Il Pesce 2-2022

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 2/2022



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N. 2 Anno XXXIX Aprile 2022

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Chiara Zaccaroni – Luigi Credi

Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)

Fotografia Luigi Credi

ANNUARIO del PESCE e della PESCA

Abbonamenti Fioretta Fiorentin

2021/2022 N. 32

Amministrazione Andrea Tomassone

Annuario del Pesce e della Pesca La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2021/2022 Copia cartacea: € 60,00

Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

IL PESCE, 2/22

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2929 – Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005

IL PESCE DAL

1984

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N. 2 Anno XXXIX Aprile 2022

IL PESCE

A pagina 40.

In questo numero:

Agenda

Bologna – Barcellona – Parma – Pordenone

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Immagini

Giallo scapece

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Tendenze

Sushi sì, ma di fiume: a Rovereto le suggestioni d’Oriente nel TrentinSushi di Gianfranco Grisi

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Attualità

Caro prezzi, gli aumenti invisibili che colpiscono il settore delle conserve ittiche

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Finalmente l’Italia ha la sua legge sul biologico

Guido Guidi

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Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

32

Acquacoltura

Acquacoltura, zootecnia del futuro

Giulia Bartalozzi

34

BioMar: le microalghe non sono più un ingrediente di nicchia

IL PESCE, 2/22

40

7


Sostenibilità

Allarme per i pesci d’acqua dolce

Nunzia Manicardi 44

Aziende

Erede Rossi: storia di una famiglia e di un’impresa che guardano al futuro

Elena Benedetti

46

Mare Gioioso di Sebastiano presenta “Bontà di mare in tavola”, la nuova linea di prodotti in vaschetta

Federica Cornia

56

La Selvaggia di Marina di Ravenna, perché è così speciale

Elena Benedetti

60

Sacca di Scardovari, progetti e attività

Elena Benedetti

64

Little Fish, la cultura e la professionalità del pesce fresco dell’Adriatico

70

FRIME, azienda leader nella vendita di tonno MSC in Europa

72

BiERRETi Srl, scopriamo la nuova piattaforma logistica di fresco e congelato

Elena Benedetti

76

Gió Mare, gli ultimi sviluppi di un’azienda dinamica, che cresce grazie alla sua resilienza

Gaia Borghi

82

Moceniga Pesca: un quarto di secolo coltivando il mare

Elena Benedetti

90

Pescheria Pallino, pesce e gastronomia moderna al mercato comunale di Follonica

Elena Benedetti

97

Innovazione e tradizione in pescheria: le prime sei pescherie specializzate partono dal retail Iper La grande i

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 2/2022

A pagina 56.

In copertina: appuntamento finalmente in presenza con il mercato internazionale del seafood a Barcellona dal 26 al 28 aprile per l’edizione 2022 di Seafood Expo e Seafood Processing Global.

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IL PESCE, 2/22


Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. (੕FLHQ]D WUDVSDUHQ]D ÁHVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /·,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 ULQWUDFFLD ELOLWj R VRIWZDUH SHU OD SLDQLÀFD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH LWWLFR &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O·LQWHUD D]LHQGD

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A pagina 60.

A pagina 82.

A pagina 124.

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

108

Eventi

Burns Night: il pesce di Seafood from Scotland protagonista a Roma

110

Indagini

Come cambiano le etichette dei prodotti in GDO?

114

Speciale Salento

Lungo le coste del Salento

Massimiliano Rella 120

GAL Terra d’Arneo

Massimiliano Rella 124

Bio in mare aperto

Massimiliano Rella 128

Lo Sparviere, pescaturismo da vivere e per vivere il mare

Massimiliano Rella 134

Sergio Manno e la scapece gallipolina

Massimiliano Rella 136

Pesca

Il gozzo cilentano di Santa Maria di Castellabate

Nunzia Manicardi

Nutrizione

Crostacei: cosa contengono e che cosa occorre sapere prima del loro consumo

140 142

www.ilpesce-online.com 10

IL PESCE, 2/22



Il pesce in tavola

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A Pasqua il cioccolato a tavola non può assolutamente mancare, nemmeno col pesce Un cefalo tutto cervello

Giorgia Fieni

146

Locali di gusto

Fortunato Aricò, artigiano del gusto tra terra, mare e fantasia

Riccardo Lagorio

148

Fiere

Microalghe: il futuro del cibo e di molto altro

La pagina scientifica

Il carpione del Garda: una prelibatezza da allevare

Basilio Randazzo et al.

Un museo dedicato alla biologia degli squali a Simon’s Town

Alessandro De Maddalena 158

Packaging

Tecnologie

Libri

150 152

Tradizione e innovazione. Non sono concetti opposti, anzi…

162

Al via il protocollo per l’uso delle cassette di legno nel mercato ittico

164

Sostenibilità delle cassette in polistirolo per il mercato ittico

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CSB-System alla Seafood Expo Global: la scelta dell’ERP…

168

Linea Flesh Srl: carrelli per rifiuti e dispenser in acciaio inox…

172

Esiste il cibo perfetto?

174

A pagina 102. A pagina 142.

A pagina 97.

www.ilpesce-online.com 12

IL PESCE, 2/22


Quando l’accuratezza è il punto cruciale della vendita Quando si tratta di prodotti destinati al confezionamento, i trasformatori di prodotti ittici cercano soluzioni che offrano la migliore resa e il minor scarto possibile di materia prima. La I-Cut 130 risponde a questa crescente tendenza nella preparazione di porzioni di peso e dimensioni costanti. marel.com/icut130


AGENDA

Bologna Dopo l’annullamento dell’edizione in presenza del 2021 a causa dell’emergenza sanitaria, edizione sostituita dall’evento digitale Marca Digital Session, che ha consento alla business community di mantenere attivi i contatti commerciali (oltre 9.000 presenze, 30% estere e 175 buyer di importanti insegne estere), MarcabyBolognaFiere si ripresenta finalmente in presenza il 12 e 13 aprile nel suo format classico con un layout rinnovato. Saranno cinque i padiglioni coinvolti dal layout espositivo — 25, 26, 28, 29, 30 — con una tipologia merceologica suddivisa tra food e non-food e una parte riservata alle sezioni specializzate (Marca Tech e Marca Fresh), per un evento che concentra l’attenzione dell’intera business community della MDD, di cui fanno parte anche 18 grandi insegne della DMO che costituiscono il comitato tecnicoscientifico della manifestazione, coinvolto nella definizione dello sviluppo strategico dell’evento. Sul profilo internazionale è stata rinnovata la consolidata partnership con ICE-Agenzia, che porta ogni anno a Bologna delegazioni di operatori, coinvolgendo category manager e buyer delle principali catene internazionali per promuovere l’incontro tra aziende espositrici, top retailer e importatori provenienti dall’estero. MarcabyBolognaFiere 2022 rilancia, inoltre, l’offerta di momenti di formazione e informazione che daranno vita ad un ricco calendario di convegni, dibattiti, seminari e focus sulle principali tendenze espresse dal modern trade nel settore MDD (photo © Fresh Plaza). www.marca.bolognafiere.it 14

Barcellona, Spagna È in calendario dal 26 al 28 aprile l’edizione 2022 di Seafood Expo Global/Seafood Processing Global, che per la prima volta si svolgerà nella nuova sede del quartiere fieristico Gran Via Venue nella città catalana. Quest’anno più che mai l’appuntamento si riconferma l’evento fieristico da non mancare per l’industria ittica mondiale. Presso la Fira di Barcelona tutti gli operatori saranno accolti per tre dense giornate di fiera, tra incontri B2B tra fornitori e buyer, presentazioni di prodotto e novità. Gli organizzatori hanno stimato quasi 2.000 espositori provenienti da 78 Paesi nei padiglioni 2, 3, 4, 5 e in Galleria tra i padiglioni 4 e 5. Le aziende ittiche che hanno già confermato la loro presenza al Seafood Expo Global/Seafood Processing Global includono Aquachile, Balfego & Balfego, Cermaq Norway AS, Confremar-Congelados y Frescos del Mar SA, Cornelis Vrolijk BV, Crusta C, Denholm Seafoods Ltd, Direct Ocean, Fiorital, Fisherman’s Choice, Frime SAU, Grupo Iberica de Congelados, Grupo Profand, Hofseth International, Iceland Seafood International, Irvin & Johnson, J. Marr Seafoods Ltd, Krustagroup SA, Leroy Seafood AS, Macduff Shellfish, Mascato SA, Mercamadrid, Morubel NV, Mowi ASA, Nordic Seafood A/S, Parlevliet & Van der Plas BV, Pelagia AS, Pescanova Spagna, Royal Greenland A/S, Seafood Connection BV, Samherji HF, Sea Harvest Corporation, Sjor AS, True North Seafood Inc, Ulysse, Vichiunai Europe NV e Zalmhuys Group. Adriatic Sea International, Baader, Cocci Luciano, FoodTech Belgium, Marel, Multivac, Palinox e Saeplast. Segnaliamo i padiglioni di Argentina, Bangladesh, Belgio, Canada, Cile, Cina, Croazia, Danimarca, Ecuador, Corea del Sud, Spagna, Stati Uniti, Scozia, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Grecia, Islanda, India, Irlanda, Isole Faroe, Italia, Giappone, Lettonia, Malesia, Maldive, Mauritius, Marocco, Norvegia, Paesi Bassi, Perù, Polonia, Portogallo, Russia, Sri Lanka, Taiwan, Tunisia, Turchia, Uruguay, Vietnam e Galles. La lista degli espositori può già essere consultata sul sito dell’evento. www.seafoodexpo.com/global

IL PESCE, 2/22


Parma La 21a edizione di Cibus, organizzata da FIERE DI PARMA e FEDERALIMENTARE, in programma a Parma dal 3 al 6 maggio, sarà la prima grande fiera internazionale dell’agroalimentare che vedrà il ritorno dei buyer esteri. L’allentamento dell’emergenza pandemica e le nuove norme a favore della partecipazione fieristica da parte di operatori extra-UE consentirà l’arrivo di buyer e operatori commerciali da ogni continente, anche d’oltremare. Sono attesi circa 60.000 visitatori professionali e circa 3.000 aziende espositrici. La guerra in Ucraina e la delicata situazione geopolitica internazionale hanno condizionando anche il settore alimentare: gli aumenti del gas e delle materie prime e i problemi logistici stanno mettendo a dura prova il Food & Beverage italiano. Ma proprio questa particolare situazione assegna agli eventi fieristici come Cibus un ruolo delicato: da un lato tentare una sintesi proiettiva tra domanda e offerta, dall’altro pianificare approvvigionamenti e assortimenti superando le difficoltà della supply chain. Cibus 2022 rimetterà il cibo al centro del dibattito sociale ed economico, mostrando gli scenari e il suo ruolo imprescindibile all’interno della nostra società. La manifestazione ribadisce il ruolo del food come archetipo dei rapporti sociali, inquadrando come questa attenzione possa riconciliarci con un modello di sviluppo coerente alle istanze del consumatore, delle comunità, dell’ambiente e delle aziende agroalimentari sempre più orientate a comportamenti virtuosi. A Cibus 2022 l’attenzione alla sostenibilità sarà intesa in tutti i suoi molteplici aspetti: ambientale, economica e sociale. Protagonisti di Cibus anche i prodotti IG italiani ed internazionali per la promozione e la valorizzazione dei territori d’origine, il set informativo necessario a creare valore sugli scaffali e un’area start-up con realtà italiane ed estere come incubatore di proposte innovative. www.cibus.it

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Barcellona, Spagna L’appuntamento con Hispack 2022: Packaging, Process & Logistics è a Barcellona dal 24 al 27 maggio. Una manifestazione che chiamerà a raccolta nella Gran Via del quartiere fieristico i protagonisti del mondo del packaging, del processing e della logistica. Organizzata da Fira de Barcelona, questa edizione di Hispack 2022 permetterà di vivere una nuova esperienza ibrida, che sfrutterà tutto il potenziale di un evento in presenza insieme alle opportunità che ci consentono le nuove tecnologie. Hispack 2022 sarà caratterizzata da una maggiore presenza di visitatori internazionali e riunirà un’interessante gamma di prodotti e tecnologie strategiche per riattivare business e innovazione in molteplici settori attraverso il packaging, dal packaging machinery & process all’industrial packaging, brand packaging, labelling & bottling, fino alla logistica, automazione e robotica. www.hispack.com

Pordenone Dal 25 al 27 maggio l’appuntamento degli operatori del mondo ittico è a Pordenone Fiere con l’edizione 2022 finalmente in presenza di AquaFarm, la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile e NovelFarm, il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming. Quest’anno i due eventi fieristici saranno affiancati da AlgaeFarm, appuntamento dedicato a tecnologie e applicazioni in alghicoltura. Fin dalla sua prima edizione nel 2017, AquaFarm è diventato uno dei più importanti eventi di settore in Europa e l’unico appuntamento in Italia dedicato alle filiere dell’acquacoltura, allevamento dei molluschi e all’industria della pesca sostenibile. L’expo riunisce l’intera filiera produttiva e commerciale del settore dell’acquacoltura. L’allevamento di pesci e molluschi in acquacoltura è infatti oggi una delle attività di produzione alimentare con il più alto tasso di crescita in tutto il mondo. AquaFarm dedicherà un ampio spazio anche al settore della pesca sostenibile, impegnandosi a promuovere tutte quelle aziende che si impegnano in un’attività di pesca a ridotto impatto ambientale, nel rispetto degli ecosistemi marini e delle specie ittiche. L’edizione del 2022 prevede una giornata aggiuntiva per venerdì 27 maggio denominata Special Conference Day, interamente dedicata a una serie di conferenze di caratura internazionale, tra cui spicca il seminario IYAFA 2022 (Year of Artisanal Fisheries and Aquaculture 2022). Da non mancare! (photo © fierapordenone.it). www.aquafarm.show

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5a Edizione

Special Conference Day

25-26 & 27 MAGGIO 2022

FIERA DI PORDENONE Mostra Convegno internazionale su acquacoltura, algocoltura e industria della pesca

LA FIERA DEDICATA ALLA PRODUZIONE SOSTENIBILE DI ALIMENTI IN ACQUA --

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Mostra convegno su algocoltura, coltivazione, trasformazione e utilizzo di alghe e microalghe.

Mostra Convegno internazionale sulle nuove tecniche di coltivazione, vertical farming e fuori suolo.

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IMMAGINI

La “scapece” è un metodo di conservazione diffuso nel Mediterraneo, un preparato antico che usa l’aceto per preservare il pesce, ma che in alcune zone del bacino, ad esempio in Turchia, è utilizzato anche con la carne. La scapece gallipolina, specialità tipica delle sagre, vuole però anche pane imbevuto d’aceto e zafferano, da cui deriva il colore giallo intenso. La preparazione ha un’origine che risale al Medioevo e oggi è fatta in casa, in alcuni ristoranti e piccoli laboratori. Massimiliano Rella ci racconta di più a pagina 136 (photo © Massimiliano Rella).

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TENDENZE Sushi sì, ma di fiume: a Rovereto le suggestioni d’Oriente nel TrentinSushi di Gianfranco Grisi

Questa è una di quelle cosiddette “contaminazioni” di cui vale la pena parlare: innanzitutto per il risultato nel piatto e al palato; in secondo luogo, perché dietro alle creazioni di Gianfranco Grisi, oggi chef e patron dell’osteria e wine bar Al Silenzio di Rovereto (TN), c’è una storia unica. Gianfranco Grisi, infatti, maestro di musica e professore di pianoforte, suona il Cristallarmonio, strumento che ha lui stesso creato e nel quale la disposizione di 37 calici di cristallo, riempiti più o meno d’acqua, che gli consentono di eseguire accordi fino a sei note simultaneamente e suonare in tutte le tonalità. Grazie alla sua passione e al suo talento, Gianfranco viaggia per il mondo, esibendosi, finché decide di dare una svolta alla propria vita e di dedicarsi alla cucina, amata da sempre, aprendo un locale e un laboratorio culinario con negozio nella sua Rovereto attraverso la società Neumasushimori, col sostegno della figlia maggiore. Il TrentinSushi, di sua creazione, è nato proprio dopo i molteplici viaggi fatti in Giappone: innamoratosi del sushi, Gianfranco decide infatti di “confezionarlo” alla trentina guarnendolo, al contrario del sushi tradizionale, con pesci di fiume marinati e affumicati e ortaggi lavorati della Valle di Gresta. È il Sushi Lago di Garda, primo nato della linea TrentinSushi: «Confezionato con trote e salmerini del Sarca, abbiamo voluto dargli il nome del grande lago in cui sfocia questo fiume, specchio d’acqua che meglio rappresenta il Trentino» dicono. “Sushi” infatti non significa “crudo” ma si riferisce ad una pietanza a base di riso condito con aceto di riso, zucchero e sale che viene abbinata anche solamente a verdure di vario genere o proposta avvolta nello speck (siamo in Trentino no?). Tutto il menù si caratterizza per una grande attenzione ai prodotti del territorio, pesce, carne, formaggi e confetture, ed è ricco al contempo di suggestioni orientali e non solo. Un viaggio nel viaggio (photo © Al Silenzio; fonti: www.ecodelledolomiti.net, www.fsnews.it). >> Link: al-silenzio.it

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ATTUALITÀ

Fino a +85% il prezzo della scatoletta che incide circa il 30% sui costi produttivi

Caro prezzi, gli aumenti invisibili che colpiscono il settore delle conserve ittiche Da mesi si parla della tempesta perfetta che si è abbattuta, a livello internazionale, sui diversi ambiti della filiera produttiva e logistica alimentare, con un’importante tensione dei prezzi. Al centro dell’attenzione c’è soprattutto l’incremento dei costi dell’energia e del gas e il relativo impatto sull’economia del Paese, ma ci sono altri fattori altrettanto rilevanti. È il caso dell’aumento di materie prime meno conosciute

che possono mettere in ginocchio un intero settore, un comparto virtuoso come quello conserviero ittico: la scatoletta in banda stagnata, infatti, principale materiale di imballaggio per le conserve ittiche, incide per circa il 30% sui costi di produzione delle conserve ittiche e nel 2021 ha visto crescere i prezzi delle materie prime che la compongono, in alcuni casi sino all’85%.

Un aumento che impatta in modo rilevante sul settore, considerando che le aziende che producono conserve ittiche in Italia utilizzano ogni anno circa 650 milioni di scatolette (peraltro riciclate in maniera efficiente), per un totale di circa 16.000 tonnellate di banda stagnata. A questo si aggiungono, poi, altri ambiti su cui il caro prezzi ha un effetto diretto sugli approvvigionamenti di interesse delle industrie con-

Inscatolamento del tonno. Le aziende italiane utilizzano ogni anno circa 650 milioni di scatolette, per un totale di circa 16.000 tonnellate di banda stagnata.

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serviere ittiche. Per la prima volta, uno studio inedito della società di data analysis in ambito economico StudiaBO ha analizzato e calcolato le dinamiche di prezzo relative agli approvvigionamenti nella filiera delle conserve ittiche, nel biennio 2020/2021. Dai noli marittimi agli imballaggi ausiliari: cinque ambiti del caro prezzi per i conservieri ittici Gli effetti del caro prezzi ruotano sostanzialmente su cinque ambiti, a partire dalle materie prime per la fabbricazione degli imballaggi metallici: i prezzi di acciaio (coils) e stagno necessari per produrre la banda stagnata, di cui è costituita la scatoletta sono cresciuti in media nel 2021 del +60% per i laminati a caldo e + 30% per i laminati a freddo, mentre il prezzo dello stagno al London Metal Exchange (LME) ha registrato un aumento prossimo al +85%. Anche il prezzo dell’alluminio, materia prima per alcuni imballaggi metallici, ha registrato un incremento complessivo prossimo al +41% (LME), rispetto alla media del 2020. Il settore conserviero ittico si è poi dovuto confrontare con gli aumenti record delle commodity energetiche che hanno registrato un incremento medio complessivo del +54,8% in euro rispetto alla media del 2020. In particolare, gli incrementi annui medi in euro sono stati del +50% per il petrolio greggio, del +342% per il gas naturale scambiato sul mercato italiano e del + 221% per l’energia elettrica in Italia. Questo sta comportando gravi conseguenze sull’utilizzo di celle frigorifere e di apparecchi per la sterilizzazione industriale. Ma non finisce qui, perché l’aumento dell’energia ha fatto lievitare anche i costi degli imballaggi ausiliari (carta, cartone, plastica, vetro). Discorso a parte merita l’incremento esponenziale dei costi della logistica. I noli marittimi dei container che rappresentano la principale modalità di trasporto della materia prima, il tonno, hanno avuto un in-

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Uno studio inedito condotto dalla società di data analysis StudiaBO ha calcolato e analizzato per la prima volta le dinamiche di prezzo degli approvvigionamenti per la filiera delle conserve ittiche nel biennio 2020-2021: l’industria conserviera ittica non può più affrontare da sola la situazione. cremento impressionante dei prezzi a livello internazionale. Il prezzo del trasporto su container, misurato dal Word Container Index, è cresciuto del + 243% rispetto al 2020, salendo su un livello di massimo storico. Gli aumenti di energia e di trasporto incideranno negativamente anche sui costi del tonno in particolare per la pesca, la conservazione e il trasporto. Infine, i prezzi dell’olio d’oliva utilizzato dall’industria conserviera ittica hanno segnato aumenti significativi, fino al +38,4%. ANCIT esprime forte preoccupazione Malgrado gli sforzi profusi ormai da alcuni mesi, l’industria conserviera ittica non può più affrontare da sola la situazione. «La nostra associazione ha una storia lunga 60 anni. Ne abbiamo viste tante di crisi — commenta SIMONE LEGNANI, presidente ANCIT, Associazione Conservieri

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Ittici e delle Tonnare — ma come questa mai. Siamo compressi tra l’incremento dei costi e l’esigenza di non farlo ricadere sul consumatore finale. È una spirale inflazionistica pericolosissima, che può portare fuori mercato interi settori produttivi. Stiamo tenendo duro ma non riusciremo a resistere a lungo a questi ritmi e senza interventi strutturali restiamo esposti agli choc. Si rischia di far spegnere la macchina a molte aziende, minacciando la ripresa italiana. È necessario che tutti gli attori coinvolti riflettano e agiscano responsabilmente per garantire continuità e sopravvivenza all’intero comparto. La congiuntura è tale da non permetterci di fare previsioni. I prezzi vengono infatti ridefiniti mese per mese e quindi non si riesce ad effettuare una pianificazione. È per questo che facciamo appello a tutti gli attori della filiera, dai produttori

alla distribuzione fino alle Istituzioni e la politica. Solo facendo sistema potremo affrontare e superare una situazione come quella attuale». Il comparto ha dato prova, durante la pandemia, di grande responsabilità e impegno, garantendo condizioni di massima sicurezza per lavoratrici e lavoratori e, al tempo stesso, garantendo agli Italiani la disponibilità sugli scaffali di cibi buoni, salutari e accessibili. Le imprese devono affrontare anche difficoltà nel reperimento di materiali. Nel 2021 è diventato il principale ostacolo alla produzione. Questi sono dovuti ai blocchi della produzione legati a lockdown locali e crisi energetica e alle difficoltà nella logistica a causa dell’applicazione di protocolli sanitari più stringenti e crescita anomala della domanda. Fonti: ANCIT INC – Istituto Nazionale per la Comunicazione

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Finalmente l’Italia ha la sua legge sul biologico Camera e Senato si rimpallavano il disegno di legge da anni. Qualcuno narra che la prima stesura fosse del 2007. Ci sono voluti dunque tre lustri e tre legislature. Un momento storico, soprattutto alla luce degli spazi di mercato che questo settore, già molto espanso, sembra diretto ad acquisire ulteriormente di Guido Guidi

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La strada intrapresa è quella che chiede l’Europa: la transizione ecologica prevista dal “Farm to Fork”, il fulcro del New Green Deal, dovrebbe portarci, entro il 2050, alla neutralità climatica, anche grazie alla riduzione del 50% dell’uso di fitofarmaci di sintesi e antibiotici e del 20% di fertilizzanti chimici. Si tratta del DDL n. 988, che detta Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico e contiene elementi per favorire quella transizione ecologica dei sistemi agricoli non più rinviabile. In quest’ottica, da oggi e sino al 2027, sarà messe in campo una notevole quantità di risorse per favorire lo

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sviluppo del biologico, investimenti importanti che complessivamente ammontano a quasi 3 miliardi di euro, comprendendo il Fondo per il biologico, il PNRR e il Piano Strategico Nazionale della PAC. La norma era dunque indispensabile e a questo punto urgente per una spesa oculata e capace di ricadute reali sul territorio. Quanto saranno capaci i nostri legislatori di tradurre una norma generale in misure con un’effettiva capacità di generare sviluppo si vedrà nel Piano d’azione nazionale del biologico, che deve essere licenziato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge che, tra le altre cose, prevede l’attivazione di un tavolo tecnico per la produzione biologica:

due passaggi fondamentali per avviare una programmazione mirata e puntuale. Tra gli altri elementi sostanziali della norma vi è l’istituzione del marchio “Made in Italybio”, ma anche il riconoscimento dei distretti biologici, che permettono di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali, con una particolare attenzione alle aree interne e alle aree naturali protette. I Bio distretti rappresentano una nuova modalità di fare bio che apre allo sviluppo di intere aree rurali. Territori che, subendo una conversione vera e propria, potranno promuovere le risorse locali nel loro complesso, a partire dall’agroalimentare per finire col turismo, l’artigianato,

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L’Italia del biologico Con 2,1 milioni di ettari impegnati, siamo il terzo Paese in UE per superficie coltivata e il primo come numero di produttori attivi (71.590), con un’incidenza di superficie bio sul totale pari al 16,6%. Nel 2021 abbiamo segnato un nuovo anno record per produzione e consumi, nonostante la crisi pandemica. La situazione di incertezza non solo non ha fatto desistere dall’acquisto di prodotti bio, ma ha generato un incremento su ogni fronte. Nel 2020, la spesa nella GDO ha registrato un +4% rispetto al 2019 (dati: ISMEA) e, secondo COLDIRETTI, salgono alla cifra record di 4,3 miliardi di euro, i consumi domestici di alimenti bio. In un trentennio, i consumi nazionali sono cresciuti senza interruzioni ed oggi il biologico è nel carrello di circa sette famiglie italiane su dieci (il 68%). Dal 2010 l’incremento registrato è di oltre 879.000 ettari coltivati e 29.000 nuove aziende agricole. La superficie biologica raggiunge così, nel 2019, quota 1.993.236 ettari segnando, rispetto al 2018, un +35.000 ettari con una crescita attorno al 2% (dati: SINAB). Nel 2019 la dimensione media di un’azienda biologica italiana era di 28,3 ettari, contro quella di tipo convenzionale che ne segnava 11. Ma nel 2019 è aumentato anche lo sviluppo dell’acquacoltura biologica, dove gli operatori coinvolti hanno raggiunto le 59 unità, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. La loro distribuzione territoriale vede protagonista il Centro-Nord, le cui regioni raccolgono circa il 75% delle imprese nazionali, impegnate soprattutto nella mitilicoltura e molluschicoltura. Il Centro e il Meridione, invece, riguarda prevalentemente attività di allevamento di spigole e orate. Per definire il valore del mercato del biologico italiano vanno poi aggiunti i consumi dell’HO.RE.CA., delle mense scolastiche e dell’export ancora non stimati. L’incidenza complessiva delle vendite di biologico sulla spesa per l’agroalimentare italiano è del 4%. Nel 2020 il 90% dei consumatori italiani ha acquistato più di tre volte un prodotto alimentare biologico (+1,4% rispetto al 2019). Un valore significativo che sale al 97% se si considerano le famiglie che lo hanno fatto almeno una volta. ISMEA e NIELSEN evidenziano un incremento degli acquisti sia per i prodotti a largo consumo confezionato che per i prodotti freschi sfusi. E anche a seguito delle restrizioni dovute alla pandemia, il biologico continua a mostrare performance di tutto rispetto, in particolare nella Distribuzione Moderna, con un incremento del 5,7% nelle vendite. Molto bene anche i discount, che nei primi mesi del 2020 crescono del 10,7%, pur esprimendo fatturati ancora marginali, soprattutto se confrontati agli altri canali di distribuzione del biologico. Sul fronte dei prezzi al consumo nella GDO si registra un aumento medio del +1,2% rispetto all’anno precedente ed una riduzione delle transazioni di prodotti biologici venduti in promozione (–10,8%, dati 2019 su 2018).

il commercio e, in generale, tutte le attività economiche della zona, valorizzando al tempo stesso ambiente e paesaggio. L’impostazione sarà dunque quella della costituzione e consolidamento di filiere corte che privilegiano altresì il rapporto diretto produttore-consumatore. In Italia ce ne sono già almeno una quarantina. Non riguardano la coltivazione di un singolo prodotto, ma sono in grado di creare importanti sinergie tra aziende agricole, imprese della trasformazione e turistiche. Il terzo punto è la revisione del sistema dei controlli, in merito al

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quale è prevista una delega al Governo per la razionalizzazione e il riordino. Il sistema delle verifiche va infatti rafforzato, all’insegna di una maggiore trasparenza, con l’impiego di piattaforme digitali di tracciabilità e in un’ottica di semplificazione. All’attenzione della norma anche l’integrazione tra gli operatori, il cui progetto punta a mettere a sistema le imprese anche in termini di interprofessionalità. Un articolo è infine dedicato alla ricerca nel comparto, con un occhio particolare all’innovazione. Il Piano d’azione nazionale dovrà

individuare le risorse, destinando una quota pari al 2% del fatturato proveniente dalle vendite di prodotti fitosanitari e fertilizzanti di sintesi chimica realizzato nell’anno precedente. Una sorta di compensazione per l’utilizzo dei prodotti chimici anziché bio nei campi. Questa legge rappresenta una pietra miliare nella storia del biologico in Italia, ma sarà ricordata anche per le polemiche che ne hanno preceduto l’approvazione che, cosa davvero anomala per le nostre prassi interne, hanno visto anche il pronunciamento del Presidente della

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Repubblica SERGIO MATTARELLA. L’iniziale equiparazione tra biologico e biodinamica, in parte cancellato nei più recenti passaggi tra Camera e Senato, aveva infatti destato la reazione scandalizzata del mondo della scienza, compreso il premio Nobel per la Fisica GIORGIO PARISI, che non ha esitato ad invitare pubblicamente le Camere ad una riflessione seria sulla questione. In un momento così difficile, in cui il tentativo di debellare il coronavirus si scontra con correnti di pensiero contro i vaccini, mettendo in dubbio la credibilità della scienza, l’approvazione di un simile testo di legge sarebbe stato infatti un ulteriore scandalo. D’altronde l’equiparazione tra biologico e biodinamico non solo non è condiviso dal mondo accademico e scientifico, ma non è nemmeno presente in nessuna forma nel Regolamento europeo sull’agricoltura biologica e dunque non appare in linea con la normativa comunitaria, mettendo l’Italia al rischio di pesanti e lunghi contenziosi sul tema.

Il riconoscimento normativo della biodinamica avrebbe comportato l’approvazione di metodi considerati privi di ogni validità oggettiva; in più, è noto che il marchio “Biodinamica” sia di proprietà di una società multinazionale con fine di lucro, che a seguito del riconoscimento legislativo avrebbe acquisito un vantaggio competitivo rilevante e ingiustificato, oltre che ingiusto. Si tratta, come l’hanno definita numerosi studiosi, di un insieme di pratiche fondate su rituali esoterici e astrologici che, se fosse stato legittimato nel nostro ordinamento, avrebbe posto l’Italia nella ridicola condizione di essere il primo Paese europeo a promuovere il pensiero magico in una legge dello Stato. E a chiedere che non si procedesse in tal senso non erano solo illustri scienziati, tra cui coloro che fanno capo all’Accademia dei Lincei e quella dei Georgofili (una petizione firmata da 35.000 tra ricercatori e cittadini), ma anche gli stessi operatori e alcune confederazioni del settore.

Nel Paese che vieta la coltivazione di OGM — pur garantiti e approvati dalla ricerca scientifica più avanzata — sarebbe stato ridicolo accettare e conseguentemente finanziare l’attuazione di credenze frutto di superstizioni, per di più contribuendo a riempire le casse di soggetti privati. Il tentativo di equiparare aziende biodinamiche e biologiche non regge nemmeno alla prova dei fatti del PIL. Un piccolissimo numero di aziende biodinamiche — meno di 500 — andrebbe infatti ad essere confrontato con le oltre 132.000 censite dall’I STAT come aziende biologiche. E non sarebbe stata tanto o solo una questione di fondi. La sua approvazione nella norma avrebbe comportato la nomina di un separato rappresentante nei tavoli istituzionali di discussione sul tema, con tutte le conseguenze del caso. Detto ciò, si applaude al traguardo raggiunto e si spera sia solo un ulteriore passo della nostra agricoltura verso i mercati nazionali ed esteri. Guido Guidi


IL PESCE IN RETE

Social di Elena

2. Seafood Expo, tutti a Barcellona

1. Fish House Art Conoscete Fish House Art Gallery? È una galleria d’arte di Siracusa (fishhouseart.it) che dal 2002 espone lavori di artisti famosi ed emergenti che creano opere a forma di pesce o che rappresentano il mondo del mare. Noi li seguiamo su instagram.com/fishhouseart. Fanno laboratori creativi e realizzano installazioni e prodotti. Bravissimi (photo © instagram.com/fishhouseart).

Era l’aprile del 2019 quando gli operatori internazionali si trovarono a Bruxelles alla European Seafood Expo e Seafood Processing. Poi la pausa pandemica bloccò il mondo e quest’anno, finalmente, ci ritroveremo tutti a Barcellona dal 26 al 28 aprile per la rinnovata fiera internazionale di Diversified Exhibitions. Non fatevi cogliere impreparati! Saranno oltre 2.000 gli espositori provenienti da 90 Paesi. Su seafoodexpo.com trovate l’elenco delle aziende già accreditate come espositrici, con utili filtri di ricerca. Ci saremo anche noi, per 3 giornate di lavoro e relazioni (photo © facebook.com/ seafoodexpoglobal).

