Italia Publishers 06/2018

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Italia Publishers - Anno XXX - n° 06/2018 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI

MEETING LEADERS

L’inkjet EFI ha una nuova roccaforte che è parte di un ecosistema di ricerca e sviluppo globale STRATEGIE

Probo, leader del web-to-print, è la prima azienda al mondo a stampare con Durst P5 SUPPORTI

Georg+Otto Friedrich: visita al produttore dei tessuti che hanno rivoluzionato la comunicazione visiva


LED

IA ITAL M O VISC 2018 8 9/G1 0 F d Stan iglione 8 Pad

LA SERIE RHO PER IL GRANDE FORMATO CON TECNOLOGIA LED NUOVI INCHIOSTRI LED INK EFFETTO LUCIDO E STAMPA TATTILE

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Con la rivoluzionaria serie R, la prima stampante HP Latex per supporti rigidi, potrete scoprire un mondo nuovo di opportunità per il vostro business.

Bianco lucidissimo su supporti di stampa trasparenti e colorati. Bianco lucidissimo secondo un test interno di HP del gennaio 2018 basato sul confronto con la stampante HP Scitex FB750/FB550 a inchiostri UV. Livello di lucentezza dell'inchiostro bianco misurato a 60 gradi su un materiale rigido (acrilico). Test condotto con glossometro BYK micro-TRI-gloss (20°, 60°, 85°) compatibile con le norme ISO 2813 e ASTM D523 relative alla misurazione della brillantezza. La funzionalità di stampa con inchiostro bianco potrebbe essere opzionale e potrebbe richiedere l'acquisto del kit opzionale HP White Ink. 2 Colori più brillanti secondo un test interno di HP del gennaio 2018 basato sul confronto con le principali stampanti della concorrenza al di sotto di 350.000 dollari. Test effettuato usando la modalità di stampa Alta qualità su supporti rigidi (bianco acrilico, 12 passaggi, 6 colori, 120%). Test condotto internamente da HP con GamutViewer, Alpha Shapes=50000. 1

Nel vostro settore, distinguersi dalla concorrenza significa saper cogliere nuove tecnologie e innovazioni. È arrivato il momento di passare a una tecnologia di stampa più efficiente, che vi consenta di stampare con gli inchiostri a base acqua sui supporti sia rigidi che flessibili. Scoprite la rivoluzionaria serie R di HP, la prima stampante HP Latex per supporti rigidi. Con HP Latex serie R, potrete offrire ai vostri clienti prodotti e servizi esclusivi, con un bianco lucidissimo 1 e i colori più brillanti2 sui supporti rigidi. Affidatevi ad HP per accedere a un nuovo mondo di opportunità per il vostro business.


sommario 06

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22 EDITORIALE

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Etichette e pack, digitali

TECNOLOGIE

ma con i piedi per terra 44 |

Con HP Latex R, stampare su rigido con inchiostri latex non è più soltanto un sogno

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Con il cutter “right-sized” e alla portata di tutti, Valiani conquista anche gli USA

NEWS 6 |

All’ombra del Colosseo, i progetti superwide crescono per qualità e produttività

Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale

MEETING LEADERS 11 |

16 | 18 |

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L’inkjet EFI ha una nuova roccaforte, he è parte di un ecosistema R&D globale

Georg+Otto Friedrich: inizia dal tessuto la rivoluzione della comunicazione visiva

IDEE PER CRESCERE

STRATEGIE

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Il leader del web-to-print Probo è il primo al mondo a stampare con Durst P5

I tuoi potenziali clienti sono impenetrabili? Supera le loro difese con il pattern interrupt

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Iraci: tutto il meglio della stampa sublimatica applicato al settore dell’allestimento

Tra monitor e stampa, tra DPI e PPI, la risoluzione genera una gran confusione

66 |

Vincere la competizione sul prezzo migliorando la qualità del servizio offerto

22 |

ICS Bertagnin conferma la fiducia in Durst e installa la centesima Rho P10 in Italia

24 |

Gestione e pianificazione, sfide inderogabili per fare profitti nel wide format

28 |

L’inkjet da 7.224 m²/ora lancia la sfida all’offset e assorbe i volumi del flatbed

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X.Point è la (re)startup che dinamizza il panorama wide format della Capitale

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Tiburtini, l’artigiano del luxury printing abbraccia la nobilitazione digitale

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SUPPORTI


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inserzionisti Agfa ALL4PACK ATP Color Automa Pantografi Bullmer Canon Durst Elitron

III cop. pag. 65 pag. 39 pag. 57 pag. 43 pag. 4 IV cop. pag. 31

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pag. 59 II cop. pag. 9 pag. 1 pag. 33 pag. 53 pag. 3 pag. 27

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Italia Publishers – Anno XXX – n° 06 2018 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore responsabile Silvia Guglielmi silvia@densitymedia.com

Redazione Caterina Pucci caterina@densitymedia.com

Co-editore Lorenzo Villa lorenzo@densitymedia.com

Collaboratori Davide Medri Marco Olivotto Matthew Parker

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Tiratura 5.000 copie

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density trade magazines for enthusiasts Via Carlo Torre, 29 – 20143 Milano density@densitymedia.com – +39 329 7874378

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editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

Sano e ispirato. Ecco il wide format che ci piace Chi afferma che il settore della comunicazione visiva si sia in larga misura ridotto alla stregua di un mercato all’ingrosso, ha ragione. Mi duole asserirlo. Sapete infatti, che questo è il segmento su cui Italia Publishers ha costruito parte della sua rilevanza, una rete profonda di relazioni, un gruppo leale di supporter e un’enormità di articoli, report, guide all’acquisto, case study. Ed è il terreno su cui il nostro team redazionale di ieri e di oggi ha avviato, o fondato in modo duraturo, il proprio percorso professionale. Ma se non tutti i mali vengono per nuocere, allo stesso modo non è sempre vero che situazioni di gioco al massacro e consolidamento al ribasso siano poi così negative. Il primo dato rilevante è che quello del wide format, un tempo un mercatino di nicchia, oggi è una torta gigantesca, ancora in crescita. Il secondo aspetto interessante è che la sua fetta più ghiotta, saporita e nutriente è grande. Grandissima! Su queste basi abbiamo progettato e realizzato i contenuti che trovate nelle prossime pagine, senza intenti celebrativi, né derive verso questa o quella tecnologia. Il tessuto e la sublimazione sono destinati a rimpiazzare una certa parte del banner in PVC? Certo che sì, e ce lo raccontano in modo più o meno velato imprenditori come la tedesca Iraci a pag. 18, oltre a grandi costruttori come EFI a pag. 11 e Georg+Otto Friedrich a pag. 50. Ma non per questo le tecnologie UV finiranno fuori gioco. Anzi sono l’oggetto di nuovi grandi investimenti, come testimoniano l’olandese Probo a pag. 16 e l’italiana New Decor a pag. 40. E le piattaforme inkjet single-pass? Resteranno appannaggio dei big dell’ondulato, o cambieranno le regole del gioco tra i produttori di display? Per scoprirlo siamo andati a Dublino da McGowan’s, il primo stampatore di grande formato che ha fatto il grande passo, di cui vi raccontiamo a pag. 28. E poi il mercato della comunicazione visiva, quello sano, è fatto anche di piccole e medie imprese ispirate come X.Point Printing, di cui vi raccontiamo a pag. 34. Anche in un mercato maturo, non è strettamente necessario allinearsi al ribasso. E il nostro auspicio è che anche voi troviate (e ci raccontiate) la vostra personale ricetta per restare sani, e ispirati.


news La gamma Durst Rho introduce i vantaggi del curing UV-LED In anteprima nazionale, Durst esporrà sullo stand a Viscom le ultime due arrivate della famiglia Rho: l’ibrida P10 200 HS LED e la roll‑to‑roll 512R Plus LED, entrambe dotate di tecnologia UV-LED per l’asciugatura degli inchiostri. I visitatori dello show potranno avere un assaggio delle prestazioni delle due piattaforme capaci di offrire al contempo elevata produttività e qualità di stampa. Il nuovo sistema di curing a freddo rende i nuovi modelli ideali per la stampa di materiali sensibili al calore. Inoltre, il

curing effettuato con lampade UV-LED non provoca emissioni di ozono e consente un risparmio energetico (fino a -30% di consumi) durante la produzione. Le nuove macchine utilizzeranno inchiostri Rho LED formulati per garantire una perfetta asciugatura anche nelle modalità di stampa più produttive. Sullo stand sarà dimostrato anche software Durst Analytics per il monitoraggio della produzione, nonché la prevenzione di guasti, femi macchina o perdite di qualità. durst-group.com

|| La nuova Durst Rho P10 200 HS LED con tecnologia di curing UV-LED

|| Peter Onyskiw, direttore tecnico di Echo House, posa con la nuova Acuity Ultra

È installata la prima Fujifilm Acuity Ultra con goccia da 3,5 pl La britannica Echo House è la prima azienda al mondo a installare la nuova stampante roll-to-roll Fujifilm Acuity Ultra nella configurazione con luce da 5 m. La macchina ha fatto il suo ingresso nel quartier generale dell’azienda a Surbiton (Londra) lo scorso giugno, a un mese dalla presentazione ufficiale a FESPA. Secondo Peter Onyskiw, direttore tecnico di Echo House, la scelta di Acuity Ultra è stata determinata dalla possibilità di stampare una goccia da 3,5 pl, che permette di ottenere immagini molto definite. Echo House è specializzata

nello sviluppo di progetti di allestimento per il punto vendita e le esposizioni museali. La sua sfida quotidiana è corrispondere gli elevati standard qualitativi della clientela, composta prevalentemente da grandi brand del lusso. Altri fattori che hanno spinto l’azienda a investire in Acuity Ultra sono la velocità (fino a 236 m2/h), il formato super-wide e la possibilità di stampare fino a 3 bobine contemporaneamente; caratteristiche che rendono la macchina flessibile e ideale per far fronte alle alte tirature. fujifilm.eu

L’Atomium di Bruxelles si tinge di “blu Puffo” grazie a MacTac Da giugno a dicembre una delle sfere che compongo l’Atomium di Bruxelles sarà decorata con l’immagine di un Puffo, realizzata completamente con materiali MacTac. L’idea nasce per celebrare i sessant’anni della costruzione e delle creature blu nate dalla matita del fumettista belga Pierre Culliford, in arte Peyo. Il progetto di allestimento è stato realizzato da MacTac Europe in collaborazione con tre partner: CecoForma, agenzia di comunicazione, Dynagraph, specialista in lettering e stampa

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digitale, e Dizzines SPRL , esperta in lavorazioni e allestimenti ad alta quota. La decorazione è grande 9x14,5 metri ed è composta da 45 strisce di adesivo. L’immagine del Puffo è stampata su pellicola rimovibile IMAGin JT 5829R. La stampa è laminata con una pellicola Permacolor LUV 3898, che protegge da raggi UV e altri agenti atmosferici. Per il lettering è stata utilizzata la pellicola da intaglio rimovibile MACal 8900 Pro. mactacgraphics.eu

|| I Puffi e l’Atomium di Bruxelles compiono sessant’anni. Per festeggiare MacTac Europe ha decorato una delle sfere della struttura con un puffo gigante (9x14,5 m).


valiani.com / flatbed-plotter.com

Piccole e Medie serie? Produrre in casa è facile e redditizio!

Energia ed eccellenza, ingredienti dell’open house Eurmoma/Fenix Entrare nel quartier generale di Eurmoma in occasione di un’open house ha un sapore particolare. Primo, l’atmosfera è festosa, e i clienti felici di farsi coinvolgere in sessioni e conversazioni su materiali, processi e soluzioni innovative, o semplicemente mai prese in considerazione prima. Secondo, tutto il team aziendale continua a operare come in un giorno qualsiasi. Così, il 20, 21 e 22 settembre il dinamico rivenditore nazionale di materiali per la comunicazione visiva ha accolto centinaia di ospiti (noi compresi) per l’open house organizzata in collaborazione con Fenix Digital Group. Archiviando un successo di presenze,

interesse e demo sulle tecnologie installate con pochi precedenti. Merito anche degli sforzi di Fenix, che a Roma ha scelto di installare e mettere in funzione le proprie tecnologie di stampa più versatili e appetibili, tra cui la stampante flatbed swissQprint Nyala2 con curing LED. Grande interesse anche per una piattaforma apparentemente consolidata, come HP Latex 370, affiancata per l’occasione da PageWide XL. Letteralmente prese d’assalto, infine, le sessioni di car wrapping con la splendida gamma di vinili Bruxsafol, di cui Eurmoma è esclusivista per il mercato italiano. eurmoma.it

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|| In alto, Ippolito Bassani di Eurmoma e Federico Musaio di Fenix. Qui sopra, una sessione pratica di wrapping con i vinili Bruxsafol durante l’open house.

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news Mimaki alza l’asticella nel textile printing “compatto” Le mosse di Mimaki nelle tecnologie per il textile printing non possono lasciarci indifferenti. Il costruttore giapponese, che ha nell’Italia uno dei suoi più grandi mercati mondiali e in Bompan uno dei partner chiave per il segmento tessile, non smette infatti di ampliare la sua (già vastissima) gamma. È di poche settimane fa l’annuncio della nuova TS55‑1800, una stampante compatta ma con caratteristiche da fuoriclasse. La risoluzione di stampa è pari a 400x800 dpi, con una produttività massima

di 140 m2/h in modalità onepass con inchiostrazione maggiorata. A partire dalla modalità two-pass, invece, interviene la tecnologia MAPS (Mimaki Advanced Pass System), che elimina il banding. La possibilità di alimentare carta transfer da bobine “mini jumbo” fino a 2.500 metri lineari, l’alimentazione inchiostri con taniche da 10 litri e il sistema automatico di controllo degli ugelli ne fanno una piattaforma che promette di giocare duro nella sua categoria. mimakieurope.com

|| La nuova Mimaki TS55-1800 è equipaggiata con il sistema di alimentazione della carta da mini jumbo roll fino a 2.500 metri, e da serbatoi per gli inchiostri da 10 litri

L’in-store marketing by Guandong passa anche dal pavimento

|| SC-F9300 è l’ammiraglia della gamma di stampanti sublimatiche Epson

Epson amplia gli orizzonti degli stampatori tra tessuti ed etichette Forte della tecnologia inkjet piezoelettrica proprietaria e di una solida gamma di stampanti per le graphic arts, il proofing e la fotografia, negli ultimi anni Epson ha perseguito con tenacia una forte verticalizzazione della propria offerta. Arrivando, inaspettatamente, a servire con successo segmenti iper-tecnici come la stampa di etichette autoadesive, la produzione di tessuti in bobina e la stampa diretta su capi d’abbigliamento. A Viscom 2018 la filiale italiana di Epson è pronta a mostrare per intero (o quasi) le potenzialità di queste tecnologie

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agli imprenditori del settore. Tra i veri highlight (ne parlavamo nel numero scorso) ci sono le stampanti per etichette della gamma ColorWorks, che si affiancano alla più grande SurePress e consentono di produrre efficacemente etichette di alta qualità anche per settori “sensibili” come quello alimentare, vinicolo e chimico. A SureColor SC-F9300, una stampante sublimatica da 1,6 m di luce e 108,6 m2/h di produttività, è affidato invece il compito di dimostrare il potenziale di Epson nel mercato del soft signage. epson.it

La comunicazione visiva evolve e qualsiasi superficie diventa un mezzo per raccontare storie. Guandong si farà interprete di questa tendenza, presentando a Viscom alcuni dei nuovi materiali per il floor graphics sviluppati dalla sua ricerca e sviluppo. In fiera, i visitatori riceveranno un sample kit, che ben rappresenta il variegato porfolio dell’azienda e spazia dai carpet floor, applicabili su tappeti e moquette, ai print&walk destinati a campagne promozionali non durevoli, fino ai layer antiscivolo. Lo stand sarà allestito con tessuti

retroilluminati e applicazioni realizzate con i materiali della serie Spot Decò, dedicata all’allestimento del punto vendita. Tra questi, alcuni best seller: Dotty, pellicola studiata per la massima facilità di applicazione su superfici lisce, e Wally, adesivo privo di colla capace di adattarsi ad ogni superficie grazie ai dot in silicone dotati di microventose. Tra le novità principali c’è Mr. Magnus, la nuova gamma di materiali termoplastici, in formato A3+, progettati per avere una resistenza termica superiore ai 160°. guandong.eu

|| Applicazione realizzata con i materiali calpestabili antiscivolo di Guandong


CEWE, leader del photobook, acquista la seconda MGI JetVarnish 3D Evo CEWE ha acquistato la sua seconda MGI JETVarnish 3D EVO. L’azienda tedesca, fondata nel 1961, ha subito diverse evoluzioni che l’hanno portata a specializzarsi, a partire dai primi anni Duemila, nella stampa di album fotografici. Il successo è stato sancito dall’apertura di un e-shop estremamente intuitivo, dove

acquistare prodotti di alta qualità. Oggi, CEWE ha sedi in 11 Paesi e impiega circa 3.500 dipendenti. La crescente richiesta di prodotti altamente personalizzati ha convinto l’azienda a installare la sua prima MGI JETVarnish 3D Evo presso il sito produttivo di Eschbach, nell’ottobre 2017. A un anno di distanza, CEWE riconferma il desiderio

di sfruttare le potenzialità della nobilitazione digitale, introducendo una seconda JETVarnish 3D Evo nel quartier generale di Oldenburg. «Produciamo milioni di album diversi tra loro, garantendo tempi di consegna ridotti e prezzi contenuti. – spiega Michael Bühl, direttore tecnico del sito di Eschbach – Cercavamo una

soluzione industriale e collaudata, che al contempo fosse capace di adattarsi a diversi supporti e assicurare un’elevata qualità ai processi di verniciatura spot UV e foiling a caldo. MGI ha soddisfatto le nostre aspettative e per questo abbiamo installato JETVarnish 3D Evo nei nostri stabilimenti produttivi.» mgi-fr.com

|| A sinistra, Michael Bühl, direttore tecnico dello stabilimento CEWE a Eschbach, posa davanti a MGI JETVarnish 3D EVO. Qui sopra, l’esterno dello stabilimento.

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meeting leaders EFI ha aperto a Manchester (New Hampshire) il suo Global Inkjet Innovation Center, cuore della ricerca e della produzione di stampanti di grande formato VUTEk

L’inkjet EFI ha una nuova roccaforte che è parte di un ecosistema R&D globale di Gabriele Lo Surdo // gabriele@densitymedia.com

E

ra la primavera del 2005 ed EFI, che aveva chiuso l’anno precedente con un fatturato di 394,6 milioni di dollari, annunciava di voler acquisire VUTEk. In molti ci chiedemmo cosa spingesse una ricca software house a manifestare interesse per un costruttore di stampanti di grande formato con un fatturato di 130 milioni di dollari, che ai tempi se la giocava ad armi pari con una manciata di suoi simili, per lo più concentrati tra

Israele e l’Europa occidentale. La maggior parte di noi si accontentò della considerazione che in quel momento appariva la più logica: se l’inkjet di grande formato cresceva, era normale che EFI creasse nuovi spazi di sviluppo per il suo Fiery. Tredici anni dopo, in un’industria del printing sempre più digitale e software-driven, macchine, inchiostri, carte e supporti continuano ad essere trainanti. E il portfolio di tecnologie hardware di EFI, che nel frattempo ha sfondato la soglia psicologica del

miliardo di dollari di fatturato, è cresciuto esponenzialmente. Ma come ogni bella storia che parla di successi, nonché di legami con un particolare territorio e con la sua comunità, quella scritta da EFI con VUTEk non poteva che arricchirsi di nuovi avvincenti capitoli. Incluso quello che lo scorso giugno ci ha riportati nel verde New Hampshire dove, poche settimane dopo il taglio del nastro, abbiamo visitato il nuovo EFI Global Inkjet Innovation Center di Manchester.

Via da Meredith per supportare la crescita Oltre agli indiscussi vantaggi operativi e logistici, il trasloco da Meredith a Manchester è per EFI un passo essenziale della propria politica industriale e di espansione nell’inkjet, che negli ultimi anni è stata caratterizzata da un susseguirsi di acquisizioni chiave: Cretaprint in Spagna (2012), Matan in Israele (2015) e Reggiani Macchine in Italia (2015). Al punto che il team di EFI dedicato alla tec-

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meeting leaders

intervista a Ken Hanulec Vice President Marketing e Co‑General Manager Inkjet Solutions presso EFI

“Qualche settimana dopo il trasloco ho confessato a mia moglie di essere un po’ imbarazzato, perché in un solo mese qui a Manchester ho conosciuto molti colleghi che in sette anni a Meredith non avevo mai incontrato.”

Sembra che il nuovo sito rappresenti per EFI qualcosa di più di una nuova sede… Sì, il Global Inkjet Innovation Center è stato un grande cambiamento per tutti noi, ma le persone lo hanno abbracciato perché sta incoraggiando la collaborazione. Qualche settimana dopo il trasloco ho confessato a mia moglie di essere un po’ imbarazzato, perché in un solo mese qui a Manchester ho conosciuto molti colleghi che in sette anni a Meredith non avevo mai incontrato. Qui si collabora davvero molto di più, ci sono idee che circolano. È un ambiente positivo e sono tutti più felici. Perché dedicare spazi così ampi al training? Accrescere e diffondere le competenze tecniche e applicative è essenziale. Il training center è anzitutto dedicato ai nostri tecnici, e ai tecnici dei nostri partner. Ma anche ai clienti, che possono effettuare alcune operazioni di manutenzione in autonomia, prendere confidenza con ogni parte della stampante, sperimentare la sostituzione delle teste. Abbiamo tre aule, in cui insegniamo tutto sulla tecnologia inkjet, e un’area dedicata ai corsi sul software e sul color management. Quanto sono importanti demo e campionature vincenti?

nologia inkjet conta ormai oltre mille addetti, distribuiti tra le sedi americane di Manchester e Ypsilanti (Michigan, USA), e quelle di Rosh Haayin (Israele), Castellon (Spagna) e Grassobbio (Italia). Il nuovo sito di Manchester, con oltre 20.000 m2 di spazi coperti e un’area attigua già pronta per nuove espansioni, ospita 250 dipendenti. Nel grande edificio sono concentrate tutte le funzioni vitali correlate al business globale di EFI nel display graphics. Direzione commerciale, amministrazione e finance, marketing, product e program management, || Guy Gecht, ex CEO di EFI, taglia il nastro del nuovo sito EFI

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Per il cliente, verificare l’efficacia di una tecnologia sulla propria applicazione è essenziale, specie se l’investimento è rilevante. Per questo monitoriamo e tracciamo in modo sistematico sia le demo che i sample realizzati a Manchester, in Italia, in Spagna e in Israele. Così che restino collegati al CRM aziendale e che il nostro Customer Experience Manager, Sean Roberts, abbia visibilità delle opportunità, criticità e attività di problem solving in tutto il mondo. Perché un cliente dovrebbe considerare le stampanti EFI realmente innovative? Semplicemente perché lo sono. Siamo stati i primi a introdurre il curing LED nel superwide format, e oggi oltre il 90% del nostro portfolio usa la tecnologia LED sia per l’asciugatura che per il pinning. Lo stesso vale per FabriVU, che si sta affermando come un game changer nel soft signage nei formati 180, 340 e 520. Qual è oggi il vostro bestseller? Tutto il portfolio sta performando molto bene. Le ibride con tecnologia UV continuano a crescere. E le nuove roll-to-roll 3r e 5r sono “esplose”, con oltre cento installazioni solo negli ultimi 12 mesi. Anche sul fronte del soft signage i numeri sono importanti, e le prospettive sono interessanti.

