Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Luglio 2020

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RASSEGNA STAMPA LUGLIO 2020


PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI LUGLIO: INTERVISTE ...................................................................................................................................................... 3 MOBILITA’: PASSI DOLOMITICI....................................................................................................................... 5 MOBILITA’: LAGO SI BRAIES .........................................................................................................................15 MONDIALI 2021 e OLIMPIADI 2026 ................................................................................................................20 CAROSELLO: COLLEGAMENTO CORTINA ARABBA CIVETTA ..................................................................31 COLLEGAMENTO: CAROSELLO ALPE DI SIUSI VAL GARDENA ...............................................................31 NOTIZIE DAI RIFUGI ........................................................................................................................................33 NOTIZIE DAI PARCHI ......................................................................................................................................46 SERRAI DI SOTTOGUDA ................................................................................................................................50 CORSO DI GEROGRAFIA NELLE DOLOMITI UNESCO ................................................................................52 “UN PASSO DAL CIELO” DA BRAIES A SAN VITO DI CADORE .................................................................52 DOLOMITI IN TV ..............................................................................................................................................58

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INTERVISTE L'Adige | 11 Luglio 2020 p. 18 Tonina: la Fondazione Dolomiti Unesco deve essere coinvolta Olimpiadi invernali Su iniziativa del presidente della Fondazione Dolomiti Unesco, il vicepresidente della Provincia Mario Tonina, il cda ha deciso di inviare una lettera all'attenzione dei ministri Costa, De Micheli, Franceschini, Spadafora e D'Incà e al sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Oggetto: le future Olimpiadi invernali. Nella nota viene richiesto un adeguato coinvolgimento della Fondazione, con particolare riferimento al Consiglio Olimpico Congiunto, al Forum per la sostenibilità dell'eredità olimpica e paralimpica e alla Società Infrastrutture Milano–Cortina. «L'approvazione della Legge Olimpica 31/2020 afferma Tonina - recante disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 rappresenta un forte ed importante segnale di ripartenza dopo l'epidemia. E aggiunge: «Nella certezza che l'utilizzo dello straordinario scenario delle Dolomiti Patrimonio Mondiale avverrà nel pieno rispetto della tutela dei valori paesaggistici e naturalistici che l'Unesco ci ha riconosciuto, la Fondazione dichiara la disponibilità ad ogni approfondimento, al fine di meglio evidenziare il ruolo, l'esperienza, i compiti e la missione della Fondazione rispetto ai territori dolomitici che saranno interessati dagli eventi». Trentino | 11 Luglio 2020

p. 12 Tonina: «Dolomiti più coinvolte nei Giochi» TRENTO Lettera al governo. u iniziativa del Presidente della Fondazione Dolomiti Unesco, l'assessore Mario Tonina, il Consiglio d'Amministrazione della Fondazione nella sua ultima seduta ha deciso di inviare una lettera all'attenzione dei Ministri Costa, De Micheli, Franceschini, Spadafora e D'Incà nonché al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Fraccaro. Oggetto: le future Olimpiadi invernali. Nella nota viene richiesto un adeguato coinvolgimento della Fondazione Dolomiti Unesco all'interno degli organi previsti dalla Legge Olimpica: «Apprezziamo il senso di responsabilità del Parlamento, che ha permesso una rapida approvazione della Legge» commenta Mario Tonina. «È risaputo come i grandi eventi sportivi e le relative infrastrutture abbiano un notevole impatto sul sistema territoriale e possano essere un fattore determinante di trasformazione del paesaggio. In questo senso va la nostra richiesta di un adeguato coinvolgimento della Fondazione, l'ente che si occupa da 10 anni della promozione di uno sviluppo sostenibile nonché della gestione del riconoscimento delle nostre bellissime montagne a patrimonio mondiale Unesco».Il dossier di candidatura dei Giochi ha identificato nella sostenibilità ambientale uno dei suoi pilastri fondativi, rendendo quindi i Giochi olimpici e paralimpici un evento più sostenibile, flessibile ed efficiente, sia sotto il profilo operativo che finanziario, liberando al contempo più valore, per le città ospitanti, nell'orizzonte a lungo termine: «Questo aspetto assume particolare rilevanza considerando che buona parte dei Giochi olimpici e paralimpici si svolgerà in un contesto naturalistico di primaria importanza come quello alpino, e in particolare nei territori dolomitici, belli e fragili». Ma per ora il governo non ha inserito le Dolomiti come un soggetto con cui dialogare. Da qui la lettera.

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Corriere delle Alpi | 10 Luglio 2020 p. 15, segue dalla prima Il monito della Fondazione Unesco «Attenti ai grandi afflussi in zone fragili» Francesco Dal Mas BELLUNO «La lezione del Covid è stata dura. Ci ha insegnato che i grandi numeri non sono possibili neppure nell'attività turistica». Quindi? «Dobbiamo usare il rallentatore». A dirlo, con tutte le conseguenze del caso, è il presidente della Fondazione Dolomiti Unesco, Mario Tonina. Le conseguenze ci sono già: la Provincia di Bolzano, su indicazione dell'Unesco, ha detto «basta riprese di "Un passo dal cielo" al lago di Braies". Presidente Tonina, Belluno ovviamente ringrazia.«Prego, prego. Ma, attenzione: anche il Bellunese comprende le Dolomiti Unesco. Mi auguro che i Comuni di San Vito di Cadore e di Auronzo, e gli altri che saranno la location della fortunata fiction, sappiano essere prudenti» Prudenti fino a che punto? «Al lago di Braies ci sono stati eccessi di 15 mila visitatori al giorno. Decisamente troppi per un contesto ambientale così fragile, per cui interviene la protezione Unesco». Consiglia, dunque, ai sindaci coinvolti di prendere, anticipatamente, i necessari provvedimenti? «Il tema non riguarda solo le location di questa e di altre possibili serie televisive. In consiglio di amministrazione della Fondazione ci siamo posti il tema di come garantire la sostenibilità dei nostri ambienti per poterne consentire l'integrità in modo che possano apprezzarli anche le future generazioni. È il tema, specificatamente, del disordinato afflusso automobilistico ai passi dolomitici». Ci risiamo? Intendete chiuderli di nuovo? «Qualche misura la dovremo adottare, già dal prossimo anno. Abbiamo attivato una serie di telecamere che controllano l'accesso ai passi, fin dalle valli. Misureremo il traffico d'estate e d'inverno, magari per più anni. Intanto, però, introdurremmo qualche iniziative di contenimento». Il Veneto vuole discuterne. «Abbiamo già rassicurato il presidente Luca Zaia e l'assessore Federico Caner, che tra l'altro fa parte del nostro cda. E anche Caner ha convenuto che in determinate giornate, soprattutto estive, il traffico è esorbitante».Gli operatori turistici hanno un diavolo per capello. «È anche nei loro interessi che si eviti di omologare le terre più alte a quelle più basse. Altrimenti in futuro il nuovo turismo, o meglio i nuovi turisti volteranno le spalle a queste località. Il covid ha appunto insegnato che tante cose si possono fare: per lasciare la macchina in garage».Anche lei vede un'alternativa negli impianti di risalita? E quindi è d'accordo con gli impiantisti che ne vorrebbero l'implementazione? «Intanto bisogna usare al meglio quelli che ci sono, proprio per togliere auto dalle strade. Proprio in questi giorni stiamo immaginando, come Fondazione Dolomiti Unesco, il modo più opportuno di garantire il godimento di questa bellezza anche ai disabili o ad altre categorie di concittadini meno fortunate. È obbligatorio usare dappertutto l'auto».Non si sta esagerando con la costruzione di nuovi impianti? Gli ambientalisti ed il Cai hanno severamente redarguito la Fondazione Cortina 2021 per come si sono sviluppati determinati lavori. «Non conosco specificatamente la situazione. Ho letto il rapporto degli ambientalisti. Se le notizie riportate corrispondono a verità, la Fondazione Unesco non può che essere preoccupata». Il Cai di Cortina ha chiesto alla vostra Fondazione di vigilare in modo più puntuale. Siete stati un po' distratti? «Distratti? Assolutamente no. Sappiamo che a suo tempo è stata sottoscritta da tutte le parti in causa la "Carta di Cortina". Eravamo certi che sarebbe stata rispettata. Avevamo piena fiducia nella governance deputata ad organizzare i Mondiali. Verificheremo se quella Carta è stata rispettata». Gigi Casanova, anima del movimento ambientalista, dice di no. «Gigi è persona che stimo, anche se talvolta ci confrontiamo in modo pesante. Proprio per questo la Fondazione Unesco verificherà quanto è stato fino ad oggi realizzato. E per quanto riguarda le Olimpiadi...». Vi siete lamentati perché la Legge Olimpica di fatto non vi coinvolge. «È un fatto grave, perché fin dalla candidatura si è detto che quelli del 2026 saranno i Giochi della sostenibilità, proprio perché si svolgono per una parte sulle Dolomiti Unesco. Bene, la Fondazione non è stata coinvolta. Abbiamo il diritto di dire la nostra, dal momento che ad essere coinvolto è il territorio che noi abbiamo il compito istituzionale di tutelare, di proteggere». Teme che si possa ripetere quanto accaduto con i Mondiali? «Ancora non so, lo ripeto, se ci sono stati scempi per i mondiali. Conosco alcuni amministratori di Cortina e mi sentirei di escluderlo. Approfondiremo. Ma per quanto riguarda le Olimpiadi, queste non potranno essere sostenibili senza il nostro coinvolgimento. Questo sia chiaro. Proprio ieri abbiamo scritto una lettera in tal senso al Governo. Vogliamo partecipare». –

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MOBILITA’: PASSI DOLOMITICI L'Adige | 2 Luglio 2020 p. 16 «Senza limitazioni al traffico "marchio" Unesco a rischio» La sollecitazione del presidente di turno della Fondazione Dolomiti Unesco e assessore al turismo della Provincia, Mario Tonina, che rilancia la necessità di imporre dei limiti al traffico sui passi dolomitici, non può che trovare d'accordo Annibale Salsa. Antropologo, presidente dell'Accademia della Montagna, Salsa è anche membro del comitato scientifico della Fondazione. «È una questione che si trascina da tempo con un palleggio di proposte, spesso non condivise da regioni e province interessate. Non c'è dubbio - sostiene - che qualche tipo di limitazione va introdotta perché c'è un sovraccarico di traffico, soprattutto motociclistico, che fa perdere il piacere del godimento del paesaggio dolomitico». In che modo bisogna intervenire? In maniera equilibrata. Bisogna pensare in un'ottica di trasporto integrato. Ho sentito ad esempio che si pensa di puntare di più sulle funivie e questa può essere una buona idea, una valida alternativa rispetto al mezzo motorizzato. Certo un patrimonio come quello delle Dolomiti va tutelato, ma va fatto in maniera intelligente e attiva, non solo vincolistica. Si pensi a mezzi elettrici, a navette. Il problema è poi sempre quello di convincere gli operatori turistici ed economici dei luoghi attraversati. Certo, come in tutte le cose bisogna arrivare a un compromesso, non c'è un vincitore assoluto. Iniziative come queste devono essere frutto di un incontro basato sul buonsenso, perché alla fine salvaguardare il patrimonio è comunque interesse di tutti. Chiaro che limitare i passaggi è una potenziale perdita economica, ma compensata da una maggiore attrattività nel tempo. Lo status di "patrimonio universale" è legato all'interesse generale che supera gli interessi particolari. Bisogna trovare una soluzione che non sia penalizzante per nessuno ma che valorizzi il paesaggio dolomitico. Ci sono modelli da imitare? Io dico che il modello svizzero è insuperabile. Lì c'è un sistema integrato di trasporto, con i trenini, le cremagliere, gli autopostali che sono fondamentali. Cioè? In Svizzera il trasporto pubblico è gestito dall'amministrazione federale delle poste. Un sistema cadenzato organizzato in maniera tale che si può fare anche a meno dell'automobile. Le politiche dei trasporti della Confederazione sono orientate in modo che l'auto privata non sia più indispensabile. Io ho girato in lungo e in largo senza avere mai problemi. Anche grazie alle funivie che non sono solo un mezzo turistico come da noi ma sono considerate una parte del sistema integrato del trasporto locale. Certo che non è facile importare un sistema del genere. Ma il modello è quello. Mai superato da nessuno. In Svizzera ci sono dei siti Unesco come il ghiacciaio dell'Aletsch o il sistema dell'Oberland Bernese che hanno lo stesso tipo di tutela delle Dolomiti. Lì l'impatto da traffico è quasi nullo. E comunque la provincia di Bolzano sta esattamente andando in quella direzione lì. C'è secondo lei il rischio che l'Unesco metta in forse il riconoscimento di patrimonio dell'umanità delle Dolomiti? Il rischio c'è. Alcuni siti sono vacillanti. La stessa Venezia vacilla. Il rischio che una visita ispettiva colga questi aspetti problematici non è da escludere. F.G. Alto Adige | 1 Luglio 2020 p. 38 Passi e caos auto Le Dolomiti cercano regole daniela mimmi passi dolomitici L'estate è iniziata. E la stagione turistica pure. Con grande gioia dei più, qualche rammarico da parte di alcuni. Durante il drammatico lockdown conseguente all'emergenza coronavirus, la natura ha respirato, gli animali hanno ripreso possesso dei loro luoghi e chi poteva si è goduto la natura incontaminata. Domenica il sogno-incubo è finito di colpo. Le strade hanno ricominciato a riempirsi di automobili e i passi dolomitici sono stati presi d'assalto, come tante volte è accaduto in passato. Le targhe erano di macchine provenienti soprattutto dall'Italia (ma da dove? Traffico locale?), ma tante arrivavano anche da Germania, Austria, Svizzera. E a centinaia, forse migliaia, sono tornate sulle strade dolomitiche le moto. Del resto era prevedibile: dopo mesi di chiusura totale, tutti hanno voglia di aria fresca, libertà, natura. Tutte cose che le nostre montagne e valli offrono a piene mani. Anche se la giornata non era stupenda e le previsioni avevano indicato pioggia. Se questa è la situazione a fine giugno, come sarà a Ferragosto? Il dilemma è sempre lo stesso, da anni ormai: chiudere i passi? Limitare l'accesso? Aprire a fasce orarie? Concedere permessi speciali solo a chi ha problemi di mobilità? Fare pagare un ticket di accesso? Le opzioni sono tante e le opinioni pure. "Per noi è da sempre chiaro che

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i passi sono fondamentali e che vogliamo delle regole per ridurre il traffico - dice l'assessore Provinciale alla mobilità Daniel Alfreider - Ma la decisione deve essere presa in condivisione con chi vive nelle valli e nei Comuni coinvolti in tutte e tre le provincie interessate. Siamo in contatto con gli assessori di Trentino, Alto Adige e Veneto e i sindaci dei territori coinvolti. Quest'anno, con l'emergenza Covid abbiamo deciso di implementare tutta l'infrastruttura di monitoraggio, di coinvolgere e valorizzare i collegamenti funiviari, di aumentare i controlli insieme alle prefetture e aumentare il trasporto pubblico in valle, al fine di evitare che i turisti e la popolazione utilizzino solo le proprie macchine per andare ai passi, ma che abbiano un'alternativa e che scelgano il trasporto pubblico e gli impianti di risalita che funzionano a energia elettrica e le infrastrutture esistenti. Noi - continua Alfreider - vogliamo valorizzare i nostri territori e quindi la nostra natura, i nostri passi e i nostri paesi. Questo non è sempre possibile con il traffico attuale, incontrollato e di transito. La valorizzazione è un'altra cosa. Dobbiamo continuare a lavorare per la gente che vive in queste valli e per chi ci visita". Secondo Mario Tonina, presidente della Fondazione Dolomiti Unesco, "il traffico va regolamentato e il problema va affrontato adottando misure precise, perché il nostro patrimonio naturale va salvaguardato, soprattutto nella stagione estiva. Ovvio che non si possono chiudere i passi, ma dobbiamo trovare delle soluzioni. Come utilizzare di più e meglio gli impianti a fune. Il riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità ha garantito alle Dolomiti molte opportunità. Noi, in cambio, dobbiamo garantire la sostenibilità". Da parte sua, l'assessore provinciale al turismo trentino, Roberto Failoni rilancia il fatto che ogni decisione deve essere presa in accordo fra le tre province e regioni interessate, Trentino, Alto Adige e Veneto, lanciando la proposta di un monitoraggio capillare per capire, anche, da dove arriva il traffico. Intanto in Trentino hanno iniziato a monitorare il traffico sui passi per capire come operare, dopo aver stabilito da dove vengono le auto: se dalla provincia, dalla regione, da altre regioni o dall'estero. "Non c'è niente da reinventare, bisogna fare scelte radicali e riformare tutto il settore del turismo - dice deciso Michil Costa, titolare dell'Hotel La Perla a Corvara e del Berghotel Ladinia, e presidente della Maratona dles Dolomites - I passi, tutti, ovvero Sella, Gardena, Pordoi e Campolongo vanno chiusi, dalle 10 di mattina fino alle 14. In questo modo si potrebbe garantire la mobilità senza pesare troppo sull'ambiente e sui suoi equilibri. Inoltre - continua Costa - vanno utilizzati di più gli impianti a fune". Quando gli si fa notare che i prezzi degli impianti sono, almeno in certi casi, piuttosto impegnativi e che non tutte le famiglie possono affrontare la spesa di un ticket o di un abbonamento per salire su una montagna, Michil Costa risponde: "La soluzione, se si vuole, si trova: ad esempio, insieme al pernottamento si potrebbe offrire un pass per gli impianti. Il problema, del resto, non lo creano i turisti che qui pernottano, ma quelli che vengono dalla mattina alla sera, che non spendono un euro e inquinano, fanno rumore e di fatto creano caos. E poi chiuderei tutti i parcheggi sui passi, che sono orrendi e attirano la gente. Io dirò ai miei ospiti di non venire più sulle nostre montagne: c'è più pace a Milano. Bisogna avere il coraggio di fare scelte radicali". L'Adige | 2 Luglio 2020 p. 16 Attivo il sistema di controllo con 24 telecamere monitoraggio Convenzione fra Trento e Bolzano Dal dicembre dell'anno scorso sono state installate lungo le strade dei passi dolomitici del Sellaronde 24 telecamere che monitorano costantemente il traffico tenendo la contabilità del numero di mezzi in transito. L'operazione è stata messa in atto dalle Province di Trento e di Bolzano che hanno sottoscritto una convenzione e hanno contribuito con centomila euro a testa per avviare il programma di monitoraggio, che avrà una durata ipotetica di almeno otto anni ma che già in queste settimane sta iniziando a registrare dati interessanti e utili per mettere poi in atto le proposte di intervento. Naturalmente nel mesi di lockdown le telecamere hanno registrato un traffico quasi nullo ma già col mese di giugno i dati raccolti iniziano ad avere un certo interesse, anche se è probabile che questa estate non sia particolarmente significativa e i flussi turistici siano comunque condizionati e frenati dalla pandemia. Resta comunque in prospettiva uno strumento indispensabile per mettere a punto regole utili a limitare gli impatti. Corriere del Trentino | 2 Luglio 2020 p. 3 Passi dolomitici, l’Alto Adige spinge per nuovi divieti Francesco Barana TRENTO «Noi da sempre sosteniamo che servono regole per ridurre il traffico e le emissioni, ma la linea comune è che sia fatto con la condivisione di chi vive nelle valli e dei Comuni coinvolti» dice Daniel Alfreider. Annosa querelle quella sulla chiusura o meno alle auto dei passi dolomitici ai confini tra Alto Adige e Trentino e Veneto, che puntualmente come ogni estate si ripropone. L’assessore alle infrastrutture e alla mobilità della Provincia di Bolzano, al Corriere del Trentino , lascia intendere che in Alto Adige l’intesa a tre con Provincia di Trento e Regione Veneto — che si limita al monitoraggio del traffico e a favorire il trasporto pubblico di bus e funivie, escludendo divieti — è giudicata troppo tenue. Dipendesse da lui si tornerebbe all’esperimento del 2017 e 2018, con la chiusura dei passi in determinate domeniche. Si sa, da un lato ci sono le ragioni dell’ambiente e degli ambientalisti che spingono per la chiusura tout court, dall’altra quelle economiche e del

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turismo, con gli albergatori dei Comuni coinvolti che non vogliono sentire ragioni. Figurarsi quest’estate con la crisi post Covid e la faticosa ripartenza che ne sta seguendo. Nel mezzo c’è la politica e l’amministrazione dei territori. Nel 2017 e 2018 l’accordo prevedeva espressamente divieti alle auto in quattro domeniche: le giunte trentina di centrosinistra e altoatesina avevano comunanza di vedute e il Veneto (di suo più liberalizzatore) si accodava. Allora si diceva che quello sarebbe stato un test foriero di una nuova coscienza di mobilità sostenibile. L’anno scorso invece la musica è cambiata e con essa anche la geometria dell’intesa politica a tre. La nuova giunta a trazione leghista di Trento, e in particolare l’assessore al turismo Roberto Failoni — anche lui albergatore e quindi per storia ed estrazione sensibile ad ascoltare le ragioni di chi nelle zone del Pordoi, del Sella, del San Pellegrino ha un’attività — ha avvicinato il Trentino alle storiche posizioni del Veneto: dal 2019 l’accordo prevede misure più blande come il monitoraggio del traffico e l’incentivo all’uso di bus e funivie. Insomma, niente divieti. Alfreider, che sposa una linea più ecologica, spiega che quest’anno, quantomeno, «abbiamo deciso di implementare tutta l’infrastruttura di monitoraggio, di coinvolgere e valorizzare i collegamenti funiviari, di aumentare i controlli insieme alle prefetture e aumentare il trasporto pubblico in valle al fine di evitare che turisti e popolazione utilizzino solo le proprie auto. Si possono scegliere il trasporto pubblico o gli impianti di risalita in mobilità elettrica». Insomma a Bolzano (per ora) ci si adatta e si sviluppano i mezzi pubblici, ma non basta: «Le dolomiti certamente non si valorizzano con l’attuale traffico» spiega Alfreider. Per il quale l’intesa con Trentino e Veneto va salvaguardata, ma servono nuovi input, più sensibili ai temi ambientali: «Noi vogliamo valorizzare i nostri territori e quindi la nostra natura, i nostri passi e i nostri paesi e questo non è possibile con il traffico di adesso, incontrollato e di transito. Bisogna continuare a lavorare per la gente che vive in queste valli e per chi ci visita». L'Adige | 3 Luglio 2020 p. 17 Limiti al traffico sui passi? “Uno spot pubblicitario” Silvano Parmesani, sindaco di Canazei, è durissimo: «Parlare - a luglio - di limitazioni al traffico sui passi dolomitici mi par buono solo per avere un titolo sui giornali. Questi discorsi, casomai, andavano fatti prima: non dal 30 giugno». Luca Guglielmi, consigliere provinciale del gruppo Fassa, è chiarissimo: «Sono assolutamente contrario a qualsiasi tipo di limitazione portata avanti sul modello di uno spot pubblicitario. E poi siamo a luglio, dunque sono convinto che quest'estate non vi saranno limitazioni». Alla faccia dell'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni e di quello altoatesino alla mobilità Daniel Alfreider. La strada verso un qualsiasi tipo di limitazione o regolamentazione è piena zeppa di tornanti. Il sindaco Silvano Parmesani non nasconde i propri bersagli: «A ottobre avevamo chiesto un incontro con gli assessori citati in questi giorni (appunto Failoni e Alfreider, ndr). Ebbene, quest'incontro deve ancora svolgersi. Come mai? Chiedetelo a loro». Parmesani riconosce che nei mesi successivi sono intervenuti dei problemi enormi - la pandemia - «ma a novembre o dicembre ne avremmo potuto parlare». A Canazei c'è la Commissione consiliare dei passi composta da persone votate dal Consiglio comunale, «a ottobre, appunto, avevamo fatto una riunione ed erano scaturite alcune proposte. Avevamo chiesto di condividerle con gli assessori...». Quali proposte? «Prima vorrei parlarne con loro. Saremo lieti di portare avanti un'azione condivisa». Chiediamo a Parmesani se ritenga giusto oppure no limitare il traffico sui passi: «Io dico che serve un ragionamento più ampio», risponde. «Ci sono le posizioni degli uni e degli altri: non riesco a schierarmi. Io sono apolitico, la mia storia mi ha portato a esserlo». Si stanno raccogliendo i dati sui transiti: «Giusto farlo», conclude il sindaco di Canazei, «ma se posso dirlo, questo grande afflusso per ora non c'è. E poi, uscire con questi discorsi a due mesi dalle elezioni comunali... Sì, lo ammetto: sono un po' amareggiato. Io, comunque, ci sto mettendo l'anima in quel che faccio e sarà così fino alla fine». Luca Guglielmi , del gruppo consiliare Fassa, sottolinea che lo "spot pubblicitario" delle limitazioni al traffico sui passi è roba vecchia: è stato tirato fuori molte volte negli ultimi anni. «Abbiamo bisogno, invece, di un metodo di lavoro serio che porti tra qualche anno a una visione concreta dei passi dolomitici». Tra qualche anno : Guglielmi dice proprio così. «L'inquinamento? Rispondo spiegando cosa sia un valico: una strada che porta in un altro territorio. Non tutti quelli che la utilizzano si fermano ad ammirare le nostre montagne, peraltro bellissime. La val di Fassa, inoltre», afferma con forza il consigliere, «è l'unica valle intorno al Sella a garantire un collegamento con i passi e tutte le località montane più belle tramite gli impianti a fune. Lo dico a Tonina: noi stiamo già facendo ciò che lui auspica. Questo discorso va fatto, casomai, alla Provincia di Bolzano e al Veneto». Ricordiamoci un'altra cosa, puntualizza Guglielmi: «Solo sulla strada verso il Sella ci sono 6 attività tra ristoranti, alberghi e rifugi. E questi esercenti, io li ho sentiti». «Un altro paio di punti», chiude Guglielmi. «Primo: vista l'emergenza Covid, il turista quest'estate utilizzerà prioritariamente i mezzi privati. L'utilizzo dei mezzi pubblici provoca disagio. Il dato deriva dal tavolo di lavoro del Comun general de Fascia. Secondo punto: siamo a luglio, dunque sono convinto che quest'estate non vi saranno limitazioni al traffico sui passi. L'assessore Failoni, peraltro, mi ha tranquillizzato: la questione verrà affrontata con i territori interessati. E aggiungo un terzo punto: il problema non è sui passi ma sul fondovalle».

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L'Adige | 3 Luglio 2020 p. 17 «Decideremo tutti insieme» hanno detto Failoni cerca l'accordo con Bolzano, il Veneto e i territori In tanti hanno detto la loro, in questi giorni, sul problema del traffico sui passi dolomitici. Ha cominciato l'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni : «Stiamo pensando ad alcuni controlli. Non ho mai detto di essere contrario alle limitazioni sui passi, ma ogni decisione verrà presa in accordo con la Provincia di Bolzano e il Veneto. E anche i territori, vale a dire la val di Fassa». Tra il 10 e il 12 luglio la Provincia di Trento presenterà i risultati del monitoraggio dei transiti (anche il livello dei rumori). «Dobbiamo capire da dove arrivi il traffico», proseguiva Failoni, «e in che misura: dal Trentino?, dal Veneto?, dall'Austria? Quando avremo i dati, decideremo il da farsi». L'assessore altoatesino alla mobilità Daniel Alfreider è d'accordo con Failoni: «Per noi è chiaro da sempre che le limitazioni sui passi dolomitici servono. Vogliamo delle regole per ridurre il traffico e le emissioni. Quest'anno abbiamo deciso di implementare il trasporto pubblico in valle al fine di evitare che i turisti e la popolazione utilizzino solo le proprie automobili per raggiungere i valichi. L'obiettivo è fornire un'alternativa e fare in modo che la gente scelga il trasporto pubblico e gli impianti di risalita». Chiara la posizione di Mario Tonina , presidente della Fondazione Dolomiti Unesco: «Il traffico sui passi dolomitici va regolamentato. Bisogna trovare una soluzione che soddisfi tutti, naturalmente, perché non possiamo impedire di visitare questi luoghi alla gente che voglia farlo. Non possiamo chiudere i passi - è chiaro - ma garantire alternative, sfruttando maggiormente gli impianti a fune». Ieri, infine, si è espresso Annibale Salsa , antropologo, presidente dell'Accademia della Montagna, membro del comitato scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco: «Si pensi a mezzi elettrici, a navette. Il problema è sempre quello di convincere gli operatori turistici ed economici dei luoghi attraversati. Alla fine salvaguardare il patrimonio è comunque interesse di tutti». Sennò «c'è il rischio» che l'Unesco metta in forse il riconoscimento di patrimonio dell'umanità delle Dolomiti, ha concluso l'antropologo. Da segnalare, infine, che dal dicembre 2019 sono state installate lungo le strade dei passi dolomitici del Sellaronda 24 telecamere che monitorano costantemente il traffico, tenendo la contabilità dei mezzi in transito. L'operazione è stata messa in atto dalle Province di Trento e di Bolzano che hanno contribuito con centomila euro a testa. Corriere del Trentino | 3 Luglio 2020 p. 3 «Passi dolomitici chiusi, ne beneficerà anche l’economia. Investire sulla mobilità dolce» L’alpinista: «Serve una decisione. Non vedo il coraggio di collaborare» TRENTO Nel 2017, l’alpinista Reinhold Messner era stato tra i primi entusiasti di Dolomites Vives, l’iniziativa che prevedeva nel periodo estivo la limitazione del traffico e alcune giornate a motori spenti sul Passo Sella. Un progetto che restituiva alla montagna silenzio e lentezza, ponendosi come innesco per una nuova stagione all’insegna della coscienza della mobilità sostenibile nelle aree alpine. È mancato il passo successivo. E nel 2019, per incontrare le richieste di riapertura avanzate da albergatori e lavoratori del turismo, si è scelto di alleggerire, limitando l’intervento a semplice monitoraggio del traffico sui passi dolomitici. Di fronte all’incertezza portata dal Covid-19, secondo Messner «serve rispondere ponendo le basi di un modello di ripartenza sostenibile, improntato sul cammino lento e sul silenzio». Messner, come giudica l’incertezza dei tre territori – Trentino, Alto Adige e Veneto – coinvolti nella definizione di un piano di gestione dei Passi dolomitici per l’estate 2020? «A mio parere serve una decisione coordinata in breve tempo. L’emergenza Coronavirus, richiede con ancor più urgenza una soluzione logistica a vantaggio dell’ambiente alpino. È il momento ideale per riscoprire l’essenza della montagna e tornare a pensare a una graduale chiusura dei passi. Finora, anche se vaga, è emersa una visione che va nella direzione di un maggior rispetto del paesaggio. Quello che non vedo è il coraggio di collaborare». Lei ha in mente una proposta di mobilità sostenibile da mettere in atto in questa fase di ripartenza post-Coronavirus? «Le soluzioni a cui penso tengono conto del fatto che durante l’estate 2020 il traffico rimarrà al di sotto degli standard passati, a causa della riduzione del turismo a cui andiamo incontro. Ma questo non significa illudersi che i livelli di traffico rimarranno così in futuro. Il turismo tornerà a crescere e bisogna cominciare fin da subito a pianificare soluzioni logistiche alternative al traffico di auto e moto. Penso a un incremento dei collegamenti a fune e delle seggiovie d’estate, soprattutto in discesa. A queste aggiunte andrebbe abbinata una chiusura dei passi in specifiche fasce orarie, indicativamente dalle 9 alle 16. Non bisogna chiudere tutti i passi, quelli meno trafficati, come il Cibiana, possono continuare a seguire il modello di monitoraggio della circolazione». Iniziative simili, in passato, hanno incontrato l’obiezione di alcune categorie del turismo, che vedevano nella chiusura dei Passi un ostacolo alle attività economiche in quota. Si ritorna al trade-off tra esigenze economiche e ambientali-paesaggistiche. «In realtà è una scelta che accontenta tutti, anche ristoranti e alberghi. Il turismo diventa economicamente benefico se il turista si ferma. Il più delle volte, chi fa tour in macchina o moto non si ferma sul territorio e non porta beneficio economico. Al tempo stesso, dà ai turisti lo spazio e il respiro che si aspettano dalla montagna. Dovremmo prendere quest’estate come periodo di prova per decidere l’applicazione di un modello di mobilità sostenibile negli anni a venire».