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fish Benedetti

4. Recuperiamo i rifiuti dal mare

3. E-commerce per alta ristorazione Il nuovo canale e-commerce shoplongino.it di Longino & Cardenal, dedicato ai professionisti dell’alta ristorazione, propone un ampio catalogo di eccellenze gastronomiche. L’e-shop B2B conta oltre 2.000 prodotti ed è facile da navigare nel suo layout moderno. Qualche referenza ittica al suo interno? Fuentes El Atún Rojo, leader mondiale nel settore del tonno rosso; MS Donna, con centro logistico vicino ad Oslo, che ha rivoluzionato il mercato norvegese e la commercializzazione del granchio reale; Marconil, che alleva ostriche nelle acque fredde dell’oceano vicino al golfo di Cádiz (in foto, gambero rosso di Mazara del Vallo; photo © shoplongino.it).

Ogyre (ogyre.com) è una start-up innovativa e società benefit a vocazione sociale che si occupa, attraverso i pescatori presenti nei nostri mari, di recuperare i rifiuti in esso dispersi. La plastica nel mare è una delle più gravi emergenze ambientali dei nostri tempi. Attraverso la tecnica del “Fishing for litter”, Ogyre raccoglie con l’aiuto dei pescatori la plastica che rimane impigliata nelle reti. «Ci siamo dati l’obiettivo di raccogliere 1.150 kg di plastica entro giugno 2022» ha dichiarato ANTONIO AUGERI, CEO e founder di Ogyre. «Per farlo, ci appoggiamo ad una rete di 20 pescherecci, che dalle coste romagnole a quelle liguri, fino al Brasile e l’Indonesia, ci aiutano a riportare a terra la plastica che rimane nelle reti» (photo © Filippo Castagnola).

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ACQUACOLTURA

Intervista a Giuliana Parisi, ordinario di Acquacoltura all’Università di Firenze e accademica dei Georgofili: «troppe fake news sul pesce di allevamento»

Acquacoltura, zootecnia del futuro di Giulia Bartalozzi

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Nel 2017 i principali produttori di acquacoltura tra gli Stati Membri dell’UE erano Spagna, Francia, Regno Unito, Italia e Grecia, che insieme rappresentavano circa il 74 % della produzione complessiva di acquacoltura (photo © Bob Brewer x unsplash).

Professoressa Parisi, sulla base delle proiezioni di crescita della popolazione, la FAO ha stimato che fino al 2030 saranno richiesti ogni anno almeno 40 milioni di tonnellate aggiuntive di prodotti ittici per mantenere l’attuale consumo pro capite annuo mondiale, eppure l’acquacoltura è una disciplina piuttosto recente: quando si è diffusa? «La forma moderna dell’acquacoltura, nei Paesi occidentali, è iniziata intorno agli anni ‘70 del secolo scorso, anche se forme di acquacoltura molto semplici, spesso limitate ad una semplice stabulazione degli animali di origine selvatica, risale ad epoche ben più lontane». Che tipo di impatto ha sull’ambiente l’acquacoltura intensiva? «L’acquacoltura è in tutto e per tutto un’attività zootecnica, quindi l’acquacoltura intensiva potrebbe essere responsabile di varie tipologie di impatti. A cominciare da quello prodotto sulla qualità dell’acqua, che in acquacoltura è oggetto di elevata attenzione dal momento che i pesci, soprattutto delle specie allevate nel mondo occidentale, sono molto sensibili alla qualità dell’acqua in cui vivono. Gli allevamenti a terra della tipologia flow-through prevedono il ricambio dell’acqua contenuta all’interno delle vasche, la cui entità tiene conto della biomassa presente, così da garantire adeguati livelli di ossigeno e da contenere la presenza dei cataboliti azotati. Le acque reflue dagli impianti di allevamento devono subire adeguati trattamenti, nel rispetto delle normative, prima di essere reimmesse nei corpi idrici naturali. In questo modo si contiene il rischio di eutrofizzazione delle acque naturali e si riduce significativamente l’impatto ambientale associato agli allevamenti a terra. Un altro aspetto da considerare, dal punto di vista della sostenibilità dell’acquacoltura, è la tipologia di ingredienti che si utilizzano nelle formulazioni mangimistiche. Le specie allevate in Italia e in Europa sono per lo più carnivore, con fabbisogni proteici particolarmente elevati.

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Un tempo i mangimi utilizzati in acquacoltura erano formulati utilizzando fonti proteiche e lipidiche di origine marina, cioè farine e oli di pesce. La condizione di sovrasfruttamento di molti degli stock ittici selvatici e lo sviluppo che ha avuto negli ultimi decenni l’acquacoltura, che manterrà il suo trend in crescita anche nei decenni futuri, non consentono più di fare affidamento su questa tipologia di ingredienti. Di conseguenza, ormai da decenni si stanno utilizzando fonti proteiche e lipidiche alternative. Inizialmente sono state utilizzate fonti proteiche e lipidiche di origine vegetale, in sostituzione parziale delle farine e degli oli di pesce. Si è arrivati a formulare mangimi con un contenuto limitato di ingredienti di origine marina, senza sacrificare le performance zootecniche e cercando di salvaguardare la qualità del prodotto, che è riconosciuto come un “superfood” per la ricchezza di componenti funzionali che lo caratterizzano, prima di tutto i famosi acidi grassi a lunga catena e ad elevato grato di insaturazione della serie Omega-3. Ma anche la sostituzione delle fonti proteiche e lipidiche di origine marina con ingredienti vegetali pone ormai problemi in termini sostenibilità ambientale, a causa della cosiddetta competizione feed vs food. Con l’obiettivo di salvaguardare la sostenibilità dell’acquacoltura, oggi si punta a nuovi ingredienti, quelli della terza generazione, caratterizzati da maggiore sostenibilità, che sfruttino i principi dell’economia circolare, che siano in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite. Mi riferisco agli insetti, il cui utilizzo nei mangimi è stato autorizzato a livello della UE, inizialmente solo per l’acquacoltura ma adesso anche per altre specie, ma anche agli scarti della lavorazione dei prodotti ittici e dei prodotti avicoli, alle microalghe, alle macroalghe… Si tratta di un settore di ricerca molto attivo, anche in Italia, che punta a trovare nuovi ingredienti, che salvaguardino le risorse natu-

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Fondata a Firenze nel 1753 l’Accademia dei Georgofili ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia. Seguendo l’evolversi dei tempi, essa continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. Conduce studi e ricerche, adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite “Adunanze pubbliche”, poi riportate nell’annuale volume degli Atti. Per affrontare lo studio di ogni singola problematica, l’Accademia liberamente si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici, ovunque siano, anche se afferenti a diversi enti pubblici e privati. Per lo studio di specifici temi sono costituiti anche appositi Centri e Comitati consultivi. Inoltre, al fine di potenziare attività e collaborazioni sull’intero territorio nazionale, i Georgofili hanno realizzato Sezioni geografiche. L’attività editoriale oggi comprende anche la “Rivista di storia dell’agricoltura”, le “Informazioni dai Georgofili”, monografie su specifici argomenti, pubblicazioni commentate di antichi manoscritti, vari cataloghi. La Biblioteca, la Fototeca e l’Archivio offrono agli studiosi un patrimonio documentario tematico di ineguagliabile valore, oggetto continuo di indagini storiche da parte di studiosi di varie discipline. I pregi di tale patrimonio vengono messi in rilievo anche da numerosi momenti espositivi organizzati periodicamente su tematiche specifiche. >> Link: georgofili.it

rali e riducano la limitazione della competizione feed vs food vs fuel». Molto spesso, semplicemente andando in pescheria o al supermercato, si sente che i consumatori chiedono pesci non di allevamento, come se il pesce pescato fosse migliore rispetto a quello proveniente da acquacoltura. Ma è davvero così? «Non è assolutamente possibile affermare la superiorità del pesce selvatico rispetto a quello allevato, che per altro permette di garantire una tracciabilità completa. L’atteggiamento del consumatore nei confronti del pesce è completamente diverso

da quello che ha nei confronti delle specie della zootecnica tradizionale, quella terricola… Il pesce allevato viene gestito nelle varie fasi del ciclo biologico, curando la qualità dell’acqua, la qualità del mangime somministrato, curando anche le fasi finali della vita dell’animale. Anche se ancora non esiste un regolamento che stabilisca la corretta modalità di uccisione degli animali, l’appropriata manipolazione degli animali al momento della cattura e una modalità di uccisione più umana e meno stressante sono condizioni che vengono ricercate dall’allevatore,

Se pensiamo ai vantaggi che il miglioramento genetico ha prodotto nella zootecnia tradizionale, sono prevedibili progressi rilevanti, con ricadute economiche molto importanti, dal miglioramento delle prestazioni di crescita e dell’efficienza di utilizzazione degli alimenti all’individuazione di ceppi più resistenti alle condizioni di allevamento o più resistenti a determinate patologie

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sia per rispondere a principi etici, e quindi per rispettare il benessere degli animali anche nella fase finale della vista, sia perché il minor stress degli animali si traduce in una maggiore shelf-life del prodotto, e quindi in una migliore qualità dello stesso. Nel caso degli animali selvatici, il rischio dell’eventuale presenza di contaminanti non è da escludere a priori, dal momento che la loro eventuale presenza è legata al livello di contaminazione delle acque in cui il pesce ha vissuto. Inoltre, si può affermare che spesso purtroppo le operazioni di pesca espongono gli animali a numerosi fattori di stress, la cui azione e le cui interazioni possono compromettere gravemente il benessere degli animali nel momento della morte». Se davvero nel 2030 il 62% del pesce destinato al consumo umano sarà di allevamento, per raggiungere tali obiettivi l’acquacoltura deve essere supportata da un’intensa attività di ricerca al fine di individuare nuovi mercati di sbocco, per la diversificazione delle specie e l’utilizzazione di tecnologie di produzione innovative, efficienti e rispettose dell’ambiente. A che punto siamo? «La ricerca in acquacoltura direi che sia molto attiva, ci sono Paesi leader da questo punto di vista, come ad esempio la Norvegia, ma anche la Cina, che è il maggior Paese produttore a livello mondiale. La diversità delle specie allevate e le specifiche peculiarità che le caratterizzano rendono però poco o per niente trasferibili ad altre specie i risultati ottenuti su una specie. Questo significa che la ricerca dovrebbe svilupparsi sulle singole specie di interesse per la specifica realtà geografica. Sarebbe poi importante che ci fosse un’integrazione tra ricercatori delle diverse aree (zootecnici, biologi, ingegneri, economisti…), così da operare in maniera sinergica e superare i limiti imposti dalle specificità delle competenze. Un aspetto da considerare è sicuramente quello dell’educazione e della formazione dei consuma-

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tori che nei confronti del pesce di allevamento hanno pregiudizi che per le altre specie di interesse zootecnico sono stati superati da secoli. E spesso la cattiva informazione diffusa da alcune fonti alimenta questi pregiudizi consolidando nel consumatore una visione delle cose completamente deviata rispetto alla realtà». In acquacoltura pesa anche la ricerca sul miglioramento genetico delle specie? «Sul fronte del miglioramento genetico delle specie allevate siamo davvero ancora molto indietro. Si tratta quindi di un aspetto che riserva indubbiamente delle potenzialità enormi per il settore. Se pensiamo ai vantaggi che il miglioramento genetico ha prodotto nelle specie della zootecnia tradizionale, sono prevedibili progressi rilevanti, con ricadute economiche importantissime che potrebbero andare dal miglioramento delle prestazioni di crescita, al miglioramento dell’effi-

cienza di utilizzazione degli alimenti, all’individuazione di ceppi più resistenti alle condizioni di allevamento o più resistenti a determinate patologie. Il fatto che l’acquacoltura sia un’attività zootecnica molto recente rispetto alle altre attività zootecniche giustifica l’apparente arretratezza e lascia presagire degli scenari davvero promettenti per un futuro forse neppure troppo lontano». Come deve essere, secondo lei, l’acquacoltura del futuro? «Le potenzialità offerte dal settore dell’acquacoltura sono enormi. Sicuramente l’acquacoltura del futuro dovrebbe essere un’acquacoltura che operi secondo i criteri della sostenibilità, declinata nei suoi molteplici aspetti. Un’acquacoltura che, anche nel mondo occidentale, possa valorizzare specie meno esigenti dal punto di vista dei fabbisogni nutrizionali rispetto a quelle allevate oggi nei Paesi occidentali e anche nel nostro Paese.

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Bisognerebbe puntare a forme di acquacoltura integrata, come ad esempio l’abbinamento tra allevamento di pesci in gabbie in mare e l’allevamento di molluschi bivalvi, una strategia semplice che permette di contenere l’impatto ambientale generato dagli allevamenti in mare. O sistemi come l’Integrated Multitrophic Aquaculture (IMTA), che simula quanto avviene negli ecosistemi naturali, massimizzando lo sfruttamento degli input immessi all’interno del sistema e operando nell’ottica della sostenibilità ambientale. Un altro aspetto sul quale l’acquacoltura del futuro dovrebbe focalizzarsi è quello relativo al benessere degli animali. I pesci sono animali ovviamente senzienti, ma la cui complessità è solo in parte conosciuta…. Ho detto che sono animali “ovviamente” senzienti, ma… incredibile a dirsi… questa caratteristica è stata riconosciuta ai pesci da relativamente poco tempo». Giulia Bartalozzi


Acquacoltura, nasce Skretting Aquaculture Innovation Skretting Arc, organizzazione di ricerca della Skretting — azienda che si occupa della fornitura di soluzioni nutrizionali innovative e sostenibili per l’industria dell’acquacoltura —, è stata rinominata in Skretting Aquaculture Innovation (AI) e ristrutturata in una unità completa e multifunzionale che incorpora al suo interno i team globali di marketing, sostenibilità e digitale, integrando tutti gli aspetti dell’innovazione, dalla ricerca di base a quella applicata, dallo sviluppo del prodotto all’innovazione digitale e alla sostenibilità. «Quello che abbiamo creato è un approccio completamente dinamico verso l’innovazione, dove non ci concentriamo solo su un singolo aspetto di essa, per esempio ingredienti, salute, digitale o solo sostenibilità», ha affermato il direttore ALEX OBACH. «Abbiamo messo tutto questo insieme in un centro di valore integrato e agile, focalizzato sulle esigenze attuali e future dei nostri clienti. Operiamo in un’area specifica della catena del valore dell’acquacoltura, con una grande diversità nei nostri clienti, nelle specie allevate e negli ingredienti disponibili. Tuttavia, ci sono aree di innovazione che aggiungono valore su tutta la linea, come la sostenibilità, il segmento della prima alimentazione, la salute, gli ingredienti e altro ancora», continua Obach. La nuova unità resta con sede a Stavanger, Norvegia, e comprende più di 150 esperti in tutte le aree funzionali, collaborando strettamente con i colleghi di tutto il mondo. Le nuove tecnologie e le prossime soluzioni di Nutreco Exploration (NutEx) forniranno ingredienti esclusivi grazie alla fitotecnologia, le biotecnologie e la chimica fisica. Le aree di innovazione di sono strettamente legate all’aumento globale del consumo di prodotti ittici, combinato con la crescita di consapevolezza dei consumatori. La pandemia ha evidenziato il bisogno di cibo sostenibile, sano e locale e c’è l’aspettativa che le aziende operino in modo responsabile, trasparente ed etico. «Contribuiamo a più di 21 milioni di pasti a base di pesce ogni giorno. Noi innoviamo per soddisfare le esigenze dei nostri clienti e della società in generale» conclude Obach. «Crediamo che le maggiori sfide che l’acquacoltura deve affrontare oggi siano gli ingredienti (disponibilità, sostenibilità e logistica), le questioni sanitarie e la circolarità. Abbiamo una chiara tabella di marcia per affrontare queste sfide e un team dinamico dedicato a portarle a termine. Sentiamo di avere la responsabilità di un doppio ruolo, sostenere il business con la responsabilità a lungo termine di portare soluzioni innovative e guidare l’acquacoltura nel futuro» (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Skretting).

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Photo © BioMar

BioMar: le microalghe non sono più un ingrediente di nicchia L’esperienza con le materie prime a base di alghe Per BioMar lo sviluppo di una vasta gamma di materie prime è fondamentale per fare innovazione, considerando che il processo di ricerca di nuovi ingredienti è in continua evoluzione, al fine di promuovere sia l’innovazione che la sostenibilità. La ricerca e lo sviluppo di ingredienti a base di alghe avviata da BioMar risale al 2013 e vanta progetti di ricerca di grandi dimensioni, sia interni che esterni all’azienda. Un esempio recente è costituito dal progetto “Alga4Fuel&Aqua”, una collaborazione tra BioMar Grecia, l’Università della Tessaglia e altri soggetti interessati. Nel 2016, i primi mangimi commerciali contenenti microalghe sono comparsi sul mercato e nel 2021 BioMar ha raggiunto il milione di tonnellate di mangimi

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Lo stabilimento di BioMar a Brande sta includendo sempre di più e in maniera più efficace le microalghe nella sua gamma di materie prime. Questo utilizzo consente all’azienda di incrementare i propri livelli di sostenibilità, in quanto è un ingrediente che contribuisce a ridurre la dipendenza dagli stock ittici selvatici per salmoni contenenti microalghe. Oggi, considerando l’aggiornamento della gamma di materie prime che ha interessato lo stabilimento BioMar di Brande, in Danimarca, le microalghe non devono più essere considerate un ingrediente di nicchia. L’Amministratore Delegato di BioMar per i Paesi baltici, ANDERS BRANDT-CLAUSEN, lo ha così spiegato: «Per noi le

microalghe hanno rappresentato a lungo, e continuano a rappresentare, un ingrediente strategico e rivoluzionario. Oggi siamo felici di poter aumentare notevolmente i volumi utilizzati e alzare l’asticella della sostenibilità per i nostri prodotti di punta. Le microalghe non sono più un’idea originale ma una realtà commerciale».

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Un profilo nutritivo e sostenibile Gli ingredienti di origine marina come la farina e l’olio di pesce sono eccellenti fonti di nutrienti, vitali per l’alimentazione dei pesci, ma si tratta di risorse limitate. Con l’inclusione nell’alimentazione di microalghe ad alto contenuto di acidi grassi omega a catena lunga è ora possibile bypassare il pesce selvatico e andare direttamente alla fonte originale di Omega-3 marini. Ciò contribuisce ad alleggerire la pressione sugli oceani, garantendo al tempo stesso che i pesci ricevano la nutrizione ottimale e necessaria e riducendo anche il rapporto Fish In: Fish Out. Un elemento per realizzare grandi ambizioni La filosofia di BioMar è quella di reperire materie prime e ingredienti che non siano in concorrenza con la catena di approvvigionamento umano. Questo è il motivo per cui sono state intraprese azioni concrete sulla base di una serie di obiettivi, tra i quali quello di rendere i mangimi

BioMar è una società pioniera nel settore dei mangimi per acquacoltura ad alta performance, la cui mission è fare la propria parte nel creare a livello mondiale un settore sano e sostenibile. Attualmente è attiva con 17 stabilimenti posizionati in tutto il mondo: Norvegia, Cile, Danimarca, Scozia, Spagna, Francia, Grecia, Turchia, Cina, Vietnam, Costa Rica, Ecuador e Australia. BioMar fornisce mangime a circa 90 Paesi per oltre 45 specie ittiche differenti. BioMar è interamente parte del gruppo industriale danese Schouw & Co., quotato presso il NASDAQ di Copenaghen. >> Link: www.biomar.com

BioMar —entro il 2030 — circolari e “riparatori” al 50%. Le materie prime circolari sono quelle provenienti da sottoprodotti e reflui e BioMar definisce come “ingredienti riparatori” quelle materie prime che riescono a spostare in maniera significativa l’equilibrio tra l’impatto sull’ecosistema e i sistemi di produzione umana verso un risultato ambientale netto positivo. AlgaPrimeTM DHA, di cui è fornitore Corbion, sarà inclusa nella formulazione dei mangimi di punta e ad alte prestazioni di BioMar e

contribuirà a migliorare il profilo di sostenibilità di gamme di prodotti quali Blue IMPACT, EFICO Enviro e ORBIT. «Quanto fatto a Brande rappresenta l’avvento di una nuova generazione di mangimi con un profilo di elevata sostenibilità. L’aggiunta di microalghe apre la strada a ulteriori sviluppi per i nostri mangimi sostenibili e i nostri allevatori potranno beneficiarne direttamente in azienda, con una riduzione dell’impronta di carbonio», ha concluso Anders Brandt-Clausen.

La sostenibilita’ e’ un principio cardine di Aller Aqua In Aller Aqua abbiamo abbracciato la sostenibilità, come un’opportunità per minimizzare l’impatto che l’acquacoltura ha sull’ambiente, ottimizzando al XIQTS WXIWWS PƅIƾGEGME HIM RSWXVM TVSHSXXM

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Photo: Fish Farm Fonda

Siamo orgogliosi di far parte di un futuro sostenibile e supportiamo gli OBIETTIVI DI UNO SVILUPPO 7378)2-&-0) ()00) 2%>-32- 92-8) Abbiamo scelto quattro obiettivi su cui concentrarci:


Studio Cetacei dello Stretto & Mediterranean Sea Turtle Project Continua l’attività di ricerca della NECTON Marine Research Society nell’area tra Eolie, Stretto di Messina e Golfo di Catania al fine di incrementare le conoscenze su presenza, distribuzione e stato di salute di cetacei e tartarughe marine in queste aree. In collaborazione con CHIBIOFARAM (Univ. Messina) e ISBM (Univ. Monastir Tunisia) verranno raccolte e analizzate le plastiche in superficie. Tutti possono partecipare ad uno o più programmi di ricerca: a ciascun turno settimanale potranno partecipare massimo tre persone che seguiranno lezioni teoriche su: tecniche di monitoraggio, utilizzo strumentazione, raccolta campioni biologici, analisi dati, biologia ed ecologia marina e parteciperanno a tutte le attività pratiche. Il corso dà la possibilità di ottenere crediti formativi. * Per ricevere calendario, programma e info: nectonricerche@gmail.com (Instagram: nectonmarineresearch).

Acquacoltura: la legge sul biologico è finalmente realtà Lo scorso 3 marzo il Senato ha approvato in via definitiva il DDL n. 988 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico”. Il nostro Paese ha un primato nel biologico conquistato grazie all’impegno di tanti agricoltori, spesso giovani, e di operatori della filiera che hanno creduto nella scommessa di conciliare il legittimo interesse d’impresa col bene pubblico della difesa del suolo, della biodiversità e della salute dei cittadini. Oggi questo impegno viene finalmente riconosciuto. “Grazie a questa legge il biologico può diventare il motore di rilancio dell’intero comparto agroalimentare. L’Italia ha una forte vocazione al biologico, che va incrementata con investimenti in ricerca, innovazione, formazione e comunicazione per continuare ad essere leader tra i Paesi europei che stanno investendo fortemente in questa forma di agricoltura che tutela uomo e ambiente, oltre a creare concrete opportunità di occupazione per giovani e donne”, hanno sottolineato FEDERBIO, AIAB, ASSOBIO, ASSOCIAZIONE BIODINAMICA, ASSOCERTBIO (fonte: Ufficio stampa FederBio).

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Storione cobice

SOSTENIBILITÀ

Il WWF e altre 15 Ong internazionali ricordano che l’emergenza continua

Allarme per i pesci d’acqua dolce Il rischio d’estinzione riguarda un terzo delle specie presenti nel mondo. 80 sono già scomparse e il numero è destinato a salire. Anche in Italia la situazione è molto grave e alcune specie non esistono più di Nunzia Manicardi

È uscito di recente il rapporto “The World’s Forgotten Fishes”, firmato da WWF e altre 15 Ong, tra cui London Zoological Society (ZSL), Global Wildlife Conservation e The Nature Conservancy. Secondo lo studio, di tutte le specie presenti sul pianeta 80 si sono già estinte — 16 delle quali soltanto lo scorso anno — e questo numero, con molta probabilità sottostimato, è destinato a aumentare. L’ultima scomparsa è quella del pesce spatola cinese (Psephurus gladius), dichiarata dallo Sturgeon Specialist Group (SSG) dello IUCN fra fine 2019 e inizio 2020. Il rischio è che nel giro di 15 anni scompaia ben un terzo delle specie. Si legge nel rapporto che negli ultimi 50 anni la popolazione di pesci migratori è diminuita del 76%, mentre quella dei grandi pesci, con

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peso superiore ai 30 kg, è calata del 94%. Nelle acque del Regno Unito, per esempio, è scomparso lo storione, mentre nel resto d’Europa sono a rischio salmoni e anguille. Lo studio cita tra le principali cause di questa drastica diminuzione il cambiamento climatico, ma aggiunge anche altri problemi come inquinamento, pesca eccessiva e poco sostenibile e l’introduzione artificiale di specie non native. Bisogna anche considerare, come sottolineano gli esperti, che milioni di persone fanno affidamento sui pesci d’acqua dolce, sia come fonte di sostentamento che di reddito, attraverso la pesca e il commercio di pesci per gli acquari. Particolarmente dannoso è il fatto che la maggior parte dei fiumi del pianeta sia parzialmente sbarrato da dighe o interessato da

impianti di captazione dell’acqua per uso irriguo. Il declino è catastrofico e, se si continuerà così, non potrà che peggiorare. Per questo, l’appello del WWF è di ripristinare gli habitat, di rafforzare le leggi di tutela delle acque interne e di sostenere obiettivi globali per il recupero delle aree naturali degradate. Già nel 2008 WWF Italia aveva pubblicato il dossier “Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci” con dati allarmanti sulla situazione nel nostro Paese. Delle circa 50 specie autoctone di pesci che vivono nei nostri fiumi, laghi e lagune, a quella data 3 specie si erano già estinte e 22 erano, a diverso grado, in pericolo di estinzione. Da quella ricerca era emerso che i nostri pesci d’acqua dolce più a rischio sono:

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• l’Anguilla, una delle specie più importanti per la pesca e per l’acquacoltura, in grado di vivere in una straordinaria varietà di ambienti, dalle acque oceaniche e marine costiere fino ai laghi e corsi d’acqua; • il Ghiozzo di ruscello, capace di vivere solo in acque limpide e ben ossigenate, ancora presente in pochi fiumi dell’Italia centrale; • il Panzarolo, tipico delle risorgive e endemico della regione padana; • il Carpione del Garda, anch’esso presente solo in acque pulitissime, ad alto rischio sia per la pesca eccessiva che per l’inquinamento delle acque del lago; • la Trota marmorata, presente in alcuni corsi d’acqua dell’Italia settentrionale, tra le prede più ambite dei pescatori sportivi ma minacciata, in particolare nei periodi di riproduzione, soprattutto da tutti gli interventi sui corsi d’acqua come la costruzione di argini artificiali, sbancamenti, prelievi di ghiaia, ma pure prelievi eccessivi di ghiaia e variazioni di portata dei fiumi per sfruttamento di energia elettrica. Tra le altre specie che stanno scomparendo il WWF segnalava anche: • il Carpione di Fibreno, che vive unicamente nell’omonimo laghetto dell’Italia centrale; • la Trota macrostigma delle regioni peninsulari tirreniche, Corsica, Sardegna e Sicilia, colpi-

Ghiozzo di ruscello (photo © Laura Pompei, vnr.unipg.it). ta da numerose estinzioni locali; • lo Storione cobice, nel bacino del Po e in alcuni fiumi del Veneto, una specie che migra tra gli estuari dei fiumi per poi risalire nel periodo di riproduzione i grandi fiumi, oggetto soprattutto della pesca professionale; • la Lampreda di ruscello, tipica delle aree peninsulari tirreniche in forte riduzione per il degrado degli habitat; • la Lampreda padana, anch’essa in forte riduzione per l’impoverimento dell’habitat. L’unica specie fuori pericolo era, e tuttora è, il Cavedano, perché molto resistente agli inquinamenti e

capace di nuotare persino in acque cosiddette eutrofiche a causa di scarichi industriali. La salvaguardia dei pesci d’acqua dolce rappresenta una sostanziale priorità di conservazione, in quanto i pesci non solo sono importanti indicatori di qualità ambientale, ma costituiscono soprattutto gli elementi fondamentali di quella ricchezza di specie, cioè di biodiversità, che rischia di ridursi sempre più velocemente. Solo grazie ad un adeguato e attivo coinvolgimento delle autorità preposte sarà possibile salvaguardare la biodiversità della fauna ittica ed evitare l’estinzione di migliaia di specie ormai a rischio. Nunzia Manicardi


AZIENDE

Erede Rossi: storia di una famiglia e di un’impresa che guardano al futuro La visione strategica e moderna di un Gruppo oggi leader nell’allevamento ittico d’acqua dolce e di mare, sempre più forte a livello internazionale, arrivato alla terza generazione di Elena Benedetti

Alla base dell’economia italiana ci sono le imprese famigliari, su questo non ci sono dubbi. Alcune di queste da una scintilla di ingegno magari arrivano a conquistare la scena internazionale e a tracciare un percorso di sviluppo e crescita lungo decenni. Alla loro base ci sono sempre valori legati al loro territorio, alla storia e alla tradizione. E proprio questi restano immutati, perno del business. Basta un’imma-

gine, la foto sbiadita scattata in un giorno qualsiasi di tanti anni fa, che riprende un momento di lavoro e di condivisione della famiglia, a consolidare quei valori nei protagonisti di quella storia, nei dipendenti e negli stessi visitatori di quell’azienda. Un frammento di ordinaria quotidianità

catturato da uno scatto fotografico che dice tutto, nel quale è racchiuso lo spirito di quel progetto di imprenditoria fatto di lavoro, successi, dolori, soddisfazioni e sano orgoglio. Vita, insomma. Cultura del territorio e famigliare Siamo a Sefro, in provincia di Macerata, un minuscolo comune al centro di una verdissima valle scavata dal torrente Scarsito, circondata dagli

A sinistra: lo scatto che immortala la prima generazione della Erede Rossi Silvio, con Silvio Rossi insieme ai due figli, Niccola e Carlo. Il terzo figlio, Mario, non è presente nella foto. A destra: il primo allevamento di trote a Sefro (MC) (photo © Erede Rossi Silvio).

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Appennini dell’entroterra marchigiano. L’aria è buona, la natura avvolgente. Qui 75 anni fa è nata la Erede Rossi Silvio, un’azienda agricola pioniera della troticoltura italiana e oggi leader europea nel settore dell’acquacoltura, d’acqua dolce e di mare. Furono le acque limpide del fiume Scarsito a indurre SILVIO ROSSI, nel lontano 1947, a cimentarsi nella troticoltura, un’attività, ricordiamolo, ancora tutta da scoprire e inventare nell’Italia del dopoguerra. Dalle prime vasche di allevamento si arrivò al primo di una serie di impianti e le trote divennero parte centrale della famiglia Rossi. La signora JOLANDA, moglie di Silvio, gestiva il punto vendita diretto e continuò a farlo, giorno dopo giorno, fino a tarda età. L’impegno fu enorme e i risultati sono oggi tangibili, con una realtà che conta oltre 300 dipendenti nelle varie aziende, 25 impianti di troticoltura in Italia e all’estero, un allevamento a mare in Albania, uno a terra in provincia di Brindisi, un’avannotteria di pesce di mare a Fasano (BR) e molti altri progetti in cantiere per il prossimo futuro.

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In alto: il benessere dei pesci d’allevamento rappresenta da sempre un aspetto di grande importanza per la Erede Rossi Silvio, dal momento che tale condizione, oltre a rispondere a motivazioni di tipo etico, sembra incidere fortemente sullo sviluppo di infezioni patogene, sulla resa e sulla qualità delle carni. Nel caso degli allevamenti Erede Rossi Silvio, l’ampia volumetria delle vasche impiegate e le basse densità unitarie adottate sono in grado di incidere favorevolmente sullo stato di benessere dei pesci (photo © Erede Rossi Silvio). In basso: Niccola e Carlo Rossi. Eh già, la famiglia di quella foto sgranata è cresciuta e ampliata e oggi NICCOLA ROSSI, dal suo ufficio a Sefro, mi mostra quell’immagine con emozione: c’è lui bambino,

seduto al posto di guida a fianco del fratello CARLO (l’altro fratello MARIO non è nello scatto) e il padre Silvio al loro fianco. Quando il padre improvvisamente viene a mancare è

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Niccola, allora 17enne, che prende in mano l’attività, incrementando, anno dopo anno, l’area di sviluppo dell’impianto con ristrutturazioni e rinnovi, venendo supportato in pieno dal fratello Carlo. Sono trascorsi 75 anni dall’incipit di questa storia di successo, da quell’intuizione di allevare le trote del torrente Scarsito e dallo svilup-

po pionieristico di questo business. Nel percorso di crescita Niccola ha contato sulla sua famiglia, sui suoi quattro figli, che insieme a lui sono stati e sono tuttora il motore del Gruppo. La primogenita amatissima SILVIA si occupava dell’area contabile e della gestione dei clienti. Mancata nel 2017, è stata una perdita im-

mensamente dolorosa che ha segnato i suoi cari e che viene ricordata in ogni occasione e nella quotidianità del lavoro di tutti. Gli altri tre figli si occupano degli aspetti gestionali e più propriamente operativi dell’attività. A tutti si aggiunge ancora oggi il fratello di Niccola, Carlo, che cura la gestione e supervisione degli allevamenti.

