Bergamo Salute - 2022 - 65 - marzo/aprile

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numero

65

Anno 12 Marzo | Aprile 2022

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

18

Farmaci per dimagrire QUALI SONO E COSA SAPERE

24

Terapia di coppia QUANDO PUÒ SERVIRE

34

Malattia del bacio GLI ADOLESCENTI PIÙ A RISCHIO

43

Canottaggio UNO SPORT COMPLETO A CONTATTO CON LA NATURA

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

14

Carlotta Filippi

Le mie passioni: correre in montagna e arbitrare il futsal in serie A Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 1


COSA FARE QUANDO SI ROMPE UNA PROTESI DENTALE? Quando si verifica la rottura parziale o totale di una protesi dentale per porre rimedio è consigliato rivolgersi al proprio dentista di fiducia. Quest’ultimo, grazie ad un’analisi approfondita, valuterà l’integrità complessiva della protesi e la possibilità di poterla riparare in base al problema. In presenza di danni strutturali, potrebbe essere necessario rifare la protesi. In ogni caso, l’esperto agirà tempestivamente per risolvere il problema e il conseguente disagio arrecato. Sottoporsi a visite di controllo periodiche dal dentista e il mantenimento di una corretta routine di igiene orale favorisce la prevenzione di eventuali problematiche a carico del cavo orale e permette di monitorare lo stato della protesi. Il network Centri Dentistici Primo e Caredent desidera mettere a disposizione di tutti gli strumenti necessari possibili per risolvere situazioni di fastidio al cavo orale. SERVIZIO IN STRUTTURA In caso di problematiche dentali con carattere di urgenza e che richiedono un intervento rapido e immediato, il nostro staff è a disposizione con visite prioritarie in struttura negli orari di apertura.

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Caredent Italia S.p.a Albino, D.S. Dott. Nicola Attilio Rossi, Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 715 | Romano di Lombardia, D.S. Dott. Nuriddin Nammoura, Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 1266 | Seriate, D.S. Dott. Matteo Braschi, Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 1246 | Stezzano, D.S. Dott. Tommaso Ballatore, Albo Provinciale degli Medici Chirurghi di Bergamo, n° 7851 - Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 1211 | Trescore Balneario, D.S. Dott. Federico Meravini, Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 1137 | Treviglio, D.S. Dott. Matteo Bazza, Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 987 | Villa d’Almè, D.S. Dott. Luigi Daverio, Albo degli Odontoiatri di Monza Brianza, n. 548 Dental Curno S.r.l. Curno, D.S. D.S. Dott. Tommaso Ballatore, Albo Provinciale degli Medici Chirurghi di Bergamo, n° 7851 - Albo Provinciale degli Odontoiatri di Bergamo n° 1211

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numero

65

) EDITORIALE 7 Bergamo salute spegne 12 candeline... in salute

Anno 12 Marzo | Aprile 2022

) IN FAMIGLIA 28 Dolce attesa Malformazioni congenite urologiche 32 Bambini Come correggere la deglutizione atipica in età evolutiva 34 Ragazzi “Malattia del bacio”. Gli adolescenti i più a rischio

) SPECIALITÀ A-Z 8 Chirurgia Ernia inguinale. Oggi si cura con la chirurgia mini-invasiva 10 Ginecologia Sindrome dell’ovaio policistico 12 Otorinolaringoiatria Corde vocali: ecco come mantenerle in salute

) RICETTA 36 Lasagnette di primavera allo zafferano e asparagi

) PERSONAGGIO 14 Carlotta Filippi Le mie passioni: correre in montagna e arbitrare il futsal in serie A

) IN FORMA 43 Fitness Canottaggio. Uno sport “completo” a contatto con la natura

) IN SALUTE 18 Alimentazione Farmaci per dimagrire. Quali sono e cosa sapere 20 Brodo vegetale. Un alleato in cucina, sano e gustoso

) RUBRICHE 46 Guida esami Quello che le transaminasi dicono sulla salute del fegato 48 Animali Un vaccino contro la tosse dei canili

) IN ARMONIA 22 Psicologia Dipendenze patologiche? Il supporto alla famiglia 24 Coppia Terapia di coppia. In cosa consiste e quando può servire

) DAL TERRITORIO 50 News 54 Terzo settore Aiutiamoli per la salute mentale 56 Farmacie Long Covid 58 Il lato umano della medicina Libri che cambiano la vita 63 Malattie rare Malattia di Krabbe 64 Testimonianza Sono sorda ma canto e aiuto bimbi e genitori con le Musicoccole ) STRUTTURE 66 Rsa Bramante 68 Centro Medico Boccaleone ) PROFESSIONI SANITARIE 70 “Together we do it” ) 73 75 77 79 81

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Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 3


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EDITORIALE

Adriano Merigo

E così siamo arrivati a 12. 12 anni di Bergamo Salute. Un traguardo non scontato, fortemente voluto e per questo ancora più bello. Gli ultimi due anni, inutile dirlo, sono stati profondamente difficili per tutti e anche per noi. Non solo umanamente. La pandemia, per mesi, ha annientato la voglia (e la possibilità anche economica) di investire sul futuro, la progettualità e Bergamo Salute, come tante altre realtà, ne ha risentito. Fin dalla nascita siamo sempre stati una free press e, anche in questo periodo così complicato, abbiamo deciso di difendere questa scelta con tutte le nostre forze. Anche quando la raccolta pubblicitaria (unico introito della rivista) era in calo causa pandemia. E anche quando non potevamo

distribuire la rivista per il rischio di contagio. Abbiamo fatto sacrifici, abbiamo cercato nuove strade ad esempio potenziando il sito web e i nostri canali social, abbiamo stretto i denti e siamo andati avanti, animati dalla passione per questa rivista e dal supporto e sostegno dei nostri lettori. E così oggi siamo qui a festeggiare, insieme a voi, un compleanno speciale per più motivi e ad annunciarvi una bella novità: da questo numero cambia la carta della rivista, che ora riporterà il marchio di certificazione FSC®. Che cos’è? Presente su migliaia prodotti realizzati con materia prima di origine forestale (come carta, legno, bambù, sughero…), il marchio FSC attesta che essi sono stati realizzati nel rispetto di rigorosi standard ambientali, sociali ed economici, che

hanno come scopo la salvaguardia delle foreste del mondo e il rispetto delle comunità locali, dei diritti dei lavoratori e degli habitat di specie vegetali e animali. Abbiamo scelto di stampare la nostra rivista su carta certificata FSC per sostenere la mission del Forest Stewardship Council®, ONG internazionale che da oltre 25 anni promuove la gestione forestale responsabile. Un gesto di attenzione all’ambiente, alla sua “salute” ma anche e soprattutto alla nostra e vostra!

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SPECIALITÀ A-Z

CHIRURGIA

Ernia inguinale Oggi si cura con la chirurgia mini-invasiva ∞ A CURA DI STEFANO OLMI

Si manifesta, in genere, con un fastidio o un dolore nella regione inguinale o nell’interno della coscia che a volte rende difficile svolgere le normali attività quotidiane. È l’ernia inguinale, una delle patologie più comuni e frequenti soprattutto tra gli uomini, colpiti otto volte di più rispetto alle donne (sebbene anche le donne ne siano affette, spesso la sintomatologia è più sfumata e non prontamente riconosciuta per via delle minori dimensioni dell’ernia e della diversa anatomia della regione inguinale). Oggi per “curarla” non servono più interventi invasivi come una volta: bastano tre piccole incisioni. Merito di una sempre maggiore “personalizzazione” delle tecniche chirurgiche e soprattutto dei progressi nel campo della chirurgia laparoscopica, che si traducono in minor stress, minor dolore postoperatorio e tempi di ripresa più rapidi.

SE L’ADDOME “FUORIESCE” DALLA SUA SEDE NATURALE In linea generale, per ernia d’inten8 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

de il passaggio di contenuto addominale (intestino, colon, omento…) o semplicemente di grasso attraverso un “buco” della parete, tecnicamente chiamato “difetto di parete”. Il luogo più frequente in cui si presenta questo difetto è appunto la regione inguinale, in virtù della sua particolare funzione e anatomia: in questo caso, in genere, l’ernia è creata dalla fuoriuscita dalla sua sede naturale di una piccola parte d’intestino, nel punto in cui si trova il cosiddetto canale inguinale.

che si estende ai testicoli e alla gamba. A volte però la sintomatologia è più subdola: si presenta semplicemente come un fastidio in regione inguinale o alla radice interna della coscia, che però diventa via via sempre più limitante nello svolgimento delle normali attività. L’ernia inguinale può andare incontro a complicanze e divenire anche un’urgenza da trattare chirurgicamente entro poche ore: è il caso dell’ernia incarcerata o strozzata, situazione che si veri-

RIGONFIAMENTO E DOLORE CHE PEGGIORANO CON LO SFORZO O STANDO IN PIEDI Patologia comune soprattutto in persone giovani che lavorano o svolgono attività sportive, l’ernia inguinale si manifesta come un rigonfiamento, associato a dolore e fastidio, a livello dell’inguine (regione anatomica posta tra coscia e addome), che aumenta durante gli sforzi e in posizione eretta. Altri sintomi possono essere bruciore e sensazione di peso e dolore

PROF. STEFANO OLMI Responsabile Unità di Chirurgia Generale e Oncologica Policlinico San Marco Zingonia


fica quando la parte di viscere è intrappolata tra legamenti e muscoli con conseguente ristagno del materiale presente nell’intestino, interruzione del flusso sanguigno e necrosi dei tessuti. Per questo è importante affidarsi a mani esperte che sappiano riconoscere il problema, anche quando si tratti di una piccola ernia, e trattarlo con la tecnica adeguata.

LA CURA? NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI È CHIRURGICA La terapia, soprattutto se la sintomatologia è importante, è essenzialmente chirurgica, attraverso un intervento di riparazione che consiste nel riportare nella sede naturale i visceri erniati e nel posizionare una rete (o protesi), per impedire future erniazioni e ricostituire l’anatomia della regione inguinale. Nella maggior parte dei casi oggi l’intervento viene eseguito in laparoscopia, tecnica chirurgica introdotta nella pratica clinica all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso che permette di effettuare interventi chirurgici addominali senza grossi tagli. Nel caso specifico dell’ernia inguinale si praticano tre piccole incisioni, attraverso le quali il chirurgo riduce l’ernia, introduce, posiziona e fissa la rete. Le metodiche di fissazione della rete (clip metalliche, clip riassorbibili, colle biologiche) variano a seconda delle dimen-

sioni e dell’anatomia del singolo caso, garantendo una tenuta della protesi anche per le grosse ernie.

I VANTAGGI DELLA LAPAROSCOPIA La tecnica laparoscopica, anche nel caso dell’intervento di ernia inguinale, offre diversi e importanti vantaggi: minor invasività, minor stress e minor dolore postoperatorio, tempi di ripresa più veloci (la ripresa delle attività siano esse lavorative o sportive, anche a livello agonistico-professionale avviene mediamente in 10-15 giorni) e risultati funzionali ed estetici incomparabili rispetto alla chirurgia tradizionale. Inoltre, grazie alla miglior visione possibile con questa via d’accesso, il chirurgo è messo nelle condizioni di posizionare la rete in maniera più completa, andando a coprire completamente tutta la regione in un unico intervento, anche trattando contemporaneamente ernie presenti sia a destra sia a sinistra, limitando al minimo il rischio di recidive. La maggioranza dei pazienti quindi, e in particolare i soggetti con ernia inguinale bilaterale o recidiva, o monolaterale ma fisicamente attivi, può essere operata con metodica laparoscopica, secondo due tecniche ormai consolidate da anni (TEP o TAPP). Solo in una piccola percentuale di casi, ormai, viene eseguito l’intervento tradizionale.

Le cause In alcuni casi l’ernia è legata a un difetto congenito, ovvero un’anomalia nella chiusura del canale inguinale. In altri invece può essere favorita dalla presenza di uno o più fattori di rischio, tra cui i più frequenti sono sovrappeso e obesità, attività fisica intensa, gravidanza, debolezza della muscolatura addominale (anche legata all’età).

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SPECIALITÀ A-Z

GINECOLOGIA

Sindrome dell’ovaio policistico Cure efficaci e sicure con gli inositoli ∞ A CURA DI VITTORIO UNFER

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è uno dei più comuni disordini endocrini-metabolici, con importanti effetti sulla fertilità della donna, sulla sua salute psicologica e sul metabolismo. Caratterizzata da disfunzioni ovulatorie, iperandrogenismo (aumentata produzione di ormoni androgeni) e presenza all’ecografia di ovaie con aspetto policistico, stando agli ultimi dati riportati dall’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology), colpisce tra l’8 e il 13% delle donne, mentre fino al 70% dei casi rimane non diagnosticato.

DISTURBI DEL CICLO MESTRUALE ED ECCESSO DI ORMONI MASCHILI TRA I SINTOMI I criteri di Rotterdam rappresentano le linee guida su cui i clinici si basano per la diagnosi di PCOS. Secondo queste indicazioni, la diagnosi è possibile se una donna presenta almeno due sintomi su tre, tra questi: > ovaio multifollicolare o policistico; > disturbi del ciclo mestruale; > segni di iperandrogenismo (acne, irsutismo, alopecia, seborrea). Oltre ai segni e sintomi elencati, nella maggior parte dei casi, le donne con PCOS presentano insulino-resistenza. Questo fenomeno, che si osserva nel 30-40% delle donne normopeso e nell’80% di quelle in sovrappeso e con obesità e che quindi non va assolutamente sottovalutato, implica la ridotta 10 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

capacità delle cellule di rispondere all’azione dell’insulina (ormone prodotto dal pancreas che permette l’utilizzo dello zucchero accumulato nel sangue, il glucosio, come fonte energetica). L’ovaio, a differenza di altri tessuti, ha la capacità di mantenere la sensibilità all’insulina anche in condizioni di insulino-resistenza. Ciò significa che, mentre gli altri tessuti e organi sono “sordi” nei confronti dello stimolo insulinico, l’ovaio lo “sente” perfettamente e risponde di conseguenza, producendo elevate quantità di androgeni, responsabili dell’iperandrogenismo e dell’alterazione del ciclo mestruale osservati nella PCOS.

LA CURA “TRADIZIONALE”: PILLOLA E METFORMINA Benché questa sindrome sia largamente diffusa, il trattamento resta ancora una sfida. Infatti, se non adeguatamente trattata, la PCOS può portare a complicazioni più gravi, come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e infertilità. Attualmente, tra le terapie più utilizzate ci sono la pillola anticoncezionale e, sebbene non vi sia un’indicazione specifica da parte del Ministero del-

la Salute e dall’AIFA, la metformina. La pillola contraccettiva, in particolar modo quella combinata di tipo estro-progestinico, può rappresentare un valido aiuto per alleviare i sintomi, soprattutto acne, irsutismo, alopecia e seborrea, spesso motivo di disagio psicologico. Infatti, gli estro-progestinici aiutano a ridurre la produzione di ormoni maschili, gli androgeni liberi, principale causa di quei sintomi antiestetici caratteristici della PCOS. Il principale “contro” è che non costituisce una cura vera e propria, ma una terapia sintomatica, che non agisce sulle cause. Inoltre, non risponde

I FATTORI DI RISCHIO? GENETICA E STILE DI VITA La causa esatta della sindrome dell’ovaio policistico è sconosciuta, ma è noto che alla base della malattia sono presenti fattori genetici e fattori predisponenti legati allo stile di vita, come sovrappeso e obesità che possono causare insulino-resistenza.


IL myo-inositolo e il D-chiroinositolo possono essere assunti attraverso fonti alimentari particolarmente ricche, come cereali, semi, uova, frutta (melone, fragole, arance, avocado) e verdura (pomodori, cavolo, spinaci, lattuga)”

alle esigenze di tutte quelle donne che desiderano una gravidanza o che non possono assumere la pillola contraccettiva. Infine, non possono essere sottovalutati gli effetti avversi associati all’assunzione della pillola, quali nausea, aumento del peso corporeo, disturbi dell’umore e della sfera sessuale, etc. che spesso portano la donna a sospenderne l’utilizzo. D’altro canto, la metformina, agendo da insulino sensibilizzante, permette un discreto controllo dell’insulino-resistenza e dello sbilanciamento ormonale associati alla PCOS. Tuttavia, può essere causa di significativi effetti collaterali quali nausea, vomito e disturbi gastrointestinali, e proprio per la scarsa compliance delle pazienti ha spinto a ricercare nuovi approcci.

GLI INOSITOLI, LE “NUOVE” FRONTIERE NELLA CURA Tra i nuovi approcci terapeutici, in particolare, ci sono gli inositoli. Lo studio degli inositoli nell’ambito della PCOS nasce proprio dalla volontà di trovare una risposta terapeutica alternativa, efficace e soprattutto sicura. Gli inositoli costituiscono una famiglia di

molecole naturali molto simili al glucosio. Ne esistono nove esemplari e tra questi il myo-inositolo e il D-chiro-inositolo rappresentano i più importanti per i processi fisiologici che svolgono nell’organismo, poiché agiscono come secondi messaggeri dell’insulina, sensibilizzando i tessuti all’azione di questo ormone, anche se con meccanismi diversi. Infatti, mentre il myo-inositolo promuove l’ingresso del glucosio nelle cellule e il suo utilizzo, il D-chiro-inositolo è impegnato nell’accumulo del glucosio sotto forma di riserva. Inoltre, il myo-inositolo è secondo messaggero dell’ormone FSH, importante per la maturazione dei follicoli, per una buona qualità ovocitaria e per la corretta prosecuzione del ciclo mestruale. Il nostro corpo sintetizza myo-inositolo a partire dal glucosio e lo trasforma in D-chiro-inositolo grazie all’azione dell’epimerasi, un enzima che opera sotto stimolo dell’insulina. Numerosi studi hanno dimostrato come l’integrazione di myo-inositolo da solo o in associazione con D-chiro-inositolo nel rapporto fisiologico 40:1 sia in grado di migliorare i parametri

metabolici e ormonali delle donne con PCOS, con benefici sul ciclo mestruale e sulla qualità ovocitaria. Inoltre, l’uso di myo-inositolo e D-chiro-inositolo è assolutamente sicuro, in quanto entrambi gli inositoli sono stati inseriti dalla Food and Drug Administration tra le sostanze GRAS (Generally Recognized As Safe), ossia prive di effetti collaterali ai dosaggi terapeutici. Recentemente la combinazione degli inositoli con la sieroproteina del latte alfa-lattoalbumina ha permesso di incrementare l’assorbimento sia del myo-inositolo sia del D-chiro-inositolo, facendo sì che anche quel 30% di donne resistenti al trattamento, per problemi di assorbimento intestinale delle due molecole, potesse giovare degli effetti benefici di queste molecole che ormai da vent’anni sono a fianco delle donne nella lotta alla PCOS.