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Per quanto ha potuto vedere in quest’inizio di stagione, il modo di vivere la montagna è cambiato in adeguamento alle norme postCovid che regolano i flussi turistici? «Alcune zone rimangono hotspot, punti affollati che non risentono della nuova situazione. Qui è cambiato poco rispetto agli anni passati. Ma la pandemia ha accentuato il divario tra queste aree e quelle meno battute dal turismo, che oggi riscontrano una totale carenza di presenze e vanno incontro a periodi difficili». Alto Adige | 14 Luglio 2020 p. 18 Traffico sui passi, arrivano i dati FRANCESCA GONZATO bolzano Archiviate le sperimentazione di limiti alla circolazione, l'estate è arrivata anche sui passi dolomitici. Il turismo riparte, anche se a rilento. E la Provincia raccoglie i dati. Domenica la prima impennata sulla circolazione di auto e moto sui passi. A Passo Gardena sono stati contati in una direzione 1.583 mezzi, tra cui 1.361 auto e 166 moto. È circa la metà del traffico registrato in anni «normali», prima della pandemia.Giovedì l'assessore provinciale alla Mobilità Daniel Alfreider presenterà a Plan de Gralba numeri e iniziative. Non arriveranno annunci rivoluzionari. Alfreider da tempo ha messo in chiaro che «chiudere i passi è impossibile». E di fronte a iniziative recenti, come la delibera tirolese che blocca le moto più rumorose, Alfreider risponde che «la Provincia di Bolzano non ha questi poteri». Al governo era stata chiesta, già un paio di anni fa, una modifica al codice della strada per consentire provvedimenti ad hoc. Intanto i numeri, dunque, per inquadrare il fenomeno. A controllare ogni passaggio di mezzi sui passi c'è la rete di 24 telecamere installate grazie a una convenzione che vede insieme la Provincia di Bolzano, la Provincia di Trento e Veneto Strade. Le telecamere sono entrate in funzione tra gennaio e febbraio. Poi è arrivato il lockdown, con numeri del traffico ridotti al minimo. «Adesso iniziamo ad analizzare i passaggi, anche se restiamo lontani dai picchi degli ultimi anni. È l'effetto post pandemia», raccontano in assessorato. Le telecamere registrano ogni passaggio di auto, moto, bus e camion. Attraverso le targhe viene individuato il traffico locale, ricorrente, e quello saltuario dei turisti. I dati delle targhe vengono criptati, chiariscono in assessorato. Partirà a breve il secondo braccio dell'operazione di analisi del traffico, con gli annunciati fonometri, grazie ai quali verrà rilevato il livello del rumore. E qui si parla sopratutto delle moto. I fonometri sono installati, ma non ancora in funzione. «Il tema del rumore è fondamentale», chiarisce Alfreider, che saluta con favore i controlli sulla velocità effettuati dalle forze dell'ordine negli ultimi due fine settimana.Le telecamereLe 24 telecamere sono installate, tra l'altro, a Passo Sella, Plan de Gralba, Passo Gardena, Colfosco, Corvara, Passo Campolongo, Arabba, Passo Pordoi e Livinallongo. La sintesiAnalizzando i dati degli ultimi trenta giorni, questa la sintesi dell'assessorato: «La tratta tra Colfosco e Passo Gardena presenta una mole di traffico più che doppio rispetto a quella della tratta tra Arabba e Passo Pordoi. Traffico maggiore si ha sul Sella, poi leggermente meno Gardena e Campolongo e decisamente meno il Pordoi, sia per il traffico totale che per le moto».I datiNonostante il lockdown sia terminato ormai da settimane, l'ultima domenica è stata la più significativa come movimento sui passi. Il tratto evidenziato Colfosco-Passo Gardena ha visto domenica, come detto, 1.583 mezzi in una direzione. Sabato erano stati 1.171. Domenica 5 luglio la medesima telecamera aveva registrato 301 mezzi, mentre mercoledì 8 luglio erano stati 926. I 1.583 passaggi di domenica vanno così suddivisi: 29 mezzi traffico pesante e 1.554 traffico leggero, di cui 166 moto, 1.361 auto, 27 transporter e 14 bus. All'incrocio «Miramonti» verso il passo Sella domenica sono passati 1.485 mezzi, di cui 1.262 auto e 141 moto. Una delle telecamere tra Corvara e Passo Campolongo domenica ha rilevato 1.214 mezzi (sempre in una direzione), tra cui 914 auto e 261 moto. Tra Arabba e Passo Pordoi la cifra scende a 583 mezzi, di cui 482 auto e 72 moto. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Alto Adige | 14 Luglio 2020 p. 18 Il Tirolo vieta le moto rumorose, Alfreider ci sta pensando Bolzano A partire dal 10 giugno scorso e fino al 31 ottobre prossimo, in Tirolo sarà vietata la circolazione di moto il cui rumore supera i 95 decibel. Il divieto è stato imposto in seguito a una richiesta degli abitanti del distretto di Reutte, nel quale uno studio ha analizzato come il 70 per cento dell'inquinamento acustico relativo al traffico sia causato dalle motociclette. E di moto, in quella zona, ne passano quotidianamente oltre 3.000. Il divieto viene applicato a qualsiasi motociclista: residente o non, straniero o austriaco che sia. Le strade interessate sono la B 198 Lechtalstraße, la B 199 Tannheimerstraße, la L 21 Berwang-Namloser Straße, la seconda parte della L 72 Hahntennjochstraße, la prima parte della 246 Hahntennjochstraße e la L 266 Bschlaber Straße. Salatissima la contravvenzione: 220 euro. Con la possibilità da parte degli agenti di polizia di effettuare controlli acustici e imporre alle moto di tornare indietro. Il fatto che questo limite colpisca alcuni modelli che di serie producono più di 95 decibel ha acceso numerosi dibattiti sulla legittimità del provvedimento. Una legge cui stanno guardando con favore anche Svizzera, Germania e lo stesso assessore provinciale Daniel Alfreider, favorevole all'adozione di misure . Una misura contestata dalle molte associazioni motociclistiche che,

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oltre a sottolineare come i divieti costringano migliaia di appassionati delle due ruote a cambiare itinerari, ricordano che il provvedimento colpisce anche motociclette regolarmente omologate, ma non tocca le automobili di grossa cilindrata, spesso rumorose quanto e più di una motocicletta. Si stima che le moto "fuorilegge", in base a quanto fissato dal Tirolo, siano il 5/10 per cento del parco circolante. Ma a storcere il naso non ci sono solo i biker. Non piace nemmeno a molti tra gli operatori turistici ed economici della regione austriaca che, senza i centauri, rischiano di vedere gli incassi ridotti di parecchio, in una stagione che, a causa del Covid, è già di per sé difficilissima. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Alto Adige | 16 Luglio 2020 p. 22 Passi dolomitici: piano soft per la riduzione del traffico BOLZANO Il Dachverband, la Federazione dei protezionisti, è entusiasta e spinge perché l'Alto Adige si adegui a quanto stanno facendo al di là del confine. I Freiheitlichen invece sono contrari, perché - dicono - il divieto, oltre a non produrre alcun reale effetto, danneggerebbe l'economia in un momento già difficile. L'assessore provinciale Daniel Alfreider guarda invece con interesse all'esempio tirolese. Stiamo parlando dell'introduzione in Tirolo appunto - dal 10 giugno al 31 ottobre - del divieto di circolazione alle moto il cui rumore superi i 95 decibel.«Sarebbe - dice - una buona misura da adottare sui passi dolomitici, per evitare il carosello in particolare di moto in transito. Il problema è che a differenza del Tirolo, noi non abbiamo la competenza in materia. Però abbiamo un'ottima collaborazione con la Polizia stradale e vediamo cosa si potrà fare». Ammesso che si possa fare, quello di stoppare le moto più rumorose, sarebbe l'unico divieto che Alfreider si dice disposto ad introdurre per cercare di limitare traffico e rumore sui passi. Per il resto si punta su un miglioramento dell'offerta di mezzi pubblici da integrare con la rete degli impianti a fune, per convincere residenti e turisti a lasciare a casa la macchina.Questa mattina intanto, a Plan de Gralba, Alfreider assieme al collega trentino Roberto Failoni; ai sindaci Roland Demetz (Selva Gardena), Robert Rottonara (Corvara), Silvano Parmesani (Canazei), Leandro Grones (Fodom), presenteranno i risultati del monitoraggio del traffico sui passi e le possibili soluzioni per cercare di mitigarlo.Nel 2018 si era sperimentato la chiusura ai veicoli a motore un giorno in settimana - per poche ore - di passo Sella. Ma la decisione aveva provocato la sollevazione di quasi tutti gli operatori turistici. «È facile dire - spiega l'assessore Alfreider - vietiamo il transito ai mezzi a motore, poi però ci si rende conto che il passaggio alla fase attuativa è complicata se non impossibile. Anche perché dal monitoraggio dei flussi risulta che il 40% dei passaggi è originato dai locali. Allora cosa facciamo: blocchiamo tutti, locali e turisti? Assieme ai colleghi trentini e veneti stiamo lavorando per creare i presupposti, perché usino i mezzi pubblici e gli impianti a fune. Se un divieto ci sarà ma bisogna vedere come si può attuarlo - riguarderà le moto più rumorose: a breve dovrebbero entrare in funzione i fonometri che misurano appunto l'inquinamento acustico». Per gli appassionati della bici, Alfreider pensa alla predisposizione di tratti protetti massimo un metro e mezzo di larghezza - lungo le strade dei passi, per garantire maggior sicurezza. «Per settembre stiamo organizzando il Bike Day, una giornata senza auto e moto, che - causa Covid - è saltato a giugno». Trentino | 17 Luglio 2020 p. 16 Passi dolomitici, torna l'ipotesi pedaggio trento «Scusi, lei ritiene che l'accesso a pagamento delle auto sui passi dolomitici possa fare bene all'ambiente?». A questa domanda rivolta a 1.600 turisti durante l'estate scorsa da un gruppo di ricerca incaricato dalla Provincia di Bolzano - il 39% degli intervistati ha risposto «sì». E un altro 27% ha detto «forse». Così rispunta l'ipotesi di pedaggio sui passi dolomitici che, questo pare assodato, non servirà da sola a diminuire il numero di auto in transito sulle strade (come insegnano esperienze precedenti) ma potrà essere utile per sensibilizzare i turisti sul tema della sensibilità ambientale e per raccogliere fondi da destinare al trasporto pubblico o comunque sostenibile.Trento, Bolzano e BellunoSi è parlato di passi dolomitici ieri a Pian del Gralba (Selva Gardena) dove l'assessore trentino Roberto Failoni è intervenuto assieme al collega altoatesino Daniel Alfreider e ai sindaci Ivo Insam (Selva) e Leandro Grones (Livinallongo - Arabba) assieme al presidente di Dolomiti Superski, Sandro Lazzeri. Quest'anno il traffico non fa paura: «I picchi di traffico massimo sono circa il 25 per cento rispetto a quelli registrati negli anni scorsi» ha detto Alfreider. Ma comunqe, grazie anche alle telecamere installate l'anno scorso per il monitoraggio del traffico, si torna a parlare di sostenibilità: «La grande scommessa - ha detto Failoni - è quella di creare una mobilità alternativa, in grado i portare benefici al territorio e di dare al turista la sensazione di vivere la montagna in maniera diversa». La Regione Veneto e la Provincia di Belluno non hanno inviato rappresentanti alla conferenza stampa di ieri, ma comunque Failoni ha detto che "confermiamo la volontà di continuare a lavorare assieme all'Alto Adige e al Veneto, cosa che un anno fa sembrava quasi impossibile". E poi l'accenno alla Valle di Fassa, dove l'assessore Failoni sa bene che qualunque ipotesi di limitazione del traffico non troverà terreno fertile: «Naturalmente con un'attenzione particolare alla valle di Fassa» ha voluto mettere le mani avanti.Gli obiettiviL'assessore altoatesino Alfreider ha sottolineato che per il momento si procede

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con l'analisi dei dati e con gli investimenti sul trasporto pubblico. In realtà sono anni che vengono raccolti dati sulla mobilità. E pure le interviste dell'estate 2019 non hanno fatto altro che confermare quello che già si sapeva, ad esempio che sono le moto (in particolare quelle più rumorose) la principale lamentela da parte dei turisti. L'altra cosa nota è che ai picchi di traffico estivo (almeno le estati scorse, prima dell'epidemia Covid) corrispondono lunghi periodi in cui sui passi dolomitici non c'è praticamente traffico. Proprio questo è stato uno dei punti maggiormente sottolineati dagli operatori economici dei passi Pordoi, Sella, Gardena, Campolongo. Ora i dubbi degli operatori economici sono affidati ai due presidenti delle Camere di Commercio di Trento e Bolzano, Giovanni Bort e Michl Ebner, che ieri hanno diffuso una nota congiunta: «Attualmente in Trentino-Alto Adige si sta valutando la possibilità di limitare il traffico sui passi dolomitici. È importante trovare una soluzione a questo problema, ma senza introdurre provvedimenti restrittivi di transito perché costituirebbero un ulteriore fattore di contrazione per l'attività degli operatori turistici già colpiti dalla crisi innescata dall'emergenza sanitaria. Secondo gli ultimi dati forniti dall'Istituto di ricerca economica della Camera di Commercio di Bolzano, a maggio in Alto Adige il fatturato del settore alberghiero e della ristorazione è diminuito del 71% rispetto allo stesso mese del 2019 e, a giugno, l'85% delle imprese turistiche registra una domanda inferiore rispetto al livello precedente la pandemia. Anche in Trentino i fatturati del settore turistico registrano una forte contrazione, che nel primo trimestre era compresa tra il 25 e il 30%. E per il periodo aprile-giugno l'Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio di Trento stima una perdita economica ancora più severa, sia per il settore ricettivo, sia per quello della ristorazione, superiore al 60% rispetto allo stesso periodo del 2019. Possiamo capire che si pensi a come limitare il traffico sui passi delle Dolomiti - concludono Ebner e Bort - tuttavia, non è questo il momento di introdurre restrizioni. Non appena l'economia e, soprattutto, il turismo della nostra regione si saranno ripresi a sufficienza, sarà possibile prendere provvedimenti anche rispetto alla riduzione del traffico sui valichi dolomitici».A.S. Alto Adige | 17 Luglio 2020 p. 17 Passi Dolomitici, nessun divieto ma tolleranza zero con le moto Antonella Mattioli BOLZANO Nessun divieto. Per quest'estate, fortemente condizionata dalla paura del Covid, la strategia concordata tra Alto Adige, Trentino e Veneto, per cercare di mitigare il traffico sui passi Dolomitici, prevede solo un potenziamento del servizio pubblico. Ma tolleranza zero con le moto, in particolare le più rumorose, perché sono quelle che - anche in base al sondaggio effettuato nell'estate 2019 e al quale hanno partecipato 1.619 persone - sono considerate "estremamente fastidiose".Le moto rumoroseA questo proposito Salvatore Erich Atorino, commissario e vicedirigente della Polizia stradale di Bolzano, ricorda che nelle ultime tre settimane sono stati controllati 220 motociclisti e rilevate 75 infrazioni, tra le quali eccesso di velocità e sorpassi vietati. In 10 casi era stato tolto il DBKiller, il piccolo silenziatore che posto all'estremità d'uscita di un terminale di scarico, riduce dal 15% al 25% il rumore. Perché al motociclista piace sentire il rombo del motore che invece infastidisce gli altri utenti della strada e coloro che in montagna passeggiano, fanno escursioni o semplicemente vivono. Per questo anche l'assessore provinciale Daniel Alfreider, guarda con interesse al divieto di circolazione - introdotto dal 10 giugno al 31 ottobre in Tirolo - per le moto il cui rumore superi i 95 decibel. «Per farlo anche da noi - dice il dirigente della Stradale - serve però un'ordinanza. Inoltre le forze dell'ordine devono essere dotate di fonometri per misurare le emissioni acustiche». Il ticketPer il futuro non si esclude - ma al momento siamo solo a livello di ipotesi l'introduzione del ticket per accedere ai passi. Soluzione questa che trova d'accordo sia l'assessore Alfreider che il collega trentino Roberto Failoni e il sindaco di Livinallongo/Fodom Leandro Grones. Oltre al 39% degli intervistati nell'ambito del sondaggio promosso tra gli ospiti delle Dolomiti. Gli incassi verrebbero poi reinvestiti in interventi sulla rete stradale. Questo in sintesi quanto emerso ieri dalla conferenza stampa, organizzata a Plan de Gralba, per discutere - come ogni estate ormai - del problema traffico sui passi intorno al Sella. La domanda - per ora senza risposta - è sempre la stessa: come ridurre la pressione di auto, moto, pullman, camper senza danneggiare il turismo e penalizzare i locali. Il monitoraggio«La base per realizzare un progetto complessivo - ha spiegato Alfreider - è rappresentata dal monitoraggio del traffico che comunque, al momento, è ancora molto contenuto: l'ultima domenica si sono registrati 1.500 passaggi contro i 6-6.500 dello stesso periodo degli anni precedenti». Ci sono 24 telecamere installate a passo Sella, Plan de Gralba, passo Gardena, Colfosco, Corvara, passo Campolongo, Arabba, passo Pordoi e Livinallongo. E a breve verranno installati anche i fonometri, per registrare il rumore che è quello che più preoccupa. Analizzando i dati degli ultimi 30 giorni, emerge che la tratta tra Colfosco e passo Gardena presenta una mole di traffico più che doppio rispetto a quello della tratta tra Arabba e passo Pordoi. Traffico maggiore si ha sul Sella, poi leggermente meno Gardena e Campolongo e decisamente meno il Pordoi, sia per il traffico totale che per le moto.Bus e funivieNumeri alla mano - alla fine di questa strana estate - si deciderà assieme come muoversi per il 2021: «La sfida - ha detto Failoni - è quella di creare una mobilità alternativa». Che in concreto punta sul potenziamento del servizio pubblico integrato con la rete degli impianti di risalita. Per l'Alto Adige significa collegare con degli shuttle, che partono dai paesi, le stazioni a valle delle funivie Col Raiser, Dantercepies e Ciampinoi in Val Gardena; funivie di Colfosco, Boè ed Arlara in Val Badia. Obiettivo: dare la possibilità soprattutto al turista di lasciare l'auto in garage. Una soluzione questa che piace ovviamente a Sandro Lazzari, presidente del Dolomiti Superski. D'accordo anche Ivo Insam, vice sindaco di Selva: «Bisogna incentivare l'uso di bici e funivie, per ridurre il traffico». E ancor più i turisti che dicono di prediligere per spostarsi il trasporto pubblico (45%) e la bici (41%); meno l'auto (27%). Percorsi per le biciBuone notizie per gli appassionati: la Provincia ha elaborato uno studio di fattibilità per tracciare sulle strade dei passi percorsi riservati. Non sono previste invece giornate dedicate esclusivamente alle bici, se non il Bike Day sul Sella che quest'anno si vorrebbe fare a settembre.

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Corriere delle Alpi | 17 Luglio 2020 p. 17 Passi dolomitici, due residenti su tre chiedono di introdurre il pedaggio Francesco Dal Mas livinallongo Un pedaggio per tutelare le valli e in particolare i passi. Lo chiede convintamente il 39% dei residenti delle terre alte, ai quali si aggiunge un 27% di possibilisti. Questo significa che due abitanti su tre ritengono ormai necessario un accesso a pagamento per migliorare la protezione della flora e della fauna. L'indagine è stata fatta su oltre 1.600 residenti nei paesi intorno al gruppo del Sella, quindi la partecipazione è risultata davvero massiccia. «Sorprendente per adesioni e per conclusioni», afferma il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Plan de Gralba nel Comune di Selva Gardena al quale hanno preso parte l'assessore provinciale alla mobilità di Bolzano, Daniel Alfreider, il suo omologo trentino, Roberto Failoni, il vicesindaco di Selva Gardena, Ivo Insam, e il presidente di Dolomiti Superski, Sandro Lazzari. Solo il 16% ha risposto di no. E il prezzo del ticket? Il 52% propone meno di 10 euro, il 23% tra i 10 e i 20, l'11% oltre i 20 euro. Naturalmente non pagherebbero gli abitanti dei territori coinvolti, neppure i villeggianti stanziali. «La gabella sarebbe a carico», ipotizza Grones, «del turista mordi-e-fuggi che ci invade la domenica, portandosi dietro di tutto e lasciandoci i sacchetti delle immondizie, tante volte purtroppo neppure dentro gli appositi cestini». L'indagine ha considerato parecchie voci tra le quali la contestazione alle moto e ai ciclisti maleducati.Salvatore Atorino, della polizia stradale di Alto Adige, Trentino e Belluno ha presentato alcuni dati riguardanti i controlli effettuati dalle forze dell'ordine sui centauri nel corso di alcune giornate estive caratterizzate da traffico intenso. Nelle ultime tre settimane sono stati controllati complessivamente 220 motociclisti e sono state rilevate 75 infrazioni, tra le quali eccesso di velocità, sorpassi vietati e modifiche ai mezzi non consentite dalla legge. Alla lettura di questi dati, il commento di Osvaldo Finazzer, coordinatore degli 80 operatori turistici dei passi, è stato lapidario: «Fanno bene le forze dell'ordine a fermare i motociclisti e ad obbligarli alla revisione dei motori o di ciò che hanno truccato o è fuori regola, ma la sanzione rischia di allontanarli dal nostro territorio».Albergatori e ristoratori, in ogni caso, stiano tranquilli, non è in programma la chiusura dei passi. Le province di Trento e Bolzano e il Comune di Livinallongo vogliono, invece, lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblici, un monitoraggio complessivo del traffico sui valichi e una programmazione strategica comune nell'elaborazione di soluzioni per una mobilità sostenibile. «L'obiettivo è quello di elaborare un progetto complessivo e di realizzarlo passo dopo passo. Nel corso del 2020, a causa della situazione d'emergenza», ha sottolineato l'assessore Daniel Alfreider, «verranno effettuati i primi passi nel campo della riduzione del traffico e del suo spostamento sui mezzi pubblici». Da parte sua l'assessore trentino Roberto Failoni ha affermato che «la grande scommessa è quella di creare una mobilità alternativa, in grado di portare benefici al territorio e dare al turista la sensazione di vivere la montagna in maniera diversa». Del tutto nuovo l'impegno nel potenziamento dei collegamenti degli autobus verso sei impianti di risalita presenti sui passi dolomitici. «In questo modo non solamente colleghiamo tra loro due mezzi di trasporto sostenibili, ma diamo anche al turista l'opportunità di lasciare in garage la propria macchina», ha sottolineato Alfreider. Il presidente di Dolomiti Superski, Sandro Lazzari, a questo proposito ha sottolineato l'importanza di una combinazione efficiente tra le funivie e i mezzi di trasporto pubblici. «L'offerta di servizi turistici da parte delle vallate dolomitiche deve avere come obiettivo prioritario il costante miglioramento della propria offerta per consentire agli ospiti di apprezzare appieno ed in libertà le bellezze della natura ed il panorama unico delle Dolomiti». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 18 Luglio 2020 p. 31 Pedaggio per il "mordi e fuggi"? «Cauti, però se ne può parlare» CORTINA Un pedaggio per il turista "mordi e fuggi" che attraversa le valli dolomitiche e sale sui passi? L'idea non piace soltanto al 16% dei 1619 residenti nelle valli intorno al gruppo del Sella, quindi anche Livinallongo ed Arabba, interpellati attraverso un'approfondita indagine sulla protezione dell'ambiente. Il 66% dice convintamente sì.«Un pedaggio come sulle Tre Cime o a Braies? La proposta richiede un po' di riflessione», risponde Federico Caner, assessore al Turismo del Veneto, «è vero però che se ne parla da qualche tempo, perché indubbiamente i Comuni vanno incontro a spese anche soltanto per essere attraversati da decine di migliaia di auto il sabato e la domenica, senza un ritorno economico. Eppure il Comune deve provvedere alle strade e agli altri servizi. Qualcosa bisognerà fare, ma starei piuttosto attento a moltiplicare l'imposizione fiscale».Nei prossimi giorni Caner, la collega ai Trasporti Elisa de Berti e gli assessori di Trento e Bolzano si incontreranno per individuare le possibili alternative alla chiusura dei passi. Per tutta la giornata di ieri hanno esultato albergatori e ristoratori del Falzarego, del Giau, del Val Parola, del Campolongo, del Gardena, del Sella, del Pordoi e del Fedaia alla notizia che da parte delle Province e della Regione Veneto è stata accantonata l'idea di chiudere il traffico auto nelle giornate di maggiore afflusso.«Abbiamo vinto una battaglia durata 13 anni e siamo soddisfatti, ma il tempo

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prezioso e sprecato per queste inutili e spregevoli controversie che si potevano risolvere con dei semplici e proficui incontri amichevoli è impagabile», afferma Osvaldo Finazzer, coordinatore del Comitato degli operatori, «lo stress causato da alcuni politici, dirigenti e presidenti arroganti ci ha guastato il sorriso; loro hanno fatto il bello e il cattivo tempo, hanno divulgato asserzioni non vere per confondere gli animi. Credo che la vita trascorsa in questa maniera sia una grande "schifezza". Non trovo altro termine, provo dispiacere e delusione per ciò che ho provato ed incontrato in questi 13 anni».Adesso, dunque, spazio alle alternative. Il Comune di Auronzo introita oltre un milione l'anno dal pedaggio sulla strada delle Tre Cime.«Qui si giustifica, anche per le spese che abbiamo nella gestione dei parcheggi; altrove», pone qualche dubbio la sindaca Tatiana Pais Becher, «ritengo che sia controproducente. Meglio incentivare il trasporto pubblico, come si sta facendo proprio verso le Tre Cime».Così la pensa anche il 64% dei residenti (il campione è sempre di 1619). Ma - ricorda Leandro Grones, sindaco di Livinallongo, che ha partecipato all'organizzazione dell'indagine - la stessa percentuale del 64% "sponsorizza" la bicicletta". E l'auto?"Solo" il 43%. L'inquinamento, soprattutto acustico, non è più sopportato da chi vive in montagna. Il rumore delle moto è ritenuto «estremamente fastidioso» dal 40%, con un'aggiunta del 38% che sostiene che «spesso disturbano». Le auto non sono sopportate, per lo stesso motivo, dal 63% dei residenti. E, allora, quali sono le misure da adottare per migliorare il traffico?«Anzitutto», è la risposta, di cui fa sintesi Grones, « è la sensibilizzazione degli ospiti già prima che arrivino in valle. Così ritiene il 18%, mentre il 16% vorrebbe che fossero migliorati i trasporti pubblici, l'11% desidererebbe una corsia preferenziale per i ciclisti». Ritorna, nell'indagine, l'ipotesi di chiusure del traffico specie motorizzato, almeno quello individuale: il 10%. Il contingentamento sarebbe preferito dal 9%, l'% sostiene che ci vorrebbe il pedaggio almeno a carico del traffico individuale motorizzato (il 5% vuole la chiusura completa).«Questa indagine merita uno specifico approfondimento», riconosce il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, «il turismo post Covid sta dimostrando che la sostenibilità è la condizione con la quale la maggior parte dei cittadini vuole andare in vacanza. Se, come si dice, le Olimpiadi 2026 dovranno avere questo marchio, c'è di che pensare e progettare immediatamente. Anche per non trovarci impreparati al ritorno d'immagine dopo la prossima stagione della fortunata fiction "Un passo dal cielo"». Per Padrin non ci sono dubbi: «Non vogliamo fare la fine di Braies». --Francesco dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alto Adige | 19 Luglio 2020 p. 3, segue dalla prima Auto sui passi dolomitici, Messner: basta studi inutili, adesso occorre coraggio Enzo Coco BOLZANO La montagna va protetta. Con provvedimenti coraggiosi. Parola del «Re degli Ottomila» Reinhold Messner, uno che di coraggio se ne intende parecchio avendo compiuto alcune delle imprese più temerarie del nostro tempo. Un coraggio che però sembra mancare alla politica ogni volta che si approccia al tema della mobilità sui passi dolomitici. Ma se sulla questione della mobilità, il Re degli Ottomila strizza l’occhio agli ambientalisti, per quanto riguarda lupi ed orsi il suo giudizio è tranchant. Vanno allontanati perché sono incompatibili con il turismo. Come valuta le decisioni che sono state prese nell’ultimo vertice tra Alto Adige, Trentino e Veneto? «In sostanza sono solo un espediente per non decidere e per accontentare albergatori e operatori turistici poco lungimiranti in un periodo di crisi». Come andrebbe affrontato secondo lei il problema della mobilità sui passi? «Capisco il problema contingente creato dal coronavirus, ma gli studi non servono. Sappiamo già come stanno le cose e lo sappiamo da almeno una decina d’anni. Il rumore eccessivo è insopportabile quando si è in montagna e nella natura. Possono fare tutti gli studi e le rilevazioni che vogliono, ma la sostanza non cambia: i passi più frequentati hanno bisogno di un sistema di calmierazione del traffico e spetta alla politica decidere e intervenire. L’assessore Alfreider ha buona volontà e si impegna al riguardo e va molto bene la collaborazione con Belluno e Trento, ma lui è frenato dalle varie lobby». Secondo lei bisognerebbe prendere provvedimenti più drastici? «Certamente e lo dico dal punto di vista essenzialmente turistico. Chi viene in vacanza da noi lo fa anche per fuggire dal caos delle città, perché vuole la pace, il silenzio, una vacanza “slow” a contatto con la natura, l’agricoltura. A questa gente dobbiamo offrire un turismo di qualità senza andare al traino degli altri». A cosa si riferisce? «In Tirolo hanno vietato il transito su alcune strade per il problema dell’eccessivo rumore e da noi si vorrebbe subito cercare di imitarli. Dobbiamo invece essere un’avanguardia, proponendo soluzioni innovative per riconquistare il primato di un turismo di qualità che Austria e Svizzera cercano di sottrarci». E quali potrebbero essere queste soluzioni innovative? «Dobbiamo offrire ad alto livello quello che il turista cerca. Se è pace, aria pulita, vita agreste allora questo è quello che si deve fare eliminando tutto ciò che è di disturbo alla realizzazione di questo obiettivo. Non solo le moto troppo rumorose. E qui si innesta anche un altro problema». Quale? «Quello degli orsi e dei lupi. Il contadino di montagna è una componente di questo turismo di qualità. É l’elemento che cura la natura alle quote più alte, quelle dei passi appunto e anche più in su. Se lui rinuncia all’alpeggio delle proprie greggi per via soprattutto dei lupi, la montagna si spopola e viene a cadere una parte dell’offerta».