Quanto vi sforzate per essere una fonte di ispirazione, oltre che un buon fornitore di tecnologia? Con le tre divisioni Fiery, Productivity Software e Inkjet, da sempre lavoriamo, ad esempio, per conoscere, supportare e influenzare i grandi brand. Ho visitato personalmente Gucci, Nike, GAP, Banana Republic e altri. Brand come questi vogliono creare una grande customer experience, e molti di essi contano su EFI perché il loro brand sia bello, potente e consistente in tutto il mondo. Quanto siete inclini a personalizzare la tecnologia? Spesso ci viene chiesto di contribuire a grandi progetti di integrazione, che richiedono tempo e risorse finanziarie. Abbiamo grossi programmi per grandi brand, ma non è il business model su cui lavoriamo in modo proattivo. EFI è molto imprenditoriale e vuole essere rilevante per il mercato, ma privilegia la redditività. Se chiedo a un ingegnere di lavorare su un singolo grande progetto, magari lo blocco per anni. Il mio CEO mi chiede di essere focalizzato, e credo fermamente che la sfida più grande per ogni azienda sia saper dire qualche no. Troppo spesso le aziende dicono sì, e poi non hanno più redditività.


meeting leaders || Paul Gigante, CEO dell’agenzia pubblicitaria Gigante Vaz Partners, Frank Mallozzi, Chief Revenue Officer di EFI, e Holly O’Rourke, Worldwide Director of Corporate Communications di EFI, durante l’inaugurazione del nuovo sito EFI

assistenza, progettazione della meccanica, dell’elettronica, del software e della movimentazione, oltre a un’area destinata alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e al laboratorio per la formulazione e il testing degli inchiostri. Ad occupare gran parte dell’area sono l’assemblaggio dei molti modelli VUTEk, il grande centro dimostrativo e il training center. La produ-

zione, che oscilla tra le 100 e le 150 macchine a trimestre – in funzione del modello e dell’andamento del mercato – a Manchester si concentra sulle stampanti ibride di grande formato delle serie EFI Pro16h, EFI VUTEk GS, H3 e H5, fino ai modelli top di gamma della serie VUTEk HS. A supporto di volumi in continua crescita sono stati approntati oltre 6.000 m2

di magazzino, sia per le materie prime che per le macchine finite. Più di un sito produttivo Ad accoglierci al nostro arrivo e a guidarci alla scoperta del nuovo edificio è Ken Hanulec, Vice President Marketing e Co‑General Manager Inkjet Solutions presso EFI, cui chiediamo a

bruciapelo la sua impressione sulle prime settimane di lavoro a Manchester. «Abbiamo concluso le attività del primo trimestre venerdì 30 marzo a Meredith, abbiamo fatto i bagagli e lunedì 2 aprile eravamo già tutti qui, pienamente operativi. Solo il trasloco della produzione ha richiesto più tempo del previsto, ma in neppure due mesi siamo arrivati a pieno regime. – ci racconta Hanulec – È eccitante aver fatto questo passo, investito milioni di dollari e ora poter contare su questo sito così moderno e rappresentativo dello spirito di EFI. È un po’ come passare da un televisore in bianco e nero a uno a colori ultra piatto Full HD». Anche se a beneficiarne saranno prevalentemente Stati Uniti e Canada, il sito e il centro demo di Manchester sono destinati ad ospitare i clienti SEGUE A PAG. 15

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intervista

a Steve Billow Vice President e Chief Technical Officer Inkjet Solutions presso EFI

“Attorno allo stesso tavolo iniziamo a parlare di inkjet e scopriamo di usare lo stesso vocabolario, di avere gli stessi problemi. È una comunicazione istantanea, e una collaborazione quasi automatica.”

Come si fa sviluppo condiviso tra più team separati? Prendiamo ad esempio il soft signage, e riportiamo le lancette dell’orologio a giugno del 2015. Prima di quella data EFI non era un grande player nella stampa su tessuti, mentre oggi è uno dei nostri segmenti in più rapida crescita. Questo è stato possibile grazie all’acquisizione di Reggiani, ma soprattutto grazie alla collaborazione tra i nostri due team di R&D. Abbiamo preso una tecnologia che per noi era nuova e l’abbiamo applicata con successo al display graphics, che conosciamo molto bene. Come vi assicurate che questa sinergia sia possibile e abbia un reale valore? Prima di comprare un’azienda facciamo sempre una due diligence tecnologica. Viaggiamo per incontrare gli ingegneri, parliamo con loro, investighiamo. Ed è stupefacente vedere come, pur diversi per cultura e mercato, attorno allo stesso tavolo iniziamo a parlare di inkjet e scopriamo di usare lo stesso vocabolario, di avere gli stessi problemi. È una comunicazione istantanea, e una collaborazione quasi automatica. Il packaging, però, era un campo del tutto inedito... A dire il vero con la serie HS di VUTEk stampavamo già display in cartone ondulato, ma nulla di comparabile con i volumi veri. Quella di Nozomi è una visione

del nostro CEO. Nei 180 miliardi dell’industria dell’ondulato, Guy Gecht ha visto con chiarezza una grande opportunità. E ha visto dentro EFI i tanti piccoli pezzi necessari a costruire un prodotto straordinario, che nessuno di noi aveva saputo mettere insieme. Mi piacerebbe poter dire che il programma Nozomi sia nato da una grande R&D, ma in realtà è nato dalla mente del nostro CEO. Quali dei piccoli pezzi sono stati i più importanti? Anzitutto l’esperienza di EFI Spain nella tecnologia singlepass per la ceramica. A bordo di quel frame così solido abbiamo messo la qualità della tecnologia di stampa single-pass maturata da EFI nel Michigan, dove è nata Jetrion. Le competenze del team di sviluppo degli inchiostri UV LED ci hanno poi consentito di svilupparne un set completamente nuovo per l’ondulato, realmente inodore e capace di soddisfare i requisiti dell’industria del packaging. Poi abbiamo coinvolto il team di sviluppo del Fiery a Fremont, in California. Grazie a loro abbiamo costruito il digital frontend di Nozomi, l’unico a poter pilotare una macchina così veloce. Infine gli ingegneri di EFI India hanno dato vita al sistema di condivisione dei dati sul cloud. Abbiamo preso tutti questi pezzi e li abbiamo assemblati in Spagna, approcciando un nuovo mercato in modo completamente organico e non attraverso acquisizioni.

In quali settori vedi le sfide più interessanti? EFI ha saputo penetrare strategicamente alcuni dei mercati a più alto tasso di crescita nel printing. Ma ce ne sono parecchi in cui non siamo ancora presenti, in cui potremmo applicare le nostre conoscenze. L’inkjet è una modalità di stampa senza contatto molto versatile, che ti consente di stampare virtualmente qualsiasi cosa utilizzando gli stessi strumenti base. Ma ogni settore ha le sue criticità, dalla gestione dei materiali alla costruzione del layer di inchiostro, fino alla resa cromatica. Cosa inibisce un’adozione massiccia dell’inkjet in alcuni settori? Penso che la chiave sia il TCO. L’inkjet è entrato in una nuova area di produttività in cui la competizione tra analogico e digitale è superata. Se Nozomi può produrre 20.000 fogli/ora, ma la tiratura media è 5.000, significa che potrei utilizzarla per gestire intere commesse? Sì, per i lavori a maggior valore aggiunto, mentre è ragionevole stampare in flexo i lavori a uno o due colori. È solo una questione di TCO ed è senz’altro più interessante parlare del digitale per ciò che di nuovo può portare. Che importanza ha l’inchiostro? È l’elemento guida, perché tocca ogni parte del sistema, e determina ciò che viene venduto al cliente finale. Per questo lo sviluppo della chimica è una delle attività più importanti in EFI, e non approcciamo mai un nuovo mercato senza aver considerato prima l’inchiostro. Puoi dirci qualcosa in più del vostro sviluppo waterbased? Ci sono alcuni mercati che potranno godere appieno dei benefici del base acqua, come quello dei parati. Ma non sarà un imperativo per tutti. L’opportunità per EFI è rendere il waterbased sicuro, durevole, resistente senza laminazione, inodore, flessibile, economico e con eccellenti doti cromatiche.

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|| 1) Nel Training Center i tecnici e i clienti possono simulare interventi di manutenzione su molti modelli EFI VUTEk. 2) Un’addetta prepara le teste di stampa per l’installazione sulle macchine. 3) Il laboratorio dedicato alla formulazione e al testing degli inchiostri. 4) L’area dedicata alla produzione delle stampanti ibride EFI VUTEk.

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di tutto il mondo. La prima tappa è proprio il Customer Experience Center, dove vengono accolti end-user e partner, effettuati i test sulle stampanti e realizzate campionature sui materiali specifici di ciascun cliente. Inclusi quelli correlati ad applicazioni talvolta inedite o industriali. La grande area dimostrativa ospita tutti gli ultimi modelli di stampanti VUTEk, inclusa la flatbed Pro24f, la nuova h5, la roll-to-roll 5r, la compatta Pro 16h, l’intera gamma di piattaforme GS, HS125Pro e la FabriVU per il soft signage. Per simulare tutte le applicazioni finali dei clienti, EFI ha poi installato diverse tecnologie di

finishing, tra cui un cutter flatbed Zund G3 e una taglierina XY di Fotoba. Un line up impressionante, duplicato quasi interamente nei circa 1.000 metri quadrati dedicati al Training Center. Un luogo dove collaborare, innovare, migliorare L’Inkjet Innovation Center ha un layout aperto, enormi vetrate e grandi spazi di lavoro; a regime potrà ospitare fino a 300 collaboratori. I luoghi di incontro e confronto hanno un’importanza vitale: oltre agli spazi comuni, l’edificio dispone di 16 sale riunioni per conversazioni private e meeting. Uno degli spazi in cui

la collaborazione è più tangibile è l’Advanced Technology Lab, dove un team ingegneri ha a disposizione 15 diverse stampanti, in larga parte di nuova concezione, per svolgere attività avanzate di R&D. Qui il goal è effettuare test ed integrare nuove funzionalità e componenti, prima dell’eventuale commercializzazione. «È un’attività che svolgiamo in tutti i siti produttivi EFI. – chiarisce Hanulec – Nel Lab si fa anche il tuning finale sulla qualità dell’immagine e le performance del sistema». Dalle attività del Lab sono nate alcune delle piattaforme EFI più innovative degli ultimi tempi, tra cui HS Fast-4, e per il futuro gli occhi sono puntati sulla tec-

nologia waterbased, presentata a drupa 2016 come concept. A completare le zone “sensibili” dell’Inkjet Innovation Center ci sono la camera bianca, dove vengono ispezionate e validate le teste inkjet, e il laboratorio chimico. Quest’ultimo è in tutto simile a quello di Ypsilanti, dove sorge la fabbrica degli inchiostri EFI, ma l’attività principale del team di Manchester è quella di migliorare e perfezionare continuamente sia i prodotti di nuova concezione che gli inchiostri già utilizzati dai clienti. Per farlo utilizza dispositivi di stampa e tecnologie di asciugatura che riproducono le condizioni intensive di produzione presso i clienti finali, ma in scala ridotta.

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strategie Erwin Postma, fondatore e CEO di Probo, ci ha raccontato perché ha voluto quattro Durst P5 250 HS per gestire l’intera produzione su rigido dell’azienda

Il leader del web-to-print Probo è il primo al mondo a stampare con Durst P5

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o scorso giugno, a soli quattro mesi dalla sua presentazione ufficiale, la prima Durst P5 ha lasciato gli stabilimenti del costruttore italoaustriaco per iniziare a produrre presso il più grande web-to-print B2B dei Paesi Bassi: Probo. La macchina è la prima delle quattro che lo stampatore ha ordinato per rimpiazzare le tre ibride Durst (due Rho P10 e una Rho 1312) attualmente impiegate per la stampa su materiali rigidi. Una scelta che ben rappresenta l’affezione dell’azienda olandese nei confronti del marchio Durst e la sua propensione a investire in tecnologie all’avanguardia per ottimizzare le proprie linee produttive. La nuova Durst P5 è stata presentata in occasione dell’ultima edizione del Probo Festival, evento biennale che l’azienda organizza nei propri stabilimenti per incontrare clienti e partner. Tra gli oltre mille partecipanti, c’eravamo anche noi. Abbiamo incontrato Erwin Postma, fondatore e CEO di Probo, e abbiamo discusso con lui del rapporto con Durst, dell’investimento fatto su P5 e di applicazioni emergenti.

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strategie

Quando è nata la vostra partnership con Durst? Nel 2010, quando abbiamo installato la nostra prima Rho 500R. All’epoca non esistevano piattaforme da 5 metri altrettanto performanti, sia in termini di produttività che di qualità. Dopo un anno abbiamo introdotto anche una Rho 1000L. L’esperienza con queste macchine è stata talmente positiva che negli anni successivi abbiamo continuato a scegliere Durst, sia per rinnovare il parco macchine sia per esplorare nuovi segmenti applicativi. Oggi abbiamo 13 macchine da stampa Durst che producono 24/7 in diversi reparti. La stampa su materiali rigidi è affidata a due Rho P10 e una Rho 1312, che sostituiremo nei prossimi mesi con 4 nuove P5. La prima di esse è già qui, operativa da qualche giorno.

circa raddoppiata rispetto ad ora. Saremo anche più efficienti, perché su P5 i tempi di avviamento macchina e impostazione lavoro sono più brevi. Durst ha inoltre semplificato molte delle operazioni di manutenzione, per limitare al minimo la necessità di interventi da parte di tecnici esterni. Teoricamente questo comporterà un sensibile abbattimento dei fermi macchina, ma non abbiamo ancora dati certi a riguardo. Infine P5 ci permetterà di risparmiare sui costi di produzione in quanto, con la goccia da 5 pl, l’impiego dei colori light è superfluo. Offriremo ai clienti una qualità superiore a quella a cui sono abituati, consumando meno inchiostro e avendo meno teste di stampa da manutenere o sostituire.

Nell’ambito del tessile state spingendo sull’innovazione sia sul fronte delle piattaforme di stampa sia dei materiali. Qual è il prossimo passo? L’adozione delle piattaforme Durst Rhotex con inchiostri a sublimazione è stata il punto di partenza per cominciare a esplorare l’ambito delle applicazioni tessili. L’impatto visivo e tattile dei tessuti stampati con questa tecnologia è di gran lunga superiore a quello delle applicazioni realizzate con materiali plastici. I clienti hanno apprezzato e questo ci ha convinti a investire sempre più nello sviluppo di applicazioni soft signage innovative, che fossero qualitativamente impeccabili, leggere e maneggevoli, ma al tempo

stesso resistenti alle sollecitazioni esterne. Nel 2016 siamo entrati nell’home textile installando la prima Durst Alpha 330 al mondo. Grazie agli inchiostri a pigmento, oggi possiamo realizzare applicazioni in tessuto completamente nuove, sia per interni che per esterni. Per esempio abbiamo appena lanciato uno speciale parato fonoassorbente stampabile in digitale. Un prodotto mai esistito prima sul mercato.

|| In alto, Erwin Postma, CEO di Probo, premiato con il Masters Award da Christoph Gamper, CEO di Durst, in occasione del Probo Festival 2018. Qui sotto, un operatore al lavoro sull’interfaccia grafica della nuova Durst Rho P5 installata nella sede di Probo a Dokkum (Paesi Bassi).

Cosa vi ha colpiti della nuova P5, tanto da spingervi a ordinarne quattro? P5 offre diversi vantaggi che la rendono ideale per rimpiazzare le tecnologie che utilizziamo attualmente. Il nostro modello di business si basa sull’offrire ai clienti la massima flessibilità, riducendo al minimo i tempi di evasione dei loro ordini. Da questo punto di vista le performance di P5 sono impressionanti. Quando avremo le quattro macchine installate la nostra capacità produttiva sarà

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strategie Specializzata nella stampa su tessuto di grande formato, Iraci è la prima azienda tedesca a installare EFI VUTEk FabriVU 520 e FabriVU 340i con inchiostri sublimatici

Iraci: tutto il meglio della stampa sublimatica applicato al settore dell’allestimento

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l 2018 è un anno di primati per Iraci visuelle Medien, che installa, prima in Germania, le due ammiraglie della gamma EFI VUTEk a sublimazione: FabriVU 520 e FabriVU 340i. Specialista del grande formato, già da 38 anni Iraci ha scelto di focalizzarsi sulle applicazioni in tessuto. Per farlo, si è dotata di macchine da stampa inkjet altamente produttive, prima con tecnologia UV curable poi, più recentemente, con inchiostri base acqua sublimatici. In entrambi

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i casi, dopo alcune sperimentazioni la scelta definitiva è ricaduta su piattaforme EFI VUTEk. In tal senso, il 2018 è stato un anno di svolta per l’azienda, che ha introdotto a distanza di pochi mesi sia FabriVU 520, con luce da 5,2 metri, che FabriVU 340i, con luce da 3,4 metri e sistema di sublimazione in linea. L’obiettivo è elevare e rendere omogenea la qualità dei prodotti realizzati in sublimazione, nonché aumentare la capacità produttiva e semplificare del flusso di lavoro.

Dal fotolaboratorio alla stampa digitale di grande formato A Neu-Ulm (Baviera) incontriamo Andreas Iraci, CEO di Iraci visuelle Medien. Come suggerisce il cognome, è figlio di italiani emigrati in Germania negli anni ‘60. La sua azienda nasce come fotolaboratorio professionale nel 1980 e negli anni ‘90 si trasforma in centro stampa di grande formato. Da allora, l’azienda ha visto aumentare le richieste di lavorazioni destinate all’allestimento,

così si è specializzata nel fornire questo mercato. Oggi, quella che era una piccola bottega artigianale, è un’azienda con 40 dipendenti. Nei suoi 5.000 m2 ospita reparti di prestampa, stampa, taglio, cucitura e realizzazione delle strutture di supporto per l’allestimento. || In alto: a sinistra, la sede di Iraci visuelle Medien a Neu-Ulm in Baviera; a destra, la stampante a sublimazione da 5 metri EFI VUTEk FabriVU 520 e la calandra Monti Antonio mod. 91. Nella pagina a fianco: il sistema di taglio a piano fisso Blackman & White Mastercut.


strategie

intervista a Andreas Iraci CEO di Iraci

“Con FabriVU 520 possiamo finalmente combinare i vantaggi della sublimazione con quelli del formato 5 metri.”

Quali sono i vantaggi della stampa a sublimazione su tessuto che stanno portando Iraci a investire con convinzione in questo tipo di tecnologia? Quello della comunicazione visiva su tessuto è un settore in espansione e le sue potenzialità sono enormi. I nostri clienti erano già molto soddisfatti dei risultati ottenuti con la tecnologia UV. Le possibilità applicative degli inchiostri sublimatici hanno però attirato la nostra attenzione. La differenza con l’UV è evidente, sia a livello estetico che tattile. La brillantezza dei colori è nettamente superiore, specialmente in applicazioni retroilluminate. Inoltre i tessuti stampati sono privi di odore. Gli investimenti fatti in tecnologie sublimatiche ci hanno permesso di realizzare applicazioni per settori nei quali fino a qualche anno fa lavoravamo poco. Mi riferisco all’ambito del retail, alle decorazioni destinate agli allestimenti teatrali, all’interior design e all’architettura d’interni.

Stampare in sublimatico su una larghezza di 5 m è considerata una scelta pioniestica. Perché la scelta di questo formato e perché la FabriVU 520? Negli ultimi anni abbiamo installato diverse stampanti a sublimazione da 3,2 metri e conoscevamo i pregi di questa tecnologia. Tuttavia, fino a pochi anni fa, non esisteva nessuna alternativa all’UV per stampare su tessuti di dimensioni extralarge. Quando EFI ha lanciato FabriVU 520 abbiamo capito che era quella la direzione in cui volevamo andare. I test che abbiamo fatto sulla macchina ci hanno pienamente soddisfatti; così non abbiamo esitato a confermarne, primi in Germania, l’acquisto. Eravamo certi che i nostri clienti avrebbero apprezzato la possibilità di avere i vantaggi della sublimazione anche su tessuti da 5 metri. Per gli allestitori i tessuti stampati con questo tipo di tecnologia offrono indubbi vantaggi: la loro elasticità non viene compromessa dall’inchiostro, inoltre possono essere ripiegati senza il

rischio che rimangano segni sulla stampa. Abbiamo scelto una tecnologia EFI perché ci troviamo bene con le loro macchine che già abbiamo e perché, come dicevo, i test eseguiti su FabriVU 520 con i materiali che usiamo più di frequente hanno dato risultati molto positivi.

e nel 2015. Il formato 5 metri gli permette di realizzare applicazioni di grandissimo formato senza giunture e di ridurre gli sprechi di materiale con il nesting. Pur soddisfatta dei risultati raggiunti con l’UV, l’azienda coglie nelle tecnologie di stampa a sublimazione una serie di vantaggi che attirano il suo interesse. Tra questi,

la brillantezza degli stampati e il fatto che i tessuti preservino la loro elasticità anche dopo la stampa. Un dettaglio molto importante, visto che questi ultimi devono essere tensionati all’interno di cornici o altre strutture. Iraci inizia a stampare tessuto a sublimazione nel 2013, con una d.gen Teleios 260.