PROF. VITTORIO UNFER Specialista in Ostetricia e Ginecologia Membro EGOI (Experts Group on Inositol in Basic and Clinical Research)

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SPECIALITÀ A-Z

OTORINOLARINGOIATRIA

Corde vocali: ecco come mantenerle in salute ∞ A CURA DI ALESSANDRO COLLI

Le corde vocali (tecnicamente chiamate pliche vocali) sono lembi tendinei che, con il passaggio dell’aria, vibrano generando la voce: è grazie a loro che parliamo e produciamo suoni. Nel corso della vita possono andare incontro a disturbi di varia natura. Tra questi, uno di più diffusi è la disfonia, cioè l’alterazione della voce, che riguarda in particolare chi usa molto la voce per lavoro, ma può anche essere favorita da stili di vita scorretti o altre patologie.

COME “NASCONO” I SUONI L’organo delle corde vocali è costituito da uno scheletro cartilagineo e da un certo numero di muscoli oltre che da legamenti, fasce connettive, mucose etc.. Quando le corde vocali sono addotte (avvicinate) pongono impedimento all’aria che viene dai polmoni, chiudendo in pratica il passaggio. Questo impedimento però è facilmente valicabile perché sono molto elastiche e con una leggera pressione l’aria passa. Passando mette in vibrazione le corde. La vibrazione fa vibrare l’aria e quindi 12 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

si produce un suono che successivamente viene articolato nei vari fonemi della lingua utilizzando le cavità superiori (naso, bocca).

SFORZI, TRAUMI E STILI DI VITA SCORRETTI, TRA I PRINCIPALI NEMICI DELLE CORDE VOCALI I disturbi della laringe, sede delle corde vocali, possono essere di varia natura: dalle più comuni laringiti alle ulcere da contatto, dalla disfonia spasmodica alla paralisi delle corde vocali, passando per tumori laringei benigni o maligni, polipi, noduli e granulomi delle corde vocali. Le persone più colpite sono chi usa la voce per lavoro, insegnanti, cantanti, avvocati, attori, centralinisti, commercianti. Ma esistono anche altri fattori di rischio: stile di vita, fumo, abuso di alcol e reflusso gastroesofageo.

QUANDO LA VOCE SI ALTERA: LA DISFONIA Una delle patologie più frequenti, in particolare, è la disfonia ovvero l’alterazione della voce dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Può essere cronica o temporanea,

di origine strutturale o funzionale. Può inoltre essere idiopatica, quando si genera senza che vi sia una causa apparente. La disfonia colpisce in particolare gli organi che sono connessi alla funzione fonatoria, che fa cioè riferimento

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REGOLE D’ORO DELLA PREVENZIONE

> Evitare il fumo. > Diminuire gli alcolici. > Contenere l’aumento di peso. > Idratarsi correttamente. > Ricorrere a pause di silenzio quando si deve parlare a lungo e ad alta voce. > Controllare l’umidificazione delle stanze in cui si vive e lavora. > Ridurre lo stress.


all’emissione della voce e dei suoni: corde vocali, bocca, naso, faringe, laringe e trachea. Solitamente si manifesta con mancanza di voce, raucedine, bruciore faringeo, fatica nel parlare, fino ad arrivare in alcuni casi all’afonia, cioè la mancanza completa di voce. La disfonia può essere causata da un uso eccessivo della voce o da un trauma. All’origine ci possono essere anche varie patologie, come laringite, botulismo, sclerosi multipla, tumori della laringe, tumori alla gola, alla bocca e agli organi connessi alla funzione fonatoria e tetano. Per questo, se la disfonia persiste per più di dieci-quindi giorni, è necessario rivolgersi a un otorinolaringoiatra o un foniatra per diagnosticare la disfonia. Considerata la pluralità di cause che possono essere alla base della disfonia, il corretto inquadramento del tipo di disfonia e la collaborazione multidisciplinare tra specialista, paziente e logo-

pedista diventa fondamentale. La diagnosi parte da un’attenta visita otorinolaringoiatria o foniatrica e fibrolaringoscopica, esame endoscopico che non necessità di anestesia. In questo modo il medico potrà indirizzare il paziente al tipo di trattamento idoneo, che potrà essere chirurgico o non invasivo e “conservativo”. È importante precisare che, essendo la disfonia un problema molto particolare in cui concorrono cause non solo fisiche, non è detto che sia possibile risolverla definitivamente: chi ha cattive abitudini vocali deve sottoporsi a regolari controlli. Il trattamento con il logopedista è spesso lungo e ripetitivo, il che scoraggia alcuni pazienti. Eppure seguirlo con determinazione è il solo sistema per un effettivo miglioramento delle condizioni di vita. L’approccio chirurgico è riservato a quando si diagnosticano polipi, noduli ed edema alle corde vocali

ed è quindi necessario intervenire per asportare tessuto. Oggi si usa il laser, che permette un veloce recupero post-operatorio. Anche in questo caso, l’approccio multidisciplinare aiuta: la logopedia preliminare serve per ristabilire una corretta impostazione vocale nel paziente.

DOTT. ALESSANDRO COLLI Responsabile dell’Unità di Otorinolaringoiatria Humanitas Castelli Bergamo

S.O.S raucedine In caso di raucedine (abbassamento della voce associato a infiammazione) o disfonia, è necessario ridurre l’uso della voce per consentire alle corde vocali di ritornare in forma. Se dopo qualche giorno la voce non torna normale, è bene rivolgersi a un medico otorinolaringoiatra per una cura farmacologica appropriata. La perdita della voce infatti, se sottovalutata, può diventare laringite cronica ed evolvere in altre patologie. Oltre al riposo, è consigliabile prestare attenzione ai fattori ambientali, come il freddo o il fumo che possono peggiorare la situazione, bere molta acqua, evitare bevande ricche di caffeina e alcol e scegliere gli alimenti giusti. Alcuni cibi, (come caffè, latte, prodotti caseari e spezie), anche se non provocano vere e proprie malattie alle corde vocali, possono tuttavia causare irritazione, secchezza o eccesso di muco, problemi che influiscono negativamente sulla voce e, in particolare, sulla qualità del suono o del canto.

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PERSONAGGIO

CARLOTTA FILIPPI

Le mie passioni: correre in montagna e arbitrare il futsal in serie A ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO

Ha cominciato per gioco con i ragazzi e le ragazze della sua età a Berbenno dove abitava. Ha poi giocato come portiere con i maschietti nella Berbennese, passando poi con le femminucce nella Almennese poi diventata Orobica e infine nell’Atalanta femminile in Serie A, passando per ilBrescia femminile in Serie A2. Era brava tanto da essere convocata nelle Nazionali italiane Under 17 e 19. Poi dodici anni dopo decide di appendere, come si dice, le scarpette e i guanti al chiodo e indossare pantaloncini e maglietta da arbitro. E ora dirige le partite del campionato nazionale A2 di Calcio a 5 maschile e femminile. Quando l’incontriamo nel suo studio di avvocato (sì perché, tra le altre cose, si è laureata in giurisprudenza all’Università di Bergamo e si è abilitata all’esercizio della professione) alla Rotonda dei Mille a Bergamo è appena tornata da Cagliari e sta per partire per Bari per arbitrare un’altra partita. 14 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

Carlotta Filippi, 34 anni, è la prima bergamasca arbitro nazionale di calcio a 5. È brava. Finora non ha avuto alcun problema con i giocatori, le calciatrici e con il pubblico. E ci auspichiamo che, a breve, sia promossa in A maschile e femminile. Lei, come da copione, non tifa per nessuna squadra anche se, essendo bergamasca, segue i risultati della squadra orobica. Ma essendo arbitro non si sbilancia. Preferisce raccontarci la sua vita di Serie A2 maschile. «Ho cominciato a dieci anni con i miei compagni di scuola a Berbenno, giocavo in porta» ci racconta l’avvocato-arbitro. «A quattordici anni sono passata nella squadra femminile della Polisportiva Almennese, che ha poi cambiato nome in Orobica. E sono iniziate le convocazioni nella Rappresentativa Lombardia e le partecipazioni ai tornei regionali ed interregionali. Poi all’Atalanta femminile, prima con la Primavera

conquistando due titoli nazionali e poi con la prima squadra in Serie A. E sono arrivate anche le convocazioni nel settore giovanile della Nazionale italiana di Calcio Femminile, in Under 17 e in Under 19. Nel mezzo c’è stata un’esperienza al Brescia femminile in prestito dall’Atalanta femminile. A 24 anni, decido di smettere come calciatrice. Era giugno, avevo appena vinto la Coppa Italia con la Primavera da Capitano. Ma non volevo mollare il calcio. Mi sono allora iscritta lo stesso giugno al corso per arbitri presso la Sezione di Bergamo e a settembre 2010 ho arbitrato la prima gara di giovanissimi a Longuelo». La carriera è cominciata così, prima le partite nella Bergamasca, quindi in Lombardia e ora in tutta Italia, soprattutto al Sud. Si gioca nei Palasport e talvolta il tifo è uguale a quello del Gewiss Stadium di Bergamo. «La tensione del pubblico è tanta» dice


Carlotta. «Ma non c’è problema. Io cerco di essere autorevole e non autoritaria, come s’insegna e si impara al corso per arbitri e nell’esperienza sul campo, creando un buon rapporto con i giocatori e le calciatici. D’altronde chi ha giocato a calcio è favorito come arbitro. Conosce le dinamiche dei giocatori, lo spogliatoio. L’arbitro ex calciatore sembra aver una marcia in più. I veri problemi li ho avuti quando arbitravo in Prima, Seconda e Terza categoria. In Serie A non capita perché le squadre e le società sanno che possono rischiare grosso con multe pesanti e squalifiche ed il servizio d’ordine è spesso garantito». Carlotta Filippi è anche delegata del Calcio a 5 per la Sezione di Bergamo ed è nella Commissione Esperti Lombardia come referente sezionale. In pratica, quando gli arbitri hanno qualche problema con sedicenti tifosi piuttosto che con dirigenti e giocatori, lei pren-

de la difesa gratuita dei colleghi. E la sua vita privata? «C’è poco tempo e spazio» ci dice. «Faccio tanto sport per tenermi in forma: cammino, corro, nuoto o pedalo. Per rinforzare i muscoli e la testa. Adoro il lago, e spesso ci vado con la bici. Non che odi il mare ma amo la montagna dove ho percorso con il mio cane Buk, un incrocio di lupo italiano che ha ormai tredici anni, il Sentiero delle Orobie, orientale e occidentale, e raggiunto tutti i rifugi orobici. Ma adoro anche le sfide ad alta quota. Una su tutte, il TOR X che si disputa ogni anno a settembre in Val d’Aosta e che racchiude in sé quattro gare Tor 330 (Tor de Geants) TOR 450 Ttor des Glacier), Tor 130 (Tor dret) e TOR 30 (Passage au Malatrà), numeri che indicano i chilometri da percorrere. Io però mi limiterò alla TOR 30 lasciando ai giganti le altre sfide. Ho già partecipato ad altre gare in quota, ma nel cuore porto

quelle di casa come la Marathon Trail Orobie e la Orobie Urban Trail e soprattutto la MAGA che è l’acronimo delle quattro vette Menna, Arera, Grem e Alben, una corsa in montagna che si tiene la prima domenica di settembre a Oltre il colle, mio paese di adozione perché lì è nata mia madre e ci vivono i miei genitori». La montagna è certamente la sua seconda grande passione: è anche socia del Club Alpino Italiano, sezione di Bergamo. «Per me la montagna rappresenta la capacità di misurarsi con i propri limiti in una dimensione a contatto con la natura. E quando la fatica si fa sentire penso alla regola dei cinque secondi che vale per lo sport, per la professione e per la persona: “quando in una gara ti accorgi di aver dato tutto, ma proprio tutto, tieni duro ancora cinque secondi perché è lì che gli altri non ce la fanno più’”».

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 15


PERSONAGGIO

CARLOTTA FILIPPI

Futsal Come è nato e come si gioca ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO

Il Calcio a 5 o Futsal è uno sport di squadra, che ha avuto origine in Uruguay, dove è tradizionalmente conosciuto come futbol de salon, da cui l’attuale nome Futsal. Nasce nel 1930 a Montevideo dove il professor Juan Carlos Ceriani spinto dall’esigenza di far giocare gli studenti in una piccola palestra ne idea la formula, fondendo le regole del calcio con quelle della pallacanestro, della pallamano e della pallanuoto. Secondo le regole attuali le partite si giocano in cinque contro cinque ma ciascuna squadra è composta da 12 giocatori che si possono intercambiare in qualsiasi momento della partita, che dura 40 minuti con due tempi da 20 minuti effettivi. Ci sono due arbitri (nelle gare di 16 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

maggiore importanza, come le fasi finali, anche un terzo arbitro a bordo campo) e un cronometrista (anch’esso arbitro) che blocca il tempo non appena il direttore di gara fischia un’interruzione o il pallone esce dal rettangolo di gioco o gli allenatori chiedono un time-out. Punizioni e rigori funzionano esattamente come nel calcio. Tuttavia una volta che una squadra ha commesso cinque falli cumulativi - vale a dire punibili con un calcio di punizione diretto in quanto i falli punibili con un calcio di punizione indiretto non si conteggiano tra i falli cumulativi - in un tempo, per ogni fallo successivo gli avversari hanno diritto a calciare un tiro libero dal punto del tiro libero che si trova dietro il punto del calcio di rigore che si trova a dieci metri dalla porta.

I calciatori vengono espulsi dopo due cartellini gialli o in seguito a un cartellino rosso diretto. Dopo l’espulsione, un calciatore non può più rientrare in campo in quella partita, e la squadra penalizzata è costretta a giocare con un uomo in meno per due minuti di tempo effettivo, a meno che non subisca un gol; in quel caso ha il diritto a tornare a giocare a pieno organico. Per le rimesse laterali (eseguite con i piedi e non con le mani) i calci di punizioni diretti ed indiretti, le rimesse dal fondo, i calci d’angolo, il calciatore ha quattro secondi per rimettere il pallone in gioco, con l’arbitro che conta con le dita lateralmente ben visibili. Se il calciatore non rimette in gioco il pallone entro quattro secondi, alla squadra avversaria viene concesso un calcio di puni-


zione indiretto. Il portiere non può tenere il pallone per più di quattro secondi nella propria metà campo, mentre nella metà campo avversaria è trattato alla stregua di un qualunque calciatore.

In Italia si disputa un regolare campionato italiano di calcio a 5 dal 1984, organizzato dalla Divisione Calcio a 5, sia maschile che femminile. Tale torneo è diviso in categorie nazionali (Serie A, A2 e B maschile; nonché Serie A e A2 femminile), categorie regionali (Serie C1 e Serie C2 maschile; nonché Serie C femminile) e provinciale (Serie D).


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Farmaci per dimagrire Quali sono e cosa sapere ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO

DOTT. ROBERTO LEONARDI Dietologo Referente medico del Centro per i Disturbi Alimentari e dell’area di Dietologia e Nutrizione Clinica del Policlinico San Pietro

Dovete perdere molti chili? Oggi alla dieta e all’attività fisica è possibile associare un ulteriore supporto che in questo caso può arrivare dai farmaci. Attenzione però: i farmaci approvati in Italia per il trattamento dell’obesità e del sovrappeso sono pochi e selezionati. Per questo, se si vuole intraprendere un percorso farmacologico, in associazione alle modifiche dello stile di vita, è fondamentale rivolgersi a centri specializzati e con comprovata esperienza in questo ambito. Ma quali sono questi farmaci? E su quale meccanismo d’azione si basano? Lo abbiamo chiesto al dottor Roberto Leonardi, medico dietologo. Dottor Leonardi, in quali casi, in un percorso di perdita di peso, è indicato il ricorso a farmaci? Obesità e sovrappeso oggi rappresentano un problema di salute pubblica importante anche nel nostro Paese. Basti pensare che in 18 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

Italia circa il 10% della popolazione - quasi 6 milioni di persone - è affetta da obesità, mentre altri 18 milioni sono in sovrappeso. Un problema in costante crescita, a cui si associa una continua ricerca di nuove strategie per la riduzione del peso corporeo, anche attraverso l’utilizzo di farmaci. Il ricorso ai farmaci può costituire un’arma in più nel trattamento di persone affette da sovrappeso e obesità. È importante però che l’assunzione di questi farmaci sia accompagnata da un corretto stile di vita e da un’adeguata prescrizione dietetica e soprattutto che sia valutata e monitorata attentamente dal medico specialista. Infatti è fondamentale considerare se vi siano patologie concomitanti e altre terapie in corso con le quali tali farmaci possano interferire. Quali sono i principi attivi approvati per sovrappeso e obesità? Ad oggi, i principi attivi approvati in Italia per il trattamento dell’obesità e del sovrappeso negli adulti sono tre: orlistat, liraglutide, bupropione/ naltrexone. Spesso per la perdita di peso si ricorre anche a integratori alimentari, prodotti alimentari che non hanno alcuna indicazione terapeutica. Il ricorso a questo tipo di prodotti, per il trattamento di sovrappeso e obesità, non è supportato da prove scientifiche di efficacia clinica e sicurezza.

Vediamo allora più da vicino come funzionano i farmaci approvati. Orlistat. È un inibitore delle lipasi gastrointestinali, cioè enzimi che metabolizzano il grasso. «L’inibizione di questi enzimi impedisce il metabolismo di alcuni grassi nella dieta. Questo significa che una quota dei grassi ingeriti durante i pasti passa attraverso l’intestino senza essere digerito e quindi assimilato e viene così eliminato» spiega l’esperto. Il farmaco viene assunto in formulazione di compresse, in numero giornaliero variabile a seconda del singolo caso. Il limite di questo farmaco è la possibile riduzione dell’assorbimento a livello intestinale di altri farmaci assunti in contemporanea. Tra gli effetti indesiderati troviamo il discomfort intestinale e la diarrea (steatorrea). Liraglutide. Si tratta di un “agonista” del recettore del GLP-1 (glucagon like peptide-1), già autorizzato da anni nell’Unione Europea a dosi inferiori (fino a 1,8 mg al giorno) per il trattamento del diabete di tipo 2. Il farmaco agisce come regolatore dell’appetito e del senso di fame agendo sia a livello intestinale, determinando un rallentamento del processo digestivo con conseguente maggiore senso di sazietà anche in caso di assunzioni di piccoli volumi di alimenti, sia a livello centrale su alcuni nuclei encefalici aumentando le sensazioni di pienezza e di sazietà e diminuendo contemporaneamente le


sensazioni di fame e di desiderio di consumo di cibo. Gli studi clinici mostrano come il farmaco in associazione al trattamento dietetico e all’attività fisica possa determinare una perdita di peso di circa il 10%. L’assunzione del farmaco avviene attraverso soluzione iniettabile con una puntura sottocutanea al giorno, a dosaggio crescente di settimana in settimana. Tra gli effetti indesiderati del farmaco possiamo ritrovare: nausea, reflusso, tachicardia e cefalea. La risposta al trattamento e la tollerabilità del farmaco dovranno pertanto essere monitorati attentamente nel corso delle visite specialistiche dietologiche. Naltrexone/ Bupropione. Questi due principi attivi determinano una riduzione dell’appetito e di conseguenza della quantità di cibo assunta dai pazienti e aumentando il dispendio energetico. Agiscono sui sistemi del cervello

che mettono in rapporto il cibo e l’emotività, responsabili spesso della fame nervosa, cercando d’inibire la “dipendenza da cibo” e in generale i centri deputati al controllo delle sensazioni di piacere correlate

all’assunzione del cibo. Formulati in compresse a rilascio prolungato, sono controindicati se ci sono stati episodi di convulsioni in passato, in presenza di depressione grave o d’ipertensione non controllata.

