Tortelli maremmani al ragù (photo © unpezzodellamiamaremma.com). del produttore, è un biglietto da visita eccezionale per i mercati. Ottenerlo è un fatto importante che conferisce grande prestigio per chi produce e vende, ma anche per le comunità che ne vantano l’origine. Ci sono luoghi dei quali era ignota ai più l’esistenza sino a quando non è giunto il riconoscimento della IG. Gli esempi sono innumerevoli: si pensi a Colonnata, Tropea, Altamura, Zibello, Asiago. Sono solo alcuni comuni divenuti famosi soprattutto a seguito dell’acquisizione del noto logo per uno dei propri prodotti alimentari. L’iter per l’ottenimento è tutt’altro che semplice e veloce, ma i dati parlano chiaro: ne vale la pena. Ne vale la pena soprattutto se il riconoscimento viene visto dai produttori come un punto di partenza e non d’arrivo, come testimoniato dai Consorzi di tutela. Nel caso della Pasta di Gragnano i numeri parlano da soli. La grande capacità produttiva, la lunga shelf-life del prodotto che, al contrario del fresco, permette di raggiungere anche mercati molto distanti geograficamente, ma, soprattutto, la consapevolezza diffusa tra i pastifici gragnanesi che la denominazione sia uno strumento formidabile
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da spendere nei mercati, ha permesso un incremento di produzione, vendita ed esportazione che traina tutta la filiera delle denominazioni nella pasta. Dal Consorzio di tutela fanno sapere che oggi Gragnano è la prima città in Italia per produzione ed export di pasta secca di semola di grano duro. Nel 2020 sono state prodotte 92.000 tonnellate a marchio IGP, il 30% in più sul 2019, a conferma di un trend consolidato di crescita che, dal 2017, registra un aumento annuo costante di 20.000 tonnellate. Il Consorzio, fondato nel 2003, raggruppa 13 dei 23 pastifici attualmente attivi, ma si tratta di una compagine che rappresenta oltre il 97% in termini di volume prodotto e valore della produzione della Pasta di Gragnano IGP (www.consorziogragnanocittadellapasta.it). Che il mondo delle Indicazioni Geografiche non sia riservato unicamente a grandi realtà produttive è dimostrato da altri territori, non ultimo quello di Campofilone, un piccolo comune marchigiano dove tutti fanno la pasta. Poco meno di 2.000 abitanti, Campofilone è celebre soprattutto per la preparazione dei Maccheroncini che fanno da traino all’economia dell’intero territorio.
I Cappellacci di Zucca Ferraresi IGP non hanno ancora un Consorzio di tutela, ma non di meno richiamano e incarnano un modello di sviluppo che tiene insieme capacità di conquista di nuovi mercati e valorizzazione del capitale umano. Una ricchezza che, anche grazie alla IGP, crea valore dal punto di vista culturale, sociale ed economico, che si sposa perfettamente con la politica locale che unisce turismo ed enogastronomia e contribuisce a potenziare la domanda di tricolore nel mondo. Hanno invece costituito il Consorzio di tutela i produttori di Culurgionis d’Ogliastra IGP, che confessano di aver avuto un’enorme visibilità del prodotto a seguito dell’acquisizione della denominazione. Il solo fatto di aver ricevuto il riconoscimento ha portato una tale notorietà al fagottino chiuso a spighetta che il rischio è quello della volgare imitazione di prodotti similari che sfruttano parassitariamente il nome. Ma, come detto, il Consorzio non è un punto d’arrivo, come non lo è la IGP. È invece un punto di partenza. Lo scopo è quello di estendere la base e ottenere quante più ricadute sul territorio è possibile avere, con uno strumento come la denominazione. Nel 2020 i Culurgionis d’Ogliastra IGP hanno registrato un incremento dell’export del 5% e nel periodo del lockdown è aumentato anche il consumo in generale, nonostante si sia registrato il crollo delle vendite nell’HO.RE.CA. Simile destino per i Pizzoccheri della Valtellina IGP, che dal 2016 hanno visto crescere notevolmente i volumi. Grazie all’IGP la produzione ha infatti raggiunto, nel 2020, quasi due milioni di chili prodotti. Sta dando soddisfazione pure l’export in Europa, soprattutto nei Paesi confinanti, ma anche in Canada, Stati Uniti, Giappone e Nuova Zelanda. Il Consorzio (www. pizzoccheridellavaltellina.eu), al fine di attivare sinergie virtuose, ha aderito al Distretto Agroalimentare di qualità valtellinese e, insieme ai Consorzi del Bitto DOP, Valtellina Casera DOP, Bresaola della Valtellina IGP, Mele della Valtellina IGP e ai vini della Valtellina collabora per la promozione e la valorizzazione dei prodotti di qualità. Anche in questo caso, l’unione fa la forza. Sebastiano Corona
Premiata Salumeria Italiana, 2/22