TASTE
Acidità e Tannicità Introduzione alla degustazione delle durezze del vino di Vincenzo Salvatore
T
ra gli aspetti più importanti, e inizialmente più controintuitivi, della degustazione del vino c’è sicuramente la comprensione delle cosiddette “durezze”, in particolare l’acidità e la tannicità. Quest’ultima, derivando dai tannini naturali disciolti durante la pressatura delle uve, discrimina in maniera fondamentale la differenza tra vini bianchi e vini rossi, visto che nei primi è fortemente limitata (a meno che non si effettuino lunghi invecchiamenti in botti o lunghe macerazioni sulle bucce per ottenere orange wines). L’acidità invece è più determinante per il profilo gustativo dei vini bianchi, ma non bisogna altresì sottovalutare il suo ruolo nel costruire l’equilibrio e l’armonia anche dei vini rossi. Qui presentiamo una panoramica sul ruolo che queste due durezze hanno nel definire il profilo di un vino, e su come bisogna inquadrare queste spigolosità per comprendere le differenze di vitigni, stili, tecniche di vinificazione, e modalità di invecchiamento. Si può definire la tannicità come la sensazione di astringenza prodotta dal vino nello stimolare la parte anteriore della lingua e del palato, riducendo la salivazione, allappando la lingua, e suggerendo la percezione di un sorso materico e tattile, talvolta amarognolo e rustico. In effetti, questa sensazione non viene percepita dalle papille gustative, bensì dai recettori della mucosa orale e da alcune papille linguali dove i tannini si legano alla mucina, una glicoproteina fluidificante della saliva, stimolando appunto l’astringenza. Nei cosiddetti tannini del vino rientrano in realtà una vasta serie di polifenoli (tannini, ma anche flavonoidi come antocianine, catechine, e flavonoli) che vanno a comporre la straordinaria ricchezza nutritiva delle uve. I polifenoli più caratteristi-
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SPRING 2021 - CigarsLover Magazine