà “L’autobus di Rosa”, di da” (qualcosa) e il desiderio Silei – Quarello, Edizione di “libertà di” (fare, essere..) Orecchio Acerbo, è un libro che accomuna il pensiero che racconta invece una storia degli adulti, dei più piccoli di segregazione razziale e di e dei più famosi difensori coraggio, di ribellione ai soprusi dei diritti umani attraverso e alle prepotenze, dove i disegni loro citazioni e brevi frasi. È si uniscono a pagine scritte in uno strumento educativo che “Adrian vuole andare a scuola”, cui due generazioni piuttosto consente di trattare temi come Edizione Coccole e Caccole, distanti per età e vissuto libertà, uguaglianza, diritti, è un albo che attraverso il personale si mettono a nudo responsabilità con immagini e protagonista racconta i Rom, confrontandosi nei sentimenti e colori, parole e descrizioni di una storia fatta di immagini che negli insegnamenti. “sogni di libertà”. “Leyla nel mezzo”, di Sarah Garland, Edizioni Lo Stampatello, infine, è il racconto illustrato di un viaggio che in realtà è la fuga di una bambina, la protagonista, verso un paese nuovo in cui si delinea la sorte dei migranti e dei rifugiati, con un’attenzione particolare sui diritti dei minori e sul diritto all’istruzione.

Daniela Conte - Responsabile del Centro di Documentazione per la Promozione e l’Educazione alla Tutela dei Diritti Umani “Peter Benenson”

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BUONE NOTIZIE

AZERBAIJAN Il 29 dicembre 2014 sono stati liberati Zaur Gurbanli e Uzeijr Mammadli due membri del movimento giovanile per la democrazia NIDA. I due erano stati arrestati insieme ad altri sei attivisti di NIDA fra marzo e maggio 2013 e condannati in base ad accuse false per possesso di droga ed esplosivi, teppismo, e disordini pubblici. Essi sono stati considerati da Amnesty International prigionieri di coscienza, arrestati soltanto per aver organizzato pacifiche proteste contro violazioni dei diritti umani.

AZERBAIJAN Con provvedimento del Presidente Azero Ilham Aliyev del 18 marzo 2015, sono stati rilasciati Bashir Suleymanli e Orkhan Eyyubzade. Il provvedimento prevede la grazia per 101 persone. Suleymanli è responsabile del monitoraggio delle elezioni del Centro Studi per la Democrazia (EMDS). Fu arrestato il 17 dicembre 2013 in seguito alla pubblicazione, da parte della sua Organizzazione, di rapporti che documentavano diffuse violazioni elettorali durante le elezioni presidenziali del 2013. Giudicato colpevole, fra l’altro, dell’intento di influenzale le Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 35

elezioni, fu condannato a 3 anni e mezzo di reclusione. Eyyubzade è membro del partito d’opposizione Musavat e del movimento democratico giovanile NIDA. Fu arrestato il 6 maggio 2014 per aver partecipato ad una protesta. Tuttavia durante la carcerazione fu accusato di aver ferito una guardia e condannato a due anni di reclusione. Amnesty International, che aveva considerato i due uomini prigionieri di coscienza, ha valutato la liberazione come un atto positivo ma insufficiente poiché ancora rimangono nelle prigioni azere non meno di 20 prigionieri di coscienza ed ha anche commentato il gesto del presidente Aliyev come un tentativo di placare i critici alla vigilia dei Giochi Europei.

EL SALVADOR Il 24 gennaio 2015 è stata concessa la grazia dall’Assemblea Legislativa Salvadoregna a Carmen Guadalupe Vazquez, condannata nel 2008 a 30 anni di carcere per aborto, considerato in quel paese omicidio aggravato punibile con una pena che può arrivare fino a 50 anni di carcere. El Salvador è uno dei paesi del Centro e Sud America che puniscono molto severamente l’aborto, come Cile, Nicaragua, Haiti, e la Repubblica Dominicana. Erika Guevara Rosas, Direttrice per le Americhe del Segretariato Internazionale di Ammnesty International, ha così commentato il provvedimento dell’Assemblea legislativa: “Nel prendere questa decisione El Salvador ha posto riparo ad una terribile ingiustizia. Guadalupe non avrebbe dovuto mai essere incarcerata. È un

trionfo della giustizia, risultato del duro lavoro di attivisti locali per i Diritti Umani”

TUNISIA il 16 gennaio Ines Ben Othman è stata rilasciata dal carcere in seguito alla decisione della Corte d’Appello di Ariana di concedere la sospensione condizionale della sua condanna a due mesi di reclusione. Ines Ben Othman era stata arrestata il 19 dicembre 2014 e condannata a due mesi di reclusione il 7 gennaio per “aver insultato verbalmente un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni”, dopo essere andata alla stazione di polizia di Ariana, alla periferia di Tunisi, per lamentare mesi di molestie da parte del vice capo della stessa stazione su Facebook. Del caso si a occupata anche Amnesty International che in un appello per la sua liberazione ha condannato le accuse a lei rivolte denunciando l’utilizzazione di leggi che criminalizzano la diffamazione, che dovrebbe essere trattata esclusivamente in sede civile.

CAMERUN La notte del 17 marzo 2015 è stato rilasciato Gerard Kuissu, che era stato arrestato il 14 marzo dopo aver cenato con una delegazione di Amnesty International. Kuissu è un attivista per i Diritti Umani, fondatore dell’Organizzazione per i Diritti Umani Tri¬bu¬nal Arti¬cle 53. Durante la detenzione Kuissu è stato interrogato in merito all’attività della sua


Organizzazione ed ai rapporti intrattenuti con Amnesty International. Dopo il rilascio Kuissu ha dichiarato: “Ringrazio tutti coloro che si sono attivamente impegnati per il mio rilascio. Il mio più sincero ringraziamento. Ringrazio in particolare i miei avvocati, amici e attivisti di Amnesty International. Quindi grazie di cuore. Non dobbiamo fermarci qui. La battaglia continua.”

ARABIA SAUDITA Il 12 febbraio 2015 sono state rilasciate Loujain al-Hathloul e Maysaa al Ammoudi. Esse erano state arrestate il 1° dicembre. La prima quando aveva tentato di entrare dagli Emirati Arabi Uniti in Arabia Saudita guidando un’auto, cosa vietata alle donne in Arabia Saudita. Maysaa al Ammoudi era stata arrestata al confine per aver sostenuto Loujain. Successivamente all’arresto le due donne era state rinviate a giudizio per “terrorismo”, in relazione alle opinioni espresse mediante twitter, su cui godono di ampio seguito.

PENNSYLVANIA STATI UNITI D’AMERICA Il governatore della Pennsylvania ha adottato una moratoria di fatto della pena di morte a causa dei molti problemi che essa presenta. Il sistema, infatti è considerato da molti “difettoso, inefficace, ingiusto e costoso”. Un’apposita commissione per la pena di morte presenterà in merito un rapporto al governatore. Il governatore ha sottolineato che, da quando la Corte Suprema ha ridato il via alle esecuzioni, 150 condannati a morte sono stati scagionati, sei dei quali in Pennsylvania.


Raif Badawi non è stato frustato ieri: è una buona notizia, ma il caso non è ancora chiuso!

@amnestysicilia #FreeRaif 28/02/15


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