L’apprezzamento della clientela per il nuovo prodotto porta l’azienda ad ampliare il reparto già nel 2014 con l’introduzione di una MTEX 5032 e poi di nuovo nel 2017 con l’introduzione di una Lüscher-Tschudi T-Rex 320. Contestualmente, cresce anche il reparto di finitura, con l’introduzione di due sistemi di taglio specifici per

Perché avete installato anche una FabriVU 340i? È una stampante innovativa che ci permetterà di semplificare il flusso di lavoro ed essere più produttivi. La macchina utilizza le stesse teste e gli stessi inchiostri della FabriVU 520, per cui non sarà difficile ottenere una perfetta corrispondenza cromatica tra le due stampanti. Poi potremo utilizzarle insieme per commesse di volume elevato. Un vantaggio che riguarda il flusso di lavoro è dato dal fatto che ora utilizzeremo EFI Fiery proServer sulla maggior parte delle stampanti in azienda, sia UV che a sublimazione. Sarà più semplice gestire la produzione.

Al servizio degli allestitori, per dar vita a progetti unici La base clienti di Iraci è composta per il 90% da allestitori di stand fieristici. La gamma di applicazioni offerte dall’azienda comprende: stampe su materiale flessibile e rigido, rispettivamente fino a 5 e 2 metri di larghezza; strutture in alluminio e frame retroilluminati LED; sistemi espositivi per interni ed esterni; materiale per la decorazione del punto vendita; bandiere. Per distinguersi dai competitor, Iraci lavora al costante ampliamento della propria offerta e supporta i clienti nello sviluppo di progetti unici. Soft signage: dall’UV alla stampa sublimatica Nel corso dell’ultimo decennio, Iraci ha deciso di dare al tessuto un ruolo di primo piano all’interno del proprio portfolio di prodotti. Per stamparlo installa due EFI VUTEk GS5000r, nel 2012

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strategie EFI VUTEk FabriVU 520 e 340i: la stampa a sublimazione, da 5 e 3 metri, con prestazioni industriali FabriVU 520 (fig. 1) e FabriVU 340i (fig. 2) sono le due ammiraglie di casa EFI nel segmento delle stampanti sublimatiche di grandissimo formato. Entrambe permettono di effettuare sia stampa diretta su tessuto che su carta transfer. La loro luce di stampa è rispettivamente di 520 e 340 cm. La velocità massima di produzione è di 446 m2/h, per FabriVU 520, e 500 m2/h, per FabriVU 340i. Entrambe le macchine sono in grado di stampare con una risoluzione massima di 2.400 dpi e utilizzano inchiostri proprietari EFI. Il sistema di movimentazione materiali gestisce carte con peso da 57 a 110 g/m2 e tessuti con peso da 45 a 450 g/m2. Le due stampanti sono dotate di svolgitore e riavvolgitore, in grado di accogliere bobine con un diametro 1 il tessuto: una Blackman&White, con piano fisso da 5x11 m, dotata di taglio laser e a lama rotativa, e una Aristomat LFC 5232, con tappeto per il trascinamento dei materiali e lama rotativa. La sublimazione permette all’azienda di crescere nei mercati che già serve e le apre le porte di nuovi mercati, come quello dell’allestimento teatrale e dell’architettura d’interni. A maggio di quest’anno, Iraci fa il salto di qualità e installa la 5 metri EFI VUTEk FabriVU 520, affiancandola con una calandra Monti Antonio mod. 91. Una scelta dettata dal desiderio di realizzare applicazioni di grandissimo formato senza dover ricorrere alla tecnologia UV, nonché dalla necessità di aumentare la produttività del reparto. Oltre a ciò, lo scorso agosto il parco macchine dell’azienda si arricchisce ulteriormente, con una EFI VUTEk FabriVU 340i, che permetterà a Iraci di gestire in maniera più agevole le produzioni su bobine da 3,2 m, grazie all’unità

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di sublimazione in linea. Condividendo parte dei componenti e offrendo risultati di stampa identici, le due FabriVU potranno anche essere impiegate insieme, per la stessa commessa, rendendo possibile la produzione di grandi volumi in poco tempo. L’importanza dei supporti Nella scelta dei supporti, Iraci si affida a marchi leader come Pongs, Georg + Otto Friedrich ed Endutex. Ciascun materiale viene testato per valutarne la compatibilità con le tecnologie installate in azienda e con le applicazioni richieste dai clienti. Da questo punto di vista la ricerca è continua e nasce dalla piena consapevolezza del ruolo chiave che hanno i supporti nel determinare la qualità di una stampa realizzata mediante sublimazione. || In alto, allestimenti realizzati con stampe prodotte da Iraci.

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esterno massimo di 350 mm. FabriVU 340i è la prima stampante della serie FabriVU a essere dotata di unità di sublimazione in linea. Grazie ad essa, la macchina stampa e sublima in un singolo passaggio, producendo bobine pronte per eventuali post lavorazioni. Ne consegue un notevole risparmio di tempo e una maggiore efficienza complessiva del flusso di lavoro. «FabriVU 340i è ideale per chi ha già grandi volumi di tessuto da stampare, ma anche per chi vuole entrare in questo mondo senza investire in sistemi per la sublimazione fuori linea. – ci spiega Massimiliano Cariolato, Director Sales Inkjet Division di EFI – L’ingombro ridotto e il prezzo competitivo la rendono una soluzione estremamente interessante».



strategie La storica industria cartotecnica trentina, specializzata in lavorazioni di alta qualità, sceglie Durst P10 200 HS per dare una marcia in più al proprio reparto digitale

ICS Bertagnin conferma la fiducia in Durst e installa la centesima Rho P10 in Italia

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l mercato delle tirature digitali su cartone è sempre più attento alla qualità e ai tempi di consegna? ICS Bertagnin risponde potenziando il proprio reparto di stampa digitale. La Durst Rho 750 HS, da oltre sei anni operativa in azienda, lascia infatti il posto a una nuova Rho P10 200 HS, la centesima ad essere installata in Italia. Da novant’anni ICS Bertagnin lavora per arricchire la gamma dei prodotti offerti. L’obiettivo

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è incontrare la domanda della clientela più esigente, realizzando per essa progetti elaborati ed esclusivi. Ecco perché il management dell’azienda è da sempre molto attento all’ampliamento e all’aggiornamento del parco macchine. Poter effettuare in casa numerose lavorazioni assicura infatti diversi vantaggi. Tra questi, la possibilità di contrarre tempi e costi della produzione al minimo indispensabile, nonché la possibilità di lavorare con standard qualitativi omogenei

in tutte le fasi del processo produttivo. È in quest’ottica che, nel 2012, ICS Bertagnin sceglie Durst per iniziare il proprio percorso nel digitale. L’installazione della stampante Rho 750 HS rappresenta un momento di svolta. I vantaggi offerti dalla combinazione tra stampa digitale e converting analogico piacciono ai clienti e i volumi in carico alla macchina crescono rapidamente. Poco dopo, nel 2013, l’aumentare delle piccole tirature rende indispensabile l’introduzione

di un sistema di taglio digitale in piano: la scelta cade sulla produttiva Elitron Kombo TAV configurata con carico e scarico automatico. Infine, nel 2018, l’azienda è pronta per un cambio di passo e decide di confermare la sua fiducia a Durst installando Rho P10 200 HS. || In alto, a sinistra, la nuova stampante Durst Rho P10 200 HS, installata presso ICS Bertagnin; a destra, alcuni espositori da banco realizzati con la macchina.


strategie

intervista a Fabio Gatti Titolare di ICS Bertagnin

“Anche ad alte velocità, P10 200 HS riproduce perfettamente colori pieni e testi di piccole dimensioni, sia in positivo che in negativo.”

Qualità, produttività e automazione: Durst P10 è ideale per la cartotecnica P10 200 HS ha una velocità massima di 350 m2/h. Tra i suoi plus c’è quello di garantire alta qualità di stampa fino alla velocità di 127 m²/h effettivi, in quella che Durst chiama “Production mode”. Le produzioni che ICS Bertagnin realizza con la macchina riguardano spesso materiale destinato a esporre o contenere prodotti di alta qualità. In quest’ambito, è frequente che i creativi utilizzino combinazioni di colori, testi e immagini complesse da riprodurre correttamente con una stampante scanning. Fondi pieni, testi sottili in negativo, immagini fotografiche dettagliate sono soggetti che, prima di altri, perdono di qualità all’aumentare della velocità di stampa. Così gli operatori macchina si ritrovano costretti a ridurre drasticamente la velocità per

Quali caratteristiche di P10 200 HS state apprezzando di più? Innanzitutto, la possibilità di ottenere una qualità elevata senza scendere a compromessi sulla produttività. Anche alle alte velocità, infatti, P10 200 HS riproduce perfettamente colori pieni e testi di piccole dimensioni, sia in positivo che in negativo. Siamo poi particolarmente soddisfatti delle prestazioni raggiunte dagli inchiostri Durst. Lo strato depositato sui supporti è molto sottile e risulta quasi impercettibile al tatto. Anche l’odore è minimo. Difficilmente ci si accorge che si tratta di inchiostri UV. Infine, adesione, flessibilità e resistenza ai graffi sono talmente soddisfacenti da rendere la plastificazione superflua nella maggior parte dei casi. Talvolta, sono stato io stesso a sconsigliarla ai clienti perché ritenevo che sarebbe stato solo un costo inutile. Il risultato finale è talmente simile a quello ottenuto con la stampa offset che, per un occhio inesperto, è davvero difficile stabilire che tipo di tecnologia sia stata utilizzata.

Quali produzioni gestite in digitale e perché? Nel nostro reparto digitale produciamo principalmente espositori, da banco e da terra. Ma stanno crescendo le piccole tirature di imballaggi la cui produzione con metodi tradizionali sarebbe troppo costosa o comporterebbe tempi di consegna incompatibili con le necessità del cliente. Spostando questi volumi sulla P10 200 HS, oltre a offrire un vantaggio ai clienti, riusciamo ad essere più efficienti anche nei reparti tradizionali. Evitiamo, infatti, di perdere tempo nei numerosi avviamenti connessi alle piccole tirature e, con la capacità produttiva recuperata, rispondiamo più rapidamente alle richieste urgenti. I vostri clienti apprezzano la flessibilità che potete offrire loro con queste tecnologie? Più sono piccole le tirature, più aumenta l’incidenza di impianti stampa e fustelle sul costo totale della produzione. Senza contare che la loro realizzazione richiede tempo e dunque comporta un

allungamento dei tempi di consegna del lavoro. Il digitale, non dovendo sottostare a questi vincoli, ci permette di dare ai clienti la libertà di ordinare esclusivamente i quantitativi di cui realmente necessitano. Poi P10 200 HS e Elitron Kombo TAV sono macchine produttive e automatiche, quindi riusciamo a consegnare i prodotti finiti in tempi brevi e con prezzi competitivi. I clienti apprezzano molto tutto questo. Ma non è tutto. Il digitale ci permette anche di migliorare la qualità dei nostri servizi di progettazione e prototipazione. In pochi minuti, realizziamo campionature identiche in tutto e per tutto al risultato che si otterrà in produzione. I clienti hanno così la certezza che il risultato finale non presenterà alcuna differenza rispetto al campione approvato. Infine, in caso di modifiche dell’ultimo minuto, possiamo intervenire tempestivamente e, anche in questo caso, il cliente non dovrà sostenere costi aggiuntivi legati al rifacimento di impianti stampa o fustelle.

assicurare il risultato atteso. «Con la nuova Durst P10 200 HS, la velocità di stampa non è vincolata alle caratteristiche grafiche del file da stampare. – ci spiega Fabio Gatti, titolare dell’azienda – Utilizziamo la stessa per quasi tutti i lavori e i risultati sono sempre al di sopra delle aspettative dei clienti». Per sfruttare appieno una produttività così elevata è però indispensabile ottimizzare le operazioni di carico/scarico materiale. ICS Bertagnin ha scelto la configurazione “full automation”, ovvero con alimentatore e impilatore automatici. In questo modo, un singolo operatore è in grado di gestire al contempo la stampante e il tavolo da taglio digitale Elitron, nonché di preparare i file per le successive produzioni. || In alto, l’alimentatore automatico Durst in funzione presso ICS Bertagnin. A destra, un crowner stampato in digitale dall’azienda.

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strategie Grazie al gestionale Packway di B+B, Nuova Digiservice è l’emblema di come, in un mercato competitivo, si possano governare le variabili e salvaguardare le marginalità

Gestione e pianificazione, sfide inderogabili per fare profitti nel wide format

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on è la prima volta che il nostro viaggio tra gli imprenditori del printing più virtuosi ci conduce a Settimo Milanese, tra le mura di Nuova Digiservice, che di recente ha semplificato il proprio brand in DGS. Qui l’energico fondatore Stefano Mangiaracina, supportato dal figlio Francesco e da un team di tecnici ed esperti di prestampa e produzione, prosegue imperterrito nel suo percorso di crescita e innovazione.

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Forse in modo meno rumoroso rispetto a certi big del settore, ma non per questo meno potente e rilevante. Negli ultimi anni non sono mancate le occasioni per evidenziare gli investimenti coraggiosi di Nuova Digiservice, che gli osservatori più superficiali hanno talvolta assimilato ai proverbiali “passi più lunghi della gamba” per una PMI, ma che puntualmente hanno dato ragione a Mangiaracina e hanno posto le basi per crescite strutturali. Pur compatta nel layout, l’azienda ha un parco

macchine di tutto rispetto che include stampanti swissQprint Nyala 2 e HP Latex 1500, sistemi di taglio Kongsberg C64 da 3,2 metri, Mimaki UJV-500 e la prima unità in Italia di Veika Dimensor S, la rivoluzionaria tecnologia per la stampa di wallpaper dimensionali di cui vi parlavamo nel numero 4. Una base installata di prim’ordine, che rispecchia bene la grande eterogeneità di materiali, formati e applicazioni che accomuna la maggior parte degli operatori del wide format nel terzo millennio.

Decine di tecnologie, centinaia di applicazioni, migliaia di variabili A descriverci l’evoluzione del business di DGS è proprio Stefano Mangiaracina: «Già da anni abbiamo scelto di non misurarci sui volumi e anche nell’allestimento, uno dei nostri cavalli di battaglia, lavoriamo solo con allestitori che || In alto, uno scorcio del moderno reparto di stampa e finitura dei lavori di Nuova Digiservice


strategie

intervista a Stefano Mangiaracina Fondatore di Nuova Digiservice

“Se alla fine di un mese riesci a fare delle statistiche, hai dati vitali per pianificare gli investimenti, senza aspettare un bilancio annuale.”

esigono prodotti di alta qualità per progetti ambiziosi di riqualificazione di punti vendita, hotel, arredi». È questo trend che negli ultimi anni ha portato DGS ad investire sulla tecnologia HP Latex, con cui vengono realizzati retroilluminati in tessuto e che ha indotto l’azienda a investire in un flusso produttivo dedicato al tessile, che include macchine per cucire e operatori specializzati. E che vede l’impiego di un cutter Kongsberg per il taglio dei tessuti. «Fare sperimentazione sui materiali ci permette di creare valore aggiunto e raccontare qualcosa di nuovo – continua Mangiaracina – il tessuto è un segmento completamente nuovo, che sta dando i suoi frutti. Lo stampiamo, lo cuciamo, forniamo anche il profilo. La scelta di Kongsberg C64 con conveyor belt è stato un passaggio naturale per poter gestire la bobina da 3,2 metri e tagliare il tessuto in modo preciso, che poi è il segreto per realizzare progetti di alta qualità».

Perché un’azienda del wide format dovrebbe adottare un gestionale? Il nostro è un mercato pieno di variabili. Anche prestando attenzione maniacale al costo delle materie prime e delle lavorazioni, ci sono un’enormità di costi nascosti, che includono spese di trasporto, fatturazione, incasso. Se acquisti grandi volumi di uno stesso materiale da più fornitori, alla fine di un anno anche pochi centesimi di differenza al metro quadro diventano migliaia di euro. Oppure, a conti fatti, scopri che è meglio pagare di più per avere più precisione, pulizia, tempestività. Se alla fine di un mese riesci a fare delle statistiche, hai dati vitali per pianificare gli investimenti, senza aspettare un bilancio annuale. Perché proprio Packway? Conosciamo B+B da quando abbiamo scelto il nostro sistema di taglio Kongsberg C64. Dialogando con i loro venditori e tecnici, siamo rimasti affascinati da una filosofia di lavoro che consideriamo efficace e simile alla nostra: così abbiamo Più competizione, più materiali e nuove variabili... impazzite? Sulle dinamiche che stanno guidando l’evoluzione del settore, Mangiaracina non ha dubbi: «Sebbene la nostra azienda sia sana e in crescita, le cose stanno peggiorando. I tempi sono sempre più stretti e i lavori sempre più complessi. C’è

appreso di Packway. Scegliendo un partner o un’attrezzatura, abbiamo sempre privilegiato l’affidabilità, la capacità di soddisfare le nostre esigenze e produrre la qualità desiderata. Lo abbiamo fatto con swissQprint per la stampa su rigido, lo abbiamo ribadito con Kongsberg per il taglio dei tessuti, e ora con Packway. Quello della Industry 4.0 è un tema concreto o solo un vantaggio fiscale? Gli iper ammortamenti sono un argomento attrattivo per chiunque. Ma se sei attento e ben consigliato, ci metti poco a capire che interconnettere le piattaforme, controllare la produzione e recuperare le inefficienze ti dà un vantaggio enorme e duraturo. Per questo lavoriamo per la certificazione 4.0 da parte di un certificatore esterno. E Packway, unito alle soluzioni di nesting e automazione di Esko e B+B, ci consente di ottimizzare il lavoro a monte del preventivo, di essere più precisi e accorpare i lavori per affinità di materiale o set di lavorazioni. molta creatività, che contribuisce a dare vita a progetti che escono quasi sempre dagli standard e rischiano di creare colli di bottiglia nelle fasi di prestampa, finitura, confezionamento e montaggio. Oggi un evento non si fa più con il pannello in Forex inchiodato a parete, ma con tessuti, corpi luminosi, moquette personalizzate,

Come si sta evolvendo l’interazione tra il software gestionale e l’azienda? Packway ha una miriade di funzionalità, che oggi sfruttiamo ancora al 20%. Al momento dell’acquisto ne abbiamo sottostimato il potenziale, semplicemente perché non sapevamo di poter governare così tante variabili. Ma ora che stiamo scoprendo quanto è esteso e potente, siamo entusiasti e sollevati. Se ad oggi per ogni lavorazione gestiamo solo dieci variabili, vediamo che Packway potrebbe governarne cinquanta. Ed è uno stimolo a fare sempre meglio. L’appetito vien mangiando, insomma? Quando inizi ad essere più preciso e virtuoso, e ne sperimenti i vantaggi pratici, poi ne senti il bisogno. Se poi un domani dovessimo spostarci verso la cartotecnica, che implica calcoli molto più precisi, Packway è già in grado di accompagnarci. Dove fai migliaia di pezzi ma utilizzi materiali più poveri, ogni centesimo diventa tremendamente importante. bandiere. Al punto che un singolo evento richiede anche sei o sette lavorazioni diverse». Uno scenario competitivo che si riflette non solo sui macchinari di stampa e finitura, ma anche sulla varietà di materie prime necessarie a realizzare la commessa. Se il reparto produttivo è già rappresentativo di una diversificazione molto spinta,

|| Stefano Mangiaracina ci mostra il “cruscotto” principale di Packway con cui, dalla sua postazione, governa l’intera azienda

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strategie Dalla prestampa al finishing, tutto è tracciato, consuntivato, pianificato Ogni singola lavorazione ha un impatto rilevante e potenzialmente rovinoso sulla produzione di una commessa: questo il paradigmache sta alla base di Packway e del suo sistema di rilevazione dati a bordo macchina. Una funzionalità forse ovvia, se monitoriamo attrezzature

pilotate da un software e pensate per scambiare dati, come stampanti e cutter di ultima generazione. Meno scontata per quei centri di produzione dove l’impatto manuale è maggiore o totale, come il rifilo, la laminazione, il montaggio, la bordatura o la saldatura. B+B ha

arricchito Packway di un’interfaccia utente interconnessa basata su tablet, che consente ad ogni operatore di richiamare la commessa e contribuire, con informazioni di avvio e fine lavoro, al tracking in tempo reale del lavoro e ad una corretta consuntivazione. Ma anche a

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fornire una situazione precisa delle ore/uomo e delle ore/macchina residue e allocabili, che si traducono in una corretta pianificazione dei lavori e delle consegne. Questo ha indotto DGS a introdurre Packway a tutti i livelli e in tutti i reparti aziendali.

|| 1) In prestampa la principale variabile è il tempo impiegato per ricevere, aprire, ottimizzare e inviare in produzione i lavori dei clienti. 2) Il sistema di taglio Kongsberg C64 da 3,2 metri con conveyor belt. 3) La stampa flatbed su swissQprint. 4) Gli operatori impiegati nelle lavorazioni manuali interagiscono con Packway tramite iPad interconnessi.

il magazzino materiali di DGS è ancor più eloquente. «Per realizzare lavori complessi, dobbiamo tenere a magazzino una grande varietà di materiali, con uno stock minimo molto elevato per ciascuna referenza», ci spiega Mangiaracina. Una testimonianza in più di quanto le materie prime siano una criticità che implica una continua ricerca di prodotti innovativi, e test rigorosi per ottenere la massima qualità. Ma anche un monitoraggio infallibile del magazzino, degli scarti di produzione, della shelf life dei prodotti. Più efficienza e maggiore redditività: una sfida già vinta Una commessa remunerativa