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Che fare dunque con i plantigradi e i lupi? «Gli orsi sono un problema relativo, mentre i branchi di lupi sono in crescita. Vanno allontanati e se occorre soppressi per non causare lo spopolamento delle malghe che sono una parte integrante della domanda turistica».

Alto Adige | 25 Luglio 2020 p. 21 Limite dei 60 all'ora in montagna Bolzano non seguirà Trento bolzano Decisa venerdì, in vigore da ieri. La Provincia di Trento adotta la linea dura contro la velocità sulle strade di montagna. Imposto il limite dei 60 chilometri all'ora su numerosi tratti. E sui passi dolomitici nel versante trentino i 60 chilometri estivi erano già previsti. La delibera della giunta trentina penalizza in particolare le moto, protagoniste della maggior parte dei divieti, estesi alle auto solo in alcuni tratti. Palazzo Widmann non seguirà l'esempio dei colleghi trentini. «Anche noi abbiamo numerosi tratti di strade montane con il limite dei 60 chilometri all'ora. Un cartello in più non cambia la situazione», prende posizione l'assessore provinciale alla Mobilità Daniel Alfreider, «Noi puntiamo sui controlli». Così Alfreider, fresco di conferenza stampa nella zona del passo Sella proprio per parlare di mobilità sui passi: «I limiti di velocità ci sono, ciò che serve è una campagna di controlli, per tirare fuori dalle strade chi non intende rispettare la montagna. È quanto sta accadendo questa estate, grazie all'intesa del Commissariato del governo con le forze dell'ordine: nei fine settimana vengono organizzati controlli straordinari, che danno risultati. Eccome». In parallelo, assicura l'assessore, «prosegue il nostro lavoro di raccolta dei dati sul numero dei passaggi e, a breve, sul rumore. Sarà la base delle future iniziative, in dialogo con la Provincia di Trento e di Belluno». Robert Rottonara, sindaco di Corvara in Badia, è più che scettico sulla novità trentina: «Santa Polenta, aggiungere qualche divieto non serve a nulla. Purtroppo. I motociclisti non li rispettano. Stanno calmi solo quando ci sono i controlli. Appena spariscono i carabinieri, tutto torna come prima. E non puoi chiedere alle pattuglie di presidiare le strade di montagna dieci ore al giorno. Per questo mi tengo lontano dalle ordinanze: se individui un bisogno, devi essere in grado di provvedere». Non resta che arrendersi? «Allora, la chiusura dei passi non è fattibile, perché gli operatori turistici sono tutti contrari, con poche eccezioni. Ecco, magari con dei controlli automatici si potrebbe iniziare a ragionare», così Rottonara. Come detto, la Provincia di Trento ha deciso di andare oltre il limite dei 60 chilometri previsto sui principali passi dolomitici. Le limitazioni si allargano e riguardano le strada del Monte Bondone, con la salita da Trento (via Sardagna e Candriai) e poi la discesa fino alla valle dei Laghi passando dalle Viote da Lagolo: lungo questi tratti la velocità massima sarà di 60 all'ora con alcuni tratti in cui il limite scende a 50. Situazione analoga lungo la strada che da Garniga sale alle Viote. Velocità ridotta anche sull'altopiano di Brentonico (fino al confine con il Veneto) e nel tratto della Val d'Ampola, fino al centro abitato di Storo.Lungo le strade del passo Tonale (da Fucine al passo) e del passo Manghen (dalla val Calamento fino a Molina di Fiemme) il limite di velocità è stato fissato a 60 chilometri orari ed è valido solamente per le motociclette. Questo ad eccezione di alcuni tratti, ad esempio l'attraversamento di centri abitati, in cui il limite è inferiore (50 chilometri orari) ed è valido per tutti i veicoli. «L'obiettivo è innalzare il livello di sicurezza della circolazione, riducendo il numero degli incidenti stradali» ha spiegato la giunta. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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MOBILITA’: LAGO SI BRAIES Alto Adige | 3 Luglio 2020

p. 34 Braies si tutela e limita i turisti: più bici e meno auto in valle ezio danieli braies Il lago di Braies, come tutta la valle, fa parte del patrimonio dell'umanità con tanto di griffe dell'Unesco. Ed ecco che per tutelare l'area da un impatto turistico troppo forte (e da troppe auto) viene riproposta anche quest'estate l'iniziativa di Idm, Provincia, Comune

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e associazione turistica, che insieme hanno elaborato il Piano Braies 2020, presentato ieri mattina a Bolzano.Si punterà soprattutto a incentivare l'uso delle biciclette e delle... scarpe, perché è l'unico modo per raggiungere il lago "in modo salutare e rispettoso dell'ambiente", ha detto l'assessore alla mobilità Daniel Alfreider, che ha sottolineato che la valle di Braies va valorizzata per visitatori e residenti. Di conseguenza, "sono stati aumentati i noleggi di biciclette a Braies, Villabassa e Monguelfo e contestualmente sul lago sono stati realizzati ulteriori parcheggi per biciclette. Per chi si muove su mezzi privati, invece, la strada nella valle di Braies rimarrà aperta dal 10 luglio al 10 settembre fino a quando i parcheggi della valle saranno occupati, dopo quel momento la strada sarà chiusa fino alle 15", ha aggiunto Alfreider, precisando inoltre che "dal 10 luglio anche gli autobus delle linee 439 e 442 potranno essere utilizzati per arrivate al lago di Braies. Quest'anno è stata però introdotta la prenotazione online obbligatoria, con pagamento online tramite un nuovo portale del Comune e Idm. Non appena i posti saranno al completo, non ci sarà più accesso al bus navetta. Ai titolari di Alto Adige Pass sono riservati alcuni posti a bordo senza necessità di prenotazione". "Nel 2019 - ha proseguito l'assessore - l'attenzione si è concentrata sullo spostamento del traffico verso una mobilità più rispettosa dell'ambiente. Un'offerta che resterà attiva, affiancata però da una limitazione degli accessi al lago" . L'assessora provinciale al patrimonio mondiale Unesco Maria Hochgruber Kuenzer ha precisato che "nel 2018, con accesso illimitato da luglio a settembre, 1,2 milioni di visitatori sono stati nella valle di Braies, ossia in media 9.936 persone al giorno durante l'estate fino al picco di 17.874 registrato in una giornata di agosto". Complessivamente in agosto sono stati registrati 393.522 visitatori. Lo studio di sostenibilità della Fondazione Dolomiti Unesco ha esaminato gli effetti di questi flussi turistici su natura, società locale ed economia, concludendo, come ha riassunto Kuenzer, che "l'esperienza dei visitatori della natura perde di fascino e unicità". Nel 2019, una media di circa 250.000 persone ha visitato il lago mensilmente durante tutta l'estate: "Sono necessarie ulteriori misure coraggiose. Affidiamoci alla natura: è il nostro capitale più importante", ha aggiunto Kuenzer. Le restrizioni per i mezzi privati non si applicano agli abitanti della valle. e il sindaco Friedrich Mittermair ha precisato che "per gli ospiti di ristoranti, negozi e altri esercizi ci sono permessi di transito disponibili su prenotazione, così come per i turisti che alloggiano in valle. Ci aspettiamo che il sistema delle quote limitate crei più valore per la valle e più protezione per un ecosistema così prezioso e sensibile". Limitando il numero di passeggeri sugli autobus in combinazione con il sistema di prenotazione, Mittermair si aspetta un numero medio di visitatori di circa 4.500-5.000 persone contemporaneamente in loco. Il presidente di Idm Pircher ha giudicato positivo il Piano Braies 2020: "Per informare tutti in modo adeguato, Idm ha pronto un pacchetto di comunicazione, da volantini e video a contributi Instagram". Corriere dell'Alto Adige | 3 Luglio 2020

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Braies, un’estate a numero chiuso:in valle non più di 900 auto al giorno Nuovo piano dal 10 luglio L’obiettivo: non superare le 5.000 presenze giornaliere BOLZANO Meno turisti — soprattutto meno auto — e più natura. La direttrice politica del turismo provinciale, almeno per quanto riguarda i cosiddetti hotspot di maggior attrattiva ed aggregazione per i visitatori, che si tratti della piccola chiesetta di Funes o dell’arcinota valle di Braies e dell’omonimo lago «a un passo dal cielo», è ormai tracciata. Dal prossimo 10 luglio scatterà una sorta di numero chiuso: l’accesso in auto dalla statale della Pusteria alla valle di Braies sarà consentito solo fino a esaurimento posti dei archeggi (900 in tutto), poi stop fino alle 15. E anche i bus dovranno essere prenotati. «Siamo tutti d’accordo Provincia, comuni e Idm — ha infatti affermato ieri Friedrich Mittermair, sindaco di Braies — che gli hotspot turistici devono essere protetti e che, per questo, richiedono una gestione corretta ed intelligente dei visitatori, una mobilità sostenibile ed una stretta collaborazione da parte di tutti i partner coinvolti». Proprio di questo argomento, specifico per il Lago di Braies e l’omonima valle, vittime fino al 2018 di un assalto incontrollato di vacanzieri, moltissimi dei quali appartenenti alla categoria «mordi e fuggi», ma che in futuro potrebbe interessare anche altri luoghi della Provincia, come Curon Venosta, si è occupata la conferenza stampa cui hanno preso parte il vicepresidente provinciale Daniel Alfreider, l’assessora all’ambiente e al territorio Maria Hochgruber Kuenzer, il presidente di Idm Hansi Pichler e lo stesso sindaco di Braies Friedrich Mittermair, in cui è stata illustrata la nuova accessibilità contingentata pensata per l’estate 2020, a partire dal 10 luglio e che durerà fino al 10 settembre prossimo. I picchi del passato «Insieme dobbiamo fare del patrimonio Unesco Dolomiti di Braies un’esperienza sostenibile — argomenta l’assessore alla mobilità Daniel Alfreider —. Nel 2019 abbiamo concentrato l’attenzione su di una mobilità più rispettosa dell’ambiente, ma dobbiamo fare di più. L’offerta alla mobilità privata resterà attiva, affiancata però quest’anno da una più rigorosa limitazione degli accessi al lago». Da parte sua l’assessora Kuenzer ha presentato i dati 2018 che evidenziano proprio tale necessità: «Con l’accesso illimitato, nel 2018 da luglio a settembre, la valle di Braies ha subìto l’assalto di ben 1,2 milioni di visitatori. Una media di 9.936 persone al giorno durante l’estate fino al picco di 17.874 registrato in una giornata di agosto, un mese in cui sono stati contati ben 393.522 visitatori». Tutto ciò, come conferma lo studio di sostenibilità della Fondazione Dolomiti Unesco e come ha ribadito l’assessora Kuenzer «toglie fascino e unicità alla natura, riflettendosi sul visitatore, ma anche sulla società e sull’economia locali». Sul «meno è meglio» si sono detti d’accordo Kuenzer e Alfreider, affiancati anche da Hansi Pichler di Idm. «Il potenziamento della mobilità sostenibile e la chiusura parziale della strada sono stati un passo nella giusta direzione» afferma il responsabile del marketing territoriale altoatesino. Resta il fatto che, anche nel 2019, una media di circa 250.000 persone ha visitato mensilmente il lago durante l’estate. «Perciò sono necessarie ulteriori misure coraggiose, per salvaguardare questa natura che è il nostro capitale più importante» ha sottolineato infine Kuenzer. Auto «filtrate» L’illustrazione delle nuove misure che regoleranno gli accessi estivi 2020 è toccata al sindaco di Braies Mittermair. «Dal 10 luglio gli accessi motorizzati al lago, esclusi quindi escursionisti, pedoni e ciclisti, che valutiamo in un migliaio di persone al giorno, saranno rigorosamente contingentati, riducendo del 25% le visite rispetto ai dati del 2019, anche utilizzando i mezzi pubblici. Questo non precluderà però la visita di altri luoghi d’interesse, come Ponticello e Prato Piazza, che pure valgono la visita». Premesso che un trattamento a parte, con parcheggi molto limitati e prenotabili presso l’associazione turistica della valle, è stato riservato anche ai bus turistici, la mobilità privata dei non residenti in valle sarà limitata drasticamente al raggiungimento dei 900 veicoli che trovano posto nei parcheggi concessionati e controllati elettronicamente, fra il paese, le frazioni ed il lago. Per chi non vorrà rischiare, vi è anche la possibilità di prenotare e pagare il proprio parcheggio elettronicamente in anticipo via internet all’apposito sito attivato da Comune di Braies e Idm. Da quel momento l’accesso alla vallata sarà interdetto, fino alle ore 15 della stessa giornata mentre per gli ospiti di ristoranti, negozi e altri esercizi ci saranno permessi di transito, disponibili però su prenotazione, così come per i turisti che alloggiano in valle di Braies. I mezzi pubblici Contingentata e con prenotazione e pagamento online, anche la mobilità pubblica con meta il lago, sulla quale non sarà valida la carta dell’ospite. Dalle stazioni di Monguelfo (shuttle 439) e da quelle di Dobbiaco e Villabassa (shuttle 442) partono le linee dirette al lago di Braies, con prenotazione anticipata e pagamento obbligatorio fino al completamento dei posti disponibili per ogni corsa. A questo proposito, una quota di posti su ciascun mezzo verrà comunque riservata ai possessori di Alto Adige pass. Ulteriore possibilità: da Monguelfo partirà anche la nuova linea 443 per Prato Piazza con accesso fino a capienza raggiunta, senza necessità di prenotazione. Con questo mezzo, la fermata di Braies paese consentirà di raggiungere comunque a piedi, o con la bici noleggiata in loco, anche il Lago di Braies. «In questo modo — ha concluso il sindaco Mittermair — contiamo di contenere a circa 5.000 persone, rispetto alle 6.700 del 2019, gli accessi giornalieri al lago, migliorando la soddisfazione e la qualità dell’esperienza e della vita per tutti». All’indirizzo web www.braies.bz.it, video, informazioni e prenotazione ticket. Corriere dell'Alto Adige | 9 Luglio 2020 p. 4 Braies, domani numero chiuso

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BOLZANO Scattano domani le misure di contenimento del traffico al lago di Braies. In bici o a piedi l’accesso al lago è sempre possibile. «Per il traffico privato invece da domani fino al 10 settembre la circolazione sarà consentita fino al riempimento dei parcheggi, e poi solo dalle 15 in poi» spiega l’assessore alla mobilità Daniel Alfreider. L’alternativa è accedere in bus ma è necessaria la prenotazione fino a esaurimento posti anche se qualche posto rimarrà libero e riservato ai titolari di Alto Adige pass. «Le forme di mobilità sostenibile avranno sempre la priorità» chiarisce Alfreider Alto Adige | 10 Luglio 2020 p. 34 Braies, da oggi scattano i divieti per le auto Braies Partono oggi le azioni del «Piano Braies 2020»: accesso libero per pedoni e ciclisti, limitazioni per chi arriva in auto. Sono state attivate a questo scopo due linee di autobus. L'obiettivo di fondo è quello di ridurre il numero delle vetture ma anche le emissioni causate dalle auto: più silenzio, aria pulita e una nuova esperienza di natura sostenibile. Questo è lo scopo di fondo del Piano Braies, ossia il concetto di management per la mobilità sostenibile nella valle di Braies messo a punto da Provincia di Bolzano, Comune di Braies e Idm Alto Adige. Quest'anno il Piano Braies è stato ulteriormente ampliato. Questo fine settimana si partirà con le misure 2020, sulla base delle esperienze dello scorso anno, dei dati raccolti e dei primi risultati degli studi condotti in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco.Accesso libero per bici e pedoni, limitazioni alle autoIn bicicletta o a piedi l'accesso al lago è sempre possibile. Per offrire la possibilità a tutti di pedalare verso il lago sono stati aumentati i noleggi di biciclette a Braies, Villabassa e Monguelfo. Sul lago sono stati realizzati ulteriori parcheggi per biciclette. «Per il traffico privato invece dal 10 luglio al 10 settembre la circolazione sarà consentita fino al riempimento dei parcheggi, e poi solo dalle 15 in poi», ha detto l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider.Due linee di collegamento con il lago, una nuova linea per Prato Piazza.Da oggi, gli autobus della linea 439 e della linea 442 porteranno i visitatori al lago di Braies. Quest'anno però è necessaria una prenotazione online con pagamento online tramite un nuovo portale di Comune e Idm. Non appena i posti saranno al completo, non sarà più consentito accedere al lago con il bus. Per i titolari di AltoAdigePass sono riservati alcuni posti senza prenotazione online. Le limitazioni al traffico privato non si applicano ai residenti e ai vacanzieri della Valle di Braies. Per gli ospiti di ristoranti, negozi e altri, i permessi di transito sono disponibili su prenotazione - così come per gli ospiti della Valle di Braies. Di recente introduzione e attiva da venerdì è la linea di autobus (443) da Monguelfo a Prato Piazza. Può essere utilizzata da tutti senza prenotazione.Un'esperienza naturalistica.L'obiettivo è quello di rendere il lago di Braies e il Patrimonio mondiale Unesco delle Dolomiti di Braies accessibili in maniera sostenibile, limitando il numero quotidiano di accessi. Questo è il messaggio congiunto dell'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider, dell'assessora provinciale Maria Hochgruber Kuenzer, titolare della delega al patrimonio Unesco, del sindaco di Braies Friedrich Mittermair e del presidente di Idm Hansi Pichler, che ha recentemente presentato le idee guida e le azioni per quest'area. Le forme di mobilità sostenibile continueranno ad avere la priorità e a godere di agevolazioni. Il traffico privato invece sarà ulteriormente limitato. Ulteriori informazioni su come esplorare in modo sostenibile la Valle di Braies sono consultabili sul sito web dedicato al Piano Braies. Senza la fiction «Un passo dal cielo» - che ha portato a Braies 1,2 milioni di turisti in un anno - di sicuro ci sarà una contrazione degli arrivi. Corriere dell'Alto Adige | 11 Luglio 2020 p. 2 I divieti non fermano i turisti Da ieri in vigore i limiti al traffico: parcheggi pieni già alle 11.30 Silvia Da Damos BOLZANO A Braies è partito ieri il piano che prevede l’ingresso di massimo 900 auto al giorno in valle, misure che rimarranno in vigore fino al 10 settembre 2020. Ma le limitazioni, così come la pandemia, non scoraggiano i turisti italiani che come ogni anno vengono ad ammirare con i propri occhi il lago visto in televisione nella fiction «Un passo dal cielo». Ieri a Braies sembrava un venerdì di un luglio qualsiasi. Qui i timori di una drastica perdita del turismo a causa della pandemia sembrano infondati, e se non fosse per le mascherine che tutti portano al collo (o al braccio) sembrerebbe un’estate come tutte le precedenti, con le barche a remi che navigano sulle placide acque del lago e le famiglie o le coppie che passeggiano. È però entrato in vigore il cosiddetto «Piano Braies», che prevede che la strada di accesso alla valle rimanga aperta per le macchine solo fino al riempimento dei parcheggi, che sono 900, e poi di nuovo dalle 15 in poi. Il tutto accompagnato da un incremento dei mezzi pubblici. La ragione dei limiti alla circolazione è duplice: da una parte si cerca di garantire la sicurezza dei turisti a causa della crisi da Covid, dall’altra si cerca di tutelare l’ecosistema delle Dolomiti, patrimonio dell’Unesco dal 2009.

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I turisti mattinieri ieri sono riusciti senza problemi ad arrivare ai parcheggi dinanzi al lago che, intorno alle 11.30, erano già pieni. A quell’ora del mattino si è quindi immediatamente attivato il servizio a valle per segnalare la chiusura della strada, e un signore munito di paletta rossa ha iniziato a spiegare alle macchine in arrivo la situazione indirizzando tutti alla fermata dello shuttle. Ovviamente è sempre possibile raggiungere il lago a piedi oppure in bicicletta, ieri però, forse a causa dei temporali previsti nel pomeriggio, quasi tutte le persone che a valle si sono trovate davanti la strada chiusa hanno preferito utilizzare gli shuttle. I bus navetta sono due, la linea 439 parte da Monguelfo e ha 45 posti disponibili, mentre la linea 442 parte da Dobbiaco e i posti su ogni autobus sono 55. Sono da prenotare online e il prezzo per un viaggio (andata e ritorno) è di 10 euro per gli adulti e di 6 euro per i bambini di età compresa tra i 6 e i 13 anni, mentre il trasporto è gratis per chi ha meno di 6 anni. Pagano invece il biglietto gli amici a quattro zampe, per loro il costo è di 6 euro. «Oggi è venerdì quindi non ci sono stati problemi e tutti i turisti sono riusciti a trovare posto sulla navetta — spiega Lukas Patzleiner, che lavora all’ufficio di vendita dei biglietti —. Ma sabato e domenica i visitatori sono sempre più numerosi quindi conviene prenotare in anticipo il posto sul sito web». Quest’anno gli autobus hanno un numero massimo di passeggieri minore della capienza possibile per garantire il distanziamento, ma questo vale solamente per l’andata. Infatti per quanto riguarda il ritorno la necessità di rispettare la distanza sociale sembra venire meno e si possono fare delle eccezioni. Uno degli autisti infatti spiega: «In discesa se c’è una situazione particolare, ad esempio un forte temporale, siamo autorizzati a caricare tutti fino al riempimento dei posti della navetta». Chi lavora e vive a Braies spera che l’obiettivo di ridurre i turisti venga raggiunto, per tutelare la bellezza del posto e per garantire ai visitatori un’esperienza caratteristica. «Ovviamente con le limitazioni del traffico ci aspettiamo di lavorare meno, però i turisti non mancano — spiega un dipendente del bar davanti al lago —. Con il coronavirus ci aspettavamo una riduzione dell’afflusso più drastica». È felice e speranzosa una ragazza del posto di nome Silke: «È sicuramente più bello per i turisti vedere un lago non iper affollato, così come per noi del luogo». Corriere dell'Alto Adige | 24 Luglio 2020 p. 2 «Braies, stop alle auto legittimo: tutela l’ambiente» Il Tar dà ragione all’ordinanza della Provincia. L’hotel Pragser Wildse costretto a risarcire Aldo De Pellegrin Braies Nello scontro tra Provincia e hotel Pragser Wildse per la limitazione degli accessi alla valle di Braies, il Tar dà ragione alla prima, in quanto, si legge nella sentenza, la misura è «giustificata» in quanto legata all’esigenza di tutelare il patrimonio ambientale. I fatti risalgono all’estate dello scorso anno, quando la Provincia ed il Comune di Braies adottarono drastiche misure di calmierazione degli accessi alla valle di Braies ed all’omonimo lago che nell’agosto del 2018 avevano fatto registrare picchi di quasi 18 mila persone al giorno. A differenza di quella di quest’estate, che impone il divieto al raggiungimento della capienza massima dei parcheggi (circa 900) oppure dopo le 15, l’ordinanza di allora del presidente Arno Kompatscher prevedeva il divieto assoluto di accesso turistico automobilistico alla valle ed al lago «di Pietro», dalle 10 alle 15, indipendentemente dalla presenza in loco di parcheggi ancora liberi. Misura ritenuta illegittima e viziata da eccesso di potere da parte della Provincia dalla società proprietaria del complesso Hotel Pragser Wildse, che dispone e gestisce anche 318 piazzole di parcheggio. Di qui, nell’ottobre 2019, il ricorso al Tar per chiedere il riconoscimento di tale presunta illegittimità e, oltre all’azione di annullamento della delibera, anche un’adeguata azione risarcitoria per il mancato introito dei parcheggi. In giudizio si è costituita solo la Provincia, mentre il Comune di Braies, di cui la titolare dell’hotel Lago di Braies è anche assessore alla cultura, scelse di non costituirsi e di non comparire. A giugno il Tar, presieduto nell’occasione da Alda Dellantonio, ha trattato in maniera approfondita il ricorso, dando infine completamente ragione all’operato della Giunta, in quanto «la parziale limitazione della libertà di locomozione e di iniziativa economica è ritenuta giustificata quando derivi dall’esigenza di tutela rafforzata di patrimoni culturali ed ambientali e la gravosità delle limitazioni è giustificata anche alla luce del valore primario ed assoluto che la Costituzione riconosce all’ambiente, al paesaggio, alla salute». Alla società ricorrente è toccato rifondere le spese di lite alla Provincia, fissate in 2 mila euro oltre agli accessori di legge.