L’ULTIMA NOVITÀ: CON IL SEMAGLUTIDE RIDUZIONE FINO AL 20% DEL PESO Una nuova prospettiva nel trattamento di sovrappeso e obesità potrebbe essere rappresentata a breve dalla Semaglutide, molecola da qualche anno in uso nel trattamento del diabete di tipo 2 (attualmente non è ancora prescrivibile nei pazienti affetti da obesità). Questo farmaco fa parte della stessa categoria di molecole della Liraglutide, ovvero gli “agonisti del recettore del GLP-1 (glucagon like peptide-1)” e uguale è anche il meccanismo di azione. Dagli studi clinici finora eseguiti sono emersi risultati molto incoraggianti in termini di perdita di peso: fino al 15-20% di calo ponderale se abbinato ad un adeguato trattamento nutrizionale e attività fisica.

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Brodo vegetale Un alleato in cucina, sano e gustoso ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO

È un ingrediente base della cucina, tra i più semplici e versatili che ci siano. Leggero e gustoso, il brodo vegetale può essere consumato da solo, magari arricchito con dei crostini o della pastina, oppure utilizzato per insaporire molti piatti, dai risotti ai secondi, o come base per zuppe e vellutate. E non è tutto: contrariamente a quanto potrebbe sembrare ha anche molte proprietà nutritive. La dottoressa Federica Belotti, dietista, ci svela i segreti per prepararlo al meglio. Dottoressa Belotti, qual è la ricetta per un buon brodo vegetale? Il brodo si prepara facendo bollire per circa 40 minuti le verdure nell’acqua. Le verdure tipiche sono

le carote, il sedano, la cipolla e le patate. Tuttavia sono ammesse tutte le personalizzazioni che si vogliono, dalla scelta delle tipologie di verdure che piacciono di più (per esempio si possono aggiungere i finocchi, la cicoria, le zucchine o i pomodori), alla scelta delle erbe aromatiche e spezie più svariate per profumarlo (per esempio si possono utilizzare il prezzemolo, il pepe, l’erba cipollina o il basilico). Una volta cotte le verdure, si può filtrare il brodo, che attraverso la bollitura avrà assorbito tutte le proprietà nutritive degli ortaggi. Il brodo vegetale può essere conservato in frigorifero per due-tre giorni. Per conservarlo più a lungo è consigliabile congelarlo in barattoli di vetro o nei contenitori a cubetti per il ghiaccio.

OLIO E SALE QUANTO BASTA Si consiglia di utilizzare olio extravergine di oliva e di aggiungerne una piccola quantità, magari a fine cottura. Per quanto riguarda, invece, il sale sarebbe meglio non aggiungerlo o metterne solo una piccolissima quantità. Se s’impara a utilizzare poco sale in cucina, abituando gradualmente il palato ai cibi meno sapidi, si apprezzerà maggiormente il sapore naturale degli alimenti, limitando l’eccesso di sodio che può causare ritenzione idrica e ipertensione arteriosa, condizione che favorisce lo sviluppo di patologie cardiovascolari come infarto e ictus.


Quando si pensa al brodo la mente corre alla “classica” minestrina. In realtà si può utilizzare in molti modi diversi… Esatto. Il brodo è uno dei compagni inseparabili in cucina perché può servire in mille preparazioni. È la base per vari piatti in brodo: zuppe di cereali e legumi, vellutate di verdura e minestre con tortelli, pastina o riso. Si può utilizzare anche per insaporire i risotti e le carni a lunga cottura. Può essere utile anche per i sughi e anche per allungare condimenti troppo ristretti. Quali vantaggi offre l’utilizzo del brodo? Il brodo di per sé ha un apporto energetico praticamente irrilevante. Pur apportando pochissime calorie, aiuta a favorire il senso di sazietà ed è quindi un alleato prezioso nelle diete ipocaloriche. Inoltre, utilizzato in cottura, aiuta a limitare l’apporto di grassi, riducendo l’aggiunta di olio o burro. Povero di vitamine, è invece una buona fonte di sali minerali, in particolare di fosforo e potassio.

Contribuisce a raggiungere il fabbisogno idrico giornaliero, importante ad esempio per contrastare la ritenzione idrica e la stipsi.

DOTT.SSA FEDERICA BELOTTI Dietista Humanitas Gavazzeni, centri Sportpiù, Studio medico a Trescore B. e FIOS MED Osio Sotto

L‘ALTERNATIVA “COMPATTA” E VELOCE Il dado vegetale, una volta sciolto in acqua, permette di ottenere subito un brodo da utilizzare in qualsiasi preparazione. Il procedimento è semplice. Tagliate le verdure in piccoli pezzi e cuocetele in padella fino ad ammorbidirle, con l’aggiunta di un po’ di olio extravergine di oliva e sale. Frullate tutto con l’aiuto di un mixer o un frullatore a immersione, riducendo il preparato a una crema. Se il composto risulta troppo liquido, riponetelo sul fuoco per farlo ulteriormente evaporare. Trasferite la purea in un foglio di carta da forno disposto all’interno di una teglia, mettete nel congelatore e lasciate raffreddare. Una volta pronto il preparato, tagliate in modo da ricavare dei cubetti della misura che preferite. Il dado può essere conservato in freezer per un lungo periodo. Attenzione alla quantità di dado che si utilizza perché è ricco di sale. Ne basta poco per insaporire, senza coprire il sapore naturale del cibo.

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 21


IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Dipendenze patologiche? Il supporto alla famiglia ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Alcol, sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo. Sono milioni gli italiani che soffrono di dipendenze patologiche. Un problema in crescita che non investe solo chi ne è colpito in prima persona ma l’intero nucleo familiare, con pesanti ripercussioni sia dal punto di vista psicologico e relazionale sia economico e sociale. Per questo, nel percorso di cura, è fondamentale il coinvolgimento della famiglia. «Il lavoro psicoterapeutico con la famiglia è un percorso complesso che prevede innanzitutto un’indagine iniziale sulle motivazioni che portano il nucleo, o alcuni membri, in sede psicologica. È utile investigare l’esistenza di eventuali familiarità con la problematica in questione: la componente genetica e la familiarità con il disturbo costituiscono infatti fattori predittivi di rischio (per l’alcol dipendenza, per esempio, esiste un rischio 3-4 volte superiore nei parenti stretti di persone con disturbo da uso di alcol). Il NIDA (National Institute on Drug Abuse), l’organo 22 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

È fondamentale veicolare il messaggio che il percorso psicoterapeutico è un tempo sospeso dal giudizio” istituzionale tra i più autorevoli nel campo delle dipendenze, afferma che il coinvolgimento dei familiari nel percorso di cura può fornire un vigoroso contributo alla riabilitazione della persona in difficoltà. Sebbene questo passaggio sia consigliato, è facile intercettare dinamiche relazionali che al contrario possono interferire con il percorso di cura» spiega la dottoressa Margherita Zamboni, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Zamboni, quali sono in particolare gli atteggiamenti che possono ostacolare il percorso di cura?

La famiglia della persona dipendente è un nucleo traumatizzato che manifesta ferite emotive come angoscia, paura, rabbia e disperazione. Può sperimentare un vissuto angosciante di preoccupazione costante circa l’incolumità del proprio caro, il senso schiacciante d’impotenza, il timore di eventuali danni legali o finanziari. Il nucleo familiare può inoltre sentire l’urgenza d’intervenire in una modalità assistenziale spesso sproporzionata rispetto al ruolo o alle risorse a disposizione. Altro scenario è quello connotato da un’intensa rabbia e da una dinamica di espulsione/ rifiuto del parente con dipendenza: questo può essere l’esito di disperazione ed esasperazione, oppure della convinzione che il problema riguardi esclusivamente il singolo. Il lavoro terapeutico prevede un impegno sinergico affinché la famiglia possa muoversi coerentemente con gli obiettivi di cura che non possono ridursi all’estinzione del sintomo: è necessario promuovere la trasformazione del sistema


in modo che le parti possano collaborare in una gestione emotiva e pratica funzionale al benessere di ciascuno. Come si può riuscire ad arrivare a questo? Spesso questo passaggio avviene sull’onda di emozioni disperanti che conducono la famiglia alla ricerca spasmodica di una soluzione al problema del proprio caro: questa è un’aspettativa che va accolta e inevitabilmente ridimensionata introducendo il tema dell’accettazione della propria impotenza. Accogliere la valutazione della problematica da parte della famiglia è un passo importante: la dipendenza potrebbe essere intesa come una problematica esclusiva della persona, un motivo di colpevolizzazione e di messa in discussione delle proprie competenze genitoriali oppure una condizione di cui si è vittime inermi. Spesso è proprio la famiglia a chiedere aiuto per il proprio congiunto: la persona rifugge la cura per assicurarsi il

mantenimento del comportamento problematico o per l’incapacità di individuare in esso una patologia autodistruttiva che merita un’attenzione clinica o ancora perché è convinta di poter gestire la tematica all’interno delle mura domestiche. Altre volte il familiare, reattivamente alla condizione del figlio o del parente, può soffrire di ansia, depressione, attacchi di panico, di disturbi somatici o del sonno: la priorità diventa l’elaborazione delle cause del malessere personale, l’introduzione di strategie per la gestione di stress, ansia e rabbia, la valutazione del grado di responsabilità che la persona avverte circa la condizione del familiare affetto da dipendenze patologiche. Possono risultare molto efficaci gli interventi di ristrutturazione cognitiva delle convinzioni e delle aspettative, gli esercizi di rilassamento, la guida all’autocura esperienziale. Ulteriormente può essere utile fornire informazioni per mettere al sicuro il patrimonio familiare. L’obiettivo è ristabilire un equilibrio tra cura di

sé e cura del proprio caro limitatamente alle possibilità di azione che le proprie energie personali mettono a disposizione. È fondamentale veicolare il messaggio che il percorso psicoterapeutico è un tempo sospeso dal giudizio: l’accoglienza, l’ascolto e la validazione delle emozioni emergenti diventano dunque un passo fondamentale per una buona relazione terapeutica e un buon esito del lavoro stesso.

DOTT.SSA MARGHERITA ZAMBONI Psicologa e psicoterapeuta a Mozzo

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IN ARMONIA

COPPIA

Terapia di coppia In cosa consiste e quando può servire ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO

«La relazione di coppia non è statica, ma dinamica, nel senso che si trasforma continuamente. Con il trascorrere del tempo i sentimenti e le emozioni dell’innamoramento si trasformano in un sentimento più profondo, quello dell’amore. La relazione diventa più stabile e solida, ma le emozioni travolgenti dell’inizio si fanno sempre più sfumate. In una coppia stabile e duratura, molte sono le vicende della vita da affrontare: l’attraversamento di queste esperienze cambierà moltissimo sia le due persone sia la loro relazione. In alcuni casi i cambiamenti riguar-

Le terapie che coinvolgono anche i figli si chiamano “terapie familiari” e sono diverse dalla “terapia di coppia”, perché si focalizzano sulle dinamiche fra i vari componenti della famiglia e non solo sui due partner” 24 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

deranno in prevalenza solo uno dei due partner in altri casi entrambi. Questi cambiamenti, che non sempre vanno nella stessa direzione, possono a volte provocare uno squilibrio molto forte, che può spingere la coppia in una profonda crisi, dalla quale non sempre è facile riemergere». Chi parla è la dottoressa Francesca Crotti, psicologa e consulente sessuale. Ci siamo rivolti a lei per capire quando e perché può essere utile intraprendere un percorso di terapia di coppia. Dottoressa Crotti, all’estero è frequente per le coppie andare in terapia. Meno da noi. In quali casi può servire? Quando uno solo, o entrambi i partner, vivono un malessere duraturo, la terapia di coppia si rivela essere un ottimo strumento di aiuto. Soprattutto per coniugi sotto lo scacco di dinamiche ripetitive che alimentano incomprensioni e creano un circolo vizioso di frustrazione, fino a determinare un calo del desiderio. Ci si può rivolgere a un terapeuta di coppia quando il

disagio sperimentato non riesce a essere risolto con tentativi autonomi. Che valore aggiunto può offrire? L’obiettivo di una terapia di coppia è quello di fornire ai due partner una nuova chiave di lettura dei comportamenti propri e del partner, per permetter loro di decidere se hanno bisogno (e desiderano) dei cambiamenti nel loro rapporto e, in tal caso, essere aiutati a metterli in atto. Uno sguardo terzo sulla coppia può risultare utile. Purtroppo, spesso un significativo numero di coppie decide di separarsi senza avere chiesto il parere di un esperto o, scelta peggiore, mantiene un legame disfunzionale. Le ricerche confermano come le coppie che chiedono un aiuto specialistico ottengono diversi benefici, aumentando la percentuale di successo. Come funziona una terapia di coppia? La terapia di coppia si rivolge al legame tra i due partner più che al singolo individuo, si focalizza sulla relazione e sui cambiamenti


IN CASO DI CRISI MA NON SOLO La terapia di coppia aiuta a superare le situazioni di stallo, recuperare una dimensione comunicativa e relazionale più vitale e gioiosa. Può rivelarsi utile, però, anche per partner sani che sentono il desiderio di migliorare la comunicazione interna, rafforzare il legame e affrontare al meglio cambiamenti ed eventi stressanti.

che possono essere apportati. Gli obiettivi sono: > superare una crisi che rende insoddisfatti; > recuperare intesa, per ricostruire fiducia e riavvicinarsi nell’intimità; > vivere la relazione in modo più costruttivo e soddisfacente. Il consulente di coppia aiuta i partner a definire le problematiche, identificando gli obiettivi terapeutici e mettendo a fuoco le criticità. Definito il contratto terapeutico e individuati obiettivi di lavoro coerenti, il passaggio alla terapia prevede incontri della durata di

circa un’ora a cadenza settimanale, quindicinale o mensile, a seconda delle situazioni e dell’approccio adottato. Il terapeuta consentirà ai partner di mettere a fuoco il significato del disagio o del sintomo, per modificare le dinamiche ripetitive e disfunzionali che la coppia mette in atto. Spesso il terapeuta effettua delle sedute di assessment, che di solito sono 4, così suddivise: 1. accoglienza della coppia e analisi del problema globale; 2. colloquio singolo con il partner 1; 3. colloquio singolo con il partner 2; 4. colloquio di restituzione con entrambi. Questa suddivisione dei colloqui è utile al terapeuta e ai partner per poter esprimere liberamente problemi o pensieri che si fatica a comunicare in presenza dell’altro. Il passaggio successivo consiste nella promozione di nuove modalità più funzionali di relazione, né viene esclusa la possibilità di separarsi, vista la maggiore consapevolezza di sé e del rapporto. Quanto dura in genere il percorso? Una psicoterapia di coppia, se funziona, comincia a produrre i suoi effetti già dalle prime sedute: i due partner si sentono più sereni, tornano a comunicare e riprendono

ad avere rapporti sessuali. La durata complessiva è variabile, mai molto lunga, ma è impossibile stabilirla alle prime sedute, perché dipende moltissimo dalle reazioni dei part-

DOTT.SSA FRANCESCA CROTTI Psicologa e consulente sessuale A Bergamo

ner alla terapia e dal loro impegno nel seguire le indicazioni terapeutiche. A definirla è lo psicoterapeuta, basandosi sulle problematiche e sull’intensità del conflitto. I fattori che incidono sulla durata possono essere la natura dei conflitti, le interpretazioni che i partner danno della situazione, le dinamiche comunicative e relazionali, e le prospettive di cambiamento. Condizione necessaria è il desiderio autentico di risolvere i conflitti.

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Malformazioni congenite urologiche L’importanza dello screening ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO

«Tutte le donne si sottopongono in genere ad almeno due controlli ecografici durante la gravidanza: uno nel secondo trimestre, la cosiddetta “ecografia morfologica” per lo screening delle malformazioni maggiori, l’altro nel terzo trimestre, la cosiddetta “ecografia di accrescimento”, che serve per valutare lo sviluppo del feto, ma anche per ricontrollare 28 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

l’anatomia degli organi. Attraverso questo doppio controllo è possibile identificare prima della nascita quelle patologie che riguardano la struttura e spesso anche la funzione degli organi, le cosiddette malformazioni congenite. Tra le malformazioni congenite quelle dell’apparato urinario sono, insieme a quelle del sistema nervoso centrale, le più frequentemente

diagnosticate». Chi parla è il dottor Nicola Strobelt, ginecologo. Approfondiamo con il suo aiuto il tema della diagnosi precoce delle malformazioni congenite urologiche (cioè che possono riguardare rene, uretere, vescica, genitali), grazie alla quale oggi è possibile affrontare queste problematiche già durante la gravidanza o quando il bambino è appena nato.