Sostenibilità energetica e ambientale, Erede Rossi sempre un passo avanti Niccola Rossi ha sempre ritenuto strategico dotare le proprie strutture di un’autonomia energetica e oggi questa visione sta dimostrando grande lungimiranza di pensiero (il tema della sostenibilità, oggi un must e sulla bocca di tutti, non era tra le priorità nel passato, anche recente). Oltre a ridurre la spesa energetica, la produzione d’energia da fonte rinnovabile costituisce per l’azienda agricola Erede Rossi Silvio un valore aggiunto in termini di sostenibilità ambientale, che ne consolida immagine e reputazione. Basti pensare che per ogni MWh prodotto tramite il fotovoltaico si evita l’emissione di 536 kg di CO2. Per le aziende soprattutto l’autoconsumo di energia derivante da fonte solare è un’ottima opportunità in quanto il picco di produzione di un impianto coincide proprio con le ore lavorative, quando l’energia sul mercato elettrico ha quotazioni basse. Erede Rossi ha sposato i valori della causa fotovoltaica dotandosi di pannelli fotovoltaici già nel 2000 a Brontoledo presso l’azienda agricola. A seguire gli allevamenti di Popoli, Tempera, Bussi e Sefro hanno sostituito le proprie tettoie con pannelli fotovoltaici. Questi impianti coprono il 100% della produzione, raggiungendo il totale autoconsumo. Sono poi già in programma i lavori per i nuovi impianti fotovoltaici di Calcio, Torre e Urago. Altre fonti di energie rinnovabili sono sfruttate a Osoppo, dove la centrale idroelettrica alimenta totalmente il fabbisogno energetico. In che modo? Grazie alla vicinanza di un fiume di grande portata e a una cascata naturale di tre metri, l’energia viene immagazzinata per mezzo di una centralina e impiegata per soddisfare tutta la richiesta di energia elettrica da parte dell’allevamento. E sul fronte ambientale? L’azienda Erede Rossi riconosce che il miglioramento continuo delle proprie performance ambientali si traduce in vantaggi, soddisfacendo le attese di miglioramento ambientale relativo al contesto territoriale in cui opera. Le acque sorgive purissime di sorgenti alpine in provincia di Bergamo e Brescia, quelle incontaminate di torrenti e fiumi nelle Marche e nell’Umbria rappresentano l’habitat naturale in cui si sviluppa e vive la trota della Erede Rossi. La qualità del pesce allevato dipende infatti in larga parte dalla qualità delle acque impiegate. Solo in acque veramente limpide e abbondanti la trota può respirare e nuotare come in natura e la sua carne acquistare quel sapore caratteristico che la contraddistingue in tavola. Negli allevamenti Rossi le caratteristiche di purezza, di temperatura e di ossigenazione sono tali da costituire l’ambiente ideale per la trota. Grandi portate di acqua pura in zone climatiche tra le più differenti garantiscono sempre ottime condizioni ambientali a diversa temperatura, che condizionano il ritmo di accrescimento del pesce, favoriscono una qualità elevata del prodotto e permettono di ottenere tutte le pezzature in ogni stagione dell’anno (in foto, le cascate naturali presso l’allevamento di Sefro; photo © Erede Rossi Silvio).

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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.

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Gli allevamenti, le acquisizioni Negli anni la famiglia Rossi ha sviluppato e consolidato il proprio business con sempre nuove acquisizioni e realizzazioni di impianti nei quali venivano affinate esperienza e professionalità per creare un knowhow che l’ha proiettata insieme con le sue aziende ai vertici dell’acquacoltura europea. «Oggi la Erede Rossi è un partner commerciale la cui affidabilità e professionalità sono riconosciute ed apprezzate in Italia, ma anche e soprattutto nei mercati di tutta Europa» sottolinea, con un giusto orgoglio, Niccola Rossi.

«La forza della Erede Rossi è sempre stata la lungimiranza; tutti gli allevamenti acquisiti o realizzati negli anni sono stati dotati di attrezzature che hanno reso la gestione sempre più efficiente e semplice; siamo stati i primi in Italia a utilizzare l’ossigeno liquido nelle acque di allevamento, una scelta già in ottica di sostenibilità, dato il conseguente notevole risparmio sui costi energetici. La qualità delle acque dei nostri allevamenti è così da sempre un “plus” che ci permette di portare sul mercato pesce sano e di qualità, con caratteristiche organolettiche

che nulla hanno da invidiare alle “trote di torrente”» continua Niccola Rossi. Forte di una capacità di visione del business davvero unica, capitalizzata negli anni, la Erede Rossi Silvio è un’azienda che continua a svilupparsi e ad investire ancora oggi. Il suo impegno si manifesta soprattutto nella ricerca di strutture moderne e tecnologicamente all’avanguardia come, ad esempio, il suo macello a Sefro, dotato del marchio CEE, innovativo nelle attrezzature dei vari reparti di eviscerazione, filettatura, tunnel di congelamento, affumicatu-

Zero antibiotici, un progetto fortemente voluto da Silvia Rossi In occasione dell’edizione 2018 del salone di Bruxelles Seafood Expo Global, il Gruppo Rossi ha voluto rendere omaggio alla figura mai dimenticata di Silvia Rossi, presentando ai partecipanti e ai buyer presenti il nuovo disciplinare di produzione di orate e spigole allevate “antibiotic-free”. Un evento in ricordo di Silvia, di ciò che ha rappresentato e rappresenterà in futuro per il Gruppo. Alla fine del secolo scorso c’è stato un abuso nell’impiego di antibiotici, in particolar modo con lo sviluppo di allevamenti intensivi di animali da reddito dove venivano utilizzati per promuovere la crescita o addirittura per prevenire patologie in animali sani. Purtroppo, l’uso eccessivo e prolungato di questi prodotti, da parte degli uomini e degli animali, ha favorito la selezione e lo sviluppo di microrganismi resistenti a queste sostanze, tanto che oggi sono considerati le principali cause della crescita e della diffusione di batteri antibiotico-resistenti con conseguente perdita della loro efficacia nel controllo di patologie e/o terapie nell’uomo. L’antibiotico-resistenza rappresenta una delle più grandi minacce alla salute pubblica, alla sicurezza alimentare e conduce a maggiori costi dei medicinali, a ricoveri ospedalieri prolungati e ad un aumento delle mortalità. Questi fenomeni di resistenza sempre più frequenti sono da controllare anche perché la ricerca oggi non è in grado di fornire o contribuire alla produzione di nuove sostanze più efficaci. Nel settore dell’allevamento animale il corretto utilizzo degli antibiotici è fondamentale per prevenire la presenza di residui nel cibo, per garantire l’efficacia delle terapie e limitare l’insorgenza di germi resistenti (EFSA, 2017). Per tutti questi motivi, negli allevamenti di pesci della famiglia Rossi, la filosofia dell’azienda è stata sempre quella di mettere al primo punto la ricerca e il miglioramento del “benessere animale”, in quanto solo così si possono ottenere i migliori risultati sia in termini di qualità del prodotto che di performance produttive. Sulla base di molti anni di esperienza nell’allevamento del pesce e in considerazione del fatto che la famiglia Rossi oggi controlla di fatto tutte le fasi di produzione, è stato deciso di pianificare un protocollo per la produzione di trote “antibiotic-free”. Nel novembre 2011, l’OIE e il WHO hanno lanciato un piano d’azione pluriennale volto a fronteggiare i crescenti rischi posti dall’antibiotico-resistenza. Il concetto di “One Health” raffigura il tanto ambito obiettivo dell’Europa Comunitaria di implementare linee d’intervento che agiscano su punti critici della salute animale per salvaguardare quella umana (EU, 2015). Comprendendo subito l’importanza dell’approccio “One Health”, la famiglia Rossi ha deciso di avviare un serio lavoro di miglioramento degli standard di allevamento, della biosicurezza e della corretta gestione dei parametri ambientali, al fine di favorire elevati standard di benessere animale. A partire dagli avannotti, dall’allevamento al trasporto e alle fasi successive di lavorazione questo programma si basa su tre importanti fattori, determinanti per raggiungere l’obiettivo prefissato: 1. individuazione e scelta dell’ambiente di allevamento; 2. gestione e tecniche di allevamento per il miglioramento del benessere dei pesci; 3. studio e sviluppo di diete bilanciate specifiche per ogni specie di pesce allevato utilizzando materie prime naturali in grado di attivare e potenziare il sistema immunitario dei pesci allevati.

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Certificazioni, il legame tra azienda e territorio Tra i primi a comprendere l’importanza strategica di dotarsi di certificazioni, oggi Erede Rossi ha tutte le carte in regola per muoversi sul mercato nazionale e internazionale. Gli standard internazionali Global Gap e ASC garantiscono infatti una qualità sostenibile; un sistema di gestione dell’attività dell’azienda che riduce al minimo l’impatto sull’ambiente e il territorio in cui essa opera. Certificarsi non è obbligatorio, ma è frutto di una scelta volontaria: l’azienda decide di stabilire, attuare, mantenere e migliorare un proprio sistema di gestione ambientale. Le certificazioni dimostrano un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività, unito alla ricerca sistematica del loro miglioramento. Erede Rossi ha implementato un sistema di gestione della qualità che risponde agli standard internazionali UNI EN ISO e IFS. Le certificazioni secondo tali standard dimostrano che l’azienda ha stabilito i processi necessari per garantire la sicurezza alimentare, la qualità della lavorazione e del prodotto finito. Non meno importante è la certificazione che attesta i suoi prodotti ittici da acquacoltura sostenibile con Friend of the Sea e di gestione con DNV-GL (photo © Erede Rossi Silvio).

ra e confezionamento in stretch e in atmosfera modificata. Nel corso della storia della famiglia Rossi il prodotto ha subito profonde modifiche di posizionamento nel mercato: i “clienti” passarono in breve tempo dai laghetti di pesca sportiva ai ristoratori, alle piccole pescherie, fino alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO). E fu proprio la collaborazione con la GDO che permise alla Erede Rossi di affinare le sue tecniche di allevamento e di adottare quelle “buone

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pratiche” che l’hanno resa una realtà strutturata in grado di rispondere in maniera puntuale alle richieste dei più grandi retailer italiani e stranieri. Strutturare la propria azienda secondo i dettami e le richieste dei capitolati della clientela e/o degli standard delle organizzazioni terze che promovevano e certificavano le buone pratiche di allevamento piuttosto che la sostenibilità sia ambientale sia sociale, fu un impegno non indifferente per gli uomini della “famiglia”

Rossi (e qui Niccola Rossi sottolinea, ancora una volta, come dentro quella “famiglia” ci siano anche tutti i collaboratori che negli anni hanno operato in azienda). Un impegno che molti allora, anche tra gli addetti ai lavori, non comprendevano e che invece la famiglia Rossi reputava fondamentale. Ecco che anche qui torna la visione, l’anticipare i tempi e operare scelte aziendali complesse che danno spessore e nuove opportunità alle attività commerciali.

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In alto: l’allevamento a mare Almarina, in Albania. In basso: la filettatura delle trote presso il macello di Sefro (MC).

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Dall’alto al basso, allevamenti di Biselli di Norcia (PG), Bussi sul Tirino (PE), Panittica di Fasano (BR) e Sefro (MC). L’oggi e il domani di Erede Rossi Silvio Oggi l’interesse da parte della famiglia Rossi è focalizzato soprattutto sul mercato estero e sull’allevamento a mare: ai fini di ampliare gli spazi dell’acquacoltura, cinque anni fa la famiglia Rossi ha infatti deciso di diversificare la produzione con l’avvio dell’allevamento di orate e branzini in Albania attraverso la società Almarina e, recentissime, sono l’acquisizione di Panittica Italia di Fasano (BR), un’avannotteria di branzini e orate con posizione di rilievo sul mercato internazionale, e del mangimificio di Terni con 4fish Srl, in modo da garantirsi una “fi-

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liera chiusa e sempre completamente integrata”. E il futuro? Il futuro del Gruppo è già tracciato nelle scelte e strategie della famiglia Rossi. Massima è l’attenzione verso la genetica, verso la ricerca, in un continuo slancio nell’anticipare le criticità facendosi trovare pronti con un prodotto perfettamente in linea con le aspettative del mercato. La strada è tracciata: la famiglia Rossi gestisce oggi una realtà di acquacoltura in acqua dolce e salata che è esempio virtuoso di circolarità e autoapprovvigionamento, per di più pienamente sostenibile dal punto di vista ambientale ed energetico.

Niccola Rossi, insieme ai figli Roberto e Rodolfo, si sta preparando per la prossima edizione del Seafood Expo Global / Seafood Processing Global a Barcellona (26-28 aprile 2022). Dopo due anni di pausa avranno parecchio da raccontare al mercato internazionale: visione, progettualità, innovazione e orgoglio di una famiglia italiana. Elena Benedetti Erede Rossi Silvio Via Madonna dei Calcinai 2 62030 Sefro (MC) E-mail: info@trote.it Web: www.trote.it

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Mare Gioioso di Sebastiano presenta “Bontà di mare in tavola”, la nuova linea di prodotti in vaschetta Vitalessio Margaritondo, responsabile relazioni esterne dell’azienda pugliese, ci racconta novità e investimenti su questa nuova gamma di prodotti pensata e realizzata per il canale della GDO di Federica Cornia

A Monopoli (BA), forte della sua quarantennale esperienza nel commercio di prodotti ittici, Sebastiano Gioioso ha creato Mare Gioioso di Sebastiano, un’azienda innovativa con l’obiettivo di garantire freschezza, sicurezza e qualità dei prodotti salvaguardando l’ambiente, attraverso l’implementazione di sistemi a ridotto impatto ambientale. Qui uno scatto all’interno del reparto di lavorazione dei prodotti “Bontà di mare in tavola” (photo © Mare Gioioso).

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Siamo nel cuore della Puglia, a Monopoli, in provincia di Bari. Qui da 6 anni opera la MARE GIOIOSO di SEBASTIANO, un’azienda fiore all’occhiello della filiera ittica italiana che grazie alla visione ed energia del suo fondatore e amministratore, SEBASTIANO GIOIOSO, oggi si distingue per l’innovazione dei prodotti e per l’adozione di sistemi a ridotto impatto ambientale. Costituita nell’estate del 2016, la Mare Gioioso di Sebastiano ha subito conquistato il mercato dell’ittico nazionale. Sicuramente la sua posizione è strategica, consentendo l’approvvigionamento dei prodotti dai principali porti del Sud Italia. Prodotti che sono commercializzati in fresco, decongelato e lavorato e, non ultimi, i preparati, garantendo così un’ampia scelta che soddisfa ogni necessità. Un’ampia offerta per ogni necessità Sul fronte del fresco, Mare Gioioso offre un’ampia gamma e quantità di pescato proveniente dai porti di Monopoli, Brindisi, Mola di Bari, Otranto, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, Savelletri ed ancora Termoli e Ortona. Oltre al pescato locale l’azienda di Sebastiano Gioioso conta su prodotti ittici freschi e di prima qua-

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Vitalessio Margaritondo, responsabile relazioni esterne dell’azienda di Monopoli (photo © Mare Gioioso). lità provenienti da mari dell’Europa (Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca...), dall’Africa e dal Medioriente e da allevamenti certificati di Grecia, Croazia e Italia. Per il decongelato una consolidata rete di relazioni commerciali garantisce un vasto assortimento di prodotti, in particolare polpi, seppie, calamari, totani e molti altri. È sui preparati che Mare Gioioso sta puntando molto, con parecchie novità. Innanzitutto si tratta sempre di prodotti lavorati e abbattuti, sicuri da un punto vista sanitario e adatti ad essere consumati crudi. Essi vengono congelati in monoporzioni, pronti per essere decongelati a temperatura di refrigerazione e consumati entro le 12 ore successive. Tartare, filetti, carpacci sono solo alcuni dei preparati elaborati dopo un attento lavoro di selezione

e trasformazione di materie prime di altissima qualità. Il lancio della nuova linea “Bontà di mare in tavola” Mare Gioioso è uscita con una nuovissima linea, “Bontà di mare in tavola”. Per sapere qualcosa di più abbiamo incontrato VITALESSIO MARGARITONDO, responsabile relazioni esterne dell’azienda. Come è nata l’idea di questa linea? «Nel corso dei mesi della pandemia, nel 2021, abbiamo approfittato della pausa forzata per mettere a punto una nuova linea di prodotti sia freschi che congelati, confezionati in skin e ATP denominata “Bontà di mare in tavola”, che ha ottenuto un importante riscontro soprattutto nel mondo della GDO, che è il mercato di riferimento per questo marchio».

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La nuova linea di prodotti freschi e congelati “Bontà di mare in tavola” si presenta in vaschette confezionate sia in atmosfera protettiva che in sottovuoto skin (photo © Mare Gioioso).

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Mare Gioioso di Sebastiano sta investendo per la creazione di un intero nuovo stabilimento dedicato alla nuova produzione della linea “Bontà di mare in tavola”, puntando ad accrescere sempre di più la propria presenza in GDO. Cosa la differenzia dalle altre linee di prodotto? «Il senso di questa nuova linea di produzione sta nell’offrire al consumatore finale un prodotto preparato, sicuro e pronto già alla cottura attraverso l’utilizzo di materia prima di primissima qualità». La gestione della sicurezza alimentare sarà sicuramente al centro del vostro lavoro? «Assolutamente! Ci avvaliamo di attrezzature di ultima generazione che permettono da remoto il controllo di ogni singola vaschetta che viene immessa sul mercato. Il lavoro svolto dal nostro ufficio qualità composto da un veterinario igienista ed una biologa permette di monitorare ogni fase di produzione in modo da garantire in ogni fase qualità e sicurezza. Per far ciò abbiamo dedicato un’area alla produzione delle nuove referenze e stiamo per allestire un intero nuovo stabilimento dedicato alla stessa nuova produzione, puntando ad accrescere sempre di più

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la fetta di mercato riguardante il mondo della GDO». La crisi pandemica ha sicuramente accelerato un’evoluzione delle scelte di acquisto da parte dei consumatori, che negli ultimi due anni si sono serviti sempre più di surgelati, prediligendo pesce allevato in Italia e sperimentando nuove ricette e abbinamenti in cucina. Da qui, l’idea del Gruppo Mare Gioioso nel dar vita ad un ambizioso programma di investimenti in know-how e risorse umane che oggi gli consente di entrare sul mercato e in GDO con il marchio “Bontà di mare in tavola”. Il prodotto ittico, rigorosamente controllato, è già “lavorato” così da essere pronto per la cottura. Si dice: “Dietro ogni problema c’è un’opportunità”. Ecco, dalla crisi pandemica e da quei mesi confusi e tormentati per noi tutti tanti imprenditori hanno lavorato per trovare soluzioni e nuove opportunità di mercato. Mare Gioioso di Sebastiano è un bell’esempio! E oggi la sua visione è sulle tavole degli Italiani. Federica Cornia

Mare Gioioso di Sebastiano Srl a socio unico Contrada Baione 70043 Monopoli (BA) Telefono: 080 4174806-7 E-mail: commerciale@maregioioso.it Web: www.maregioioso.it instagram.com/maregioioso facebook.com/maregioiososrl

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La Selvaggia di Marina di Ravenna, perché è così speciale di Elena Benedetti

La storia di un prodotto non sempre, anzi, forse quasi mai, è il risultato di un agire collettivo del territorio. Ecco, invece quella de La Selvaggia di Marina di Ravenna è proprio centrata su una visione comune che coinvolge industria, amministrazione locale, maestranze, tecnici e ambiente. Diciamolo forte e chiaro: è un progetto bellissimo, singolare e unico che solo i Romagnoli, con la loro inventiva e spirito di collabo-

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razione, si potevano inventare. E se non c’è nulla di più distante da una piattaforma delle Eni e uno Slow Food, è bastato un piccolo mitile che cresce in acque pulite a creare la magia! Vi abbiamo già raccontato com’è iniziata la storia della Selvaggia, l’incipit con la trasformazione dei pescatori di cozze in operatori tecnici subacquei professionali altamente specializzati (si veda IL PESCE n. 1/2022, pag. 52).

Unicità e salubrità del prodotto La selvaggia è un prodotto unico nel suo genere in quanto si tratta di una cozza che compie il suo ciclo di vita in maniera spontanea, dalla sua formazione fino alla raccolta. Quest’ultima è l’unica fase che richiede l’intervento dell’uomo. L’operazione viene svolta a mano e la peculiarità sta appunto nel fatto che queste cozze crescono nelle parti sommerse delle piattaforme.

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Photo © Max Cavallari

La salubrità dell’habitat marino, testimoniato anche da numerosi banchi di pesce che si possono spesso notare in prossimità delle piattaforme, è sicuramente stata favorita anche dal divieto di qualsiasi tecnica di pesca nel raggio di 500 metri dagli impianti. «Dal punto di vista della sostenibilità si può ben dire che si tratta di un prodotto altamente sostenibile perché è uno stock selvatico che si autorigenera e dagli studi è inoltre emerso che la risorsa, seppur sfruttata, non è in calo» mi spiega SIMONE D’ACUNTO, direttore del CESTHA, il Centro Sperimentale per la tutela degli Habitat che ha seguito lo sviluppo del marchio. Il trend di produzione monitorato dal CESTHA nel corso degli anni è stabile e testimonia uno sfruttamento pienamente sostenibile. «Va poi aggiunto che in tutti i casi queste cozze andrebbero comunque rimosse per il lavoro di manutenzione e pulizia delle parti sommerse delle piattaforme e il fatto di impiegarle per il consumo è un valore aggiunto per la circolarità del progetto». Dal punto di vista del prodotto e delle sue qualità organoletti-

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Come si riconosce La Selvaggia di Marina di Ravenna? La valva ha un colore nero uniforme e la superficie è molto incrostata di cirripedi. All’assaggio è molto carnosa e saporita. Anche il mollusco risulta di grosse dimensioni. che sono emersi valori nutraceutici elevati: «La forma la qualità, il peso e il contenuto delle carni sono superiori rispetto alle cozze d’allevamento perché sono animali non stressati» sottolinea Simone D’Acunto. Un ultimo aspetto da non dimenticare è che, in quanto spontanea, la cozza Selvaggia non

produce plastica per i suoi processi di crescita. Tanti appellativi, un solo nome, un solo marchio La bontà di queste cozze nel tempo si è diffusa e la richiesta da parte dei consumatori locali è elevata, senza trascurare il fatto che questi mitili

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sono oggetto di frodi commerciali, essendo spesso venduti erroneamente con questo nome. Circolano tanti appellativi lungo la costa, dalle cozze del palombaro, alle cozze di fondale, cozze di Marina. Ma il nome certificato e tutelato è uno solo ed è La Selvaggia di Marina di Ravenna che è tutelata e protetta dal suo marchio, fondato lo scorso anno con un progetto finanziato dal FLAG COSTA dell’Emilia Romagna all’interno della misura 4.63, azione 1.C b), qualificazione delle produzioni e dei luoghi dove si svolge l’attività dell’operatore ittico – interventi immateriali. «Non a caso abbiamo scelto “selvaggio” e non “selvatico” e anche l’ubicazione di Marina di Ravenna è fondamentale perché rimanda al luogo simbolo del lavoro dei pescatori, che negli anni si sono trasformati da cozzari a operatori tecnici subacquei» conclude D’Acunto. Come si riconosce La Selvaggia? La valva ha un colore nero uniforme e la superficie è molto incrostata di cirripedi. All’assaggio è molto carnosa e saporita. Anche il mollusco, il cosiddetto frutto, risulta di grosse dimensioni. Questo aspetto è dovuto anche al fatto che l’animale sia poco stressato anche durante le fasi di lavorazione a bordo, mantenendo un’elevata vitalità anche a distanza di parecchie ore. Elena Benedetti

In alto: ecco un’immagine che testimonia la salubrità dell’habitat nei pressi delle piattaforme, favorito anche dal divieto di qualsiasi tecnica di pesca nel raggio di 500 metri dagli impianti. In basso: La Selvaggia presenta una valva dal colore nero uniforme e dalla superficie molto incrostata di cirripedi. Il mollusco risulta di grosse dimensioni (photo © Max Cavallari).

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Piccola e Media Pesca La Romagnola Soc. Coop. Via Molo Dalmazia 53 48100 Marina di Ravenna (RA) Web: cooperativalaromagnola.it Nuovo Conisub Soc. Coop. Via Molo Dalmazia 47 48100 Marina di Ravenna (RA)

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Sacca di Scardovari, progetti e attività Abbiamo incontrato Luigino Marchesini, presidente del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine, per fare il punto su questo territorio e sulla produzione della sua molluschicoltura d’eccellenza di Elena Benedetti

Il Delta del Po è una zona umida ricca di biodiversità, dove l’acqua dolce incontra il mare e in cui il fiume ha formato lagune poco profonde che sono ideali per la coltivazione dei molluschi bivalvi quali le vongole veraci e i mitili. Le lagune in cui crescono i molluschi del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine sono territori di grande importanza naturalistica ubicati nel Parco Regionale del Delta del Po Veneto. Le loro acque sono esenti da inquinanti esterni: nessuna attività industriale è presente in questo territorio.

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Come procede la produzione della vongola di Scardovari? Quali sono le novità e i progetti in corso del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine? Siamo andati a Scardovari, nella piccola frazione di Porto Tolle (RO), ad incontrare LUIGINO MARCHESINI, il presidente di questa realtà che aggrega 14 cooperative per un totale di 1.500 pescatori (700 dei quali donne), che operano nella più estesa laguna del Delta del Po. Un paesaggio affascinante, unico, che emoziona sempre noi visitatori e che è espressione di un equilibrio tra natura, condizioni climatiche, ricerca scientifica, tecniche allevatoriali nella produzione di molluschi bivalvi e, non ultima, una cultura profondamente radicata negli operatori di queste lagune, tra pescatori e imprenditori che col loro lavoro contribuiscono al sostentamento

dell’economia polesana portando vongole, cozze, fasolari, lupini, tartufi, cannelli e ostriche sulle tavole di tutta Italia. Un equilibrio che però è complesso, fragile nel far fronte alle improvvise avversità del meteo, alla mutevole situazione dei fondali che richiedono continui interventi di dragatura e pulizia, un’opera di manutenzione della laguna che è un impegno enorme che necessita risorse sul lungo periodo. Luigino Marchesini ne sa qualcosa e le sue relazioni con la Regione Veneto, con gli enti di categoria e di rappresentanza del settore a livello nazionale ed europeo sono la quotidianità. «Nel 2021 abbiamo registrato un grosso calo di produzione e, un po’ come tutti, ci siamo ritrovati a pagare dei costi energetici che sono volati alle stelle (solo

nel mese di dicembre 2021 siamo passati da 21.000 a 37.000 euro di spese di elettricità), nonostante il nostro impianto fotovoltaico attivo, e a veder ridotti i nostri margini» mi dice il presidente del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine. «Nel corso dello scorso anno abbiamo prodotto 45.000 quintali di prodotto (nel 2017 erano stati 85.000 i quintali), registrando un pesante calo, anno dopo anno, che ha fatto salire il prezzo oggi molto alto» sottolinea Marchesini. Le cause imputabili alla ridotta raccolta di prodotto sono tante, attribuibili principalmente alle condizioni del territorio con cui si confrontano quotidianamente i pescatori nella laguna del Delta: un Delta che porta con sé detriti e i cui fondali necessitano di continue bonifiche.

Nel 2013 il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine ha ottenuto la certificazione biologica per la cozza della Sacca di Scardovari, estesa nel 2015 anche alla vongola verace. Nel 2018 è stata conseguita la certificazione biologica anche per gli allevamenti di mitili in mare aperto siti in fronte Delta del Po. La Cozza di Scardovari DOP si contraddistingue per le carni più polpose — il Disciplinare indica uno stato di pienezza della parte edibile del mollusco rispetto all’intero organismo maggiore del 25% —, meno salate e più dolci grazie al basso contenuto in sodio (photo © cibosogood.it).

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A pochi chilometri dalla sede del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine è operativo lo stabilimento dedicato al confezionamento, soprattutto del sottovuoto, dedicato alla GDO. Cozze, vongole, ostriche, lupini passano attraverso una macchina che rimuove impurità e bisso per poi porzionare e confezionare sottovuoto il prodotto non pastorizzato, pronto per l’uso e la cottura. I molluschi sono commercializzati anche nei tradizionali retini, oggi disponibili anche in materiale non plastico. A pochi chilometri dalla sede del Consorzio lo stabilimento già avviato alla depurazione e al packaging sottovuoto sta invece dando grandi soddisfazioni, con le linee di confezionamento dedicate principalmente a soddisfare gli ordini della GDO, che riconosce la qualità dei prodotti del Consorzio tanto quanto il consumatore finale, che ne apprezza la bontà e la praticità d’uso. «Dato l’aumento del prezzo il nostro è sicuramente diventato un prodotto più di nicchia e magari per ristoranti con qualche stella in più» precisa il presidente del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine. I prodotti del Consorzio Tra i prodotti di punta c’è sempre la Cozza di Scardovari, che dal 2013 vanta il riconoscimento come prima Denominazione di Origine Protetta (DOP) per i molluschi, e dal 2015 anche la certificazione biologica, estesa

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anche alla vongola verace sia per gli allevamenti di mitili nel Delta del Po che per quelli operativi in mare aperto. Oltre alla cozza di Scardovari il Consorzio commercializza vongole, fasolari, lupini, tartufi, cannelli e ostriche. Obiettivi per il prossimo futuro Quali sono le attività in cui è maggiormente focalizzato il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine? «Sicuramente siamo al momento molto concentrati negli interventi strutturali in laguna, nel lavoro lungo e delicato di ottenimento dei fondi regionali ed europei che sono fondamentali per far fronte alla manutenzione dei fondali e alla tutela della nostra produzione ittica» risponde Marchesini. Questa parte del lavoro è ovviamente molto articolata e richiede tempi lunghi, negoziazioni e un confronto che spesso, soprattutto

in sede europea, è complesso perché ci si confronta con Paesi che si affacciano su tratti costieri di mari completamente diversi, come tutto il Nord Europa. «Un esempio? Mi è capitato di sentirmi chiedere — in sede di Commissione europea, ad un tavolo di lavoro nel quale partecipavano numerosi rappresentanti di Paesi dell’EU — se era nostra prassi dare antibiotici a vongole e cozze! Ecco, questo per far capire quanto sia complicato il confronto con l’UE e quanta poca conoscenza qualcuno abbia su un prodotto, il nostro, che nutrendosi di fitoplancton è completamente naturale. Ci si ritrova così a discutere di giornate di pesca — che penalizzano tanto i nostri pescatori — e di modalità di pesca con realtà che nulla hanno a che spartire con la nostra laguna, in un contesto faticoso e, a volte, anche surreale».

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Il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine ha realizzato 5 flupsy, gli impianti di allevamento dei primi stadi giovanili dei molluschi caratterizzati da strutture sospese nelle quali un sistema di pompaggio dell’acqua garantisce il flusso idrico e quindi un’alimentazione costante e continua (Floating Upweller System). I flupsy sono ubicati nei pressi dell’impianto di depurazione e packaging del Consorzio. Per risolvere le difficoltà attuali del comparto della molluschicoltura lagunare quali dovrebbero essere le soluzioni auspicate? «Bisognerebbe che tutte le forze politiche nazionali e del territorio vedessero il mondo della pesca in termini di possibilità di reddito, di posti di lavoro: se io dai 45.000 quintali di prodotto arrivassi ai 100.000 quintali avrei sicuramente creato nuove opportunità di lavoro. Se la Regione mi potesse dare gli strumenti in breve tempo per fare scavi e interventi in laguna, sburocratizzando certe situazioni, ne trarremmo grande vantaggio per tutta l’economia del territorio». Alla luce della situazione attuale presentata da Luigino Marchesini, quest’anno il Consorzio Cooperative

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Pescatori del Polesine nella sacca di Scardovari ha realizzato 5 flupsy, gli impianti di allevamento dei primi stadi giovanili dei molluschi caratterizzati da strutture sospese nelle quali un sistema di pompaggio dell’acqua garantisce il flusso idrico e quindi un’alimentazione costante e continua (Floating Upweller System). I flupsy sono ubicati proprio nei pressi dell’impianto di depurazione e packaging del Consorzio, dandoci proprio l’idea di un ciclo perfetto, continuo, che grazie a questo ecosistema tutelato e protetto — con il supporto e il lavoro dei suoi operatori — porta sulle nostre tavole prodotti naturali e davvero unici. Buon lavoro! Elena Benedetti

Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine Via della Sacca 11 45018 Scardovari (RO) Telefono: 0426 389226 Web: www.scardovari.org

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Little Fish, la cultura e la professionalità del pesce fresco dell’Adriatico Little Fish Srl è una società a conduzione familiare, nata dalla storia di specialisti nell’attività della pesca e del commercio di prodotti ittici legati alla tradizione del Mare Mediterraneo, nello specifico dell’Adriatico. Little Fish è specializzata nella “lavorazione del pesce fresco” (decapitato, eviscerato, deliscato) proveniente dai mercati ittici locali o direttamente dalle imbarcazioni. Il progetto imprenditoriale nasce per promuovere e valorizzare le specie ittiche del territorio, offrendo un prodotto di qualità, sempre fresco, il cui valore aggiunto è quello di essere già pulito e pronto all’uso. Little Fish da fine 2014 può vantare di aver portato il PESCE FRESCO nelle scuole! Questo ha significato avvicinare con consapevolezza tanti bambini all’importanza di seguire un’alimentazione sana, equilibrata e di qualità. Dal 2018, inoltre, l’azienda partecipa allo sviluppo di piattaforme digitali di rilievo sul territorio italiano che hanno come scopo quello di portare il pesce fresco dal pescatore direttamente sulle tavole dei consumatori. In questi anni Little Fish si è posta come obiettivo ultimo quello di diventare fornitore di riferimento per la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione del prodotto ittico fresco dell’Adriatico. Ad oggi, infatti, vanta collaborazioni con grandi realtà appartenenti al settore GDO, le quali si affidano ad essa per la qualità del prodotto ittico lavorato, valorizzata anche dalla praticità delle vaschette in cui il pesce è confezionato in MAP: questa tipologia di chiusura delle vaschette ha permesso ad un prodotto così de-

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I filetti di sardina sono puliti a macchina, si presentano senza testa, completamente eviscerati e deliscati (photo © Little Fish). licato di allungarne la sua shelf-life, senza l’utilizzo di conservanti. Il confezionamento in atmosfera protettiva (MAP) è una tecnologia che, grazie alla sostituzione dell’aria con una miscela di gas (prevalentemente costituiti da azoto, ossigeno e anidride carbonica) permette di aumentare il periodo di conservazione (shelf-life) dei prodot-

ti alimentari, in particolare di quelli deperibili, mantenendone inalterate le proprietà sensoriali grazie all’azione inibente e batteriostatica dei gas utilizzati. Le virtù nutrizionali, l’aspetto (dimensioni, volume, ecc…) e il sapore del prodotto rimangono quindi inalterati. Ciò riduce sensibilmente gli sprechi, permette al pesce di essere trasportato anche a

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Little Fish ha conseguito le certificazioni IFS, standard internazionale riconosciuto da GFSI, e ISO 22000 sui sistemi di gestione per la sicurezza alimentare. lunga distanza ed essere facilmente esposto per la commercializzazione e la vendita. L’attività principale di Little Fish è dunque quella di mettere in risalto le peculiarità del cosiddetto “pesce povero”, ovvero di quelle specie ittiche poco conosciute o scarsamente valorizzate, quali l’alice, la sardina, il cefalo, ecc…

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Il claim dell’azienda è “mangia tutto quello che acquisti”, in quanto i prodotti ittici commercializzati sono pronti al consumo e non hanno alcuno scarto. Questa caratteristica le ha permesso di introdurre i propri prodotti anche nelle mense scolastiche. Già da qualche anno, dopo una prima fase pilota finalizzata a verifi-

care il livello di gradimento da parte dei bambini, il pesce fresco locale ha sostituito i prodotti di importazione extra-UE ed è stato inserito nel menù settimanale delle mense scolastiche di Rimini, Bologna e diverse località della Regione Marche. Quest’iniziativa ha permesso non solo di valorizzare il pesce fresco del nostro mare, ma anche di combattere lo spreco alimentare. A tal proposito, L’azienda ha un sistema di raccolta degli scarti di lavorazione Cat. 3 (non destinati al consumo umano), i quali vengono convogliati in bins dedicati, attraverso una coclea. Tali scarti di lavorazione vengono poi ritirati da aziende specializzate che si occupano dello smaltimento e/o riutilizzo dello stesso. Protagonisti delle produzioni quotidiane sono sardina e alice (pesce azzurro), cefalo, misto pesce di paranza (triglia, paganello, cappone, molo, ecc…), sogliola, branzino, orata, moscardino, totano, calamaro, canocchia e tanti altri prodotti pescati quasi interamente nell’Adriatico. Little Fish segue scrupolosamente le normative vigenti dal punto di vista della sicurezza alimentare e ogni prodotto viene identificato avvalendosi di un sistema informatizzato che ne garantisce la tracciabilità lungo tutto la filiera. Little Fish Srl ha conseguito la certificazione IFS, standard internazionale riconosciuto dal GFSI (Global Food Safety Initiative), e la ISO 22000 sui sistemi di gestione per la sicurezza alimentare. L’organizzazione, attraverso il conseguimento di tali certificazioni, desidera mostrare il proprio impegno e la politica di miglioramento continuo nei confronti dei propri clienti, garantendo prodotti sicuri e costanti dal punto di vista qualitativo.

