ATTUALITÀ/Economia
PIAZZA DI LONDRA
a cura di Peter Ferri
Le ignobili conseguenze della Brexit
Q
ui da noi i nastri rossi si ta gliano a Natale quando si apro no i regali. Al di là della Manica quel la del taglio del nastro rosso è una ossessione che domina il dibattito pubblico, raggiungendo il parossismo quando si tratta di Unione Europea. Non parliamo naturalmente del na stro delle festività natalizie, ma di “red tape”, il termine con cui nel Regno Unito ci si usa riferire alla serie apparentemente infinita di lacci e lac ciuoli burocratici che impediscono agli “animal spirits” del mercato di dar libero sfogo al loro istinto crea tivo. Per i fautori della Brexit il “red tape” è il peccato capitale dell’Unione Europea: una regolamentazione ec cessiva e una rigida conformità a re gole formali, considerate ridondanti e spesso fini a sé stesse, che ostaco lano l’azione e il processo decisionale in ambito economico e non solo. Non a caso, durante la campagna referen daria per l’uscita dall’Ue, la Brexit è stata presentata agli elettori come un’occasione irripetibile di alimentare con un falò di nastri rossi la crescita dell’economia britannica. Quale migliore occasione allora per un settore come quello finanziario, in cui gli “animal spirits” sono di casa? Probabilmente nessuna, e questa estate gli spiriti animali si sono messi a lavorare alacremente, in molti casi rinunciando alle vacanze, soprattutto nei piani alti della City. Purtroppo però quello che li sta impegnando non sembra tanto l’agognato falò, quanto un groviglio di nuovi nastri ros si. L’annullamento delle ferie estive è infatti dovuto al carico di lavoro ge nerato da una serie di riforme pro gettate dal governo britannico per ga rantire che la City resti un importante polo finanziario globale anche dopo il divorzio da Bruxelles. Campa cavallo! Tra le riforme proposte dal governo di Johnson, di particolare rilevanza per la City è quella di rivedere il regime delle commissioni favorendo gli inve stimenti dei fondi pensionistici in fon di di private equity e venture capital a 6
/mercoledì 15 dicembre 2021
sostegno di startup innovative. Nel rapporto si sostiene infatti che il regi me attuale ha un effetto distorsivo a vantaggio di investimenti passivi nel mercato azionario e a svantaggio di attività a più alti rendimenti ma con una gestione attiva più costosa. Nel mirino del rapporto ci sono anche: il regime imposto al settore assicurati vo dalla direttiva Solvency II dell’Unio ne Europea, volta ad estendere la nor mativa di Basilea II al settore assicu rativo, e la direttiva MiFid II sui mer cati dei servizi finanziari, con parti colare attenzione ai derivati. Nella City non tutti però sembrano convinti dalla strategia governativa del taglio del nastro rosso come strumento per vincere la competizione con le piazze dell’Europa continentale. Alcuni sotto lineano che i mercati finanziari sono per loro natura mercati globali e che hanno quindi bisogno di una regola mentazione condivisa a livello inter nazionale per funzionare al meglio. In tal senso, la retorica secondo la quale il Regno Unito sarebbe in competizio ne con l’Ue per la leadership sui mercati finanziari continentali sembra essere più dei politici che degli ope ratori del settore. Molti di loro pre ferirebbero discutere di come aumen tare la dimensione dei mercati e quindi come avere una torta più gran de da spartirsi che passare il loro tempo ad adeguarsi a nuove regole che rischiano di ridurre la grandezza della torta. Il rischio percepito è quel lo di una divergenza tra le regole di Londra e quelle di Bruxelles. Una divergenza che, allontanando le due sponde della Manica, non farebbe al tro che frammentare inutilmente i mercati finanziari europei. È questo il caso dei cosiddetti “passporting ri ghts” alla base del mercato unico dell’Ue per i servizi finanziari, in virtù dei quali le aziende autorizzate a ope rare in qualsiasi stato dell’Unione possono muoversi liberamente anche in qualsiasi altro stato membro. Dall’inizio dell’anno le società finan ziarie della City hanno perso tali diritti e dipendono dall’assenza di divergen
za regolamentare tra Londra e Bruxelles per continuare ad operare in un regime agevolato di equivalenza. Altre perplessità sulla strategia governativa del taglio del nastro rosso nascono dalla constatazione di come si è arrivati al quadro normativo cor rente. Chi nella City ha seguito lo svolgimento degli eventi sa che il Re gno Unito ha avuto un ruolo fon damentale nel disegnare le attuali re gole europee in ambito di servizi fi nanziari, come nel caso della direttiva MiFid II. Inoltre, non tutto quello che il governo britannico presenta in termini di minor burocrazia, sembra esserlo davvero. Per esempio, se da un lato si propone di rendere più facile la quo tazione delle società a Londra, dal l’altro si discute anche di riformare il regime di revisione contabile, aumen tando di fatto l’onere burocratico per le società quotate. Quale sarà dunque il futuro della City? Ostacolando l’eventuale rialloca zione del personale dal Regno Unito ai paesi dell’Ue, il nostro approccio al la pandemia rende più difficile valuta re le tendenze in corso. In questo sen so, un’interessante prospettiva è stata offerta a maggio da Howard Davies, presidente di NatWest, una delle più importanti istituzioni bancarie britan niche, e in passato vicegovernatore della Banca d’Inghilterra, presidente della Financial Services Authority e direttore della London School of Eco nomics. Secondo Davies, nonostante per colpa della Brexit la City sia stata in larga parte tagliata fuori dai mer cati dell’Ue e abbia poche illusioni di poter riguadagnare un facile accesso in tempi brevi, il futuro di Londra co me centro finanziario globale sembra comunque assicurato. Tuttavia, sebbe ne la City rimarrà il mercato finan ziario più grande d’Europa, la sua “età dell’oro” può considerarsi finita. In altre parole, anche in questo caso la maledetta Brexit hafatto molti più danni che altro.