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MONDIALI 2021 e OLIMPIADI 2026 Corriere delle Alpi | 1 Luglio 2020 p. 32 Ghedina: «Cortina è pronta per il 2021: chiede solo di avere le giuste garanzie» CORTINA «Cortina è pronta ad ospitare i Mondiali già nel 2021». All'indomani della richiesta alla Federazione internazionale dello sci di far slittare la rassegna iridata al 2022, il concetto lo aveva comunque messo bene in chiaro lo stesso Alessandro Benetton, presidente della Fondazione. E oggi lo ribadisce il sindaco Gianpietro Ghedina.Domani ci sarà un incontro e si dovrebbe sapere se i Mondali si faranno nel 2021 o nel 2022...«Cortina è pronta per qualsiasi soluzione», sottolinea il primo cittadino, «noi abbiamo appoggiato sin dall'inizio le posizioni della Federazione italiana degli sport invernali. Ora attendiamo le decisioni definitive, ma Cortina è pronta e non tifa nè per l'una e nè per l'altra ipotesi».La richiesta presentata dalla Fisi a maggio di far slittare i Mondiali era legata alla pandemia. La situazione è cambiata?«La motivazione che aveva spinto a chiedere il posticipo dei Mondiali», spiega Ghedina, «era appunto il rischio di un persistere della pandemia. Parliamo infatti di una rassegna internazionale che vedrà a Cortina atleti e pubblico provenire da tutto il mondo. Oggi non possiamo sapere se fra sei mesi i voli saranno aperti, se il virus sarà debellato. Gli stessi scienziati impegnati a studiare la pandemia hanno idee contraddittorie. Tanti sostengono che il virus possa tornare con forza tra l'autunno e Natale. La sicurezza deve essere al primo posto e quindi si era pensato di andare al 2022».E, francamente, è difficile dire cosa sia cambiato da maggio ad oggi in tema di capacità di prevedere il contagio.Sulla richiesta di slittamento aveva inciso l'annullamento, quasi all'ultimo momento, delle finali di Coppa programmate a marzo. Questo è uno scenario che per i Mondiali si vorrebbe evitare. La Fondazione a marzo aveva già issato le tribune, montato le tende, recintato i tracciati, venduto alcuni biglietti. Alcune lavorazioni erano infatti iniziate con settimane di anticipo: annullate le gare, i costi per gli allestimenti sono rimasti. Sul tavolo ora ci sono tre ipotesi. La meno accreditata è che i Mondiali vengano spostati al 2022: contro questa idea ci sono varie Federazioni del nord Europa e vari atleti che non vorrebbero un Mondiale a poche settimane di distanza dalle Olimpiadi di Pechino 2022. C'è poi l'ipotesi che domani la Fis non decida e si prenda ancora tempo per verificare l'evolversi della pandemia; è c'è la possibilità, che sembra la più attendibile, che i Mondiali tornino nella collocazione originaria. In questo caso ci vorranno però garanzie chiare, perché Cortina non può rischiare di vedersi annullate le gare all'ultimo.«Noi vorremmo che i Mondiali fossero il primo grande evento dopo la pandemia», spiega Ghedina, «ma non dipende solo da noi. Le preoccupazioni restano in questa fase di incertezza, in quanto un evento senza pubblico sarebbe comunque un evento "monco". Mancherebbe l'indotto per il paese, e circa 4 milioni di euro dei proventi dei ticket. Ci affidiamo al grande lavoro che stanno portando avanti il presidente della Fisi, Flavio Roda, e tutti gli attori interessati. Cortina è pronta. Le infrastrutture sportive ci sono. Alcune sono già state inaugurate e testate come le piste da sci, la finish area a Rumerlo e la cabinovia del Col Drusciè. Altri lavori sono in corso e saranno terminati per dicembre. Il nodo sulla viabilità, legato alle varianti Anas», conclude Ghedina, «non si scioglierebbe invece nemmeno per il 2022. La richiesta di slittamento non era assolutamente motivata da ritardi nei lavori. Le opere per le gare saranno pronte, le varianti purtroppo hanno vistosi ritardi e dovrebbero essere concluse tra il 2023 o 2024». --alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 1 Luglio 2020 p. 32 Zaia: «Resto della mia idea Meglio il rinvio di un anno» CORTINA Luca Zaia, presidente del Veneto, continua a sperare che i Mondiali di sci slittino al 2022. Troppo forte è la preoccupazione di un ritorno della pandemia e, pertanto, della possibilità di portare in pista quegli spettatori che dovrebbero assicurare almeno 5 milioni di introiti. Nella malaugurata ipotesi che l'evento si dovesse svolgere a porte chiuse, è evidente che le autorità sportive si aspettano analogo risarcimento dal Governo. «Sono colui che ha sostenuto il presidente Roda e il presidente della Fondazione, Alessandro Benetton, per tentare di spostare i Mondiali di sci al 2022. Se torna l'infezione possiamo fare i Mondiali a porte chiuse? Meglio il 2022», ha detto ieri Zaia, «perché ci dà più tranquillità, perché il 2021 significa gennaio: se c'è l'infezione c'è anche il rischio che ce li annullino. Credo ci sarebbero difficoltà a livello di calendario internazionale e quello è un problema. Portare i Mondiali al 2022 sarebbe la soluzione migliore, se ci tocca li faremo nel 2021. Vi ricordo che hanno annullato le Olimpiadi di Tokyo». «Le istanze espresse dal presidente Roda sono condivisibili e vanno incoraggiate», sottolinea il ministro bellunese Federico D'Incà. «Se la Fis il 2 luglio deciderà di proseguire con l'organizzazione dei Mondiali di sci nel 2021, noi sosterremo la scelta e ci faremo trovare pronti. Il Governo sta lavorando ininterrottamente e anche nel periodo di lockdown ci siamo confrontati costantemente con la Fisi, cercando anche di ascoltare le ragioni degli atleti. Senza ostacoli di altra natura, compatibilmente con l'andamento dell'epidemia, non ci sono ragioni per rimandarli. Saranno un banco di prova anche in vista delle Olimpiadi del 2026».Anche il presidente della Provincia,

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Roberto Padrin, è sintonizzato sulla stessa lunghezza d'onda, però rassicura che «siamo comunque pronti». Senz'altro come impianti sportivi, in gran parte anche come strade (per il 2022 ci sarebbe l'opportunità di disporre delle curve rettificate della statale Alemagna a Castellavazzo). Ogni altra struttura, invece, traguarderà il 2024, in particolare le quattro varianti di Cortina, San Vito, Vai e Valle. «La paura è quella della pandemia, di un ritorno del rischio-contagi, che peraltro», sottolinea Padrin, «riguarda tutto il mondo. Siamo, dunque, allarmati, ma se il vaccino arriverà e si materializzeranno altre circostanze più favorevoli, potrebbe anche accadere di vivere uno straordinario evento sportivo, uno dei più grandi appuntamenti del post pandemia». Tutti al lavoro, dunque, da giovedì, "pancia a terra" come dice Zaia, per ultimare i penultimi lavori, ammonisce Padrin. Il quale, pur preferendo il 2022, non nasconde che la conferma del prossimo febbraio potrebbe risultare un incentivo alla fiducia». --F. D. M. Trentino | 2 Luglio 2020 p. 20 «Per i mondiali di Cortina rovinano le Dolomiti» TRENTO «I mondiali di sci di Cortina 2021? La distruzione pianificata della montagna». L'allarme arriva da Mountain Wilderness Italia che sulle infrastrutture che vengono realizzate in questi mesi a Cortina ha pubblicato un dossier, diffuso ieri dall'ambientalista trentino Luigi Casanova.Sul fronte della pista di slalom speciale l'associazione ambientalista non ha usato mezzi termini: «Nonostante fossimo preparati a scenari devastanti mai avremmo previsto quanto abbiamo potuto documentare in un sopralluogo condotto sull'area di svolgimento dei mondiali di sci alpino 2021 a Cortina d'Ampezzo (o forse 2022, questo si saprà a giorni). Purtroppo abbiamo assistito a un scenario impressionante: l'intero versante della Tofana di Mezzo è già oggi sconvolto sia dal punto di vista naturalistico che paesaggistico. Certo, le nuove piste aperte o quelle raddoppiate di ampiezza feriscono, ma la distruzione che offende ogni sensibilità riguarda in modo sconcertante, assurdo, per lo più quanto sta avvenendo sul fronte della viabilità. La zona sciistica era già penetrata da una strada asfaltata, larga circa 7 metri: più che sufficiente per permettere il transito in sicurezza dei mezzi pesanti e delle macchine operatrici. Questa strada sta per essere allargata fino a 9 metri, in alcuni punti supererà i dieci metri specie in prossimità dei tornanti (stiamo parlando di un paesaggio forestale) sono stati tagliati centinaia di abeti e larici secolari, decine di pini cirmoli. Con questo documento vogliamo ricordare come le istituzioni avevano sostenuto la candidatura della cittadina alpina ai mondiali 2021 definendoli i "primi mondiali sostenibili al mondo"». Corriere delle Alpi | 2 Luglio 2020 p. 29 Casanova: «La nuova viabilità distrugge la Tofane di Mezzo» CORTINA «Le foto sono eloquenti: i Mondiali di sci non sono affatto sostenibili sul piano ambientale». Le testimonianze video sono state raccolte dagli ambientalisti di un gran numero di associazioni e dimostrano sbancamenti nel cuore dei boschi di Cortina. «Nonostante fossimo preparati a scenari devastanti, mai avremmo previsto quanto abbiamo potuto documentare in un sopralluogo condotto sull'area di svolgimento dei Mondiali di sci alpino», riferisce per tutti Luigi Casanova. «Purtroppo assistiamo a uno scenario impressionante: l'intero versante della Tofana di Mezzo è già oggi sconvolto sia dal punto di vista naturalistico che paesaggistico».Certo, le nuove piste aperte o quelle raddoppiate di ampiezza feriscono, ma la distruzione che offende ogni sensibilità, in modo sconcertante e assurdo, è quella portata avanti per gli interventi relativi alla viabilità, a sentire ancora Casanova. La zona sciistica era già penetrata da una strada asfaltata, larga circa 7 metri: più che sufficiente per permettere il transito in sicurezza dei mezzi pesanti e delle macchine operatrici. «Questa strada sta per essere allargata fino a 9 metri, in alcuni punti supererà i dieci metri specie in prossimità dei tornanti (stiamo parlando di un paesaggio forestale), si sono tagliati centinaia di abeti e larici secolari, decine di pini cirmoli. Si sono aperte nuove strade definite bypass, anche queste larghissime».In alcune situazioni troviamo, accanto alla viabilità esistente, nuova viabilità parallela, fino a tre direttrici in meno di cento metri di dislivello. Nella zona del Rumerlo, dove vi sarà l'arrivo delle gare di velocità, si sta costruendo un enorme piazzale che ospiterà la tribuna d'arrivo e il parcheggio.«Si sta lavorando su un'area umida di grande pregio che era già da tempo utilizzata dal locale mondo impiantistico in modo irresponsabile e privo di sensibilità ambientale. Laddove vi sarà l'arrivo si lavora su terreno di riporto, infatti tre mesi fa le opere già realizzate avevano avuto cedimenti strutturali irreversibili. È sufficiente vedere le fotografie: piante che si piegano, il terreno che si apre e cede a valle».Per recuperare questo danno si sono moltiplicati i murazzi di sostegno della viabilità arrivando a cementificare per centinaia di metri e si sono costruite alte scogliere (fino a 8 metri) di massi impressionanti. Gli ambientalisti asseriscono che la richiesta dello spostamento dei Mondiali al 2022 è motivata «soltanto dal fatto che le opere non saranno concluse entro l'inverno del 2020: dall'accoglienza nelle zone degli arrivi alla viabilità di accesso (per le circonvallazioni si parla addirittura del 2024)». --Francesco Dal Mas

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Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2020 p. 2 Sulle Tofane e in piena sicurezza Mondiali di sci confermati nel 2021 Alessandra Segafreddo Cortina I Mondiali di sci di Cortina saranno il primo grande evento post Covid. Si disputeranno a febbraio dell'anno prossimo, nella massima sicurezza ma senza rinunciare a pubblico, feste e cerimonie di premiazione. La conferma è arrivata ieri pomeriggio dal Consiglio della Federazione internazionale dello sci (Fis): niente slittamento al 2022, Mondiali confermati dall'8 al 21 febbraio 2021. E garanzia, da parte della Fis, per un massimo di 10 milioni di franchi svizzeri, in caso di cancellazione dell'evento per un eventuale ritorno dell'epidemia coronavirus.La garanziaL'Italia infatti non poteva rischiare di vedersi annullato l'evento sotto data, come successo a marzo con le Finali di Coppa del mondo. Il presidente della Fisi Flavio Roda, in collaborazione con tutti gli attori coinvolti (Federazione internazionale, Fondazione Cortina 2021, Infront, governo, autorità regionali, provinciali e comunali e le categorie imprenditoriali del territorio) ha chiesto quelle garanzie che sono arrivate. «La Fis ha deciso di sostenere finanziariamente la Federazione italiana per un massimo di 10 milioni di franchi svizzeri», dichiara il presidente della Fis, Gian Franco Kasper, «in caso di cancellazione dei Mondiali per un ritorno dell'epidemia da Covid. È una forma di garanzia che la Federazione ha voluto dare all'Italia, auspicando che non ce ne sia bisogno e che il Mondiale si disputi regolarmente. Siamo molto felici per la soluzione trovata per i Mondiali del 2021 a Cortina e che le gare possano rimanere nelle date originali. Il Mondiale sarà l'evento principale della stagione».contatti serratiIl 24 maggio Roda aveva presentato alla Fis la richiesta di posticipare i Mondiali ampezzani al 2022. Richiesta spinta dalla situazione legata al Coronavirus e dalla volontà di non vedersi cancellato l'evento che avrebbe causato la perdita di oltre 30 milioni di euro. I contatti in queste settimane sono stati serrati e si è deciso di tornare al 2021, come fortemente voluto dalla Fis, che però ha dato assicurazioni finanziarie. «La Fisi, come è sempre stato negli ultimi cinque anni, ha raccolto le volontà di tutte le realtà interessate al Mondiale di Cortina», spiega Roda, «e ha registrato una forte spinta a realizzare l'evento nel 2021 e a mettere a disposizione risorse perché tutto si possa fare al meglio. La Federazione si è dunque fatta interprete di queste volontà e ha espresso al Consiglio Fis l'esigenza italiana di avere l'opportunità di un rilancio importante, un segnale per tutto il Paese».La FondazioneLa Fondazione Cortina 2021 prende atto della decisione e continua a lavorare per organizzare al meglio i Campionati. Lo spettacolo del grande sci internazionale si darà quindi di nuovo appuntamento nella Regina delle Dolomiti, in una kermesse sportiva che vedrà anche l'attesissimo ritorno delle competizioni maschili all'ombra delle Tofane. «Con la nostra disponibilità a posticipare l'evento», dichiara il presidente Alessandro Benetton, «volevamo dare il tempo a tutto il sistema locale, nazionale ed internazionale per fare un capolavoro. Ma saremo pronti in ogni caso, dimostrando che un Mondiale può cambiare la storia di un territorio nonostante le avversità».«Abbiamo lavorato duramente e senza sosta nel corso degli anni, senza fermarci nemmeno durante i mesi più duri dell'emergenza Coronavirus: la squadra è pronta e stiamo terminando le ultime rifiniture alle infrastrutture per ospitare le competizioni», continua. «La legacy infrastrutturale che i Campionati del mondo di sci 2021 lasceranno al territorio è già realtà».Le infrastrutturePer ospitare al meglio l'appuntamento sportivo, grazie al lavoro di Fondazione Cortina 2021, di concerto con Luigi Valerio Sant'Andrea - Commissario governativo ad acta - e delle istituzioni locali, sono stati realizzati impianti e infrastrutture, sportive e non, secondo un preciso piano d'interventi: le principali opere infrastrutturali si sono concentrate nel comprensorio della Tofana, dove si trovano i tracciati su cui si disputeranno le competizioni.«Sono stati già portati a termine gli interventi di restyling e ammodernamento sulle piste Olympia, Vertigine, Druscié A», elenca Benetton, «è nata una nuova pista, la Lino Lacedelli alle 5 Torri, la prima pubblica in Italia dedicata agli allenamenti e alle gare, completa di tutti gli allestimenti di protezione; è stata già realizzata e inaugurata una nuova cabinovia Cortina-Col Drusciè "Freccia nel cielo", che ha visto il virtuoso investimento pubblico-privato; è stato completato un modernissimo sistema antivalanghivo per la messa in sicurezza dell'area Pomedes - Ra Valles dal rischio slavine; ed è stata ridisegnata e completata la Finish area di Rumerlo, per renderla adatta ad ospitare anche altri eventi, destagionalizzando l'offerta sportiva e turistica di Cortina».«Proseguono», conclude, «le ultime fasi di completamento di altre infrastrutture: prima dell'inverno si conta di poter terminare i lavori della nuova cabinovia Son dei Prade - Bai de Dones, un impianto che permetterà di alleggerire il traffico verso il Falzarego, consentendo una fruizione più sostenibile dell'area sciistica delle Tofane. Cortina è pertanto pronta ad organizzare i Mondiali». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2020 p. 4 Cantieri per i Mondiali di sci, la sezione Cai preoccupata per l'impatto sull'ambiente CORTINA Adesso la questione dei presunti abusi ambientali si fa davvero dura. A mobilitarsi non sono soltanto le associazioni - che, fra l'altro, hanno annunciato un video che girerà il mondo, ed un ricorso alla Commissione europea per il mancato rispetto di talune direttive -,

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ma scende in campo anche il Cai di Cortina, storicamente apprezzato per la sua moderazione su temi tanto delicati, ma anche impegnato nella protezione del contesto ambientale. «Auspico che gli Enti amministrativi, Comune e Regole - afferma la presidente Paola Valle -, preposti al controllo del territorio nonché l'Unesco (ecco il passaggio più delicato, ndr) si attivino per una maggiore e più puntuale verifica di quanto è in atto sul nostro prezioso ambiente». La sezione ampezzana del Cai si dice "preoccupata" per l'impatto dei cantieri sul territorio. «Basta fare un giro tra Gilardon, Col Fiere, Rumerlo e Cinque Torri per realizzare amaramente come l'aspetto ambientale sia lasciato in secondo piano».Altro che Mondiali della sostenibilità, di cui tutti si sono riempiti la bocca; altro che Carta di Cortina; altro che esempio da proporre per l'organizzazione dei grandi eventi. Il Cai, che non è un'organizzazione fondamentalista, s'indigna e, appunto, protesta. «Ora che la neve non c'è più sui luoghi dei cantieri - insiste la presidente - sono emerse, come nella zona di Col Fiere, gli impatti dei lavori. Un paesaggio che non può lasciare indifferenti coloro che amano la montagna, in estate e in inverno». Che dire poi - si chiede ancora Valle - della ferita impressa nei prati sopra la frazione di Gilardon? Con la scusa di una strada provvisoria per bypassare la frazione, si è provveduto ad incidere profondamente il territorio, quando rileva la presidente - si potevano trovare soluzioni più idonee, a minor costo e di maggiore utilità. Il Comune, le Regole, l'Unesco non hanno visto proprio nulla? Ma il Cai, come gli ambientalisti, guardano avanti. Il ventilato carosello di collegamento tra Fodom e Cortina, con impianti impattanti sui territori "sacri" come il Col di Lana e preziosi per l'unicità (Passo Giau) non sanno da fare. Anche se questi impianti sono auspicati, insiste ancora la presidente, ai livelli più alti. La reazione del Cai è così severa che la presidente Valle non nasconde neppure l'autocritica. Straordinario l'impegno degli associati per conservare la sentieristica ed educare all'alpinità, ma «quello che invece il Cai ha trascurato è il controllo di quanto sta avvenendo in questo periodo sul proprio territorio». Il Cai regionale, con la presidenza di Renato Frigo, sembra sintonizzato sulla stessa lunghezza d'onda. Evidentemente, par di capire, si è esagerato.Qualche concessione all'evento sportivo ambientalisti ed alpinisti l'avevano fatta, all'inizio di questa "storia", mettendo però le mani avanti: se non si rispetta la Carta di Cortina ci faremo sentire. Oggi Cai ed associazioni si sentono traditi. A fine della scorsa settimana hanno fotografato e filmato tutto. L'immagine della "regina delle Dolomiti" che passerà ora sul web è quella che proprio nessuno vorrebbe vedere. --Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2020 p. 4 Gli albergatori cortinesi «Grossa opportunità» CORTINA Gli albergatori di Cortina non sono stati colti alla sorpresa dall'annuncio che i Mondiali di sci sono stati confermati per il prossimo febbraio. E sono tutti impegnati - come conferma la presidente Roberta Alverà - perché riescano alla meglio.«Era nell'aria già da qualche giorno il fatto che non avrebbero spostato i Mondiali - precisa -. Infatti noi abbiamo mandato già alla metà di giugno alla Fondazione la possibilità di riconsiderare alcune clausole contrattuali che legano l'ospitalità alberghiera all'organizzazione dei Mondiali di Sci. Proprio perché crediamo fortemente che il Mondiale sia un patrimonio della nostra località e vada organizzato come l'evento e il territorio meritano. Covid permettendo naturalmente».In sostanza gli albergatori fanno di necessità virtù. Lo conferma anche il presidente provinciale di Federalberghi, Walter De Cassan. «Il mancato rinvio può rappresentare, se tutto va bene, una grossa opportunità incentivante per l'accoglienza. Che - afferma il presidente - mi pare assolutamente pronta a fare la sua parte».Se un rammarico De Cassan lo ammette è quello per cui le opere accessorie non saranno del tutto completate. «Speriamo - sospira con un pizzico di ironia - che lo siano almeno per le Olimpiadi». Per i Mondiali di sci Cortina si presenterà anche con due gestioni riqualificate, al Savoia e all'Ancora. «Sono sicura - afferma la presidente Alverà - che i nostri alberghi si presenteranno all'appuntamento in grande spolvero». --FDM Corriere delle Alpi | 4 Luglio 2020 p. 19 Osservatorio per il 2026 C'è anche il Cai nazionale CORTINA Entrare con propri membri designati nell'Osservatorio per i lavori delle Olimpiadi invernali del 2026. Il Cai si è già mosso a livello nazionale per un controllo dei lavori e degli impatti sull'ambiente di montagna in vista dei Giochi Olimpici del 2026. La delibera è del 14 febbraio, data in cui il Consiglio direttivo centrale del Cai si è riunito e ha nominato i propri quattro rappresentanti all'interno del gruppo di lavoro interassociativo "Osservatorio Olimpiadi invernali 2026". La nomina è avvenuta «in seguito di prese di posizione anti-Olimpiadi da parte di alcuni componenti dell'Osservatorio del Parco nazionale dello Stelvio, si legge nella delibera. «Si è deciso di affidare ad Oscar Del Barba l'incarico di monitorare le attività e l'organizzazione delle Olimpiadi invernali 2026 al fine di consentire un rapido intervento in caso di necessità».I componenti del Cai nominati a far parte dell'Osservatorio, assieme alle delegazioni delle Associazioni Ambientaliste in rappresentanza delle Regioni interessate all'evento, sono Roberto Andrighetto, Oscar Del Barba, Elena

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Guella, Matteo Isotton e Luigi Spagnolli. Prima ancora del Cai di Cortina, che ha espresso in questi giorni la propria preoccupazione per l'impatto sull'ambiente dolomitico dei lavori per i Mondiali e per i Giochi Olimpici del 2026, si era già mosso dunque il Cai nazionale. Paola Valle, presidente della sezione di Cortina d'Ampezzo, aveva fatto una autocritica per aver, all'interno dell'attività del Club, «trascurato il controllo di quanto sta avvenendo in questo periodo sul proprio territorio». --Marina Menardi Gazzettino | 4 Luglio 2020 p. 2-3 edizione Belluno, segue dalla prima Zaia: “E dopo i Giochi, il treno delle Dolomiti” BELLUNO «Le Olimpiadi di Cortina 2026 cambieranno la storia della montagna bellunese». Il presidente della Regione, Luca Zaia, traccia il futuro della provincia di Belluno. Un futuro fatto di grandi eventi, dai Mondiali 2021 alle Olimpiadi 2026, e di investimenti. Partiamo dai Mondiali: alla fine si faranno nel 2021, nonostante lei fosse per il rinvio. «Questi Mondiali li abbiamo voluti con la determinazione di una coppia che non riesce ad avere un figlio. Abbiamo perso sette volte la candidatura. Ricordo che ero a Barcellona nel 2014, proprio per la candidatura, quando in Veneto sono scattati gli arresti per il Mose. Non dimenticherò mai quella giornata, diventata un trauma personale. Per questo ritenevo fosse più prudente investire nel rinvio al 2022. Nel caso in cui dovesse tornare il Covid nella migliore delle ipotesi si gareggerà a porte chiuse, nella peggiore vengono cancellati. In ogni caso parliamo dei Mondiali di sci, non di una garetta scapoli ammogliati. Perché qui siamo abituati bene tra Mondiali e Olimpiadi». Parliamo della gara a cinque cerchi. Cosa cambierà per Belluno? «Le Olimpiadi a Cortina arrivano perché è un'idea mia. Io ho fatto la domanda, lo chiarisco perché non ci siano dubbi su questo. Non c'era scritto da nessuna parte che dovevo candidare Cortina. Potevo starmene tranquillo. Lo dico non perché sono un esaltato, ma perché vorrei far capire che presentare una domanda come questa esponeva anche al rischio di perdere tutto. Si trattava di gettare il cuore oltre l'ostacolo, mettendoci oltre alla faccia anche qualche altra parte del corpo. I bellunesi devono essere orgogliosi di questo evento». Ma sul fronte infrastrutture per i Mondiali non saremo pronti. «Ricordo che non sono cantieri nostri ma di Anas, questo non toglie che la preoccupazione ci sia. Comunque i progetti vanno avanti. Il nostro obiettivo sono i Mondiali 2021 ma poi abbiamo le Olimpiadi. Ovvio che Belluno vive il problema di un territorio poco popoloso con le difficoltà di un territorio montano». Altra questione mai risolta è quella del treno delle Dolomiti, il territorio è molto diviso sui tracciati. La Regione quale appoggia? «Abbiamo pronto lo studio, fatto in maniera indipendente sui quattro tracciati. È bene che ci sia stata una digestione lenta. Come al solito, quando io parto con questi progetti tutti mi dicono che è un'utopia, una presa in giro. È successo con i Mondiali e si è ripetuto con le Olimpiadi. Se altri ci credessero di più potremmo fare tutto più in fretta. Io penso che il treno delle Dolomiti debba essere ripristinato. Sicuramente per portare i turisti fino a Cortina ma anche valutando, se avessimo tante risorse, la creazione di un anello di visita delle Dolomiti. Abbiamo le montagne più belle del mondo: non è facile da realizzare ma se riuscissimo avremmo una novità da paura». Rimaniamo sul fronte opere. Gli industriali non arretrano sulla richiesta di uno sbocco a nord. «Penso che ci sia un doveroso rispetto nei confronti di chi ha una sensibilità ambientale e che avanza delle perplessità. Io faccio parte di quelli che sostengono che il ragionamento debba essere portato avanti, ma non come una battaglia tra guelfi e ghibellini. Parto da un assunto: se Belluno fosse collegata a Monaco, nel vecchio tracciato erano 213 chilometri, Belluno entrerebbe a pieno titolo nella Mitteleuropa. Tutta la Baviera si riverserebbe a sciare a Belluno. Cambierebbe il mondo. Dopo di che c'è chi dice che il mondo non deve cambiare, ne prendo atto. Questa provincia perde mille abitanti all'anno, a me sembra un fatto grave». Come si inverte la rotta? Come si fanno rimanere i bellunesi a Belluno? «I veri temi per risollevarla sono i grandi eventi, le Olimpiadi, i Mondiali. Non bastano le idee che hanno risvolto economico pari a zero ma penso anche che questo territorio non possiamo riempirlo di fabbriche, la prima fabbrica deve diventare il turismo. Altre comunità in giro per il mondo lo hanno fatto». Sul fronte dei collegamenti intervallivi ci sono novità? «Sosteniamo i collegamenti con Civetta e con Arabba. Vorrebbe dire, se riusciremo a realizzarli, che avremmo il doppio del circuito del Sella Ronda». Ma a Livinallongo sono contrari. «La perplessità in democrazia è da rispettare. Detto questo, cinema o gelato. Possiamo anche decidere che la montagna debba essere mummificata ma dobbiamo prevedere di spostare i cittadini e portarli altrove. Facciamo il mega parco senza neanche il boscaiolo che va a tagliare le piante. Può essere una visione, io sono per la natura, per la salvaguardia di flora e fauna e vorrei ricordare che l'uomo è una specie animale, che in montagna è in via d'estinzione». Altro tema caldo il collegamento sciistico del Comelico con la Pusteria, su questo fronte come si schiera la Regione? «Io sono sostenitore del collegamento con la Val Pusteria. Alla fine avremo ragione ma è valsa la pena perdere tutto questo tempo? Il Comelico senza quel collegamento, lo scriva pure, è morto». C'è poi il capitolo sanità. Cosa sta facendo il Veneto per la sanità bellunese?