Little Fish Srl Viale dell’Economia 8 47838 Riccione Telefono: 0541 741409 Web: littlefish.it

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Specialisti del tonno e della sostenibilità dal 1977

FRIME, azienda leader nella vendita di tonno MSC in Europa FRIME, leader nella distribuzione e commercializzazione del tonno a pinne gialle (Thunnus albacares, conosciuto anche come tonno albacora o tonno monaco) lavorato in Europa, ha chiuso l’esercizio 2021 con un fatturato di quasi 150 milioni di euro, cifra che rappresenta una crescita del 46% ed è un record assoluto per l’azienda spagnola con sede a Barcellona. Con un volume di 40.000 MT

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all’anno e una forza lavoro di più di 300 dipendenti, FRIME, presieduta da SALVADOR RAMON, è un fornitore di pesce e frutti di mare che mette al primo posto il rispetto del mare e la qualità dei suoi prodotti. La sua mission? “Fare innovazione nel comparto dei prodotti provenienti da pesca sostenibile, standardizzandoli attraverso l’industrializzazione”. La sua filosofia? “Cambiare il mondo migliorando l’alimentazione di tutte

le famiglie con prodotti provenienti dalla pesca responsabile”. Perseverare: l’azienda espande le sue strutture Dopo 40 anni di attività, FRIME continua la sua ricerca dei prodotti più gustosi e di più elevata qualità con i più alti standard di sicurezza alimentare. La politica di qualità e sicurezza alimentare di FRIME copre tutti i processi e le aree

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Con il marchio“Køldfin”la spagnola FRIME propone a ipermercati e supermercati una gamma di prodotti congelati di tonno ad alto valore aggiunto composta da otto referenze. La qualità eccezionale dei prodotti è stata riconosciuta e premiata con il Superior Taste Award nel 2022 per il terzo anno di fila, ottenendo il punteggio massimo di tre stelle.

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L’impegno con “Køldfin” nella vendita al dettaglio Nel 2020, FRIME ha concentrato la propria attività su HO.RE.CA. e fornitura ai grossisti e, poco prima della pandemia, ha avviato una nuova strategia che coinvolge lo sviluppo della sua attività al dettaglio e che ha raccolto già molti successi negli ultimi mesi. A metà dello scorso anno, l’azienda ha lanciato la sua prima proposta di marchio per ipermercati e supermercati col nome di “Køldfin”, con una gamma di prodotti di tonno congelati ad alto valore aggiunto composta da otto referenze a seconda dei diversi tagli. Køldfin è diventato uno dei principali pilastri dello sviluppo sostenibile di FRIME, con materie prime certificate MSC e Dolphin Safe. Inoltre, i prodotti Køldfin sono di qualità eccezionale e la materia prima è stata premiata con il Superior Taste Award nel 2022 per il terzo anno di fila, ottenendo il punteggio più alto di tre stelle.

FRIME, leader nella distribuzione e commercializzazione del tonno a pinne gialle lavorato in Europa, ha chiuso l’esercizio 2021 con un fatturato di quasi 150 milioni di euro, cifra che rappresenta una crescita del 46% ed è un record assoluto per l’azienda spagnola con sede a Barcellona. aziendali, comprese le tre aree di produzione con cinque stabilimenti nei quali vengono lavorati i prodotti surgelati, freschi e semiconservati, nonché sei banchi gestiti da Mercabarna. Gli impianti sono dedicati alla trasformazione di cefalopodi e al pesce spada e tonno con produzioni certificate IFS e MSC. Nel settembre 2021, l’azienda ha avviato la costruzione di due nuovi impianti automatizzati a La Roca del Vallès (Barcellona), che saranno completati a giugno e dove verrà

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trasferita anche la sede. Saranno in totale due stabilimenti (su un’area di circa 8.500 m2), con un investimento previsto di circa 16 milioni di euro. I due attuali magazzini ad Arenys de Munt saranno utilizzati per i prodotti freschi, i prodotti in semiconserva e per la Ricerca & Sviluppo. A livello logistico, ci sarà un magazzino refrigerato nella città di Castellolí (Barcellona), con una capacità di 800 tonnellate a –60 °C e un altro spazio a –25 °C per 8.000 tonnellate.

Specialisti del tonno e della sostenibilità dal 1977 FRIME ha definito cinque obiettivi per ridurre al minimo la sua impronta ambientale, concentrandosi sull’efficienza energetica dei suoi impianti e sull’economia circolare, contro lo spreco di materie prime e materiali, e la riduzione delle emissioni di carbonio, sempre nel rispetto del mare e della sua biodiversità. FRIME è certificata MSC CoC, con più del 90% del tonno venduto certificato. Il suo obiettivo è quello di continuare ad aumentare questa percentuale, garantendo la sostenibilità degli stock di tonno. Allo stesso modo, attraverso il monitoraggio lungo tutta la catena produttiva, garantisce la trasparenza e la tracciabilità per tutti i consumatori.

>> Link: www.frime.com

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BiERRETi Srl, scopriamo la nuova piattaforma logistica di fresco e congelato Una realtà unica che gestisce un polo d’eccellenza nel Delta, di supporto alla filiera ittica e progettato per essere a impatto zero in ottica ambientale di Elena Benedetti

Quali sono gli elementi chiave che rendono un business di successo? Il prodotto, sicuramente, insieme a strategia, visione e, non ultimo, anche processo logistico. Già, perché le attività di trasferimento delle mer-

ci all’interno dell’azienda e la loro spedizione ai clienti sui vari mercati incidono parecchio sulla produttività. Servono strutture, competenze, connessioni e professionalità in un mondo sempre più iperconnesso e

fluido. Se poi contestualizziamo la logistica nell’industria del rifornimento alimentare, ecco che essa rappresenta il principale ambito di azione per lo sviluppo, l’integrazione e la modernizzazione delle imprese e

BiERRETi Srl è specializzata nel trasporto a temperatura controllata di prodotti alimentari ittici e ortofrutticoli, freschi, congelati, refrigerati e marinati. La società fornisce ai suoi clienti carico completo e groupage raggiungendo tutto il territorio italiano ed europeo senza mai interrompere la catena del freddo.

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Da sinistra, Luca Modena, responsabile della piattaforma logistica, Maximiliano Ripepi, che cura la parte meccanica, Carlino Ripepi, impegnato nella parte logistica e di programmazione, Robertino Bonato, che segue le attività commerciali e di sviluppo, e Ida Nardini, responsabile amministrativa.

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delle reti di approvvigionamento. Ne sa qualcosa BiERRETi Srl, società con sede operativa a Taglio di Po, in provincia di Rovigo, molto conosciuta e stimata nel comparto ittico per l’esperienza che ha consolidato nel corso dei 18 anni di attività grazie al lavoro avviato nel 2004 dai suoi tre soci, ROBERTINO BONATO e i fratelli CARLINO e MAXIMILIANO RIPEPI, a cui oggi si affiancano un centinaio di dipendenti, tra impiegati, operai e autisti. A inizio gennaio 2022 BiERRETi ha infatti inaugurato un moderno polo logistico a temperatura controllata che ha finalmente riunito in un’unica sede il fresco e congelato a Taglio di Po (mentre prima il fresco era gestito nella sede di Porto Viro), una piattaforma che si estende su 2.000 m2 di superficie adibita a smistamento e che conta 16 porte, oltre ad una capacità di stoccaggio di 3.600 posti pallet con l’obiettivo a breve di arrivare a 5.800 posti pallet complessivi. «La logistica è un fattore strategico per la competitività a livello distributivo e BiERRETi, consentendo la riduzione delle operazioni di movimentazione e di trasporto, la riduzione dei volumi immagaz-

La nuova piattaforma di smistamento del prodotto fresco nel polo logistico di Taglio di Po (RO), che si estende su una superficie di 2.000 m2 a temperatura sopra lo zero. zinati e dei costi di investimento per le aziende del settore ittico, è un partner valido e sicuro» mi dice Robertino Bonato, accogliendomi in una grande e luminosa sala riunioni. La filiera ittica, dipendendo fortemente dall’estero per quanto

riguarda l’approvvigionamento del prodotto, ancor di più richiede competenza nella fase logistica: le distanze, la deperibilità, la necessità di garantire il monitoraggio continuo della qualità e rintracciabilità sono punti critici che le aziende del settore conoscono bene, a cui si

Lo stoccaggio del congelato Presso questo nuovo magazzino dotato di tutti i sistemi di controllo (tracciabilità e HACCP in primis) c’è la possibilità di stoccare per le aziende del distretto ittico veneto situate nelle vicinanze del loro sito produttivo e, quindi, con tempi e costi di approvvigionamento decisamente inferiori rispetto agli attuali, visto che non ci sono strutture simili nell’area vasta che abbraccia Venezia, Ravenna e Ferrara. I magazzini più vicini, utilizzati da diverse aziende della zona del nuovo insediamento, sono situati nell’area di Modena, Verona e Venezia, con conseguenti tempi tecnici e costi maggiori per la disponibilità della merce. Da non sottovalutare, poi, come l’attività di stoccaggio c/ terzi sia fonte di risparmio energetico e, quindi, di costo per le altre realtà che, molto spesso, possiedono celle obsolete. Inoltre, la vicinanza territoriale potrebbe far entrare in questo mercato qualche nuovo piccolo produttore che ora è scoraggiato dal trattare il prodotto congelato per via dei costi di realizzazione, troppo ingenti per la propria struttura. Il fatto che BiERRETi offra tutti i servizi dello stoccaggio dei prodotti congelati permette, inoltre, un onere interno in meno per i clienti che, in tempo reale, possono vedere le giacenze e lo stato della propria merce (temperatura, ecc…), il mantenimento della catena del freddo, senza occupare proprio spazio e personale, richiedendo la merce al bisogno grazie alla rete di trasporto su gomma che garantisce la consegna in tempi brevissimi. Per i clienti esteri o che provengono da zone più remote d’Italia l’ubicazione della piattaforma si trova in una posizione decisamente strategica per uno sviluppo sul mercato italiano e/o del Nord Est, in quanto tempi e modalità di consegna vengono così abbattuti. Gli scarichi dei mezzi contenenti la merce da stoccare possono essere effettuati anche se le derrate viaggiano in container, in quanto è prevista anche l’attività dello scarico container da 20’ e da 40’. >> Link: www.bierretitrasporti.it

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aggiungono i fattori di stagionalità per certe specie ittiche e la necessità di ridurre gli stock lungo il canale distributivo. Per questi motivi, e in linea con la sua strategia di crescita continua e costante passo dopo passo, BiERRETi ha deciso di investire in una nuova piattaforma che gestisce in modo efficiente la catena del freddo in un’ottica di piena ecosostenibilità. La sede è infatti dotata di un impianto fotovoltaico che consente di provvedere alla quasi totalità del consumo elettrico, mentre l’acqua impiegata per il raffreddamento delle celle che viene riciclata e depurata e rimessa in circolo e quella piovana è impiegata per l’irrigazione del giardino e il lavaggio degli automezzi. Gli ambienti preposti a uffici e le aree adibite ad accoglienza, riunioni e formazione sono caratterizzate da pareti a vetrata che richiedono un minor impiego di luce artificiale e nei magazzini si impiegano led. Il riscaldamento degli ambienti è generato dai motori dei frigoriferi. «Il nuovo polo oggi ospita internamente anche un’area a tre piste preposta al lavaggio degli automezzi oltre ad una struttura adibita ad officina per la manutenzione dei nostri camion» sottolinea Bonato. «Tutti servizi che ci portano a crescere e a gestire le varie operazioni in maniera differente e più efficiente». Come si è arrivati a questo risultato? «Penso che sia dovuto ad un insieme di cose: sicuramente partendo da giuste idee e visioni supportate però dai nostri lavoratori. Noi tre soci non siamo arrivati da soli a realizzare tutto questo, abbiamo uno staff che ci segue, oltre a clienti fidelizzati che ci hanno dato fiducia». Sicuramente una componente strategia del successo di BiERRETi sta proprio nel fornire un servizio completo che spazia dallo scarico e carico dei camion e container allo stoccaggio delle merci, dal picking dei cartoni alla gestione delle pratiche amministrative e doganali. Il tutto all’interno di una struttura nuova e funzionale che risponde ai più elevati standard di sicurezza.

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In alto: uno scatto all’interno della struttura dedicata alle merci congelate con un’attuale disponibilità di 3.600 post pallet a una temperatura inferiore ai 20 °C. In basso: tra i punti di forza della società di Taglio di Po c’è sicuramente l’impegno a investire e a mantenere aggiornato il parco mezzi che contano 65 rimorchi e 48 trattori, tutti di proprietà di BiERRETi. La totalità dei mezzi frigo è dotata di paratie per il trasporto a doppia temperatura, di sponda idraulica e di transpallet.

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Sul fronte dell’estero l’azienda è presente nei maggiori mercati ittici olandesi oltre che in importanti snodi aeroportuali (Bruxelles, Amsterdam, Liegi, Malpensa e Fiumicino). È attiva la collaborazione con piattaforme di Boulogne sur Mer e nel nord della Francia che agevolano il trasporto in Italia di merce proveniente da Irlanda, Inghilterra e Scozia in tempi velocissimi. «L’attuale sistema distributivo permette di convogliare tutti i prodotti a temperatura controllata caricati in Europa presso la nostra piattaforma di Taglio di Po, unirla alla merce che arriva direttamente con altri trasportatori da Turchia, Marocco, Albania, Spagna, Portogallo, Croazia e di provvedere alla tempestiva distribuzione su tutto il territorio italiano» precisa Robertino Bonato. In BiERRETi la componente umana è fondamentale: «la logistica è un lavoro di sinergia nel quale ciascuno contribuisce a svolgere un pezzo del processo» sottolineano i soci. Anche sui camion si tendono a preferire le doppie presenze e oggi il 60% dei mezzi è condotto da due autisti dei quali una buona percentuale è femminile. «Molte coppie di autisti sono infatti composte da marito e moglie che si alternano alla guida, in un contesto di lavoro più efficiente». Insomma, a Taglio di Po si lavora parecchio in equilibrio e insieme per ottimizzare tutte le fasi dei processi logistici. A questo punto non ci resta che attendere la prossima novità! Elena Benedetti

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Gió Mare, gli ultimi sviluppi di un’azienda dinamica, che cresce grazie alla sua resilienza A Cesenatico un’azienda di stampo famigliare leader nel commercio di prodotti ittici freschi nazionali e importati dai Paesi europei ed extra-UE. L’intervista a Francesco Targa, direttore commerciale di Gió Mare, su come sia cambiata l’attività negli ultimi anni, con la crescita in GDO, l’apertura di un laboratorio per la lavorazione del pescato e l’acquisto di un depuratore per i molluschi: «l’elasticità e il dinamismo interno sono la nostra forza» di Gaia Borghi

Pesce fresco, pesce d’allevamento e frutti di mare: Gió Mare distribuisce in tutta Italia utilizzando mezzi propri refrigerati. Le spedizioni all’estero raggiungono principalmente la Spagna e la Francia.

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Fondata nel 1989 da GIOVANNI BONCI con la moglie MARGHERITA URRIANI, oggi presidente, Gió Mare è un’azienda dinamica con sede a Cesenatico (FC), specializzata nella vendita di pesce fresco e dell’allevamento molluschi e frutti di mare di provenienza nazionale ed estera. Abbiamo incontrato FRANCESCO TARGA, figlio del fondatore e oggi direttore commerciale, e MICHAEL BARTOLINI, da sempre braccio destro del titolare, coi quali abbiamo parlato degli sviluppi di questa bella realtà romagnola, le cui caratteristiche di flessibilità e dinamismo interno le hanno permesso negli anni non solo di crescere ma soprattutto di adattarsi ai cambiamenti del mercato, alle mutate esigenze della clientela, spostando le proprie risorse secondo le richieste, effettuando investimenti mirati, ma confermando sempre la propria affidabilità e grande competenza derivante da oltre trent’anni di attività come fornitore presso GDO, ingrosso nazionale ed estero, dettaglianti, pescherie e ambulanti,

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Gió Mare acquista direttamente da tutti i mercati ittici dell’Alto e Medio Adriatico, da Chioggia a San Benedetto del Tronto. e ristorazione di vario livello. È trascorso qualche anno dalla nostra ultima intervista e sono cambiate tante, tantissime cose, nel settore ittico e non solo. «Dall’ultima volta che ci siamo sentiti il nostro lavoro è cambiato davvero moltissimo» mi dice Francesco Targa. «Innanzitutto a

livello di regolamentazione sanitaria, con la richiesta di tracciabilità sia da parte della ASL che da parte della clientela, GDO in primis. La capacità di adattarsi o meno ai nuovi criteri ha fatto realmente da spartiacque tra le aziende che hanno saputo tenere il passo e chi invece non ne è stato

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capace. Noi ad esempio abbiamo investito tanto in questa direzione, realizzando anche un nostro reparto qualità interno con la presenza di un veterinario che può seguire le esigenze dei singoli clienti. In questo modo abbiamo incrementato in maniera esponenziale il lavoro con la Grande Distribuzione: oggi infatti serviamo diverse catene».

In alto: l’arrivo del pescato entro la mattinata in azienda. A destra, il laboratorio per la lavorazione del pesce. In basso: Gió Mare è tra i principali distributori di pesce fresco della Riviera adriatica, di provenienza soprattutto italiana.

Da circa tre anni abbiamo realizzato un laboratorio per la lavorazione del pesce, come la sfilettatura. La richiesta ci è arrivata dalla ristorazione meno strutturata. Si è poi aggiunta la GDO, che ci ha richiesto lavorazioni particolari come arricciamento del mollame e filettatura del cefalo

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Gió Mare come ha affrontato la pandemia e il post-pandemia? «La grande forza di Gió Mare risiede nella nostra elasticità e flessibilità, nell’essere un’azienda dinamica, che ha grandi capacità di adattamento. Proprio per queste nostre caratteristiche intrinseche, ad esempio, all’inizio della pandemia siamo riusciti a compensare le perdite con gli aumenti delle vendite all’estero, GDO, pescherie e ambulanti. Anche le risorse interne sono state distribuite e in questo modo siamo riusciti ad evitare praticamente un disagio ai nostri dipendenti, nonstante le chiusure dei mercati ittici. Non appena è stato approntato un piano a livello nazionale per affrontare l’emergenza siamo ripartiti e non ci siamo mai fermati. D’altronde, il settore dell’alimentazione è stato più fortunato di altri perché è ogget-

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VENDITA PESCE FRESCO Giò Mare è un’azienda con sede a Rimini e Cesenatico specializzata nella vendita di pesce e in particolare nella vendita di pesce fresco. La rapidità nelle consegne, la grande professionalità degli addetti Giò Mare e ovviamente l’altissima qualità del prodotto, hanno reso la nostra attività di vendita pesce un vero punto di riferimento per tutti coloro che cercano VO QBSUOFS BMUBNFOUF BGmEBCJMF 7FOEJUB EJ QFTDF GSFTDP E BMMFWBNFOUP F E JNQPSUB[JPOF proveniente dai migliori mercati ittici.


A sinistra: bins per la depurazione dei molluschi. A destra: Gió Mare ha una forza lavoro di una cinquantina di dipendenti in totale, tra fissi, stagionali e intermittenti. tivamente tra quelli indispensabili. Per quanto riguarda le vendite, invece, abbiamo ridimensionato le esportazioni, che oggi restano massicce comunque soprattutto verso la Spagna e in misura minore verso la Francia, mentre Tunisia e Albania per il momento sono per così dire “in panchina”, perché non c’è abbastanza prodotto per servire questi mercati; necessitano di una tipologia di prodotto che viene consumata integralmente dal mercato interno». Quale impatto sta avendo sulla vostra attività l’aumento dei prezzi delle materie prime e il caro carburanti? «Un impatto enorme. È un momento difficilissimo questo e molto stressante da gestire nel quotidiano perché ci sono dei costi che sono a perdere — ad esempio il materiale per la produzione e le spedizioni, come polistirene, veline, ghiaccio, gasolio… — e non ne possiamo rientrare rifacendoci sulla clientela, aumentando i prezzi. Lavoriamo in un mercato aperto e alla fine il prezzo finale è sempre il risultato di un compresso con i nostri competitor a livello nazionale».

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Proprio per differenziarvi e venire ancora di più incontro alla richiesta del mercato, avete introdotto qualche novità in azienda dal punto di vista dell’offerta? «Sì, da circa tre anni abbiamo realizzato un laboratorio per la lavorazione del pesce, come la sfilettatura. È una richiesta questa che ci è arrivata inizialmente dalla ristorazione meno strutturata che serviamo, locali che, disponendo di meno personale, avevano la necessità di ricevere un prodotto già lavorato. In seguito si è aggiunta anche la GDO, che ci ha chiesto una lavorazione particolare come l’arricciamento del mollame (moscardini arricciati) e la filettatura del cefalo. Il limite della nostra offerta ad oggi lo fanno la metratura ridotta del laboratorio e il numero di operatori che abbiamo a disposizione ma per il momento ci va bene così: regoliamo la nostra offerta sulla base delle nostre forze, ovvero una cinquantina di dipendenti in totale, tra fissi, stagionali e intermittenti. Abbiamo poi investito nell’acquisto di un depuratore: in questo modo non siamo più soltanto un centro di raccolta ma possiamo

depurare anche frutti di mare di categoria B. Ad oggi lo sfruttiamo soprattutto per migliorare ulteriormente la qualità dei prodotti offerti, che provengono da zone A, effettuando 24 ore di depurazione soprattutto su lupini e scrigni di Venere. Cozze e lupini romagnoli in particolare sono molto richiesti per la loro elevata qualità. Disponiamo di una decina di automezzi di proprietà che ci servono per l’approvvigionamento dai mercati ittici di tutto il Medio e Alto Adriatico dai quali acquistiamo direttamente: da Chioggia fino a Civitanova e San Benedetto del Tronto». Gaia Borghi

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Cattel punta sulle specialità territoriali come l’ostrica Clò di Chioggia, distribuita attraverso la specializzata JesolPesca

È il risultato di anni di ricerca e sperimentazione la specialità distribuita da Cattel Spa, brand veneto leader nella distribuzione di prodotti food e non food nel Nord-Est d’Italia, proveniente direttamente dalle acque di Chioggia e destinata a conquistare tutti gli amanti delle ostriche. Nell’ostrica Clò sono racchiusi tutti i sapori caratteristici della laguna veneta. È un frutto vivo, controllato meticolosamente in tutti gli aspetti microbiologici, fisici e ambientali, al 100% sicuro e strettamente legato al territorio. Un prodotto eccezionale, che Cattel contribuirà a rendere alla portata di tutti regalando emozioni e sensazioni uniche a chiunque lo desideri. Questo frutto bivalve deve la sua preziosità anche e soprattutto alle minuziose attenzioni e ai lunghi tempi di affinamento che lo rendono un prodotto esclusivo. L’allevamento comporta il posizionamento degli esemplari sfusi all’interno di sacche rigide retinate (“pochette”) disposte a filo d’acqua, dove si affinano a lungo cullate dalle maree, al cui continuo e costante moto ondoso si deve la particolare levigatezza del guscio. L’ostrica Clò si distingue anche per il colore, che procede dal bianco panna al nero, passando per varie tonalità di bruno, mentre internamente è di un bianco madreperla vivo e brillante. L’esame gustativo mette in evidenza la carnosità del corpo, turgida e apparentemente croccante, riempie la bocca e invita al morso. Il gusto iniziale è sapido, vivo, iodato, lascia spazio alla piacevolezza e alla persistenza armonica tipica dei frutti del mare che hanno reso famosa Chioggia nel mondo. La zona di allevamento in risacca si trova infatti nelle acque interne dell’Oasi di Cà Roman, a sud della laguna di Venezia, nel litorale tra Chioggia e Pellestrina. Qui le ostriche crescono sviluppando le loro caratteristiche uniche grazie a un alternarsi continuo di immersione e sosta fuori dall’acqua. Mentre in estate arrivano a restare immerse fino a 12 ore, in inverno — se il vento e le temperature lo consentono — le ore di immersione si alternano a soste che arrivano fino ai tre giorni. Queste contribuiscono a tenere gli esemplari puliti da alghe e parassiti e a rafforzarne la muscolatura, oltre a fungere da selezione naturale. La raccolta e la selezione dei calibri (calibro 2: 100-150 grammi; calibro 3: 80-100 grammi, disponibili in 48 ore; calibro 4: 55-75 grammi, disponibili in 24 ore) vengono effettuate a mano su richiesta e la commercializzazione avviene in cassette di legno da 12 o 24 pezzi idonee al contatto alimentare. Per una maturazione completa possono essere conservate per 12-15 giorni a temperatura compresa tra i +2 °C e +6 °C. Il frutto del mare locale, proposto con orgoglio da Cattel attraverso il ramo d’azienda JesolPesca specializzato nel mercato ittico, è il risultato di un lungo processo naturale, di condizioni climatiche e fisiche particolari, di attenzioni costanti e abilità esclusive e della paziente attesa che esso giunga al perfetto punto di maturazione. Un mix di ingredienti che rendono questo prodotto unico e che l’azienda veneta è fiera di annoverare tra le sue numerose referenze, tutte caratterizzate da un’alta qualità e da un elevato contenuto di servizio. >> Link: www.cattel.it

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Moceniga Pesca: un quarto di secolo coltivando il mare di Elena Benedetti

Un quarto di secolo! Sono 25 gli anni di attività che festeggia quest’anno la Società Agricola Moceniga Pesca, una bella realtà dell’acquacoltura nel parco del Delta del Po veneto, con sede a Rosolina, nella provincia di Rovigo. Tra i punti cardine di questo business, sin dall’inizio, c’è stato il

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profondo rispetto del territorio in cui esso opera, quindi l’ambiente, oltre alla cultura del lavorare in laguna, seminando e allevando molluschi, nei tempi e modi che natura vuole. In altre parole, coltivando il mare. È stato un lungo percorso, esigente in termini di tenacia e

spirito d’iniziativa, come ha spesso sottolineato la sua amministratrice ALESSANDRA SIVIERO. Un esempio su tutti è stato il riconoscimento di Società Agricola, «l’epilogo di un lungo confronto che abbiamo sostenuto al fine di riconoscere lo stesso status operativo, le

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stesse funzioni e identica gestione di un’azienda agricola vera e propria. Sin dai primi anni ‘80 abbiamo sempre sostenuto che l’attività di acquacoltura fosse considerata ATTIVITÀ AGRICOLA. Anche noi infatti coltiviamo “il mare”, lo seminiamo ed aspettiamo il suo raccolto. Le vongole

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di piccola taglia (minuscole) vengono svezzate in appositi galleggianti con sistema flottante, i cosiddetti Fl.Up. Sy. (Floating Upwelling System), fino a portarle ad una misura non commestibile per i predatori lagunari (come granchi e orate, ad esempio)». Moceniga Pesca opera proprio come

fa un’azienda agricola sulla terraferma, solo che i prodotti sono i frutti di mare come le vongole veraci e le cozze, oltre alle ostriche. Abbiamo incontrato Alessandra Siviero per fare il punto su quanta strada è stata percorsa fino ad oggi, tra attività in corso e progetti futuri.

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Punto vendita di Rosolina di Moceniga Pesca. Qual è un primo bilancio di Moceniga Pesca per questi primi 25 anni di attività? «Siamo partiti in soli 4 soci e siamo arrivati ad oltre 20 addetti. Da diversi anni con Moceniga operano ben oltre 50 dipendenti, tutti imprenditori agroittici, come vengono definiti dagli enti ministeriali. In più collaborano con noi altri 20 addetti in qualità di prestatori d’opera. I soci sono sempre 4, tutti di famiglia». Che visione ha del comparto ittico in cui operate? Quali i punti critici? Quali invece i miglioramenti rispetto al passato? «Da una parte abbiamo migliorato la qualità della vita di tutto il personale operante, formandolo sia in ambito ambientale che nella sicurezza della vita umana in mare e in laguna. Da oltre 15 anni la nostra società è certificata ISO 14001:2015 (Certificazione ambientale) e 45001:2018 (Sicurezza nei luoghi di lavoro). Inoltre, siamo stati i primi nel 2006 a certificare volontariamente il prodotto vongole e cozze in qualità e tracciabilità di filiera con la UNI EN ISO 22005-DT 43 a seguito di un bando della Regione del Veneto in cui Moceniga Pesca, associata al Consorzio AL.M.E.CA., ha partecipato e portato a termine».

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Come è evoluta la vostra produzione? «Diciamo che non c’è più la produzione di un tempo e non certo per colpa nostra. L’ambiente lagunare ha subito notevoli modifiche e i canali si sono tutti insabbiati. La causa principale va rintracciata nell’erosione delle spiagge: i venti e le correnti predominanti da nord hanno fatto sì che la sabbia delle spiagge più settentrionali avanzassero in modo sproporzionato sia nella nostra laguna ove operiamo sia nelle altre lagune del Polesine, le quali si trovano oggi in una situazione anche peggiore rispetto alla nostra. Le lagune site nel Comune di Rosolina (Caleri e Marinetta) necessitano oggi infatti di alcuni lavori essenziali per la loro sopravvivenza, opere piccole ma vitali, che non andranno a modificare la reale morfologia delle stesse, anzi, contribuirebbero a salvaguardarla. Purtroppo, sino ad ora, nessuno è riuscito a mettere in campo una soluzione, e questo a discapito delle numerose verifiche in loco. L’opzione ideale sarebbe quella di fermare l’avanzamento delle sabbie per mezzo di una serie di dighe che andrebbero dalla costa del giardino botanico fino all’imboccatura del mare. I tavoli di riferimento della Consulta Regionale Veneto di Pesca

e Acquacoltura, a cui è in seno la risoluzione di queste gravi problematiche, non hanno tuttora provveduto ad approntare i progetti necessari, e questo a discapito dell’urgenza: il rischio è infatti la chiusura sia della nostra attività che di tutte quelle interconnesse all’ecosistema lagunare. Il nostro grido ai politici è: se non si ferma l’entrata della sabbia nelle lagune polesane, non solo sparirà l’attività di allevamento, perché la sabbia ha letteralmente marinizzato tutto il fondale, le vongole per crescere hanno bisogno di sabbia e fango, ma non si riuscirà nemmeno a mantenere il turismo acqueo di visitazione, piccole barche, i cosiddetti ponton non navigano più, perché c’è secca dappertutto». Quali sono i vostri prodotti di punta? Cosa richiede oggi il consumatore? «La nostra società è nata attorno all’attività di allevamento di vongole e cozze. Successivamente abbiamo investito ed esteso il nostro potenziale sino a trasformarci in una realtà che dalla produzione si dirama nelle fasi successive (depurazione, selezione, lavorazione, vendita all’ingrosso e al dettaglio), arrivando direttamente al consumatore finale. Il nostro consumatore ci chiede principalmente un alto livello di qualità, secondo

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Moceniga Pesca opera, alleva e depura frutti di mare dal 1997. In foto, lo stabilimento di Rosolina (RO). standard che il nostro mondo riesce davvero a garantirgli, a ragione del fatto che siamo presenti in tutte le fasi del processo. La nostra attività è stata interamente strutturata avendo esclusivamente il consumatore finale in mente, al quale vogliamo dare solo il meglio». Progetti in corso e per il futuro? Il punto vendita diretta di Rosolina opera anche con e-commerce? «L’idea ci ha stuzzicato, ma richiederebbe costi troppo alti da coprire. I nostri prodotti sono animali vivi e la spedizione richiede un alto grado di attenzione, soprattutto per le temperature che in alcune stagioni necessitano un monitoraggio strettissimo. I prodotti del mare sono esseri viventi e quindi sono delicati. Preferiamo che la vendita venga operata presso il nostro punto vendita, così siamo certi che arriveranno al consumatore in condizioni perfette». Altri temi che desidera approfondire? «Sono stati stanziati finanziamenti per svariati milioni di euro

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per l’erosione delle spiagge e degli scavi dei canali sub lagunari, una parte alla Regione del Veneto ed una parte all’Emilia-Romagna. Purtroppo, però, chi li deve impiegare deve ascoltare prima chi nelle lagune vi opera: e chi più degli acquacoltori e dei pescatori conosce la morfologia delle lagune? Con i PIM (Piani Integrati Mediterranei) nel 1990 sono partiti lavori enormi di vivificazione delle lagune del Polesine: a Caleri per esempio non sono mai stati portati a termine per mancanza di fondi. Questi lavori erano stati richiesti dai proprietari delle valli da pesca retrostanti per migliorare l’entrata dell’acqua alle valli da pesca per l’allevamento dei branzini ed orate selvatici. I canali sub-lagunari che erano stati scavati erano tutti indirizzati verso le chiaviche di “monta”, ma non sono mai stati portati a termine: mancavano alcuni canali. Nello stesso tempo, però, dovevano migliorare anche gli allevamenti delle vongole veraci in laguna: in un primo momento si è visto la laguna di Caleri risorgere poi, in questi ultimi 7/8 anni, le cose sono pre-

cipitate, tanto da veder diminuire la produzione drasticamente: certi allevamenti producevano dai 7/8 kg per metro quadro, ora siamo a poco più di 2,5 kg a metro quadro. Auspico che la Commissione Tecnica Consultiva con il Ministero dei Trasporti trovino insieme una soluzione duratura nel tempo perché la sabbia non entri più in laguna e che la morfologia dei fondali ritorni come un tempo». Elena Benedetti

Moceniga Pesca s.s. Via dell’Artigianato, 20/22 45010 Rosolina (RO) Telefono: 0426 343252 – 0426 270034 E-mail: moceniga@libero.it Web: www.moceniga.it

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Pescheria Pallino, pesce e gastronomia moderna al mercato comunale di Follonica La visione, il grande attaccamento al lavoro che accomuna tutta la famiglia Riparbelli e la capacità di investire scegliendo i giusti partner di tecnologia, come Mondel, per offrire al consumatore ciò che gli facilita la vita in cucina e nel consumo fuoricasa. Focus sui banchi refrigerati Cali per la pescheria e Moku per la gastronomia di mare di Elena Benedetti IL PESCE, 2/22

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Siamo a Follonica, un comune che conta poco più di 20.000 abitanti nella provincia di Grosseto e che si trova proprio al centro dell’omonimo Golfo. Qui da quattro generazioni la famiglia Riparbelli offre prodotti ittici locali con una passione e professionalità che, nel corso del tempo,

si sono adeguate alle esigenze del mercato e dei consumatori. Già negli anni ‘30 il capostipite MILZIADE RIPARBELLI, detto Pallino, commercializzava il pesce pescato nel Golfo tra Castiglione della Pescaia e Piombino, aiutato dai tre figli maschi Giuseppe, Tommaso e Virginio, oltre

A pagina 97 e in alto: il banco Cali è il banco refrigerato più flessibile nel design della gamma Mondel. Solido nella realizzazione con fondo brinato, è interamente realizzato con materiali nobili: vetro e acciaio inox AISI 316 specifico per gli ambienti salini della pescheria, lavorato a mano su misura in base alle richieste del cliente. Per la Pescheria Pallino è stata progettata una parte espositiva specifica per mettere in evidenza le specialità del giorno e una parte dedicata al pesce di grandi dimensioni venduto al trancio. Il pesce fresco offerto da Pescheria Pallino della famiglia Riparbelli all’interno del mercato coperto di Follonica proviene dalle acque dell’omonimo Golfo (photo © facebook.com/PescheriaPallinoFollonica).

