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COVID 19, IL MOSTRO SILENZIOSO LIVIA PANDOLFI
Silenzio. Potrebbe essere questa la parola che ricorderemo negli anni a venire quando penseremo alla tremenda Apocalisse che il mondo ha vissuto con la pandemia del terzo millennio: il Coronavirus. Conosciuto fra i sanitari con la sigla Covid 19, tanto da battezzare gli ammalati ‘pazienti Covid’, il Coronavirus è infatti stato silente, invisibile, subdolo e inesorabile.
25 mila, dovute al mostro senza volto. Silenziosi i funerali in esilio, perché è così che si sono svolti senza nemmeno le lacrime di figli, fratelli e nipoti. Silente, e pure senza volto, è stata l’epidemia più feroce della storia recente, perché appunto si è servita del silenzio, dell’isolamento, dell’assenza di contatto, del conforto finale. In una parola dell’umanità.
È stata silenziosa la terra, liberata con il lockdown in un sol colpo dall’inquinamento acustico, dalle vibrazioni eccessive, dal rumore dell’ormai caotica vita dell’uomo all’inseguimento della ricchezza e del progresso. Sono state silenziose le città, la cui quiete irreale è risultata interrotta solo dalle sirene delle ambulanze di corsa verso gli ospedali. Orrendamente mute e solitarie sono state le morti di migliaia di italiani, mentre scriviamo oltre
Anzi un volto lo ha avuto perché ha preso sembianze diverse a seconda del luogo in cui si è insinuata: è stata la faccia truce della morte in tutto in Nord, Lombardia in testa, con Bergamo e il Lodigiano a fare le Caporetto di una battaglia persa prima di cominciare quando, subdolo, il morbo ha iniziato, probabilmente già da gennaio, forse i primi di febbraio a circolare negli ospedali, nelle fabbriche, nelle aziende, nei bar, nelle case.
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