Dottor Strobelt, quanto sono diffuse le malformazioni congenite del tratto urinario? Circa lo 0.3% dei feti presenta malformazioni congenite del tratto urinario, molte delle quali di lieve entità o comunque assolutamente curabili: più del 70% di queste è riconosciuta grazie alle ecografie di screening prima della nascita. Esiste una netta prevalenza di queste patologie nel sesso maschile. Di fronte alla diagnosi prenatale di una patologia urologica non ci si limita all’esame ecografico, ma in molti casi si procede a indagini genetiche con lo scopo di meglio definire la natura della patologia e le sue conseguenze in termini di prognosi per il nascituro. Quali sono le patologie che vengono più frequentemente riscontrate? 1. Patologie in cui viene colpito primariamente il tessuto renale, per un difetto primitivo nella sua formazione, come nel caso del rene multicistico, una situazione nella quale il tessuto sviluppa una displasia (anomalia nella struttura di un tessuto che ne condiziona anomalia nella funzione) che impedisce al rene di funzionare correttamente. Spesso colpisce solo uno

COME NASCE E SI SVILUPPA L’APPARATO URINARIO FETALE La formazione dell’apparato urinario è estremamente complessa: basti pensare che il rene per strutturarsi nell’embrione passa attraverso tre differenti organi precursori (pronefro, mesonefro e metanefro), i primi due dei quali vanno poi in involuzione. La funzione dei reni fetali è fondamentalmente per produrre il liquido amniotico: nel primo trimestre il liquido amniotico è prodotto dalla filtrazione attraverso la membrana amnio-coriale, ma nel secondo e nel terzo trimestre della gravidanza è prodotto soprattutto dal feto attraverso la sua urina (povera di prodotti del metabolismo, perché filtrati ed eliminati dalla placenta). Il liquido amniotico, la cui quantità aumenta gradualmente fino alla 32-33a settimana per poi lentamente ridursi, è fondamentale nel permettere al feto di muoversi, sviluppare le articolazioni, accrescersi in uno spazio libero senza compressioni, sviluppare strutture delicate come quelle del viso. È inoltre essenziale per i polmoni: il feto “respira” il liquido, lo fa entrare e uscire attraverso le vie aeree, permettendo lo sviluppo anatomico e la maturazione del tessuto polmonare. Protegge, infine, il feto nel terzo trimestre e soprattutto durante il travaglio da compressioni dirette sul cordone ombelicale che potrebbero impedire una corretta ossigenazione.

dei due reni per cui il neonato nasce con un rene sano che gli consente una vita assolutamente normale. Ci sono forme invece, come il rene policistico infantile, determinate geneticamente, nelle quali sono colpiti entrambi i reni e questo è alla

base di una malattia già presente fino dalla prima infanzia. Un’altra grave forma bilaterale di patologia è l’agenesia renale bilaterale, ovvero quando i reni non si sono formati; questa condizione causa gravissimi problemi per la sopravvivenza del

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neonato, innanzitutto per anomala formazione dei polmoni (ipoplasia polmonare) e quindi per difficoltà respiratorie. 2. Patologie in cui i reni si formano correttamente ma vengono danneggiati già nel corso della vita intrauterina da ostruzioni a carico delle vie di escrezione (gli ureteri, l’uretra). È il caso delle uropatie ostruttive (la stenosi del giunto pielo-ureterale, spesso lieve e di ridotto impatto clinico, la sindrome delle valvole posteriori dell’uretra). Queste condizioni determinano un ristagno a monte dell’ostruzione e una sofferenza del tessuto renale che non riesce a scaricare adeguatamente l’urina che viene prodotta. Il riconoscimento prenatale delle uropatie ostruttive è molto importante, perché consente di pianificare in maniera ottimale i controlli post-natali eseguiti dagli specialisti pediatrici e gli eventuali interventi richiesti dopo la nascita, oltre che di eseguire un’adeguata consulenza ai genitori prima ancora che il loro bambino sia nato. Curare queste malattie dopo la nascita nei tempi e nei modi corretti consente di otti-

In mani esperte la maggioranza delle patologie congenite di maggiore gravità viene identificata nel secondo trimestre. Nel terzo trimestre si rivaluta l’anatomia del feto ricontrollando dettagli minimi ma importanti che migliorano l’attendibilità della diagnosi prenatale e l’inquadramento precedente” mizzare i risultati in termini di qualità di vita e di buona funzione renale. Ma basta l’ecografia per diagnosticare in modo accurato queste patologie? L’ecografia resta l’esame cardine per lo screening e la definizione diagnostica di eventuali patologie congenite urinarie. Gli studi di risonanza magnetica fetale hanno evidenziato promettenti potenzia-

lità nel predire la funzione renale in alcune patologie e nell’identificare malformazioni associate nell’ambito di sindromi plurimalformative, andando a indagare altri distretti come il sistema nervoso o il distretto osseo. Una volta accertata la malattia, si può sottoporre il feto a terapie quando è ancora nell’utero o bisogna aspettare che nasca? Alcuni casi severi richiedono interventi da eseguire sul feto ancora in utero, attraverso il posizionamento di cateteri che permettono all’urina di scaricarsi direttamente all’esterno del corpo del feto, nella cavità amniotica che lo circonda con il suo liquido. Questo nell’ottica di proteggere il tessuto dei reni dai danni derivante dall’ostruzione e per permettere al feto di accumulare un’adeguata quantità di liquido amniotico. Queste procedure, cioè il posizionamento di shunt vescico-amniotico e di shunt pielo-amniotico, la cistoscopia fetale, vengono eseguite solo in centri di riferimento per la medicina fetale: richiedono il ricovero della

L’importanza dell’approccio multidisciplinare Nei centri di riferimento per la medicina fetale le diagnosi prenatali di patologia dei reni e delle vie urinarie vengono gestite secondo due princìpi: la gestione perinatale e l’approccio multidisciplinare. Per gestione perinatale s’intende la gestione del feto come paziente già dalla vita intra-uterina, con un attento coordinamento dei controlli prenatali, eventuali interventi fetali, gestione della gravidanza e del parto, assistenza, diagnostica e cure neonatali. Tutti questi passaggi vengono gestiti fin dalla gravidanza da ginecologi, ostetriche, specialisti post-natali, quali il neonatologo e il chirurgo pediatrico, essenziali per l’inquadramento clinico oltre che per la conoscenza e la consulenza con la coppia dei genitori. Altri specialisti danno un contributo molto importante: il genetista per l’inquadramento prenatale e post-natale della patologia, lo psicologo clinico nei casi in cui sia necessario un supporto per la futura mamma o la coppia di genitori.

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complessa medicina fetale: oggi il feto è considerato un paziente che viene inquadrato e a volte anche curato quando è ancora in utero, riceve cure multidisciplinari come un qualsiasi paziente pediatrico. In epoca pre-ecografica molte patologie ostruttive delle vie urinarie risultavano non diagnosticate dopo la nascita, la diagnosi di malattia renale era spesso fatta in età adulta quando il rene aveva già sviluppato un’insufficienza funzionale. Oggi invece la cura delle patologie urologiche, quando non associate ad altre malattie, porta nella maggioranza dei casi a buoni risultati, in termini di funzione renale negli anni successivi e di qualità di vita.

gestante, sono procedure invasive gravate da un tasso di complicazioni nel decorso della gravidanza e necessitano d’indicazioni corrette e condivise in un ambito multidisciplinare. I risultati ottenuti fino a ora hanno determinato una sicura protezione dei polmoni fetali nei casi di malattia renale bilaterale con riduzione significativa del liquido amniotico, dati non convincenti rispetto a un miglioramento della funzione renale dopo la nascita (Pluto trial, 2013). In conclusione possiamo dire che queste patologie rappresentino un esempio estremamente efficace di come nel tempo si sia passati dalla semplice diagnosi prenatale a una più

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Come correggere la deglutizione atipica in età evolutiva

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La deglutizione disfunzionale o atipica è un’alterazione della deglutizione molto spesso associata a uno squilibrio della muscolatura oro-facciale. Questo meccanismo scorretto può avere conseguenze anche sulla masticazione, respirazione, fonazione e postura. Ecco perché è importante intervenire tempestivamente con un percorso di rieducazione, come ci spiega la dottoressa Valentina Preda, logopedista. Dottoressa Preda, cosa s’intende per “deglutizione disfunzionale”? S’intende il permanere di un meccanismo deglutitorio infantile oltre il periodo ritenuto fisiologico ossia dopo i 6-7 anni d’età. In particolare, si rileva una posizione scorretta del corpo linguale sia a riposo sia durante la deglutizione. La punta della lingua, infatti, a riposo, anziché sfiorare la zona posta subito dietro alla papilla retroincisiva, si appoggia contro i denti superiori o inferiori o più raramente tra i denti delle due 32 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

arcate. Durante l’atto deglutitorio la parte mediana della lingua si stacca dal palato formando una concavità rivolta verso l’alto e la parte posteriore si appoggia contro la parte posteriore del palato. Da qui inizia una spinta da dietro in avanti che porta la parte anteriore della lingua a spingere con forza contro gli incisivi superiori o contro gli incisivi inferiori o tra i denti delle due arcate. Quali possono essere le cause? Le cause principali sono iI perdurare di abitudini orali viziate come l’uso del ciuccio, del biberon o la suzione del dito o di altri oggetti o il protrarsi di abitudini alimentari infantili come l’allattamento artificiale prolungato nel tempo o una dieta alimentare povera di cibi con consistenza solida etc.. Quali sono le conseguenze? La presenza di una deglutizione scorretta unitamente a uno squilibrio della muscolatura oro-facciale sono in grado di spiegare la mag-

gior parte delle anomalie di tipo ortodontico. A seconda del punto di applicazione della forza linguale, si potranno avere: > diastemi, ovvero la presenza di uno spazio largo e vistoso tra due denti contigui; > overjet, cioè la distanza orizzontale fra i margini degli incisivi superiori e quelli degli incisivi inferiori; > morsi aperti, condizioni in cui i denti anteriori, superiori e posteriori non combaciano. Inoltre, si possono avere conseguenze sulla respirazione. Spesso, infatti, questi bambini prediligono l’uso della bocca al posto del naso per respirare (sono i cosiddetti “respiratori orali”). In questi casi, a riposo, si può osservare la lingua bassa, appoggiata sul pavimento della cavità orale o addirittura fuori dalla bocca. In alcuni casi si riscontra anche la presenza di una masticazione disfunzionale o troppo rallentata a causa di una contrazione muscolare eccessiva,


o troppo accelerata, che porta il bambino a ingoiare rapidamente il cibo. Inoltre, spesso si verifica la presenza di difficoltà articolatorie chiaramente udibili nella pronuncia, soprattutto per quel che concerne i fonemi sibilanti (es. /s/). Infine, a lungo termine, si possono osservare problemi anche a livello posturale. Come si può intervenire? In presenza di una deglutizione disfunzionale e di squilibrio della muscolatura oro-facciale il logopedista proporrà un percorso rieducativo che, nello specifico, prende il nome di terapia miofunzionale. La durata media del percorso è di qualche mese con sedute in un primo momento ravvicinate poi gradualmente dilazionate

nel tempo. Inizialmente l’obiettivo della terapia è l’impostazione di una corretta postura della lingua a riposo e durante la deglutizione, unitamente al rafforzamento del tono della muscolatura oro-facciale implicata nei processi deglutitori. In seduta il logopedista proporrà degli esercizi personalizzati che poi il bambino dovrà ripetere a casa con continuità più volte durante l’arco della giornata. Dopo la fase di rieducazione, si passa alla fase di mantenimento del meccanismo deglutitorio funzionale, nella quale il bambino deve mantenere nel tempo il movimento corretto appreso senza tornare a utilizzare il meccanismo disfunzionale. Il percorso terminerà quando sarà in grado di utilizzare gli schemi deglutitori acquisiti in maniera spon-

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“Malattia del bacio” Gli adolescenti i più a rischio ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO

Conosciuta anche come “malattia del bacio”, la mononucleosi infettiva è una delle più “strane” malattie virali dell’adolescenza: strana perché l’abbiamo avuta tutti, quasi sempre senza accorgercene, perché si può confondere con altre malattie (la tonsillite batterica soprattutto) e anche perché ha un lungo periodo di incubazione e, a volte, dura molto. Forse è per via di questa stranezza che gode di una cattiva (e non meritata) fama e il solo pronunciare il suo nome fa più paura di quanto non dovrebbe. «La mononucleosi è causata da un virus, il Virus di Epstein-Barr (EBV), di cui esistono almeno due varietà (sierotipi). Al contrario delle altre malattie infettive però è poco contagiosa: questo fa sì che si presenti spesso nei bambini più grandi e negli adolescenti» osserva il dottor Sergio Clarizia, pediatra. Dottor Clarizia, come si manifesta questa infezione? In generale, i sintomi della mononucleosi di solito non compaiono 34 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

La mononucleosi infettiva, nota anche come mono, o “malattia del bacio”, perché trasmessa attraverso la saliva, è più spesso osservata negli adolescenti e nei giovani adulti”

fino a quattro o sei settimane dopo l’esposizione e possono includere: > gola infiammata; > placche peritonsillari;s > linfonodi gonfi (nel collo e possibilmente anche nell’inguine e nelle ascelle); > febbre; > rash cutaneo. Negli adolescenti spesso può manifestarsi anche sensazione di stanchezza e debolezza, mal di testa, perdita di appetito e milza gonfia. I neonati e i bambini piccoli, invece, di solito hanno sintomi lievi o nessun sintomo.

Cosa causa la mononucleosi? Il virus di Epstein-Barr (EBV) causa la maggior parte dei casi di mononucleosi, sebbene anche altri virus possano causarlo. All’età di 35 anni la maggior parte degli adulti risulta essere stata esposta all’EBV. Una volta che si è stati esposti, il corpo sviluppa l’immunità al virus e non si può più contrarre l’infezione. Come si diagnostica? A livello clinico questa infezione presenta una sintomatologia abbastanza tipica, ma tuttavia potrebbe essere confusa con altre malattie infettive, che presentano sintomi analoghi (come l’epatite virale, la rosolia, la malattia da citomegalovirus). Pertanto una diagnosi certa si raggiunge soltanto mediante la constatazione della presenza di linfociti caratteristici nel sangue (linfocitosi) associata a test anticorpali e riscontri sierologici (presenza di anticorpi eterofili circolanti e/o anticorpi diretti contro proteine specifiche di EBV).Per confermare il sospetto di malattia che deriva dall’aumento dei globuli bianchi,


sono quindi indicati esami ematologici e immunologici specifici, tra cui: esame emocromocitometrico, monotest, ricerca degli anticorpi anti-EBV VCA, ricerca degli anticorpi anti-EBV EA. È una malattia pericolosa? La mononucleosi è raramente pericolosa, ma la complicanza più comune è la rottura della milza, che è un’emergenza medica. Ecco perché i medici consigliano a chi ha la mononucleosi di evitare gli sport di contatto per un mese circa: un colpo alla milza già gonfia potrebbe farla aprire. Altre complicazioni includono infiammazione del fegato, ittero e tonsille gonfie. In altri rari casi, la mononucleosi può interessare altre parti del corpo come il sangue, il sistema nervoso centrale o il cuore. La malattia può

essere molto più grave o addirittura pericolosa per la vita nei bambini e adolescenti che hanno un sistema immunitario indebolito, ad esempio in quelli con HIV/AIDS. È possibile prevenirla? Il modo migliore per prevenire l’infezione è evitare le persone che ne sono affette. Ma è più facile a dirsi che a farsi, dal momento che molte sono contagiose senza mostrare alcun sintomo. Nel caso di bambini piccoli è bene tenerli a casa dall’asilo nido fino a quando la febbre non è passata e non permettergli di condividere tazze o utensili con i fratelli.

steroidei sono raccomandati per il trattamento di febbre, mal di gola e malessere. Anche la somministrazione di liquidi e nutrizione adeguati è importante. È prudente inoltre riposarsi sufficientemente, sebbene non sia necessario stare a letto.

In cosa consiste la cura? Il cardine del trattamento è la terapia di supporto. Il paracetamolo o i farmaci antinfiammatori non

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Lasagnette di primavera allo zafferano e asparagi INGREDIENTI per 4 persone 1............ Confezione di pasta fresca per lasagne 1 l.......... Latte fresco 80 g..... Burro 100 g... Farina bianca 1............ Bustina di zafferano 1............ Mazzo di asparagi freschi qb......... Grana Padano 300 g... Crescenza qb......... Noce moscata qb......... Sale e pepe qb......... Olio EVO 2............ Spicchi d’aglio PREPARAZIONE Lava gli asparagi ed elimina la parte fibrosa del gambo, cuocili a vapore avendo cura di non rovinare le punte. Separale poi dai gambi e riduci questi a rondelle. Rosola 2 spicchi di aglio spellati con un po’ di olio EVO in padella antiaderente. Unisci i gambi degli asparagi e cuoci per 3-4 min.. Aggiungi poi anche le punte, prosegui la cottura ancora per 1 min. e spegni. Besciamella: sciogli 80 g di burro in un pentolino, unisci 100 g di farina, mescola e lasciala tostare per 1-2 minuti. Scalda in una casseruola 1 l. di latte freddo, aggiungi il sale e la noce moscata. Quando il latte sarà quasi in ebollizione aggiungilo al roux tostato, abbassa la fiamma e con una frusta mescola in modo energico fino a quando la besciamella comincerà ad addensarsi. Aggiungi la bustina di zafferano, assaggia e correggi. Ungi la teglia con una noce di burro e comincia a comporre gli strati della lasagna. Fai uno strato di pasta all’uovo per lasagne pronta già stesa, che non necessita di precottura, coprila con un velo di besciamella, distribuisci sopra uno strato di asparagi, una bella spolverata di Grana Padano e ciuffetti di crescenza qua e là. Ora altri due strati uguali al primo fino ad esaurire gli ingredienti. Termina con un pizzico di trito di pepe. Scalda il forno a 180 °C e inforna la lasagna. Cuoci per 25 minuti e buon appetito!



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Canottaggio Uno sport “completo” a contatto con la natura

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Senso dell’equilibrio dinamico, coordinazione e buona resistenza fisica. Sono queste le principali caratteristiche richieste dal canottaggio, sport dalla storia antichissima, considerato tra i più completi a livello fisico ma non solo. Conosciamolo meglio insieme a Nicola Iannone, allenatore di canottaggio. Come si pratica questo sport? Il canottaggio è uno sport di velocità e resistenza, individuale o di gruppo, che utilizza particolari imbarcazioni dalla forma estremamente affusolata, nella quale gli

atleti siedono su seggiolini mobili (chiamati “carrelli”), scorrevoli o fissi orientati verso poppa, che vengono mossi mediante remi e con il solo aiuto della forza muscolare. Il campo di regata ideale è con acque calme e senza vento. Si può, idealmente, praticare in mare, nel lago e lungo i fiumi. Le gare sui fiumi vengono fatte nel senso della corrente, gli allenamenti invece si svolgono in entrambe i sensi. Sul lago è sicuramente la situazione migliore, nel mare quella peggiore. È adatto a tutti? Ci sono rischi o controindicazioni?

COME AVVICINARSI ALLA DISCIPLINA Ogni anno, soprattutto da maggio ad ottobre, decine di persone imparano ad utilizzare la barca di canottaggio con corsi base personali e corsi CAS (Corsi Avviamento Sport) di gruppo per i più piccoli (1014 anni). Ottobre-novembre e aprile-maggio sono mesi invece dedicati in genere a corsi per le scuole superiori. Moltissimi sono i ragazzi che continuano: in base all’età scelgono se frequentare la Canottieri tutto l’anno a livello amatoriale oppure entrare nella squadra agonistica e scegliere quindi il canottaggio come sport.

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IN FORMA

FITNESS

Fondamentalmente è adatto a tutti, a meno che non si abbiano particolari problemi alle ginocchia e alla schiena. Bisogna ovviamente saper nuotare perché potrebbe capitare di cadere in acqua. È adatto a persone che hanno bisogno di rinforzare la muscolatura della colonna vertebrale, tenere in allenamento l’apparato cardiocircolatorio, perdere peso, stare all’aria aperta, fare attività aerobica. Dopo quanto tempo si può andare da soli in sicurezza? Il corso base per tutti è strutturato su sette lezioni di un’ora ciascuna.

Durante questo corso s’impara la tecnica di voga, l’equilibrio, mantenere la direzione, evitare eventuali ostacoli fissi e in movimento, uscire e rientrare dal pontile, movimentare le imbarcazioni dall’hangar. La tecnica di voga è sicuramente la cosa più complessa da imparare ed è sempre una bella sfida per chiunque, anche se abituati a praticare altri sport, ma la soddisfazione è notevole, la barca sente lo stato d’animo del vogatore e restituisce esattamente le stesse sensazioni: agilità, equilibrio, potenza e rilassamento quando si rema correttamente.

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Ci si allena solo in acqua? Un atleta di canottaggio è completo sotto tutti gli aspetti. Nei mesi freddi s’intensifica l’allenamento a terra e si esce in barca solo la domenica mattina, nei mesi caldi si predilige l’allenamento in acqua. I tre capisaldi del canottaggio sono: tecnica di voga, forza, VO2 max (massimo volume di ossigeno consumato). Gli allenamenti spaziano dalle sessioni di pesi (resistenza, forza, velocità), corsa (fondo, salite, scatti), remoergometro (resistenza, forza, velocità), vasca

voga (tecnica), core fitness (forza, equilibrio, resistenza, coordinazione) per poi convogliare il tutto nella barca dove si aggiungono gli altri aspetti necessari per affrontare una gara. Quali benefici offre questo sport? Il canottaggio è uno degli sport più faticosi, sia a livello fisico sia mentale: l’atleta allena soprattutto la mente per imparare a controllare la fatica, mantenere la concentrazione e portare il proprio fisico al

massimo delle prestazioni possibili con una tecnica di voga efficace e limitando al massimo gli sprechi. La gara di canottaggio è un’esperienza che a volte spaventa, ma insegna all’atleta moltissimo e lo tempra anche nella vita: s’impara a raggiungere gli obiettivi, a non mollare mai. S’impara a vincere e anche a perdere perché non è importante arrivare primi, ci sarà sempre qualcuno più forte di voi, l’importante è imparare a battere se stessi.