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«È bene dire una cosa: questa provincia, nonostante l'adagio popolare, ha avuto un occhio assolutamente di riguardo, dati alla mano, da parte della Regione. Oltre a non aver chiuso niente abbiamo inaugurato sale operatorie e terapie intensive a Feltre dove abbiamo speso 40 milioni di euro. Nel 2010 quando sono arrivato ho trovato le proteste per le riforme. Io inviterei tutti ad andare da chi ha raccontato per dieci anni che chiudevamo gli ospedali e chiedere loro se hanno la lista degli investimenti che abbiamo fatto. Se vogliono gliela diamo. Siamo, inoltre, l'unica Regione che non applica tasse. Sulla sanità montana si può fare di più, non c'è dubbio. Ma abbiamo la coscienza pulita». E nel futuro della sanità bellunese cosa c'è? «Attenzione che da qui ai prossimi anni dovremmo investire ancora e rendere più performante la sanità. Passiamo da una sanità analogica a una sanità digitale. I territori poco popolosi, dove le distanze sono un limite, saranno molto aiutati da questa sanità digitale. Il mondo va verso la telemedicina, ci sono nuove tecniche di indagine e su questo investiamo». Belluno sarà la prima provincia ad avere questi benefici? «Sicuramente sarà la prima provincia dove questo effetto della sanità del futuro si coglierà. I bellunesi si fidino: dopo dieci anni posso dire che uno è in grado di valutare cosa ho detto e cosa ho realizzato in questi dieci anni». C'è poi la questione Vaia, di cui lei è commissario straordinario. A che punto siamo con i lavori? «Stiamo rifacendo il lago di Alleghe nuovo, stiamo rifacendo i Serrai di Sottoguda. Abbiamo portato in triennale quasi un miliardo di euro di cantieri. Belluno è un formicaio di cantieri della Regione. Per questo dico che bisogna uscire da questo fado». Cioè? «Il 50 per cento dei fondi di sviluppo rurale sono destinati alla montagna veneta. Lo chiamo fado perché sta diventando una leggenda metropolitana. Ricordo che Vaia ha raso al suolo 100mila ettari e noi siamo pronti con le opere». L'impressione è che i problemi di questa provincia non siano legati ai soldi. Allora cosa manca? «Io dico che i bellunesi sono eccezionali, perché sono innamorati della loro terra. È un grande merito, non è scontato. Pro capite, gli investimenti fatti li non li abbiamo fatti da nessun'altra parte e continueremo. Per questo dico finiamola, perché il rischio diventa quello di continuare a piangersi addosso. Se continuiamo sul piano autolesionista finisce che qualcuno ci crede. Invece dobbiamo essere orgogliosi di questa provincia». Andrea Zambenedetti © riproduzione riservata Corriere delle Alpi | 8 Luglio 2020 p. 30 Ambientalisti, "marcia funebre" sui siti «manomessi per i Mondiali» CORTINA Gli ambientalisti non desistono. Per il 19 luglio hanno organizzato una "marcia funebre" con tanto di "De profundis" per quei siti del contesto cortinese «che sono stati manomessi dalla costruzione degli impianti per i Mondiali 2021».Partenza alle 9, 30 dal piazzale antistante la Alexander Hall e arrivo a Cianzopé (partenza strada per rifugio Cinque Torri). Aderiscono Mountain Wilderness Italia, WWF Terre del Piave Belluno-Treviso, Ecoistituto del Veneto "Alex Langer", Italia Nostra sezione di Belluno, comitato Peraltrestrade Dolomiti, Gruppo promotore Parco del Cadore. Un esempio del contestato scempio? «Nella zona di Rumerlo, dove ci sarà l'arrivo delle gare di velocità», spiega Luigi Casanova di Mw, «si sta costruendo un enorme piazzale che ospiterà la tribuna d'arrivo e il parcheggio. Si sta lavorando su un'area umida di pregio che era già da tempo utilizzata dal locale mondo impiantistico in modo irresponsabile e privo di sensibilità ambientale. Laddove vi sarà l'arrivo si lavora su terreno di riporto; e tre mesi fa le opere già realizzate avevano avuto cedimenti strutturali irreversibili».La marcia si snoderà su strada e sterrato toccando i luoghi ove sono stati fatti o sono in corso di realizzazione i principali interventi, e permetterà ai partecipanti di constatare da vicino la portata delle conseguenze sull'ambiente e sul paesaggio di quelli che, in evidente malafede, erano stati annunciati come "eventi a impatto zero". A suo tempo le associazioni, in previsione di un incontro con i rappresentanti della Fondazione 2021, avevano elaborato una "Carta verde di Cortina", in alternativa alla "Carta di Cortina", «che nella sostanza si limitava ad affrontare aspetti marginali dell'evento. Formalmente bene accolta, la nostra "Carta" è stata poi ignorata. Con questa marcia le associazioni, che nonostante l'impegno non sono riuscite a incidere sulle scelte e neppure a limitare il danno, ribadiranno la loro netta presa di distanza da questo modo di operare», dicono gli organizzatori.Sul tema è intervenuta anche la sezione del Cai di Cortina, che ha raccolto centinaia di adesioni in tutta Italia.«Con la manifestazione non ci limiteremo a condannare quanto è avvenuto, e un dossier lo invieremo presto anche alla Commissione europea, ma», avverte Casanova, «vigileremo perché nei cantieri che restano da fare ci sia rispetto per l'ambiente».Una delegazione di ambientalisti ha già raccolto un'ampia documentazione, anche fotografica e video.«L'intero versante della Tofana di Mezzo è già oggi sconvolto sia dal punto di vista naturalistico e sia paesaggistico. La zona sciistica era già penetrata da una strada asfaltata, larga circa 7 metri: più che sufficiente per permettere il transito in sicurezza dei mezzi pesanti e delle macchine operatrici. Questa strada sta per essere allargata a 9 metri, in alcuni punti supererà i dieci». --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Corriere delle Alpi | 9 Luglio 2020 p. 30 Il Dolomiti Superski al fianco di Cortina su Mondiali e Olimpiadi CORTINA «Spero che i Mondiali di sci di Cortina siano il più grande evento internazionale dopo la pandemia». Parola di Sandro Lazzari, presidente del Dolomiti Superski, il comprensorio sciistico che riunisce le 12 valli delle Dolomiti e che è tra i partner territoriali della Fondazione Cortina 2021.«Da sempre, Dolomiti Superski, del quale la zona sciistica di Cortina fa parte fin dalla fondazione nel 1974, vede nei campionati del mondo di sci alpino 2021 e ancora più in là nei Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026, un palcoscenico di immenso valore per tutto il territorio delle Dolomiti», sottolinea Lazzari. «Sono due occasioni che daranno impulsi importanti all'economia e con essa alla società civile montana intera, permettendo di realizzare opere di grande valore, con lungimiranza anche in termini di sostenibilità». Il presidente Lazzari sottolinea l'importanza della costruenda cabinovia Son dei Prade-Bai de Dones, che collegherà direttamente Cortina all'area sciistica delle Cinque Torri e alle altre aree centrali di Dolomiti Superski. «Questo impianto, a emissioni zero, permetterà di ridurre notevolmente il traffico motorizzato verso Passo Falzarego, valorizzando da un lato l'offerta turistica invernale ed estiva e dando anche un contributo alla riduzione del traffico, del rumore e del CO2 prodotto». «Auspico», conclude la disamina del presidente Lazzari, «che la crisi a seguito della pandemia da Covid-19, che già ha costretto gli organizzatori di Cortina 2021 a rinunciare alla prova generale dei Mondiali, dovendo cancellare le finali di Coppa del mondo nel marzo scorso, possa rientrare al più presto, permettendo così di ultimare quanto ancora in fase di rifinitura, così da poter vivere tutti insieme, il prossimo anno, questo grande evento sportivo internazionale nelle Dolomiti». --A.s. Corriere delle Alpi | 12 Luglio 2020 p. 28 «Troppe fake news: curare il territorio è la nostra priorità» CORTINA «Troppe fake news, noi orgogliosi della nostra responsabilità ambientale». Così Valerio Giacobbi, ad della Fondazione Cortina 2021, intende fare chiarezza sui progetti in corso per la rassegna iridata che nei giorni scorsi hanno scatenato le ire degli ambientalisti e anche le perplessità del Cai Cortina. «TUTTO IN PERFETTA REGOLA» «Tutte le opere realizzate o in corso di ultimazione per i Mondiali», sottolinea Giacobbi, «hanno sempre seguito il regolare iter di progettazione, valutazione e realizzazione previsto dalle normative vigenti. C'è poi un commissario ad acta, Luigi Valerio Sant'Andrea, che, in virtù della legge 50 del 2017, ha il compito di provvedere al piano di interventi per assicurare la realizzazione del progetto sportivo. Il commissario, in qualità di stazione appaltante, ha promosso ben 6 conferenze dei servizi per raccogliere i pareri di tutti i soggetti competenti in merito ai progetti prospettati. Inoltre la Fondazione ha promosso, insieme al Comune di Cortina, alle Amministrazioni competenti e ad altre realtà territoriali come le Regole e le associazioni di categoria, la formazione del Piano degli interventi concordato con il commissario di governo. Noi portiamo avanti in maniera condivisa un progetto importante per il futuro del territorio e per la sostenibilità economica e sociale del "sistema montagna"». «MASSIMO COINVOLGIMENTO» Giacobbi ricorda anche che la Fondazione ha lavorato per coinvolgere il tessuto associativo territoriale attivando anche tavoli sui temi ambientali e sociali con tutte le associazioni locali. «In questi anni», spiega, «si sono svolti più incontri al riguardo e abbiamo mostrato piena disponibilità informando e fungendo da facilitatori sui progetti condivisi. Il Piano degli interventi è stato articolato su livelli di priorità strategica anche in relazione all'esigibilità delle risorse economiche, per garantire la tempestiva realizzazione delle opere connesse all'organizzazione dell'evento ed avviare le opere ritenute complementari e di "legacy" per il territorio. Tutte le infrastrutture sportive (piste, traguardi, impianti di risalita e antivalanghivo) necessarie al regolare svolgimento dei Mondiali saranno finite entro fine 2020. I tracciati di gara in Tofana sono stati preparati nel rispetto delle normative vigenti», dice ancora Giacobbi, «per adeguarli alle esigenze tecniche e di sicurezza dei Mondiali e anche per meglio rispondere alle necessità turistiche in un'ottica di sviluppo del territorio». «MAI USATI ESPLOSIVI» A questo riguardo, Giacobbi spiega che non è mai stato fatto uso di esplosivi. Si è svolta solo un'attività di taglio alberi strettamente necessaria alla realizzazione delle opere autorizzate. «Ogni intervento prevede programmi di miglioramento boschivo che tengono conto dei principi di selvicoltura naturalistica al fine di garantire la biodiversità». Per quanto riguarda l'impatto paesaggistico e l'apparenza "brulla" delle aree interessate dai lavori, Giacobbi sottolinea che si sta già procedendo alla fase di rinverdimento. «Tutte le opere, sia quelle commissariali e sia quelle private, prevedono l'inerbimento», dichiara, «con l'utilizzo di specie autoctone. In alcune aree si procederà con autoclave, in altre con paglia e concime. Va tuttavia ricordato che alcuni interventi di ripristino già ultimati sul Col Drusciè sono andati rovinati con Vaia, e di qui il ritardo su quell'area. La Fondazione ha considerato sin dalla sua costituzione la responsabilità ambientale come uno dei punti chiave della propria visione e della gestione dell'evento. Si è dotata perciò di professionalità qualificate divenendo promotore nei confronti della comunità di una cultura della sostenibilità. Intendiamo

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realizzare un evento con totale compensazione della CO2 generata dalla gestione stessa dell'evento; grazie ad un sistema di monitoraggio delle emissioni di Co2, sia per la fase di cantierizzazione delle infrastrutture sportive e sia per quella di gestione vera e propria dell'evento, finiti i Mondiali tutte le emissioni conteggiate verranno compensate. Ci siamo posti come obiettivo di raggiungere realmente il 70% di raccolta differenziata e di riciclo e recupero dei rifiuti raccolti durante il grande evento. La responsabilità ambientale», conclude Giacobbi, «è il nostro faro, ci guida in ogni passo; e abbiamo infatti deciso di implementare un programma di verifiche in campo su ambiente e sicurezza. Ad oggi sono già stati svolti da società terze accreditate 5 dei 10 audit in programma e ciascuno d non ha riscontrato alcuna "non conformità"». --alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 17 Luglio 2020 p. 30 Dal Cai l'ennesima denuncia «Quei cantieri, uno scempio» CORTINA Rieccolo il Cai, con una rinnovata denuncia «dello scempio legato ai cantieri per i Mondiali». E con l'assicurazione, da parte del presidente regionale Renato Frigo, che domenica ci sarà alla protesta ai piedi della Tofana.«Le foto dei cantieri dei lavori in corso non possono che lasciare ammutoliti tutti gli amanti della montagna. Si esprime viva preoccupazione per il fortissimo impatto ambientale dei lavori nelle località Col Fiere, Gilardon, Rumerlo e Col Drusciè».E Frigo ribadisce ancora una volta la contrarietà del Cai Veneto ai collegamenti Passo Falzarego-Arabba e Cortina-Alleghe, già previsti nel Piano neve regionale nel 2013 e stralciati poiché la Commissione di valutazione ambientale strategica dell'epoca aveva dichiarato la loro incompatibilità con il D.M. 184/2007 perchè «la loro realizzazione avrebbe costituito una pressione ambientale tale da raggiungere livelli di insostenibilità».Frigo tira in ballo la "Carta di Cortina", perché non rispettata, ed i dettami di Papa Francesco nell'enciclica "Laudato Sii" che, allo stesso modo, non trovano corrispondenza in quanto si sta facendo. La Fondazione Cortina ha provato a rassicurare gli ambientalisti ed il Cai, ma Luigi Casanova, di Mountain Wilderness rigetta ancora una volta le argomentazioni, osservando che la "Carta di Cortina" si è dimostrata un «documento vuoto» per chi ha fino ad oggi operato.«Riguardo l'operazione di "smacchiatura"», esemplifica Casanava soffermandosi sulle conseguenze dei lavori, «cioè il ricoprire scavi indicibili, movimenti terra, taglio di migliaia di alberi con dei rinverdimenti per lo più artificiali, lascia comunque evidenti le cicatrici imposte al territorio: la montagna sconvolta, la perdita di paesaggio, le enormi scogliere e muraglie di cemento imposte al territorio per una viabilità, in piena foresta, che dopo gli eventi risulterà inutilizzata».E sulla (non) partecipazione promossa dalla Fondazione, Casanova aggiunge che «per correttezza era lecito attendersi dalla Fondazione un coinvolgimento diretto almeno dell'associazionismo ambientalista nazionale nel confronto, senza nulla togliere alla preparazione e alle conoscenze proprie dei gruppi locali: qui la Fondazione ha scientificamente glissato».Negli sporadici incontri avuti con la Fondazione, ricorda l'ambientalista, «ci è stato solo permesso ovviamente di ascoltare, elencare alcune nostre progettualità o obiezioni. Non ci è poi stata fornita una sola occasione di condividere le scelte o di arricchirle, e di intervenire con proposte di moderazione dei danni o di sostegno o contrarietà a scelte ritenute, dalla nostra sensibilità, qualificanti o negative». --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 19 Luglio 2020 p. 38 Protesta ambientalista "blindata" senza corteo CORTINA Gli ambientalisti che stamattina si raduneranno a Cortina per protestare contro i presunti scempi all'ambiente con i cantieri per i Mondiali sono blindati, ingessati. Hanno ricevuto l'autorizzazione per due sit-in "statici", all'Alexander e a Cianzopè. Ma non sono autorizzati a protestare passeggiando da un cantiere all'altro.È fatto loro divieto di spostarsi a piedi in gruppetti, quindi non possono formare un corteo. Non sarà consentito nessun cartello, nemmeno uno striscione. Non potranno neppure distribuire volantini, tanto meno fotografare le "rovine" che (non) troveranno.Le risposte polemiche alle prescrizioni di polizia hanno incominciato a rincorrersi ieri pomeriggio sui social e c'è chi ha preannunciato interventi perfino in Parlamento. «Per i Mondiali», si limita a commentare Luigi Casanova, «la democrazia e la partecipazione sono state sospese, per non dire conculcate. Chissà per le Olimpiadi». Gli organizzatori avevano assicurato di voler attenersi a tutte le norme che sarebbero state loro indicate dalla Questura, ma nell'ambito appunto del corteo di protesta. Quindi il distanziamento addirittura superiore ad un metro, la mascherina, nessun assembramento, neppure il più piccolo. Seppur a malincuore si atterranno anche alle nuove disposizioni. Ma - anticipano - questa blindatura si risolverà in un'autogol per la stessa organizzazione dei Mondiali, perché - avvertono i rappresentanti delle associazioni - farà il giro del mondo via social. Mountain Wilderness Italia, Wwf Terre del Piave, Ecoistituto del Veneto, Italia Nostra di Belluno, Peraltrestrade Dolomiti, Gruppo Parco del Cadore: queste le associazioni coinvolte. Ma più pesante ancora è l'adesione del Club alpino italiano che a livello regionale e locale ha condiviso la protesta, mentre gli organi nazionali del Cai l'hanno fatta propria.In serata il Comitato popolare Difesa beni pubblici e comuni "Stefano Rodotà" ha preso posizione sulle regole imposte agli organizzatori della

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manifestazione, contestandole come «una gravissima violazione di diritti fondamentali previsti dalla nostra Costituzione: il diritto di riunione (articolo 17), il diritto alla salvaguardia dell'ambiente (articolo 9), il diritto alla libera manifestazione del pensiero (articolo 21)». Sottolineando che «rischia di non avere più ragione d'essere» il riconoscimento Unesco alle Dolomiti. --francesco dal mas Corriere delle Alpi | 20 Luglio 2020 p. 14 Un abete rosso nel cantiere della seggiovia Gli ambientalisti: «Scempio mondiale» Francesco Dal Mas CORTINA Un abete rosso piantato a lato del cantiere della nuova seggiovia che, in due tronconi, collegherà il centro di Cortina con le 5 Torri. È l'atto simbolico che gli ambientalisti hanno compiuto a conclusione della manifestazione di ieri a Cortina contro quello che hanno definito lo "scempio mondiale", che potrebbe diventare uno "scempio olimpico". Il gruppo si è portato sulla strada del Falzarego, là dove verrà attraversata dal futuro impianto. È sceso di qualche metro e in un sito, a margine della futura area asservita alla seggiovia, ha messo a dimora la pianta. «Abbiamo scelto un abete rosso», spiega Luigi Casanova, anima storica dell'ambientalismo dolomitico, «per perorare la causa del re-impianto, almeno là dove è possibile, degli abeti, dei larici e degli altri alberi che verranno sacrificati alle nuove infrastrutture». L'appuntamento di "Mountain Wilderness", del "Cai" (Commissione Tam, in particolare), del "Wwf", di "Italia Nostra", di "Peraltrestrade" e degli altri movimenti che hanno animato la mattinata sul piazzale dell'Alexander Hall è iniziato alle 9. I numerosi interventi dei presenti hanno passato in rassegna tutti i cantieri che meriterebbero la riprovazione di quanti hanno a cuore i boschi di Cortina. La manifestazione era blindata: la questura di Belluno aveva infatti impedito il "de profundis" in corteo che gli organizzatori si erano ripromessi di celebrare presso le diverse "tombe dell'ambiente" create ai piedi della Tofana. Alcuni dei presenti, però, di loro iniziativa e indipendentemente dall'organizzazione, hanno approfittato per compiere la ricognizione in privato, ovviamente distanziati l'uno dall'altro. E ovviamente muniti di cellulare, quando non addirittura di videocamera. La documentazione che verrà raccolta sarà inserita in un dossier sui "Mondiali di Cortina 2021" che tra qualche settimana verrà inviato ai competenti uffici della Commissione europea per «denunciare come, un'altra volta ancora, all'evento sportivo sia stata sacrificata la natura, e in particolare un contesto ambientale straordinario come quello della conca ampezzana». Così, infatti, ha anticipato Giancarlo Gazzola, portavoce di Mountain Wilderness. Ponendo a dimora l'abete rosso, Casanova e Roberto Menardi, del "Wwf" di Cortina, hanno anticipato che non consentiranno, in vista delle Olimpiadi, altri abusi contro l'ambiente. «I collegamenti sciistici e impiantistici di cui tanto si parla», ha messo le mani avanti Casanova, «riceveranno una decisa azione di contrasto in tutte le sedi nazionali ed internazionali. Non è infatti proponibile che, con la scusa olimpica e con il marchio della sostenibilità, si approfitti per portare violenza ad un territorio così fragile». Secondo le associazioni ambientaliste non è per niente giustificabile il collegamento tra Cortina ed il Civetta, da una parte, e Cortina ed Arabba, dall'altra. «Ha perfettamente ragione il sindaco di Livinallongo ad opporsi» insiste dal canto suo Gazzola «ed ha ragione soprattutto a definirlo un ecomostro».Da qualche tempo si va sostenendo che gli impianti di risalita potrebbero essere un'alternativa ai flussi automobilistici lungo i passi dolomitici. «Cominceremo a credere a questa versione» afferma Casanova «solo quando le società impiantistiche cominceranno a dimezzare le tariffe per renderle a portata delle famiglie, in modo che queste possano lasciare le auto a valle».Intanto, quanto ai vincoli imposti alla protesta di ieri, gli organizzatori hanno interessato giuristi a livello nazionale perché si facciano carico di azioni legali, e non solo politiche, «per ripristinare il diritto alla democrazia e alla partecipazione». Un altro esposto sarà inoltrato all'Ordine dei giornalisti perché alcuni cronisti e fotoreporter non hanno avuto l'autorizzazione a portarsi nei cantieri dei Mondiali. --Fdm Corriere delle Alpi | 20 Luglio 2020 p. 14 Tutto tranquillo, ma qualcuno ha provato a forzare i divieti CORTINA Si è svolta in un clima parzialmente disteso la manifestazione organizzata ieri a Cortina dalle associazioni ambientaliste per contestare i numerosi cantieri aperti in ottica Mondiali/Olimpiadi nella Conca ampezzana, in particolare quelli presenti ai piedi delle Tofane. A partire dalle 9.30, circa 70 persone, provenienti dalle varie province del Veneto, hanno affollato il piazzale antistante la sede della fondazione Cortina 2021 (Alexander Hall) per ribadire la propria insofferenza verso lo svolgimento dei lavori, «che avranno un impatto devastante sull'ecosistema ampezzano».Molte le prese di posizione da parte dei relatori che si sono alternati sul palco con un unico obiettivo: contestare il Comune, i responsabili degli impianti a fune e alcune scelte prese dai vertici della Regione. Presenti le varie associazioni preannunciate alla vigilia, la consigliera regionale Patrizia Bertelle (Gruppo Misto), alcuni cortinesi e le forze dell'ordine, che fino all'ultimo hanno verificato il corretto svolgimento della manifestazione, che solo sul finire ha regalato reali spunti di cronaca. Nessun contestatore esterno, ma qualche frizione tra manifestanti: un medico giunto da Padova ha cercato di incitare i compagni a forzare i limiti imposti dalla Questura e avviarsi verso Cianzopè in fila indiana, come da programma

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iniziale. Un intervento subito sedato dai compagni, contrari alla presa di posizione del medico, sostenuto però da Paolo Cacciari, politico italiano e fratello di Massimo Cacciari, presente tra i manifestanti e deciso a procedere con il corteo verso il punto prestabilito: «Ci stanno vietando non solo di manifestare, ma anche di passeggiare per visitare i luoghi dello scandalo, perché qui stiamo parlando di uno scandalo di portata nazionale come ha detto il presidente del Cai», afferma Paolo Cacciari. «Qui c'è un divieto della Questura a mio parere ridicolo, è una balla totale che il corteo avrebbe creato assembramenti. Il distanziamento veniva garantito da tutti noi: come passeggiamo per le strade, così avremmo fatto lungo il percorso ipotizzato dagli ambientalisti. Così gli organizzatori non possono più guidarci verso Cianzopè, io non so dove sia questo posto, avrei seguito il flusso delle persone. Ho aspettato fino all'ultimo, ma è tutto fermo e credo si andrà per le lunghe. Peccato, ci hanno rovinato la manifestazione».Per sedare gli animi è intervenuto sul finire della manifestazione il dirigente del commissariato di Polizia di Cortina, Luigi Petrillo, che ha sostenuto come le limitazioni imposte alla manifestazione fossero giuste e in linea con le disposizioni normative in atto per contrastare l'emergenza Covid-19. Norme a tutela sanitaria, che avrebbero permesso di tenere sotto controllo la situazione ed evitare spiacevoli situazioni lungo il percorso. – Corriere delle Alpi | 21 Luglio 2020 p. 19 Berton: gli ambientalisti da salotto uccidono la nostra montagna Belluno «L'ambientalismo da salotto rischia di uccidere la montagna bellunese». Pesante presa di posizione quella di Confindustria Belluno Dolomiti, che rispedisce al mittente le accuse contro i cantieri per la realizzazione delle infrastrutture in vista dei Mondiali di sci del 2021. «L'aver piantato un abete rosso come gesto simbolico», tuona la presidente Lorraine Berton, «è effettivamente emblematico di come l'ambientalismo ideologico e da salotto guardi la montagna secondo gli stereotipi e gli interessi di chi vive in pianura e in città. Una visione distorta e pericolosa, perché rischia di pregiudicare il futuro di chi vuole continuare a lavorare e a vivere in queste aree. I montanari, quelli veri, sanno benissimo che nelle nostre zone gli alberi sono troppi e di certo non serve piantarne di altri». A Berton la manifestazione inscenata domenica a Cortina d'Ampezzo non è andata proprio giù: «Ha perfettamente ragione un grande conoscitore della montagna come Annibale Salsa, quando sostiene che bisognerebbe abolire la festa dell'albero a favore della festa dei prati, perché il paesaggio montano è stato stravolto dall'avanzare dei boschi, causato dall'abbandono dell'uomo. Chi invece guarda la montagna dalla prospettiva sbagliata viene qui a piantare alberi, con la scusa di un ambientalismo ideologico, salottiero e prevaricatore della volontà e degli interessi dei bellunesi». «Le grandi manifestazioni sportive», prosegue la numero uno degli industriali bellunesi, che presiede anche il tavolo tecnico "Sport e Grandi Eventi" a livello nazionale, «sono una grande opportunità per il futuro del nostro territorio. Non solo per la visibilità planetaria che avremo, ma anche, e soprattutto, per le opere che saranno realizzate, per affrontare la vera emergenza della nostra provincia: l'inadeguatezza delle infrastrutture fisiche e virtuali. Il che significa strade migliori, una ferrovia efficiente, nuovi collegamenti sciistici e banda larga ovunque. Solo così sarà possibile evitare l'isolamento della montagna bellunese e frenare lo spopolamento». Berton si sofferma, poi, sui numeri presentati nei giorni scorsi dai Bellunesi nel mondo: solo nel 2019 duemila giovani avrebbero lasciato la nostra provincia: «È un pezzo di futuro che se ne va. Dobbiamo tamponare questa emorragia, rendendo il nostro territorio più attrattivo e competitivo. Dobbiamo creare le condizioni perché le nostre imprese restino a produrre qui, garantendo occupazione e benessere diffuso. Dobbiamo favorire uno sviluppo sostenibile e inclusivo della montagna, investendo in tecnologia, competenze e green economy. Insomma, dobbiamo mettere al centro il futuro e la vita dei bellunesi, non i capricci e la smania di visibilità di qualche sparuto ambientalista che rappresenta poco più che sé stesso. La montagna è di chi la abita, non di chi la vive solo per una gita fuori porta». E poi un accenno ai tanti problemi che affliggono la viabilità della montagna bellunese: «Anche nell'ultimo fine settimana abbiamo visto cosa significhi avere una rete infrastrutturale inadeguata con la viabilità in tilt su A27, Alemagna ma anche sull'Agordina. Chiedo agli ambientalisti: quanto inquina una macchina in coda? Qual è il costo - anche paesaggistico - di una montagna che si spopola? Quali proposte alternative avanzano, piantare altri alberi? ». «Rispetto le idee di questi signori, ma mi sento in obbligo di dire che non rispecchiano il parere della stragrande maggioranza dei bellunesi», rimarca Berton. «Il nostro territorio ha bisogno di investimenti soprattutto ora: l'emergenza economica derivante dalla pandemia rischia di darci il colpo di grazia e accentuare le nostre fragilità strutturali. Per questo il partito del no è fuori dal tempo e dalla storia ma soprattutto dal territorio». «Facile salire dalla pianura e protestare con merenda al sacco per poi tornarsene a casa, troppo facile», conclude il presidente dell'Associazione industriali. Corriere delle Alpi | 22 Luglio 2020 p. 13 Il cda di Cortina-Milano Malagò: Olimpiadi 2026 senza scempi ambientali CORTINA

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Le preoccupazioni ambientaliste, quelle del Cai in particolare, per i presunti "scempi all'ambiente" per i cantieri dei Mondiali 2021, hanno fatto centro. «Costruire meno, costruire meglio e lasciare una legacy per il futuro, questi sono dei punti fermi», ha rassicurato Giovanni Malagò, presidente del Coni. Nella significativa data dei 2026 giorni dalla cerimonia di apertura dell'Olimpiade invernale Milano Cortina 2026, il cda della Fondazione che organizza i Giochi si è riunito a Milano, e il 12 e 13 ottobre sbarcherà a Venezia.L'ad Vincenzo Novari si è subito sintonizzato con Malagò, rassicurando anche lui: sarà la prima Olimpiade che, per quanto riguarda l'operatività dell'evento, non utilizzerà un euro di denaro pubblico, lasciando un'impronta leggera e positiva del proprio passaggio. La grande paura è che, prima in Italia, e poi in Europa, passi la denuncia ambientalista che per i Mondiali del febbraio prossimo non è stata assolutamente rispettata la Carta della sostenibilità, a suo tempo sottoscritta. La candidatura olimpica, come si sa, è stata vinta anzitutto perché, si è detto, i Giochi del 2026 saranno compatibili sul piano economico, sociale, ma soprattutto su quello ambientale. «C'è grande curiosità e interesse verso questa Olimpiade perché con la doppia candidatura di Milano e Cortina abbiamo aperto una nuova era - ha detto ieri Malagò, - decolla concretamente il progetto di un grande evento innovativo, carico di energia sul piano sportivo e leggero dal punto di vista economico e strutturale».Malagò ha ricordato ancora che Milano Cortina 2026 è la prima Olimpiade invernale che muove dal rispetto dell'Agenda 2020 del Cio e della New Norm, la riforma del 2018 che mira a rendere i Giochi Olimpici e Paralimpici un grande evento sostenibile, flessibile ed efficiente, sia sotto il profilo operativo che finanziario, creando al contempo più valore per le città ospitanti nell'immediato e nel lungo termine. E Novari ha insistito: «Sarà un'Olimpiade corale. Un'occasione unica di sviluppo per un Paese che deve ripartire: per questo il nostro lavoro inizia subito e lascerà un'eredità positiva ben oltre il 2026».Al termine della due giorni - un'occasione anche per fare il punto anche sui progetti e gli eventi che accompagneranno i Giochi sul territorio - il cda della Fondazione ha approvato all'unanimità la relazione del presidente. Presenti a Milano anche i delegati del Veneto e di Cortina. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