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che dalle tre figlie Marcella, Emma e Franca. Dapprima il pesce veniva venduto fresco su un banchetto in paese e poi anni dopo al mercato comunale di Follonica. Virginio, classe 1935, ha recentemente festeggiato i 75 anni di attività della Pescheria Pallino, un bel traguardo per chi ha dedicato la sua vita alla famiglia e al lavoro. «Un lavoro che non risparmia, che non ha né sabati né domeniche» mi dice MONICA GHINI RIPARBELLI, moglie di Lorenzo che rappresenta la terza generazione insieme al cugino GIORGIO. Oggi il business è articolato su più attività e conta 25 dipendenti, un gran bel risultato se si pensa che tutto partì da un piccolo banchetto nel centro del paese. La Pescheria Pallino all’interno del mercato di Follonica, ristrutturato e inaugurato il 18 novembre 2021, è oggi affiancata da una nuovissima sezione dedicata interamente alla gastronomia di mare, appena aperta. «La nostra attività al dettaglio ben convive con una altrettanto importante attività di vendita all’ingrosso che vanta tra i nostri clienti note insegne della Grande Distribuzione Organizzata del Centro-Nord, oltre alle pescherie locali e, naturalmente, ai migliori ristoranti di pesce del Golfo» mi dice Monica. «Ritiriamo le barche che pescano nel Golfo e alla sera c’è lo smistamento del pescato che, in tempi rapidi, deve poi raggiungere le piattaforme della GDO» prosegue Monica. «Virginio va tutti i giorni a vedere il nostro pesce locale, pieno di colori e di varietà, accompagnato da mio figlio ISMAELE, che a vent’anni ha deciso di intraprendere questo mestiere entrando in azienda, estendendo l’attività alla quarta generazione, per la gioia immensa del nonno naturalmente!». Questa è l’Italia, un Paese che ha radici profonde nelle imprese a carattere famigliare e che, in concomitanza con l’ingresso in azienda di nuove generazioni, promuove sempre opportunità di trasferimento e crescita di know-how e di valori. Cambia il mondo, cambiamo gli stili di consumo e di acquisto e la fortuna di un’azienda è proprio

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Alcuni scatti del banco Cali di Mondel realizzato per la Pescheria Pallino. Cali consente di integrare tutte le funzionalità che più si adattano alle esigenze del business, in totale elasticità e sicurezza.

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Nella sezione destinata alla gastronomia di pesce, il banco refrigerato Moku, dal design minimalista e dalla tecnologia d’avanguardia, combina luminosità e trasparenza per dare la massima visibilità alle specialità gastronomiche locali da consumo o take away. quella di saper cogliere i nuovi trend facendosi trovare pronti e preparati, generazione dopo generazione, grazie alla rinnovata sensibilità di ciascuno. La gastronomia di mare è l’ultimo step di un percorso di sviluppo delle attività che ha richiesto visione e investimenti, con l’ampliamento dei metri quadri occupati all’interno del mercato coperto di Follonica e la realizzazione di una cucina annessa alla gastronomia per la preparazione dei piatti a base di pesce, pronti per l’acquisto da asporto o da consumare all’interno del mercato. Per l’area gastronomia è stato scelto il banco refrigerato Moku di MONDEL, la cui struttura è interamente realizzata in acciaio inox e saldata a mano dagli artigiani dell’azienda di Cervarese S. Croce (PD). Per la pescheria la scelta è invece

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andata sul banco Cali, «che è veramente di grande impatto, funzionale per il nostro lavoro quotidiano e affidabile per la gestione del pesce, che per ovvie ragioni è un prodotto delicatissimo» sottolinea Monica Ghini Riparbelli. «Il cibo fa un percorso ben delineato, dal momento in cui entra nella cucina di un locale fino ad arrivare al piatto — dice Monica — ecco, questo percorso deve sempre essere quello giusto e ottimale, per rispettare le materie prime e per garantire qualità e sicurezza al cliente, nel tempi e nelle modalità di lavoro». Quando poi l’obiettivo è fare numeri importanti il lavoro, per essere efficiente e snello, richiede attrezzature e banchi ed espositori refrigerati capaci di far fronte a ogni esigenza. Perché si vince sempre insieme! Elena Benedetti

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Cali Il banco più personalizzabile della gamma Mondel. Flessibile nel design, solido nella realizzazione. Con materiali nobili e rigorose lavorazioni a mano diamo vita a un banco creato ad hoc per te.

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L’originale Pesciugatore®, dispositivo Cuomo Method®, rende esclusivo il gusto del lingotto di salmone Iper

Innovazione e tradizione in pescheria: le prime sei pescherie specializzate partono dal retail Iper La grande i È il primo retail italiano specializzato nella cura del pesce e, da qualche giorno, propone alla propria clientela una strepitosa novità: un gustoso lingotto di salmone, curato e aromatizzato sotto gli occhi di chi fa acquisti nel reparto pescheria, ma soprattutto garantito da certificazioni e brevetto europeo. Adesso gli appassionati del buon cibo non devono andare lontano per trovare una qualità di pesce così buona: è sufficiente recarsi presso le pescherie specializzate dei punti vendita Iper La grande i per scoprire la bontà di questo singolare alimento. Questa novità così speciale rafforza la particolare collaborazione tra Iper La grande i e l’autentico mondo Stagionello® che, dopo l’introduzione dell’originale Maturmeat®, che ha proposto la vera maturazione della carne a pH controllato tramite un dispositivo a vista del cliente in dodici punti vendita dell’importante catena, propone oggi anche il Pesciugatore® (in foto a lato): un impianto dedicato alla cura del pesce e voluto da Iper per offrire ai propri clienti una speciale seacuterie. A riguardo, LUCA ANASTASIA e RICCARDO SIMONETTI, della direzione acquisti Iper La grande i, hanno sottolineato: «Dopo la positiva esperienza con il Maturmeat®, abbiamo rinnovato la collaborazione con ALESSANDRO CUOMO per questo nuovo originale dispositivo, con l’obiettivo di innovare e portare

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Il salmone curato e aromatizzato con l’innovativa tecnologia 100% made in Italy del Pesciugatore®. Il metodo naturale, brevettato nel 2004 da Alessandro Cuomo, è l’unico metodo al mondo in grado di garantire un prodotto maturato e sicuro a pH controllato: conforme a tutte le normative vigenti, arriva al cuore dell’alimento, esaltandone le proprietà nutrizionali ed organolettiche.

nelle nostre pescherie un prodotto caratteristico trasformato da noi tradizionalmente. È un nuovo valore aggiunto che proponiamo alla nostra clientela: grazie alla nostra storica esperienza nelle produzioni proprie, siamo riusciti a trovare la ricetta giusta per il nostro salmone curato e aromatizzato con sali e aromi naturali che esaltano un prodotto di gran gusto, che riteniamo veramente eccezionale, interamente realizzato dai nostri professionisti con il fondamentale apporto del Pesciugatore®».

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La direzione settoriale di Iper sottolinea anche l’importanza della specializzazione e formazione dei suoi operatori, con la partecipazione ai corsi della Stagionello Academy di quanti operano nel reparto pescheria, con l’obiettivo di dotare loro dei più esclusivi elementi di conoscenza tecnico-pratica della trasformazione dei prodotti ittici, secondo i più alti standard di qualità igienica, sensoriale e nutrizionale. In questi corsi, oltre alla parte teorica, gli specialisti Iper imparano ad utilizzare anche quelle

specifiche e sofisticate tecnologie, come il Pesciugatore®, che diminuiscono i rischi legati ai contaminanti biologici o chimici e che tendono a ostacolare la deperibilità del prodotto, preservando le sue migliori caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Un percorso di aggiornamento continuo che sottolinea apertamente quanto Iper tenga a creare sinergie virtuose per offrire ai propri clienti prodotti innovativi dal valore aggiunto, eccellenti nel gusto e nel rigore della preparazione. Ambito

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Pesciugatore® è l’unico armadio vetrina per la maturazione e la cura del pesce a pH controllato e per la cura dei salami di mare, anche cotti, garantito dal metodo e dal dispositivo brevettato e prodotto al 100% in Italia. che necessita di un vasto campo di conoscenze necessarie a garantirla: partendo dall’igiene alla contaminazione chimica e biologica, per finire all’applicazione del processo di trasformazione e conservazione, tradizionale quanto fortemente innovativo, come garantito dai processi del Cuomo Method®. Parte per la prima volta in Italia, proprio nelle pescherie di Iper La grande i, questa prima esperienza diretta di valorizzazione a vista della materia prima e di esaltazione del gusto del prodotto, non ancora presente nel mondo GDO, con il pesce che viene lavorato con grande professionalità e pulito con cura fino ad ottenere un prodotto esclusivo nel suo genere: un lingotto di salmone dal sapore unico, che viene inserito nel Pesciugatore®, dove nei primi tre giorni si affina con sali e aromi naturali, nobilitandone ed esaltandone il sapore, per poi continuare a vista il processo di maturazione dell’alimento, prima di farsi apprezzare dai palati dei clienti Iper. Alla fine di questo accurato processo, il risultato ottenuto è quello di avere un prodotto d’eccellenza, gustosissimo, che esalta il salmone naturalmente ricco di Omega-3. Al momento l’originale Pesciugatore® sarà allestito nelle pescherie degli store Iper di Milano Portello, Arese, Grandate, Varese, Rozzano e Seriate. Presto, però, il pesce curato e aromatizzato con questa innovativa tecnologia 100% made in Italy, con la proposta di altri prodotti personalizzati a base di pesce, verrà distribuito anche nella restante parte dell’importante rete di punti vendita di Iper La grande i.

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Il Pesciugatore® è un dispositivo dedicato all’affinatura del pesce e voluto da Iper per offrire ai propri clienti una speciale “seacuterie”

Parte per la prima volta in Italia, proprio nelle pescherie di Iper La grande i, un’esperienza diretta di stagionatura a vista della materia prima e di esaltazione del gusto del prodotto, non ancora presente nel mondo GDO, con il pesce che viene lavorato con grande professionalità e trasformato con cura fino ad ottenere salumi di mare esclusivi nel loro genere


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto

Regione Sardegna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico

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Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 3. Bando misura 5.69 Trasformazione e commercializzazione prodotti È operativa fino al 22 aprile 2022 la possibilità di accedere ad un bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal 1o gennaio 2014, e da realizzarsi entro massimo il 30 giugno 2023, per: 1. ristrutturazione e ampliamento di fabbricati legati al progetto

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solo se già cantierabili al momento della presentazione della domanda di contributo; acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, trasformazione, confezionamento, etichettatura, refrigerazione, ecc…; investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; acquisto e installazione di sistemi di raccolta, stoccaggio e smaltimento rifiuti; spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; acquisto di automezzo dotato di

coibentazione e gruppo frigorifero, celle frigorifere da montare su motrice (escluso l’acquisto della motrice); 8. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc… • Per approfondimenti, siamo a disposizione per visite. Contattateci

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EVENTI

Burns Night: il pesce di Seafood from Scotland protagonista a Roma È uno sposalizio nel nome della poesia quello che si è celebrato tra la qualità di materie prime e prodotti scozzesi e il saper fare gastronomico italiano in occasione della Burns Night del 25 gennaio scorso, la serata in onore di ROBERT BURNS, celebre poeta scozzese. L’Ambasciata Britannica a Roma, in collaborazione con la Scottish Development International, l’agenzia ufficiale del governo scozzese che promuove i rapporti commerciali tra la Scozia e i mercati esteri, ha infatti organizzato una cena dedicata alle eccellenze della gastronomia scozzese nella splendida cornice di Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciatore. Cuore dell’evento è stato il menù

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creato dallo chef GIUSEPPE DI IORIO del ristorante Aroma (una Stella Michelin), composto da sette portate tese a valorizzare i capisaldi della gastronomia del Paese. Oltre alle poesie, dunque, le protagoniste della serata sono state proprio le eccellenze gastronomiche della Scozia. A cominciare dai prodotti ittici, di cui Italia è il terzo Paese importatore a livello EU (e il quarto su scala globale). Re della tavola è stato il salmone, presente in ben tre varianti: il salmone fresco dell’Atlantico di Loch Duart (allevato secondo metodi sostenibili nelle acque fredde e cristalline dell’oceano settentrionale), importato da ALLES FISCH, il

salmone leggermente affumicato con i trucioli di quercia ricavati da vecchie botti di whisky (dall’aroma intenso e dal gusto persistente) e quello affumicato e marinato con sale, zucchero di canna, pepe e whisky. Entrambi sono referenze di LOCH FYNE, importate in Italia da SELECTA SPA. Molto equilibrato nel gusto, il salmone scozzese è un ottimo prodotto anche dal punto di vista nutrizionale: è infatti ricco di proteine (25,5 grammi per 100 grammi di prodotto) e fosforo, oltre ad avere un buon contenuto di calcio e ferro. Furono proprio gli Scozzesi i primi a dedicarsi all’affumicatura del pesce a freddo, senza cottura, le cui tecni-

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Lo chef Giuseppe Di Iorio del ristorante Aroma. che antichissime vengono utilizzate ancora oggi. Altri protagonisti principali delle portate sono stati le capesante (dal sapore dolce e delicato), gli scampi (caratterizzati dall’intenso colore arancione, dal sapore forte e dolce, e dalla consistenza morbida e carnosa) e le rane pescatrici, referenze di SEAFOOD ECOSSE LTD, disponibili sulle principali piazze ittiche italiane grazie ad arrivi giornalieri. Una curiosità: la Scozia vanta la maggior produzione mondiale di scampi, il 43% del pescato, che risulta essere il secondo prodotto

d’esportazione più importante con un valore di 90 milioni di sterline all’anno. Queste, dunque, le materie prime con cui lo chef Di Iorio ha creato le sette portate della cena: come entrée, Capesante arrosto con cavolo nero e gel al melograno; a seguire, Fiori di zucca al vapore farciti con salmone Loch Fyne marinato al whisky scozzese; Salmone affumicato Loch Fyne con misticanza e bignè al caprino; Risotto con code di scampi e spinacino fresco; Salmone Loch Duart cotto a bassa temperatura con purea di finocchio, cipolle rosse e aceto;

Scottish Development International è l’agenzia ufficiale del governo scozzese che promuove i rapporti commerciali tra la Scozia ed Italia, con sede presso il Consolato Generale del Regno Unito a Milano. Per maggiori informazioni visita il sito www.sdi.co.uk oppure invia una e-mail a claudio.sinibaldi@scotent.co.uk

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Rana pescatrice, friggitelli, vongole e limone; infine, Terra di meringa e cioccolato, composta di cassis, finte castagne ripiene di cremoso alla vaniglia e marron glacé. Esclusivamente nel segno della tradizione scozzese è stato il pairing: dopo una entrée con un cocktail a base di gin Shetland Reel Rhubarb & Bramble dell’omonima distilleria, le portate principali sono state accompagnate dalle birre artigianali di Loch Lomond Brewery (importata da CUZZIOL), Bellfield Brewery e Vault City Brewing (importate da BEERFELLAS DISTRIBUTION), eccellenze del settore. L’Haggis Neeps & Tatties, ossia con purè di rapa e di patate, è stato servito con il whisky Glasgow 1770 Peated di Glasgow Distillery (vincitrice dello Scottish Whisky Award 2020 come migliore distilleria dell’anno). Il dessert è stato invece abbinato al whisky 15 Years Old di GLENTURRET (la più antica distilleria tuttora attiva di Scozia e vincitrice del titolo Icons of Whisky 2022 Distiller of the Year), importate dal GRUPPO MEREGALLI. Giuseppe Di Iorio, alla guida del ristorante romano Aroma dal 2010, ha alle spalle un cursus honorum impressionante: dal ristorante Margutta di Roma al prestigioso Hyde Park Hotel di Londra, sotto la guida di GIUSEPPE SESTITO; dall’Hotel Inghilterra al Parco dei Principi, sempre nell’Urbe eterna; fino al ristorante stellato Mirabelle dell’Hotel Splendide Royal dove, ancora una volta sotto la guida di Sestito, ha l’opportunità di formarsi con un’esigente clientela internazionale, dalle celebrity ai capi di Stato. Una carriera che gli ha consentito di guadagnarsi il riconoscimento della Stella Michelin nel 2014. Di Iorio ha dato vita ad un percorso in cui svela la sua filosofia ed essenza culinaria, fatta di creatività, contaminazioni, passione, tecnica e rispetto per la materia prima. Alla base dei suoi menu c’è la ricerca ossessiva degli ingredienti d’eccellenza, che prepara focalizzandosi sull’essenza del gusto secondo il principio del less is more. Abbiamo chiesto allo chef le sue considerazioni

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sulla cena della Burns Night e sulle eccellenze ittiche scozzesi. In occasione della Burns Night, ha avuto modo di utilizzare in cucina prodotti ittici scozzesi. Li aveva già apprezzati anche in passato o era una prima volta? «Li conoscevo e apprezzavo già da tempo, da quando nel 1992 lavoravo a Londra. Tuttavia, grazie a realtà quali SELECTA SPA, oggi questi prodotti di eccellenza sono molto più facili da reperire anche sul mercato italiano». Tra i vari prodotti ittici, ce n’è uno che l’ha impressionata maggiormente? Per quale motivo? Come lo ha proposto durante la serata? «Sì, il salmone fresco. La consistenza e il sapore erano semplicemente eccezionali: alto, compatto, gustoso. Era tutto quello che potevo desiderare in un mio piatto. Ho dovuto mettere dell’impegno non tanto per valorizzarlo, quanto per non rovinarlo! (ride) Infatti, mi sono limitato a cuocerlo a 67 gradi, lasciandolo con il cuore morbido, e ad accompagnarlo a purea di finocchio, cipolle rosse e aceto balsamico di Modena IGP». Fresco, affumicato o marinato nel whisky: quale aggettivo sceglierebbe per descrivere al meglio queste tre varietà di salmone scozzese? «Il salmone fresco non può che essere “straordinario”. L’affumicato è veramente un “grande” prodotto, secondo solo all’eccezionale qualità del fresco. Il salmone marinato al whisky lo definirei “delicato”. Forse fin troppo delicato per i miei gusti, quasi impercettibile, tant’è che ho deciso di marinarlo una seconda volta, sempre nel distillato scozzese». Alta cucina e prodotti ittici scozzesi: un binomio possibile? Il suo punto di vista sul tema. «Assolutamente. Nella mia filosofia di cucina, la materia prima di qualità fa da sola il 70% della riuscita del piatto. Per mia scelta, valorizzo soprattutto i prodotti del territorio, ma se un giorno dovessi tornare a dedicarmi a piatti più internazionali

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La preparazione di una delle portate della serata. cercherò nuovamente pesci e frutti di mare di questo calibro. Perché in questo caso non stiamo parlando di una globalizzazione massificante come quella del tonno, su cui si sta consumando un vero scempio ecologico e culturale, e che non a caso ho smesso di utilizzare già da 12 anni. Qui stiamo esaminando eccellenze che rispettano l’ambiente e la materia prima e che dal Paese d’origine possono essere esportate, preparate e apprezzate in tutto il mondo. Non sono un’esclusiva di Edimburgo, possono entrare a far parte della cultura culinaria locale anche a Roma, New York, Teheran». Salmone, capasanta, scampo, rana pescatrice: ci proponga un abbinamento ideale in cucina o un piatto che valorizzi ognuno di questi prodotti ittici scozzesi. «Per me, la massima espressione del salmone è consumato prima della

cottura, che comunque non deve mai avvenire a fuoco alto, massimo a 70 gradi; al più, si può ipotizzare l’accompagnamento di altri prodotti d’eccellenza, quali la cipolla di Tropea e un filo d’olio evo. Stesso discorso per gli scampi: ne potrei mettere una cinquantina sgusciati in una ciotola senza nessun tipo di preparazione e riuscirei a mangiarmeli mentre guardo una partita come fossero pop corn! Dalle dimensioni, quelli scozzesi sembrano quasi piccoli astici, sono giganteschi. Tuttavia, nel periodo natalizio mi sono preparato un piatto di tagliolini con scampi, curry e noce di cocco: delizioso. La capasanta amo che sia croccante sui due lati, quindi consiglio di rosolarla nei suoi stessi liquidi con un filo d’olio, magari accompagnata da cavolo nero e gel al melograno. La rana pescatrice, infine, mi piace abbinarla a friggitelli, vongole e limone».

Seafood from Scotland promuove le aziende dell’industria ittica scozzese sui mercati esteri di tutto il mondo. Per info: • visita il sito www.seafoodfromscotland.org • segui l’organizzazione su twitter @SeafoodFromScot • su Instagram @SeafoodFromScotland • invia una e-mail a enquiries@seafoodscotland.org

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Come cambiano le etichette dei prodotti in GDO? Attenzione all’ambiente e rispetto degli animali, salutismo ed edonismo, italianità ed eticità: la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino racconta come cambiano le etichette dei prodotti in GDO L’andamento di 11 fenomeni di consumo (dal free from alla regionalità) e un approfondimento sulla sostenibilità in tutte le sue declinazioni: la decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 ITALY mette ai raggi X il carrello della spesa e racconta come cambiano le preferenze d’acquisto degli Italiani. Un capitale informativo esclusivo (quello delle indicazioni presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo registrate da Immagino), una base statistica senza eguali (costituita dai dati di vendita di oltre 125.000 prodotti) e un punto di vista innovativo, che individua i fenomeni trasversali in atto nel carrello della spesa e ne misura i trend, semestre dopo semestre: sono queste le caratteristiche che rendono l’Osservatorio Immagino di GS1 ITALY uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione. La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 ITALY, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani. Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati in Italia. «L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i

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L’Osservatorio Immagino GS1 Italy ti racconta i consumi degli Italiani in un modo nuovo. Monitora i fenomeni di consumo nel nostro Paese mettendo in rapporto le informazioni delle etichette dei prodotti già digitalizzati da Immagino e i dati di Nielsen di venduto, consumo e uso dei media.

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responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ); • Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood; • Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza; • Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.

L’Osservatorio Immagino monitora i trend che guidano le scelte d’acquisto degli Italiani nella distribuzione moderna, seguendo l’evoluzione di panieri che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo. Leggendolo scopri: come cambiano i comportamenti dei consumatori; quali sono le tendenze di consumo e di offerta dell’alimentare, del cura persona e del cura casa; come soddisfare al meglio i consumatori. relativi cambiamenti. Industria e distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più preparato e consapevole» ha dichiarato MARCO CUPPINI, research and communication director di GS1 ITALY. I contenuti Food • Italianità: in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle indicazioni geografiche (come DOP e IGP) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza;

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• Free from: i 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”; • Rich-in: i 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti; • Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”; • Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal; • Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social

Non food Anche in questa edizione è presente il “Barometro sostenibilità”, che misura e racconta come le aziende comunicano sulle etichette le misure che hanno adottato per migliorare il loro impatto ambientale. A giugno 2021 hanno superato quota 30.000 i prodotti che riportano in etichetta almeno un claim o una certificazione relativi alla sostenibilità. Il loro giro d’affari è arrivato a 11,5 miliardi di euro, in aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo è cresciuto anche il numero delle indicazioni “green” rilevate sulle loro confezioni (ben 40 tra claim e certificazioni), suddivise in quattro aree: • management sostenibile delle risorse; • agricoltura e allevamento sostenibili; • responsabilità sociale. • rispetto degli animali. Un’analisi approfondita è dedicata alla comunicazione in etichetta della riciclabilità dei packaging: quasi un terzo di tutti i prodotti analizzati fornisce indicazioni che aiutano a conferire correttamente le confezioni e la loro quota è aumentata di +4,1% nei 12 mesi rilevati. Packaging green Continua ad aumentare il numero dei prodotti sulle cui etichette è stato inserito almeno un riferimento alla

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riciclabilità del packaging. Un trend che l’Osservatorio Immagino ha individuato e monitorato da tempo e che nell’ultimo anno ha guadagnato nuovo terreno nel mondo del largo consumo, arrivando a coprire quasi un terzo delle 125.431 referenze rilevate. Rispetto all’anno finito a giugno 2020, questa quota è salita di 4,1 punti percentuali.Si riduce, dunque, anche se resta sempre predominante l’incidenza dei prodotti venduti in super e ipermercati che sono silenti sul tema della riciclabilità dei pack. Il fatto che sette prodotti rilevati su dieci non presentino un’indicazione che possa aiutare i consumatori a conferire correttamente le confezioni non significa che non siano effettivamente riciclabili. Emblematico è il caso di bottiglie e vasetti in vetro, su cui spesso non compare alcuna indicazione anche se questo materiale è riciclabile al 100%. Soffermandosi su quel 32,3% di referenze che esplicita sulle confezioni come conferirle, emerge che in oltre 80 casi su 100 il packaging è

totalmente o largamente riciclabile e che, rispetto ai 12 mesi precedenti, è diminuita la quota di quelli non riciclabili (scesa dal 5,7% al 4,9%), a prova che, quando viene comunicato sulla confezione, l’impegno delle aziende del largo consumo per la raccolta differenziata è il più delle volte effettivo e concreto. Guardando alle aree merceologiche, il freddo si conferma quella in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (54,9% dei prodotti), mentre al secondo posto si attesta ancora una volta l’ortofrutta (46,0%). Invece bevande (principalmente per il vetro), petcare e cura persona sono le aree con la minor percentuale di prodotti che indicano in etichetta la possibilità di riciclo del packaging, con quote al di sotto del 20% delle referenze. E quando la riciclabilità viene comunicata in etichetta nella maggior parte dei casi la confezione è effettivamente riciclabile o largamente riciclabile, ma tra le aree merceologiche la situazione è

disomogenea. Se in ortofrutta, cura casa, bevande e carni il packaging è riciclabile per oltre il 90% dei prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino, in drogheria, fresco, freddo e cura persona le quote di riciclabilità si abbassano intorno all’80%. Sempre quando viene specificata la riciclabilità in etichetta, le categorie con packaging meno riciclabili restano i condimenti freschi (24,1% totalmente o largamente riciclabile), i prodotti da ricorrenza (28,6%), i preparati e piatti pronti (45,2%). Infine, complice l’effetto rimbalzo sui picchi di vendita registrati nei mesi precedenti durante l’emergenza Covid-19, nell’anno terminante a giugno 2021 le unità vendute sono rimaste pressoché stabili (+0,7%). Ma quelle dei prodotti con indicazione di riciclabilità (totale, largamente o parzialmente) sono cresciute a differenza di quelli dei prodotti non riciclabili, gestibili in base al Comune oppure dove non è comunicata la riciclabilità. Fonte: Osservatorio Immagino osservatorioimmagino.it

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Uno strumento fondamentale per informare bene Oggi l’informazione è la nuova materia prima delle aziende. Infatti, anche grazie alle tecnologie digitali, il data management consente di migliorare l’efficienza, ridurre i costi e aumentare il livello di servizio al consumatore. Un consumatore che è immerso appieno in questa rivoluzione dell’informazione “fluida”: disponibile in qualunque momento, in qualunque luogo e in quantità inimmaginabili fino a qualche anno fa. Accanto alla rivoluzione digitale il consumatore risponde, poi, agli stimoli della cultura alimentare e delle scoperte scientifiche su come il cibo influenzi la salute e il benessere. L’informazione sui prodotti alimentari diventa così un elemento fondamentale e l’etichetta è il primo posto “fisico” per entrare in contatto con il consumatore, educarlo e soddisfare la sua esigenza di informazioni complete e trasparenti. Le persone sono alla ricerca di punti di riferimento e i punti di vendita e le marche dispongono di strumenti informativi importanti per costruire una relazione di valore con loro: “informare bene” è oggi una delle mission costitutive per le imprese. Mancava ancora, tuttavia, una misurazione reale del rapporto tra informazione ricercata e risultati di mercato in termini di vendite. Per colmare questo vuoto, nel 2016, è nato l’Osservatorio Immagino GS1 Italy: l’integrazione tra le oltre 100 variabili (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) registrate da Immagino sulle etichette dei prodotti già digitalizzati da un lato e i dati Nielsen di venduto (retail measurement service), consumo (consumer panel) e di fruizione media (panel TV-Internet) dall’altro, apre la strada a un modo nuovo di guardare i fenomeni di consumo che si verificano. Questa decima edizione dell’Osservatorio Immagino raccoglie i dati dell'anno terminante a giugno 2021. È stata realizzata su una base di oltre 125.000 prodotti del largo consumo, nata dal confronto tra i prodotti della banca dati Immagino a giugno 2021 e i prodotti in vendita nella Grande Distribuzione rilevati da Nielsen. A ottobre 2021 i prodotti digitalizzati da Immagino sono arrivati a 130.000. Declinando i prodotti Immagino all’interno dei reparti in cui si segmenta il largo consumo confezionato, secondo l’Albero delle categorie ECR, si evidenzia una copertura differente a seconda del reparto considerato. Per le carni si è arrivati al 73%. Stessa percentuale anche per l’ittico (photo © Sergey Ryzhov – stock.adobe.com).

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SPECIALE SALENTO

Il mondo del pesce e della pesca di una delle terre tra le più turistiche d’Italia

Lungo le coste del Salento testi e foto di Massimiliano Rella

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A destra: Andrea D’Amico, cuoco ed ex istruttore e campione di Tae Kwon Do, sulla terrazza della trattoria “A Casa Mia”, di Tricase Porto (LE). In basso: tetrapodi frangionde a Tricase Porto. All’orizzonte la costa dell’Albania.

Siamo andati lungo le due coste del Salento, la Ionica e l’Adriatica, spinti dalla curiosità d’indagare lo stato dell’arte sul mondo del pesce e della pesca in una terra tra le più turistiche d’Italia, dove però si avverte il vuoto di un grande mercato ittico che non c’è. Ma, nonostante le disfunzioni, abbiamo trovato idee, progetti e modelli di sviluppo che hanno bisogno soltanto d’essere guidati e accompagnati a compimento. Come sta facendo da tre anni il GAL (Gruppo d’Azione Locale) della Terra d’Arneo, in Salento occidentale, con varie iniziative di valorizzazione del pesce povero e dimenticato. O come è stato in parte già fatto, sulla sponda opposta, nella frazione di Tricase Porto, dove un’intera comunità costiera è diventata un museo a cielo aperto e un modello di sostenibilità acclamato addirittura dalla FAO. La chiamavano Tricase Morto, oggi si pesca, si studia, si fa ricerca e formazione sul mare. E a pranzo e a cena, anche in una fredda giornata d’inverno, negli otto ristoranti (aperti in questi anni) del porticciolo i clienti non mancano mai. Storie di pesca e pescatori che si sono reinventati, come una coppia di Porto Cesareo che propone con successo il pescaturismo. Storie di allevamenti virtuosi — e da premio

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— in mare aperto, storie di cibo e storie di cucina: dalla zuppa povera quataru alla scapece gallipolina, una specialità a base di pesciolini, mollica di pane, aceto e zafferano che un’azienda di Sannicola produce artigianalmente — unica azienda — dal 1954, anno della trasformazione in attività d’impresa di un’antichissima ricetta di Gallipoli. Storie di progetti, di musei e “valigie didattiche”, che un biologo del GAL porta in giro per le scuole del Salento per far conoscere ai bambini, i consumatori di domani — e perché no? i futuri pescatori— la ricchezza e la varietà dei nostri mari. Mari azzurri, puliti, mari ricchi di specie curiose, come il riccio matita o il paguro Bernardo, che la rete dei musei di Nardò, Gallipoli e Porto Cesareo racconta e testimonia con ampio e prezioso repertorio d’esemplari. “Pesci ricchi, pesci poveri” — recita il titolo di un volume fresco di stampa — e pesci dimenticati, ma che alcuni ristoranti e trattorie tornano a rendere protagonisti con squisite ricette tradizionali, una buona riscoperta della tavola che chiude il cerchio e sostiene il piccolo pescatore. L’ultimo anello di una pesca che guarda con favore alla sostenibilità. Massimiliano Rella

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Riccio matita (Stylocidaris affinis) e paguro bernardo (Pagurus bernhardus) nell’Acquario del Salento a S. Maria al Bagno, marina di Nardò (LE).