Una storia millenaria Le prime testimonianze sull’utilizzo di imbarcazioni a remi ad uso sportivo simili al canottaggio risalgono all’antico Egitto. Regate competitive si svolgevano regolarmente anche nell’antica Grecia durante i Giochi Istimici e Panatenaici. In tempi più “recenti” la prima vera forma di competizione sotto forma di regata si svolse a Venezia nel 1315. Va però all’Inghilterra il merito di aver “inventato” il canottaggio moderno all’inizio dell’Ottocento, quando comparvero le prime società di canottaggio e cominciarono a disputarsi grandi regate agonistiche. Da lì il Canottaggio si diffuse negli Stati Uniti, dove nel 1852 venne organizzata la prima regata fra le università di Yale e Harvard, competizione che si svolge ancora oggi. Il Canottaggio comparirà nei Giochi Olimpici già a partire da Parigi nel 1900. In Italia invece la prima società di Canottaggio fu quella dei “Canottieri Limite” fondata nel 1861 a Firenze. A Torino nel 1888 nacque l’RCI, divenuto poi la FIC (Federazione Italiana Canottaggio).

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RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Quello che le transaminasi dicono sulla salute del fegato

∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO

È uno dei test più semplici e accessibili per verificare lo stato di salute del fegato. Come screening, controllo o strumento diagnostico, l’analisi delle transaminasi può fornire numerose informazioni sulla funzionalità epatica, portare alla luce eventuali malattie e dare un’indicazione dell’entità del danno in presenza di patologie già accertate. Ne parliamo con il dottor Stefano Dolcini, biologo. Dottor Dolcini, cosa sono e che funzione hanno le transaminasi? Le transaminasi sono enzimi, ovvero il gruppo più ampio e ad elevata specializzazione di proteine. Intervengono, in particolare, nella trasformazione degli aminoacidi in altri aminoacidi e nella neoglucogenesi, ovvero il processo di sintesi del glucosio, e nella conversione di 46 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

aminoacidi in energia utile. Nonostante siano enzimi ubiquitari, cioè che possono trovarsi in ogni parte dell’organismo, ci sono due distretti in cui le transaminasi sono presenti in misura maggiore: il fegato e i muscoli striati, quelli che consentono il movimento del corpo. I principali gruppi di transaminasi sono: > la glutammico ossalacetica, detta anche aspartato aminotransferasi ast o Got, che si trova soprattutto nei muscoli e nel cuore; > la glutammico piruvica, detta anche alanina aminotransferasi alt o Gpt, presente nelle cellule del fegato. La concentrazione ematica di questi enzimi è un importante indicatore dello stato di salute dell’organismo. Le transaminasi, infatti, vengono liberate nel sangue

COME PREPARARSI AL TEST Prima di sottoporsi all’analisi delle transaminasi, effettuata attraverso un semplice esame del sangue, è necessario: > osservare un digiuno

totale nelle 8-10 ore precedenti; > limitarsi ad assumere modiche quantità di acqua; > astenersi dall’alcol per almeno 24 ore; > informare il medico su eventuali trattamenti farmacologici in corso.


nel momento in cui ci sono dei danni alle cellule epatiche (quelle del fegato) o ai miociti (le cellule dei muscoli). Quando i valori della transaminasi sono preoccupanti? Innanzitutto, per capire quando i risultati delle analisi possono essere preoccupanti, è necessario conoscere i valori di riferimento. Le transaminasi, come tutti gli altri enzimi, vengono misurate in Unità internazionali. In farmacologia indicano la quantità di una determinata sostanza, che rivela la sua attività biologica. Il valore normale delle Got o Ast varia da 0 a 30 unità per millilitro, mentre quello delle Gpt o Alt comprende il range da 0 a 45 U/ml. Valori fuori dalla norma di questi enzimi possono essere l’indicatore di un danno epatico.

Il riscontro di piccole quantità di questi enzimi nel sangue, tuttavia, non è sempre motivo di allarme. Può essere fisiologico. L’aumento della loro concentrazione ematica, però, è proporzionale al grado di lesione delle cellule epatiche. Cosa significa se sono troppo alte? Le transaminasi alte, nella maggior parte dei casi, sono l’indicatore di patologie del fegato e delle vie biliari, di un danno cardiaco o muscolare. Più nello specifico, possono essere correlate a: > traumi muscolari; > alcolismo; > obesità; > patologie intestinali croniche; > celiachia; > pancreatite;

> allergie alimentari; > emolisi (distruzione dei globuli rossi); > mononucleosi.

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RUBRICHE

ANIMALI

Un vaccino contro la tosse dei canili ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO

Si chiama “tosse dei canili” perché si contrae più facilmente nei canili, ma anche frequentando luoghi chiusi affollati come asili per cani, mostre e competizioni canine, pensioni per animali. Molto diffusa e contagiosa, questa malattia respiratoria può essere provocata da molteplici agenti infettivi virali o batterici. L’arma più efficace per contrastarla? La vaccinazione. Come ci spiega il dottor Stefano Cattaneo, medico veterinario. Dottor Cattaneo, quali sono le cause di questa malattia e come si manifesta? La tosse dei canili, o tracheobronchite infettiva, è un’infiammazione della trachea e dell’albero bronchiale che può essere causata da virus (adenovirus, virus parainfluenzale) oppure da batteri (Bordetella bronchiseptica). È caratterizzata da sintomi respiratori, in genere tosse forte secca con un suono particolare tipo “clacson”. Ma può essere pericolosa? La malattia, che spesso persiste per diverse settimane, raramente evolve in modo grave, tranne nei cani con un sistema immunitario immaturo (i cuccioli) o debole, nei quali può evolvere a polmonite. Qual è il protocollo vaccinale per proteggere i nostri amici a quattro zampe dalla malattia? Essendo gli agenti della tosse dei canili molteplici non esiste un protocollo vaccinale che possa prevenire in modo completo que48 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

sta malattia. Per i patogeni tradizionalmente associati alle malattie infettive respiratorie, ovvero il virus della parainfluenza, l’adenovirus canino tipo 2 e la Bordetella bronchiseptica, sono disponibili diversi vaccini in varie formulazioni. In Europa circolano però alcuni patogeni emergenti e abbastanza diffusi, in particolare il coronavirus respiratorio canino e il pneumavirus canino, per cui non esistono vaccini e che spiegano la persistenza della patologia anche nei cani vaccinati. In generale, comunque, la vaccinazione ha portato a un buon controllo delle forme legate all’adenovirus 2 e a una marcata riduzione della sua prevalenza, ha abbassato la gravità di queste forme respiratorie e ha ridotto l’uso di antibiotici. Quest’ultimo aspetto potrebbe sembrare secondario, ma è in realtà rilevantissimo anche per la salute umana. L’antibioticoresistenza è determinata dall’uso eccessivo e a volte inappropriato degli antibiotici che porta certi batteri a diventare resistenti a molecole di largo uso. Per questo motivo è necessario continuare a sviluppare nuovi antibiotici. Ma tutti i cani dovrebbero sottoporsi al vaccino in via preventiva? I protocolli vaccinali, sulla base di linee guida internazionali, prevedono la somministrazione di vaccini importanti per tutti (core) e vaccini modulati in base alle condizioni di vita e i rischi effettivi di contagio dei singoli (no core). Nel caso dei vaccini legati alla tosse dei canili è

considerato essenziale il vaccino contro l’adenovirus canino tipo 2, diffusamente utilizzato da tutti i medici veterinari. Sono invece considerati da modulare in base all’esposizione al rischio di infezione la vaccinazione per il virus della parainfluenza e per la Bordetella bronchiseptica. In particolar vengono considerati a rischio: > cani che vivono in canili, in allevamenti, in negozi per animali; > cani che frequentano asili per cani o portati in gruppo da dog sitter; > cani che frequentano parchi per cani, toelettature o che interagiscono quotidianamente con altri cani; > cani che vengano portati anche temporaneamente in pensione; > cani che partecipano a mostre o a competizioni canine. Il vaccino per la parainfluenza canina è importante in questi cani perché il virus interferisce con le difese immunitarie innate e distrugge le ciglia epiteliali deputate a tenere libere le vie respiratorie, per cui agisce in sinergia con gli altri agenti infettivi e può far evolvere la malattia respiratoria in forma più grave. Il vaccino per la Bordetella


bronchiseptica è invece importante per la sua diffusione (è un normale “commensale” della flora batterica nasale) e perché può complicare le forme respiratorie provocate dai

virus e quindi più frequentemente richiede l’uso di antibiotici. Inoltre nella letteratura medica è riportata una preponderanza di polmoniti da Bordetella in persone immunocompromesse a contatto con animali da compagnia, per cui la prevenzione, essendo una zoonosi (malattia che può essere trasmessa direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo), ha un ruolo anche nella tutela della salute umana. Le linee guida ne raccomandano la somministrazione intranasale o orale rispetto alla somministra-

DOTT. STEFANO CATTANEO Medico Veterinario Specialista in Sanità Pubblica Veterinaria Libero professionista presso Ambulatorio Veterinario Città di Albino

zione parenterale (iniezione, meno efficace nel ridurre i sintomi); gli effetti collaterali sono minimi (starnuti, scolo nasale, tosse) e la protezione offerta dal vaccino è efficace già da 3 settimane dopo la somministrazione.

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NEWS

NEWS Educational Center Uniacque: alla scoperta dell’acqua di casa Come viene raccolta, trasportata e depurata l’acqua che scorre ogni giorno dal rubinetto di casa? Come funziona la rete idrica? E la depurazione, come avviene e a cosa serve? A Cologno al Serio è stato inaugurato l’Educational Center di Uniacque, nuovo centro didattico aperto agli studenti delle scuole elementari e medie bergamasche dove sarà possibile trovare risposte a queste e molte altre domande sull’acqua. La struttura è infatti nata per spiegare il funzionamento del ciclo idrico integrato, dal rubinetto di casa allo scarico fino al ritorno nell’ambiente, e per avvicinare i più giovani a un uso sostenibile dell’acqua. All’interno del centro didattico verranno organizzati percorsi gratuiti, esperimenti scientifici, quiz, videoproiezioni e allestite tre diverse aree gioco, ognuna dedicata ad approfondire un aspetto del ciclo idrico. Quella dedicata al sistema idrico integrato, la prima che si incontra, è organizzata con un plastico di tre metri che riproduce le tre fasi centrali del ciclo. Si passa poi all’area d’ingegneria idraulica in cui, grazie a prove pratiche, si scoprono le pendenze degli impianti idrici e il principio dei vasi comunicanti. Il viaggio termina nella terza area gioco, che prevede esperimenti scientifici “sul campo” per capire il funzionamento della depurazione delle acque reflue, in che modo agiscono i fanghi attivi verso i batteri e, per ultimo, come avviene la sedimentazione dell’impianto di depurazione.

Admo torna in piazza con una colomba per la vita Donare una speranza di vita a chi soffre di leucemia o di altre malattie del sangue. È questo l’obiettivo della campagna “Una colomba per la vita”, promossa da Admo, Associazione Donatori Midollo Osseo. Anche in molte piazze bergamasche, in occasione della Pasqua, sarà possibile acquistare una colomba e sostenere così le attività di sensibilizzazione alla donazione di midollo osseo affinché sempre più giovani scelgano di iscriversi al Registro dei donatori e ogni paziente possa trovare una persona compatibile disponibile a donargli una nuova possibilità di vita. Alle postazioni saranno presenti volontari pronti a fornire tutte le informazioni necessarie, tante testimonianze di persone che hanno donato e di coloro che, grazie a questo semplice ma immenso gesto, sono tornati a vivere. Per conoscere la piazza più vicina: www.admolombardia.it.


Asst Bergamo Est: nasce il team “no violence” Asst Bergamo Est ha istituto il “Team No Violence” volto al contrasto della violenza con lo scopo di ridurre il divario di genere e promuovere pratiche innovative, di rete, contro la violenza alle donne. Questa iniziativa, con caratteristiche multidisciplinari, si aggiunge alla procedura, già attiva da anni,

per la presa in carico all’interno dei Presidi ospedalieri delle vittime di violenza. La procedura prevede, fin dall’ingresso al Pronto Soccorso, l’accoglienza e la gestione delle donne e dei propri figli in area dedicata, eventuale ricovero protetto anche per i figli, nonché percorsi di collaborazione con gli enti locali e

i servizi socioassistenziali presenti sul territorio quale il Centro Anti violenza R.I.T.A.. Altri servizi disponibili sono l’assistenza sociale, la collaborazione con associazioni di pazienti e volontari e servizi di mediazione culturale.


DAL TERRITORIO

NEWS

La Green Way diventa dinamica Il lavoro cardio ti salva la vita, il lavoro muscolare te la migliora Dinamico, divertente e adatto a tutte le età e le condizioni fisiche. È il nuovo “Percorso Salute” della Green Way di Val Verde, nato da una collaborazione tra Loredana Poli, Assessora alla Sport del Comune di Bergamo e Sportpiù City Club. Immerso nel verde, ai piedi di Città Alta, questo percorso trasforma la Green Way, non solo in una bellissima passeggiata nella natura, già molto amata dai cittadini, ma anche in un momento da dedicare al proprio benessere fisico e alla salute di corpo e mente. Il “Percorso Salute” parte da via Baioni e arriva fino alla Castagneta, lungo un tratto di ciclopedonale di tre chilometri e mezzo. Si sviluppa in 14 stazioni ognuna delle quali spiega in modo chiaro, e con l’aiuto di un’immagine esplicativa, l’esercizio da svolgere fino alla stazione successiva. Sono quindi tutti esercizi in movimento e non statici. 52 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

Camminata lenta e veloce, abbinata a movimenti per attivare anche gli arti superiori, esercizi studiati per rendere più efficace l’esercizio fisico e attivare il metabolismo anche dei più sedentari. Il percorso è stato ideato e promosso da Luca Gamba, titolare di Sportpiù City Club di via Baioni e via San Bernardino, che, grazie ai numerosi anni di esperienza nel campo dello sport e dell’attività fisica, insieme al suo team, ha pensato a una serie di esercizi che potessero adattarsi a tutte le età. Il percorso è stato pensato per coinvolgere sia chi si approccia al movimento per le prime volte, sia chi si avvicina alla corsa per star bene e non per diventare un maratoneta. «La vera novità» spiega Luca Gamba «è che il percorso si divide in due momenti, uno all’andata e uno al ritorno (ogni stazione è dotata di insegna con esercizi sul fronte e sul retro). Quello che parte da Via

Baioni è il “Percorso Salute” fatto di camminate a varie velocità, con l’aggiunta di movimenti per la parte superiore del corpo, adatto a chi sta passeggiando anche se non in tenuta sportiva. Il percorso si può affrontare anche al contrario, ossia dalla Castagneta fino a Via Baioni, con quella che abbiamo chiamato “Percorso Zen, Corsa in Consapevolezza”. Si tratta di una corsa per consapevolizzarsi su quanto sia importante, oltre al gesto atletico, anche la respirazione e la corretta esecuzione della corsa dinamica, sfruttando non solo gli arti inferiori ma anche la parte superiore. Tutto questo ha come principale obbiettivo il benessere a 360°. «Sono particolarmente contenta di questa nuova opportunità per i nostri concittadini che permette di godere di uno spazio bello all’aperto dove svolgere attività fisica di diversa tipologia e intensità. Una cartellonistica dedicata guiderà infatti nell’esercizio coloro che segui-


ranno il percorso salute strutturato, cosa che apprezzo particolarmente, in modo da accogliere sia chi è praticante e allenato, sia chi si approccia allo sport e al cammino con un’attitudine ricreativa. La conformazione della nostra città, con il Parco dei Colli ed il verde pubblico e privato diffuso, si presta particolarmente a iniziative come questa che certamente hanno il pregio di valorizzare gli stili di vita sani con quelli del godimento di un ambiente naturale piacevole e accogliente, pur collocato in ambito urbano» racconta Loredana Poli. Buon divertimento!