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e capace di generare un’elevata soddisfazione del cliente inizia sempre da un preventivo accurato e da una corretta pianificazione del lavoro. Sbagliare un preventivo o fallire una data di consegna, infatti, si traduce quasi sempre in mancati guadagni, frustrazione del cliente e, nei casi peggiori, in pericolose contestazioni. «Oltre ad eccellere sul piano qualitativo, abbiamo sempre puntato a lavorare in modo preciso e puntuale. Per questo già da anni utilizzavamo un software gestionale – spiega Mangiaracina – tuttavia avevamo spesso difformità tra preventivo e consuntivo, difficoltà a gestire i picchi di produzione senza ritardare le consegne e senza ricorrere a turni aggiuntivi. Talvolta,

poi, eravamo certi di avere in casa scorte di materiale che in realtà erano esaurite da tempo». Una situazione che accomuna moltissimi stampatori digitali, che ha indotto GDS a una profonda riflessione sul proprio modello gestionale e ad un’attenta ricerca della piattaforma software più adatta al proprio modello di business. Un percorso che ha portato l’azienda milanese ad adottare Packway. «Non è un semplice gestionale, ma un gestore intelligente del nostro specifico flusso di lavoro, che ci accompagna fino alla contabilità – continua Mangiaracina – Packway ci ha permesso di rendere precisa la preventivazione, ha messo ordine in tutte le fasi produttive, fino al documento di trasporto, alla

fattura e allo scarico del magazzino». Una delle peculiarità di Packway, progettato e messo a punto negli anni dal team di sviluppo di B+B International, è poi la sua integrabilità a tutti i livelli della produzione, con una puntuale rilevazione a bordo macchina di tutti i dati relativi alla commessa. «Prima non c’era un ordine cronologico dei lavori e avevamo una scarsa visibilità sulla capacità di consegnare in tempo – conclude Mangiaracina – mentre oggi siamo matematicamente certi dello stato di avanzamento di tutte le commesse, della possibilità di allocare altri metri quadri a una determinata stampante o a un cutter, e di quale data di consegna dovremo comunicare al cliente».



strategie McGowan’s è il primo stampatore digitale europeo ad installare la single-pass EFI Nozomi C18000 per la produzione di display e materiali per il punto vendita

L’inkjet da 7.224 m2/ora lancia la sfida all’offset e assorbe i volumi del flatbed di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

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erché spingerci fino a Dublino per incontrare uno degli ormai (relativamente) numerosi utilizzatori di tecnologia inkjet single-pass sul mercato? D’altra parte sono ormai un paio d’anni che vi presentiamo case study, italiani ed europei, relativi a queste stampanti digitali lunghe decine di metri, iper-produttive e con prezzi di listino a sei zeri. Sono piattaforme che coniugano le produttività dell’offset e della flexo con la

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qualità, la flessibilità e le caratteristiche tipiche del digitale. Che per questo ben si inseriscono nei processi di innovazione e trasformazione digitale dei tanti mega gruppi grafici, tessili e cartotecnici che dispongono di budget, spazi e volumi produttivi adeguati. Per questo, quando lo scorso anno abbiamo appreso dell’installazione presso McGowan’s di una Nozomi C18000 – un giocattolo da 37 metri di lunghezza e 10 di larghezza per 4 milioni di euro di investimento – abbiamo acceso i

nostri riflettori sullo stampatore digitale irlandese e ci siamo posti l’obiettivo di saperne di più. Chi è McGowan’s Basata alla periferia di Dublino, McGowan’s non è una multinazionale dell’ondulato, né una grande cartotecnica. Quella fondata negli anni ’80 e tuttora guidata dal vulcanico Mal Mc Gowan è piuttosto una grande azienda di stampa digitale, che dà lavoro a 110 persone e in cui le tecnologie

di grande formato giocano un ruolo predominante. Al quartier generale di Dublino (Repubblica di Irlanda) si affianca il sito produttivo di Belfast, in Irlanda del Nord (Regno Unito), dove l’azienda gestisce piccole produzioni ondemand con stampanti flatbed, roll-to-roll e macchine a foglio HP Indigo. Tornando a Dublino, le prime battute scambiate con Mal e i primi passi attraverso i reparti || In alto, la Nozomi C18000 installata nella sede di McGowan’s a Dublino


strategie Come nasce McGowan’s? Verso la fine degli anni ’80 ho iniziato a stampare planimetrie per architetti e facevo fotocopie in bianco e nero. Poi, al Cebit, ho visto e acquistato la prima copiatrice a colori e ho iniziato a vendere fogli A4 a 2 sterline. Con l’avvento del Mac, poi, ho realizzato che facendo stampe a colori anziché fotocopie avrei potuto guadagnare il triplo.

intervista a Mal McGowan Fondatore e CEO McGowan’s Digital Print

Quando avete iniziato a fare sul serio nel printing? Ho negoziato la prima Indigo nel 1995, con Benny Landa. Parallelamente abbiamo acquisito le prime stampanti inkjet e la prima Durst Lambda. In quegli anni Inca stava lanciando la sua Eagle, e noi installato la seconda al mondo. Poi è venuta Inca Columbia, quindi Agfa M-Press, HP Scitex, Durst. Vogliamo solo tecnologie all’avanguardia e per questo abbiamo iniziato a trattare per Nozomi ancora prima che EFI ne terminasse lo sviluppo.

“La verità è che io sono uno stampatore digitale. Non so nulla di stampa e non mi fossilizzo su comparazioni sterili. È la tecnologia a rendermi uno stampatore, Eppure non è una macchina non il contrario.”

di produzione sono illuminanti: siamo al cospetto di un vero pioniere del digital printing, un autentico appassionato di tecnologia digitale, un “collezionista” che in trent’anni ha installato (e ancora utilizza) quasi tutte le piattaforme che hanno fatto la storia della nostra industria. Un grande mix di tecnologie per un servizio “chiavi in mano” La visita inizia dai reparti dedicati al piccolo formato, dove sono

per un grande brand. Un lavoro che solo una tecnologia come Nozomi consente di realizzare con profitto e in modo efficace. Un bel cambio di paradigma… È il più grande cambiamento che ho visto negli ultimi dieci anni. Abbiamo iniziato con una flatbed che faceva 8 fogli/ora. La successiva ne produceva 14 ed M-Press ci ha proiettati nella fascia dei 120/140. Ora, in un singolo step evolutivo, siamo a 5.600 fogli/ora. Il bilancio dopo un anno? Per il 2018 avevamo un target di crescita di 2 milioni di euro, ma a fine giugno eravamo già a 1,3 milioni. Significa che ci avvicineremo ai 3 milioni, per lo più afferenti ai nuovi volumi generati da Nozomi.

Pensi che l’UV curable sia la chimica ottimale? Il waterbased potrà dare risposte valide nel packaging, ma l’UV è l’unica chimica che ci apre le porte di entrambi i mercati. E i costi di produzione? Quanto Nozomi vi rende competitivi? Lottiamo per competere con l’offset e con la flexo, questo è vero. Ma la verità è che io sono uno stampatore digitale. Non so nulla di stampa e non mi fossilizzo su comparazioni sterili. È la tecnologia a rendermi uno stampatore, non il contrario. Credo fermamente nella filosofia di Benny Landa, e aggiungerei che è sempre più vera anche nel packaging. Se il mio brand può avere una scatola a quattro colori, perché dovrei limitarmi a uno o due?

per la comunicazione visiva... È vero, ma ne abbiamo compreso subito il potenziale. Altri costruttori stanno sviluppando macchine single-pass per il packaging, mentre Nozomi, con 180 cm di luce, mi apre due scenari. Uno è l’industrializzazione dei display, l’altro è quello delle scatole e dell’ondulato.

Sono tutti lavori nuovi? Collaboravamo con aziende di laminazione offset, con cui ora siamo in competizione. Ma è naturale, e se vuoi crescere non hai molte alternative. Puoi fare acquisizioni, oppure comprare tecnologia, creare volumi e far crescere l’azienda. Oggi abbiamo un fatturato di circa 18 milioni, ma puntiamo ai 24 nel prossimo anno, per lo più grazie a Nozomi. Oggi lavoriamo su un turno di 6 ore, ma a breve partiremo con il secondo e contiamo di arrivare a due turni pieni in meno di due anni.

Qual è il potenziale nel POP? Ci sono progetti di espositori in ondulato che prima ci erano inibiti. Per esempio ora stiamo realizzando 6.500 espositori in differenti lingue

A quando una seconda Nozomi? Intendiamo rivedere la situazione entro un anno, ma l’obiettivo è avere una macchina per il packaging e una per i materiali POP.

installati engine HP Indigo a foglio e Xeikon a bobina, affiancati da innumerevoli sistemi di finishing e laminazione. Ma a farla da padrone sono le stampanti di grande formato, a partire da quelle dedicate ai materiali flessibili. Se la produzione di poster è ancora affidata alle inossidabili Scitex TurboJET e alle moderne Canon Océ Colorado, per la stampa dei formati extra large McGowan’s dispone delle modernissime rollto-roll UV Rho 312R e 512R Plus di Durst, cui si affianca una Rho

|| In alto, la M-Press Tiger con ibridazione serigrafica installata da McGowan’s

Eppure c’è sempre una tecnologia tradizionale con cui competere… Quando abbiamo iniziato col flatbed eravamo una piccola azienda irlandese circondata da serigrafi, che ridevano della nostra pazza scelta di acquistare una Inca Eagle. Quando abbiamo comprato MPress, poi, dicevano che non avrebbe funzionato. Oggi in Irlanda non c’è più neanche un’azienda serigrafica che stampa per il punto vendita, e noi siamo diventati il numero uno nel paese in questo settore. La serigrafia era probabilmente la tecnologia più economica, ma non esiste più perché la gente vuole la flessibilità del digitale. Non puoi fermare la tecnologia che cambia il mercato. Saranno le persone ad adattarsi.

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|| 1) L’area di carico di Nozomi, con l’alimentatore a bassa capacità con presa del foglio dal basso. 2) Fogli stampati con effetto high-gloss in uscita dall’engine di stampa. 3) Il belt di uscita dalla stampante accompagna i fogli verso l’impilatore ad alta capacità. 4) Vista laterale di Nozomi sul lato dedicato all’area di ispezione ed espulsione dei fogli scartati.

1312 utilizzata per basse tirature di pannelli, poster su carta e prodotti comunemente realizzati in offset. La specialità della casa, tuttavia, sono le produzioni su materiali rigidi. Ed è qui che McGowan’s sfoggia un parco macchine da far girare la testa. Il pezzo forte è una leggendaria Agfa MPress Tiger con moduli serigrafici Thieme in linea per lavorazioni di verniciatura, coating e applicazioni di colori spot. «È la terza MPress al mondo, è velocissima, ha una goccia da 12 picolitri e dopo dieci anni è sempre un pilastro della nostra produzione – afferma orgoglioso Mal – è un mix di modernità e tradizione che a tutt’oggi non ha eguali». Il reparto dedicato ai materiali rigidi può poi contare su tecnologie flatbed di HP Scitex (incluso il primissimo modello

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UV, antesignano della FB7600), una Rho 1030 con carico e scarico automatico e una moltitudine di sistemi di finishing. Tra questi il primissimo esemplare di Elitron Kombo TAV con doppia testa di taglio, una Kongsberg XP24 con board feeder e una Zund G3 3XL. A completare le capacità di converting, unica concessione all’analogico, una fustellatrice Young Shin Giant 250. «Alta qualità dei prodotti e un servizio d’eccellenza sono il nostro marchio di fabbrica – sottolinea Mal – per questo adottiamo le tecnologie migliori e più automatizzate in tutti i reparti». Ma prima di lasciare il grande edificio in cui sono concentrati tutti i macchinari McGowan ci fa un’altra confessione: «A breve sposteremo la fustellatrice per fare posto a una nuova Massivit

3D 1800, con cui vogliamo offrire applicazioni di grande formato che possano abbinare cartone e grafica tridimensionale. In un mercato relativamente piccolo come quello irlandese, se vuoi vincere devi fare un po’ di tutto». Ultima sosta, prima di raggiungere la Nozomi, il grande reparto di prototipazione, dove un team di progettisti realizza mockup di espositori da terra e da banco, isole promozionali e progetti speciali. Qui gli operatori si avvalgono di postazioni ArtiosCAD e di due plotter da taglio dedicati. «Ogni giorno raccogliamo il brief del cliente, creiamo il concept, realizziamo il campione in bianco, lo testiamo, quindi lo mandiamo allo studio grafico che lo veste. Senza questo reparto, nessuna delle grandi macchine là fuori esisterebbe».

La single-pass che cambia la produzione di materiali POP A dividere la sede storica di McGowan’s e l’edificio gemello dedicato al single-pass ci sono pochi metri e un prato ben rasato, che tuttavia segnano una linea di demarcazione epocale. Quella tra artigianalità e industria. Il nuovo reparto, infatti, non ha più gli spazi ben definiti, ovattati e climatizzati che caratterizzano le aziende di stampa digitale di tutto il mondo. È un capannone industriale, le cui (pur generose) dimensioni bastano appena a contenere la mole di Nozomi, che si allungherà ulteriormente con l’introduzione di un nuovo feeder ad alta pila. Nei due minuti necessari a percorrere l’intera linea inkjet, la prima cosa che ti colpisce è vedere la


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strategie stampa e alla finitura high gloss di Nozomi, otteniamo risultati che spesso sono migliori della stampa offset laminata con l’ondulato». Dopo la stampa, la sfida è automatizzare il workflow

stampante EFI sfornare centinaia di display per il punto vendita di ottima qualità, caratterizzati da una finitura ultralucida. Ma la produzione dei display continua, minuto dopo minuto, e i nostri occhi sono tutti per Nozomi. L’unità installata da McGowan’s è per il momento dotata di un feeder a bassa capacità con presa dal basso, caricato continuamente da un operatore perché il buffer di fogli non si esaurisca. «Ad oggi riteniamo ancora importante controllare otticamente la qualità dei fogli di cartone, ma entro un anno contiamo di automatizzare il carico con un board feeder ad alta pila, riducendo da tre a due gli operatori

necessari al funzionamento della macchina» – chiarisce McGowan. L’engine di stampa, dotato di pannelli touch per governare le funzionalità della stampante e gestire i lavori, è predisposto per installare fino a 7 barre di stampa per altrettanti canali colore. McGowan’s ha scelto una configurazione con CMYK, Orange e Violet. «L’esacromia non è necessaria per tutti i lavori, ma servendo un numero importante di grandi brand nel food, nel beverage e nella cosmesi, circa il 60% dei lavori include tinte Pantone – ci illustra soddisfatto Mc Gowan, mostrandoci alcuni fogli appena stampati – grazie ai colori aggiuntivi, alla qualità di

Sebbene Nozomi sia in grado di produrre fino a 75 metri lineari al minuto, l’azienda irlandese ha sin qui scelto di lavorare a velocità più basse, non avendo ancora i volumi necessari a saturare la produttività della macchina, né la capacità di finishing adatta a gestire le migliaia di fogli/ora che Nozomi può sfornare. «Finché restiamo nel campo dei display, non ci serve sfruttare la massima produttività, e il business delle scatole è qualcosa che stiamo ancora esplorando, cercando partner che possano assorbire i nostri volumi di stampa e occuparsi del finishing» – spiega McGowan. Se già stampanti multi-pass molto veloci rischiano di mettere in crisi un reparto di taglio digitale, una produttività come quella di Nozomi rischia di creare enormi colli di bottiglia in un’azienda non strutturata per il converting. Per ovviare parzialmente a questa carenza, McGowan’s ha recentemente raddoppiato da due a quattro le sue linee di incollatura dei display,

mentre sta selezionando partner esterni per la fustellatura. L’eccellente tenuta del registro sul singolo foglio e lungo la tiratura, inoltre, consente a McGowan’s di gestire i lavori stampati con Nozomi sia su cutter digitali che su fustellatrici tradizionali. Tornando alla qualità di stampa percepita, alla fine della visita abbiamo analizzato alcune commesse in fase di stampa e finitura, restando positivamente colpiti dalle tinte piatte, dalla totale assenza di banding e dai neri pieni e profondi prodotti dalla singlepass EFI. Così come ci ha stupiti la velocità nei cambi lavoro e il senso di confidenza degli operatori nell’interazione con i vari moduli di Nozomi. «Normalmente le nuove tecnologie necessitano di tempo per essere stabili e affidabili, noi dopo sei settimane dall’installazione abbiamo iniziato a produrre lavori su larga scala, senza più fermarci – sostiene McGowan – in 12 mesi non abbiamo mai avuto fermi macchina e siamo molto orgogliosi di questa tecnologia, che si sta rivelando davvero rivoluzionaria per il presente e per il futuro». || In alto, Mal McGowan ci mostra la qualità e la brillantezza delle stampe di Nozomi.

Formato XL e curing LED, così Nozomi strizza l’occhio al display graphics Nozomi è una stampante inkjet single-pass progettata per stampare su fogli di cartone ondulato fino a 1.800 mm di larghezza per 3 metri di lunghezza, con uno spessore massimo di 35 mm. La qualità di stampa è elevata, considerata la

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risoluzione di 360x720 dpi, i quattro livelli di greyscale e le configurazioni colore che includono l’esacromia con Orange e Violet. La velocità massima è di 75 metri lineari al minuto, che nel massimo formato carta si traducono in oltre

7.200 m2/ora, sebbene la macchina possa alimentare una moltitudine di formati, con la possibilità di alimentare anche due pannelli affiancati sulla larghezza utile. Prima dell’engine di stampa è presente un’unità per la stesura del primer,

che consente di controllare il dotgain e riduce l’assorbimento dell’inchiostro da parte del cartone. Tra i plus di Nozomi c’è il curing, eseguito con tecnologia LED, che riduce i consumi energetici e riduce lo stress termico del materiale.


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strategie Il piccolo laboratorio di stampa digitale dell’EUR si distingue come modello di imprenditoria virtuosa, con una nota femminile. E ora investe in una swissQprint

X.Point è la (re)startup che dinamizza il panorama wide format della Capitale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

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i sono aziende che ripongono la propria forza nei capitali, altre nella tecnologia e altre ancora dal particolare ecosistema economico in cui sono immerse. È il caso, quest’ultimo, di molte tipografie e stamperie digitali nell’area di Roma, la cui attività è spesso legata alle amministrazioni pubbliche e ai loro fabbisogni. E poi ci sono le aziende diverse, che si smarcano dai classici paradigmi, la cui energia risiede nelle competenze,

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nelle idee e nel particolare modo di agire del loro fondatore o di un titolare illuminato, o ancor meglio di un gruppo di persone che condividono la medesima filosofia. Basata in una tranquilla via residenziale, a due passi dall’EUR, X.Point Printing nasce sulle ceneri di un business preesistente, ma è per molti aspetti una vera startup. Competenza e amore per prodotti (e clienti) unici Abbiamo conosciuto Cristina Di

Placido e la sua giovane squadra durante l’estate, accorgendoci subito di aver penetrato una dimensione inaspettata. Dopo oltre vent’anni di collaborazione con la precedente proprietà di questa ex-tipografia e centro stampa, da circa tre anni Cristina ne ha rilevato l’attività e con essa alcuni macchinari e un piccolo team operativo. Cui a stretto giro si sono uniti nuovi collaboratori, tra cui Laura Alessandri, un’autentica “pasionaria” del printing che, appena ricevuto l’invito di Cristina,

ha lasciato il suo lavoro di venditrice di tecnologia e ha sposato questa avventura. «Ho iniziato a vendere macchine da stampa offset quando avevo vent’anni, e molto spesso venivo qui a passare l’ora di pranzo – racconta Laura – Ormai si era creata una famigliarità e sono stata onorata di poter contribuire all’avvio di questo progetto. Anche qui mi || In alto: a sinistra, la swissQprint Oryx scelta da X.Point; a destra, il cutter Zund G3 già installato in azienda.


strategie Chi sono i vostri clienti? Abbiamo cercato di stringere il cerchio, costruendo una clientela di nicchia. Un esempio? Il ristoratore che è entrato per fare un nuovo menu, cui siamo arrivati ad arredare casa con materiali innovativi, wallpaper e grafiche realizzate da noi.

intervista a Cristina Di Placido Fondatrice di X.Point Printing

“Amiamo l’idea che un cliente entri pensando di trovare un centro stampa, e gli si apra un mondo. Questo stupore ci appaga molto.”

occupo della parte commerciale, e trovo che vendere stampati sia meraviglioso. Se ami davvero il tuo prodotto e lo conosci a fondo, smetti di parlare di prezzo e ottieni grandi soddisfazioni». Dalla copisteria al wide format Nata come tipografia, nell’ultimo decennio l’azienda si è trasformata in centro di stampa digitale, concentrandosi sulle tecnologie a foglio. Solo in tempi più recenti il focus si è spostato sul grande formato, con la progressiva introduzione di tecnologie a base acqua, HP Latex e HP PageWide XL. Entrambi i reparti possono disporre delle più disparate tipologie di finishing, incluso un cutter Zund G3 in formato 3x2 per il taglio di Plexiglas, Forex, alluminio, legno, PVC adesivo. Ma i servizi includono anche stampa e ricamo su t-shirt, stampe serigrafiche e altre applicazioni speciali. Proprio nei giorni della nostra visita, inoltre,

E la pubblica amministrazione? Le grandi commesse pubbliche sono una risorsa, ma rischiano di metterti in ginocchio. Così ci siamo spostati sulla clientela privata, ma non per questo disdegniamo i grandi committenti e i loro progetti, che magari non sono duraturi ma per tre o sei mesi assorbono capacità produttiva e generano fatturato. Diciamo che abbiamo creato il giusto mix tra clienti privati, agenzie di viaggi ed eventi, allestitori e grandi imprese in diversi settori. Specializzati o generalisti? Non possiamo permetterci di essere monoprodotto, ma sappiamo quando è il momento di verticalizzare l’offerta. Per esempio abbiamo agganciato un’agenzia europea di in azienda c’era una particolare fermento per un nuovo ipotetico investimento in una stampante flatbed UV. Che a poche settimane di distanza si è concretizzato nell’acquisto di una swissQprint Oryx, in installazione a ottobre. Design, prestampa e manualità, per una ricetta unica Ma i fattori che rendono X.Point Printing diversa non si fermano qui. La sua titolare ha infatti compreso, più della maggior parte delle PMI del settore, che non sono i macchinari a rendere le aziende migliori, né la presunzione di bastare a sé stessi. Su questo presupposto, Cristina ha aperto le porte della sua attività a professionalità (e professionisti) complementari, con l’idea di condividere con loro opportunità, rischi e successi. Tra loro c’è un anziano ed esperto legatore, che ha avviato una proficua collaborazione con X.Point.

eventi per cui allestiamo location a Parigi, Nizza, Barcellona. Un settore che abbiamo sviluppato moltissimo è poi quello della decorazione dei vetri per l’architettura e l’arredamento, dove abbiamo personale e competenze dalla grafica al taglio, fino all’applicazione. Come amate definirvi? Continuiamo a definirci centro di stampa digitale. Ci piace mantenere le nostre origini e un profilo basso. Amiamo l’idea che un cliente entri pensando di trovare un centro stampa, e gli si apra un mondo. Questo stupore ci appaga molto.

sto. Alcuni clienti si erano abituati a utilizzarla come forma ricatto e siamo stati chiari: se compri online perdi l’occasione di entrare qui, ispirarti, vedere e toccare prodotti che noi miglioriamo e diversifichiamo. Il cliente che lo ha capito è intelligente e costruttivo. Ed è il cliente che vogliamo. Viviamo il tempo come un investimento e non ci secca stare un’ora con il cliente per fargli 100 biglietti da visita. Specie se poi se lo ricorda, torna o ci consiglia ad altri. Bisognerebbe essere meno frenetici nel voler raccogliere subito. La semina funziona ancora.