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CAROSELLO: COLLEGAMENTO CORTINA ARABBA CIVETTA Corriere delle Alpi | 26 Luglio 2020 p. 30 "No" del Cai agli impianti verso Arabba e il Civetta CORTINA Il Cai nazionale si pone definitivamente contro i collegamenti di impianti a fune tra i comprensori di Cortina, Arabba e Civetta. Lo fa con una delibera dove si richiamano gli indirizzi strategici presi in parte già dalla Regione con il Piano neve, nonché le criticità presenti nella realizzazione della cabinovia Son dei Prade-Bai de Dones. «Il Piano neve evidenzia possibili incidenze negative che le attività sciistiche possono portare ai due Siti Natura 2000 Sic Monte Pelmo - Mondeval - Formin e Zps Col di Lana - Settsas Cherz», si legge. Anche la cabinovia Son dei Prade-Bai de Dones «attraversa il Sito Natura 2000 Sic-Zps Dolomiti di Ampezzo, nonché habitat prioritari di interesse comunitario. La costruzione dell'opera ha dimostrato la fragilità dell'ambiente naturale che attraversa e ha fatto emergere criticità geomorfologiche non sufficientemente evidenziate in fase di studio», viene specificato. -marina menardi

COLLEGAMENTO: CAROSELLO ALPE DI SIUSI VAL GARDENA Corriere del Trentino | 29 Luglio 2020 p. 6 Dall’Alpe di Siusi alla val Gardena: scontro sul nuovo super carosello BOLZANO Continua a far discutere il matrimonio tra Monte Pana e Alpe di Siusi. Il progetto di realizzare un collegamento tra due dei più belli e conosciuti caroselli sciistici altoatesini si rimanda da diversi anni e in settimana verrà trattato in Consiglio provinciale con i consiglieri provinciali verdi che, con una mozione, chiedono di accantonare definitivamente il progetto. C’è allarme tra gli ecologisti, contrari i Verdi che temono per la riserva naturale e chiedono alla giunta di dire no al collegamento. Ma il direttore di Dolomiti Superski Thomas Mussner rassicura: «Anche la nostra priorità è tutelare le Dolomiti». Il progetto consentirebbe un collegamento diretto tra il comprensorio sciistico Sella Ronda, che ha una lunghezza di quasi 1200 chilometri e comprende alcune piste più belle delle Alpi come la Saslong, e i 175 chilometri di piste dell’alpe di Siusi. Il dibattito si è riacceso recentemente dopo le spinte della società responsabile del progetto, la Coldereiser srl, e l’approvazione dello studio di fattibilità da parte dei comuni di Santa Cristina e Castelrotto. Ma sono tanti i punti ancora da definire, al primo posto fra tutti il tipo di impianto da realizzare: potrebbe trattarsi infatti di una cabinovia oppure di un treno con cremagliera. Adesso il collegamento tra Monte Pana e l’alpe di Siusi viene garantito solamente in inverno grazie a un autobus, in estate invece per arrivare da un punto all’altro sono necessarie un paio d’ore di passeggiata nella natura, ed è proprio il rischio di rovinare quei prati verdi che gli ambientalisti vogliono scongiurare. «È ancora tutto in fase di pianificazione, ma il collegamento rovinerebbe una zona incontaminata — afferma Brigitte Foppa, capogruppo dei Verdi in consiglio provinciale —. Il prezzo da pagare per questo progetto è l’ambiente che caratterizza quei luoghi. Inoltre in Val Gardena il previsto collegamento è oggetto di discussione, infatti sotto quei terreni ci sono le sorgenti d’acqua e soprattutto a Ortisei c’è preoccupazione all’idea di un lavoro che potrebbe mettere a rischio delle zone estremamente sensibili . Chiediamo — continua Foppa — che la giunta provinciale si esprima contro a qualsiasi progetto di cremagliera o cabinovia e si impegni per ottenere l’inserimento del Gruppo del Sella e il Sassolungo, compreso il Plan des Cunfin, nel patrimonio mondiale dell’umanità Unesco». I favorevoli al progetto si concentrano invece sulla possibilità di offrire ai turisti una comodità aggiuntiva e una gestione più efficiente del traffico sciistico, oltre che sull’opportunità di diminuire la presenza dei mezzi inquinanti. Però anche chi vuole questo collegamento è consapevole del valore di un ambiente incontaminato. I turisti infatti vengono per vedere le Dolomiti, e se queste dovessero perdere il loro fasciano caratteristico quei visitatori non avrebbero più motivo di venirci a sciare. «Il Dolomiti Superski si fonda sui collegamenti tra le valli, favorire gli spostamenti degli sciatori da una zona all’altra fa parte della nostra filosofia — il direttore di Dolomiti Superski —. Quindi naturalmente questo collegamento per noi rappresenta una grande possibilità per diminuire il traffico e le code, infatti gli autobus hanno una portata limitata mentr e questo impianto consentirebbe di gestire un flusso continuo di persone. Inoltre una cremagliera sarebbe un impianto unico nella sua fattispecie e consentirebbe di

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offrire ai visitatori un’esperienza piacevole con uno slancio a livello internazionale. Ma i turisti vengono per le Dolomiti, il nostro vantaggio deriva dalla natura quindi riconosciamo il suo valore. Queste montagne sono già un ambiente antropizzato, ma tutti gli impianti sono stati progettati per essere meno invasivi possibile». Adesso che i consigli comunali di Castelrotto e di Santa Cristina hanno dato il benestare alla realizzazione dello studio di fattibilità, ha un ruolo chiave per l’evolversi della situazione la decisione che verrà presa nel corso della seduta del consiglio provinciale che si svolgerà in settimana. Corriere dell'Alto Adige | 30 Luglio 2020 p. 2 Super carosello, la Provincia prende tempo Kuenzer: «Presto per esprimersi su un progetto che non c’è, prima vediamo lo studio di fattibilità» Aldo De Pellegrin BOLZANO Il matrimonio tra l’Alpe di Siusi e la val Gardena è un’idea nata ormai diversi anni fa. Negli ambienti turistici ed impiantistici gardenesi e di Castelrotto, si sogna un collegamento, probabilmente con una cremagliera adattata al trasporto sciatori, fra l’area sciistica dell’Alpe di Siusi e quella, rurale e suggestiva sia d’estate che d’inverno, di Monte Pana, nel comune di Santa Cristina in val Gardena. Gli ambientalisti ed i Verdi lo temono perché «rovinerebbe una zona incontaminata facendo pagare come sempre all’ambiente lo sviluppo turistico» e mettono le mani avanti chiedendo alla giunta provinciale un no preventivo con un emendamento alla legge sull’assestamento di bilancio. Nella mozione che si discuterà oggi si chiede anche la messa sotto tutela dell’intera area per escludere definitivamente ulteriori tentativi futuri. Posizioni opposte invece negli ambienti turistici ed anche comunali, che già si sono pronunciati a favore dello studio di fattibilità. La Provincia autonoma, al centro ed in posizione istituzionalmente decisionale riguardo a simili idee e progetti, per il momento prende tempo. Lo chiarisce l’assessora all’ambiente ed al territorio Maria Hochgruber Kuenzer che non vuole prendere posizione sul progetto. «Chiedere alla Provincia di decidere su una pianificazione o ancor più su un progetto che non ci è ancora stato presentato, anzi direi che ancora proprio non esiste essendo tutto ancora a livello di studi e di idee, non mi sembra del tutto corretto. Se e quando ci verrà chiesto un parere, sono certa che la giunta lo esprimerà ma prima ci sono molti altri passi da compiere, prima fra tutte anche la valutazione di impatto ambientale». Più netta invece la posizione che riguarda la richiesta di messa sotto tutela di quei territori, richiesta a gran voce dai verdi. «Questa richiesta — prosegue Kuenzer — mi trova invece su posizioni contrarie. E voglio anche chiarire il perché. La messa sotto tutela, particolarmente per un ambiente antropizzato, turistico e contadino come quello di cui stiamo parlando, comporta una preventiva adesione ed accettazione anche da parte della popolazione. Inoltre — puntualizza l’assessora — c’è una procedura complessa da rispettare che richiede in ogni caso i suoi tempi ed attente valutazioni. Non mi risulta, al momento, che i comuni e le popolazioni si siano espressi in merito e che nemmeno una simile eventualità sia stata prospettata pubblicamente. Per questo — conclude Kuenze — mi pare che anche in questo caso ci sia la necessità di un adeguato lavoro preventivo prima di chiedere alla giunta di esprimersi a favore di una tutela». Intanto in aula è iniziato il dibatto sull’assestamento di bilancio con la votazione del Documento di economia e finanza 2021-23. Approvato anche il rendiconto generale della Provincia è iniziata la discussione sulla legge che contiene le disposizioni collegate. Oggi si voterà anche sulla proposta dei verdi che chiedono di escludere definitivamente il collegamento tra l’Alpe di Siusi e la val Gardena mettendo sotto tutela l’intera area interessata.Tuttavia, come ha affermato la stessa Kuenzer, la proposta ecologista sembra destinata ad essere bocciata. Dunque operatori turistici ed impiantisti potranno continuare a pianificare quel collegamento che vogliono ormai da anni e che i rispettivi comuni hanno ormai avallato. Mentre gli ambientalisti continueranno ad opporsi a quello che definiscono un vero e proprio attacco al territorio. Lo scontro dunque è solo rinviato ed è destinato a riaccendersi non appena sarà portato a termine uno studio di fattibilità che indichi tracciati e soluzioni reali, spazi occupati ed un’adeguata analisi di costi e benefici, anche e soprattutto sotto il profilo ambientale

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NOTIZIE DAI RIFUGI L'Adige | 2 Luglio 2020 p. 31 Rifugi senza ferrate: è polemica PRIMIERO Plexiglas in quota, prenotazioni obbligatorie, distanze e mascherine: che il Covid 19 abbia complicato la vita (anche) nei rifugi, è ormai risaputo. Quello che sta emergendo ora, tuttavia, è anche una serie di problemi indirettamente legati al coronavirus. È il caso del Primiero, con i rifugi dell'area meridionale delle Pale che si ritrovano monchi: privi di praticamente tutte le ferrate per cui in molti salgono appositamente in quota, pernottando al Pradidali o al Velo della Madonna. Il lockdown ha bloccato ogni attività anche nelle settimane in cui tradizionalmente la Sat cura la manutenzione dei sentieri e dunque la tabella di marcia è ora in netto ritardo. È capitato così il peggio: ovvero che proprio la Sat, vista la situazione di non piena di sicurezza delle vie attrezzate, abbia chiesto la chiusura delle ferrate a ridosso dell'apertura dei rifugi. Che nelle Pale hanno aperto i battenti sabato 27. Due giorni dopo la comunicazione della Sat all'amministrazione comunale di Primiero San Martino, a seguito della quale, il giorno dopo, ovvero alla vigilia delle aperture dei rifugi, il sindaco Daniele Depaoli non ha potuto che emettere le ordinanze con cui è stata disposta la non percorribilità delle ferrate Nico Gusella, Velo, Dela Vecia, del Passo di Ball, del Porton. Amaro lo sfogo di Duilio Boninsegna , anima del Pradidali: «È inutile che venga elogiato il lavoro in quota di noi rifugisti in questo periodo non facile, se poi apriamo e la burocrazia ci chiude sentieri e ferrate! C'è una coppia di finlandesi che sta arrivando, proprio per affrontare itinerari in quota. Con che coraggio dirò loro che sono arrivati per niente? Capisco che la sicurezza sia prioritaria ed è giusto, ma sono le tempistiche a lasciare perplessi. Il via libera per le ispezioni in quota e la manutenzione è arrivato dalla Provincia il 27 maggio. Perché muoversi solo ora? Dopo quasi 30 anni a gestire rifugi alpini, mi sento davvero preso in giro». Boninsegna, che ha già dovuto affrontare in queste settimane problemi a causa della parziale impossibilità di usare la teleferica dopo la frana caduta dal Cimerlo, precisa di non volersela prendere con il Comune, «che non può che emettere ordinanze in base alle indicazioni che fornisce la Sat, in questo particolare ambito. Pare che già venerdì possa partire qualche primo intervento. Speriamo. Ero fiducioso sulla stagione nonostante tutto, ma alle ferrate non possiamo rinunciare, così di punto in bianco». Trentino | 2 Luglio 2020 p. 33 Rifugi aperti, ma i sentieri per arrivarci sono chiusi raffaele bonaccorso PRIMIERO SAN MARTINO Rifugi aperti e sentieri chiusi. Sembra una battuta, ma è la verità. E sui social si scatenano i commenti. I fattiIl Comune di Primiero San Martino di Castrozza ha emesso una ordinanza di chiusura di una serie di sentieri proprio nel gruppo Dolomitico delle Pale di San Martino. Il 25 giugno, l'Ufficio sentieri della Società alpinisti tridentini (Sat di Trento) con una comunicazione ha segnalato una situazione di pericolo causa danni alle attrezzature fisse e quindi ha chiesto la chiusura di alcuni sentieri per effettuare la manutenzione. A questo punto il Comune non ha avuto altra scelta che emettere l'ordinanza di chiusura dei seguenti sentieri. Si tratta di nomi di località e numeri che sembrano strani e non dicono nulla ai profani, ma che agli alpinisti appassionati delle montagne Dolomitiche ogni citazione è "un colpo al cuore": Sat n. E715 sentiero attrezzato del Passo di Ball, nel tratto Passo di Ball (quota 2451) e Col delle Fede (q. 2277, bivio E702); Sat n. E739A, via ferrata del Porton, tutta, da Rifugio Pradidali (Q. 2280 bivio E715) alla Forcella del Porton (q. 2420 E714 - E739); Sat n. E714 via Ferrata "Nico Gusella", tutta, da Passo di Ball (q. 2443, b E715 alla Forcella del Porton (q. 2420, bivio E739 - E739A); Sat E739, via ferrata del Velo, tutta, dal Rifugio Velo della Madonna (q. 2331, bivio E713 - E742) alla Forcella del Porton (q. 2420, bivio E714 - E739A); Sat n. E739B, via Ferrata della Vecia, tutta, dalla località Cadin Sora Ronz (q. 2000, b. E721) alla quota 2400 (b. E739). Diciamo subito che la competenza sui sentieri chiusi sopracitati è della Sat di Trento che ad oggi mercoledì primo luglio non ha dato l'incarico per provvedere per i lavori necessari per il ripristino; siamo in luglio, mese importante per i rifugi che hanno fatto di tutto per riaprire in sicurezza... Ed ecco l'ordinanza di chiusura di una serie di sentieri che sono estremamente vitali per l'attività dei rifugisti.I commenti socialSu Facebook Duilio Boninsegna, che gestisce il Rifugio il Rifugio Pradidali, sbotta con un commento che provoca tutta una serie di altre critiche arrabbiate. «Tutti a dire "i nostri rifugisti eroici, tenaci" - scrive Boninsegna - tanto lavoro e fatica e spese a 2500 metri per adattare i rifugi alle norme Covid-19: plexiglass, separé, igienizzanti, nastri adesivi colorati, cartelli dappertutto ... poi si apre e la burocrazia ci chiude sentieri e ferrate!! Bella immagine turistica per le montagne trentine!!! Come se un falegname entrasse in laboratorio la mattina, accende le macchine, ma non ha legno da lavorare. Dopo quasi 30 anni a gestire rifugi alpini mi sento davvero preso in giro!! Preciso che non è colpa degli

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amministratori comunali, che anzi, nel limite delle loro possibilità hanno sempre cercato di darci una mano, loro sono costretti ad emettere queste ordinanze!! Speriamo comunque di risolvere al più presto la situazione!». E Filippo scrive: «A dir la verità avevo visto una comunicazione della Sat queste e per quanto mi sembrasse assurdo ho pensato, speriamo sistemino in un paio di giorni la "Gusella", ma poi ho visto che c'è anche il "Porton", "Passo di Ball", "Col delle fede" ... cioè bloccano quasi tutte le vie di comunicazioni tra rifugi e rifugi a San Martino... a me sembra veramente pazzesco in un anno in cui bisognerebbe sfruttare qualsiasi possibile giornata per lavorare col turismo...». E seguono decine e decine di commenti all'insegna del «pazzesco», «incredibile», «inammissibile», «ma come si fa ...». Purtroppo proprio in un momento come quello attuale che fa seguito alla crisi creata dalla pandemia Covid-19, succede anche questo. Corriere del Trentino | 2 Luglio 2020 p. 2 Rifugi, si lavora con la clientela italiana «Ma sono calati molto i pernottamenti» Guido Sassi TRENTO Il 20 giugno la Sat ha festeggiato l’apertura estiva dei rifugi, ma la data è legata più alla tradizione che all’effettiva operatività delle stesse strutture. Infatti, nonostante la pandemia di Coronavirus durante la scorsa primavera abbia messo in dubbio la possibilità di aprire al pubblico in estate, gli oltre trenta rifugi satini e anche le strutture non gestite dal club alpino stanno ormai lavorando da qualche settimana. Anche il rifugio Vioz, posto a oltre 3500 metri di quota, ha dato il via alla stagione ieri, e solo al Boè il cantiere per la ricostruzione del vecchio rifugio (in adeguamento alle norme anti Covid) impone di posticipare l’inaugurazione a data da destinarsi. Alcune strutture, come il rifugio Velo della Madonna e il Rosetta alle Pale di San Martino, hanno posticipato allo scorso fine settimana per alcuni adeguamenti strutturali. «Siamo contenti di come sono andati questi primi giorni — spiega Elisa Bettega del Velo —. C’è molta gente che gira in montagna: molti veneti, come tradizionalmente succede dalle nostre parti, ma arrivano anche gli stranieri. Abbiamo avuto qualche tedesco e alcuni spagnoli, prenotazioni che sono iniziate ad arrivare verso la fine del lockdown». In Brenta l’afflusso sembrerebbe minore, o per lo meno diverso: «Come pernotti abbiamo avuto un grosso calo — racconta Roberto Manni, del rifugio Graffer al Grostè —. Noi abbiamo aperto il 18 giugno e il secondo fine settimana è andato meglio del primo, anche perché nel frattempo hanno riaperto gli impianti di risalita. È un turismo non locale ma italiano, stranieri per ora non se ne vedono». Sembrano operare meglio le strutture facilmente raggiungibili a quote più basse, come il Maranza alla Marzola, uno dei primi a riaprire a metà maggio: «È andata benissimo — conferma il gestore Paolo Betti —. Ho tanti lombardi, veneti, piemontesi: è un turismo legato allo slow food, gente che viene per una vacanza orientata al mangiare bene. Fanno delle piccole escursioni, vanno in cerca di prodotti tipici. Dal punto di vista del rispetto delle norme si notano gli atteggiamenti più diversi: c’è chi ha un po’ “mollato” psicologicamente, chi invece addirittura mostra un eccesso di precauzioni. A volte semplicemente la gente si dimentica di mettere la mascherina e bisogna ricordare loro come comportarsi». Il primo mese sembra essere andato bene anche per Roberto Leonardi, del Potzmauer ai Masi Alti di Grumes: «Non ci lamentiamo. Mancano i tedeschi, abbiamo tanto turismo “mordi e fuggi”, ma la gente apprezza la possibilità di godere del nostro prato e — visto tutto lo spazio che abbiamo — riusciamo a servire bene i pasti e a fare rispettare le norme». Mancano gli stranieri anche nell’Alto Garda, come al rifugio Pernici: «Oramai questa non è più quasi stagione da tedeschi — sottolinea Marco De Guelmi — ma sarebbe tempo per i turisti dell’Est, che invece mancano. Noi abbiamo aperto da tre settimane, ma abbiamo tanta clientela dal Trentino, tanti locali. Arriva gente da Rovereto e dalla Busa». Un po’ tutti i gestori concordano nell’affermare che la gente si informa maggiormente per programmare anche la semplice gita: «Telefonano, anche se noi riusciamo a gestire bene comunque i pasti. Le prenotazioni sono utili soprattutto per i pernotti e le cene» indica il gestore della struttura a Bocca di Trat. Corriere dell'Alto Adige | 2 Luglio 2020 p. 2 Nei rifugi tornano i turisti d’oltralpe Ma è difficile gestire le emergenze Guido Sassi BOLZANO Se il turismo d’alta quota in Trentino sembra muoversi verso una stagione caratterizzata da un misurato ottimismo, in Alto Adige la situazione pare anche migliore, in virtù di riaperture che si sono attuate in anticipo rispetto al resto d’Italia e per una vicinanza ai confini e un’affinità culturale che favorisce gli arrivi dell’area germanica. Le prime aperture a Bolzano si sono registrate intorno a Pentecoste e ormai anche i rifugi che operano a quote più elevate stanno lavorando regolarmente, pur con qualche ritardo negli equipaggiamenti: «Sono arrivati i kit di sanificazione anti-Covid — conferma

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Martin Niedrist, responsabile dei dodici rifugi gestiti dall’Alpenverein Südtirol — ma mancano ancora gli ozonizzatori. Per il resto tutte le strutture hanno implementato le misure indicate nelle linee guida: sono stati ridotti i coperti e i posti letto, tutti quelli che vengono a dormire hanno l’obbligo di portarsi il proprio sacco letto». Le nuove norme sono state accolte di buon grado dai turisti e il rispetto delle stesse è piuttosto diffuso: «Ovviamente non è semplice garantire il rispetto delle distanze, ma tutti si impegnano e il fatto di avere delle regole certe e condivise ha agevolato il lavoro dei custodi. Anche per le prenotazioni, la gente ha preso l’abitudine di telefonare o controllare su internet le disponibilità nella strutture. E per ora nessuno si è presentato febbricitante, non abbiamo registrato casi sospetti di Coronavirus». I turisti sembrano arrivare, seppure con i ritardi del caso: «I confini con l’Austria hanno aperto solo il 15 giugno, per cui all’inizio salivano solo sudtirolesi. Ora però si iniziano a vedere le prime prenotazioni, soprattutto per luglio e agosto, degli stranieri di lingua tedesca: austriaci, svizzeri, tedeschi. È una crescita lenta, molo lenta, ma sembra che stia riprendendo». Prudenza e un distinguo importante anche da parte del Cai di Bolzano, nella figura del presidente Riccardo Cristofoletti: «Siamo moderatamente soddisfatti, anche se bisogna dire che abbiamo ricevuto molte disdette per i limiti temporanei alla circolazione che l’Austria aveva imposto. Ora aspettiamo di vedere cosa succederà con le prenotazioni che in questo periodo arrivano solitamente da turisti di lingua tedesca. Tendenzialmente sono prenotazioni per weekend lunghi, tre-quattro giorni a mezza pensione. Ai miei rifugisti dico che bisogna avere pazienza perché qualcosa si sta muovendo, ma è presto per avere un quadro completo della situazione». Cristofoletti ritiene che tutto sommato ci sia una discreta osservanza delle regole: «I custodi mi dicono che bene o male le norme all’interno dei rifugi vengono rispettate. Però vedo ancora troppa gente che ha un atteggiamento menefreghista, che si dimentica di indossare la mascherina quando arriva al tavolo quando ci sono altre persone, o comitive di ragazzi che stanno tutti insieme ignorando il distanziamento sociale». Ci sono anche vuoti normativi da superare: «Il tema delle capanne sociali, dei bivacchi e del comportamento da tenere durante le emergenze per maltempo rimane spinoso. Noi abbiamo una bella struttura autogestita all’Alpe di Siusi ma non possiamo usarla perché non possiamo garantire la sanificazione, mentre nei bivacchi ufficialmente non si potrebbe proprio entrare. Ma cosa deve fare un gruppo di alpinisti sorpreso da una bufera? Rimane fuori perché non si possono rispettare le distanze? Ricordiamoci che bivacchi e rifugi nascono per garantire un riparo in caso di necessità e non si può derogare a questa funzione. Per lo stesso motivo, in caso di maltempo i rifugisti faranno entrare gli escursionisti nelle strutture gestite perché la sicurezza va garantita, è una questione di buon senso». L'Adige | 3 Luglio 2020 p. 6 Cimon della Pala, la salita del 1870 Tre giugno 1870, una data di rilievo per la storia dell'alpinismo dolomitico e ancor più per le origini del turismo nel Primiero: sono trascorsi centocinquant'anni da quel venerdì, quando un alpinista inglese e due guide, Santo Siorpaes di Cortina d'Ampezzo e Christian Lauener di Lauterbrunner (svizzero, dell'Oberland bernese) misero piede per primi sulla vetta del Cimon della Pala , montagna simbolo delle Pale di San Martino, ponendo la parola fine ad una "sfida" nata in seno all'Alpine Club di Londra. Originario della contea di Durham, l'inglese era Edward Robson Whitwell che, nemmeno trentenne, si era unito al più esperto Francis Fox Tuckett, alla sorella Elizabeth Tuckett e ad altri viaggiatori e aveva lasciato la capitale britannica il 13 maggio per una lunga "vacanza alpinistica" nell'allora Tirolo italiano. La "sfida" - o tale era sembrata a Whitwell che l'aveva raccolta - era nata dopo che Leslie Stephen, rispettato membro dell'Alpine Club oltre che critico letterario, docente ad Oxford e papà di Virginia Woolf, aveva visitato il Primiero traendone un'impressione vivissima. Dopo aver salito quella che oggi è chiamata Cima di Ball - intitolata al primo, grande descrittore delle Alpi -, Stephen aveva scritto un accattivante articolo sulle Pale di San Martino per l' Alpine Journal , l'organo del club, concludendo con l'auspicio che il Cimon e le altre vette del gruppo venissero risparmiate dagli alpinisti e lasciate alla loro magica solitudine. Whitwell, preso da «subitaneo desiderio» di vedere le Pale e, se possibile, «tentarne la scalata», unitosi alla comitiva Tuckett giunse nel Primiero il 26 maggio e, con l'esperto "Frank" Tuckett e le due guide, effettuò il primo tentativo partendo da San Martino, ma non riuscì ad oltrepassare il punto dove si era arenato l'alpinista viennese Paul Grohmann. Adocchiato il canale ghiacciato fra il Cimon e la Vezzana, fu quindi deciso di tentare da quel versante, nonostante l'aspetto incutesse un certo timore. Giunto il momento di tentare, Tuckett, a causa di uno strappo muscolare dovette rinunciare all'impresa e così, a trascorrere la notte ai piedi della cima, in una baracca abbandonata, salirono Whitwell, Siorpaes e Lauener. Dal racconto dell'ascensione, scritto poi da Whitwell per l' Alpine Journal , si intuiscono le difficoltà affrontate in quella radiosa giornata di 150 anni fa: basti solo pensare che la cresta raggiunta dal trio dopo oltre tre ore di arrampicata si rivelò più bassa della vetta, cosicché i tre pionieri dovettero scendere per circa 90 metri alla ricerca di un altro passaggio. Alle undici, finalmente, calcarono la sommità dominando dall'alto la foresta di Paneveggio e cercando di identificare le vette che si innalzavano attorno a loro prima di iniziare la discesa con tutta la cautela necessaria. Oltre al racconto di Whitwell, l'impresa è stata illustrata dalla mano di "Lizzie" Tuckett, la sorella di Frank (quest'ultimo fellow della Royal Geographical Society ed etnografo, oltre che socio dell'Alpine Club): nel delizioso album Zigzagging amongst Dolomites l'autrice ha disegnato l'«ascesa difficile» al Cimon corredando i deliziosi schizzi con brevi testi come questo: «Si arrampicano su un camino e sono felici di scoprire che non è spazzato dalle valanghe!» "Zigzagging" fu pubblicato a Londra l'anno dopo e, naturalmente, la salita del Cimon contribuì a far conoscere le Dolomiti agli alpinisti, non solo britannici. Lizzie morì nel 1872.