I Percorsi Terapeutici Percorsi di terapia Individuali Percorsi di terapia di Coppia Percorsi di terapia di Gruppo Terapia EMDR

Le Patologie Trattate Problematiche sessuali Narcisismo patologico Traumi Lutto Ansia Autostima Problematiche affettive

I Gruppi di Terapia Gruppi sulla Dipendenza Affettiva Gruppi sull’Autostima Gruppi sul Narcisismo Patologico Gruppi sulle Dipendenze senza Sostanze (Lavoro, Sessualità, Internet, Shopping)

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DAL TERRITORIO

TERZO SETTORE

Aiutiamoli per la salute mentale Insieme per vincere i pregiudizi sul disagio psichico ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Si chiama “Aiutiamoli per la salute mentale” ed è un’associazione di volontariato creata nel 2003 per favorire l’integrazione di chi toccato dal disagio psichico si è ritrovato solo ed emarginato, non più protagonista della propria vita. Tanti e diversi sono i progetti e le attività. Come ci racconta Maria Fantini, presidente dell’Associazione. Come è nata la vostra associazione? Da alcuni familiari e volontari sensibili al tema della sofferenza psichica. Chi è stato toccato, direttamente o indirettamente, dalla malattia mentale è una risorsa, perché è portatore di un sapere esperienziale unico che va valorizzato e messo a disposizione della comunità. Qual è l’obiettivo che vi prefiggete? Accompagnare i cammini di vita delle persone che vivono l’esperienza della sofferenza mentale, al di là di ogni stigma ed esclusione, affrontare insieme le difficoltà che attraversano loro e i familiari, operare per il miglior benessere possibile, a partire dall’ascolto dei loro vissuti e dei loro bisogni. La malattia mentale è ancora stigmatizzata, per questo l’Associazione cerca di rimettere al centro la persona e la sua dignità, oltre e nonostante la malattia mentale. La persona non è la sua malattia e la ripresa di un ruolo nella società deve essere 54 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

L’Associazione Aiutiamoli, insieme alle varie realtà del territorio, promuove eventi e iniziative per informare e sensibilizzare la cittadinanza sul tema della salute mentale e del disagio psichico, ancora oggi poco conosciuto e fonte di pregiudizi” incentivata. Quando partecipa a una delle attività dell’Associazione si trova in un clima informale e familiare, si sente parte di un gruppo, e partecipando, riesce a “sbloccare” aspetti della propria personalità prima chiusi o nascosti dal timore di essere giudicati. Pian piano migliora il rapporto con gli altri, aumenta la socialità, si sente protagonista e si riconosce un ruolo di responsabilità per sé e per gli altri. In che modo cercate di realizzare tutto questo? Attraverso progetti e iniziative realizzate anche grazie alle partnership instaurate nel tempo con servizi sia pubblici sia privati sparsi sul territo-

rio della provincia di Bergamo. A Bonate Sopra c’è il Centro Puzzle, un luogo in cui si condivide il tempo insieme allo scopo di raggiungere un obiettivo importante ovvero la partecipazione e la condivisione. Il Centro Puzzle è innanzitutto uno spazio di socializzazione e informalità, che valorizza il dialogo e l’ascolto. È il luogo dell’incontro, dove si festeggia ogni compleanno oppure dove ci si diverte con giochi di società. Qui ogni martedì viene proposto un corso di arte terapia. Quest’attività aiuta a “tirar fuori” dai pazienti la loro creatività e un’interiorità molto profonda che faticano invece a esprimere con le parole. A Carvico, sulla collina di Roncarro, si trova invece Il Casello, una proprietà della famiglia di Giovanni Donadoni, data in uso gratuito all’Associazione. È una casetta nel bosco, in cui le attività praticate sono la pulizia e la cura del bosco, la nascita di un orto, la cura del frutteto e la raccolta dei frutti, l’accoglienza delle famiglie per pranzi al sacco e pomeriggi insieme. Il Casello diventerà prossimamente luogo di accoglienza e ascolto dei familiari di persone con autismo e per la formazione di giovani volontari e studenti sul complesso mondo relazionale delle

Associazione Aiutiamoli Treviglio (Bg) - aiutiamoli.treviglio@libero.it Via B. Rozzone, 2 - Tel. 320 251 2885 (orari ufficio) Codice Iban IT27I0311153890000000067050 Codice Fiscale 93028730161


persone autistiche. Questo grazie alla collaborazione con l’Azienda Isola e il servizio Spazio Autismo di Ponte San Pietro. In Valle Brembana si è costituito il Gruppo del Fareassieme, formato da utenti, familiari, operatori e volontari dei servizi di salute mentale. È un gruppo in cui ogni persona viene considerata alla pari degli altri membri, senza alcuna gerarchia. Il Gruppo si trova una volta al mese per progettare e programmare attività tra le quali bancarelle di libri usati, un concorso fotografico a tema salute mentale, un’attività sportiva di pallavolo, la cura dell’orto, scambi esperienziali con altre realtà di salute mentale come la Cascina Clarabella ad Iseo, uscite ludiche e aggregative come cene e cinema. Nel territorio del

Distretto Bergamo Ovest (Dalmine, Isola Bergamasca, Romano di Lombardia e Treviglio) è attivo il progetto “Prevenzione, trattamento e inclusione nella salute mentale”, sostenuto grazie a un contributo di Fondazione Bergamasca e Ufficio Sindaci. Il progetto si caratterizza con diverse azioni quali interventi domiciliari in particolare nei confronti di minori fragili al fine di ricreare rapporti positivi all’interno della famiglia e potenziare la vita sociale nel tempo extra scolastico. Oltre a questi viene proposto un supporto educativo individualizzato per adulti con disagio psichico che vengono accompagnati in attività di reinserimento sociale e anche a una vita maggiormente autonoma. Gli interventi sono flessibili e

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AL FIANCO DEI FAMILIARI Una particolare attenzione dell’Associazione Aiutiamoli è anche nei confronti dei familiari di persone con disagio psichico e nella realizzazione di Gruppi per loro, nella logica del mutuo aiuto, finalizzati a rendere i familiari consapevoli, permettere loro uno scambio emozionale di esperienze, ridurre lo stress e riscoprirsi risorsa.


DAL TERRITORIO

FARMACIE

∞ A CURA DI LUCA GIACHERIO

Sono sempre numerosi i guariti da Covid-19 che entrano in farmacia accusando una persistenza di sintomi riconducibili alla malattia, anche parecchio tempo dopo la negativizzazione. Il farmacista consiglia giustamente prodotti specifici per ciascuno dei disturbi più diffusi. Ma quanto è frequente tale situazione? È normale sentirsi stanchi anche mesi dopo la guarigione? È normale una così persistente alterazione di gusto e olfatto? Il tempo necessario per riprendersi dal Covid 19 è differente da persona a persona. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la maggior parte delle persone affette da Covid-19 recupera completamente entro un mese, ma in 1 caso su 4 alcuni sintomi e manifestazioni cliniche possono persistere anche a distanza di 4-5 settimane dal riscontro della positività e 1 su 10 presenta sintomi dopo 12 settimane. In questi casi si parla di “Long Covid”, espressione che indica una condizione del paziente guarito dal Covid-19 e negativo al tampone che, tuttavia, continua a manifestare sintomi legati alla malattia. Per poter inquadrare meglio le 56 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

caratteristiche del “Long Covid” abbiamo intervistato la dottoressa Caterina Conti, pneumologa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La dottoressa Conti nel 2020 ha partecipato al progetto “Surviving COVID-19” (studio finalizzato a monitorare i problemi a lungo termine causati dalla malattia) e ancora oggi segue pazienti guariti dal Covid 19 che continuano ad avere, alcuni anche dalla prima ondata, sintomi respiratori oppure alterazioni radiologiche e spirometriche, quindi meritevoli di follow-up. Dottoressa Conti come descriverebbe la sintomatologia da Long COVID? E cosa distingue questi sintomi dagli “strascichi” presenti in una normale convalescenza? Si tratta di sintomi, anche molto vari, che impattano molto sulla qualità della vita, di entità anche importante e di durata prolungata. Talvolta il paziente fa anche fatica a spiegarli dal momento che può essere fortemente sintomatico, ma senza un riscontro radiologico o spirometrico tale da giustificare i disturbi descritti,

con conseguente difficoltà ad essere compreso. Il sintomo più frequente è l’astenia: tutti i pazienti lamentano una grandissima stanchezza, accompagnata spesso da una dispnea da sforzo (“faccio fatica a fare le scale, mi manca subito il respiro e non mi sento più quello di prima”), associata a volte a debolezza e dolore muscolare. A questi si aggiunge una sorta di stordimento generalizzato e persistente, un annebbiamento mentale che comporta problemi di memoria e concentrazione, generalmente non giustificato da un quadro strumentale. Quanto possono durare queste problematiche? Ci è capitato di avere pazienti che sono ancora sintomatici dalla prima ondata, anche se sono proporzionalmente molto pochi. Solitamente si ha una risoluzione del quadro clinico nel giro di circa 9-12 mesi. Considerando che circa il 25% dei guariti da Covid 19 ha sviluppato una sintomatologia da “Long Covid”, un 5% di questo 25% (circa 1 individuo su 100 di quelli inizialmente guariti dal Covid-19) può avere sintomi anche dopo un anno.


Nel corso del vostro studio avete individuato delle motivazioni, o possibili correlazioni fra dati, per cui alcune persone soffrono di Long Covid e altre invece no? Durante la nostra attività non siamo riusciti a identificare con precisione il fenotipo del paziente che svilupperà il “Long Covid”. In generale ci sembra che risultino essere più interessate le donne, soprattutto in termini di astenia, e chi è stato ricoverato in ospedale e in terapia intensiva, ma abbiamo notato anche diversi casi di pazienti con sintomi lievi che poi manifestavano una sintomatologia “Long Covid” particolarmente accentuata e prolungata. Esiste un modo per evitare l’insorgenza del Long Covid oppure per riprendersi più in fretta dallo stesso? Sicuramente può essere utile il fatto di mobilizzarsi il prima possibile, senza affaticarsi troppo, ma evitando la completa sedentarietà non appena le condizioni lo consentano. Si può cercare di mantenersi fisicamente attivi durante la convalescenza con attività aerobiche blande e, se le possibile, anche durante le fasi meno acute della malattia. Altri tipi di terapie, ad esempio a base di antiossidanti, tendenzialmente non hanno dato grandi risultati. Abbiamo utilizzato corticosteroidi in pazienti che avevano degli esiti radiologici pol-

monari importanti e spesso dopo ospedalizzazioni prolungate, ottenendo risultati variabili. Per il resto si può intervenire in modo mirato con le diverse terapie sintomatiche indicate per ciascuno dei molteplici disturbi. Ad esempio se un paziente “Long Covid” ha comparsa di cefalea, si può tentare di controllarla attraverso terapie sintomatiche come antinfiammatori o antidolorifici e si potrà agire in modo analogo per gli altri sintomi per cui esista un supporto farmacologico. In caso di problemi più gravi, naturalmente ci sono delle terapie adatte e c’è indicazione a un follow up specialistico (ad esempio per problematiche neurologiche come le polineuropatie o cardiologiche come i disturbi aritmici, ematologiche come le trombosi, e gli esiti pneumologici). Molte persone colpite da Covid 19, soprattutto durante le prime due ondate, lamentavano alterazioni di gusto e olfatto anche parecchi mesi dopo la guarigione. Quanto può durare questo problema? La durata dei disturbi di anosmia (perdita dell’olfatto), ageusia (perdita del gusto), disosmia (alterazione dell’olfatto) e disgeusia (alterazione del gusto) sono molto variabili. Sembrano dovuti a un interessamento del bulbo olfattivo nel corso della replicazione di SARS-CoV-2, quindi le tempistiche di guarigione dipendono da quanto questa

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regione sia stata danneggiata. Non abbiamo visto pazienti che accusassero ancora questi problemi dopo un anno dall’infezione, ma è capitato di riscontrare tali sintomi anche a 6-7 mesi dal contagio. Esiste una cura che permetta di risolvere questi disturbi il prima possibile? Basandoci sulla letteratura e sulla nostra esperienza non sembrano esserci rimedi specifici per la prolungata alterazione di gusto e olfatto. È come se ci fosse una sorta di stupor neurologico a cui va dato il tempo adeguato per riprendersi, ma per quanto ne sappiamo al momento non ci sono terapie neuroprotettive o a base di integratori utili a ripristinare queste funzioni. L’unico consiglio può essere quello di preferire pietanze che non siano associate a un sapore sgradevole per chi ha un’alterazione del gusto.

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DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Libri che cambiano la vita

∞ A CURA DI MARIA RITA MILESI

Riportiamo con piacere il racconto della dottoressa Maria Rita Milesi, psicologa e psicoterapeuta che da anni collabora con Bergamo Salute, su come grazie alla sua determinazione e passione, sia riuscita a realizzare, contro ogni immaginazione, il suo sogno di diventare psicologa e aiutare gli altri. E tutto grazie a Freud. Virginia Woolf immaginava che il paradiso consistesse nel poter leggere continuamente, senza fine. Umberto Eco sosteneva che chi non legge vive una sola vita, la propria. Daniel Pennac credeva che un libro ci salva da qualsiasi cosa, persino da noi stessi. Le frasi dedicate ai libri sono molte e tutte stimolanti, ma quella che risuona 58 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

più profondamente dentro di me è quella del filosofo Henry David Thoreau: “Quanti uomini hanno datato l’inizio di una nuova era della loro vita dalla lettura di un libro.” Sì, perché i libri possono aiutare a cambiare la propria vita. Nel mio caso un tale effetto rivoluzionario l’ha avuto “Introduzione alla psicoanalisi” di Sigmund Freud. La rivoluzione è stata lenta, una brace che ha covato sotto la cenere per anni: per lunghi periodi quieta, in altri momenti ravvivata in fiammate che hanno innescato cambiamenti decisivi. Quando lessi quel libro avevo 17 anni e dall’età di 15 lavoravo alla catena di montaggio in fabbrica.

Avevo dovuto rinunciare a un’istruzione superiore, ma non rinunciai mai ai libri. Quell’anno avevo ordinato per corrispondenza il saggio di Freud. Non conoscevo nulla di lui né tanto meno della psicoanalisi. La lettura del libro fu un’esperienza affascinante e illuminante: non esiste migliore introduzione alla psicoanalisi di quest’opera, nella quale Freud espone tutti i concetti del campo psicoanalitico con estrema chiarezza. All’epoca ero ben lontana dall’immaginare che dieci anni più tardi mi sarei iscritta a psicologia. Dovevo lavorare, la possibilità di cambiare la mia vita era inimmaginabile, diventare una psicologa era ancor meno di un sogno, era semplicemente inconcepibile.


Dato che nella piccola azienda agricola di famiglia c’era bisogno di me a tempo pieno, a 19 anni lasciai la fabbrica per lavorare la terra. Ma sentivo che qualcosa nella mia vita mancava. “Introduzione alla psicoanalisi” aveva toccato corde profonde dentro di me: mi aveva fatto intravedere come funziona la nostra mente, le motivazioni inconsce che orientano i nostri comportamenti e le nostre scelte, i conflitti alla base del nostro malessere emotivo, le ragioni della nostra insoddisfazione, della MIA insoddisfazione. Così, all’età di 23 anni, ci fu la prima “fiammata”: decisi di iscrivermi al corso serale di ragioneria al Vittorio Emanuele II. Di giorno il lavoro e tutte le sere (sabato pomeriggio compreso) la scuola. Era faticoso, ma che piacere tornare sui libri, imparare cose nuove, poter studiare! La scuola, i professori, un ambiente intellettuale ricco e aperto influirono ulteriormente sul mio modo di vedere la vita e me stessa. Dopo sette anni di lavoro come

coadiuvante agricola non resistetti più alla cultura maschilista familiare. Lasciai quell’attività e dopo vari lavori manuali approdai in Bticino come operaia. A 27 anni mi diplomai. Grazie al buon voto di maturità, mi contattarono un paio di banche. Alla Bticino mi proposero il trasferimento alle risorse umane. Per me sarebbe stato un considerevole salto di qualità. Ma c’era la psicologia. Durante l’estate mi ero preparata per i test di ingresso alle facoltà di psicologia di Padova e del San Raffaele. Superai le selezioni in entrambe le università. Cosa dovevo fare? Puntare su un lavoro sicuro o tentare di realizzare il mio sogno? Decisi di rischiare: mi iscrissi al San Raffaele, grazie a una borsa di studio della Regione Lombardia. Inutile dire che quelli universitari furono anni appassionanti, a contatto con menti brillanti e la possibilità di immergermi nell’immensità dei fenomeni della mente. Nei dieci anni di formazione (università, tirocinio, scuola quadriennale di

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!

psicoterapia) ebbi l’opportunità di sperimentarmi in diversi ambiti lavorativi: promoter, segretaria, educatrice, insegnante. Conseguii la specializzazione di psicoterapeuta a 37 anni. Già da tempo avevo iniziato la pratica clinica in ospedale; con il nuovo titolo divenni assegnista di ricerca e professore a contratto all’Università Vita-Salute San Raffaele.

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DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Nel 2014 ho lasciato tutte le attività a Milano ed ho aperto uno studio di psicoterapia a Bergamo. Nel 2020, alla veneranda età di 51 anni, è stato pubblicato il mio romanzo d’esordio. Tutto questo solo grazie alla lettura di un libro? No, non solo. Sulla mia strada ho incontrato molte persone che hanno creduto in me, riconoscendo le mie potenzialità ed aiutandomi ad esprimerle. Ho dovuto affrontare tante paure, superare ostacoli, fare sacrifici e rinunce. Cambiare non è facile, ma è possibile. Svolgo un lavoro che mi permette di aiutare le persone che soffrono, che hanno perso la speranza, che sentono di

non avere una via d’uscita. So per esperienza che quando una persona arriva a chiedere il mio aiuto è perché già una piccola scintilla si è accesa: è quella scintilla che dà il coraggio di mettersi in gioco seriamente, di provare a cambiare, di realizzare il proprio Sé. Questa scintilla possiamo trovarla in un libro, in un film, in un viaggio, in un insegnante, nella malattia, nella sofferenza, nella storia di un’altra persona. Ecco, a 53 anni, ho provato a raccontare la mia. Spero che possa incoraggiare tante persone a credere in se stesse, nei propri sogni e nella possibilità di realizzarli. Non è mai troppo tardi!

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MALATTIA DI KRABBE Codice di Esenzione. RFG010 Categoria. Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso. Definizione. Patologia del metabolismo degli sfingolipidi (molecole lipidiche, tra le maggiori componenti dello strato lipidico delle membrane cellulari), caratterizzata da grave perdita di mielina (sostanza che costituisce la guaina midollare delle fibre nervose e ha funzione protettiva e isolante nei confronti della conduzione dello stimolo nervoso) e presenza di cellule globoidi nella sostanza bianca. Si distinguono una forma a esordio nel lattante e una a esordio tardivo, nell’infanzia o nell’adolescenza. Epidemiologia. La precisa incidenza è tuttora sconosciuta; maschi e femmine sono affetti in egual misura. Segni e sintomi. Nei primi mesi di vita la malattia si manifesta con pianto e eccessiva irritabilità, iperpiressia (innalzamento della temperatura corporea) non spiegata da infezioni, difficoltà di alimentazione, vomito e scarso accrescimento. La diagnosi differenziale di questa prima fase della malattia è l’intolleranza alle proteine del latte vaccino. Altri sintomi possono essere convulsioni generalizzate, mentre con il progredire della malattia si rendono evidenti alterazioni del tono muscolare con rigidità e opistotono (rigidità spastica in iperestensione della colonna vertebrale). L’atrofia ottica determina inattivazione visiva. Eziologia. Riconosce un’eziologia genetica e una modalità di trasmissione autosomica-recessiva. Diagnosi. Può essere confermata con il dosaggio dell’attività enzimatica dell’arilsulfatasi A nei leucociti e nei fibroblasti in coltura e, se questa attività risulta normale, con dimostrazione del deficit di attivatore enzimatico (anticorpi contro la saposina B a contatto con le cellule del paziente). Si può infine ricorrere l’analisi molecolare del gene. Terapia. È sostanzialmente sintomatica e di supporto. Il trapianto di midollo osseo effettuato molto precocemente sembrerebbe arrestare la progressione del quadro neurologico. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente della Fondazione A.R.M.R

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 61


DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Sono sorda ma canto e aiuto bimbi e genitori con le Musicoccole ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO

Ha dovuto ricostruire la sua vita. Scoprendo nuovi orizzonti. Ha inventato Le Musicoccole destinate ai bambini, ma soprattutto ai genitori. Era una cantante musicista e il futuro le sorrideva. Stava facendo le prove per il tour con il cantautore Mario Lavezzi quando si accorse di non sentire più. Ricoveri in ospedale, camere iperbariche, consulti medici, terapie una dopo l’altra, ma niente. Non riusciva più a sentire, era diventata sorda e i suoi sogni di cantare stavano scomparendo. Il destino però non aveva fatto i conti con lei, Elisa Paganelli. Era il 2012, aveva 28 anni, ma è la stessa tempra e sorriso di oggi che è una 62 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

persona sorda anche se si aiuta con una protesi. Dall’orecchio destro non ci sente più, dal sinistro poco. Eppure è tornata a cantare. Ultimamente ha tenuto un concerto in omaggio a Battiato con la Filarmonica di Franciacorta. Incontriamo Elisa in una gelateria di Scanzorosciate, il paese dove vive. Suona l’autoharp, uno strumento musicale a corde con una serie di tasti che, premuti, danno l’accordo desiderato. Uno strumento ideale sia per il principiante sia per il professionista esperto, relativamente semplice e facile da suonare, che Elisa usa nelle terapie individuali.