Come vivete la competizione con gli online printers? Ci siamo irrigiditi molto su que-

Come vi ponete nei confronti della tecnologia e dei fornitori? Senza le stampanti non potremmo lavorare. E i fornitori sono parte del nostro network di informatori e validatori. Il rapporto instaurato con il team di Fenix, ad esempio, ci ha portato a investire in sistemi davvero efficaci e differenzianti, come HP Latex e HP PageWide. E ci ha permesso di avvicinarci a una tecnologia come Oryx di swissQprint più velocemente di quanto avrei pensato.

E ci sono giovani professionisti come José Alejandro Lupico Barca, un graphic designer che per vent’anni ha lavorato come freelancer nel settore del gaming e del cinema, affidando molti dei suoi progetti di stampa a X.Point. «Da cliente ho sempre visto questa azienda come una fabbrica di sogni, con apparecchiature capaci di fare cose uniche e un’attitudine straordinaria a fare ricerca e sviluppo su nuove carte, materia-

li, finiture e nobilitazioni – spiega Alejandro – per questo ho accettato di lavorare qui e portare qui dentro i miei clienti. Lavorando in sinergia con la produzione e dialogando con il pubblico, anziché rinchiuso nel mio studio, imparo cose nuove e la mia creatività è più coerente con gli strumenti utili a realizzarla. E poi semplifichiamo davvero la vita ai clienti finali, agli applicatori e agli allestitori che si affidano a noi».

Come trovate nuovi clienti? Finora molto è venuto con il passaparola. Le specializzazioni le abbiamo vendute ancora poco, eppure abbiamo molto da fare. Alcuni clienti ci passano sempre più lavoro, forse perché qui trovano soluzioni sia per il business che per la loro sfera privata.

|| Il reparto di progettazione e di prestampa è il cuore pulsante di X.Point Printing

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strategie Con quasi 60 anni di storia, clienti top e una specializzazione nelle lavorazioni estreme, l’azienda romana installa JetVarnish 3DS e alza ancora l’asticella

Tiburtini, l’artigiano del luxury printing abbraccia la nobilitazione digitale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

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dispetto dello slogan – “Carattere Tipografico” – che accoglie i fortunati visitatori di Tiburtini, chi si aspetta di entrare in una classica tipografia rischia di restare deluso. A ben guardare quello del carattere, oltre che un geniale gioco di parole, è forse più un riferimento al particolare temperamento di Claudio e Piera De Medici, fratelli e appassionati titolari dell’azienda capitolina da tre generazioni, che non la

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descrizione di ciò che si cela dietro l’enorme vetrata che caratterizza l’ingresso. Nata nel 1960 come legatoria di libri, negli anni 70 l’azienda si specializza nella produzione di buste e raccoglitori in plastica, portabadge, portadocumenti, sovracopertine protettive per manuali e libri religiosi, contenitori per la filatelia. Le lavorazioni cartotecniche in plastica continuano a crescere, sulla spinta del florido business dell’archivistica e del solido rapporto con pubbliche amministrazioni, editori e

grandi gruppi. Artefice del legame a filo doppio tra la famiglia De Medici a Tiburtini è Domenica Catalini, la madre degli attuali titolari, impiegata nell’azienda sin dalla fondazione, che all’inizio degli anni ’80 ne rileva l’attività. Dall’archivistica alla comunicazione «Verso la fine degli anni ’90, con l’avvento di Internet e della dematerializzazione dei documenti, l’archivistica ha subito un declino

repentino – racconta Claudio De Medici, direttore commerciale e co-titolare di Tiburtini con la sorella Piera – così abbiamo riconvertito la produzione, concentrandoci su prodotti in plastica morbida a più alto valore, tra cui inviti per aziende e portalibretti || In alto: a sinistra, Claudio e Carolina De Medici valutano i risultati qualitativi di alcuni campioni realizzati con la tecnologia MGI; a destra, la nuova JetVarnish 3DS appena installata da Tiburtini.


strategie

intervista a Carolina De Medici Responsabile Comunicazione, Tiburtini srl

“Entrare da noi è andare a cena in un ristorante gourmet. Non fai il calcolo di quanto costano gli ingredienti: ti godi un’esperienza e paghi il giusto”

Il vostro logo è accompagnato dal motto “carattere tipografico”. Cosa significa? È un virtuosismo linguistico, ma anche il modo migliore per definirci. Siamo tipografi, ma soprattutto siamo un’azienda di carattere. Difficilmente esci da qui con un “no” e i progetti ai limiti dell’impossibile sono quelli che ci piacciono di più. Avendo lavorato tanto col settore della moda, sappiamo gestire i capricci dei clienti, anche i più eccentrici o quelli che ci affidano il lavoro per la mattina dopo. E poi, parliamoci chiaro, stampare volantini non è divertente né remunerativo. Però gestire e valorizzare prodotti di pregio non è facile… Infatti non abbiamo rappresentanti, ma account manager dedicati, che seguono il cliente in tutti i suoi aspetti. Il nostro cliente deve sapere che noi siamo la risorsa cui affidare la soluzione a un suo problema. A fronte di un grande livello di servizio e di

problem solving, non è più questione di prezzo. Eppure tutti hanno un budget. Come uscite da questa logica? Entrare da noi è andare a cena in un ristorante gourmet. Non fai il calcolo di quanto costano gli ingredienti: ti godi un’esperienza e paghi il giusto. I nostri consulenti sono interni all’azienda, conoscono i materiali, le carte, le tecniche di produzione: siamo una task force che elabora velocemente la soluzione analizzando il problema da diverse angolazioni. Qui i clienti trovano un ambiente di lavoro confortevole, in cui trascorrere con noi intere giornate e imparare, mentre assistono ai loro avviamenti e apportano le ultime migliorie. Il tutto, naturalmente, in un contesto di totale privacy e sicurezza del proprio brand. Per questo siete così attenti all’integrazione tecnologica? Non solo tecnologica, ma anche organizzativa e logistica: se realizzo un mockup urgente, non posso vedere il mio sforzo vanificato da un pony express maldestro o da un corriere inaffidabile. Comunque sì, avere in casa tutte le tecnologie ci consente di essere autosufficienti e fulminei.

trattiene i fogli stampati anche due o tre giorni, e un cliché di laminazione complesso richiede tempi lunghi ed è costosissimo. La nobilitazione digitale cambia i paradigmi, eliminando cliché e punzoni per l’embossing, oltre che la regolazione del registro. Idem per la verniciatura: l’inkjet azzera i tempi e i costi di impianti e lavorazioni esterne. Così, con il cliente accanto, possiamo gestire in tempo zero tutti i parametri, cambiare il design del prodotto, modificare in tempo reale i layout di verniciatura e foiling. Quindi JetVarnish è più di un sistema prototipale? È versatile, ma anche molto produttiva. Naturalmente ci interroghiamo sul punto di break-even con i processi tradizionali, ma siamo positivi. È naturale che una vernice inkjet costi più di una vernice serigrafica, ma abbiamo calcolato che su coperture medie e tirature fino a 2-3.000 copie, in digitale il risparmio complessivo arriva al 50%. Fermo restando che il principale plus di questa tecnologia non è il prezzo, ma l’immediatezza. Quali le peculiarità che vi hanno fatto scegliere MGI? Ci hanno convinti l’interfaccia utente e la presenza dello scanner: questo differenzia MGI da altre soluzioni e la rende perfetta per chi, come noi, deve effettuare modifiche on-the-fly anche molto pesanti, senza ripassare dalla prestampa.

|| Da sinistra, Piera e Ludovica De Medici, le vulcaniche co-titolari di Tiburtini

Cosa vi ha spinti a introdurre la nobilitazione digitale? Ancora una volta, non dover mai dire no. E rendere unica la nostra offerta nel futuro. Nobilitare alcuni lavori è complesso e antieconomico. Una serigrafia esterna

per case automobilistiche. Le richieste sempre più frequenti di materiale stampato da parte dei clienti, infine, ci hanno convinti ad abbracciare l’attività tipografica. Diciamo che abbiamo unito il contenitore al contenuto». È in questo periodo che Tiburtini installa la sua prima macchina da stampa tipografica, una fustellatrice e una piegaincolla, ponendo le basi per quella che sarebbe diventata una cartotecnica sui generis. «Abbiamo sviluppato un’affinità elettiva con alcuni clienti molto esigenti, che ci

|| Uno scorcio del reparto produttivo di Tiburtini, dove sono concentrate tutte le tecnologie di stampa, converting e nobilitazione tradizionale e digitale

chiedevano un’enorme flessibilità, una caratteristica che abbiamo caratterialmente e che continuiamo a coltivare e affinare – sottolinea De Medici – man mano che loro diventavano più esigenti, noi ci adeguavamo. Siamo cresciuti sull’onda di quello che ci hanno chiesto i clienti, adeguandoci a loro più che stabilire noi la linea. Spesso innestandoci come fornitori in outsourcing di lavorazioni che molti stampatori e cartotecniche non volevano gestire internamente». Inutile sottolineare come

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strategie un simile modello di business abbia richiesto un enorme sforzo organizzativo e di acquisizione di competenze, ma anche una base installata di macchinari estremamente eterogenea. Tant’è che, superata la prestigiosa area destinata agli uffici e all’accoglienza delle grandi agenzie e dei brandowner, che ogni giorno si avvicendano in Tiburtini, la macchina da stampa offset Komori Lithrone e un piccolo reparto di stampa digitale sono quasi un’eccezione. La realtà è quella di un grande “lab” dove coesistono stampa, fustellatura, applicazione di foil a caldo e a freddo, accoppiatura, floccatura, ma anche progettazione 3D parametrica, realizzazione di mockup multimaterici con plotter Zund, assemblaggio e logistica. Un ecosistema in cui oggi si inserisce la nuova MGI JetVarnish 3DS. JetVarnish, un altro step verso la “luxury factory” integrata Uno sguardo ai fastosi sample esposti nelle sale riunioni di Tiburtini, uniti a qualche occhiata rubata alle lavorazioni in corso nei reparti, ci fa intuire subito il livello premium della clientela dell’azienda romana: brand della moda, multinazionali del tabacco, compagnie aeree. Tutti progetti in cui la stampa gioca un ruolo marginale, perché a farla da padrone sono lavorazioni speciali, gli abbinamenti di differenti materiali

e talvolta l’applicazione manuale di componenti aggiuntivi, con una predominanza di effetti speciali e nobilitazioni spinte. Che si tratti di un packaging, di un catalogo o di un materiale promozionale, difficilmente un prodotto di Tiburtini non è impreziosito con verniciature spot lucide o opache, o effetti metallescenti. Proprio la verniciatura è tra le pochissime lavorazioni che l’azienda ha finora gestito esternamente, la cui crescente importanza, complessità e frammentazione ha portato alla scelta e all’adozione di un sistema di nobilitazione digitale. «Già oggi sviluppiamo oltre un milione di passaggi di verniciatura ogni anno, che fin qui abbiamo affidato a fornitori esterni – ci spiega De Medici – ma la volontà di essere sempre più flessibili ed efficaci, insieme alla disponibilità di nuove tecnologie inkjet, ci ha indotti a investire per portare in casa anche questa lavorazione. Vogliamo che il cliente arrivi la mattina con il suo progetto ed esca al pomeriggio soddisfatto, con il campione definitivo del suo prodotto». Proprio la flessibilità, unita al formato massimo di 364x102 mm e alle performance di JetVarnish – gestisce fino a 2.077 fogli/ora in formato A3 – è la caratteristica che più ha convinto Tiburtini a scegliere la piattaforma proprietaria di Konica Minolta. La configurazione scelta è la “Evolution”, che rappresenta il

|| Dettagli di applicazioni nobilitate da Tiburtini con foiling convenzionale e digitale

top di gamma del portfolio di soluzioni MGI e consente di effettuare verniciature sia a tavola piena che spot, anche con spessori elevati per simulare gli effetti di embossing. La macchina è inoltre dotata del modulo di iFoil L per la laminazione a caldo. «Pensando alla tecnologia digitale giusta per noi, abbiamo cercato di ragionare con freddezza, analizzando con cura il nostro flusso di lavoro e cercando di ottenere la massima efficienza e i migliori vantaggi operativi in ogni area» – chiarisce De Medici. Uno dei plus che il team di

|| Sebbene la stampa non sia il core business di Tiburtini, l’azienda ha una moderna prestampa con CtP e utilizza tecnologie offset Komori Lithrone e Heidelberg Speedmaster, cui si affianca un piccolo reparto di stampa digitale con tecnologia a toner

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Tiburtini sembra aver apprezzato maggiormente è l’abbinamento tra l’unità AIS SmartScanner integrato e l’interfaccia utente: se il primo è in grado di rilevare bordi, forme, caratteri e altri elementi vettoriali presenti nell’immagine, trasformandoli rapidamente in tracciati di verniciatura, la seconda consente all’operatore di modificare le aree da verniciare, variare gli spessori, cambiare tipo di foil e ottenere così infinite varianti di uno stesso lavoro. Senza modificare il PDF nativo e senza passaggi multipli dalla prestampa. Inoltre JetVarnish utilizza un solo tipo di fluido, sia per la semplice lucidatura che per la verniciatura ad alto spessore, consentendo il passaggio da un’applicazione all’altra senza sostituire i serbatoi del consumabile e senza sprechi. La versione adottata dall’azienda romana è poi abilitata alla gestione automatizzata del dato variabile, che consente di applicare le best practice del 1:1 marketing alla nobilitazione. «Se piattaforme più rigide si adattano meglio a flussi di lavoro standard, in JetVarnish abbiamo trovato un vero strumento creativo, in grado di asservirsi con flessibilità alle nostre esigenze estreme», conclude De Medici.



strategie Specializzata nell’affissione outdoor e nel cinema, la storica New Decor di Roma sceglie EFI VUTEK 5r con curing LED per ampliare la flotta di stampanti 5 metri

All’ombra del Colosseo, i progetti superwide crescono per qualità e produttività di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

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ell’ultimo decennio il mercato pubblicitario in Italia ha sofferto del taglio delle campagne di affissione dei grandi brand owner, che ha accelerato la riorganizzazione degli impianti in grandi metropoli come Roma e Milano. Un mercato che si è spostato dalla carta blueback a materiali più pregiati, e che oggi si fonda su pochi grandi operatori e spazi di qualità. Più di uno stampatore è scomparso, alcuni ser-

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vice limitano i danni, mentre a prosperare sono gli operatori che hanno perseguito un modello di business diversificato e originale. New Decor è tra questi ultimi e la nostra visita in azienda coincide con il trasloco in una nuova sede di 3.000 m2 affacciata sul GRA, l’anello autostradale di 70 km che abbraccia la Città Eterna. Dalla serigrafia al digitale Il business serigrafico fondato 30 anni fa da Angelo Modica non

è mai stato tra i nomi blasonati delle graphic arts. «All’inizio lavoravamo con pellicole, reprocamera e camera oscura, stampando singoli pezzi di PVC in formato 100x140, e assemblandoli per realizzare i maxi formati. Avevamo clienti nel settore cinematografico, che ci commissionavano scenografie per film e spot pubblicitari. All’epoca non c’erano effetti speciali digitali e ricordo che per una pubblicità di Durex abbiamo realizzato un fondale di 30 metri per 20, in cui un vero attore si tuffava.

Per un noto film di Dario Argento, invece, abbiamo prodotto un fondale che riproduceva un enorme orologio con l’ora del delitto. Utilizzavamo teloni in PVC per la copertura dei rimorchi e i lavori erano molto artigianali, parzialmente stampati o intagliati, in parte realizzati con Plexiglas illuminato e altre tecniche empiriche. – ricorda Modica – Per un’altra scena, am|| In alto: a sinistra, la EFI VUTEk 5r installata presso New Decor; a destra, uno scorcio della nuova sede aziendale.


strategie bientata in un teatro, abbiamo realizzato un migliaio di sagome di uomini e donne da posizionare nelle file di poltrone più arretrate, così che la sala sembrasse piena». Tra creatività e artigianalità, New Decor si è costruita una solida reputazione sia negli studios di Cinecittà che nel mercato pubblicitario. L’era della stampa digitale Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, New Decor avvia un processo di digitalizzazione delle proprie produzioni, con una sterzata verso la comunicazione visiva. Tutto inizia con piccole stampanti a solvente e plotter per l’intaglio del vinile, con cui l’azienda romana realizza striscioni e altri progetti. Di lì a poco, arriva il superwide format, tra cui la prima VUTEk 5330 a solvente. «Sparava gocce enormi, ma produceva colori che ancora oggi la maggior parte delle stampanti UV non riesce a eguagliare», racconta Modica. In pochi anni si avvicendano in azienda alcune tra le stampanti inkjet più innovative sul mercato e New Decor attraversa indenne la crisi che travolge il mercato pubblicitario. Lo specialista dei progetti “chiavi in mano” La New Decor di oggi è il fornitore d’elezione di brand owner, agenzie, retailer e concessionarie di pubblicità che vogliono imporre il proprio brand attraverso formati extra large. Per rispondere a ogni esigenza produttiva e di installazione, l’azienda ha investito in occhiellatrici professionali, saldatrici ad alta frequenza, sistemi di fresatura e un nuovo reparto dedicato alla cucitura dei tessuti. Si è inoltre dotata di un reparto di carpenteria e saldatura, un laboratorio di falegnameria, nonché una flotta di camion gru e piattaforme aeree con personale specializzato per lavori ad alta quota. «Il grosso dei volumi è ancora legato alla pubblicità, ma i progetti più redditizi sono quelli in cui forniamo il progetto chiavi in mano. – spiega Modica – Per esempio gestiamo

abitualmente progetti di rivestimento dei paddock per corse automobilistiche, e cambi immagine completi nei cinema multisala in tutta Italia». Grazie alla sua capacità produttiva, inoltre, New Decor fornisce volumi di stampa a partner commerciali e stampatori che non possiedono tecnologie di fascia industriale. Qualità senza compromessi in formato extra large New Decor realizza i progetti più redditizi su reti mesh, tessuti saldabili, canvas, tessuti in poliestere e materiali pensati per la retroilluminazione. Il tessuto, montato su frame in alluminio con bordino siliconato, è in continua crescita. Ed è apprezzato sia dagli installatori che dai clienti finali, grazie alla

leggerezza e alle migliori caratteristiche estetiche. Una differenziazione materica spinta, che porta New Decor a produrre maxiteli di centinaia di metri quadri e alte tirature di poster, ma anche light box con qualità fotografica. Da qui la scelta di produrre larga parte delle commesse sul formato 5 metri. «Utilizziamo le nostre stampanti superwide a formato pieno, tant’è che circa il 90% dei nostri acquisti di bobine è sul 5 metri, mentre solo il 10% è in formato 3,2 metri», spiega Modica. Da qui l’obiettivo di ampliare e rinnovare il parco macchine con tecnologie di altissima qualità. Un’esigenza che, complici i 1.200 dpi di risoluzione e la goccia da 7 picolitri, ha spinto all’acquisto della EFI VUTEk 5r. «Nella produzione di light box retroilluminati con doppia inchio-

|| In alto, da sinistra, Jacopo Modica e Angelo Modica, co-titolari di New Decor. Qui sopra, EFI VUTEk 5r nella nuova sala stampa di New Decor.

strazione, VUTEk 5r ci offre una qualità straordinaria, specie nelle zone più delicate dell’immagine come ombre e mezzi toni. – spiega Modica – Così possiamo stampare sul formato 5 metri anche lavori che normalmente producevamo con macchine più piccole e meno competitive». Grazie a un sofisticato processo di nesting, New Decor riduce il numero di cambi bobina e sfrutta l’intera larghezza di stampa. Abituato alla serigrafia e al solvente, poi, il titolare dell’azienda è particolarmente soddisfatto delle performance cromatiche della stampante EFI. «Nel mondo della pubblicità, rossi

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|| 1) New Decor gestisce la stampa e l’installazione chiavi in mano dei grandi poster per la promozione dei film nei principali circuiti di cinema multisala d’Italia. 2) Uno dei grandi impianti pubblicitari di New Decor a Roma. 3) I fondali per spot pubblicitari, conferenze e riprese cinematografiche sono una delle specialità di New Decor.

accesi, blu intensi e sfumature di grigio neutre sono un imperativo, che molte stampanti UV realizzano solo tramite impostazioni complesse, o utilizzando modalità di stampa speciali. – conclude Modica – È stupefacente vedere come gli inchiostri EFI riproducano questi colori naturalmente». Time-to-market e ridotto impiego dell’operatore Al pari della qualità, gli stampatori europei mirano sempre più all’efficienza dei flussi produttivi. Un argomento scottante anche per New Decor. «Se due o tre anni fa la sfida era consegnare in 24 ore, oggi gestiamo quotidianamente grandi commesse con consegna entro 5-6 ore, – spiega Modica – e la situazione peggiora se parliamo di campagne pubblicitarie, dove il cambio immagine avviene ogni 14 giorni. Questo significa fronteggiare, almeno 26 volte l’anno, picchi di produzione di 6.000 m2 di banner in una sola giornata, senza compromessi qualitativi». New

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Decor vince questa sfida grazie a un parco macchine in continua evoluzione, con stampanti sempre più veloci, come EFI VUTEk 5r. «Per produrre una qualità al top dobbiamo utilizzare le nostre stampanti a una velocità che è circa la metà di quella nominale. Una macchina da 460 m2/h come VUTEk 5r ci dà la tranquillità di produrne tra i 200 e i 250 m2/h, in alta qualità e con minimo presidio dell’operatore», precisa Modica. I vantaggi del curing LED Da anni si parla delle lampade UV-LED come di un game changer nell’inkjet. EFI è stata l’apripista nell’adozione di questa tecnologia. I suoi due vantaggi principali sono il ridotto consumo energetico e l’aumento della vita utile delle lampade. New Decor ne coglie però benefici più specifici, per via della sua collocazione geografica e della varietà di materiali che utilizza. «Con numerose stampanti installate nello stesso reparto, quando arriva l’estate iniziamo

ad avere frequenti fermi macchina dovuti al calore generato dalle lampade tradizionali. – prosegue Jacopo Modica, responsabile di produzione di New Decor – Per questo il curing LED a freddo si traduce in vantaggi enormi, che includono minori costi di condizionamento e maggiore benessere dei nostri operatori». Il LED riduce poi lo stress termico dei materiali e le variazioni dimensionali, che nei grandissimi formati rischiano di arrivare ad alcuni centimetri. «Anni fa, applicare calore al PVC migliorava la penetrazione degli inchiostri a solvente. Oggi, con l’UV, non è più così. – spiega Modica – Specie sull’adesivo, grazie al LED non abbiamo più problemi di imbarcamento del liner, e otteniamo maggiore stabilità anche su tessuti spalmati, tele, flag, poliestere e cotone». Più automazione e intelligenza per un TCO vincente Oggi la maggior parte degli operatori presta grande attenzione al

TCO (Total Cost of Ownership) delle attrezzature che acquista. Un aspetto che New Decor ha posto al centro delle sue politiche di investimento. A convincere l’azienda ad acquistare VUTEk 5r sono stati gli accorgimenti introdotti da EFI: la goccia da 7 pl, che riduce sensibilmente i consumi di inchiostro; il taglio trasversale e le lame longitudinali che consentono di rifilare il materiale in uscita dalla stampante; il ridotto quantitativo di materiale necessario per riavviare la macchina ad ogni cambio bobina. Infine, il sistema di rilevamento delle grinze interrompe la stampa in caso di problemi, dà modo all’operatore di ripristinare il materiale e permette di riprendere la produzione esattamente dove era stata interrotta. «Con migliaia di metri quadrati di materiale stampato ogni giorno, decine di cambi lavoro e centinaia di litri di inchiostro consumato ogni mese, quello che per altri è un risparmio marginale, per noi si traduce in decine di migliaia di euro risparmiati all’anno», conclude Modica.