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Passarono sei anni prima della seconda ascensione ad opera di Alberto de Falkner, Cesare Tomè e il conte Welsperg con le guide Siorpaes, Della Santa, Callegari, Brentel e Brandstaetter. Sulla cima trovarono gli ometti di pietra eretti da Whitwell e il suo biglietto da visita, che venne raccolto e rinchiuso in una bottiglia insieme ai loro nomi. In occasione del centenario della salita al Cimon, nel 1970, la sezione Sat di Primiero San Martino di Castrozza diede alle stampe un volume rimasto fondamentale e curato da Giuliano Conci, Giovanni Meneguz ed Enrico Taufer, Il Cimon della Pala nel centenario della prima ascensione 1870-1970 , con la traduzione del racconto di Whitwell a cura di Angelo Orsingher. Alto Adige | 5 Luglio 2020 p.23 Rifugi in crisi: pochi turisti e quasi nessuno ci passa la notte davide pasquali bolzano. Se qualcuno riteneva che quest'anno, dopo il virus e il lockdown, il problema fosse solo poter riaprire rispettando le norme di sicurezza, si sbagliava di grosso. Perché i rifugi altoatesini sono in grossissime difficoltà, come quelli dell'intero arco alpino. Pochi turisti, escursionisti locali al massimo mordi e fuggi, il tempo - che già nelle ultime estati non era il massimo - quest'anno è peggio del solito e certo non aiuta. Le difficoltà maggiori riguardano i pernottamenti in rifugio, che valgono almeno triplo quando funzionano: pre-cena cena e dopocena, dormire, colazione. Tanto che al Cai Bolzano questa settimana sono fioccate le richieste di ritocco al ribasso delle tutt'altro che esose quote stagionali pagate per l'affitto delle strutture in quota da parte dei gestori. E allora, visti i prospettati scarsi introiti, al Cai ora come ora si è fermi coi lavori non urgenti: si attende la fine della stagione per tirare le somme. Ma si teme.È il quadro, tutt'altro che rassicurante, fornito da Sergio Massenz, l'uomo di riferimento sui rifugi della sezione di Bolzano del Club Alpino Italiano. Al Cai di lui dicono semplicemente questo: «Parlando di Sergio si dovrebbe mettere in grande risalto l'importanza che ha per la sezione di Bolzano il grande lavoro che sta facendo. Senza di lui veramente saremmo in grande difficoltà con i lavori nei nostri rifugi. È una persona estremamente competente e attenta. Eccezionale l'attenzione e la meticolosità che mette nel suo lavoro, che svolge con grande cuore e dedizione». Lo fa sempre, e quest'anno ancora di più. Un impegno gravoso - anche per adeguarsi alle norme anti contagio - che purtroppo al momento non sta ripagando un granché. «Per i gestori», chiarisce senza mezzi termini Massenz, «questo è un periodo di gran difficoltà. Un momento particolare, perché si sommano più fattori. Ovviamente, come per tutti, c'è da fare i conti con questa magagna del Coronavirus. Ne hanno sofferto tutti, ma in quota è ancora peggio. Prima i confini erano chiusi e il turismo è venuto a mancare, poi li hanno riaperti ma gente in giro ce n'è poca». E gli italiani? «Non si muovono facilmente». È così, accade in tutta Italia. I bolzanini, da sempre grandi viaggiatori, in questi ultimi giorni confermano anche al nostro giornale: poca gente in spiaggia a Jesolo anche se il mare quest'anno è da favola; alla torre di Pisa o nella piazza del palio di Siena si è completamente soli; in Sardegna metà alberghi chiusi; a Pompei il deserto. Accade lo stesso in Dolomiti. Tornati i motociclisti, ma non si tratta di escursionisti che salgono in quota a consumare, almeno che non ci sia una seggiovia che li scodelli davanti al rifugio. Massenz poi rincara la dose: «Un altro vero problema è che la stagione finora non è stata favorevole. Da diverse estati ormai il meteo non è più lo stesso di un tempo. Quest'anno è anche peggio degli ultimi anni. Si vede il meteo incerto e così non si parte o si parte con l'ansia che se non torni presto te la becchi sulla schiena: temporali quasi tutti i giorni. Poi le temperature in quota sono basse, non invogliano». Insomma, per sintetizzare: niente stranieri o quasi tranne qualche inossidabile germanico, italiani se ne vedono pochetti anzichenò, ci sono i locali ma non a frotte. «E comunque è quasi sempre una toccata e fuga». Massenz, in qualità di responsabile dei rifugi del Cai Bolzano, gira, vede. E i rifugisti confermano. «La gente arriva su, consuma qualcosa in fretta e scappa via. Almeno in certi rifugi il passaggio c'è, di giorno non ci si lamenta, ma tanti rifugisti sono messi malissimo per quanto riguarda i pernottamenti». Quasi a zero.Massenz fa qualche esempio: «Al Corno del Renon o al Rifugio Chiusa, di giorno se la cavano benino, ma poi al pomeriggio scappano via tutti. Niente pernottamenti». Peggio ancora va in altri rifugi in quota, più difficili da raggiungere. «Il Bolzano al monte Pez, in cima allo Sciliar, o il Puez in Gardena soffrono da matti. Si trovano in quota, non è possibile raggiungerli coi mezzi». Se il meteo non aiuta, semplicemente non ci si va. «E ormai siamo a luglio inoltrato». E si sa che a metà agosto il tempo cambia, in quota inizia l'autunno, spesso e volentieri arrivano le prime nevicate. Massenz negli scorsi giorni è stato su, al Puez, a montare il fotovoltaico. Il gestore continua a telefonargli: «Oggi solo 7 persone». La vita, in alta montagna, è già di per sé difficile. «L'affitto di queste strutture, per questo motivo, è contenuto, ma se non c'è movimento diventa un problema pagare anche un affitto basso». La difficoltà maggiore è l'assenza di pernottamenti. «È con questo che il gestore incassa, con la mezza pensione: cena, dormire, colazione». E poi si sa, al rifugio si arriva presto, magari pure si pranza, ci si fa un paio di birrette prima di cena, la grappetta dopo cena. Ma in pochi, anzi quasi nessuno, pare voglia rinchiudersi negli angusti rifugi, dove lo spazio è ancora minore che in fondovalle.Sulle strade, gente comincia ad essercene, almeno al finesettimana. Raduni di Ferrari, di Porsche, grupponi di motociclisti. «Ma è gente che non sale in quota». E allora, scatta pure la questione personale: «Se lo hai preso, ma non c'è giro, spendi più di quello che incassi. Se non l'hai preso, di giorno, con l'afflusso, sei con l'acqua alla gola». In media, quest'anno i rifugi, almeno quelli del Cai Bolzano, hanno ingaggiato la metà dei dipendenti rispetto al solito.«Gli unici a cavarsela, in questi frangenti, sono i rifugi a gestione familiare». Meno spese, ci si rientra. E di giorno non va male a chi sta a un'ora e mezzo dalla strada, tipo il Chiusa, o è appiccicato agli impianti, come il Kostner al Vallon. Gli altri sono in sofferenza. «Avremmo tanti lavori da fare, ma finché non c'è movimento, i rifugi vanno male e non si incassano le quote... Faremo un incontro a fine

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stagione, per capire come poterci muovere». E si pensi: da noi sulle Alpi Orientali va ancora abbastanza. «Sulle Occidentali, dove gli avvicinamenti sono molto più lunghi, semplicemente non si sale».©RIPRODUZIONE RISERVATA Messaggero Veneto | 6 Luglio 2020 p. 05 Zaini e mascherine pienone nei rifugi a un metro di distanza Udine Complice la giornata di sole, oltre agli amanti della montagna anche molte famiglie hanno trascorso la prima domenica di luglio nei rifugi alpini. L'hanno fatto rispettando le regole anti Covid applicate dai gestori delle strutture a costo di dimezzare i posti ai tavoli e il numero dei pernottamenti. All'appello mancano gli stranieri bloccati dall'emergenza sanitaria nei loro Paesi. Ieri, comunque, la gente è arrivata: dal Marinelli al Pordenone, tutti i rifugi sono stati quasi presi d'assalto dalla gente che quest'anno identifica la montagna come una sorta di zona "Covid free". Sappiamo che non è sempre così, ma il fatto di poter camminare in veri e propri angoli di Paradiso, offre maggiori garanzie a chi teme il contagio da coronavirus. Nell'ultimo fine settimana è entrata in funzione anche la telecabina del Canin e il rifugio Gilberti ha visto arrivare un maggior numero di persone che a piedi non se la sarebbe sentita di affrontare la salita da Sella Nevea. Irene Pittino le ha accolte con la cortesia di sempre, il resto l'ha fatto il panorama mozzafiato che si può apprezzare da quella che viene considerata la porta di ingresso al Parco delle Prealpi Giulie. Identica la situazione al Marinelli, ai piedi del Monte Cogliàns, dove Caterina Tamussin non manca di raccomandare il rispetto delle misure di prevenzione indicate in più punti della struttura. Nonostante il cantiere in corso per la messa in sicurezza della strada che attraversa la val Cimoliana, in molti hanno raggiunto pure il rifugio Pordenone a 1.240 metri di altitudine, nel parco delle Dolomiti friulane. Marika Freschi e Ivan Da Ros hanno servito piatti tipici preparati in casa, auspicando di accogliere anche gli stranieri. Da queste parti, prima dell'emergenza sanitaria, arrivavano canadesi, inglesi, tedeschi e austriaci, tutti in cerca del Campanile di Val Montanaia.I più coraggiosi, invece, hanno seguito il percorso che conduce al rifugio De Gasperi dove si arriva solo a piedi. Ma anche qui l'emozione è garantita, il paesaggio è davvero unico come uniche sono le architetture storiche conservate in angoli della Carnia, che riportano indietro nel tempo. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Messaggero Veneto | 7 Luglio 2020 p. 33 edizione Pordenone Val Cimoliana, sistemata la strada di accesso cimolais La Val Cimoliana ritorna lentamente alla normalità dopo i gravi dissesti della tempesta Vaia, datata ormai fine ottobre 2018, ma i cui strascichi sono in molti casi ancora evidenti. Con largo anticipo rispetto alla originaria tabella di marcia, sono infatti terminati i lavori di sistemazione della strada di accesso. Si tratta di interventi tampone che rendono fruibile la carreggiata, ma che richiederebbero ancora svariati milioni di euro di opere per un suo completo riassetto. Per il momento, comunque, il piano carrabile risulta assestato e l'itinerario che porta al Campanile di Val Montanaia è nuovamente agibile. In questo modo, sarà possibile accedere anche con mezzi di soccorso al cuore del Parco naturale delle Dolomiti friulane: il recente allentamento delle disposizioni contro il coronavirus ha spinto numerosi alpinisti a frequentare l'area, aumentando l'eventualità di infortunio. Venerdì pomeriggio l'area è stata visitata dal governatore della Regione, Massimiliano Fedriga, e da numerosi suoi assessori, con il responsabile della Protezione civile, Riccardo Riccardi, in testa. Il sopralluogo ha preso atto dello stato di avanzamento dei numerosi cantieri post Vaia operativi lungo la strada interna. L'asse stradale è gestito dal Comune di Cimolais e non è liberamente transitabile per evitare l'inquinamento. --F.Fi.© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 12 Luglio 2020 p. 25 Cisterna da 12 mila litri aumenta lo stoccaggio dell'acqua a servizio del Rifugio "Dal Piaz" Raffaele Scottini Feltre Il rifugio "Dal Piaz" riduce al minimo il rischio di ritrovarsi con i rubinetti a secco. È stata messa in posa una nuova cisterna da 12 mila litri per lo stoccaggio dell'acqua, che rappresenta un passo in avanti importante per l'approvvigionamento idrico della struttura del Cai e rendere ancora migliore il servizio agli escursionisti che soprattutto in questi mesi caldi frequentano numerosi le Vette Feltrine.«L'obiettivo è rendere il Dal Piaz più autosufficiente», commenta il presidente della sezione del Club alpino italiano di Feltre

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Ennio De Simoi. «Quello dello stoccaggio dell'acqua è un problema per i rifugi in quota. Abbiamo la fortuna che il Boz può contare sul torrente che scorre vicino, mentre per portare l'acqua al Dal Piaz c'è un sistema di alimentazione abbastanza complesso che parte da Busa delle Vette e supera un dislivello di una certe importanza attraverso una catena di pompaggio», spiega. «La nuova cisterna da 120 ettolitri aumenta la capacità di stoccaggio per andare incontro alle necessità del rifugio, sia perché ha una maggiore fruizione rispetto al passato, sia perché di fronte alle nevicate meno copiose, l'acqua è diventata più carente per cui bisogna approfittare quando c'è e accumularla».Maggior fruizione da parte degli ospiti significa maggior consumo, quindi bisogna stoccare più acqua e questo serbatoio è utile in chiave preventiva, per evitare il rischio di chiusura per carenza idrica. L'intervento si inserisce in un pacchetto di lavori in corso in questi giorni, che comprendono anche il rifacimento e potenziamento del sistema di smaltimento delle acque reflue provenienti dalla fossa imhoff attraverso un impianto di subirrigazione per permettere la dispersione nel terreno in modo ecologico.Questo tipo di depurazione non è solo un comodo sistema di smaltimento, ma un vero e proprio trattamento depurativo naturale. «La vasca imhoff andava adeguata per renderla più efficiente», commenta il presidente del Cai. «Sempre in una logica di incremento del numero delle presenze al rifugio». Inoltre, è stato cambiato posto al bivacco invernale. Si tratta di quattro posti, che sono stati dal porticato su una struttura già esistente e precedentemente impiegata per altri usi, mentre nel porticato verrà ricavato un magazzino.«Abbiamo dovuto rifare anche i getti di cemento, effettuando diversi trasporti da Croce d'Aune in elicottero», dice Ennio De Simoi. «I lavori dovrebbero essere conclusi per fine mese». Si tratta di un intervento da 30 mila euro in totale. C'è un contributo del Cai centrale, un altro del Parco delle Dolomiti per quanto riguarda la parte idrica e il 50 per cento è a carico della sezione di Feltre. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Alto Adige | 12 Luglio 2020 p. 12 Rifugi a rischio focolai, la denuncia delle guide «I gestori sono ligi, i turisti altoatesini e dal resto d’I- talia pure, così gli austriaci, ma gli altri stranieri, in particolare i germanici, non rispettano le re- gole. Quasi nessuno indossa la mascherina o osserva il distan- ziamento sociale. Così facendo i rifugi alpini adesso rischiano di trasformarsi in nuovi focolai del Covid-19». È la denuncia di Guido Colombetti, bolzanino, noto a livello internazionale pri- ma come park designer e event manager per Obereggen e altre stazioni invernali, e poi come compilatore di apprezzate gui- de di snowboard-alpinismo e arrampicata sportiva. Di profes- sione in estate fa l’accompagna- tore di media montagna, ossia la guida escursionistica. Se fino a giugno la situazione era tranquilla, almeno dallo scorso finesettimana i flussi tu- ristici si sono intensificati. La testimonianza lampante ieri mat- tina, proprio in centro a Bolza- no: pioggia in quota, tutti giù in città. Code di centinaia di perso- ne appiccicate e senza mascheri- na da Ötzi, sotto i Portici tutti ammassati, e anche qui quasi nessuno con la mascherina. Accade purtroppo lo stesso in quota. E va bene sui sentieri, do- ve c’è spazio a sufficienza, non così nei rifugi, specie alla sera. Guido Colombetti, in un’ac- corata missiva scritta nella gior- nata di ieri all’Unione albergato- ri e pubblici esercenti, alla Pro- vincia, al Governo, all’Alpenve- rein, al Cai Bolzano e al Cai na- zionale, scrive: «Sono una gui- da escursionistica Amm, nato e cresciuto in Alto Adige, vivo a Dobbiaco. Dopo il periodo di quarantena, dove tutta Italia ha fatto l'unica cosa che si poteva fare per evitare ulteriori morti e fermare il diffondersi della pan- demia, ad oggi, girando per i ri- fugi alpini dell'Alto Adige con miei clienti, è con grande ram- marico che rilevo questo in pra- ticamente tutte le occasioni: all'interno dei rifugi alpini la maggior parte delle persone provenienti dalla Germania non rispettano le normative an- ti Covid-19... Ma la maggior par- te dei nuovi focolai europei non sono proprio in Germania?» In quattro differenti rifugi dell'Alto Adige, prosegue Co- lombetti, «non ho visto un ger- manico indossare una mascheri- na o rispettare la distanza, men- tre gli italiani o gli austriaci o gli escursionisti di altre nazionalità nel 90 per cento dei casi lo fan- no». Difficile distinguerli, obietterà qualcuno. Vero nien- te, chiarisce Colombetti, «solo loro parlano in Hochdeutsch». Colombetti cita il rifugio Fi- renze in Gardena, la malga Tuff sopra il laghetto di Fié, il rifugio Genova ai piedi delle Odle ecce- tera. Tutti visitati nell’ultima settimana con i propri clienti, che quest’anno non sono i soliti tantissimi stranieri, bensì gli italiani, sempre più numerosi. La guida si domanda: «Forse è stato un caso o forse no, ad ogni modo, come la mettiamo? Vogliamo avere una nuova on- data magari proprio durante le vacanze di Natale? Direi che così siamo sulla buona strada...» L’accompagnatore di media montagna è senza parole: «Stia- mo facendo una bruttissima fi- gura con tutte le persone che ri- spettano il prossimo seguendo le normative in vigore». La guida escursionistica tiene a sottolineare: «I gestori dei rifugi hanno sempre la mascheri- na e sono ben attrezzati con gel lava mani eccetera, ma non ne ho visto uno chiedere di indos- sare la mascherina a chi non ce l'ha». Questo, sostiene, non è un bell'esempio per l'Alto Adi- ge. «È uno schiaffo in faccia a chi per mesi ha lottato negli ospedali e a tutti noi che per due mesi ci siamo chiusi in casa mentre fuori splendeva il sole». Per conto suo, questa estate Colombetti non accetterà turi- sti provenienti dalla Germania «e così consiglio di fare anche ai miei colleghi. Preferisco guada- gnare di meno, ma rimanere in salute». La guida nella sua email di ieri chiede urgente- mente a club alpini e Provincia di fare qualcosa, «altrimenti le conseguenze le pagheremo di nuovo noi tutti magari chiuden- doci in casa per altri 2 mesi...»

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L'Adige | 23 Luglio 2020 p. 17, segue dalla prima Il virus contro i rifugi Pernottamenti crollati Un'estate difficile ma, soprattutto, diversa. L'emergenza Covid-19 ha lasciato in eredità ai rifugisti trentini una stagione anomala. Segnata non solo da un calo generalizzato dei pernottamenti, ma anche da veri e propri picchi di presenze non facilmente gestibili. L'estate in quota è partita ufficialmente lo scorso 20 giugno ed il primo mese di attività permette di tracciare un primo, parziale, bilancio. Che lascia una fotografia dai tratti eterogenei: in alcune realtà le cose sono andate meglio di come si potesse temere, in altre le difficoltà sono davvero pesanti: è il caso soprattutto delle strutture più in quota che legavano la loro attività alle uscite di scuole di alpinismo, completamente ferme quest'estate. Numeri preoccupanti. La stagione non è ancora a metà, ma i numeri del primo mese di aperture non possono che far scattare un campanello d'allarme. In alcune realtà il calo dei pernottamenti si attesta anche al 50% rispetto agli anni precedenti. C'è anche chi se la vede ancora peggio: «Siamo qui in due. Chi è stato qui ha di certo presente cosa voglia dire, il fatto che bastino due persone per gestire il rifugio», spiega malinconicamente Romano Ceschini, dai 3.025 metri del rifugio Caduti dell'Adamello alla Lobbia . Dove il grosso dei pernottamenti lo garantivano le scuole di alpinismo: «Tutte ferme quest'anno. Sale qualcuno nei fine settimana ma non basta certo a recuperare le prenotazioni mancanti. Andiamo avanti comunque, sperando nel 2021». Ai 2.600 metri del Passo Principe , nel Catinaccio, Sergio Rosi snocciola dati spietati: «Come sta andando? Lavoriamo al 50%», spiega mentre prepara i tavoli per le colazioni, in un venerdì mattina piuttosto fortunato: la sera del 16 luglio è arrivato un gruppo di amici lombardi di otto persone. Grasso che cola. «Il problema è che per ora si tratta di piacevoli eccezioni. Da una notte, due al massimo. E per chi vive soprattutto di pernottamenti è un problema». Boom nei fine settimana. «Al sabato, alla domenica, il viavai è fitto. Ma si tratta di un traffico che raramente garantisce entrate. C'è chi si ferma a mangiare, ma la maggior parte di chi arriva per la gita di un giorno, porta con sè i pasti. Tanta gente, ma che non lascia il segno per quel che riguarda gli incassi». «I fine settimana? Un ferragosto dopo l'altro», conferma poco più a sud Roberta Silva del Roda di Vael . «Per il resto la situazione è tranquilla. Fin troppo. Mi aspettavo qualcosa di più, del resto se mancano gli stranieri non può che essere così. Sono loro a garantire tradizionalmente pernottamenti di più notti». «Con i pernottamenti siamo fermi. Praticamente zero», conferma Mario Desilvestro, al Gardeccia , mascherina d'ordinanza addosso. «Rifugisti mascherati e disperati», prova a scherzare mentre serve ai tavoli esterni caffè e cappuccini: «Il grosso sono il servizio bar e qualche pasto a pranzo, ma poco di più per ora. Speriamo la situazione migliori». Al Vallaccia , in cima alla Val Monzoni, Jacopo Bernard è soddisfatto: «Devo dire che va più che bene, le presenze sono cresciute rispetto all'anno scorso. È una clientela differente rispetto al passato, gente che si siede fuori e si gode la gita, concedendosi qualche sfizio in più. Per quanto riguarda le regole covid sono molto rispettosi gli italiani, ma gli stranieri ci chiedono perché usiamo le mascherine». Nel gruppo delle Pale la stagione è partita ad handicap, con le ferrate il Pradidali e il Velo della Madonna chiuse e sistemate a tempo di record: «Qualche arrivo straniero inizia ad esserci», spiega Duilio Boninsegna (Pradidali) che dalla sua ha un inguaribile ottimismo: «Facciamo quel che si puo, certo è più dura rispetto agli anni scorsi ma la gente arriva. Anche qualche olandese, qualche belga. Erano qui nei giorni della polemica proprio con il Belgio, che aveva sconsigliato viaggi in Trentino: ne abbiamo sorriso assieme. Per noi è un'estate anomala. Dobbiamo gestire degli infrasettimanali con poca gente è dei fine settimana con la ressa, con non poche difficoltà anche a gestire le misure di siciurezza, tra chi ha e non ha la mascherina, chi si arrabbia per doverla mettere e chi si arrabbia vedendo chi non la indossa». «C'è chi ha letteralmente paura e se vede gente all'interno non entra - spiega Emanuele Tessaro al Brentari, in Cima d'Asta - per fortuna siamo riusciti ad allestire un chiosco esterno proprio per venire incontro a chi preferisce restare all'esterno». In alta Val di Sole, la situazione non è diversa dal resto del Trentino: «Grandi numeri nei fine settimana, presenze limitate dal lunedì al venerdì», conferma dal Larcher , ai piedi del Cevedale, Manuel Casanova. Mirco Dezulian, al Denza ai piedi della Presanella, nelle prime settimane di aperture ha dovuto fare i conti con la chiusura della strada che ha limitato gli accessi. «Ora va meglio. Soprattutto alla domenica. La gente che sale in giornata è tanta, ma per noi è difficile poter fare loro un servizio come si deve. I pernottamenti sono quello che sono, ma almeno per ora il tempo prova a darci una mano». In Brenta Alberto Angeli descrive una realtà non molto diversa: «Le presenze dei fine settimana sono numerose, ma non si può dire lo stesso dei pernottamenti durante la settimana. Ora l'importante è lavorare al meglio, fare quello che possiamo, poi tireremo le somme. Prepararci per questa stagione strana non è stato facile, vedremo a fine estate come sarà andata». Dall'altra parte della Rendena, al Segantini . Per quel che riguarda le strutture di proprietà della Sat, i conti i gestori li faranno anche con i vertici dell'associazione di via Manci. La presidente Anna Facchini alla vigilia dell'avvio della stagione aveva specificato come, in autunno, si valuterà caso per caso se vi siano i presupposti per rivedere i canoni d'affitto delle strutture. La sensazione, purtroppo, è che in svariati casi non possa che essere così, pena la resa da parte di alcuni gestori.

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L'Adige | 23 Luglio 2020 p. 17 «Mancano soprattutto gli alpinisti» Martin Riz spiega come cambia il modo di lavorare Pienoni nei fine settimana e poca folla tra un fine settimana all'altro. «Diciamo pure deserto, in certe giornate. Ma il problema non è solo di numeri, di incassi. È anche e soprattutto di tipologie differenti di presenze. E cambia anche il tipo di lavoro per noi rifugisti». Martin Riz gestisce il rifugio Antermoia da tre anni. «Sarebbe ingiusto lamentarsi, finora le cose sono sempre andate bene e non è cosa da poco per un neofita. Certo, la situazione di quest'anno è nuova per tutti, immagino anche per chi vive e lavora in rifugio da molti più anni rispetto a me e alla mia famiglia». Sarà anche un neofita dei rifugi, Riz, ma non certo della montagna: scialpinista, guida alpina, soccorritore, il suo è senza dubbio un punto di vista qualificato. «La clientela che fino ad ora sta mancando è quella degli alpinisti o comunque degli escursionisti che salgono in quota per permanenze prolungate o traversate. Frequentatori esperti, o comunque consapevoli di cio che la montagna e un rifugio offrono e richiedono. Lavorare invece con gli escursionisti che ci raggiungono nei fine settimana è inevitabilmente diverso e richiede anche da parte nostra un impegno differente». L'Adige | 23 Luglio 2020 p. 17 «Chi diversifica soffrirà meno» Il presidente delle guide alpine, Martino Peterlongo Anche in montagna, per azzardare un paragone ardito, funziona come in economia: nelle crisi si salva chi diversifica. Non il rischio, in questo caso, ma la clientela. A spiegarlo è Martino Peterlongo, presidente del Collegio delle guide alpine del Trentino: «Quest'anno stanno mancando veri e propri blocchi di clientela. Pensiamo ad esempio a chi non può fisicamente arrivare, come gli americani. Ci sono colleghi che negli anni avevano saputo conquistare la fiducia di clientele consolidate e in queste circostanze sarebbe un valore aggiunto. Ma quella che fino a pochi mesi fa poteva apparire senza dubbio come una sicurezza, è divenuto un punto debole. Per questo dico che chi ha saputo diversificare soffrirà meno, a differenza di chi magari si vedrà privo della clientela di riferimento». Peterlongo è comunque ottimista. «Il bilancio per ora, per la nostra categoria, non può che essere parziale. C'è ancora agosto, c'è ancora settembre, vedremo tra un paio di mesi come sarà andata davvero. Certo, con gran parte degli stranieri che non arriveranno e una nicchia importante come quella dell'attività dei gruppi - penso alle scuole di alpinismo del Cai - che sarà del tutto azzerata, le premesse non sono incoraggianti».

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L'Adige | 28 Luglio 2020

p. 19 Il nuovo Brentei sarà pronto nel 2021 L'escursionista che sale ai 2.182 metri ai Brentei in quest'estate 2020 trova un cantiere. Il "Maria e Alberto ai Brentei", storico rifugio di proprietà del Cai di Monza, è in ristrutturazione. Un lavoro che andrà a migliorare il rifugio, sia dal punto di vista strutturale, che per quanto riguarda l'accoglienza. Il preventivo dei lavori è di oltre 2 milioni di euro, affidati alla Legno House di Caldonazzo, azienda con una lunga esperienza in lavori nei rifugi. Ieri lo stato dell'arte del cantiere è stato presentato da Giovanni Curzel e Mauro Campregher, titolari con Paolo Curzel dell'azienda. I lavori sono iniziati il 4 maggio, post Covid e preceduti da alcuni sopralluoghi per la collocazione del cantiere. Il progetto del nuovo rifugio ai Brentei è stato redatto dallo studio dall'architetto Riccardo Giacomelli, che lo ha elaborato in team con altri progettisti e con i tecnici e i dirigenti del Cai di Monza. Il presidente monzese Mario Cossa è salito ieri ai Brentei, per condividere con lo staff che segue ed esegue i lavori l'incontro con la stampa. Il nuovo Brentei, se i lavori proseguiranno con i ritmi attuali, sarà utilizzabile almeno in parte già da metà della stagione 2021. La struttura, come ha ricordato Giacomelli, ceo di Alpstudio, è stata pensata tenendo presente i cambiamenti climatici e la complessità dell'offerta di un rifugio come il Brentei, nel cuore del Gruppo Brenta e alla base di pareti e vette dove si è scritta la storia dell'alpinismo dolomitico. Inoltre il progetto è stato realizzato considerando la possibilità di avere stagioni più lunghe dei classici tre mesi dal 20 giugno al 20 settembre. Proprio i cambiamenti climatici consentono di frequentare le montagne in tarda primavera e agli inizi dell'autunno.