«Per me perdere l’udito è stato uno shock tremendo» ci racconta. «Cantavo da quando avevo quattro anni, ma dopo il primo momento ho reagito, soprattutto quando è nato, sei anni fa, il mio Gregorio. E proprio durante la gravidanza ho ideato Musicoccole. Sono incontri di musicalità per favorire lo sviluppo armonico del bambino e la relazione affettiva genitori/figli. La musica e l’arte sono un linguaggio di espressione e comunicazione che si dirigono all’essere umano in tutta la sua dimensione, sviluppando lo spirito, la mente ed il corpo. Non un corso per bambini, ma un per-corso da fare insieme, che offre la possibilità


di conoscere la musica attraverso il movimento, il gioco e la voce, in modo profondo ed armonico. La mission delle Musicoccole è sì far esplorare il mondo della voce e della musica ai bambini, in grembo o nati da poco ma ancor di più quello di dare degli strumenti e competenze aggiuntive ai genitori da riproporre a casa, insieme, per giocare con i loro bimbi in un modo nuovo e divertente». Le giornate di Elisa sono davvero piene: un figlio, i corsi per le mamme in attesa, per i genitori e i bambini nati da pochi giorni, gli studi di musicoterapia. La Paganelli è insegnante di canto, musicoterapeuta in acqua con diploma riconosciuto dal CONI e attualmente continua a studiare con Giulia Cremaschi Trovesi (APMM FIM). Inoltre tiene corsi di formazione sull’approccio Le Musicoccole. Ma trova il tempo anche per raccontare su YouTube (“Un giorno da persona sorda”) la situazione delle persone sorde come lei. Una serie di filmati realizzati soprattutto durante il lockdown

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anche tu puoi diventare un anello fondamentale della Catena della Sopravvivenza. Il DAE è un dispositivo semplice e intuitivo, che tramite indicazioni grafiche e messaggi vocali ti guida passo passo nel soccorso, tu devi solo seguire le istruzioni. Al resto ci pensa lui...

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

per il Covid, in cui ha messo in evidenza le difficoltà delle persone sorde. «Le mascherine ci hanno reso la vita ancora più difficile» ci spiega. «Molti di noi infatti cercano di capire le frasi guardando il labiale delle persone con cui parliamo, e con la bocca coperta è stato davvero impossibile. Così ho coinvolto amici, il sindaco Davide Casati e tanti altri a rendersene conto. Facevo mettere i tappi nelle orecchie e le cuffie in modo da imitare la sordità. E loro facevano molta fatica a capire le parole che gli venivano dette, con l’aggravante delle mascherine per cui non potevano leggere le labiali». Una sfida che ha

avuto un tale successo da spingere il giovane sindaco di Scanzorosciate a dotare gli uffici comunali di mascherine trasparenti. “Una mascherina fondamentale per le persone sorde che si recano agli sportelli” ha scritto il primo cittadino Davide Casati nell’ordinanza. “Una mascherina che consente di vedere la bocca di chi parla e facilitarne la comprensione…Un piccolo grande segnale… grazie alla nostra concittadina Elisa Paganelli per averci sensibilizzato su questo tema”. Una bella soddisfazione per la nostra cantante come quella di

vedere i miglioramenti dei bambini, soprattutto quelli con disabilità che segue anche a casa loro. Tanti ragazzini sono migliorati grazie alle Musicoccole. «Ecco sono queste le grandi soddisfazioni» commenta Elisa. «Non solo per me ma anche per le famiglie vuol dire tanto. La musica aiuta, è educativa, sociale, universale. Pensi che tutte le culture hanno sviluppato la musica anche se non tutti hanno magari una lingua scritta. Credo che la disabilità, qualunque essa sia non debba essere vista come una condanna, ma bisogna avere una diversa percezione della vita. E io amo la vita, anche se ho una di-


versa percezione del mondo. Non sento con le orecchie ma sento con il corpo. I suoni li sento con il torace, con i piedi, con la nuca». Ad aiutare c’è la pedana sensoriale, un’innovativa strumentazione che permette di ascoltare i suoni e la musica e, contemporaneamente, percepire la vibrazione con tutto il corpo. Grazie agli altoparlanti presenti al suo interno, la persona distesa su di essa riceve la stimolazione neurosensoriale periferica rappresentata dall’elemento acustico e vibrazionale. Uno strumento che Elisa usa spesso. Ai corsi con

i bambini e i genitori fa sentire i due Cd con le canzoni dei corsi come Ufo il Gufetto, Il Seggiolino Magico, Cambiamoci, La bua, Il Vasino, Suona le maracas, Il Tamburello, Scopriamo gli strumenti, tutte composte e cantate da lei. “Le canzoni sono pensate” scrive nel suo blog “per i momenti di difficoltà delle famiglie nella gestione dei neonati e dei bambini, per poter proporre un’associazione positiva sostituendo lo stato di malessere dei bimbi relativo ad un momento (fasciatoio, auto, bagnetto etc.) con uno di benessere e di gioco insieme alla mamma e al papà”.

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

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STRUTTURE

RSA BRAMANTE

Caregiver, anziani, fragilità: il territorio di Bergamo e le sue risposte assistenziali La chiusura delle RSA verso i nuovi ingressi durante la pandemia ha colpito anziani e caregiver, determinando difficoltà ad accedere ai servizi assistenziali per i propri cari. E, senza questa tipologia di ospitalità, le situazioni di fragilità hanno così gravato sulle famiglie: l’indagine condotta dal CENSIS testimonia come, in 7 casi su 10, siano proprio i cosiddetti caregiver informali a occuparsi di anziani e persone con disabilità, in Italia. «È evidente che, mai quanto oggi, riaprire le porte delle residenze per anziani e soggetti fragili, così da rispondere e dare appoggio alle tante situazioni di bisogno sanitarie, familiari, organizzative - è un dovere sociale» sottolinea Rachele Schiavo, Responsabile di RSA Bramante. «Al tempo stesso, però, è importante garantire la miglior qualità di vita a tutti gli ospiti, 66 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

in questa fase post-emergenza che ha cambiato il modo di vivere le RSA». Vediamo, quindi, quali sono le soluzioni, in termini di cura e assistenza, presenti sul territorio di Bergamo.

RISPOSTE AI BISOGNI DI SENIOR E FRAGILI SUL TERRITORIO BERGAMASCO A Pontida, RSA Bramante - struttura del Gruppo Edos, con all’attivo 16 strutture in 5 regioni d’Italia - rappresenta non solo una risposta alle esigenze delle categorie più fragili, ma anche un progetto architettonico innovativo in totale armonia con il territorio circostante, capace di accogliere ospiti con peculiari condizioni cognitive e comportamentali, come demenza senile, per fare la differenza sul territorio. «RSA Bramante offre percorsi e progetti all’avanguardia dedicati alla cura individuale e al supporto

degli ospiti affetti da decadimento cognitivo, che si concretizzano in terapie non farmacologiche ed esercizi dolci, coinvolgenti: per esempio, tra gli ambienti di RSA Bramante si svolgono attività come il “Memory training”; oppure il “Libro della Vita” attraverso cui ripercorrere e ricostruire le fasi dell’esistenza dell’ospite assieme alla sua famiglia, ma anche “Doll Therapy” e l’uso della “Stanza Multisensoriale”, un ambiente appositamente studiato per alleviare gli stati di agitazione che demenza e Alzheimer comportano» continua la responsabile. Il tutto in collaborazione con la figura di uno psicologo, così da consentire agli educatori della struttura di svolgere un accurato lavoro di cura dell’ospite attraverso indicazioni concrete, dando vita a un progetto di équipe il cui focus è garantire un’efficacia ad ampio spettro finalizzata a mantenere, se


non addirittura ripristinare - laddove possibile - le facoltà cognitive personali.

TERAPIE INNOVATIVE, AMBIENTI RINNOVATI E FUNZIONALI RSA Bramante è una struttura moderna che, grazie a un recente ampliamento, ha visto la creazione di ulteriori 20 posti letto totali, oltre ai 49 già esistenti, in un nucleo di nuova costruzione, oltre alla totale ristrutturazione dell’ala già esistente. «È nato così un ambiente all’avanguardia sia dal punto di vista estetico sia di organizzazione degli spazi, con camere singole e doppie luminose, perfettamente attrezzate, una palestra per le attività di riabilitazione, locali ricreativi per attività di animazione, una sala polivalente con tisaneria e un angolo snack per i momenti di ritrovo».

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

UN VIAGGIO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA CON PAROLA D’ORDINE: ACCESSIBILITÀ Il focus terapeutico e il comfort sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano RSA Bramante: tutti i suoi ambienti sono stati studiati per essere totalmente accessibili ai soggetti diversamente abili, a chi presenta condizioni di non autosufficienza o limitazioni parziali dell’autonomia, patologie cronico-degenerative e necessità di ricoveri di sollievo. «Inoltre, gli ambienti di RSA Bramante sono caratterizzati da una qualità elevatissima, perché l’edificio proviene da un progetto di SPA, realizzato con materiali e finiture di pregio» sottolinea Rachele Schiavo.

TANTO VERDE PER UN ABBRACCIO DI SERENITÀ RSA Bramante si trova all’interno di un parco privato di circa 70 ettari ed è dotata sia di un ampio cortile interno al piano terra sia di un

rigoglioso giardino di fronte alla mensa e ai locali dedicati alle attività ludico-ricreative, per circondare gli ospiti con un abbraccio di serenità assoluta.

IL POST-EMERGENZA E LA NUOVA QUOTIDIANITÀ DA SCOPRIRE «L’emergenza ha modificato il modo di vivere in RSA ma non l’attenzione quotidiana a garantire un’alta qualità della vita: oggi, tutti gli ospiti del Gruppo Edos vivono nuove esperienze in spazi riprogettati ad hoc per garantire loro la massima tutela, con servizi più personalizzati ed esclusivi; ad esempio, le attività che normalmente venivano svolte in grandi gruppi ora vengono condotte in piccoli insiemi o in forma individuale, preferibilmente all’aperto, complice l’arrivo della bella stagione, assieme alla ripresa delle

attività sul territorio, anche queste svolte nel massimo della sicurezza. La vita in Rsa, così, scorre di nuovo» racconta ancora la responsabile. «Non solo: è stato fatto un grande investimento su accertamenti diagnostici e isolamenti funzionali, oltre a quanto previsto dalla normativa, per assicurare la massima protezione in ogni ambito. Infatti, nessun nuovo ospite viene accolto in caso la sua incolumità - e quella degli altri - non sia garantita al 100%. Va inoltre ricordato anche che nelle Rsa del Gruppo Edos, nonostante il ritorno delle visite in presenza, sono state comunque mantenute attive anche tutte le modalità di comunicazione alternative - come videochiamate e Stanze degli Abbracci - implementate in questi due lunghi anni, per favorire i contatti tra ospiti e familiari, sempre e in ogni situazione» conclude Schiavo.

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è in via Gambirago 571 a Pontida. Per saperne di più si può chiamare l‘800 96 61 59 oppure inquadrare il QR code.

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 67


STRUTTURE

CENTRO MEDICO BOCCALEONE

Un nuovo poliambulatorio per il quartiere di Boccaleone “Salute, prevenzione e attenzione”. Sono queste le parole chiave che guidano le attività del Centro Medico Boccaleone, un nuovo e innovativo ambulatorio nato a Bergamo nel quartiere Boccaleone grazie all’intuizione di alcuni imprenditori locali che hanno saputo cogliere le necessità del territorio. Il quartiere Boccaleone si trovava sguarnito, erano pochi i poliambulatori presenti e il nuovo centro, in via Capitanio, è l’unico specializzato in varie attività medicochirurgiche e ha quindi attirato subito l’attenzione della comunità locale per il suo ruolo fondamentale nella diagnosi precoce e cura di numerose malattie. «L’obiettivo è diventare un punto di riferimento territoriale nel campo della medicina bergamasca» afferma il direttore sanitario dottor Andrea Zavaritt. «Il territorio bergamasco si distingue da sempre per le grandi potenzialità e competenze nell’ambito della medicina e chirurgia e l’avvio della attività ambulatoriale è una tappa importante nel rafforzamento del sistema assistenziale nel quartiere Boccaleone». Le specialità presenti sono numerose e in continuo rinnovamento e arricchimento. Specialità sia mediche sia chirurgiche si affiancano ad 68 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022


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attività paramediche e di assistenza infermieristica per poter offrire un’ampia gamma di prestazioni: > neuropsicologia > psicologia e psicologia ABA > dermatologia > urologia > ostetricia > senologia > ecografia > endocrinologia > medicina generale > consulenza nutrizionistica > servizi infermieristici > terapia occupazionale > fisiatria > fisioterapia > osteopatia > massoterapia > presidi ortopedici > riflessologia > terapia con onde d’urto.

cativa con un’organizzazione degli ambulatori e del flusso dei pazienti che permettono lo svolgimento di tutte le attività nella massima serenità garantendo gli standard più elevati di protezione e attenzione dei possibili rischi infettivi». Lo studio si è dotato di nuove apparecchiature tra cui un ecografo multidisciplinare di buona qualità, particolarmente idoneo allo studio degli organi interni addominali, della tiroide, della mammella, delle strutture muscolo tendinee, comprese le anche neonatali. L’ecografo sarà anche utilizzabile in ambito cardiologico e ginecologico. Una buona ecografia può aiutare il

medico ad arrivare a una diagnosi in tempi rapidi e magari meno onerosi rispetto ad altre metodiche. Consente inoltre di seguire l’andamento della malattia e della eventuale terapia attuata.

«Lo sviluppo del nuovo poliambulatorio offre i presupposti migliori per la creazione di una filiera integrata nel segno della salute e delle cure innovative per i nostri pazienti di Boccaleone e di tutta Bergamo» continua il dottor Zavaritt. «Lo scenario emergenziale non ancora superato impone lo svolgimento delle attività in contesti che possano garantire il massimo della sicurezza in termini di distanziamento sociale e contenimento dei rischi di contagio. Il nostro ambulatorio può contare su una metratura signifiMarzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 69


GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

“Together we do it” Il progetto di OPI Bergamo per il sostegno psicologico agli infermieri in prima linea durante la pandemia ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

«L’esperienza di vivere una situazione di distruzione, di perdita di familiari e l’essere esposti a scene terrificanti, com’ è successo durante la pandemia da Covid 19 di cui Bergamo nella prima ondata è stata l’epicentro, costituisce un fattore di rischio grave per la salute mentale di adulti e bambini. Non solo. Il trauma causato da disastri collettivi può interferire con le funzioni sociali, cognitive ed emotive. Questo è stato particolarmente impattante per gli operatori sanitari che, in prima linea, hanno affrontato “il nemico invisibile e sconosciuto” spesso senza adeguati mezzi e opportuna preparazione per la protezione di sé, sia sul piano fisico sia su quello emotivo». 70 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

Il progetto ha rilevato una significativa riduzione dei livelli di ansia e stress, l’acquisizione di una maggior consapevolezza di sé e di strumenti per elaborare e vivere al meglio la propria vita professionale e personale” Chi parla è Stefania Mondini, consigliere OPI (l’Ordine delle Professioni Infermieristiche) Bergamo. L’abbiamo incontrata per conosce-

re meglio il progetto con il quale OPI, a partire da aprile 2020, ha messo a disposizione degli infermieri bergamaschi un pronto intervento psicologico per affrontare ed elaborare il trauma vissuto.

INFERMIERI A RISCHIO PER DISTURBO TRAUMATICO DA STRESS Le persone che lavorano quotidianamente a contatto con sofferenze acute, nonostante tendano a sviluppare un’alta soglia di tolleranza agli eventi traumatici, possono manifestare disturbi psicopatologici a breve o lungo termine a seguito della traumatizzazione vicaria. «Per questi motivi gli infermieri sono da considerarsi, secondo la


classificazione di Taylor-Frazer del 1981, vittime di primo, secondo terzo e quarto tipo, con un altissimo rischio di sviluppare un disturbo post traumatico da stress (PTSD) proprio perché esposti a una stimolazione ed esposizione cumulativa» osserva Mondini.

EMDR E LAVORO IN GRUPPO Il progetto è stato realizzato grazie a una raccolta fondi organizzata dall’OPI di Bergamo nel periodo emergenziale pandemico. «La finalità era duplice: da un lato rispondere alla carenza di DPI del territorio, particolarmente deficitario di dispositivi di protezione nel periodo marzo-aprile, dall’altro favorire la realizzazione del progetto di elaborazione del trauma» continua Valentina Gritti, tesoriere OPI Bergamo. Un primo intervento, svolto telefonicamente con 38 infermieri del territorio, ha evidenziato vissuti e risvolti emotivi complessi riconducibili a situazioni di stress acuto con l’evidenza di sintomi di PTSD. «A seguito dei dati raccolti l’OPI Bergamo ha sostenuto un progetto di elaborazione del trauma che ha coinvolto 40 infermieri suddivisi in 6 gruppi, nell’arco temporale di 7 mesi (settembre 2020-marzo 2021). In quest’ottica, il lavoro in piccoli gruppi appare essere il mezzo più adeguato a fornire l’aiuto psicologico tramite metodologia “Eye Movement Desensitization and Reprocessing” (EMDR) che rappresenta, ad oggi, lo strumento principale all’interno delle linee guida OMS per il trattamento del Di-

sturbo Post-Traumatico da Stress. L’obiettivo della terapia EMDR è quello di riattivare il processo di “autoguarigione” e desensibilizzare i ricordi disturbanti connessi all’esperienza traumatica. In particolar modo, l’obiettivo principale del progetto è quello di sostenere gli infermieri al fine di sviluppare la capacità di reggere il peso emotivo e proteggere dal trauma psichico». Gli incontri in totale sono stati sei, quattro settimanali, il quinto dopo quindici giorni e il sesto a distanza di circa un mese.

I RISULTATI: UN SIGNIFICATIVO ABBASSAMENTO DEL DISAGIO SOGGETTIVO Uno degli strumenti di valutazione del percorso svolto è stato il “termometro delle emozioni” somministrato a ciascun partecipante all’inizio e alla fine del percorso. «È stata così raccolta la valutazione soggettiva, su una scala Likert da 0 a 10 dei livelli di Stress, Ansia, Umore depresso, Rabbia, Disturbo del sonno e Bisogno di aiuto. L’analisi comparativa tra i livelli di disagio emersi nel primo incontro e quelli rilevati alla fine del percorso evidenziano un notevole beneficio del lavoro svolto e un significativo abbassamento del disagio soggettivo percepito per ciascun item (capacità di lasciarsi andare, consapevolezza del gruppo come risorsa, cura del sé, gestione dell’ansia e dello stress, capacità di comunicare anche cose difficili…) dato che appare in linea anche con

gli altri test di valutazione e con il riscontro nelle domande qualitative. Il termometro ha consentito ai partecipanti di visualizzare la gradualità dei propri stati emotivi e quindi una maggiore consapevolezza “dell’alta temperatura” e della sua disfunzionalità. Il lavoro di supporto ha permesso un ritorno a temperature accettabili per poter gestire la difficile situazione e cogliere delle opportunità di cambiamento» spiega il consigliere. «È stato un lavoro profondamente trasformativo per i partecipanti che sono stati condotti attraverso due percorsi centrali: l’elaborazione del trauma e l’instillazione/potenziamento delle risorse per rilanciare in maniera più consapevole il loro essere ed esserci all’interno della quotidianità. La gestione dei pensieri e delle emozioni è stato un processo che ha permesso al singolo, all’interno del gruppo e sostenuto da esso, di rielaborare quanto accaduto per poter tornare a interagire con l’ambiente lavorativo in maniera attiva e propositiva».