Mostra di ex voto del mare realizzati da artisti locali negli spazi ipogei dell’Associazione Magna Grecia e del Porto Museo di Tricase.

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In alto: scheletro di balenottera comune pescata a fine ‘700 nel Museo civico Emanuele Barba a Gallipoli (LE). In basso: interni del Museo del Mare Antico a Nardò (LE).

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Sostenere un territorio attraverso la conoscenza del mare e dei suoi sapori

GAL Terra d’Arneo di Massimiliano Rella

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“Pronto, buongiorno, parla lo Sportello Pesca”. Negli uffici del GAL Terra d’Arneo, un gruppo d’azione locale che aggrega imprese e istituzioni di 12 Comuni della provincia di Lecce (Nardò, Gallipoli, Veglie, Porto Cesareo, per citare i più noti), consumatori, studenti, artigiani, pescatori e amministratori locali possono avvalersi da un paio d’anni di un centro d’orientamento, cultura e formazione professionale specializzato sul settore ittico, in particolare dello Ionio, il mare che bagna le coste della Terra d’Arneo, in Salento occidentale. La più recente iniziativa dello Sportello Pesca, un progetto di sistema voluto dal presidente del GAL, COSIMO DURANTE, è il libro “Pesci ricchi, pesci poveri”, dedicato alle specie meno note e integrato da un ricettario di cucina tradizionale. Fresco di stampa, è l’ultimo tassello di una campagna di supporto al settore ittico locale, cominciata nel 2019 e proseguita nonostante le strettoie e limitazioni della pande-

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mia. E che prevede vari interventi di riqualificazione sul territorio, dalla sistemazione dei mercatini ittici ai nuovi punti di sbarco. Attingendo a fondi europei, il GAL Terra d’Arneo ha puntato principalmente su tre azioni culturali: la realizzazione di un centro servizi per la pesca professionale, rivolto anche ai cittadini, per promuovere eventi, seminari, fiere e showcooking sul pesce povero, ma anche iniziative su pesci alieni presenti nel Mediterraneo, dal granchio blu reale al pesce serra, e già utilizzati in alcune pietanze (hamburger di pesce serra, sughetto al granchio blu, ecc…). La seconda azione, tuttora in corso, ripartita dopo le limitazioni del Covid, consiste in una “campagna progresso” nelle scuole elementari, dove il biologo marino del GAL, MASSIMO TOMA, si presenta in aula con la “valigia didattica”, un contenitore di illustrazioni e pesci-giocattolo utili per raccontare ai bambini in modo semplice e divertente aspetti e problematiche del mare. L’obiet-

In alto: il porto di Gallipoli con il castello sullo sfondo. Sotto il castello lungo la banchina portuale è in corso la sistemazione del mercatino del pesce. A pagina 124: “ancora-luminaria” nei dintorni del porto di Gallipoli.

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Il biologo Massimo Toma e l’animatrice territoriale Alessandra De Luca con le “valigie didattiche”. Al centro, a sinistra, il coordinatore Angelo Metrangolo e, a destra, il presidente del GAL Cosimo Durante. tivo è di sensibilizzare i piccoli su argomenti come la catena alimentare, gli habitat, l’inquinamento, gli ecosistemi, la pesca, le tecniche, le attrezzature, i pesci dello Ionio, la figura del pescatore, ecc… Sono state coinvolte finora 30 scuole, con 2-3 incontri a classe. «La nostra terza iniziativa culturale — aggiunge il presidente del GAL Cosimo Durante — interessa i due Prodotti Agricoli Tradizionali (PAT) della Terra d’Arneo, cioè la scapece gallipolina e il quataru, una zuppa tipica di Porto Cesareo. Sono prodotti e ricette uniche e identificative dei nostri territori, che intendiamo valorizzare. Ma il nostro obiettivo di fondo — conclude Durante — è creare una forte sinergia tra il comparto locale della pesca e la filiera del consumo, a partire dai ristoranti e dalle trattorie salentine, che ci auguriamo introducano nei loro menu sempre più pesce povero e dimenticato dei nostri mari». Le azioni di supporto assumono particolare importanza se si pensa che in

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provincia di Lecce non c’è un mercato ittico all’ingrosso, né un’asta del pesce, e che la tonnara di Gallipoli è chiusa ormai dagli anni ‘70. Per le sue attività dedicate il GAL ha attinto a risorse FEAMP, il Fondo europeo per gli Affari Marittimi e della Pesca attivato in Puglia per la prima volta — annualità 2014-2020 — con la strategia del pluri-fondo. In pratica è stata l’unica regione in Italia a integrare il fondo con quello del FEASR, dedicato invece all’agricoltura. Nello specifico il Piano di Azione Locale (PAL) stanzia 8 milioni di euro, 1,5 milioni dei quali per il settore pesca; risorse destinate ai privati (pescatori) per attività di sviluppo, ai tre comuni rivieraschi di Gallipoli, Nardò e Porto Cesareo e, in parte, al GAL per la regia dei vari progetti in corso d’opera sul territorio. Riguardo alla pesca, gli ambiti d’intervento sono la diversificazione economica, l’ittiturismo, il pescaturismo, la trasformazione dei prodotti, l’efficienza energetica

delle barche, i progetti ambientali, le escursioni in mare, gli strumenti di vendita diretta (dal furgone all’ecommerce), dunque tutto ciò che può portare extra reddito alla pesca. I fondi prevedono contributi al 100% per i comuni, al 50% per i pescatori, all’80% per la pesca costiera artigianale (senza imbarcazioni a circuizione, a strascico e con barche lunghe meno di 12 metri). In particolare, sono in corso d’opera nuovi punti sbarco diversificati per vendere in sicurezza il pescato fresco nel porticciolo turistico di Santa Caterina, a Nardò, paese dove è stato creato anche un corner sui prodotti del mare all’interno della Vetrina del Gusto, in piazza Salandra, in centro storico (www.lavetrinadelgusto.com). A Gallipoli, invece, è in corso la sistemazione del mercatino del pesce sotto il castello lungo la banchina portuale; progetto approvato dalla Regione e da realizzare entro il 2022. Massimiliano Rella >> Link: www.terradarneo.it

IL PESCE, 2/22


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In Mare, allevamento modello di orate, ombrine e spigole a Torre Suda

Bio in mare aperto di Massimiliano Rella

In Mare è un allevamento sostenibile ed eco-compatibile di pesce (orate, ombrine, spigole) a Racale (LE), divenuto un modello di riferimento nel settore, più volte premiato e oggi sempre orientato verso l’alimentazione bio, già impiegata in 3 delle 15 gabbie totali. Fondata nel 2006 dopo un lungo percorso d’autorizzazioni (la burocrazia impera!), l’azienda ittica dei cinque fratelli REHO — ALDO, GIOVANNI, ANDREA, ANGELO e GIULIO — commercializza e trasforma 150 tonnellate di pesce l’anno. Sono gli unici in Sud Italia per le ombrine. 20 dipendenti, 5 barche, un porticciolo riservato sulla costa, non lontano da Gallipoli, i fratelli Reho distribuiscono il pescato tra Puglia, Lombardia e Veneto e nel canale retail (botteghe, pescherie, ristoranti, e-commerce), con il sottovuoto pronto a cuocere; prodotti che

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rappresentano il 25% del pescato. Numeri a parte, In Mare è un’azienda alla ricerca di novità e con vari progetti per migliorare l’efficienza e la sostenibilità della pesca. Ad esempio, sta sperimentando il recupero della polpa che rimane attaccata alla lisca per farne dei burger di pesce o altri tipi di prodotti con l’obiettivo degli “scarti zero”. Sta investendo inoltre nel fotovoltaico, per il suo centro di trasformazione a Sannicola, e nel potenziamento dei motori green delle imbarcazioni. Aderisce, infine, alla APP contro lo spreco alimentare “Too Good Too Go”, che permette la vendita immediata delle merci; applicazione per smartphone tra le più scaricate in Italia nel 2021. Le 15 gabbie di allevamento si trovano a 2 km dalla costa di Torre Suda, ancorate a 40 metri di pro-

fondità: tutte strutture galleggianti ritirabili, senza accumulo di metaboliti grazie a correnti costanti anche a mare calmo e senza dispersione di mangime, né utilizzo d’elettricità. Sono gabbie di 22 metri di diametro: un ampio spazio di allevamento con densità di circa 10 kg a metro cubo. Tre sono già biologiche, vanto di un’azienda tra le prime e le poche in Italia a essere bio in mare aperto. «Sono fondamentali il tipo d’ambiente, la densità d’impianto e l’alimentazione» precisa Aldo Reho. «Al momento noi assicuriamo il biologico in tre gabbie per l’allevamento delle orate, ma l’obiettivo è di convertire anche le altre, però dobbiamo procedere gradualmente perché il pesce di allevamento bio è un concetto ancora nuovo che non trova subito mercato, quindi ci trasformeremo man mano che cresce la sensibilità del consu-

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Abbiamo fatto della nostra passione il nostro lavoro L’Acquachiara s.r.l. Via Orti Ovest 1, 30015 Chioggia (Venezia), ITALIA lacquachiara.it

L’ACQUACHIARA s.r.l. nasce da una grande passione per il mare e per i suoi frutti migliori. Siamo presenti in tutti i più importanti mercati ittici nazionali in prima persona o tramite nostri fidati collaboratori, con l’obiettivo di garantire costantemente il più ampio assortimento di frutti di mare e pescato nazionale, rispettando con rigore e responsabilità i periodi di fermo biologico. Siamo cresciuti mettendo sempre al primo posto la qualità e la sicurezza alimentare e, grazie a questo percorso virtuoso, siamo riusciti a sviluppare una rete commerciale che copre l’intero territorio nazionale e ad oggi serviamo regolarmente clienti in tutti i paesi europei.


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Intervento alle gabbie dell’allevamento In Mare davanti alla marina di Racale (LE). IL PESCE, 2/22

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matore. Gli stessi mangimi, per fare due conti — puntualizza Reho — se sono biologici costano un 30-35% in più: si tratta di farine vegetali bio, farine di pesce da pesca sostenibile o da scarti di pesce». L’alimentazione è effettuata giornalmente, in inverno in modo discontinuo a seconda del mare: complessivamente in un anno si perdono un centinaio di giorni d’accesso per le mareggiate. Seminate ad anni alterni, il prelievo dalle gabbie avviene dopo due anni quando i pesci hanno raggiunto una taglia di 400-500 grammi. Le ombrine arrivano ai 2 kg in 36 mesi e ad un massimo di 3,5 kg; le spigole raggiungono 300 grammi in 30 mesi, fino a pezzature di 600. Sono tutti pesci privi di accumulo di grasso nell’apparato viscerale. InMare, che fa parte della rete dei Green Hero, ha ricevuto il premio di sostenibilità ambientale e quello di finanza sostenibile da LEGA COOP. Massimiliano Rella >> Link: www.inmare.eu

In alto: Aldo Reho insieme al collaboratore Stefano Cassano nel porticciolo aziendale sulla marina di Racale. In basso: il centro di trasformazione del pesce dell’allevamento In Mare a Sannicola (LE).

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IL PESCE, 2/22


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OLANDA OLAN SEPPIE

SCAMPI SGUSCIATI

CAPPESANTE SCAMPI

CALAMARI

FILETTI SOGLIOL DI SOGLIOLA GAMBERI

SPAGNA

POLPI

SEPPIE

TOTANI

GRANCIPORRO

POLIPETTI

SEPPIE

POLONIA

CALAMARI

PESCE SPADA PA

MAZZANCOLLE

CALAMARI

CINA C NA

SALMONE

VERDESCA

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PORTOGALLO

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Lo Sparviere, pescaturismo da vivere e per vivere il mare di Massimiliano Rella

Il pescaturismo come attività per integrare il reddito del mare. La storia riguarda una coppia di Porto Cesareo, marito e moglie, pescatori di professione e da qualche anno operatori “turistici” con lo Sparviere, un peschereccio per la piccola pesca artigianale riconvertito in estate per ospitare a bordo gruppi di persone interessate a fare un’esperienza diversa dal solito, fianco a fianco con un professionista. È la storia di GIOVANNI COLELLI, 53 anni, famiglia di pescatori da almeno tre generazioni che a un certo punto decide di “diversificare” dalla tradizione dei nonni e dei genitori per sviluppare una nuova attività, che oggi gestisce con la moglie BARBARA. L’idea nasce per caso dopo la continua richiesta di amici di poter assistere alla pesca in mare con le reti. «All’epoca era un’attività non

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autorizzata, quindi impossibile da realizzare — ci spiega Colelli — però quando fu approvata la nuova legge sul pescaturismo, finalizzata a ridurre lo sforzo e il prelievo nel Mediterraneo, ho pensato che poteva diventare un modo intelligente per integrare il reddito. Così, nel 2005, ho ottenuto l’autorizzazione». Gli adempimenti necessari sono: avere la licenza di pesca, fare richiesta alla Capitaneria di porto del collaudo del Registro Navale Italiano (l’ente certificatore per l’adeguatezza dell’imbarcazione e del numero di persone consentito a bordo); ovviamente le condizioni ottimali del mare e avere una barca… Dopo aver cominciato l’attività professionale con reti e palangaro, anche di notte, Colelli vide che non c’era sufficiente richiesta e che per lo più proveniva da uomini adulti.

Così per incoraggiare le famiglie decise di creare la formula dello “Sparviere – Pescaturismo per vivere il mare”, diversificando per adattare le attività ad orari più comodi e lenti, con soste bagno, pesca alla canna, pesca sportiva con attrezzi più adatti, canne e lenza a mano; il tutto a 1/1,5 miglia dalla costa, dove viene ancorato lo Sparviere durante le battute di pescaturismo. I partecipanti possono anche portarsi via il pescato e certamente mangiarlo a bordo, cotto dalla moglie di Colelli su un cucinotto a gas. Il menu di bordo prevede aperitivo con conserve di pesce autoprodotte, sarde macinate, tonno sottolio, patè di murena, seppia in crostino, frittura del pescato dei turisti, in gran parte pesce povero come sgombro, vopa, S. Andrea, fragolini, saraghi, piccole cernie. Si finisce il pasto con

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la frutta di stagione. Questa formula di pescaturismo garantisce ritorni interessanti: 60 euro a persona per gruppi di minimo 8, massimo 12 persone, con due uscite al giorno in agosto; a luglio un’uscita in mare in media e un prezzo ridotto a 30 euro per i baby-pescaturisti sotto i 10 anni. In estate lo Sparviere propone escursioni standard dalle 09:00 alle 14:30, fuori stagione anche personalizzabili e professionali. «È un’attività che si promuove principalmente col passaparola — conclude Colelli — e si presta a regali sotto forma di voucher, ma anche per addii al celibato, feste e altro. Strano a dirsi, ma nonostante i numeri siamo l’unico pescaturismo di Porto Cesareo. Adesso però c’è nostro figlio Tommaso che ha comprato un peschereccio e presto farà concorrenza: ma rimane ancora tutto in famiglia». Massimiliano Rella >> Link: www.pescaturismopervivereilmare.it

A pagina 134: Gianni Colelli e la moglie Barbara. In alto: lo Sparviere.

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Pesciolini “a pancia vuota” e giallo zafferano

Sergio Manno e la scapece gallipolina di Massimiliano Rella

La scapece è un metodo di conservazione diffuso nel Mediterraneo, un preparato antico che usa l’aceto per preservare il pesce, ma che in alcune zone del bacino, ad esempio in Turchia, è utilizzato anche con la carne. In Puglia, davanti alla penisola del Gargano, ci si conserva l’anguilla fritta del lago di Lesina, mentre a Gallipoli, noto paese marinaro in provincia di Lecce, si utilizzano piccoli pesci poveri: boghe, vopilli, zerri e latterini. La scapece gallipolina, specialità tipica delle sagre, venduta in vaschette d’asporto, vuole però anche pane imbevuto d’aceto e zafferano, da cui deriva il colore giallo intenso. La preparazione ha un’origine che risale al Medioevo e oggi è fatta in casa, in alcuni ristoranti e piccoli laboratori. L’unica azienda produttiva è invece la Scapece Manno 1954, una realtà imprenditoriale gestita dal signor SERGIO MANNO e dal figlio 37enne MARIO, con l’aiuto di cinque dipendenti, specializzata appunto in scapece gallipolina, ma che con l’ar-

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rivo del Covid e la chiusura di feste e sagre è stata costretta a reinventarsi e a diversificare. Il prodotto più identificativo di Gallipoli nacque in origine per esser conservato e facilmente trasportato in botticelle di legno. Le prime citazioni risalgono agli assedi Saraceni e Normanni, quando la popolazione era costretta a stare settimane chiusa tra le mura alimentandosi con prodotti a “lunga conservazione”: farina cotta indurita e bagnata d’aceto e scorte di Scapece. Il metodo di conservazione del pesce in aceto fu citato già secoli prima da MARCO GAVIO APICIO nel De re coquinaria, una raccolta di ricette di cucina romana, ma a Gallipoli la preparazione si affermò sia per l’abbondanza di piccoli pesci poveri e pesci azzurri, catturati sotto costa, che per resistere agli assedi in età medievale con scorte di prodotti a lungo conservabili e che erano anche un cibo funzionale ai pescatori in mare per giorni. Il metodo tradizionale della scapece gallipolina prevede

l’utilizzo di pesciolini “a pancia vuota”, pescati all’alba prima che possano cibarsi, poiché non vengono eviscerati: esemplari di piccola taglia come Spicara smaris, Spicara flexuosa, Atherina boyeri, Atherina hepsetus e Boops boops, ovvero vari tipi di boghe, vopilli, zerri e latterini. Dopo esser stati fritti in olio bollente, sono riposti uno a uno in masselli di legno di castagno a strati, alternati con mollica di pane decorticato (possibilmente il “cuore” del pane) imbevuta d’aceto bianco e zafferano. Poi di nuovo uno strato di pesciolini, ordinati a mano e compattati tra loro, e così via fino a riempire la “botte” di legno, che rimane aperta nello strato superiore per mostrare la bellezza del prodotto: una copertura visibile e superficiale di mollica giallo zafferano. Questa ricca spezia, introdotta e coltivata in Salento dopo le invasioni dei turchi, non ha soltanto funzioni decorative, ma aggiunge anche sentori dolci alla mollica e rende più piacevole un prodotto dalle spiccate

IL PESCE, 2/22


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Alcune fasi della lavorazione artigianale della scapece gallipolina. In alto: la mollica di pane decorticata ed essiccata viene imbevuta di aceto bianco e zafferano. In basso: la copertura degli strati di boghe e vopilli fritti con la mollica nel massello di legno di castagno. A pagina 139: Sergio e Mario Manno. note d’aceto e che si consuma come aperitivo, con le friselle, in antipasto o secondo piatto, insieme a un bicchiere d’acqua o una birra per

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contrastare le note acetate. Ha un prezzo di 20,00 €/kg ed è venduta anche in vaschette d’asporto a qualche euro.

L’anno 1954 è una data importante per la famiglia Manno, che vanta una discendenza nella pesca e nella trasformazione “casalinga” della Scapece da almeno sette generazioni, cominciata nell’Ottocento con feste e sagre di paese. Oggi Scapece Manno 1954 è l’unica azienda strutturata del Salento. «Tanti se la fanno in casa, in ristoranti o in piccoli laboratori in occasione delle feste patronali e delle sagre, perché, nonostante tutto, è un prodotto da sagra», racconta il giovane Mario Manno, che sulla scapece ha fatto la tesi di laurea nel 2010 e di cui aveva potenziato la produzione arrivando a trasformare una tonnellata di pesce l’anno, comprato da pescatori locali. Prima del Covid, infatti, la scapece gallipolina rappresentava il 90% della produzione aziendale, ma con le restrizioni e la cancellazione delle feste di piazza i Manno sono stati costretti a diversificare, tanto che oggi la quota produttiva, in attesa di tempi migliori, rappresenta il 30%. «Volevamo diversificare da tempo ma non riuscendo a far fronte agli ordini ci siamo specializzati» ci spiega.

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«Nati e cresciuti con la scapece gallipolina ci siamo dovuti reinventare e oggi facciamo anche salumi di pesce spada e altri prodotti curiosi». Se con la pandemia i Manno hanno amplificato la trasformazione di altro pescato dello Ionio (gamberi gallipolini, fritture di paranza, preparati di mare per la pasta, totani e calamari eviscerati e surgelati), la scorsa estate è nata l’idea dell’ape-

ritivo di pesce davanti all’azienda, un edificio a tinte forti pitturato di giallo e azzurro coi colori del logo d’impresa. L’iniziativa nasce un po’ per caso e cresce col passaparola: un tavolino oggi, un tavolino domani e nello spazio recintato si forma un punto degustazione che nell’estate 2021 vedeva file di commensali dal tardo pomeriggio a sera inoltrata, in coda per uno spuntino di scapece e di vari assaggi di pesce. In un conte-

sto rustico abbellito da tradizionali luminarie del Salento, con la gioia dei turisti. «Ci chiedevano fritture da asporto già al mattino e qualcuno voleva consumarle fuori, ancora calde, così è cominciato tutto» conclude il giovane Manno. «Qualche tavolo e sedia ed è stato un successo». Massimiliano Rella >> Link: www.scapecemanno.it

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PESCA

Il gozzo cilentano di Santa Maria di Castellabate Fu importato dai Fenici, di cui ricalca la tipica “scialuppa”. Ancora oggi viene impiegato per la pesca, oltre a costituire un forte richiamo turistico grazie alle attività di recupero e valorizzazione promosse dalla “Casa dei Pescatori” di Nunzia Manicardi

Nel nostro viaggio tra le barche da pesca tradizionali italiane ci dedichiamo ora al gozzo, imbarcazione tipica della Liguria e della Campania, e in particolare del Cilento, ma che si trova anche in Sicilia, Puglia e Toscana. Ho potuto ammirarne alcuni la scorsa estate a Santa Maria di Castellabate, in provincia di Salerno, sulla magnifica costa cilentana dove ancora sono impiegati per la pesca locale. E proprio qui, nel piccolo museo del paese che raccoglie tanti

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reperti interessanti sulla marineria e sull’archeologia dei luoghi, ho potuto raccogliere informazioni tanto preziose quanto ancora poco conosciute perfino dagli esperti del settore. Ad informarmi con grande dovizia di notizie e trascinante passione per l’argomento è stato l’archeologo subacqueo dottor FRANCESCO ADAMO, che di questo museo, denominato “Casa dei Pescatori”, è il promotore e il punto di riferimento, così come lo è stato delle campagne di ricerca

che, nel corso di ormai parecchi anni, hanno portato a far luce sul rapporto fra archeologia, storia e natura dell’Area Marina Protetta di Santa Maria di Castellabate. Grazie alla sua iniziativa si è costituita nel 2017 l’associazione archeologica culturale “Archeonautilus”, coinvolgendo l’associazione dei pescatori locali, i commercianti di zona e il Comune di Castellabate (con ASSUNTA NIGLIO, responsabile dell’Area Marina Protetta), grazie ai quali è stato possibile

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In alto: il caratteristico gozzo (photo © Associazione Pescatori di Castellabate, Casa dei Pescatori). A sinistra: la spiaggia di Santa Maria di Castellabate. finalmente riaprire l’Antiquarium comunale e farne la sede del Museo, istituito anche con la collaborazione della Soprintendenza alle Antichità della Provincia di Salerno e del Ministero dei Beni Culturali della Regione Campania. Castellabate si trova lungo la costa del Cilento centrale in posizione equidistante della due antiche città greche di Poseidonia ed Elea (dai Romani chiamate poi Paestum e Velia). Questa zona, essendo ricca di approdi sicuri, materie prime e risorse idriche, fu frequentata dall’uomo fin dal Paleolitico superiore, cioè oltre 12.000 anni fa. Il passaggio all’età storica, con l’introduzione dell’uso dei metalli e della scrittura, vide anche qui l’apparire tra il XIII e il XII secolo a.C. delle maggiori civiltà del Mediterraneo: quella minoicomicenea e quella fenicia. Furono i Fenici, provenienti dall’attuale Libano, che introdussero il gozzo su questo territorio. Grandi navigatori, essi per navigare sotto costa utilizzavano delle piccole imbarcazioni dette scialuppe, dotate di poppa e prua appuntite e rialzate rispetto al resto dello scafo. La medesima forma ancora oggi utilizzata dai pescatori cilentani! Per costruire queste imbarcazioni i Fenici incrementarono sulla costa cilentana la diffusione di una tipologia di albero nativo molto presente anche lungo le coste libanesi, il “Pino di Aleppo” (dal nome di una delle loro principali città), che costituisce la specie arborea più diffusa nell’attuale macchia

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mediterranea. Il gozzo è una barca a remi di piccole-medie dimensioni (dai 3-4 metri ad una decina, per una capienza da 4 persone in su) la cui struttura portante è una solida chiglia, che corre da poppa a prua, alla quale sono attaccate delle “costole” che compongono l’ossatura dell’imbarcazione, su cui viene appoggiato il fasciame costituito da una serie di tavole di legno. Il piano di calpestio è un semplice pagliolo. Alcune traverse (banchi) servono da sedile per i passeggeri. Con due coperture sull’estrema poppa e sull’estrema prua si possono ricavare due gavoni, delimitati da due paratie, dove riporre attrezzature nautiche e da pesca o oggetti anche di un certo peso. La timoneria è a barra. I gozzi più grandi possono avere una sorta di cabina che ripara e protegge la timoneria (che in questo caso è a ruota) e può anche estendersi verso prua con alcune cuccette di fortuna (e allora la barca prende il nome di pilotina). I remi sono fissati su due o tre paia di scalmi che sono sempre a caviglia, cioè composti solamente da un perno verticale leggermente svasato verso l’alto, e dotati di un contrappeso (girone) per diminuire la fatica durante la vogata; l’accoppiamento tra remi e scalmi è ottenuto attraverso una legatura particolare detta stroppo. I gozzi possono navigare anche a vela, montandone una latina su un unico albero a centro nave. Tengono bene il mare, grazie alla forma dello scafo, e sono adatti per vari tipi di piccola pesca, come quello alla traina per la quale è congeniale la bassa velocità, che si aggira mediamente sui 5/6 nodi. Ma l’avvento del motore, quasi sempre entrobordo diesel, ha cambiato la storia anche di questa imbarcazione, che adesso viene pure fabbricata in vetroresina anziché in legno. Anche per questo ci ha particolarmente emozionati ammirare il gozzo tradizionale che, nel rosso tramonto di Santa Maria di Castellabate, si dondolava placidamente nella piccola baia davanti alla “Casa dei Pescatori”, dopo aver deposto sulla spiaggia le reti ormai vuote. Nunzia Manicardi

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NUTRIZIONE

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Crostacei: cosa contengono e che cosa occorre sapere prima del loro consumo

Appartenenti al phylum degli Artropodi, i crostacei sono animali acquatici invertebrati caratterizzati da appendici articolate deputate al movimento, antenne e da un robusto e rigido esoscheletro costituito da

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chitina e carbonato di calcio. Gamberi, astici e aragoste sono tra i più apprezzati in cucina e rappresentano soltanto una minima parte delle migliaia di specie censite in tutto il mondo. Secondo le stime dell’EUMOFA

(Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura) l’Unione Europea dipende in larga parte, per quanto concerne la disponibilità di crostacei, dalle importazioni dei Paesi esteri: più

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Contenuto medio di energia e nutrienti in 100 grammi di alcuni crostacei (parte edibile) Gambero

Astice

Aragosta

Energia (Kcal)

71,00

85,00

85,00

Proteine (g)

13,60

18,80

16,00

Lipidi (g)

0,60

0,90

1,90

Saturi (g)

0,09

0,11

0,63

Monoinsaturi (g)

0,13

0,17

0,51

Polinsaturi (g)

0,19

0,23

0,70

– di cui EPA (g)

0,09

0,11

0,25

– di cui DHA (g)

0,07

0,06

0,44

150,00

95,00

70,00

1,80

0,30

0,80

Colesterolo (mg) Ferro (mg) Calcio (mg)

110,00

48,00

60,00

Sodio (mg)

146,00

296,00

177,00

Potassio (mg)

266,00

275,00

180,00

Fosforo (mg)

349,00

144,00

280,00

1,90

3,00

2,20

Zinco (mg) Rame (mg)

0,70

1,70

0,40

Selenio (μg)

30,00

41,00

54,00

100,00

100,00

100,00

Niacina (mg)

3,20

1,50

2,00

Vitamina B12 (μg)

3,00

1,00

3,50

Iodio (μg)

Fonte: BDA-IEO.

del 40% dell’import di gamberoni e mazzancolle proviene dall’Ecuador, che esporta soprattutto in Spagna, Francia e Italia; Vietnam e India coprono un altro 20%, il cui export è destinato principalmente al Regno Unito, ai Paesi Bassi e al Belgio.

Che cosa contengono In generale, a fronte di un modesto apporto calorico, i crostacei forniscono proteine di qualità elevata e presentano un modesto tenore di grassi, prevalentemente insaturi. Le loro carni sono mediamente ricche

di vitamina B12, oltre che di iodio e selenio, ma contengono anche niacina, fosforo, rame, ferro e zinco. Tra i componenti minori vanno citati i carotenoidi (ß-carotene, luteina, astaxantina), responsabili della tipica colorazione rosso-arancione delle carni di molti crostacei. Che cosa bisogna sapere La quantità di colesterolo nei crostacei è rilevante rispetto ad altri prodotti ittici; tuttavia è noto che il colesterolo assunto con gli alimenti influisce limitatamente sulla colesterolemia. Un consumo moderato di crostacei, anche alla luce del loro ridotto tenore in acidi grassi saturi, se inserito in un’alimentazione equilibrata associata a uno stile di vita attivo, non rappresenta pertanto un problema (nemmeno per la colesterolemia) per la maggior parte delle persone sane. L’allergia ai crostacei è invece tra le allergie alimentari più comuni; il principale responsabile è la tropomiosina, una proteina stabile al calore e per questo capace di provocare una reazione allergica dopo il consumo di crostacei sia crudi che cotti. La surgelazione dei crostacei, come di altri prodotti del mare, operata subito dopo la pesca, ne mantiene pressoché inalterate le proprietà nutrizionali. Fonte: NFI Nutrition Foundation of Italy www.nutrition-foundation.it

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IL PESCE IN TAVOLA

A Pasqua il cioccolato a tavola non può assolutamente mancare, nemmeno col pesce Fish from Greece propone una ricetta a base di cioccolato e di branzino fresco greco per la gioia dei palati più golosi È arrivata la Pasqua e con essa la classica domanda: “Che cosa si cucina per pranzo?”. Se l’invito poi è stato esteso a familiari e amici per festeggiare insieme, spesso non è semplice incontrare il gusto di tutti tra antipasti, primi, secondi e dolci: ci sono gli amanti della tradizione e chi invece vuole osare con l’innovazione, chi preferisce un menù di carne e chi di pesce e così via. A mettere tutti

d’accordo, però, tra le pietanze che non possono proprio mancare, c’è il cioccolato! E chi l’ha detto che il cioccolato si mangia solo alla fine dei pasti come dolce? È in questa speciale occasione che HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization, il principale ente promotore dell’acquacoltura greca e creatore del marchio collettivo Fish from Greece, propone un

secondo piatto a base di pesce fresco greco originale e dal gusto sorprendente: il “branzino ripieno di lardo con crema di castagne e cioccolato”. Una ricetta che unisce mari e monti, in un connubio di dolce e salato perfetto per soddisfare i più esigenti e golosi palati di grandi e, perché no, anche dei più piccoli. Il protagonista al centro di questo piatto tanto originale negli accosta-

Branzino ripieno di lardo con crema di castagne e cioccolato.

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menti, quanto d’effetto agli occhi e al palato, è il branzino, farcito con qualche fetta di lardo e scaglie di cioccolato fondente e adagiato poi su un letto di crema di castagne. Quando parliamo del pesce fresco greco “targato” Fish from Greece, ci riferiamo a cinque prodotti di eccellenza: l’orata, il branzino, l’ombrina boccadoro, il pagro maggiore e la ricciola che portano con sé tutto il sapore, il gusto, la freschezza, le proprietà nutritive e la qualità eccellente del pesce d’acquacoltura greca, allevato nei trasparenti mari della Grecia, ecosistema ideale per l’allevamento di pesce sano e fresco, con la cura di professionisti esperti. Ogni festività è un’occasione in più per ricordare che un consumo regolare di pesce fresco e di qualità è sempre consigliato per chi vuole seguire una dieta sana, bilanciata, ricca di benefici per il cervello e per tutto il corpo, grazie all’apporto di acidi grassi essenziali Omega-3, un toccasana per la memoria, così come di proteine, vitamine e sali minerali. HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization La Hellenic Aquaculture Producers Organization (HAPO) è il principale

ente promotore dell’acquacoltura greca e creatore del marchio collettivo Fish from Greece. I suoi 22 membri, tutti produttori greci, rappresentano oltre l’80% della produzione di acquacoltura greca. La mission di HAPO è quella di aumentare la produzione e la vendita dei prodotti dei suoi membri, consolidando allo stesso tempo il suo ruolo trainante sia nel mercato greco sia in quello internazionale europeo. HAPO osserva i più alti standard qualitativi e si impegna, giorno dopo giorno, a portare prodotti freschi e di alta qualità sulle tavole dei consumatori, seguendo una produzione etica e sostenibile, operando nel pieno rispetto di tutte le più severe normative europee e dei suoi Stati Membri per la tutela dell’ambiente e per il benessere degli animali. HAPO opera sulla base del rispetto tra le aziende associate e i consumatori, perseguendo uno scopo comune fondato sulla fiducia e sul valore del settore e dei suoi prodotti, in conformità ai principi della Blue Economy.

il know-how e la competenza dei soci della HAPO presso gli allevamenti ittici situati nei mari greci incontaminati, nel pieno rispetto delle normative europee. Un nome semplice, distintivo e immediato, che racchiude in sé le tonalità dell’azzurro e del bianco, i colori caratteristici della bandiera greca e del mare. Fish from Greece è il nuovo sigillo di fiducia per i retailers e i consumatori di pesce fresco di tutto il mondo. Fish from Greece è supportato da un severo protocollo di certificazione privata.