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tecnologie HP ha lanciato R1000 e R2000, le prime stampanti ibride con tecnologia HP Latex compatibili con supporti rigidi (e flessibili), nonché dotate di inchiostro bianco

Con HP Latex R, stampare su rigido con inchiostri latex non è più soltanto un sogno

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dieci anni dal lancio della tecnologia HP Latex, a drupa 2008, HP ha presentato la nuova linea di soluzioni ibride HP Latex R. Il costruttore statunitense ha scelto il palcoscenico di FESPA 2018 per svelare al pubblico l’ammiraglia della serie, HP Latex R2000. La sorella minore, HP Latex R1000, è arrivata a distanza di appena due mesi. Tratto caratterizzante di queste nuove soluzioni è l’introduzione

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di una nuova generazione di inchiostri Latex, in grado di stampare anche su supporti rigidi. La serie R è anche la prima della famiglia HP Latex a essere equipaggiata con l’innovativo inchiostro bianco. Grazie a queste novità, le soluzioni HP Latex R si prestano all’impiego in numerosi ambiti applicativi: decorazione d’interni, allestimento del punto vendita, della comunicazione outdoor e indoor, ma anche della prototipazione nell’ambito della stampa industriale.

Tutti i benefici della tecnologia Latex in due piattaforme sviluppate “ex novo” La serie HP Latex R è disponibile in due modelli: R1000 e R2000, rispettivamente con luce di stampa da 1,6 e 2,5 m. La velocità massima di produzione è di 55 m2/h (R1000) e 88 m2/h (R2000). Le due macchine possono gestire tre diverse modalità di stampa del bianco: underflood, overflood e spot. La prima prevede l’applicazione del bianco come

base per stampare in quadricromia su supporti scuri o colorati. La seconda prevede l’applicazione del bianco dopo la quadricromia ed è solitamente utilizzata per stampare adesivi per vetrine, affinché l’immagine risulti leggibile dall’esterno. La terza prevede l’applicazione del bianco combi|| In alto, a sinistra, la nuova stampante ibrida HP Latex R2000. A destra, e nella pagina a fianco, alcune delle applicazioni realizzate con questa tecnologia ed esposte a FESPA 2018.


tecnologie

intervista

a Jean Pericot General Manager and Global Head of Large Format Production Business, HP

nato alla quadricromia, ideale per personalizzare, in maniera selettiva, alcune parti dello dello stampato. L’operatore può inoltre decidere di ottenere un bianco coprente al 100%, al 160% e al 260%. La velocità oscilla da un minimo di 8 m2/h a un massimo di 35 m2/h, a seconda della coprenza che si vuole ottenere e del tipo di applicazione che si vuole realizzare. L’engine di stampa uti-

Quali sono state le principali sfide che avete incontrato nello sviluppo delle nuove soluzioni HP Latex? Sin da quando abbiamo lanciato sul mercato la tecnologia Latex abbiamo cominciato a interrogarci sulla possibilità di estendere le sue potenzialità anche alle applicazioni su rigido. È stato difficile mettere a punto un set di inchiostri che fosse compatibile con una così vasta gamma di materiali. Oggi, la serie Latex R è in grado di stampare su vetro, plastiche molto sottili, cartone, legno, oltre che numerosi supporti flessibili. Ovviamente dopo aver rinnovato gli inchiostri, è stato necessario costruire un sistema di movimentazione in grado di gestire supporti con caratteristiche così diverse in termini di peso e spessore. L’ultima sfida, forse la più impegnativa, è stata quella per risolvere le problematiche relative alla stampa del bianco. Molti stampatori non

lo utilizzano perché temono di danneggiare le teste. Abbiamo sviluppato un doppio sistema per prevenire l’occlusione degli ugelli: il ricircolo interno a ciascuna testa e la camera rotante offline. Quali sono i dettagli più innovativi di HP Latex R? La nuova generazione di inchiostri HP Latex R assicura un gamut e una brillantezza superiori rispetto alla tecnologia UV. Inoltre i nuovi inchiostri rispettano le caratteristiche visive e tattili del supporto su cui si sta stampando. Se si tratta di un materiale opaco, otterremo un effetto opaco; se si tratta di un materiale lucido, otterremo un effetto lucido. Il risultato visivo e tattile sarà diverso a seconda che si stampi su legno, vetro, plastica e via dicendo. Infine, si tratta di chimiche water-based che permettono di ottenere stampe inodori e assicurano un ambiente più salubre.

Quali segmenti di mercato potrebbero trarre maggior vantaggio dall’introduzione di questa nuova tecnologia? Con Latex R, gli stampatori potranno realizzare quasi tutte le applicazioni destinate alla comunicazione visiva servendosi di un’unica macchina. Non escludiamo il segmento industriale, pur sapendo che la nostra tecnologia non è in grado di affrontare le tirature richieste in quest’ambito. Per il momento, vediamo buone opportunità a livello di prototipazione e di piccole tirature. Cosa puoi dirci dei costi di esercizio della macchina? Sono paragonabili, se non addirittura inferiori, a quelli della tecnologia UV. Vogliamo fare la differenza in termini di qualità, produttività e versatilità applicativa, senza che i costi di esercizio eccedano quelli di altre tecnologie analoghe presenti sul mercato.

lizza teste HP Thermal Inkjet, con una dimensione minima di goccia di 10 pl, che assicurano una risoluzione massima di 1.200x1.200 dpi. Entrambe le macchine sono equipaggiate con 8 teste di stampa. Tre per la quadricromia estesa (CMYKlclm), due per il bianco, due per il fluido di pretrattamento HP Latex Optimizer e una per il fluido protettivo HP Latex Overcoat.

La serie R utilizza l’ultima generazione di chimiche HP Latex, che introducono alcune novità rispetto alle formulazioni precedenti. Innanzitutto, questi inchiostri sono formulati per essere compatibili con numerosi materiali, sia flessibili che rigidi. Inoltre, assicurano un gamut leggermente più ampio rispetto alle chimiche HP Latex utilizzate nei sistemi rollto-roll e molto più ampio rispet-

to ai sistemi basati su tecnologia UV curable. Il fluido protettivo HP Latex Overcoat dona durevolezza agli stampati e aumenta la resistenza ai graffi. L’innovativo inchiostro bianco è studiato per assicurare un elevato grado di opacità e bianchezza. La sua formulazione gli permette, inoltre, di mantenere queste caratteristiche inalterate nel tempo. In caso di non utilizzo, le cartucce

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tecnologie

del bianco posso essere rimosse e conservate in una camera rotante, che ruota automaticamente di 190° ogni 20 minuti, impedendo al fluido di seccarsi. Ciascuna cartuccia di inchiostro ha una capacità di 3 l (R1000) o di 5 l (R2000). L’architettura ibrida delle piattaforme HP Latex R permette loro di gestire sia materiali flessibili che rigidi, fino a 5 cm di spessore. Le due piattaforme sono dotate di un sistema di rulliere, in grado di gestire supporti di dimensioni massime fino a 1625x3050 mm

intervista a Santi Morera GM and Global Head of Graphic Solutions Business, HP

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(R1000) o fino a 2489x3050 mm (R2000). Entrambe le macchine possono accogliere bobine con un diametro massimo di 25 cm e con un peso fino a 68 kg (R1000) e fino a 100 kg (R2000). La movimentazione dei materiali è affidata ad un nastro trasportatore, abbinato a un sistema aspirante suddiviso in 14 zone. Ciascuna si attiva e disattiva automaticamente e regola la pressione a seconda della tipologia di materiale da stampare. La precisione del sistema di trasporto è assicurata dal dispositivo di con-

trollo dell’avanzamento OBAS (Optical Belt Advance Sensor), sviluppato sulla base della tecnologia OMAS, già in uso sulla stampanti HP Latex roll-toroll. Inoltre specifiche guide impediscono al tappeto di spostarsi lateralmente. Per limitare la complessità d’uso da parte dell’operatore, le stampanti della serie HP Latex R sono dotate di due pannelli di controllo touch screen, posti sia sul fronte che sul retro delle macchine. HP Latex R nasce dal desiderio di estendere i benefici della tecnolo-

Qual è la strategia di HP per crescere nei diversi mercati in cui è attiva? La nostra strategia consiste nel portare innovazione tecnologica sul mercato. Se facciamo un salto indietro nel tempo, c’è stata crescita ogni volta che qualcuno ha prodotto innovazione; prima è successo con l’arrivo del solvente, poi con l’UV, ora con il Latex. Si può scegliere di crescere emulando i competitor, ma fondamentalmente credo che i cambiamenti radicali derivino dalla capacità di ciascun costruttore di esplorare nuove applicazioni, che prima non era possibile realizzare. Dieci anni fa, con l’introduzione della tecnologia Latex, abbiamo incentivato la crescita del mercato. Oggi, con le nuove soluzioni per la stampa su rigido, faremo lo stesso.

Come nasce una tecnologia innovativa? In fase di progettazione, formiamo quello che abbiamo definito un “customer advisory group”, composto da circa 10 o 15 aziende leader provienienti da segmenti di mercato e Paesi diversi. Realizziamo dei mockup e li invitiamo a condividere con noi le loro impressioni. Li coinvolgiamo sin dalle prime fasi di sviluppo, raccogliamo i loro suggerimenti e mettiamo a punto le nostre soluzioni sulla base dei riscontri raccolti. Siamo consapevoli di avere una tecnologia compatibile con molti segmenti applicativi. Tuttavia, solo interagendo con i potenziali futuri organizzatori siamo in grado di realizzare prodotti realmente efficaci per uno specifico mercato. È ciò che abbiamo fatto per sviluppa-

gia HP Latex a nuovi ambiti applicativi. Grazie a questa nuova serie, gli stampatori potranno ottenere l’effetto tattile, visivo e cromatico che contraddistingue le stampe realizzate con queste chimiche tanto sui materiali flessibili quanto su quelli rigidi. || In alto, a sinistra, il pannello di controllo touch screen di HP Latex R2000 (in primo piano) e il suo sistema di rulliere per il caricamento dei supporti (in secondo piano). A destra, guide posizionabili manualmente per l’allineamento laterale dei pannelli, utili per l’alimentazione di fogli multipli.

re tutte le soluzioni presenti nel nostro portfolio. In che modo lavorate per educare il mercato riguardo le possibilità offerte dalle vostre tecnologie? C’è ancora un divario enorme tra ciò che le nuove tecnologie sono in grado di fare e il modo in cui il mercato le sta adoperando. HP lavora costantemente per creare maggior consapevolezza circa le possibilità offerte dal digitale. Da una parte, incentiviamo il dialogo con i brand, le agenzie creative e i designer. Dall’altra, investiamo nella formazione degli stampatori, per migliorare le loro competenze nella progettazione e nel modo di proporsi alla clientela. È un percorso in continua evoluzione, sia per noi che per i nostri interlocutori.


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tecnologie Se i plotter da taglio 3x2 m (e oltre) fanno tendenza, il costruttore italiano resta concentrato sui formati compatti. E conquista i piccoli e medi sign maker mondiali

Con il cutter “right-sized” e alla portata di tutti, Valiani conquista anche gli USA

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iò che un tempo chiamavamo solo “c o m u n i c a z i o n e visiva”, riferendoci a poster, scritte adesive e poco altro, in due decenni è diventato un mercato enorme. Che si è sempre più avvicinato e compenetrato con settori contigui e talvolta sinergici come il packaging, il tessile, il POP, l’interior decoration, l’arredamento. Questo ha da un lato esteso il numero di applicazioni, e dall’altro accresciuto il numero di ope-

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ratori. Al punto che oggi è sempre più difficile definire “chi fa cosa”, e quali siano le tecnologie necessarie. Emblematico è quanto succede nell’inkjet, dove l’offerta di stampanti è cresciuta a dismisura sia nella fascia bassa che in quella altissima, con una moltiplicazione di chimiche di inchiostro, formati macchina e livelli di compatibilità coi materiali più disparati. Un dinamismo che ha indotto sempre più operatori ad acquistare una stampante di grande formato, determinando una crescente con-

correnza e un impatto negativo su prezzi e marginalità. Questo ha reso sempre più centrali le tecnologie accessorie di finishing e nobilitazione, in grado di trasformare un semplice pannello o una bobina di vinile stampato in un’applicazione ad alto valore aggiunto. Quello dei sistemi di taglio piani, in particolare, è nato come un mercato elitario fatto di una manciata di costruttori, ai quali negli anni si sono via via affiancati produttori di macchine CNC provenienti da altri set-

tori. La maggior parte dei quali resta concentrata su macchine di fascia alta, di grande e grandissimo formato. Un mercato goloso sia per i costruttori che per gli operatori, fatto di grandi clienti, grandi volumi e dei grandi fatturati. Ma anche un business che, per ovvie ragioni, resta appannaggio di pochi. || In alto, il cutter Valiani Optima V 250 in formato 1.230x2.520 mm. Nella pagina a fianco, un dettaglio della testa multiutensile impiegata sul cutter Valiani Optima V 250.


tecnologie

intervista a Kokichi Takahama CEO di Graphtec America

“Già da tempo i nostri clienti ci chiedevano un tavolo più grande, che abbiamo introdotto con successo grazie alla partnership con Valiani.”

Quale potenziale e quale valore avete visto in Valiani? Cosa rende Optima V 250 il complemento ideale della vostra gamma di prodotti? La lunga storia di successi di Valiani nel settore del taglio è stata la ragione principale per cui è stato considerato un potenziale partner di Graphtec. L’occasione per collaborare è poi scaturita dal nostro desiderio di un tavolo da 1.230x2.520 mm. Attualmente vendiamo diversi cutter flatbed più piccoli e già da tempo i nostri clienti ci chiedevano un tavolo più grande, che abbiamo introdotto con successo grazie alla partnership con Valiani. Chi è il cliente medio che si affida a Graphtec America per le sue esigenze di taglio? La clientela di Graphtec spazia dai piccoli operatori che tagliano vinile per insegne, fino alle grandi tipografie industriali. La nostra reputazione nell’offrire i migliori plotter per il taglio del vinile, sin dalla fine degli anni ‘80, ci vale una clientela molto fedele, che

Un costruttore innovativo, ma attento alle esigenze dei piccoli

Il “right size” italiano che conquista anche gli USA

In questo panorama, l’italiana Valiani ha scelto di ritagliarsi un’identità tecnologica e una mission differenti, ma non meno nobili. Già in tempi non sospetti l’azienda toscana, che affonda le proprie radici nel taglio dei passe-partout per cornici, ha scelto di approcciare il mercato grafico con cutter di formati piccoli e medi, caratterizzati da una meccanica solida e no frills. In sintesi, il giusto mix tra flessibilità, innovazione tecnica, compattezza, buone performance e prezzi d’acquisto abbordabili. Non è un mistero che i piccoli e medi stampatori siano tradizionalmente esclusi dall’utilizzo di certi strumenti, per ragioni finanziarie e di spazi. Ed è proprio qui che Valiani ha costruito la propria credibilità, offrendo una gamma di macchine in grado di supportare gli end-user in mille lavorazioni. La serie Optima ne è il fulcro.

Celeberrimi per l’approccio “oversized” a quasi ogni aspetto della vita – dalle case, al cibo, alle automobili – negli ultimi anni anche gli americani hanno iniziato ad apprezzare oggetti, tecnologie e modi di vivere più “compatti”, magari di ispirazione europea o giapponese. E nonostante gli States siano sede di alcuni tra gli stampatori più grandi al mondo, l’ecosistema del printing americano resta fortemente incentrato sulle piccole e medie imprese. Questo ha consentito a Valiani, grazie all’accordo strategico con Graphtec America, di affermare il potenziale della gamma Optima. In particolare della versione 250 in formato 1.230x2.520 mm, dotata di piano aspirante e pinze di bloccaggio dei materiali. Una dimensione ideale, perché consente di tagliare la maggior parte dei supporti rigidi e flessibili in uscita

si aspetta solo qualità e affidabilità dall’acquisto di un prodotto Graphtec. Il binomio Graphtec/ Valiani continua ad offrire la stessa qualità e affidabilità. Quali sono i materiali e le applicazioni più comuni tra i vostri clienti? Quali tecnologie di stampa utilizzano? I clienti Graphtec tagliano un’ampia gamma di materiali, che

vanno dai vinili per insegne ai magneti stampati, dai prototipi di packaging stampati alle maschere di sabbiatura, solo per citarne alcuni. La maggior parte possiedono stampanti roll-toroll di grande formato, tra cui Mimaki, Mutoh, HP ed Epson, che sono fornite in bundle con i cutter Graphtec per il mezzo taglio e il taglio tangenziale di loghi ed etichette.

|| Da sinistra, Kokichi Takahama e Nico Valiani, Managing Director di Valiani

dalle più comuni stampanti rollto-roll, ibride e flatbed, riducendo al tempo stesso l’ingombro a terra. Anche sul fronte delle funzionalità i progettisti di Valiani hanno puntato sull’operatività, dotando Optima V 250 di una testa multiutensile con due slot, in grado di ospitare in contemporanea una testa oscillante e un utensile a lama fissa o un cordonatore, oltre

alla telecamera per la lettura dei crocini. Una configurazione completa ma non troppo estesa, che consente di lavorare materiali fino a 20 mm con velocità massime di 800 mm/s e 1 m/s di accelerazione, senza impattare eccessivamente sul costo della macchina. Optima V 250 si attesta infatti su prezzi d’acquisto a cliente finale inferiori ai 45mila euro.

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supporti Il produttore di tessuti per stampa digitale ci ha aperto le porte della suo quartier generale e ci ha raccontato la sua storia dagli albori all’affermazione a livello globale

Georg+Otto Friedrich: inizia dal tessuto la rivoluzione della comunicazione visiva

I

l mercato della comunicazione visiva registra un utilizzo crescente di tessuto in poliestere stampato. Brand owner e stampatori, infatti, ne apprezzano le caratteristiche estetiche e tattili, oltre che la sua leggerezza, facilità di applicazione e riciclabilità. Tutto questo, unito alla sua crescente compatibilità con le più diffuse tecnologie inkjet, rende il tessuto il protagonista tra i supporti per la stampa di grande formato, che sempre più aziende dovrebbero valutare per arricchire la propria offerta. Per questo, abbiamo deciso di visitare uno dei più noti e longevi produttori di tessuti in poliestere per la stampa digitale: Georg+Otto Friedrich. In quasi settant’anni di attività, l’azienda tedesca è riuscita a costruire una leadership basata su pochi pilastri fondamentali: aggiornamento tecnologico costante, selezione accurata delle materie prime, approccio market-driven e diversificazione dell’offerta. Caratteristiche che hanno permesso a GOF di stagliarsi sulla concorrenza, senza mai adeguarsi alla logica del ribasso dei prezzi, ma garantendo prodotti unici e di qualità.