L’IMPORTANZA DEL SOSTEGNO NEL TEMPO A distanza di circa 8 mesi dalla fine per percorso, OPI Bergamo ha voluto organizzare un incontro conclusivo con i partecipanti del progetto, con lo scopo di condividere esperienze, riflessioni ed emozioni scaturite dall’elaborazione delle esperienze traumatiche a distanza di tempo e quali vantaggi ne sono derivati nell’ambito lavorativo e personale. Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 71


REALTÀ SALUTE

Spazi di diritto, spazi di futuro! «In Cammino ha da sempre un’attenzione particolare sul tema del lavoro, riconoscendo il valore intrinseco che occupa nel percorso esistenziale di ogni persona. Il lavoro rappresenta un’opportunità unica di realizzazio-

ne personale, concorre a dare senso e luogo alle competenze che si acquisiscono e riempie di significato il tempo, oltre a rappresentare, per molti, un concorso alla realizzazione del mondo che porta dentro» dice Danila Beato, presi-

COOPERATIVA IN CAMMINO Via De’ Medici 13 San Pellegrino Terme (BG) Tel 0345 22636 segreteria@coopincammino.it www.coopincammino.it

Alcune delle iniziative della Cooperativa Sociale In Cammino

Albergo Didattico In collaborazione con l’Istituto Superiore di San Pellegrino Terme, è in corso la co-progettazione di un Albergo Didattico, nel quale gli studenti potranno fare esperienza diretta nella gestione di tutte le fasi che caratterizzano la vita di un Albergo, dentro una cornice a forte carattere pedagogico.

72 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2022

Macaone Laboratorio esperienziale che promuove la trasformazione dai progetti riabilitativi a progetti di vita ed integrazione sociale, in un dialogo diretto con la Comunità e il territorio. Un negozio, a San Pellegrino Terme in via De Medici 11, destinato alla vendita delle varie produzioni di bigiotteria, sartoria, cartoleria,

rivendita di olii essenziali, incensi bio (provenienti da un progetto dedicato alle donne che hanno subito violenza) e prodotti edizioni Del Baldo. SbarazzaCà In corso di pianificazione un Servizio di sgombero di cantine, solai, nel territorio della Valle Brembana.


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“ Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, che non giovi a un nobile scopo.” ∞∞ ADRIANO DE BENEDETTI

dente della Cooperativa In Cammino. In quest’ottica, lavorando sui percorsi riabilitativi delle persone in carico ai propri Servizi, In Cammino ha ampliato il progetto d’impresa dando vita a spazi di produzione finalizzati all’inserimento lavorati-

vo, trasformando una parte dei laboratori ergoterapici in possibili percorsi di evoluzione ed emancipazione lavorativa.

“Un chilo di coraggio” È la campagna proposta dalla Cooperativa Sociale In Cammino alla quale ciascuno è chiamato ad aderire. La finalità è dettata dall’emergenza ucraina, che sta interrogando la nostra capacità di accoglienza e che necessita di fondi a sostegno della stessa. In vista della Pasqua, la Cooperativa

promuove dunque la realizzazione e la distribuzione di un coniglietto di lana, quale simbolo di pace e di una possibile rinascita. La produzione è garantita dal lavoro ed impegno di alcune persone ospiti e frequentanti i servizi che In Cammino ha generato, ma diventa occasione di ulteriore incontro con le comunità della Valle, con

Per contatti e informazioni Cell. 340 3602584

chiunque desideri concorrere al progetto attraverso la realizzazione anche di parte del prodotto, la distribuzione o l’acquisto. Il contributo raccolto verrà interamente devoluto ai progetti di accoglienza che verranno attivati in Valle, in collaborazione con la rete cooperativa Caritas e l’Ambito.

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 73


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REALTÀ SALUTE

Quattro chiacchiere sul DAE

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«Il defribrillatore non è un elettrodomestico, ma un dispositivo elettromedicale che rileva, ed eventualmente riconosce, le alterazioni del ritmo cardiaco, ed eroga, se necessario e possibile, una scarica elettrica al cuore, definita defibrillazione, per ristabilirne la normale attività elettrica, attraverso l’intervento di un generatore di impulsi. Ne esistono due tipologie, il monitor-defibrillatore utilizzato in ambito ospedaliero e nel soccorso e il DAE (acronimo Defibrillatore Automatico Esterno) utilizzato in tutti gli ambienti extra ospedalieri per enti-luoghi pubblici e privati. I DAE possono essere semiautomatici o automatici, la differenza sta che nel primo sarà l’operatore a premere il pulsante per erogare la scarica elettrica, mentre nel secondo è il DAE che eroga autonomamente la scarica elettrica». Spiega Federico Pelicioli di Tecno System. Approfondiamo allora come si usa questo strumento salva-vita, sempre più diffuso anche nella quotidianità di ognuno di noi. > Come si alimenta? Ha una propria batteria che gli permette di restare in stand by da 2 a 5 anni in funzione del modello di Dae che si ha in dotazione. > Come si accende? Semplicemente premendo un tasto ben visibile che lo attiva. > Quando si accende cosa succede? Una volta acceso una voce registrata nel DAE ci guida passo passo

dicendo quello che dobbiamo fare. > Come si collega al paziente? Ogni DAE ha in dotazione e già pre-collegati degli elettrodi della grandezza di due cartoline sui cui sono rappresentate graficamente le indicazione di applicazione al torso nudo del paziente. > Gli elettrodi hanno una scadenza? Sì, come la batteria. In funzione del modello possono avere una scadenza dai due ai quattro anni. > Cosa succede quando gli elettrodi sono collegati al paziente? Non appena gli elettrodi sono collegati al torso il DAE inizia ad analizzare il paziente e se lo ritiene opportuno mette in carica il proprio circuito per poi dare indicazione al soccorritore di premere il tasto di scarica oppure, se il DAE è nella versione automatica, scarica autonomamente. > Cosa succede dopo la scarica? Se paziente si riprendere e letteralmente riprende coscienza si pone in posizione di sicurezza e si attende l’arrivo dei soccorsi (gli elettrodi verranno scollegati solo dal gli operatori sanitari del servizio 112). Altrimenti se la scarica non ha dato nessun esito, il DAE ci guiderà nello svolgimento delle compressioni toraciche per un tempo di 2 minuti e analizzerà nuovamente il paziente . > Cosa succede quando il DAE è stato utilizzato? Certamente non si butta, ma vengono installati dei nuovi elettrodi e se in base alla modello di Dae

Per elettromedicale si intende un apparecchio elettrico, munito di non più di una connessione ad una particolare rete di alimentazione destinato alla diagnosi, al trattamento o alla sorveglianza del paziente sotto la supervisione di un medico, e che entra in contatto fisico o elettrico col paziente e/o trasferisce energia verso il paziente e/o rivela un determinato trasferimento d’energia verso il paziente.

anche una nuova batteria. > Come faccio a sapere se il DAE è funzionante? Solitamente i Dae hanno un indicatore di colore verde se il DAE funziona correttamente mentre in caso contrario inizierà a emettere un segnalazione acustica e l’indicazione verde cambia (da verde a rossa oppure si può spegnere o ancora cambiare la frequenza del lampeggio). > Perché un DAE va in allarme? Sempre in funzione del modello il DAE esegue degli autotest periodici che verificano la propria circuiteria, lo stato della batteria e in alcuni modelli anche lo stato degli elettrodi.

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Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 75


L'USO DEL Computer Le persone trascorrono circa 9 ore e 45 minuti al giorno guardando dispositivi digitali L’utilizzo eccessivo dei videoschermI E’ una delle principali cause dei problemi visivi Segui la regola ’20-20-20’: ogni 20 minuti, guarda a 20 piedi di distanza (6 metri) per 20 secondi Gli occhiali con filtro per luce blu proteggono dalle radiazioni nocive emesse dagli schermi


REALTÀ SALUTE

SilverTObe Turismo alla velocità di ogni viaggiatore

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«Abbiamo tutti passato un periodo durissimo, in particolare gli anziani sono stati colpiti più gravemente nella propria salute e nei i propri affetti. È ancora difficile guardare al futuro con serenità e facciamo fatica a ripartire, ma abbiamo deciso di dare il nostro contributo, entusiasta e positivo, per aiutare anche le persone non più giovani, oppure con qualche acciacco e qualche problema di salute, a non chiudersi in se stesse e a ritrovare il piacere di muoversi, di conoscere posti e persone nuove» esordisce Laura Tomasini di BergamoAssistenza Coop. Sociale di Bergamo. «La solitudine, insieme a qualche problema di salute, crea una profonda fragilità e insicurezza che spesso fa dire ai nostri assistiti “mi piacerebbe ma...” e per questo abbiamo creato il progetto SilverTObe». In che cosa consiste questo progetto? È un programma di viaggi, gite, weekend, dove chiunque a qualunque età possa riscoprire il piacere di muoversi e viaggiare, con i giusti tempi e con le giuste sicurezze, mantenendo le proprie abitudini quotidiane, e ricevendo anche un’assistenza durante il viaggio, fattore indispensabile per ritrovare quell’autonomia e quella sicurezza che spesso mancano lontano da casa. A chi si rivolge? Ai nostri assistiti, alle associazioni

che possono diffonderlo ai loro iscritti o formare gruppi, ma anche a semplici privati.

(e post) partenza, dalla documentazione alla valigia. Il viaggio inizia da casa!

Com’è strutturata l’assistenza ai viaggiatori? SilverTObe offre un dettagliato, completo e consolidato protocollo di sicurezza, elaborato e costantemente aggiornato da professionisti del turismo, dell’assistenza domiciliare e da personale qualificato, selezionato e attentamente formato. Nel progetto socio-turistico SilverTObe è stata introdotta una fondamentale figura turistica in modo da poter garantire supporto e assistenza agli aspiranti viaggiatori in tutte le fasi. Dopo il primo approccio con uno dei nostri consulenti di viaggio vengono affidati a uno dei nostri collaboratori la definizione e la scelta dell’itinerario, tutto l’iter di preparazione e organizzazione pre

Quali sono le mete per il 2022? Per Pasqua proponiamo Ischia e la Liguria, da giugno a settembre soggiorni al mare in Sardegna e Romagna, in autunno di nuovo Ischia, le Langhe e il Monferrato e a dicembre i mercatini di Natale. Durante tutto l’anno si aggiungono week end in varie località e viaggi a tema culturale e religioso.

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Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 77


Dott. Paolo Previtali Medico Chirurgo Odontoiatra Dott. Federico Previtali Odontoiatra

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REALTÀ SALUTE

A Sportindoor il progetto Palestra della Salute Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale, circa 1 donna su 3 e 1 uomo su 4 non fanno abbastanza attività fisica per rimanere in salute. Con una maggiore attività fisica potrebbero essere evitati più di 5 milioni di morti ogni anno! Ma quale attività fisica è più adatta per chi soffre di ipertensione, cardiopatie, obesità o insufficienze respiratorie?

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«Proprio per rispondere a queste domande è nato il progetto Palestra della Salute, presso il centro sportivo polifunzionale Sportindoor di Mozzo, frutto della collaborazione tra lo staff della Palestra e l’equipe medico-sanitaria del Poliambulatorio» racconta Giacomo Ruozi, direttore del Centro. «Il fai da te è rischioso, a Sportindoor accompagniamo in modo personalizzato chi deve affrontare una riabilitazione o chi vuol dimagrire, dall’atleta all’utente che vuole semplicemente rimettersi in forma». Responsabile delle operation di Palestra della salute è Andrea Giulia Bonacina, laureata in scienze motorie. Alla sua attenzione sono affidati i pazienti dopo essere stati visitati da medico dello sport e fisioterapista e successivamente divisi in gruppi in base alle loro patologie.

«Palestra della salute è un modo per prendersi cura di sé attraverso un’attività fisica personalizzata, controllata e monitorata. Il percorso comincia con dei test standardizzati per poi passare all’attività di palestra programmata sulle problematiche del singolo paziente (se cardiopatico viene utilizzato anche un cardiofrequenzimetro per monitorare ritmo cardiaco e sforzo medio per eseguire l’attività in totale sicurezza). Chi ha preso parte al progetto riscontra benefici oggettivi comprovati dal monitoraggio costante e dai test ripetuti dopo due mesi di attività: più mobilità, pressione stabile, adattamento del ritmo cardiaco. Altri benefici sono invece soggettivi: più energia, forza, sicurezza e un generale miglioramento a livello delle normali attività quotidiane. Questo progetto mi sta dando una grande soddisfazione personale, spero che si espanda perché non è mai troppo tardi per dedicarsi del tempo!» racconta Andrea Giulia Bonacina. E a testimoniare che non è mai troppo tardi per dedicarsi del tempo è U.M., un “giovanotto” di 73 anni che da tre mesi ha aderito al progetto percorso Palestra della salute. «Oltre a un normale fisiologico

indebolimento muscolare e irrigidimento soprattutto articolare dovuti all’età, la mia motilità ed equilibrio si erano deteriorati in seguito a un trauma al ginocchio. Attività fisiche generiche in piscina o in palestra non hanno portato benefici significativi, per questo ho accolto con interesse la proposta dell’equipe di Sportindoor di affrontare un percorso terapeutico più impegnativo ma specificamente rivolto a rispondere alle difficoltà fisiche del mio vivere quotidiano» afferma con entusiasmo. «La terapista, dopo una valutazione preliminare, mi accompagna, istruisce ed esamina nei diversi esercizi, modulandone durata e “recuperi” per un’ora tre volte la settimana a giorni alterni». «Vengono registrati meticolosamente i parametri cardiaci a inizio e fine seduta, i dati vengono tabulati e rappresentati in grafici che permettono di visualizzare l’evoluzione dello stato di salute; ogni volta vengono indicati gli esercizi fisici specificamente scelti per stimolare muscolature e le articolazioni» conclude Andrea Giulia Bonacina. A Palestra della Salute chiunque, anche chi non ha mai fatto attività fisica, può trovare il programma più efficace e adatto per sé, migliorare la propria forma fisica e benessere, in sicurezza, con la possibilità di detrarre la spesa dalla dichiarazione dei redditi. SPORTINDOOR ALL IN ONE S.S.D. A R.L. Via F. Radici 1 - Mozzo (BG) Tel. 035-4156087 www.sportindoor.it

Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 79



REALTÀ SALUTE

Activity Based Therapy, un nuovo approccio alla disabilità

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Chi è affetto da disabilità fisica causata da lesioni midollari, cerebrolesioni o danni da sofferenze neonatali o perinatali può oggi intraprendere un recupero terapeutico e funzionale attraverso l’Activity Based Therapy (ABT), cioè la terapia basata sull’attività fisica. «È la promozione del neurorecupero che distingue l’ABT da un’attività fisica generica come quella che si usa normalmente per mantenere o migliorare la forma fisica. La sua applicazione estesa offre molti vantaggi: accanto alla promozione del neurorecupero ci sono benefici sulla spasticità, le lesioni da pressione, le infezioni del tratto urinario e un miglioramento complessivo della qualità di vita» spiega il dottor Bruno Cavagna, medico di medicina generale che segue dalla sua nascita Alp Life, una Start up innovativa a vocazione sociale del Gruppo IN, formato dalle cooperative Contatto, La Bonne Semence e ProgettAzione. «Per un progetto di ABT serve un gruppo interdisciplinare di professionisti tra cui laureati in Scienze Motorie. Il loro coinvolgimento in un programma di ABT supera di gran lunga i confini dell’attività fisica adattata (AFA) destinata a persone adulte o anziane con sindromi da ipomobilità, osteoporosi o patologie croniche clinicamente stabilizzate. Le loro competenze in ambito bio-medico e delle discipline motorio-sportive, li rendono adatti a progettare e condurre percorsi di attività nel disabile neurologico» continua il dott Cavagna. «Gli

interventi

si

focalizzano

sull’immagine corporea (ossia la dimensione emotivo-affettiva, l’assetto motivazionale, i ricordi e i programmi di azione di ognuno di noi). Quest’ultima non è sempre identica, ma subisce continui cambiamenti attraverso le esperienze personali, così come succede di fronte a eventi invalidanti. L’ABT è un nuovo modello culturale per il benessere della persona in fragilità, offrendo la possibilità di ri-costruire la conoscenza del proprio corpo, con una rimodulazione emotivo/ cognitiva dello stesso» aggiunge la dottoressa Claudia Maggio, psicoterapeuta che fa parte dell’equipe interdisciplinare di Alp Life. «L’ABT spesso impiega apparecchiature specializzate ma può espletarsi anche con tecnologie minime e/o di bassa complessità per un utilizzo a tutti i livelli socioeconomici. La sua popolarità è in crescita, soprattutto negli Stati Uniti, ma la sua implementazione nella pratica terapeutica è ancora una

sfida: mancano, infatti, programmi e linee guida standardizzate con consensi allargati. Ciò non invalida la legittima attesa per una proposta terapeutica adeguata ai vari gradi della disabilità neurologica anche se non ancora giunta a completa maturità nella sua pratica» osserva il dott Cavagna. «L’ABT riconosce il ruolo dell’attività fisica, non solo in veste riabilitativa, ma in termini di inclusione e di integrazione sociale, in opposizione a una delle tante aree, che come lo sport, è ancora oggi sinonimo di discriminazione nelle fragilità, se non a livello agonistico» conclude la dottoressa Maggio.

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Marzo/Aprile 2022 | Bergamo Salute | 81


Bergamo Salute anno 12 | n° 65 Marzo | Aprile 2022 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adobe Stock, Unsplash, Pixabay, Adriano Merigo, www.divisionecalcioa5.it Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via G. Garibaldi, 3 - 24030 Mozzo (BG) Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Sergio Clarizia - Pediatra Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO • Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo • Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo • Dott. Andrea Poerio e Dott.ssa Diana Prada Referenti territoriali di Bergamo e Provincia OPL Ordine Psicologi Lombardia

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di Giorgio Capelli

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Sportindoor

2min
pages 79-80

SilverTObe

1min
pages 77-78

Tecno System

2min
pages 75-76

“Together we do it”

5min
pages 70-72

Rsa Bramante

4min
pages 66-67

Centro Medico Boccaleone

2min
pages 68-69

Il lato umano della medicina

9min
pages 58-62

Malattie rare

1min
page 63

Farmacie

4min
pages 56-57

Testimonianza

2min
pages 64-65

Animali

3min
pages 48-49

Terzo settore

4min
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Fitness

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News

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pages 50-53

Bambini

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Dolce attesa

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Lasagnette di primavera allo zafferano e asparagi

8min
pages 36-42

Coppia

4min
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Carlotta Filippi

7min
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Chirurgia

4min
pages 8-9

Alimentazione

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Bergamo salute spegne 12 candeline... in salute

1min
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Ginecologia

4min
pages 10-11

Brodo vegetale Un alleato in cucina, sano e gustoso

3min
pages 20-21

Otorinolaringoiatria

4min
pages 12-13

Psicologia

5min
pages 22-23
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