Fish from Greece Il marchio collettivo Fish from Greece testimonia l’identità greca di tutto il pesce fresco allevato in modo responsabile con la cura,

Branzino ripieno di lardo con crema di castagne e cioccolato Ricetta di Fish from Greece

Ingredienti (per 4 persone) • 600 g branzino Fish from Greece • 100 g lardo a fette • 400 g castagne secche • 85 g cioccolato fondente • basilico q.b. • sale q.b. • pepe q.b. • olio evo q.b. Esecuzione Pulire e sfilettare il branzino lasciando la coda, in modo da ottenere due filetti da disporre uno sull’altro, come se fossero le due parti di un sandwich. Per la crema di castagne: mettere le castagne a mollo in abbondante acqua la sera prima; dopo averle scolate, farle bollire nel latte per poi frullarle, tenendo da parte il loro liquido e aggiustando il sapore della crema ottenuta con sale e pepe. Farcire ora i filetti di branzino con qualche fetta di lardo, sale, pepe e scaglie di cioccolato fondente. Infornare i filetti farciti a 180 °C per 10 minuti, nel forno preriscaldato e statico. Per l’impiattamento: stendere un letto di crema di castagne e adagiarci accanto (o sopra) il “sandwich” di branzino ripieno, decorare a piacere con una fetta di lardo arrotolata a rosa, qualche scaglia di cioccolato, qualche castagna sbriciolata, foglioline di basilico e un filo di olio evo.

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Photo @ Kidsada Manchinda

Un cefalo tutto cervello di Giorgia Fieni

Pensando alla gastronomia come se fosse una parte dell’anatomia umana, ci verrebbe subito in mente lo stomaco. Al massimo la bocca. Difficilmente le daremmo una connotazione razionale. Eppure. In Grecia esiste un formaggio chiamato kefalotiri. Le volute dei gherigli di noce assomigliano ad un cervello. E poi c’è il cefalo, un pesce della famiglia dei Mugilidi così chiamato per il capo particolarmente robusto. È dotato però anche di un dorso grigio-bluastro, un ventre biancoargenteo e fianchi argentati con strisce brune, che rendono i suoi 30-70 cm di lunghezza e 1-4 kg di peso anche belli alla vista.

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Ne esistono diverse varietà: volpina, dorato (o lotregano), bosega, calamita (o caustelo), verzelata (o musino), tutti con carni sode (se ne mangiano anche cervello — appunto — e magone/stomaco), ricche di grasso (che si scioglie benissimo sul barbecue) e con poche spine. Da esso si ottiene la bottarga (in Toscana gli danno il nome di “muggine”) e, per affumicarlo va prima lasciato in infusione in acqua e sale. Quello fresco, invece, essendo molto delicato, va conservato al massimo 1 giorno in frigorifero (già pulito e in un recipiente chiuso) e cucinato: sappiate però che è un pesce che mangia tutto ciò che sta

sui fondali (alghe, vermi, crostacei, ma anche pesci morti e materiale in decomposizione), certo, filtrandolo, ma rimane comunque un forte retrogusto a cui dovete fare attenzione quando lo scegliete). È anche facilmente reperibile: «Personalmente a spigola e orata preferisco il cefalo di mare aperto, con la macchia gialla sul muso» ha scritto LORELLA CUCCARINI. «Ha una carne polposa, bianca, saporitissima, ad un prezzo molto economico. Nei supermercati è spesso presente e raccomandato». Dunque, stiamo parlando di una gastronomia razionale e dal sapore intenso.

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Le premesse perché il cefalo sia difficile da trasformare in ricette ci sono tutte. Potrebbe essere una sfida particolarmente interessante. Ma qui le accettiamo volentieri, quindi vi propongo… Al forno con patate, scalogni, timo, nocciole o coperto da pomodorini e pancetta. In salsa di pomodoro e capperi o con fagiolini e vino bianco (perfetta per gli gnocchi di semolino). Ai ferri (ma senza toglierne le interiora, che daranno sapore) con rosmarino e succo di limone. In guazzetto o brodetto. Alla bizantina, con salsa ai gamberetti. Nella zuppa di pesce. In agrodolce. Negli arancini (con pomodoro e piselli). Nel couscous. Nella farcia della pasta (magari aromatizzata agli spinaci o barbabietola o curcuma) con ricotta e prezzemolo e un semplice condimento di olio extravergine, salvia e limone. Impanato e fritto. Al cartoccio. Grigliato. Al microonde con il pesto. In padella con vino bianco e pepe rosa. A Comacchio i cefali si cuociono in gratella, invece a Grado i sievoli sono conservati sotto sal e consumati in savor di aceto e cipolle. In Campania li preferiscono alla cacciatora, ovvero a fuoco lento con olio, aglio, ramerino e Lacryma Christi bianco, riproducendo in tal modo una ricetta che piaceva molto anche a GIACOMO LEOPARDI. Bella l’idea di GIANFRANCO PASCUCCI di aromatizzare il cefalo con aneto e finocchietto selvatico e avvolgerlo, assieme a scarola e patate bollite, in una sfoglia al rosmarino prima di passarlo in forno: «La particolare cottura gli dona un profumo di erbe che conquisterà anche chi non ama particolarmente il pesce». Così come quella di BRUNO BARBIERI di trasformarlo in polpette con l’aiuto delle patate lesse. Ma io oserei anche il Cefalo in salsa di mele cotogne, che arriva direttamente dal ricettario di CRISTOFORO DA MESSISBUGO ma che ho visto trovare spazio anche in molti siti internet dedicati alla cucina. Quindi, ricapitolando, il cervello c’è, le idee non mancano… Che aspettiamo a cucinarlo? Giorgia Fieni

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LOCALI DI GUSTO

Fortunato Aricò, artigiano del gusto tra terra, mare e fantasia di Riccardo Lagorio

Ci sono cuochi che non hanno bisogno di trasmissioni patinate per bucare lo schermo. È sufficiente lo sguardo, due frasi, una risposta per arguire che sono una miniera di fondatezza e attendibilità. Lo spettacolo e la noia si cerchino lontani da qui, in quei locali di sordidi padellari che hanno bisogno di uffici stampa tanto vaghi quanto inattendibili per salire agli… onori delle cronache! Qui a mezza costa, in piena città di Reggio di Calabria, c’è una viuzza con giardini e antiche botteghe. Si va

sul concreto: la passione per il cibo non è una comoda espressione alla quale attingere per diventare reucci di chissà cosa… FORTUNATO ARICÒ non cerca notorietà, ma ingredienti del territorio e dal mondo che vengono trattati con cura e buon senso per mantenere la loro vera essenza. Il suo Officina del Gusto è sintesi in tinte bianche di tovaglie e muri, pareti spesse 12 bottiglie di vino, tavoli in giusta quantità. Dietro le quinte si lavora in un clima da laboratorio, a cavallo tra

Fortunato Aricò, anima dell’Officina del Gusto.

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ricerca e ripasso di antiche formule. «Reggio è una città di mare, ma come spesso accade, proprio nelle città di mare si privilegia mangiare carne. E nella cultura reggina tante, tante verdure». E allora, quale è il miglior modo per essere certi che le verdure siano davvero locali? Coltivarsele. «Mi sono fatto un piccolo orto, l’Orto dell’Officina, dove coltivo, senza utilizzo di prodotti chimici ortaggi, erbe profumate e frutti a 700 metri sul livello del mare». Un ritaglio di paradiso con un affaccio sullo Stretto di Messina: mare, tra Ortì e Arasì. Anche nell’olio extravergine c’è un tocco di unicità, con l’arrivo in tavola di bottiglie firmate Oleificio Carbone di Laureana di Borrello, compagine che custodisce il proprio olio in silos sotto azoto. L’esperienza di Aricò come artigiano del gusto nasce nel 2003, una piccola enoteca e pochi tavoli. Ma le cose girano bene e per questo autodidatta legato alla sua Reggio arriva il momento di pensare all’Officina del Gusto: si rinnova del tutto nel 2017. Tra le bandiere del locale il bergamotto, ancora poco utilizzato in cucina, ma profumato e dal gusto inconfondibile. «Per i piatti va utilizzato essenzialmente a crudo». Minuscoli fiocchi di scorza di bergamotto compaiono sul carpaccio o nella tartare di carne firmata Macelleria Francini, in Tavernelle Val di Pesa (FI), oltre a batuffoli di Caciocavallo di Ciminà ben stagionato. «Di certo sanno selezionare le migliori carni che si possono trovare nella Penisola» spicca il volo Aricò. Gli agnelli quelli no, sono aspromontani. Per lo stinco si è scoperto che la cottura migliore è sottovuoto per

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1) Gambero di Mazara in vasocottura. 2) Carpaccio di baccalà. 3) Carpaccio di cernia. 4) Scamporto. 15 ore a 75 ºC unito a pepe, salvia, alloro e rosmarino. Un tocco leggero di bergamotto conferisce al piatto un aroma decisamente balsamico. «Sono agnelli che vivono su terreni scoscesi, predisposti a lunghe camminate e dall’elevata succosità delle carni» spiega. Tra gli antipasti c’è pure la scelta di polpette di maiale Nero d’Aspromonte: anche in questa occasione, se disponibili i frutti di bergamotto, da dicembre a marzo, ci può cader dentro una scheggia sottile di buccia che profuma la carne soda e gustosa. «La mia cucina è fatta anche di fantasia, con piatti costituiti da pochi ingredienti, tre o quattro, che si esaltano grazie a tecniche di cottura diverse che esprimono consistenze diverse». Così è certo che dove il bergamotto diventa ancora più caratterizzante è nelle marinature del pesce. In questi casi è il succo di bergamotto a

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rendere profumate e irresistibili le preparazioni. Lo stoccafisso, gloria della gastronomia reggina, acquista un profumo austero mentre la bocca raggiunge note celestiali tra l’acido e l’amaro e qualche granello di pepe rosa sollecita una dolce piccantezza. Anche con i gamberi rossi di Mazara del Vallo l’aromaticità del bergamotto fa esplodere le note dolci e nel contempo ittiche che poi, nel risotto di gamberetti e bergamotto Aricò sa bene equilibrare senza fare cadere l’asticella del gusto. Chi desidera continuare col gusto ricercato del bergamotto termina con un sorbetto. Uno splendore! Riccardo Lagorio Officina del Gusto Via Placido Geraci 18 89128 Reggio di Calabria E-mail: cucina@officinadelgusto.net Web: officinadelgusto.net


FIERE

Microalghe: il futuro del cibo e di molto altro Saranno protagoniste ad AlgaeFarm, l’evento realizzato in collaborazione con AISAM – Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe, che si svolgerà i prossimi 25 e 26 maggio a Pordenone Fiere Pordenone Fiere apre le porte ad AlgaeFarm: dopo la digital preview dello scorso anno il mondo della ricerca, delle tecnologie e delle applicazioni delle microalghe si incontrerà in Fiera i prossimi 25 e

26 maggio. L’evento, che si svolgerà in contemporanea con AquaFarm e NovelFarm ed è realizzato in collaborazione con AISAM – Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe, sarà

l’occasione per presentare le migliori realtà professionali dedicate alla filiera dell’alghicoltura, creando un’opportunità di confronto su un settore in continua crescita, rappresentato dalla ricerca scientifica, dai

La previsione di crescita media annuale di alghe da qui al 2026 è del 5,2%: spirulina (49%) e chlorella (29,4%, in foto) sono le due specie algali che trainano maggiormente il mercato con rispettivamente il 49% e il 29,4%. La domanda di microalghe essiccate in Italia si attesta sulle 200 tonnellate, ma solo meno del 13% della domanda viene soddisfatto dalla produzione nazionale.

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produttori di apparecchiature, dai coltivatori e da coloro che utilizzano le microalghe in diversi settori, tra cui nutraceutica, alimentazione, energia e industria. «AlgaeFarm arriva al momento giusto nell’evoluzione del mercato europeo e mondiale» afferma ALBERTO BERTUCCO, presidente di AISAM. «E siamo grati a Pordenone Fiere che ormai da 5 anni offre al settore un’importante occasione di incontro». La recentissima ricerca della californiana StrategyR rivede al rialzo le dimensioni del mercato attuale, a un passo dal miliardo di dollari (990 milioni) già l’anno scorso, con una previsione di crescita media annuale del 5,2% da qui al 2026. Secondo StrategyR, le due specie algali più importanti in questo momento, spirulina (49%) e chlorella (29,4%), trainano la crescita per il loro utilizzo in cibi e prodotti nutraceutici che vengono acquistati per il loro valore di rafforzamento delle difese dell’organismo, un effetto comportamentale derivante dalla pandemia e che già si è fatto sentire nella seconda metà del 2020 e nel 2021. In Italia, la domanda di microalghe essiccate si attesta su circa 200 tonnellate per utilizzi che vanno dall’alimentare e dalla nutraceutica alla cosmesi e alla farmacopea fino ai mangimi per i pesci. Meno del 13% della domanda viene oggi soddisfatta dalla produzione nazionale, per i tre quarti

concentrata sulla spirulina e in capo ad una decina di aziende che puntano sulla certificazione biologica, per l’alta qualità richiesta dal nostro mercato. La concorrenza è molto forte soprattutto per via della spirulina “certificata bio” proveniente da India, Cina e Sud-Est Asiatico che vanta prezzi che sono un terzo di quella europea. Le potenzialità di mercato rimangono comunque molto elevate e interessanti. Se si guarda oltre la biomassa essiccata, che si può definire il grado zero dell’utilizzo delle microalghe, e ci si concentra sulle altre sostanze ricavabili dalla biomassa fresca (quindi non esposta alla concorrenza asiatica), si scopre che i prezzi di mercato salgono molto rapidamente. Gli acidi grassi, tra cui gli Omega-3, spuntano tra i 200 e 600 dollari al kg, mentre per la fucoxantina, un potente anti-infiammatorio, si arriva a 45.000 dollari al chilogrammo. La ricerca si concentra oggi sul miglioramento della produttività delle microalghe coltivate. I temi caldi si riflettono nelle conferenze di AlgaeFarm. Tecnologie e Innovazioni per la Coltivazione di Microalghe e Ottenere di Più dalle Microalghe si susseguiranno il 25 maggio, mentre il 26 maggio sarà dedicato alle applicazioni: Chimica farmaceutica e cosmetica, alimentare e nutraceutica e Energia e industria: produzione agricola e zootecnica.

AquaFarm è la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile. NovelFarm è il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming. Quest’anno affiancate da AlgaeFarm, appuntamento dedicato a tecnologie e applicazioni in alghicoltura.

>> Link: www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it www.aquafarm.show/algaefarm-convegno-algocoltura

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Il carpione del Garda: una prelibatezza da allevare di Basilio Randazzo, Matteo Zarantoniello, Filippo Faccenda, Francesca Fava, Giulia Marzorati, Giuliana Parisi, Giulia Secci, Andrea Di Biase, Roberto Cerri, Ike Olivotto

La specie Il carpione del Garda (Salmo carpio) è un prezioso endemismo del lago di Garda. Questa specie appartiene alla famiglia dei Salmonidi e, sebbene sia strettamente imparentato con la trota fario, le ipotesi sulla sua origine e speciazione sono tuttora non del tutto chiarite. Rispetto alle sue strette parenti, presenta una testa più piccola, scaglie più grandi, un corpo più slanciato ed una livrea grigio argentea con pochi punti nerastri nella porzione dorsale. Si nutre soprattutto di zooplancton, crostacei bentonici e piccoli pesci, ha abitudini gregarie e si riproduce nelle profondità del lago. Quest’ultimo carattere ha creato una barriera riproduttiva tra il carpione e gli altri pesci del genere Salmo. Questa specie lacustre ha rappresentato una

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specialità gastronomica già citata in testi tardo medievali e nel corso dei secoli ha rivestito una grande valenza economica e culturale per le popolazioni rivierasche del lago di Garda. Ancora abbondante all’inizio del secolo scorso (negli anni ‘60 ne veniva pescata una media annua variabile da 16 a 40 tonnellate), la popolazione naturale ha registrato un rapido declino negli ultimi quarant’anni, e dal 2006 il carpione è stato inserito nella lista rossa della IUCN (International Union for Conservation of Nature), fra le specie a più alto rischio di estinzione sul territorio italiano. Le cause del suo declino sono attribuibili principalmente all’intensa pesca cui questo pesce è stato oggetto in passato, che non ha risparmiato nemmeno gli esemplari maturi nelle

aree di riproduzione, ma altri fattori sono fortemente indiziati di aver contribuito al declino del carpione, tra questi l’introduzione di specie aliene all’interno del lago e la modifica/riduzione delle aree di riproduzione causata dall’antropizzazione delle coste. La conservazione Nel corso degli ultimi decenni, diverse azioni sono state intraprese per evitare che questa specie sparisca del tutto dall’ambiente naturale. Nel 2015 Lombardia e Veneto, e nel 2019 il Trentino, ovvero le 3 regioni che si affacciano sul Lago di Garda ne hanno vietato temporaneamente la pesca, divieto che è tutt’ora in vigore. Nello stesso periodo sono state avviate delle iniziative finalizzate a studiare questa specie ancora poco conosciuta, capire le ragioni del suo

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declino e se possibile porvi rimedio. Nel 2008, presso il Centro ittico della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all’Adige (TN), è stato avviato il progetto “Carpiogarda”, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, mirato a definire protocolli di riproduzione ed allevamento e a stabilire le migliori tecniche di reintroduzione per la specie. Anche la Regione Lombardia ha finanziato diversi progetti, con l’obiettivo di ripopolare il lago con il carpione. Nel 2018 la Provincia di Brescia ha coordinato il progetto “Salvacarpio”, tra i cui obiettivi era previsto lo sviluppo di un protocollo sperimentale di allevamento e di svezzamento delle larve. Alla conclusione del progetto sono stati rilasciati 5000 di carpione nelle acque del lago di Garda.

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L’allevamento Un approccio alternativo, ma non per questo antagonista rispetto ai progetti di conservazione, prevede di sostenere il mercato rivierasco del carpione attraverso un prodotto di acquacoltura. Ad oggi l’unico allevamento di carpione a scopo commerciale è rappresentato dal Consorzio Trentino Piscicoltura (CTP), società partecipata dall’Associazione Troticoltori Trentino (ASTRO) e dal Consorzio di tutela della Trota Trentina IGP. Il consorzio è nato nel 2014 grazie alla collaborazione scientifica con la Fondazione Edmund Mach. Dalla sua costituzione, CTP si è dedicato quasi esclusivamente all’allevamento di questa specie nell’impianto situato ad Ospedaletto (TN). Il frutto di questi sforzi ha permesso all’azien-

Il panorama del Garda con Riva e Torbole. Il lago di Garda o Benaco è il maggiore lago italiano, con una superficie di circa 370 km². I pesci che vivono nel lago, oltre al carpione, sono la trota, l’anguilla, il persico reale, il coregone o lavarello, l’alborella o aola, l’agone, la tinca, il luccio, il cavedano, il barbo, la carpa, il varone, la bottatrice e il salmerino (photo © Franco Visintainer).

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Il carpione del Garda (Salmo trutta carpio) appartiene alla famiglia dei Salmonidi. Rispetto alla trota fario, ha testa più piccola, scaglie più grandi, corpo più slanciato e una livrea grigio-argentea con pochi punti nerastri nel dorso (photo © Jacopo Salvi). da di commercializzare negli ultimi anni qualche decina di quintali di prodotto, destinati esclusivamente al consumo umano. La collaborazione fra enti di ricerca e piscicoltori rappresenta ormai la carta vincente per l’allevamento di tutte le specie ittiche destinate all’alimentazione umana, soprattutto per le specie nuove o alternative come nel caso del carpione del Garda. Ciononostante, la strada è tutt’altro che semplice e presenta degli ostacoli che devono ancora essere superati. Fra questi, gli aspetti correlati con l’adattamento alla cattività, ovvero le fasi di svezzamento larvale, la maturazione sessuale degli individui adulti, la

riduzione degli stress correlati con la cattività. Inoltre, fondamentale per un allevamento commerciale, sono le performance di crescita degli animali; ad oggi, non esiste un mangime specifico per il carpione e quindi per la sua alimentazione si usano mangimi destinati ad altre specie ittiche. Il progetto In quest’ottica, nel 2020 la Fondazione CARITRO ha finanziato un nuovo progetto di ricerca coordinato dal Dipartimento di Scienze delle Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche e finalizzato a migliorare l’allevamento del carpione del Garda. Il progetto, denominato “Sviluppo di nuove

La collaborazione fra enti di ricerca e piscicoltori rappresenta la carta vincente per l’allevamento di tutte le specie ittiche destinate all’alimentazione umana, in particolare per le specie nuove o alternative come nel caso del Carpione del Garda

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diete per l’allevamento del carpione (Salmo carpio): miglioramento della produttività, del benessere animale e delle qualità nutrizionali del prodotto ittico” ha una durata di due anni e prevede la collaborazione fra enti di ricerca ed aziende. L’obiettivo è di individuare una formulazione mangimistica che coniughi performance zootecniche con il benessere e la qualità del carpione allevato senza per questo trascurare i principi alla base del concetto di “circular economy”. Il progetto è al momento a metà del suo svolgimento. La prima fase si è focalizzata sull’individuazione di un set di formulazioni mangimistiche da testare su piccola scala, in seguito la produzione dei candidati mangimi è stata affidata all’azienda A.I.A. (Agricola Italiana Alimentare Spa), la quale ha formulato e fornito ai partner di progetto quattro tipologie di mangime da testare. I mangimi in questione sono stati formulati in maniera tale da contenere ingredienti convenzionali, come la farina di pesce o farine vegetali, e ingredienti maggiormente sostenibili, come i sottoprodotti della lavorazione dell’industria alimentare, denominate proteine animali trasformate (PAT). Le quattro diete sono state successivamente testate presso l’Unità di Acquacoltura e Idrobiologia della FEM, dove circa mille esemplari di carpione sono stati stabulati ed alimentati per tre mesi con le diete test. Alla fine della prova, tutti i pesci sono stati misurati e pesati al fine di valutarne le performance zootecniche. Nel proseguo del progetto verrà adottato un approccio di laboratorio multidisciplinare, che spazierà da analisi istologiche, biochimiche, spettroscopiche e molecolari con la finalità di determinare il benessere animale e ad analizzare la qualità del prodotto finale in risposta alle diverse diete testate. L’Università Politecnica delle Marche (in qualità di capofila), l’Università degli Studi di Firenze e l’unità di Nutrizione e Nutrigenomica della FEM si occuperanno di questa fase. I risultati ottenuti da questa prima prova consentiranno la scelta delle diete

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Azienda leader nella realizzazione di impianti per acquacoltura off-shore chiavi in mano

TECHNOCAGE srl Sales Office: Via A. Bocchi, 300 00125 Roma - Italy Tel. +39 06 87766294 - Fax +39 06 87766294 info@technocagesrl.com www.technocagesrl.com

più performanti da testare in una prova di campo, che verrà svolta nell’impianto di acquacoltura del CTP. I risultati ottenuti alla fine del progetto forniranno quindi conoscenze importanti su una specie come il carpione del Garda, ancora troppo poco conosciuta, e contribuiranno a dare un’ulteriore spinta all’allevamento di questa specie, promuovendo così l’economia locale. I mangimi in acquacoltura Nel passato, le formulazioni mangimistiche destinate ai pesci d’allevamento prevedevano un ampio uso di ingredienti di origine marina, come farine ed oli di pesce, prevalentemente ottenuti da pesce azzurro di piccole dimensioni. Tuttavia, il noto declino degli stock ittici selvatici e l’aumento

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del prezzo di queste materie prime hanno portato, negli ultimi decenni, all’utilizzo di ingredienti maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico. Da tempo ormai, ingredienti alternativi hanno soppiantato in misura importante farine ed oli di pesce impiegati in mangimistica. Fra questi, gli ingredienti di origine vegetale, farina di soia in particolare, hanno riscosso grande successo e sono ad oggi ampiamente utilizzati. L’alto contenuto proteico, la disponibilità stabile sul mercato e il basso costo rispetto alle farine di pesce costituiscono i veri punti di forza degli ingredienti vegetali che tuttavia, a causa del contenuto di fattori anti-nutrizionali (come l’acido fitico), possono risultare problematici per molte specie di pesci, salmonidi in primis. Per tale motivo, negli ultimi anni altre fonti alimentari (cosiddette “secondarie”) hanno ricevuto grande attenzione da parte di ricercatori ed industrie mangimistiche. In particolare, dopo la pubblicazione del Regolamento CE No. 56/2013 recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (come la cosiddetta “Sindrome della mucca pazza”), è stato autorizzato l’utilizzo delle cosiddette Proteine Animali Trasformate (PAT). Ampiamente utilizzate per l’alimentazione degli animali domestici, negli ultimi anni numerose ricerche hanno studiato l’impiego delle PAT nella formulazione dei mangimi destinati all’acquacoltura, consentendo pertanto di ottimizzarne l’utilizzo anche in questo settore. Per PAT si intendono quei prodotti “ottenuti mediante il trattamento termico, essiccazione e macinazione, di animali terrestri a sangue caldo o di loro parti, da cui il grasso può essere stato in parte estratto o separato per via fisica”. Questi prodotti costituiscono lo scarto o, sarebbe meglio dire, il sottoprodotto, derivante dalla lavorazione industriale di animali destinati all’alimentazione umana, come polli, suini e bovini ed in pas-

sato rappresentavano un onere che costringeva i produttori a pagare onerose somme per disfarsene. Oggi le PAT rappresentano invece un’opportunità, e non più uno scarto, grazie soprattutto alle preziose componenti nutrizionali che ancora conservano alla fine dei vari processi di lavorazione, come l’alta componente proteica e un ottimo profilo amminoacidico. Inoltre, in quanto sottoprodotti della lavorazione di carni destinate al consumo umano, le PAT rappresentano un ingrediente assolutamente sostenibile, con una bassa impronta ambientale e permettono di ridurre l’utilizzo di farine di pesce nelle formulazioni destinate all’allevamento dei pesci. Il progetto, di cui l’Università Politecnica delle Marche è capofila, prevede l’utilizzo di questa preziosa risorsa per la formulazione di mangimi da destinare all’allevamento del carpione, con un occhio al benessere dei pesci allevati ed alla sostenibilità dell’acquacoltura del futuro. Randazzo Basilio Zarantoniello Matteo Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università Politecnica delle Marche (AN) Faccenda Filippo Fava Francesca Marzorati Giulia Fondazione Edmund Mach (FEM), San Michele all’Adige (TN) Parisi Giuliana Secci Giulia Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali, Università di Firenze Di Biase Andrea Cerri Roberto Veronesi Mangim (A.I.A. Spa) Olivotto Ike Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università Politecnica delle Marche (AN) Nota Si ringraziano DIEGO COLLER, direttore dell’Associazione Troticoltori Trentini (ASTRO), e il dott. FERNANDO LUNELLI.

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nel settore Ittico CALABRIA Calabraittica S.n.c. (RC) CAMPANIA L.P.A. Group S.r.l. (AV) EMILIA-ROMAGNA Acquadimare S.S. di Cocci Luciano e C. (RN) Adelante Società Cooperativa (FE) Coop Alessandro Simoni a r.l. (FE) Coop Logonovo S.r.l. (FE) Coop Pescatori Volano SCARL (FE) Economia del Mare (FC) Effelle Pesca S.r.l. (FE) Euroittica S.r.l. (FE) Food Lab S.r.l. (PR) Gio’ Mare S.p.A. (FC) Goro Pesca S.r.l. (FE) Ittica Estense S.r.l. (FE) IMARR Soc. Coop. Agr.(RN) La Fenice Soc. Coop. (FE) L'inedito S.r.l. (BO) M.GI.B. S.r.l. (FE) Mare Chiaro S.r.l. (RN) Succi Leonelli Erik (FE) Trombini Marco (FE) Trombini Angelo (FE) FRIULI VENEZIA GIULIA C.O.L.M.I Seconda Soc. Coop. Agricola (TS) Jolanda De Colò S.p.a (UD) Madia S.p.a (PN) LAZIO Anziopesca S.r.l. (RM) Artik S.r.l. (RM) Civita Ittica S.r.l. (RM) Faic S.r.l. (RM) Fanciulla D’Anzio Soc. Coop. (RM) Il Gambero Rosso (RM) Ittica Terracina S.r.l (LT) L’Equipaggio di Grassi Massimo e C. (LT) Masaniello II S.r.l. (RM) Marealto S.r.l. (FR) Job Fish S.r.l.(VT) Linemar S.r.l. (RM) Onda Blu S.r.l. (VT) Pesca Pronta S.p.A. (RM) Santa Marta S.r.l. (VT) Sushi Excellence S.r.l. (RM) LIGURIA Golfomar S.r.l. (SP) Ligurmar S.r.l. (GE) Maremosso S.r.l. (GE)

LOMBARDIA Coam Industrie Alimentari S.p.A. (SO) Fjord S.p.a. (VA) Le Specialità Lariane di Molli Marco e C. (CO) Mare S.r.l. (VA) Nord Fish S.r.l. (MI) Omilipo S.r.l. (MN) MARCHE Ittica CO.PE.RI S.r.l. (AP) Ittitalia S.r.l. (FM) Recchioni Primo e Adolfo S.r.l. (MC) Sea Service S.a.s. (AN)

PUGLIA Boutique dei Frutti di Mare S.r.l (BA) Erredi Distribuzione S.r.l. (BA) Gel Gross S.r.l. (LE) Giliberti S.r.l. (BA) Ittica Demar S.r.l. (LE) Ittiservice di Magnifico Rosa (BA) Lepore Mare S.r.l. (BR) MareVivo S.r.l. (LE) Mitil Marche Soc. Coop. a.r.l. (FG) Porto Santo Spirito S.r.l. (BA) Soc. Coop. di Pescatori La Castrense (LE) SARDEGNA Cedimar S.r.l (CA) Giovanni Rivieccio S.r.l. (SS) Ittico 2000 di Lai Maria Augusta (NU) Karalis Mitili Soc. Coop a r.l. (CA) La Commerciale S.r.l (NU) Le Mareviglie S.r.l (CA) Pe.Am.Ter. Soc.Coop (CA) Società Cooperativa Pescatori Tortolì (NU) Smeralda S.r.l. (CA) Spano Group S.r.l. (OT) TOSCANA Civita Ittica S.r.l. (LI) Etrusco Ittica S.r.l. (GR) Gastronomia Valdarnese S.n.c. (AR) Guadagnoli Marcello S.r.l. (GR) Le Delizie Del Mare S.r.l. (MS) TRENTINO Roat Prodotti Ittici S.r.l. (TN) VENETO Alemar S.r.l. (VE) A.M.A. Azienda Marina Averto Soc. R.L. (VE) Az. Agr. Dato di Busetto Maurizio e Andrea S.S. (VE) Az. Agr. Durigon Emanuele (TV) Bedana S.n.c. (PD) Blue Marine S.r.l. (VE) Blu Pesca S.r.l. (VE) Celeste Soc. Agr. (VE) C.P.N. S.r.l. (RO) Crimar S.r.l. (VE) Davimar S.r.l. (VE) De Bei e Bonacic S.a.s. (VE) Fiorital S.r.l. (VE) Genesi Soc. Coop. (VE) Ghezzo Giovanni di Ghezzo Maurizio e C. S.n.C (VE) Ittiesport S.r.l. (VE) L’acquaviva S.r.l. (RO) Lietta S.r.l. (TV) Mancin Nadia S.r.l. (RO) Marchi S.p.A. (VI) Mitili Pellestrina Soc. Coop. (VE) Pilafish S.r.l. (RO) Polesana Pesca S.r.l. (RO) Portonovo Bio S.r.l. (RO) R. Busanel e F.lli S.r.l. (VE) Roc. My. s.s (VE) Sca.co S.r.l. (VE) Selecta S.p.A. (RO) Tagliapietra e figli S.r.l. (VE) Tra.be.ci.fe S.r.l. (TV) Valnova S.r.l. (VE)


Un museo dedicato alla biologia degli squali a Simon’s Town di Alessandro De Maddalena

Sebbene molti musei di storia naturale abbiano un po’ di spazio dedicato agli squali, al mondo sono pochissimi i musei interamente incentrati su questi affascinanti predatori marini. Per moltissimo tempo ho sognato di creare io stesso un museo dedicato agli squali. Dopo avere speso una quarantina d’anni a studiare questi animali, circa due anni fa mi si è infine presentata l’opportunità di trasformare in realtà questo mio sogno. A dicembre 2021, dopo un anno e mezzo di lavori portati avanti insieme a mia moglie, la biologa ALESSANDRA BALDI, abbiamo potuto aprire al pubblico il Shark Museum. Il piccolo museo occupa uno spazio di 34 m2 ed è situato al piano inferiore di un edificio dei primi del Novecento che abbiamo ribattezzato Villa Stellaris (dal nome latino del

gattuccio maggiore o gattopardo, Scyliorhinus stellaris). Il museo è situato a Simon’s Town, nella regione del Western Cape, in Sudafrica, facente parte della circoscrizione di Città del Capo, sebbene in realtà la località si trovi a 44 km, ossia una cinquantina di minuti d’auto, dal centro della metropoli. Il museo si affaccia su uno scenario da sogno, la magnifica False Bay, famosa per la sua ricca fauna marina che comprende squali bianchi, notidani maculati, squali ramati o bronzei, pinguini africani, otarie orsine del Capo, balene franche australi, megattere, balenottere di Bryde, delfini comuni dal rostro lungo e molte altre specie. Il nostro piccolo museo è dedicato al padre di Alessandra, SAURO BALDI (La Spezia, 1935 – Milano, 2018), uomo erudito

L’autore davanti all’ingresso dello Shark Museum, con il logo da lui realizzato (photo © Alessandra Baldi).

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amante della scienza, dell’arte e dei musei, senza il supporto del quale non sarebbe mai stato possibile realizzare tale struttura. Il museo ospita una piccola esposizione permanente e una biblioteca specializzata. L’esposizione include 16 modelli di squali scientificamente accurati di circa 35 cm di lunghezza, appositamente realizzati dal modellista sudafricano DARRELL HATTINGH, al fine di mostrare la varietà della morfologia dei diversi ordini e delle principali famiglie di squali. Questi modelli rappresentano le seguenti specie: squalo bianco (Carcharodon carcharias), squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), squalo toro (Carcharias taurus), pesce volpe dagli occhi grandi (Alopias superciliosus), cetorino (Cetorhinus maximus), notidano maculato (Notorynchus cepedianus), squalo nutrice Indo-Pacifico (Nebrius ferrugineus), spinarolo (Squalus acanthias), longimano (Carcharhinus longimanus), squalo estuarino (Carcharhinus leucas), squalo tigre (Galeocerdo cuvier), verdesca (Prionace glauca), pesce martello maggiore (Sphyrna mokarran), squalo sega dalle sei branchie (Pliotrema warreni), pesce angelo del Pacifico (Squatina californica) e squalo testa di toro del Pacifico (Heterodontus francisci). Ogni modello è accompagnato da una descrizione con le principali informazioni biologiche della specie in oggetto (classificazione, nomi comuni nelle diverse lingue, morfologia, colorazione, dentatura, dimensioni massime, dimensioni alla nascita ed alla maturità sessuale, modalità riproduttive, età massima, dieta, habitat, distribuzione geografica ed altre peculiarità).