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supporti ta al finishing dei tessuti, con sede a Neresheim (Stoccarda). L’azienda oggi

Dall’abbigliamento ai tessuti per la stampa digitale La storia di GOF comincia a Rodgau, cittadina a 25 km da Francoforte, in uno dei distretti industriali più floridi della Germania occidentale. È qui che, nel 1950, Georg e Otto Friedrich, padre e figlio, fondano un’azienda specializzata nella produzione di tessuti a maglia per l’industria dell’abbigliamento. Nel 1968, il quartier generale viene trasferito pochi km a sud, a Groß-Zimmern. Nei primi anni Settanta, sotto la guida di un nuovo direttore commerciale, Peter Vorbeck, GOF comincia a produrre tessuti per l’abbigliamento a marchio proprio. Gli anni Novanta coincidono con una svolta significativa. L’azienda olandese Colorwings sviluppa la sua prima piattaforma per stampa digitale diretta su tessuto per bandiere e chiede a GOF di realizzare un supporto compatibile con questa tecnolo-

gia: nasce così JETFLAG BC. L’aumento della domanda di questo prodotto, dovuto al suo successo, rende necessaria l’apertura di un secondo sito produttivo a Limbach-Oberfrohna (Chemnitz) nel 1998. Nel 2001, GOF lancia DECOTEX, che è tutt’ora uno dei prodotti di punta dell’azienda. Si tratta del primo poliestere con finishing-flame retardant sviluppato da GOF in collaborazione con un’azienda chimica partner. Un altro traguardo importante viene raggiunto con la collaborazione con DuPont. Nel 2004, la multi-

nazionale chimica commissiona a GOF la realizzazione di un tessuto ignifugo e impermeabile per la propria stampante digitale tessile DuPont Artistri. Nei primi Duemila, l’azienda intraprende un percorso di consolidamento della produzione di tessuti destinati alla stampa digitale; da una parte, amplia la gamma di prodotti offerti in termini di formati, colori e trattamenti; dall’altra, rafforza la propria presenza internazionale. Nel 2015, GOF acquisisce alcune quote di Gesellschaft für textile Ausrüstung (GtA), azienda dedica-

I due stabilimenti produttivi GOF hanno rispettivamente un’estensione di 20.000 m2 e 12.000 m2; al loro interno operano 98 dipendenti. Per avere il controllo totale sulla produzione, l’azienda ha affidato a GtA tutte le operazioni di finissaggio (lavaggio, tintura, stiratura, trattamenti chimici). GOF dispone inoltre di otto sedi destinate alla logistica e allo stoccaggio, distribuite tra Germania, Paesi Bassi, Polonia, Lituania e Austria. Il 65% dei tessuti prodotti dall’azienda viene esportato in diversi Paesi dell’Europa e del mondo. affidandosi a una solida rete di distributori. Oltre ai tessuti per la comunicazione visiva, l’offerta di GOF include tessuti per l’abbigliamento tecnico e sportivo, nonché destinati ad applicazioni industriali e medicali. Qualità assicurata in ogni singola fase della produzione I tessuti per la stampa digitale costituiscono il 60% della produzione complessiva di GOF, che sè di circa 6,5 milioni di metri quadri al mese. L’azienda offre un portfolio SEGUE A PAG. 54

|| Nella pagina a fianco, il quartier generale di Georg+Otto Friedrich a Groß-Zimmern (Francoforte). In alto, l’interno del reparto di produzione, occupato dalle macchine per la lavorazione del tessuto a maglia. A destra, la sede di Gesellschaft für textile Ausrüstung (GtA), azienda partecipata da GOF, specializzata nel finishing dei tessuti.

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supporti tidianamente i suggerimenti dei nostri interlocutori. Una volta a settimana ci riuniamo per condividere i riscontri ricevuti e discutere dello sviluppo di nuovi prodotti. Successivamente i nostri specialisti di tessitura a maglia e finissaggio si adoperano per trasformare le idee in prodotti finiti. Non ci siamo mai sentiti all’altezza di imporre prodotti al mercato. Abbiamo sempre cercato di produrre ciò che i clienti ci hanno chiesto. Abbiamo sviluppato una grande capacità di ascolto, che ci ha permesso di ampliare, anno dopo anno, la nostra offerta. Forse è per questo motivo che i nostri prodotti sono molto amati e imitati.

intervista a Lothar Vorbeck CEO di Georg+Otto Friedrich

“L’amore con cui svolgiamo il nostro lavoro è il principale ingrediente del nostro successo.”

|| Dettaglio di uno dei macchinari utilizzati da GOF per la lavorazione del filo a maglia

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GOF è nata come azienda familiare ed è tale ancora oggi. Negli anni però è cresciuta, affermandosi a livello internazionale. Qual è il vostro segreto? Quest’azienda è stata plasmata sulla base dell’esempio di disciplina e spirito di sacrificio che i nostri genitori ci hanno trasmesso. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la famiglia Friedrich lasciò la Cecoslovacchia per rifugiarsi in Germania. Georg e Otto sono sempre stati grati per la possibilità di riscatto che questa nazione gli ha offerto, tanto che in seguito Otto ha voluto “restituirle” qualcosa. Negli anni Novanta, quando era ormai in pensione, ci chiese di costruire il nostro secondo sito produttivo nella Germania dell’Est, perché era lì che lui e il padre erano stati accolti per la prima volta come rifugiati. Umiltà e passione per il proprio lavoro

sono alcuni dei tratti che accomunano tutti coloro che hanno contribuito a rendere GOF quella che è oggi. È il caso di mio padre (Peter Vorbeck, ndr) che, a 75 anni, viene in azienda ogni mattina e lavora almeno mezza giornata. Ma qui abbiamo tutti questo approccio: a spingerci è la consapevolezza che il nostro impegno e le nostre azioni determineranno il futuro dell’azienda e delle persone che ne fanno parte. L’amore con cui svolgiamo il nostro lavoro è il principale ingrediente del nostro successo. Come approcciate i processi di ricerca e sviluppo? La nostra principale fonte di ispirazione sono le istanze dei nostri clienti. Crediamo che la creazione di un nuovo prodotto sia il risultato dell’ascolto e della sinergia tra tutti i reparti aziendali. Il primo passo spetta alla nostra forza vendite, incaricata di raccogliere quo-

La stampa digitale si sta rivelando un volano per GOF. Quali segmenti e applicazioni considerate particolarmente promettenti? Da tre mesi continuiamo a ricevere richieste di tessuti in poliestere riciclato. È un materiale che esiste da più di dieci anni ma solo adesso gli stampatori hanno cominciato ad apprezzarne il valore. Abbiamo già inviato diverse bobine di questo tipo di tessuto negli Stati Uniti e in Messico. Un’altra tendenza che sembra prendere piede, soprattutto negli Stati Uniti, è quella della stampa a trasferimento. Siamo intenzionati a cavalcare questo trend. Contemporaneamente, continueremo a investire nello sviluppo dei prodotti che fanno parte della nostra offerta da lungo tempo. Come i tessuti per la stampa diretta che a tutt’oggi rappresentano la parte più consistente del nostro fatturato.


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supporti || A sinistra, in alto, i rotoli di tessuto colorati pronti per la spedizione; in basso, altre bobine di tessuto non ancora sottoposte a tintura e processi di finissaggio

no ispezionati, misurati e pesati prima di essere trasferiti nel sito dedicato alle operazioni di finissaggio. Infine, prima della spedizione, le bobine di tessuto vengono sottoposte a ulteriori test volti a verificarne l’aspetto, l’uniformità cromatica, la stabilità dimensionale, l’elasticità e la resistenza alle sollecitazioni esterne. Ascoltare la clientela per sviluppare prodotti realmente efficaci Il successo di GOF è il risultato di un approccio customer-oriented. L’ascolto delle richieste dei consumatori offre continui spunti per migliorare le caratteristiche dei prodotti. Ovviamente, per un’azienda strutturata come GOF sarebbe impossibile gestire le relazioni con i clienti senza fare affidamento su una solida rete di rivenditori. «Non siamo più una piccola azienda e abbiamo bisogno di circondarci di partner affidabili che sappiano cogliere il valore della nostra offerta e trasmetterlo ai clienti con la passione che ci contraddistingue», aggiunge Vorbeck. SEGUE DA PAG. 51

Hendrik Igler R&D Digital Printing di Georg+Otto Friedrich

“È indispensabile confrontarsi con i clienti, per sviluppare e perfezionare i nostri prodotti sulla base delle loro specifiche esigenze.”

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completo di supporti compatibili con i processi di stampa serigrafica e stampa digitale a sublimazione, indiretta e diretta. «L’alta qualità rende i nostri nostri prodotti perfettamente compatibili con la stampa diretta. – spiega Lothar Vorbeck, CEO di GOF – Per questo il 90% dei materiali per stampa digitale che vendiamo è destinato a questa applicazione.» L’attenzione maniacale di GOF per la qualità è palpabile sin dal modo in cui viene gestito l’approvvigionamento di materie prime. L’azienda ordina bobine dello stesso filato in quantità eccedenti rispetto all’effettiva necessità, così da poter assicurare omogeneità alla

produzione per periodi mediolunghi. Nel reparto di produzione si lavora con macchinari all’avanguardia, prodotti da un partner con cui GOF collabora da diversi decenni. Ciascun telaio integra i più evoluti sistemi per il controllo del materiale prodotto e permette di rilevare tempestivamente eventuali difetti. Le macchine dedicate alla produzione del tessuto vengono rinnovate ogni circa sette anni di utilizzo. In questo modo l’azienda riesce a garantire una qualità costante e una percentuale d’errore molto bassa. Su ogni bobina di tessuto prodotta viene apposta un’etichetta RFID, al cui interno vengono salvati i dati più rilevanti circa la storia della bobina stessa. Se non bastasse, i tessuti vengo-

Presenza globale e investimento nello sviluppo di nuovi prodotti Nel futuro, GOF ha intenzione di investire nello sviluppo di nuovi prodotti e trattamenti, focalizzandosi sul mercato della stampa diretta. «Abbiamo introdotto recentemente macchinari per la lavorazione di tessuti con un’ampiezza di 5 m, e stiamo lavorando sull’implementazione di sistemi di finishing adeguati. Siamo certi che nei prossimi anni assisteremo a una crescita delle richieste di materiali extra-large», conclude Vorbeck. Al contempo, l’azienda sta lavorando per intensificare la propria presenza nei mercati internazionali più distanti, come Stati Uniti e nel Sud-est asiatico.


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idee per crescere Se la maggior parte dei buyer ha ormai sviluppato meccanismi di prevenzione e difesa, perché non interrompere i modelli di vendita esistenti e tentarne di nuovi?

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ggi è più difficile che mai trovare un potenziale cliente disposto ad accogliervi. A volte sembra che i clienti alzino un muro per tenere fuori i venditori e questo è un problema reale per gli addetti alle vendite. La maggior parte dei buyer, ad esempio, ignora la posta elettronica, non risponde al telefono e rifiuta un incontro. Quindi, come si può effettivamente creare un dialogo

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con il nostro prospect? La risposta a questo delicato quesito può effettivamente risiedere nel modo in cui si comportano i venditori, piuttosto che negli atteggiamenti degli acquirenti. Quando ero un buyer sono stato contattato da più di 1.400 diverse aziende di stampa. Tuttavia, poche di esse sono rimaste nella mia memoria. Questo perché troppi venditori si sono comportati allo stesso modo: la maggior parte di essi utilizza gli stessi canali di comuni-

cazione, agisce nello stesso modo ed elabora messaggi di vendita troppo simili. Poiché i buyer conoscono il modo di operare dei venditori, è facile per loro creare meccanismi di difesa efficaci. Sanno come evitare le chiamate commerciali. Guardano a malapena l’e-mail. Se vengono raggiunti da un messaggio commerciale, quasi sempre lo ignorano. La ragione di questo è che poche aziende di stampa si distinguono davvero dai loro attuali

Matthew Parker opera attraverso il suo brand Profitable Print Relationships. Matthew ha oltre 20 anni di storia nell’ambito dell’acquisto di stampa e tra le altre esperienze ha gestito gli acquisti di stampa di Future Publishing, uno dei principali editori di riviste consumer nel Regno Unito. Nel corso della sua carriera ha gestito oltre 1.400 trattative con aziende di stampa e oggi mette a frutto la sua esperienza di buyer come formatore e mentore in grado di aiutare le aziende di stampa a vendere di più e con maggiori marginalità. Potete scaricare gratuitamente l’e-book di Matthew “Dieci errori comuni nella vendita di stampa e cosa fare in proposito” dal sito profitableprintrelationships.com.


idee per crescere fornitori. Se i venditori vogliono avere maggior successo nel creare un dialogo con i loro clienti prospect, devono agire in modo diverso. Ma come possiamo fare per attirare l’attenzione di un buyer? La risposta è utilizzare il “pattern interrupt”, letteralmente l’interruzione del modello. Che cos’è in concreto l’interruzione del modello? Il pattern interrupt è uno strumento frequentemente utilizzato dai professionisti della PNL (programmazione neuro-linguistica). L’obiettivo è quello di rompere un ciclo di comportamento esistente. Questo si ottiene utilizzando una o più azioni, che sottolineano come l’attuale ciclo comportamentale non possa più funzionare. Ma vediamolo applicato alle vendite. Un acquirente si aspetta determinate azioni e comportamenti da parte delle persone che cercano di vendergli qualcosa. Di conseguenza, è in grado di capire come bloccare ciò che i venditori stanno facendo. Tuttavia, cosa succederebbe se gli addetti alle vendite iniziassero ad agire in modo inaspettato? Automaticamente, i modelli di difesa costruiti dai buyer non sarebbero più efficaci. Essi non sarebbero più così sicuri di come rispondere alle strategie di vendita. Il ciclo di comportamento del buyer verrebbe così interrotto, e l’addetto alle vendite avrebbe maggiori possibilità di successo. Quali risultati si possono ottenere con l’interruzione del modello? Chi utilizza il pattern interrupt ha maggiori possibilità di creare una relazione significativa con il cliente o il prospect. Dal momento che il venditore agisce in modo diverso, le regole di ingaggio cambiano. L’acquirente non può attivare le proprie difese automatiche, quindi è costretto a instaurare un diverso tipo di dialogo con il venditore. Inoltre, ci sono maggiori probabilità che il buyer rispetti il venditore, perché

quest’ultimo sta facendo qualcosa di diverso. Poiché il buyer non può agire nella sua normale zona di comfort, il venditore si trova in una posizione avvantaggiata per governare l’incontro. Se il venditore può prendere l’iniziativa nel dialogo, è molto più probabile che ottenga un risultato positivo dai suoi sforzi commerciali. I venditori che ignorano l’interruzione del modello troveranno molto più difficile ottenere gli stessi risultati commerciali. Potrebbero infatti scoprire che l’acquirente riesce a bloccare completamente i loro sforzi di vendita, esercitando il pieno controllo. Il venditore avrà così difficoltà a creare un dialogo e una relazione proficua. Così come si può mettere in pratica il pattern interrupt? L’interruzione del modello può essere applicata con successo a tutte le fasi della vendita. In questo articolo mi concentrerò su tre modi in cui è possibile utilizzare il pattern interrupt per avviare con successo una conversazione commerciale con un potenziale cliente. Tutte queste strategie si concentrano sul fare le cose in modo diverso dalla concorrenza. Peraltro, questi sono i tipi di comportamenti che catturerebbero la mia attenzione come acquirente. Sono le azioni che potrebbero fare la differenza tra l’ignorarti o decidere di darti la possibilità di condividere più informazioni con me. Ma iniziamo dalle nozioni base. Cambiare il modo di comunicare con i buyer Gli acquirenti sono abituati a ricevere telefonate e e-mail dai commerciali. Perché, allora, così tanti venditori continuano ad utilizzare questi canali come metodo principale per avvicinarsi ai potenziali clienti? È tempo di avvicinarsi ai prospect con modalità che non si aspettano. Molti buyer, ad esempio, faranno caso a una lettera scritta mano. Pochi ignorerebbero la seduzione della consegna di una scatola di torte! Ma ci sono anche modi più semplici. Molti

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idee per crescere • costi ridotti • una vita più semplice Se riuscite a parlare con loro di questi problemi anziché di stampa, vi distinguerete dai concorrenti. Ancora più importante, avvierete una conversazione che la maggior parte degli buyer sarà desiderosa di affrontare. Gli acquirenti si aspettano che i venditori delle tipografie offrano loro servizi di stampa, ma non si aspettano l’offerta di soluzioni. Sarà quindi molto più difficile per loro applicare modalità standard per ignorare i venditori. La tipografia che non voleva stampare le mie riviste, in realtà voleva parlarmi di come rendere più redditizio il mio programma di abbonamento alle riviste. Una conversazione che mi interessava molto. È stato quindi molto più interessante che subire un altro approccio di vendita incentrato su come avrebbero potuto offrirmi una migliore qualità di stampa, un servizio migliore e prezzi più economici. buyer non sono ancora abituati ad essere approcciati tramite SMS o messaggi sui social media. In questo momento, se voleste catturare il mio interesse, troverei difficile ignorare Skype messenger. Il messaggio appare sullo schermo del mio telefono. Sono in grado di rispondere rapidamente e facilmente in qualsiasi momento. Molti mi conoscono per le lunghe conversazioni che ho avuto su questo canale. Ed è successo perché sono così poche le persone ad utilizzarlo, che mi inducono a tenerne nota. Ma qual è è il punto debole di ognuno dei vostri potenziali clienti? E cosa fate se il vostro nuovo metodo di approccio non ha successo? La risposta è semplice: provate un altro canale di comunicazione! Un buon venditore mixerà gli strumenti di comunicazione con un potenziale cliente, così che il prospect non sia sicuro di cosa aspettarsi. Utilizzerà almeno dieci diversi canali di comunicazione per cercare di aprire un dialogo con suoi prospect. Con questo approccio è davvero possibile arrivare a qualsiasi

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buyer? Certo che no! Ma la percentuale di successo sarà di gran lunga superiore a quella che avreste se vi limitaste al telefono e alla posta elettronica. Tuttavia, il vostro successo continuerà solo se continuate ad usare il pattern interrupt. E cosa succederà quando cercate di comunicare con i vostri clienti potenziali? Una presentazione distintiva Se si rimuove il nome dell’azienda, molte presentazioni alle aziende tipografiche appaiono molto simili. Ho già approfondito in un precedente articolo quante aziende tipografiche si concentrano su qualità, servizio e prezzo nei loro messaggi commerciali. Non importa quanto siate creativi nel contatto con un buyer, se poi uscite con un messaggio standard di vendita di materiale stampato. Sarete ignorati! Proprio qui c’è una grande linea di interruzione del modello, che ho incontrato quando compravo stampa per un editore di riviste. «Ciao Matthew, sono uno stampatore ma non

voglio stampare le tue riviste». È stato davvero rinfrescante! Tutti gli altri tipografi volevano avere la possibilità di fare un preventivo per la stampa di una rivista. Ma così questa tipografia si è guadagnata automaticamente un po’ più della mia attenzione. Altri modi per distinguersi sono una job description insolita, l’offrire risultati o sfidare idee comunemente accettate. Ma ora che ti sei guadagnato l’attenzione del tuo acquirente, come la conservi? Forse è tempo di mostrare ai tuoi potenziali clienti che possono avere una conversazione utile con te. Offrire qualcosa di diverso Molti venditori di stampa trascorrono la loro vita cercando di vendere stampa. Il problema è che la maggior parte dei buyer non vuole stampare. Piuttosto, vuole vedere i risultati che la stampa può portare loro. Tra gli altri: • maggiori contatti • più prospect • più clienti • maggiori profitti

Siete pronti a mettere in pratica l’interruzione del modello? Qui di seguito trovate tre punti di azione rapida che potrete applicare nei prossimi giorni: 1) Tentate un canale di comunicazione che non avete mai usato prima d’ora. 2) Adottate una linea di presentazione che vi faccia risaltare: testatela con i colleghi o con i clienti di cui vi fidate. 3) Chiedete ad un cliente quali risultati avete contribuito a fargli raggiungere, quindi elaborate e utilizzate la risposta in una conversazione con un nuovo prospect rilevante. Questo può essere solo l’inizio. Ricordate che il pattern interrupt può essere utilizzato per aiutarvi in molte situazioni difficili. Ma, prima di iniziare a pensare a queste situazioni, ricordate che ora avete una serie di strumenti che potete utilizzare per abbattere il muro che i buyer hanno costruito per tenervi fuori. Questo è un ottimo modo per iniziare ad usare queste tecniche.



idee per crescere Pochi concetti sono fondamentali come la risoluzione delle immagini, ma il concetto rimane confuso. Missione: districarci tra sigle semplici ma ancora misteriose

Tra monitor e stampa, tra DPI e PPI, la risoluzione genera una gran confusione di Marco Olivotto // marco@marcoolivotto.com

L

a risoluzione è uno dei concetti base nel campo delle immagini digitali, ma gli stessi professionisti talvolta faticano a metterlo a fuoco. Spesso si naufraga fra tre semplici sigle che sembrano diventare una foresta intricata: PPI, DPI, LPI. La ragione principale risiede nel fatto che la terminologia utilizzata è imprecisa e in

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certi casi errata. In questo articolo cerchiamo di mettere un po’ d’ordine nelle basi, che sono assai più semplici di quanto non sembri. Esaminiamo anche un fenomeno assai diffuso: gli effetti della fiducia incondizionata nelle informazioni che si possono recuperare sul web, anche da siti insospettabili e normalmente affidabili. Nel bene o nel male, l’universo digitale ruota attorno alla scienza, e

nella scienza non si può inventare un risultato: sono importanti i termini, le definizioni e la comprensione dei concetti seminali della materia. A quel punto, tutto diventa molto più semplice. Mettiamoci d’accordo Provate a chiedere a persone diverse il significato della sigla PPI. Uno storico penserà a due diversi

Dopo la formazione classica, la laurea in fisica e vent’anni di produzione musicale, nel 2007 Marco Olivotto scopre le opere di Dan Margulis, padre della correzione del colore in Photoshop, e diventa suo allievo. Da sempre dedito all’insegnamento in diversi ambiti presso strutture private e pubbliche, dal 2011 dedica i propri sforzi alla diffusione delle tecniche della correzione del colore in Photoshop. Da allora organizza campus, workshop, attività formative on-demand in ambito fotografico e grafico, è speaker di FESPA, collabora con realtà didattiche di livello nazionale ed è autore di ben 25 videocorsi e seminari sulla correzione del colore. Dal 2015 è collaboratore fisso di Italia Publishers.


idee per crescere 1

partiti italiani del secolo scorso. Un pilota d’aereo, al codice IATA di un aeroporto australiano. Un collezionista di dischi, al primo nome della casa discografica Philips. Un grafico, uno stampatore o un fotografo, in molti casi, avranno le idee confuse. Non per colpa loro: le sigle PPI, DPI, LPI sono viziate da fraintendimenti, ma sarebbero assai chiare se non ci fosse tanta confusione linguistica a monte. Dall’eccesso di informazioni, nasce la disinformazione Nei miei corsi suggerisco che le informazioni disponibili sul web vadano prese con le pinze: sono una risorsa gratuita, ma in alcuni casi sono fonte di completo caos. A titolo di esempio, riporto un estratto dalla voce “risoluzione (grafica)” presente su Wikipedia: “La risoluzione, in informatica e nel graphic design, è la grandezza che indica il grado di nitidezza o chiarezza di un’immagine. Il termine risoluzione è anche comunemente usato per indicare le dimensioni dell’area di un’immagine digitale, in quanto costituita da un array di dots (punti) o picture elements (pixel) disposti in m righe ed n colonne; pertanto l’espressione m x n è detta risoluzione di un’immagine.” Questa

definizione, oltre che errata, è quasi incomprensibile. Andrebbe innanzitutto stralciato il termine “chiarezza”, una grandezza fotometrica priva di connessioni con la risoluzione; dovrebbero essere utilizzate due espressioni, “risoluzione del display” e “risoluzione grafica”, a indicare grandezze diverse; l’area dovrebbe essere riferita a un dispositivo, perché un’immagine digitale non ha dimensioni fisiche fino a quando non viene rappresentata; infine, dovrebbe essere cancellato per sempre il termine “dot” inteso come sinonimo di “pixel”, perché non esiste alcuna connessione tra i due. Se dovessi credere a Wikipedia, la risoluzione del mio monitor, che misura 1.920x1.200 pixel, sarebbe 2.304.000. Questa affermazione è priva di senso, ma si continua a sentire che il sensore di una fotocamera ha una “risoluzione di 50 MP”, un monitor ha una “risoluzione di 1.920x1.200 pixel”, uno smartphone ha una “risoluzione di 326 PPI” e un’immagine ha una “risoluzione di 150 DPI”. Il termine “risoluzione” è però utilizzato erroneamente in tre affermazioni su quattro.

cani associa correttamente la parola “risoluzione” al concetto di definizione, ovvero alla capacità di riprodurre accuratamente (“risolvere”) dettagli minuti di un’immagine o di una scena. Un dispositivo con più PPI è in grado di risolvere più dettagli rispetto a uno caratterizzato da un valore inferiore, perché ha i pixel più piccoli. Questo svela un arcano in realtà inesistente: i PPI sono legati alla dimensione fisica dei pixel, e a niente altro. Vale quindi la pena di ricordare l’origine e il vero significato di questa misteriosa sigla. Un display digitale è composto da pixel che rappresentano dati per mezzo di segnali luminosi. I pixel sono oggetti fisici dotati di dimensioni. Il termine pixel sta per picture element, ovvero elemento d’immagine. Il termine “elemento” va inteso come “componente elementare”, la più piccola possibile in un certo contesto. Anche in casi come quello riprodotto in figura 1, i pixel sono alla base di tutto: è un caso anomalo, perché i pixel del tabellone sono enormi rispetto a quelli di un monitor o uno smartphone, ma questo non cambia la sostanza delle cose.

