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OSSERVATORIO
Le politiche culturali in Italia
Le vie del piacere
di Ermanno Detti
La ricostruzione delle scelte culturali ed editoriali del nostro Paese e i rischi di una regressione. Ricordando che rinnegare il piacere di leggere significa rinnegare le teorie di Rodari, Pennac e molti altri prima e dopo di loro. L’assenza di una politica governativa e dei partiti in favore del libro. Quelli che non leggono.
L
’intuizione che il narrare sia legato al concetto di svago si perde nella notte dei tempi, dal mito, alle fiabe, alla commedia greco romana. Nell’Ars poetica, Orazio sostiene esplicitamente, parlando di scrittura, che l’obiettivo del poeta deve essere quello di istruire e di divertire il lettore1.
14 Pepeverde n. 13/2022
Per quanto riguarda la letteratura destinata a bambini e ragazzi è a partire da fine Ottocento che la questione si presenta con chiarezza. Si presenta come letture per il tempo libero, fra le quali giova ricordare Pinocchio: le famose Avventure di un burattino non nacquero subito come libro ma a pun-
tate, per diporto, sulle pagine del “Giornale dei bambini” a partire dal 1881. Collodi era convinto di scrivere – lo dice lui stesso – una «bambinata», ovvero la storia di un burattino disubbidiente e bugiardo che con le sue trasgressioni facesse sorridere e favorisse nei bambini un naturale processo di identificazione. Dall’altra parte troviamo De Amicis che, con Cuore, resta nel solco della letteratura con finalità prettamente educative: con il suo diario di scuola, con alunni provenienti da varie regioni d’Italia, egli tenta la difficile impresa di unire gli italiani con gli insegnamenti morali e civili del buon maestro Perboni. Un discorso a parte meriterebbero i romanzi di Salgari, anch’essi spesso pubblicati su riviste a puntate e capostipiti dei romanzi di avventura. I due romanzi, Cuore e Pinocchio, tracciano fin da allora due strade parallele. De Amicis la strada dei sentimenti e della morale, della letteratura pedagogica; Collodi la strada del sorriso e dell’avventura, della letteratura “gaia” adatta al tempo libero, alternativa agli altri suoi stessi libri per ragazzi (pensiamo al Giannettino e al Minuzzolo, opere didascaliche pensate per la scuola). Non a caso agli inizi del Novecento la lettura di Pinocchio venne sconsigliata nelle scuole con una precisa motivazione: la gaiezza delle avventure del celebre burattino avrebbe potuto distrarre gli alunni dalla serietà degli studi. L’idea della lettura come divertimento e, diremmo noi, come piacere non venne però mai abbandonata. Già nel 1908, nell’editoriale del primo numero del “Corriere de Piccoli”, ci si proponeva di istruire e divertire, promessa mantenuta con le pagine giornalistiche e scientifiche, con quelle colorate dei fumetti, con le ottimistiche storie di Bonaventura scritte e disegnate da Sergio Tofano che, anche teoricamente, sosteneva in pieno 1937 il valore pedagogico del far ridere i bambini2. Nel famoso giornalino vi furono fin dagli inizi, è giusto ricordarlo, anche le pagine delle barzellette. È nel secondo dopoguerra che, fatico-