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Qualche scatto. 1) L’esposizione del museo comprende un disegno a pastello che raffigura uno squalo bianco (Carcharodon carcharias) nelle acque di Dangerous Reef in Australia Meridionale, realizzato anni or sono dal padre dell’autore, Emilio De Maddalena. 2) Il notevole modello realizzato dall’artista russo Konoval Vyacheslav Vladimirovich, lungo una ventina di centimetri, che rappresenta uno squalo bianco di 5,5 m che fu osservato dall’autore durante una spedizione effettuata nel 2014 alle Isole Neptune in Australia Meridionale. 3) Un dettagliato modello che mostra l’anatomia interna di uno squalo bianco (Carcharodon carcharias), realizzato dall’autore). 4) L’interno dello Shark Museum, che in occasione delle conferenze può ospitare una quindicina di spettatori.

Oltre a questi modelli sono state fatte realizzare anche 14 silhouette in legno da un’artista locale, JANET ORMOND, basate su disegni realizzati dall’autore. Le silhouette rappresentano alcune delle specie più rappresentative delle acque sudafricane a grandezza naturale, affinché i visitatori possano avere un’idea della taglia reale delle diverse specie di squali. Per ragioni di spazio si è scelto di non realizzare le silhouette riproducendo le dimensioni massime delle specie in oggetto, ma si è optato per le dimensioni al raggiungimento della maturità sessuale. La più grande di queste silhouette è quella dello squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), che misura 2,5 metri di lunghezza, mentre la più piccola è quella dello squalo pigmeo (Euprotomicrus bispinatus), che misura solo 20 cm. Sono inoltre presenti le silhouette delle seguenti altre specie: squalo dal collare sudafricano (Chlamydoselachus africana), notidano maculato (Notorynchus cepedianus), moretto

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spinoso (Etmopterus sentosus), spinarolo (Squalus acanthias), pesce porco (Oxynotus centrina), pesce volpe comune (Alopias vulpinus), squalo sega dalle sei branchie (Pliotrema warreni), pesce angelo africano (Squatina africana), palombo liscio (Mustelus mustelus), squalo grigio (Carcharhinus plumbeus), squalo pigiama (Poroderma africanum), e gattuccio vipera soffiante (Haploblepharus edwardsii). Così come i modelli, anche le silhouette sono accompagnate da una descrizione con le principali note di biologia delle varie specie in oggetto. In una teca sono stati esposti alcuni oggetti di interesse, includenti un dettagliato modello che mostra l’anatomia interna di uno squalo bianco, misurante una trentina di centimetri, appositamente realizzato dall’autore. Vi sono poi alcuni denti delle specie più caratteristiche di squali: squalo bianco (Carcharodon carcharias), smeriglio (Lamna nasus), squalo tigre (Galeocerdo cuvier),

squalo estuarino (Carcharhinus leucas), notidano grigio (Hexanchus griseus) e scimnorino (Dalatias licha). Insieme a questi sono presenti anche dei denti fossili, inclusi quelli del celebre Otodus megalodon, e inoltre di Otodus obliquus, Carcharodon carcharias, Cosmopolitodus hastalis, Cretoxyrhina vraconensis, Squalicorax pristodontus, Carcharias sp. e Odontaspis sp. È anche possibile osservare diverse capsule ovigere di gattucci (famiglia Scyliorhinidae) che vengono frequentemente trovate sulle spiagge della regione. Abbiamo scelto di includere nell’esposizione anche un “decoy”, ossia una delle finte otarie che è stata trainata dietro all’imbarcazione del fotografo e specialista di squali CHRIS FALLOWS nella False Bay al fine di stimolare gli squali bianchi a saltare per poterli fotografare e filmare fuor d’acqua. L’utilizzo della finta otaria è dimostrato dai numerosi segni di morsi di squali bianchi che reca sulla superficie del morbido materiale spugnoso del quale è costituita. Vi è anche un pezzo di galleggiante, di quelli utilizzati per mantenere a galla la gabbia antisqualo, che dopo essere stato ingoiato da uno squalo bianco a Seal Island nella False Bay venne rinvenuto sulla spiaggia cinque mesi più tardi. Di particolare spicco è il bellissimo modello realizzato dall’artista russo K ONOVAL V YACHESLAV VLADIMIROVICH, lungo una ventina di centimetri e rappresentante uno squalo bianco femmina di 5,5 metri battezzato Jumbo, che fu osservato dall’autore durante una spedizione effettuata nel luglio 2014 alle Isole Neptune, in Australia Meridionale. Senza dubbio la collezione è destinata ad arricchirsi negli anni a venire. Sulle pareti si possono vedere alcune illustrazioni di squali realizzate a china dall’autore per i propri libri sulla biologia di questi predatori. È anche presente una selezione di fotografie scattate dallo stesso autore nelle acque del Sudafrica, dell’Australia e del Messico nel corso di spedizioni effettuate tra il 2010 ed il 2020. Sono inoltre presenti due disegni a pastello che vennero realizzati dal padre

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dell’autore, EMILIO DE MADDALENA, raffiguranti degli squali bianchi nelle acque di Dangerous Reef in Australia Meridionale e di Guadalupe in Messico. Completano l’esposizione dieci pannelli nei quali è presentata una sintesi della biologia, dell’etologia e dell’ecologia degli squali, illustrati con disegni dell’autore. La biblioteca comprende oltre 100 libri sugli squali, pubblicati in inglese, italiano e francese. Questi comprendono i grandi classici della biologia degli squali, scritti da LEONARD COMPAGNO, JOHN RANDALL, RICHARD ELLIS, JOHN MCCOSKER, RODNEY FOX, DAVID EBERT, JACQUESYVES COUSTEAU, ENRICO TORTONESE e molti altri. C’è anche una sezione dedicata alle riviste, comprendente tutti i numeri di NATIONAL GEOGRAPHIC MAGAZINE contenenti articoli sugli squali. La biblioteca include numerosi altri testi di biologia marina, molti dei quali sui cetacei, come pure altri testi di zoologia generale. Conferenze e corsi sulla biologia degli squali sono regolarmente tenuti

presso il museo, che ha una capienza di 15 posti. Sebbene il principale tema delle conferenze siano gli squali bianchi che abitano le acque del Sudafrica, vengono trattate anche altre specie di squali ed altre aree geografiche. Vengono invitati specialisti a tenere conferenze su temi differenti, come ad esempio quella sugli squali e i celacanti tenuta in questi giorni dal professor MIKE BRUTON, già direttore del JLB Smith Institute of Ichthyology della Rhodes University. Occasionalmente il museo ospita anche conferenze su altri temi più generali di biologia marina e zoologia. Per il futuro c’è inoltre in progetto di realizzare delle mostre di illustrazione e di fotografia, ovviamente aventi sempre per tema primario gli squali. La missione del museo è aumentare la conoscenza del pubblico degli squali ed il ruolo chiave che tali predatori rivestono negli ecosistemi marini. Il museo è membro della South African Museums Association.

Il piccolo giardino antistante l’ingresso del museo è costantemente frequentato da una ricca fauna ornitologica, tra la quale spiccano le stupende nettarinie ventrearancio (Anthobaphes violacea), le nettarinie malachite (Nectarinia famosa), i mangianettare del Capo (Promerops cafer) e le vedove dalla coda a spillo (Vidua macroura). Dall’ingresso del museo accade di tanto in tanto di vedere anche le megattere (Megaptera novaeangliae) e le balene franche australi (Eubalaena australis) nuotare nelle acque del porto della base della Marina Militare di Simon’s Town. Alessandro De Maddalena Nota Coloro che siano interessati ad avere maggiori informazioni sullo Shark Museum e che desiderino conoscere le attività in programma, possono seguire la pagina Facebook del museo: www.facebook.com/ADMsharkmuseum; tutte le immagini dell’articolo sono di Alessandro De Maddalena (photo © Alessandro De Maddalena).


PACKAGING

TRADIZIONE E INNOVAZIONE Non sono concetti opposti, anzi… Come suggerisce l’etimologia latina della parola, nel suo significato letterale “innovare” significa alterare l’ordine delle cose stabilite per fare cose nuove. Non vuol dire, tuttavia, costruire ex novo, sul nulla, ma ricombinare gli elementi noti per realizzare qualcosa di diverso e inesistente sino a quel momento Le innovazioni, quindi, incorporano sempre al loro interno saperi, esperienze e idee già esistenti. Provate ad analizzare i fenomeni più innovativi e troverete al loro interno molti elementi del passato. Questo stesso concetto si applica al NUOVO VASSOIO r-XPS, da sempre una soluzione funzionale e sicura utilizzata ormai da oltre 50 anni dalla GDO, dall’industria e dai consumatori di tutto il mondo, oggi più che mai Innovativa, ed ancor più Sostenibile, Riciclabile e Circolare, con un contenuto di riciclato post consumo fino al 50%. Non si tratta quindi di un’alternativa tutta da sperimentare, ma di una soluzione d’imballo arcinota e familiare per tutti i consumatori e gli operatori del settore, che vanta prestazioni insuperabili per il mantenimento delle caratteristiche organolettiche del pesce, doti di macchinabilità uniche, semplicità di confezionamento e infine un aspetto estetico inconfondibile che lo rende diverso da quella che di solito i consumatori chiamano “plastica”. I valori d’impatto ambientale in termini di GWP (Global Warming Potential), inoltre, sono i più bassi tra tutte le tipologie d’imballaggi cosiddetti alternativi, oggi ancora più bassi, grazie all’INNOVAZIONE dovuta alla

presenza di riciclato post-consumo. Considerando l’importante contributo dell’imballaggio per la conservazione e la protezione dell’alimento, riducendo drasticamente il rischio di spreco alimentare, risulta evidente quanto il nuovo vassoio r-XPS sia oggi la soluzione d’imballo più efficace e innovativa anche in termini di sostenibilità globale. Il miglioramento della sostenibilità delle vaschette in plastica, tuttavia, passa anche attraverso il loro corretto smaltimento; il ruolo del consumatore in questo processo diventa pertanto fondamentale e potrà influenzare positivamente la quantità e la qualità della materia prima seconda che si otterrà dopo il riciclo. L’informazione sul PDV, pertanto, è fondamentale per fornire tutte le indicazioni necessarie per il corretto smaltimento della confezione come indicato nella pagina a fianco.

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Al via il protocollo per l’uso delle cassette di legno nel mercato ittico Obiettivo? Sperimentare, diffondere e consolidare l’utilizzo di cassette destinate al contenimento e al trasporto dei prodotti ittici realizzate con materie prime rinnovabili, quindi più sostenibili, per un minore impatto sull’ambiente Un bell’esempio di economia circolare? Il protocollo d’intesa firmato a fine gennaio 2022 dal MITE, il Ministero della Transizione ecologica, con FederlegnoArredo, Alleanza delle Cooperative italiane Pesca e l’associazione ambientalista Marevivo per promuovere l’utilizzo di cassette per il contenimento e il trasporto dei prodotti ittici realizzate con mate-

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rie prime rinnovabili. L’obiettivo è quello di sperimentare e implementare — anche attraverso iniziative sul territorio di sensibilizzazione e promozione — l’adozione di imballaggi a basso impatto ambientale per contribuire a ridurre la plastica in mare, in linea con il Piano europeo d’azione per l’economia circolare. «Si tratta di una delle iniziative as-

sunte dal MITE in attuazione degli impegni della presidenza italiana del G20 sulla lotta al Plastic Marine Litter» afferma la capo Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi, LAURA D’APRILE. «I risultati della sperimentazione consentiranno di acquisire dati ed informazioni utili per lo sviluppo di nuove filiere circolari. La coopera-

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zione tra tutti gli attori del sistema è la strada vincente per sostenere e garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo». Con questo protocollo, infatti, per la prima volta attori diversi fanno rete per sensibilizzare e diffondere l’uso di imballaggi riutilizzabili e sperimentare nuovi materiali. “Per la prima volta, associazioni di categoria legate alla produzione di imballaggi sostenibili, al settore della pesca e soggetti attivi nella salvaguardia del mare e delle sue risorse, in coordinamento con il MITE, hanno fatto rete con lo scopo di promuovere un processo di sensibilizzazione capillare sull’uso dell’imballaggio sostenibile e riciclabile per quanto riguarda il mercato ittico” ha scritto in un comunicato FederlegnoArredo. «Grazie a questo protocollo, la cassetta di legno si pone come alternativa sostenibile anche per i prodotti ittici così come lo è da tempo per i prodotti ortofrutticoli. Gli imballaggi in legno preservano qualità e integrità del cibo, perché

Il legno è un materiale sostenibile per eccellenza, naturale, riciclabile all’infinito e che svolge un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico in virtù della sua capacità di assorbire anidride carbonica il legno per sua natura è un materiale adatto al contatto alimentare e rappresentano la scelta più igienica e più sicura anche per il consumatore. Inoltre, le cassette in legno sono un imballaggio sostenibile e green, in grado di garantire una reale economia circolare, perché riciclabili al 100%. A fine vita, infatti, le cassette, come gli altri imballaggi in legno, vengono recuperate e avviate a riciclo tramite la filiera gestita dal Consorzio Rilegno». Il legno, un materiale naturale, sostenibile per eccellenza, riciclabile all’infinito Un sistema quello del riciclo del legno in Italia che rappresenta un esempio

virtuoso di economia circolare che genera importanti vantaggi economici e ambientali. Nel 2020 Rilegno ha raccolto e riciclato 1.841.000 tonnellate di legno, pari al 64% di tutti gli imballaggi immessi al consumo, trasformandoli per il 95% in pannelli per realizzare mobili e permettendo così di evitare l’emissione in atmosfera di 1,9 milioni di tonnellate di CO2. «Siamo dunque soddisfatti per la firma di questo protocollo che mira all’adozione di imballaggi a basso impatto ambientale nei mercati ittici di tutto il Paese e siamo pronti a sostenerlo attraverso la nostra filiera per quanto riguarda le fasi di raccolta e avvio a riciclo». Fonti: MITE, Rilegno

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Facciamo chiarezza con AIPE, l’Associazione Italiana Polistirene Espanso

Sostenibilità delle cassette in polistirolo per il mercato ittico Recuperabili e riciclabili al 100%, le cassette per il pesce in polistirene espanso, denominato anche EPS o più comunemente polistirolo, rappresentano l’imballo maggiormente utilizzato per il confezionamento e la conservazione del pescato una volta sbarcato, durante il trasporto e la distribuzione. Senza cassette in EPS sarebbe oggi impossibile avere pesce fresco e perfettamente conservato fino al consumatore. L’impiego diffuso delle cassette isotermiche in EPS destinate al mercato ittico è determinato alle proprietà uniche del materiale che garantisce sicurezza igienica, leggerezza, impermeabilità e un isolamento termico ottimale, fondamentale

per mantenere la temperatura di conservazione costante anche per lunghi tempi e fattore imprescindibile per assicurare la freschezza del pesce fino alla consegna, contenendo in modo significativo lo spreco alimentare. Il polistirene espanso per sua natura è il miglior isolante termico sul mercato e garantisce l’integrità e la freschezza del pescato durante le fasi di movimentazione, trasporto e distribuzione, abbattendo il rischio di interruzione della catena del freddo, condizione indispensabile, per prevenire la deperibilità del prodotto fresco imballato e la sua conseguente perdita. L’intero settore ittico — pescato-

ri, mercati del pesce, grossisti, GDO — fa uso delle cassette in polistirene anche per un’altra caratteristica fondamentale, ovvero quella della sicurezza igienica. Il polistirolo infatti non ammuffisce, è privo di ogni valore nutritivo, inibisce lo sviluppo di funghi, batteri e microrganismi e non costituisce nutrimento per alcun essere vivente. Esso è inoltre ecocompatibile: l’EPS è un materiale che si ricicla al 100% e infinite volte. Questa caratteristica unica del polistirene espanso fa sì che in molti Paesi europei, tra cui Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi e Grecia, si raggiungono tassi di riciclo dei contenitori in EPS per il pesce, pari al 90%, mentre altri Paesi non sono

Movimentazione del pesce in cassette di polistirolo.

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ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE

CARRELLO RIBALTATORE

Stoccaggio del pesce in cassette in polistirolo. molto distanti da questo risultato, tra cui Irlanda, Portogallo (75%), Regno Unito (70%; fonte: EUMEPS*). In Italia non esiste un quadro normativo che permette di risalire ad un numero esatto, ma le stime portano ad indicare delle percentuali di cassette in EPS raccolte simile a quello della media europea. Dal 2020 AIPE – Associazione Italiana Polistirene Espanso ha avviato numerosi progetti per implementare e sostenere ulteriormente la raccolta e l’avvio al riciclo delle cassette in polistirene post uso per il pesce presso le aree portuali, i principali mercati ittici e le GDO. Dopo il loro utilizzo, le cassette in polistirolo per il pesce, vengono infatti raccolte, frantumate e compattate per essere poi completamente riciclate, dando origine a una nuova materia prima seconda (MPS) che viene reimpiegata per produrre, imballi e materiali isolanti in EPS che possono arrivare a contenere fino al 100% di riciclato, rispondendo così ai criteri minimi ambientali (CAM). Un esempio di economia circolare che permette all’EPS di avvalersi nel proprio ciclo di vita di un bassissimo Carbon Foot Print a vantaggio dell’ambiente e del risparmio di CO2. L’EPS e l’inquinamento dei mari Il polistirene espanso sebbene largamente impiegato nel settore ittico non è tra i principali responsabili dell’inquinamento dei mari. Diversi studi

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hanno infatti dimostrato che i rifiuti in ambiente marino si depositano per il 94% sul fondo del mare ed in tale contesto l’EPS è completamente assente; della restante parte (6%), l’EPS rappresenta meno dell’1% in peso dei rifiuti rinvenuti sulle spiagge (fonte: EUMEPS*). Il colore bianco rende l’EPS immediatamente identificabile, ma i numeri dimostrano che il suo impatto è trascurabile rispetto a quello degli altri rifiuti ben più presenti nei mari e sulle spiagge. AIPE è da tempo impegnata ad incrementare sostenibilità e riciclo del polistirolo. Per il settore ittico ci sono diversi protocolli aperti e in Italia AIPE e FEDERPESCA hanno siglato un’intesa con l’obiettivo di implementare e favorire i processi di economia circolare nella filiera della pesca. L’intera industria dell’EPS è inoltre impegnata a livello internazionale ad implementare le buone pratiche di produzione, con l’iniziativa Operation Clean Sweep (OCS), un programma ambizioso a cui AIPE aderisce dallo scorso anno, per azzerare qualsiasi rischio di dispersione di microplastica nell’ambiente marino dai siti industriali e adottare concrete misure per prevenirlo. Fonte: AIPE www.aipe.biz Nota * Press EUMEPS: “EPS fish box recycling supports sustainable fishing industry”.

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CSB-System alla Seafood Expo Global: la scelta dell’ERP giusto non è mai stata così facile! L’aumento dei costi di produzione continua a comprimere i margini, il comportamento dei consumatori è sempre meno prevedibile, le normative sempre più stringenti. Allo stesso tempo, le richieste del mercato diventano più esigenti in termini di freschezza, qualità e velocità di consegna; soprattutto nel settore ittico, dove si lavorano materie prime altamente deperibili come il pesce e i frutti di mare. Per guidare un’azienda di successo, dunque, è necessario avere il proprio business sotto controllo. E quale strumento migliore se non un gestionale ERP?

Il CSB-System è un ERP completo e integrato specifico per il settore ittico, che facilita ed ottimizza i processi aziendali: dalla gestione della catena di approvvigionamento lungo l’intera filiera — pesca, acquacoltura, fornitori, produttori, rivenditori e clienti — alla programmazione e pianificazione di risorse, materiali e capacità per la lavorazione delle materie prime, fino al controllo di macchine e finanze. Al Seafood Expo Global, fiera internazionale per il settore ittico che si terrà a Barcellona dal 26 al 28 aprile, il gruppo CSB-System esporrà nel padiglione

3, stand FF901. Il focus sarà sulle tecnologie CSB per il settore ittico, come opportunità per rendere processi complessi, molto più semplici; senza dimenticare, però, che l’ERP è alla base di qualsiasi digitalizzazione. Gli esperti CSB metteranno il loro know-how a disposizione dei visitatori, affinché le potenzialità ma anche i dubbi sull’ERP CSB-System possano essere chiariti. L’ERP CSB-System per aziende di qualsiasi dimensione CSB BASIC ERP è pensato per le piccole imprese, che potranno così

L’ERP CSB-System è tagliato su misura per il settore ittico (immagine d’archivio).

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Grazie all’ERP CSB-System i dati diventano vere e proprie informazioni. sfruttare la competenza del gruppo CSB-System in una soluzione di settore chiavi in mano, che contiene già le best practice di settore. Si implementa rapidamente e può essere comodamente utilizzato anche in Cloud. CSB Factory ERP, invece, è tagliato su misura per l’ottimizzazione dei processi produttivi ed è quindi perfetto per la gestione degli stabilimenti produttivi di multinazionali e gruppi aziendali, che impiegano già un ERP di gruppo. Infine, CSB Industry ERP è consigliato alle aziende alla ricerca di una soluzione completa, che contempli quindi anche Controllo Qualità, Contabilità generale e industriale, Cespiti, Archiviazione documentale, Rilevazione presenze, Business Intelligence e molto altro. Punti di accesso verso la smart factory Non va dimenticato che l’ERP è il punto di accesso verso la fabbrica intelligente perché: • tutto ruota intorno ai dati. Dalla correttezza dei dati dipende l’ottemperanza dei regolamenti sulla rintracciabilità. La trasparenza dei processi e le decisioni si basano sui dati e sulla loro rapida comprensione. La pianificazione

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smart della produzione, i report rispetto a determinati KPI, le informazioni di finanza e controlling o ancora l’ottimizzazione della gestione del magazzino sono tutte funzionalità determinanti per le aziende e tutte dipendono dalla capacità di raccogliere ed elaborare i dati a disposizione. Grazie all’ERP CSB-System i dati diventano vere e proprie informazioni; • la Supply Chain è il punto cruciale. L’aumento dei costi delle materie prime, dei costi energetici, ma anche la volatilità del mercato interno ed estero, rendono necessaria la capacità di reagire rapidamente, di pianificare con maggiore precisione, di utilizzare le risorse in modo più efficiente; in altre parole è essenziale avere una supply chain organizzata in modo rigoroso. Questo non è possibile senza investimenti nell’ERP, ma alla fine si viene ripagati perché le soluzioni CSBSystem sono studiate proprio per rispondere alle sfide delle aziende del settore ittico; • l’automazione è il presente e il futuro. Coloro che vogliono automatizzare la loro produzione tenderanno a concentrarsi sulla connessione di ERP, MES

e CIM, così come fa già da anni l’ERP CSB-System. La predictive maintenance (manutenzione predittiva) e i robot rendono il tutto ancora più intelligente. Questo approccio apre a nuove possibilità di ottimizzazione dell’azienda; • le nuove attrezzature che consentono la comunicazione “da macchina a macchina” (M2M), il reporting OEE o anche l’integrazione del negozio on-line sono i prerequisiti per un flusso integrato di informazioni e materiali. Quando tutti i dati, dalla pesca al cliente finale, sono in armonia, un’azienda diventa più efficiente e più competitiva, ed innesca un’ulteriore crescita. Il gruppo aziendale CSB-System mette a disposizione software, hardware, services e business consulting: tutto ovunque e in un’unica soluzione. L’ERP CSB-System resta il cuore del portafoglio prodotti ed è una soluzione completa che copre l’intera filiera: dalla produzione di materie prime fino al consumatore e dalla macchina al controlling. Tutti i processi sono totalmente coperti nello standard secondo le best practices nazionali ed internazionali. Grazie alla struttura modulare del software, i clienti CSB possono introdurre nuove funzionalità in modo flessibile, nel momento in cui lo desiderano. Il CSB-System può essere aggiornato rapidamente e in modo sicuro; novità tecniche o modifiche delle disposizioni di legge possono essere integrate facilmente.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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SEE acquisisce Foxpak, azienda pioniera nel packaging digitale e grafico SEE (NYSE: SEE) ha annunciato l’acquisizione di Foxpak Flexibles Ltd. (Foxpak), nell’ambito di SEE Ventures, la propria iniziativa per investire in tecnologie dirompenti e modelli di business che possano accelerare la crescita. Foxpak, un’azienda privata, irlandese di soluzioni di imballaggio ha aperto la strada allo sviluppo della stampa digitale su imballaggi flessibili. Foxpak collabora con marchi leader per fornire soluzioni di imballaggio stampate; buste stand up con beccuccio e buste che servono una varietà di mercati tra cui retail, pet food, prodotti ittici e snack. Foxpak ha utilizzato le capacità di stampa digitale per stampare direttamente sui propri materiali di imballaggio flessibili potenziando i marchi dei propri clienti. Le loro soluzioni possono essere rapidamente ampliate o ridotte per soddisfare i requisiti di produzione per clienti di qualsiasi dimensione. «Foxpak svilupperà le nostre soluzioni di packaging in cui la progettazione grafica e la stampa digitale sono aree chiave della creazione di valore. Foxpak è riconosciuta come pioniere della stampa digitale incentrata sul cliente», ha affermato TED DOHENY, presidente e CEO di SEE. «Insieme accelereremo il nostro futuro digitale con innovazioni nel packaging intelligente per i marchi leader in tutto il mondo». L’attività di Sealed Air è quella di proteggere, risolvere le sfide di packaging e rendere il mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Il nostro portfolio comprende marchi noti tra cui Cryovac® — soluzioni di confezionamento alimentare, Sealed Air® — imballaggio di protezione e Bubble Wrap®. Le sue soluzioni consentono una catena di fornitura alimentare più sicura ed efficiente e una protezione elevata per merci pregiate spedite in tutto il mondo. L’esperienza di Sealed Air, leader del settore nella progettazione, ricerca e sviluppo e innovazione trasforma le aziende, i mercati e la vita del consumatore. La società continua ad espandere il proprio portafoglio di soluzioni sostenibili di nuova generazione, inclusi materiali di imballaggio, sistemi automatizzati e servizi smart per offrire risparmi e creare valore misurabile a lungo termine. Sealed Air ha generato un fatturato di 4,9 miliardi di dollari nel 2020 e ha circa 16.500 dipendenti che servono clienti in 115 Paesi. >> Link: sealedair.com — sealedair.it/it/packforum

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Linea Flesh Srl: carrelli per rifiuti e dispenser in acciaio inox, abbigliamento monouso, spazzole codice-colore, articoli detectable Linea Flesh Srl, azienda certificata UNI EN ISO 9001/2015, con 30 anni di esperienza nel settore alimentare, produce una speciale linea di carrelli porta rifiuti in acciaio per la raccolta differenziata e lo smaltimento di rifiuti e scarti alimentari. Queste attrezzature sono rivolte a tutti coloro che operano nell’INDUSTRIA ALIMENTARE, GDO e RISTORAZIONE, nella speranza di migliorarne gli standard igienici adottati. La loro struttura in Acciaio Inox 304/AISI, in conformità al metodo HACCP (Reg. CE 852/2004 e 853/2004), è stata studiata sia per l’igienicità, sia per sopportare grosse quantità di rifiuti. Sono facilmente lavabili e disinfettabili, dotati di coperchio con apertura a pedale, di ruote per un facile spostamento, e di asta porta-rotolo per una pratica erogazione di sacchi a modulo continuo. Sono molto resistenti e maneggevoli e assicurano una gran praticità ed efficienza. Un’importante agevolazione è anche la possibilità di utilizzare la fascia verde indicante la categoria degli scarti (“Materiale Categoria 3 non destinato al consumo umano”) realizzata in PPL e applicata direttamente al bidone che può essere lavato e riutilizzato senza problemi di rovinarlo con gli sfregamenti. Per tali contenitori, sono stati studiati dei sacchi in rotolo per l’immondizia, di vari colori e spessori, per differenziare i rifiuti, rispettando le vigenti normative CEE e ULSS in campo

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Linea Flesh garantisce consegne veloci in tutta Italia, disponendo di una rete di collaboratori che sanno consigliare il prodotto migliore in base alla richiesta del cliente e alla vasta gamma di articoli offerta.

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Alcuni prodotti firmati Linea Flesh: dispenser porta accessori, carrello porta sacco e porta bidone, distributore automatico di copriscarpe. alimentare. Il vantaggio nell’utilizzo dei sacchi in rotolo anziché sciolti sta nell’evitare perdite inutili di tempo e lavoro nel recupero del sacco da sostituire a quello già utilizzato. Oltre ai carrelli, l’azienda realizza dispenser e vari articoli di arredamento per tutti gli ambienti completamente in acciaio inox. Linea Flesh offre anche una vasta gamma di articoli per l’abbigliamento monouso e non per le varie esigenze del settore. In diversi materiali, come polietilene (nylon) o polipropilene (tnt), e colori sono prontamente utilizzabili grazie ai nostri dispenser in acciaio inox che li contengono. Per rendere un servizio ancora più completo ai suoi clienti, l’azienda propone, inoltre, un assortimento di utensili come scope, spazzole, spingiacqua e relativi manici che,

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utilizzati di colori diversi a seconda dell’ambiente, minimizzano il rischio di trasferimento di batteri tra una zona e l’altra. Tutti i prodotti possono essere fornitori anche nella versione rilevabile al metal detector e ai raggi X. Questa gamma comprende vari prodotti per diversi utilizzi come articoli di cancelleria, abbigliamento, attrezzi di lavorazione. Novità La Linea Flesh pone sul mercato un prodotto innovativo che semplifica le quotidiane operazioni di preparazione per i lavoratori e i visitatori all’interno dell’azienda: il distributore automatico di copriscarpe. Facilissimo e rapido da usare, evita fastidiosi piegamenti perché non serve l’uso delle mani. Molto resistente e dotato di display per il controllo delle

scorte, occupa un minimo spazio, all’insegna di un ambiente in cui vige l’igiene e l’ordine. Il marchio Linea Flesh garantisce la qualità e la cura con cui vengono studiati e realizzati i vari prodotti. Consegne rapide ed assistenza specializzata e costante.

Linea Flesh Srl Via della Concia 8 36071 Arzignano (VI) Telefono: 0444 672544 Fax: 0444 672657 E-mail: commerciale@lineaflesh.com Web: www.lineaflesh.com

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LIBRI

Esiste il cibo perfetto? Ovvero, esiste un cibo che sia vantaggioso per la salute, amico dell’ambiente e buono da mangiare? La nuova edizione del libro di Massimo Marino e Carlo Alberto Pratesi, “Il cibo perfetto”, sceglie di esaminare tutti passaggi della filiera agroalimentare, indicando impatti e possibili percorsi di riduzione nell’ottica dell’economia circolare, comunicazione compresa Che si tratti di mangiare in modo migliore per se stessi e per il Pianeta o di comunicare bene la propria sostenibilità, fare la scelta giusta non è mai qualcosa di semplice. Quesiti e tematiche a cui cerca di dare risposta la nuova edizione del volume Il Cibo Perfetto. Aziende, consumatori e impatto ambientale del cibo, di MASSIMO MARINO e CARLO ALBERTO PRATESI, che già nella prima edizione aiutava consumatori e aziende a muoversi in questa direzione con consapevolezza e ora torna in libreria con un nuovo look e nuovi contenuti. Il libro nasce dal prendere coscienza di un fatto: c’è qualcosa che non va nel modo in cui produciamo il cibo e lo mangiamo. Come è noto, il sistema agroalimentare non solo contribuisce a una parte delle emissioni di gas serra, ma è al contempo al centro di una grande quantità di dinamiche bizzarre, basti pensare che un terzo del cibo prodotto viene sprecato mentre centinaia di milioni di persone soffrono fame o malnutrizione. Per fortuna, è vero anche che l’economia circolare e l’impegno a ridurre le emissioni da parte delle imprese possono contribuire a cambiare questa situazione. La nuova edizione de Il Cibo Perfetto sceglie di esaminare tutti passaggi della filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, indicando per ognuno impatti e possibili percorsi di riduzione in un’ottica di circolarità, prendendo in esame una lunga serie di temi: dai fertilizzanti agli agrofarmaci, dai metodi per rigenerare i suoli all’utilizzo dei Big

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Data e dell’Intelligenza Artificiale in agricoltura, fino a questioni più quotidiane come la scelta tra i diversi tipi di imballaggi e tra le produzioni biologiche o convenzionali. Di tutto questo raccontano gli autori — Massimo Marino, dottore di ricerca in LCA e fondatore della società di consulenza Perfect Food, e Carlo Alberto Pratesi, ordinario all’Università Roma Tre, dove è titolare del corso Marketing, Innovazione e Sostenibilità, e fondatore di EIIS – European Institute of Innovation for Sustainability —, i quali delineano un percorso credibile per le aziende che vogliono produrre in modo sostenibile. Non solo, essi illustrano bene anche quelli che sono i passaggi fondamentali per una comunicazione efficace, snodo ineludibile per tutte le imprese che puntano sulla riduzione degli impatti sull’ambiente e vogliono comunicarlo in modo corretto. Mettersi alla ricerca del cibo perfetto espone insomma a numerose difficoltà, in primis perché non esiste una formula universale e perché non esistono ricette facili: ogni scelta alimentare ha conseguenze complesse, con vantaggi e controindicazioni tanto per noi quanto per l’ambiente. In altre parole, il cibo perfetto non esiste. Tutto sta, piuttosto, negli obiettivi che ognuno si dà come consumatore e come produttore. Ed è proprio attorno a questa consapevolezza che il libro è costruito. Fonte: EFA News European Food Agency

MASSIMO MARINO, CARLO ALBERTO PRATESI PREFAZIONE: ALESSANDRO CECCHI PAONE Il cibo perfetto Aziende, consumatori e impatto ambientale del cibo Edizioni Ambiente 200 pp. – € 22,00

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Libri Esiste il cibo perfetto?

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Al via il protocollo per l’uso delle cassette di legno nel mercato ittico

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