Facciamo chiarezza

Risoluzione, dimensione, quantità... what else?

Riferendosi al campo grafico e fotografico, il Vocabolario Trec-

PPI significa pixels per inch,

|| I pixel di un tabellone segnaletico sono enormi rispetto a quelli di un monitor per computer, ma sono pur sempre l’unità più piccola utile a definirne la risoluzione

ovvero pixel per pollice: è un’unità che misura quanti pixel possono essere allineati nello spazio di un pollice, che corrisponde a 2,54 cm. Il valore dipende, naturalmente, dalla dimensione lineare dei pixel. Si tratta, di fatto, di una densità lineare di pixel. Per calcolare i PPI di un display, basta contare i pixel su ciascun lato e misurare la lunghezza dei lati in pollici. Il rapporto tra numero di pixel e lunghezza fornisce il risultato. A titolo di esempio, il mio EIZO CG247 ha i lati che contano rispettivamente 1.920 e 1.200 pixel. Misurandoli, scopriamo che il lato lungo misura 20,35”, quello corto 12,72”. 1.920/20,35 fa circa 94, così come 1.200/12,72. Di conseguenza, la risoluzione del mio monitor è di 94 PPI. Basta una semplice proporzione per calcolare la dimensione lineare di un pixel: a 94 PPI, il valore si aggira attorno a 0,27 mm. La risoluzione del tabellone di figura 1 è invece dell’ordine di 5 PPI e i pixel sono molto più grandi, ma funzionali all’utilizzo per cui il dispositivo è progettato. La dimensione in pixel di un di-

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idee per crescere || Anche nell’applicazione Anteprima di Mac OS X c’è confusione tra le diciture “DPI” e “PPI”

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splay viene spesso chiamata “risoluzione del display”, ma non ha nulla a che fare con la “risoluzione grafica” definita in PPI: le due quantità sono del tutto indipendenti, e la prima ha un nome opinabile. La dimensione in pixel non è una risoluzione, perché non è una densità: perché non limitarci a chiamarla dimensione in pixel? Allo stesso modo: se un sensore ha 50 MP, non possiamo definire tale numero “risoluzione” e neppure “dimensione in pixel”, perché a priori non sappiamo quanti siano i pixel per ciascun lato. Magari quantità di pixel sarebbe più appropriato? Comunque sia, a grandezze diverse dovrebbero corrispondere nomi diversi. La sottile differenza tra punti e pixel Il punto che genera la massima confusione è però un altro. La figura 2 mostra il pannello Inspector, che fornisce informa3

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zioni essenziali su un’immagine aperta in Anteprima sotto OS X. Le due ellissi evidenziano il fatto che i DPI dell’immagine sono… PPI. È un errore: DPI sta per dots per inch, ovvero punti per pollice. Il termine “dot” si riferisce al punto d’inchiostro prodotto da una stampante: l’espressione “dot gain”, “ingrossamento del punto”, è del tutto comprensibile. I monitor non funzionano a inchiostro: quindi non hanno punti, ma pixel, e l’unità di misura della densità di pixel è PPI, non DPI. Purtroppo i due termini si sono sovrapposti nel tempo, fino ad assimilare un pixel a un punto nell’uso comune: perfino Apple si accoda a questa tradizione. Un pixel, in un certo senso, è un “punto”, ma questa sovrapposizione terminologica genera solo incomprensioni. Se una stampante inkjet è in grado di produrre output a 2.880 DPI, il parametro è collegato solo alla grandezza delle gocce d’inchiostro (i dots, punti!) a quella

densità di stampa. La differenza tra una stampa a 2.880 DPI e una a 720 DPI risiede nell’uniformità percepita del risultato: ma se il file da stampare ha una risoluzione troppo bassa, la stampa a 2.880 DPI non apparirà meno sgranata. Tuttavia, sarei ricchissimo se avessi un centesimo per ogni volta che ho sentito chiedere: “A cosa serve una risoluzione altissima se tutti consigliano di stampare le fotografie a 300 DPI? Ne risulterebbero stampe piccolissime.” Se solo usassimo le sigle giuste, non esisterebbero domande simili. Una fotografia, così come un monitor, non può avere punti. Semmai, ha dei pixel: via i DPI, quindi, e avanti i PPI quando si parla d’immagini digitali. Con un problema aggiuntivo: il pixel di un monitor è un oggetto fisico dotato di dimensioni; il pixel di un’immagine è un’entità astratta invisibile, a meno che non venga rappresentato su un display, oppure stampato. Il fatto che un’immagine sia a 72 PPI, di per sé, non significa molto: il valore serve solo per calcolare la dimensione lineare della rappresentazione che otterremmo su un dispositivo la cui risoluzione fisica fosse di 72 PPI. La risoluzione di un’immagine non è altro che un fattore di scala, e a parità di numero di pixel per lato, due versioni della stessa immagine a 72 e 300 PPI sono del tutto identiche. So che questo risulta difficile da credere, quindi lo ribadisco: le due immagini sono del tutto identi-

che, indipendentemente dalla risoluzione. Differiscono solo per un metadato utile a calcolare la dimensione di una stampa o di una rappresentazione a monitor, ma i dati non ne vengono influenzati in alcun modo. Ne consegue che le due immagini a 72 e 300 PPI, stampate con la stessa dimensione fisica, danno lo stesso identico risultato. I PPI possono essere utili quando s’impagina un documento per la stampa, visto che le dimensioni si esprimono in unità lineari e non in pixel, ma la storia finisce lì. Grande confusione, quindi: in un display, PPI è l’unità di misura della densità di pixel fisici, mentre in un’immagine digitale è un fattore di conversione da numero di pixel a lunghezza. Questa unità viene però regolarmente confusa con DPI, che invece indica la densità di gocce d’inchiostro prodotte da una stampante. Non esiste alcuna relazione tra PPI e DPI: le due unità di misura sono del tutto indipendenti. Il problema nasce dal fatto che è stato assegnato lo stesso nome ai componenti fisici del monitor e ai dati di un’immagine: li chiamiamo “pixel”. Se invece che “picture element” chiamassimo ogni punto dell’immagine “element of picture”, avremmo una sigla come elpix e un fattore di conversione chiamato EPI che risolverebbero ogni dubbio. Sarebbe chiarissimo: “Un monitor da 1.920x1.200 pixel, un’immagine || La minima dimensione percepibile dall’occhio cresce all’aumentare della distanza. Un’immagine da visualizzare a maggiore distanza può quindi avere risoluzione inferiore


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idee per crescere || L’immagine in stampa è composta dalla somma dei colori primari Cyan, Magenta, Giallo e Nero. In offset i punti di retino sono disposti su linee parallele.

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da 3.000x4.000 elpix, il primo con una risoluzione di 94 PPI, la seconda con un fattore di conversione impostato a 150 EPI.” Purtroppo, non ci arriveremo mai. La risoluzione nella stampa digitale e in quella analogica Tornando a Wikipedia, alla voce “risoluzione grafica” si legge che i DPI sono l’unità di misura della quantità di punti d’inchiostro che una stampante può depositare in un pollice lineare. Corretto, ma si legge anche: “Per la stampa litografica offset, una risoluzione di 300 DPI è lo standard.” Errato: presa alla lettera, questa frase afferma che la risoluzione nella stampa litografica viene espressa in DPI, ma non è vero, perché in quel contesto si usa una terza unità chiamata LPI. Leggendo tra le righe si comprende però che l’unità di misura citata da Wikipedia dovrebbe essere PPI, e la frase è scritta male: suggerisce che le immagini vadano mandate in stampa con 300 PPI di risoluzione di output. Peccato che in senso

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stretto questo non sia vero. La prescrizione che le immagini vadano stampate a 300 PPI è una semplificazione, non una legge universale. 300 PPI è valore di risoluzione che produce buoni risultati in molti casi, ma che è impossibile implementare in altri. Se volessimo stampare un’immagine su un poster di 6x3 m a 300 PPI, il suo lato lungo dovrebbe contenere qualcosa come 71.000 pixel (elpix, usando il mio neologismo), che sono oggettivamente tanti. La risoluzione di output ottimale dipende in realtà dalle dimensioni della stampa: più questa è grande, più la risoluzione può abbassarsi. Può sembrare contraddittorio, ma il nostro occhio è meno sensibile ai dettagli sottili quando osserviamo qualcosa da lontano. La figura 3 rappresenta il fenomeno (esagerando le proporzioni): se a una certa distanza la linea rossa rappresenta la minima dimensione percepibile, a una distanza maggiore la stessa è rappresentata dalla linea verde, più grande. L’occhio non si basa su dimensioni assolute, ma su angoli, e l’ango-

lo sotteso dai due oggetti rosso e verde è identico. Per questo è lecito stampare un poster molto grande con risoluzioni effettive di 50 PPI o inferiori: da lontano non si notano effetti negativi, così come da lontano non danno fastidio gli enormi pixel del pannello di figura 1. Il parametro LPI, infine, indica la lineatura del retino utilizzato nella stampa tradizionale: i DPI non entrano in gioco. I punti del retino sono disposti lungo linee rette il cui angolo varia per ciascun inchiostro (figura 4), e la densità delle linee è espressa in lines per inch, ovvero linee per pollice. La prescrizione dei “file a 300 PPI” nasce da una regola empirica: si ottiene un buon risultato quando la risoluzione dell’immagine da stampare è compresa tra 1,5 e 2 volte il valore della lineatura. In pratica, se la lineatura è 150 LPI, un valore comune nel contesto di una stampa offset di buona qualità, una risoluzione in output compresa tra 225 e 300 PPI produrrà risultati soddisfacenti. Con una lineatura inferiore, la risoluzione necessaria sarà inferiore. Nella stampa digitale non esiste un retino in senso stretto, se per retino intendiamo lo “halftone screen” visibile in figura 4. I punti, “dot”, non vengono depositati sul supporto di stampa secondo pattern regolari: in particolare, non ci sono linee. Per questo non ha senso parlare di LPI e si torna a parlare di DPI, dove il termine “dot” può riferirsi a una goccia d’inchiostro ma anche a qualsiasi altra entità minima di toner o altro materiale in grado di produrre un segno sul supporto di stampa. La risoluzione di stampa espressa in DPI è spesso variabile nella stessa macchina, perché la tecnologia è in grado di produrre gocce d’inchiostro o agglomerati di toner di dimensioni diverse.


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idee per crescere I web-to-print permettono ai clienti di individuare rapidamente il fornitore più economico. Per trionfare nella guerra dei prezzi, l’unica è imparare a evitarla.

Vincere la competizione sul prezzo migliorando la qualità del servizio offerto di Davide Medri // davidemedri.businessconsultant@gmail.com

N

el mondo della stampa, l’avvento del web ha generato un livellamento dei prezzi verso il basso, determinato dall’ingresso sul mercato di aziende attive su scala internazionale, e una maggiore trasparenza, data dalla possibilità di fare comparazioni sui prezzi in tempo reale comodamente seduti sulla propria poltrona. Le aziende che, per struttura, non possono permettersi di essere

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leader di prezzo o che, per vocazione, preferiscono posizionarsi diversamente hanno una sola strada per sopravvivere e prosperare in questo scenario: evitare di rincorrere le trattative dove si gioca al ribasso, nonché puntare a fidelizzare i clienti esistenti e ad attrarne di nuovi puntando sul livello di servizio offerto. È su quest’ultimo punto che ci concentriamo, perché spesso viene frainteso o applicato in modo parziale e, di conseguenza, inefficace.

Un mondo fatto di dettagli e di percezioni Il primo concetto che deve essere chiaro è che il servizio è una prestazione costituita da una serie di elementi che sono come gli anelli di una catena: se si rompe un anello, si rompe la catena! Se fornisco prestazioni di livello diseguale, il giudizio del cliente si posizionerà sul livello più basso. Per intenderci, se sono velocissimo ad eseguire un preventivo e una prova di

Davide Medri è attualmente Senior Associate Partner di Artax Consulting, con un percorso professionale misto tra marketing, vendite e formazione, sia all’interno di aziende multinazionali che nella libera professione. Tra le esperienze, dieci anni trascorsi nel mondo delle Arti Grafiche e del Digital Printing in HP Indigo e Xerox. Le competenze di Davide coprono due ambiti chiave: quello commerciale (vendite, negoziazione, account management, sales management) e quello della comunicazione interpersonale “allargata” (stili di comunicazione interpersonale, public speaking, coaching, gestione riunioni). In parallelo una passione per la fotografia, praticata e insegnata.


idee per crescere te, una volta creata l’aspettativa, l’help desk dovrà essere funzionante ed efficiente. Empatia. Il fattore umano e la relazione esistono ancora. Le persone in ruoli che richiedono contatti con il cliente devono essere sensibilizzate sull’importanza del modo in cui si rivolgono a lui. Dal saluto, al congedo, alla gestione dell’obiezione e della critica etc. Queste componenti, nel loro complesso, contribuiscono a determinare la percezione del servizio ricevuto. Il percorso virtuoso

stampa, ma sono lento nella consegna, sarò percepito come lento. Il secondo concetto fondamentale è che il giudizio sul servizio – più di quello sul prodotto, che possiede caratteristiche tecniche intrinseche – dipende dalle percezioni di chi lo riceve. Se ricevo 500 copie di un folder formato A5 stampate fronte retro, sono quelle; mentre la chiarezza del sito internet o la gentilezza di una persona al telefono vengono valutate secondo criteri soggettivi. Le fondamenta Vediamo ora le caratteristiche base di un servizio, alle quali ogni azienda deve prestare attenzione. Prestazione base. La capacità di recepire le richieste del cliente e soddisfarle. Può sembrare banale ma non lo è. Posso avere le migliori tecnologie e i processi produttivi più efficienti, ma devo anche essere certo di saper acquisire gli input del cliente evitando incomprensioni o malintesi. Errori e ristampe generano costi e danneggiano la nostra immagine. Capacità di risposta. Qui stanno tutte quelle attività connesse con i tempi. Dal tempo che impiego a dare una risposta al telefono o via e-mail, al tempo di consegna della

merce, al tempo in cui risolvo un disservizio, e così via. Aspetti tangibili. Per quanto il “servizio” sia, per definizione, immateriale, ci sono degli aspetti che ricadono comunque sotto l’esperienza sensoriale del cliente, e che influenzano la sua percezione. Per esempio il biglietto da visita, il look del venditore, l’estetica della sede dell’azienda, il furgone che consegna, lo stand in una fiera, la grafica del sito web e così via. Un aspetto scadente di questi elementi tangibili genera una ricaduta negativa. Capacità di rassi‑ curazione. Il servizio, molto più del prodotto, può creare insicurezza nel cliente. Tanto più ha la sensazione di rivolgersi ad un fornitore affidabile tanto più continuerà a rivolgersi allo stesso. Gli strumenti per gestire questa variabile sono i seguenti. – Referenze. Hanno un effetto potente sul conformismo delle persone e sul loro livello di ansia. – Comunicazioni sulla credibilità e l’esperienza dell’azienda (es. “Professionisti della stampa da 35 anni”). – Certificazioni delle attrezzature e degli operatori. – Competenza degli operatori che forniscono una risposta chiara

e documentata. – Indicazioni contrattuali chiare, precise e ben evidenziate (es. “Non sei soddisfatto del lavoro? Puoi scegliere fra rifacimento e rimborso.” oppure “Se il lavoro non è consegnato nei tempi prestabiliti hai diritto a una riduzione del prezzo dell’X%.”). – Nel caso di un servizio fornito on-line, è fondamentale la presenza di un help desk facilmente raggiungibile, che non richieda al cliente di fare acrobazie per rintracciarlo. Ovviamen-

Una volta individuati i livelli di performance per ogni elemento del servizio, l’operazione successiva consiste nel costruire la mappa dei momenti della verità, ovvero di tutti i momenti di contatto fra la nostra azienda e il cliente. Essi vanno dalla prima visita al sito internet, o addirittura al posizionamento sul motore di ricerca, fino ad un messaggio di ringraziamento ad ordine evaso. Facciamo un esempio. Il cliente telefona per formulare una richiesta. La nostra performance potrà essere “spacchettata” come segue: – La sua richiesta è stata compresa correttamente ed è stata fornita una risposta soddisfacente? (prestazione base) – Quanto tempo ha aspettato prima che qualcuno rispondes-

Come si generano le aspettative Le aspettative di una persona rispetto al servizio fornito da un’azienda sono determinate dai seguenti aspetti. Esperienze passate. Se sono abituato a mangiare in ristoranti con stella Michelin la mia aspettativa è comunque alta. Comunicazione aziendale. Ciò che l’azienda dichiara di sé mi fa pretendere coerenza con ciò che offre effettivamente. Tratti della personalità. Posso essere una persona con un carattere estremamente esigente e perfezionista o una perso-

na più tollerante e che “se la fa andar bene”. Passaparola. Se un conoscente/ collega mi parla bene o male di qualcosa influenza la mia attesa su quello che riceverò. Il mondo delle arti grafiche è sufficientemente di nicchia per rendere questo fattore molto influente. Standard di mercato. Ogni mercato ha i suoi benchmark di riferimento. Amazon ad esempio ha rivoluzionato il concetto dei tempi di consegna, influenzando l’intero comparto.

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idee per crescere QUESTIONARIO SODDISFAZIONE CLIENTE Elemento di servizio

1

Importanza 2 3 4

5

1

Nostra performance 2 3 4 5

Gap

Conformità del prodotto alla richiesta Prestazione base - Totale Tempi di consegna Tempi di attesa al telefono Tempi di risposta del sito Capacità di risposta - Totale Immagine aziendale Aspetto del personale Chiarezza della documentazione Aspetti tangibili - Totale Disponibilità all'ascolto dell'operatore Gentilezza dell'operatore Empatia - Totale

Un servizio eccellente si crea con un approccio strutturato

Professionalità degli operatori Capacità di risolvere problemi Capacità di rassicurazione - Totale Totale generale

se? Quanto tempo prima di parlare con la persona giusta? Quanto tempo prima di ricevere risposta alla sua richiesta? (capacità di risposta) – L’eventuale segreteria dà un messaggio chiaro? La melodia di sottofondo è gradevole? (aspetti tangibili) – Dubbi o perplessità sollevati sono stati rimossi? Le persone che hanno parlato con il cliente hanno mostrato competenza e professionalità? (capacità di rassicurazione) – Le persone che hanno parlato con il cliente si sono mostrate gentili e disponibili? Hanno instaurato una transazione personale positiva con il cliente? (empatia) Questo approccio analitico è necessario per individuare le eventuali aree critiche del servizio che offriamo. Chiediamolo a loro! Come ottenere una corretta valutazione del nostro livello di performance? Chiedendolo ai clienti. È necessario predisporre un questionario strutturato, da riproporre periodicamente (una volta all’anno può bastare) per verificare sia la performance attua-

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lete, subfornitori inaffidabili etc. Gli interventi richiesti sono quindi molteplici. – Comunicazione esterna errata. Se dichiaro di avere un help desk e poi questo non risponde, ho creato un’aspettativa scorretta. Si richiede quindi coerenza fra le competenze e le performance interne e ciò che si dichiara al mercato. Una volta individuate le cause, il management dovrà intervenire partendo dalle aree dove maggiore è il gap fra l’importanza dichiarata e la percezione del servizio ricevuto.

le, sia eventuali miglioramenti o peggioramenti. Il percorso si conclude Da ultimo, gli interventi correttivi. Una performance al di sotto del livello richiesto dal mercato può dipendere da: – Insufficiente comprensione delle esigenze e delle aspettative del cliente. Un’azienda troppo concentrata sulla sua cultura interna rischia di configurarsi in modo inadeguato. Si richie-

de quindi di sviluppare un maggior orientamento al mercato. – Carente definizione degli standard di qualità. Se i dipendenti non sanno quale livello di performance ci si aspetta da loro, probabilmente non lo raggiungeranno. Gli standard di qualità devono essere definiti in modo rigoroso e comunicati in modo inequivocabile ai collaboratori. – Mancato rispetto degli standard di qualità. Le cause possono essere molte. Personale non addestrato, attrezzature obso-

Il primo obiettivo di questa trattazione è sensibilizzare il management delle aziende di stampa sul fatto che un servizio di qualità non si crea con la buona volontà e l’impegno a “fare le cose bene”. Si richiede invece un approccio analitico e quantitativo per individuare con precisione i nostri livelli di performance secondo la percezione dei clienti, e attrezzare l’azienda con gli strumenti adeguati per rispondere correttamente alle loro aspettative. Solo in questo modo ci si può differenziare da chi lotta solo sul prezzo, e trattenere i target di clienti più sensibili sia al livello di servizio che alle condizioni economiche.


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