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In primavera inoltre il nuovo Brentei, creato con una tridimensionalità, potrà offrire ospitalità ai sempre più numerosi sci alpinisti e sarà una struttura modulare. Rimarranno invariati i posti letto, ossia 99, saranno ripulite le facciate in pietra eliminando i volumi aggiunti in legno, con la creazione di una sala da pranzo a sbalzo sulla Val Brenta, dotata di 100 posti, con un'ampia vetrata con vista sul Crozzon di Brenta e sul Canalone Neri. Mario Cossa ha ricordato come i lavori ai Brentei siano possibili grazie al contributo della Provincia di Trento. «Il Cai di Monza - ha detto Cossa - ha pensato e ripensato a come ristrutturare il rifugio condividendolo con i progettisti, i gestori, la famiglia Leonardi e ora in corso d'opera, per alcune migliorie, con Legno House il futuro Brentei. Il progetto prevede la salvaguardia della parte storica, le due sale interne e la collocazione adiacente al rifugio del bivacco che rimarrà dedicato a Catullo Detassis». «I lavori procedono alacremente - hanno detto Curzel e Campregher - siamo stati fortunati con il meteo, che ci ha permesso per esempio di fare nelle giornate programmate i carichi con l'elicottero. Abbiamo terminato il tetto, sul quale in questi giorni si sta ultimando la copertura in lamiera. Sono stati fatti tutti gli sbancamenti e, teniamo a sottolinearlo, tutto il materiale delle demolizioni interne e stato portato a valle e conferito in discarica. Stiamo lavorando alla realizzazione della nuova scala più ampia. Al rifugio lavorano da 12 settimane 7-8 persone a seconda delle necessità, che rimangono in quota per 5 giorni. In funzione del meteo i lavori proseguiranno fino all'inizio dell'autunno». È intervenuto Piergiorgio Pallanch, amministratore delegato di Lagorair, che ha effettuato in questi tre mesi 800 rotazioni, con l'elicottero, un Ecureuil B3, con partenza dalla malga di Vallesinella e che opera con un equipaggio composto da pilota e due coadiutori al servizio del cantiere. Nella fase attuale si predisporranno gli impianti tecnologici, elettrico e idraulico, con riscaldamento a pavimento nel piano terra e nel primo e secondo piano. Per quanto riguarda l'energia elettrica si sta ipotizzando di portare ad alcuni rifugi del Brenta l'alimentazione da valle con una linea elettrica e l'uso di pannelli fotovoltaici o solari termici dipenderà da questa scelta futura. L'Adige | 28 Luglio 2020 p. 19 Realizzato negli anni Trenta poi ristrutturato e affidato nel 1949 alla gestione di Bruno Detassis Il primo rifugio, un capanno, fu realizzato negli anni Trenta del secolo scorso da Gigioti Bolza. Negli anni successivi la piccola costruzione divenne rifugio e con lo svilupparsi dell'alpinismo meta dei pionieri dell'arrampicata. Al termine del secondo conflitto mondiale l'alpinismo si sviluppò ed il Gruppo Brenta e le sue pareti divennero teatro di imprese che hanno fatto storia. La struttura venne acquistata da Gian Vittorio Fossati Bellani, industriale tessile e alpinista monzese, che la ristrutturò e la donò al Cai di Monza, che affidò nel 1949 la gestione a Bruno Detassis (1910 - 2007), il re del Brenta. Bruno rimase titolare della gestione fino al 2000, quando passò al figlio Claudio che rimase ai Brentei fino al 2008. Dal 2009 gestisce il Brentei la famiglia di Luca Leonardi, con la moglie Antonella ed i figli Michele e Gabriele. I Leonardi sono consapevoli di avere nella gestione del Brentei una eredità importante, quella del grande uomo e alpinista Bruno Detassis, che ha solcato un secolo di alpinismo e ha fatto del Brentei una scuola di vita. «Siamo consapevoli - dice Michele - di essere parte di questa storia, impegnati a portare avanti i valori della montagna. Il Brentei che si sta realizzando sarà una struttura moderna e accogliente dove entreranno gli alpinisti moderni, noi ricorderemo loro da dove veniamo». U.M. Trentino | 28 Luglio 2020 p. 18 Il rifugio Brentei «raddoppia» andrea selvaval brenta l rifugio Alberto e Maria ai Brentei raddoppia: non solo perché avrà una sala da pranzo panoramica a sbalzo sulla val Brenta, con la capienza raddoppiata; non solo perché avrà un bivacco invernale nuovo che l'estate potrà servire come sala polifunzionale; ma anche perché l'obiettivo è quello di tenerlo aperto anche durante la stagione invernale. O meglio: in autunno e a inizio primavera, contando sulle stagioni che non sono più quelle di una volta a causa del cambiamento climatico. E contando anche sulla crescente voglia di andare in montagna tutto l'anno.I lavori in corsoIl cantiere prevede un intervento complessivo di 2,4 milioni di euro (per lo più a carico della Provincia autonoma di Trento) ed è partito in maggio: «L'obiettivo iniziale era di lavorare continuando a tenere aperta la struttura» spiega Mario Cossa, presidente del Cai di Monza. «Ma poi è arrivata l'epidemia Covid a cambiare le carte in tavola. Viste le nuove regole abbiamo deciso di saltare una stagione e dare un'accelerata ai lavori, garantendo nel frattempo un punto di ristoro esterno alla struttura». La nuova tabella di marcia prevede quindi di terminare il grosso dei lavori entro questa stagione, per proseguire con l'impiantistica e con le finiture l'estate prossima quando il rifugio dovrebbe aprire al pubblico».Storia e futuroIl Brentei non è un rifugio qualunque. Aperto nel 1947 (quando venne donato al Cai di Monza dall'imprenditore lombardo Gian Vittorio Fossati-Bellani, che l'aveva costruito partendo da un piccolo capanno), rispetto ad altri rifugi ben più antichi ha una storia tutto sommato recente. Ma questo fu per cinquant'anni il rifugio di Bruno Detassis, custode del Brenta (oltre che del rifugio) in un

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luogo dove sono state scritte tante pagine di storia dell'alpinismo trentino. A testimoniare questa storia resterà il corpo originale (con la vecchia sala da pranzo che diventerà un locale dedicato a Detassis) mentre il futuro sarà rappresentato dagli ampliamenti moderni, progettati dall'architetto trentino Riccardo Giacomelli e dall'ingegnere lombardo Emanuele Gramegna. Michele Leonardi, che assieme ai fratelli ha ereditato la gestione dalla famiglia Detassis la vede così: «Forse qualcuno potrà pensare che si tratti di un'architettura ardita, ma tra vent'anni i giovani arriveranno quassù e osservando il panorama dalla vetrata della sala da pranzo diranno semplicemente: che bello».Legno e vetroL'antico contenitore in pietra è stato "svuotato" e riempito con solai e tramezze in legno. A eseguire l'operazione c'è la Legno House di Caldonazzo, con Giovanni Curzel assieme al fratello Paolo e al terzo socio Mauro Campregher. Lavorare a 2.182 metri di quota non è facile: «A maggio ci siamo dovuti fare largo nella neve per partire il prima possibile con i lavori. La speranza è di continuare fino a metà ottobre o anche in più in là» racconta Giovanni Curzel. Il rifugio è servito da una teleferica, che però è assolutamente insufficiente per le esigenze del cantiere. Così l'elicottero della Lagorair, in particolare il lunedì e il venerdì, lavora al servizio della ristrutturazione. La previsione è di effettuare, nell'ambito delle due stagioni di lavori, un totale di 1.600 voli da Malga Brenta Bassa (dove c'è la base a valle del cantiere) fino alla conca della val Brenta in cui c'è il rifugio Brentei. Il progetto originale è passato attraverso una serie di revisioni, anche sulla base delle indicazioni fornite dalla ditta edile che si sta specializzando in interventi di ristrutturazione d'alta quota, in particolare nel Gruppo delle Dolomiti di Brenta.©RIPRODUZIONE RISERVATA Trentino | 28 Luglio 2020 p. 18 Il presidente del Cai di Monza: «Un progetto coraggioso» val brenta «Per avviarci in un progetto del genere ci voleva un certo coraggio» spiega Mario Cossa, presidente del Cai di Monza che è proprietario del Rifugio Brentei. «Non solo per il peso finanziario dell'operazione (resa possibile solo dall'intervento della Provincia autonoma di Trento) ma anche perché abbiamo voluto guardare al futuro assieme ai gestori che ritengono giustamente di guardare avanti. Il rifugio ha una storia, ma è giusto pensare un po' più in là: dobbiamo fare tesoro della tradizione e di tutto quello che c'è stato in questo posto, ma dobbiamo pensare in prospettiva. A quello che è adesso, ma anche a quello che sarà nei prossimi anni: è giusto che noi che siamo la parte più vecchia della nostra associazione ci lasciamo influenzare dal pensiero dei soci più giovani, che sanno guardare avanti. Questo processo richiede anche un po' di coraggio». Il rifugio è inserito nell'area del Parco naturale Adamello Brenta che ha dato il via libera al progetto e alle modalità di gestione del cantiere con i voli in elicottero. Il rifugio continuerà ad essere alimentato con un generatore di corrente, mentre l'acqua proviene da sorgenti d'alta quota. Corriere del Trentino | 28 Luglio 2020 p. 6 Brentei, in due anni nuovo look: «Sconvolgere l’idea di rifugio» Il cantiere sulle Dolomiti del Brenta. Nuova sala da pranzo da 105 posti con vetrate Tommaso Di Giannantonio CAMPIGLIO Più o meno ogni quindici minuti un elicottero della Lagorai sbuca dal velo di nubi che si poggia sulle Punte di Campiglio, arriva sul grande prato di Malga Brenta Bassa e attende che alcuni operai aggancino alla catena di verricello una vasca metallica contenente infissi, sabbia o cemento. Poi risale per circa mille metri e lascia il carico al Rifugio Brentei a 2.182 metri di quota, dove lo aspettano gli operai di Legno House. Un cantiere — ieri mattina aperto agli organi di stampa — che va avanti ormai da tre mesi e sarà smontato tra massimo due anni, prima dunque dei trenta mesi previsti prima dell’emergenza Covid. Da quasi cent’anni il Rifugio «Maria e Alberto al Brentei» — di proprietà della sezione di Monza del Club alpino italiano (Cai) dal 1947 — è uno dei principali punti di riferimento per gli escursionisti e gli alpinisti che decidono di avventurarsi nelle Dolomiti di Brenta. Più volte oggetto di lavori di ristrutturazione, è passato da essere un piccolo capanno a diventare una baita di montagna, fino a trasformarsi nel secondo dopoguerra in un vero e proprio rifugio. Ma oggi tempi e modi della frequentazione della montagna sono mutati e così anche il rifugio Brentei si appresta a cambiare volto, mirando ad allungare la stagione «estiva» di oltre un mese e offrendo ai visitatori una nuova sala da pranzo da 105 posti (non più 45) con vetrata panoramica. «Il progetto tiene conto sia dei cambiamenti climatici, che stanno mutando la sta gionalità della frequentazione di alcune parti del Brenta, e sia della nuova complessità di offerta dei rifugi di montagna», ha spiegato l’architetto Riccardo Giacomelli dell’Alpstudio, uno dei due progettisti insieme allo studio tecnico associato di ingegneria e architettura di Monza. Un restyling che per l’80 per cento è stato finanziato dalla Provincia di Trento con un contributo di un milione e 844 mila euro (il costo totale dell’opera è di 2 milioni e 200 mila euro) e che in fase di progettazione era già stato al centro delle polemiche. Alcune associazioni ambientaliste come Italia Nostra aveva infatti parlato di una sorta di snaturamento della funzione originaria del rifugio di

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montagna. E in effetti, «si tratta di un progetto che sconvolge il rifugio (che mantiene sempre 99 posti letto, ndr )», ha commentato lo stesso Mario Cossa, presidente della sezione Cai di Monza. «Ma è arrivato il momento di pensare a cosa è il rifugio oggi e a quale sarà il suo sviluppo futuro — ha proseguito —. Per questo la ristrutturazione mira ad ammodernare il rifugio Brentei, cercando di mantenere il più possibile la sua parte storica». La vecchia sala da pranzo sarà infatti mantenuta come spazio di convivialità e dedicata a Bruno Detassis, celebre alpinista e storico gestore del rifugio dal 1949 al 2000. Mentre la nuova sala si aprirà ai massicci montuosi con una grande vetrata da cui si potrà scorgere Monte Cevedale e Cima Presanella e ammirare le cime Tosa e Crozzon, Brenta Alta, Brenta Bassa e il canalone Neri. La ristrutturazione dovrà terminare entro due anni, e non quindi tra due anni e mezzo per via dell’emergenza sanitaria, che ha costretto i gestori del rifugio a chiudere completamente la struttura questa stagione, permettendo così un’accelerazione dei lavori. Nell’ambito dei lavori è inoltre previsto lo spostamento del bivacco in un’altra posizione per motivi di sicurezza. «Il rifugio ormai non è più un punto di partenza ma è spesso un punto di arrivo per gli escursionisti», ha sintetizzato Michele Leonardi, che insieme al fratello Gabriele e ai genitori Luca e Antonella gestisce il rifugio Brentei dal 2009. L'Adige | 13 Luglio 2020 p. 34 La strana estate dei rifugi alpini ANNIBALE SALSA montagna Un'estate anomala, questa, soprattutto per gli effetti sul turismo. L'imprevedibilità dell'emergenza sanitaria, terribile scacco nei confronti della supposta onnipotenza della scienza e della tecnica, ha colto tutti di sorpresa. La teoria del «Cigno nero», relativa alla presenza di eventi non prevedibili, ha trovato una sua applicazione inaspettata. CONTINUA A PAGINA 38 Riportandoci improvvisamente a riflettere sulla fragilità della condizione umana. Con troppa disinvoltura e sicurezza - due stati d'animo supportati dai cosiddetti «saperi previsionali» - ci siamo congedati dalla studio della storia e della filosofia, antidoti al dogmatismo di ogni tipo, ivi compreso quello tecnocratico. Se guardiamo alla montagna scopriamo che essa, quanto a vivibilità e sicurezza da contagio, possiede vantaggi non riscontrabili in altri contesti territoriali e ambientali. I grandi spazi, utili al distanziamento fisico (non certo sociale!) delle persone, stanno dando qualche speranza alle terre alte le quali, in ogni epoca, hanno dimostrato di possedere una maggiore resilienza rispetto alle terre basse e, soprattutto, alle grandi agglomerazioni urbane. È per queste ragioni che, al sopraggiungere del fatidico anno Mille, la paura delle fine del mondo alimentata dalla dottrina del millenarismo ha fatto scattare una corsa verso i territori montani. La montagna alpina, nel basso medioevo, incominciava ad essere percepita come un luogo più sicuro rispetto all'età antica tendenzialmente oro-fobica. La mobilità delle persone iniziava a privilegiare le vie alte, al di sopra di quei fondovalle che diventeranno le principali vie d'accesso nell'età moderna. Tornando all'oggi, limiti e regole restrittive per prevenire i contagi riguardano anche le strutture di accoglienza in alta quota come rifugi e capanne. A tal proposito, mi piace sottolineare il significato di parole come «rifugio» o «capanna» nelle loro identità di significato e nelle loro differenze etimologiche. Nel primo caso, la parola «rifugio» si trova maggiormente utilizzata nelle Alpi Occidentali italiane e francesi (réfuge), mentre quello di «capanna» ha un più forte radicamento nelle Alpi Centrali lombarde e ticinesi o nel resto della Svizzera sia francofona («cabane»), sia tedescofona (Hutte), oltre che in Sudtirolo, in Austria e in Baviera. A prescindere dalla forma linguistica, il significato di base è comunque sempre lo stesso e rimanda alla funzione del rifugiare, dell'accogliere, del custodire materialmente e simbolicamente chi si avventura per le montagne. Per questi motivi la chiusura dei rifugi, dettata dalle misure anti-covid, poteva apparire inopportuna seppur comprensibile. Il rifugio, infatti, non può respingere chi si trova disperso fra le montagne tant'è vero che esiste, in ogni struttura, un locale accessibile direttamente a chi deve trovarvi rifugio in extremis. Tuttavia, per effetto della riduzione delle misure di distanziamento, si spera che i nostri rifugi/capanne possano assolvere, anche in questa strana estate, quella funzione per la quale sono stati pensati e costruiti: presìdi e sentinelle dell'alta montagna. Ma un pensiero riconoscente deve essere rivolto ai loro eroici gestori che, fra mille difficoltà e sacrifici, tengono aperte le porte all'accoglienza di chi frequenta la montagna. Una curiosità che riguarda ancora i rifugi, scarsamente nota anche fra gli abituali frequentatori delle montagne dell'arco alpino, merita di essere menzionata in quanto dà l'idea della precarietà dell'ambiente alpino. Come noto, le Alpi non sono una catena di montagne che ricade su di un'unica nazione, a differenza degli Appennini. Lo spazio alpino interessa ben otto Stati che dalla Francia a ovest si prolungano fino in Slovenia ad est. Questa configurazione geografica ha sempre creato qualche problema di confine, non soltanto fra nazioni straniere ma anche fra regioni e provincie dello stesso Stato. Tralasciando le guerre che, dal XVIII° secolo, si sono combattute sulle Alpi per stabilire le frontiere sulla linea dello spartiacque principale e che hanno visto passare intere regioni da uno Stato all'altro, in area dolomitica la questione della Marmolada è stata a lungo al centro di un contenzioso amministrativo fra Trentino e Veneto. Passi dolomitici come il Pordoi, diviso per decreto governativo nell'anno 1923 fra Trento e Belluno, ancora oggi vedono la casa alpina del CAI tagliata in due parti dal confine che separa le rispettive regioni con i Comuni di Canazei e Livinallongo. O ancora il Rifugio Europa alla Venna, diviso fra Austria e Italia a est del Brennero e "unificato" a seguito della nascita dell'Europa senza frontiere. Tuttavia pochi sanno che, già da qualche anno, il ghiacciaio del Plateau Rosa fra Cervino e Monte Rosa si sta spostando a causa del parziale scioglimento della copertura glaciale. Questo fatto rischia di veder trasferire il rifugio Guide del Cervino (3480 m) dall'Italia alla Svizzera, dal Comune valdostano di Valtournenche a quello vallesano di Zermatt, come già accaduto per la stazione d'arrivo della funivia del Furggen. Risulta da un recente comunicato di Swiss Info del 18 maggio che è in corso, da parte elvetica,

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una verifica sul confine mobile fra i due Stati. Già in un accordo sottoscritto fra Svizzera e Italia nell'anno 2008 si faceva riferimento al concetto di "confine mobile" per la presenza di superfici effimere quali sono i ghiacciai. Intanto, in attesa del pronunciamento da parte della commissione italo-elvetica, i lavori di ristrutturazione del rifugio sono stati sospesi. Tale pronunciamento, previsto per fine maggio di questo anno, è stato rinviato a fine novembre a causa dell'emergenza covid-19, come comunicato dall'Ufficio Federale Svizzero. Le ipotesi ventilate fanno riferimento ad una possibile permuta di superfici alla luce di quanto già successo il 24 luglio 1941 a seguito della stipula di una Convenzione fra Svizzera e Italia destinata, fra le altre cose, a sanare la questione relativa ad una porzione di superficie svizzera su cui insisteva il Rifugio-Capanna Regina Margherita del CAI, il più alto rifugio d'Europa (4554 m) sul Monte Rosa. A questo punto non ci resta che sperare, seppur illusoriamente, che questa strana estate sia meno calda che in passato e che il ghiacciaio arresti così il suo arretramento. Gazzettino | 15 Luglio 2020 p. 30 Ricognizione area per controllare cantieri, rifugi e presenze turistiche Un pugno di uomini addestrati e il supporto di un elicottero: con questi mezzi i carabinieri sono riusciti, in solamente 40 minuti, a svolgere controlli e verifiche in montagna. A piedi o in fuoristrada sarebbero servite diverse giornate. I militari della squadra del soccorso alpino della compagnia di Cortina, con il personale di un velivolo del 14. Elinucleo, hanno controllato cantieri in quota, sulla Tofana; hanno verificato i bivacchi Tiziano, Musatti e Fanton, nell'area delle Marmarole, così selvaggia, lontana da vie di comunicazione, impianti e rifugi; si sono accertati dell'eventuale presenza di cordate alpinistiche sulle pareti di Pomagagnon, Cristallo, Tre Cime di Lavaredo, Sorapis, Monte Piana, Marmarole. C'è stato un passaggio al frequentato lago del Sorapis, con il rifugio Vandelli. Per accelerare al massimo le operazioni, i militari sono scesi e risaliti con l'elicottero in hovering, sospeso a pochi centimetri dal suolo, senza dover atterrare. Nei bivacchi sono state accertate le condizioni di manutenzione dei ricoveri e la presenza di viveri, delle scorte essenziali per escursionisti in difficoltà. Sulle pareti rocciose è stata verificata la percorrenza sulle varie vie alpinistiche, se ci fossero persone in difficoltà, ma non è stato rilevato di preoccupante. E' stato fatto anche un controllo sul numero di persone presenti in montagna, anche verificando l'affollamento dei parcheggi delle auto. Al rifugio Auronzo, alla base delle Tre Cime, l'area di sosta per i veicoli è un importante indicatore, ma nella ricognizione dall'alto si è verificato che siamo ancora lontani dal periodo di massima affluenza. (mdib) © riproduzione riservata Corriere delle Alpi | 19 Luglio 2020 p. 38 «Bivacchi chiusi questa estate e affitti "congelati" ai rifugisti» PIEVE DI CADORE «Per quest'anno i bivacchi delle Dolomiti», ha affermato il presidente del Cai Veneto, Renato Frigo, «a causa del Coronavirus, non saranno utilizzabili, contrariamente ai rifugi: lì si potrà entrare, dormire e mangiare, anche se la loro capienza è stata ridotta del 60%. Per ovviare a questa minore produttività, a tutti i proprietari dei rifugi che sono in gestione a privati o associazioni è stato chiesto di non chiedere il pagamento degli affitti fino a settembre. Per quanto riguarda i bivacchi, queste strutture sono nate come risorse di emergenza per accogliere una persona in difficoltà o stanca. Bisognerà fare senza». La comunicazione è arrivata al termine dell'incontro che si è tenuto ieri a Pieve nell'ambito della manifestazione "Boschi di carta", organizzato dal Comune per valutare i comportamenti umani in montagna dopo il Coronavirus. All'incontro c'erano il sociologo e filosofo della montagna Annibale Salsa, lo pneumologo specialista in malattie respiratorie e presidente Aimar Stefano Nardini, il direttore di Confindustria Belluno Dolomiti Andrea Ferrazzi e il presidente del Cai Veneto Renato Frigo.È stato quest'ultimo che, parlando dell'intenso lavoro fatto durante la quarantena per valutare la possibilità o meno di tenere aperti i rifugi, ha affermato che «all'inizio della epidemia, quando si è trattato di valutare la chiusura delle attività, priorità era stata data all'economia, con tutti i problemi legati alle chiusure; non appena la situazione è andata sotto controllo, in cima alla lista è stata posta invece la persona umana, con i problemi sanitari da superare per uscire dalla pandemia e salvare vite».L'affermazione di Frigo, se all'inizio non ha sollevato obiezioni, è stata invece contestata successivamente da Andrea Ferrazzi.«Nessuno», ha affermato, «a Belluno ha mai posto in secondo piano il valore della salute dei cittadini. Sono stati giorni molto pesanti», ha aggiunto, «durante i quali non è stato facile pensare alla chiusura delle aziende, ma mai nessuno ha messo in secondo piano la salute. I nostri industriali hanno fin da subito capito che la situazione era grave e sono stati tanto responsabili che hanno fatto tutto il loro dovere per prevedere per i dipendenti le migliori soluzioni di sicurezza prima di riprendere il lavoro. Una conferma di questo comportamento virtuoso», ha concluso, «l'abbiamo avuta durante le ispezioni di controllo effettuate, perché nessuna azienda bellunese è stata mai sanzionata».Molto interessanti anche gli altri interventi dai quali è emerso che solo con un controllo collettivo dei comportamenti sarà possibile convivere senza traumi nel dopo Coronavirus, eliminando sia da parte delle autorità e sia da parte dei cittadini gli eccessi che si sono visti in questi mesi. --vittore doro

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NOTIZIE DAI PARCHI Gazzettino | 1 Luglio 2020 p. 11, edizione Belluno Cadini vietati, non per i maleducati Come in spiaggia, nonostante i cartelli di divieto e le indicazioni fornite assieme al biglietto di accesso, i maleducati si prendono gli spazi vietati per prendere il sole sulle rocce calcaree e immergersi nelle acque cristalline del Brentòn. È successo nello scenario degli splendidi Cadini. Diversi turisti, scavalcando la staccionata che delimita il percorso attorno alle limpide forre e infischiandosene dei divieti, hanno steso asciugamani e infilato il costume da bagno. La prova di tale inciviltà è stata fotografata verso le 12.30 di lunedì. La comitiva, inoltre, ne ha approfittato per un pic nic in totale spregio di un angolo di paradiso che va protetto, perché unico e irripetibile. LA REAZIONE Il presidente del Parco, Ennio Vigne, non si dice sorpreso che i «maleducati» esistano. L'area è sotto controllo dei carabinieri forestali, ma il loro passaggio non può essere continuo. In questo caso si sono persi lo spettacolo più interessante, che avrebbe fatto fioccare una serie di multe. «Intensificheremo i controlli - promette Vigne - perchè quell'area è vietata. C'è la staccionata che delimita l'intero percorso attorno ai Cadini e ci sono i cartelli di divieto. Non c'è quindi un alibi per giustificare tale maleducazione: chi entra lo fa scientemente». MIGLIORATO IL PERCORSO L'area, in questi mesi, è stata oggetto di un intervento per migliorarne l'accesso, e da un paio di settimane sono tornati fruibili. L'intervento era stato promosso dal Parco nazionale Dolomiti Bellunesi. Era stato accompagnato, soprattutto, da un provvedimento che aveva fatto parlare, dal momento che, adesso, per visitare questa gorgogliante collana di quindici profonde vasche naturali scavate dalle acque del torrente Brentòn e collegate tra loro da altrettante cascatelle, si deve pagare il biglietto di 2 euro. L'accesso è gratuito per i ragazzi fino a 14 anni e per i residenti nei Comuni del Paco. VISITATORI PAGANTI «Nel primo fine settimana, quello del 20-21 giugno spiegano all'associazione Isoipse che gestisce gli accessi ai Cadini abbiamo registrato circa 2800 visitatori. Non sono stati altrettanti i pagamenti effettuati, perché alcune fasce sono esentate. Si trattava, normalmente, di gente che arrivava da fuori provincia. I visitatori paganti, in ogni caso, sono stati una parte predominante. Nel successivo fine settimana, gli ingressi sono un po' diminuiti, sono stati circa 2400, ma credo si tratti comunque di una cifra davvero ragguardevole». «Gli introiti dei biglietti di ingresso assicura Vigne - ci consentiranno di offrire un servizio sempre migliore ai visitatori, in linea con la straordinaria qualità degli ambienti naturali che il Parco offre ai turisti, ormai provenienti da ogni parte del mondo». E.P. © riproduzione riservata Corriere delle Alpi | 2 Luglio 2020 p. 26 Valle del Mis, già 4 mila biglietti per visitare i Cadini del Brenton Gianluca Da Poian SOSPIROLO A metà luglio verrà inaugurata la nuova gestione di Pian Falcina. E nel frattempo i Cadini del Brenton fanno registrare affluenze record, con quasi quattro mila tagliandi staccati in un paio di fine settimana. Prosegue dunque l'incredibile e particolare stagione estiva in Valle del Mis, con il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunese che, dopo i disservizi delle prime settimane, va via via cercando di potenziare l'accoglienza a quanti scelgono quell'area per trascorrere una o più giornate di relax immersi nella natura. CADINI DEL BRENTON Partiamo proprio dal dato dei Cadini. 4 mila, biglietto più biglietto meno, i tagliandi staccati complessivamente nei due precedenti weekend. Gli introiti saranno interamente utilizzati per garantire la pulizia e il mantenimento dell'area, oggetto negli ultimi anni di una crescente frequentazione turistica.A proposito, lo ricordiamo, il costo è di 2 euro, mentre viene garantito l'accesso gratuito ai bambini e ragazzi fino ai 14 anni di età e a tutti i residenti nei 15 comuni del Parco. Il pagamento del biglietto dà diritto ad accedere al giardino botanico Campanula morettiana e al sentiero che conduce ai Cadini. I visitatori ricevono inoltre in omaggio un segnalibro ricordo con una riproduzione fotografica dei Cadini e un breve promemoria, che ricorda l'importanza di mantenere un comportamento corretto nel corso della visita. «Non abbiamo ricevuto lamentele, anzi», spiega Ennio Vigne, presidente del Parco. «Nel frattempo è stata completata la staccionata di protezione sulla sinistra orografica dei Cadini, quindi chi scavalca lo fa

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consapevole di compiere un'irregolarità. La Cooperativa Isopise è sempre presente con il proprio personale, non manca la segnaletica orizzontale e verticale ed inoltre sottolineo che ora i servizi igienici sono aperti ed utilizzabili».Occorre però effettuare un richiamo a quanti, incuranti dei divieti, escono dai sentieri tracciati, vanno a distendersi a prendere il sole sul bordo dei Cadini o addirittura a fare il bagno all'interno delle vasche di roccia naturali. C'è sempre il rischio di sanzioni, perché proprio non si può deturpare una simile bellezza. PIAN FALCINA Aperte nel frattempo le buste degli interessati alla gestione dell'area di Pian Falcina.«Però attendiamo ancora alcuni giorni per la comunicazione ufficiale. La proposta progettuale è piuttosto interessante e la nostra intenzione è poter dare il via ufficiale attorno a metà mese, così da sfruttare la seconda parte di luglio. Dispiace sempre per i ritardi, però il Covid - 19 ha rallentato qualsiasi operazione».Sembra slitti invece a fine estate l'installazione dell'antenna Wind, mentre Vigne auspica «sia questione di giorni l'accensione delle luci nelle gallerie che conducono in valle». --© RIPRODUZIONE RISERVATA L'Adige | 3 Luglio 2020 p. 6 Camminare per imparare Scoprire la bellezza del Parco Adamello-Brenta»: la bellezza di un SuperPark , per dirla con i dirigenti dell'ente, che ieri pomeriggio hanno presentato il cartellone di iniziative «mai proposte prima d'ora sul territorio dell'Adamello-Brenta», come affermano orgogliosamente al Parco. In sintesi: 14 passeggiate, con la guida di scrittori, registi, illustratori, blogger e giornalisti. Inoltre 9 proiezioni cinematografiche nel bosco di sera. Intrusioni inquinanti? Nemmeno per sogno: apparecchiature funzionanti ad energia solare e cinema ascoltabile con le cuffie, così da non disturbare la natura. È il massimo dell'originalità. Magari sarà impegnativa, ma è certamente inedita ed interessante. A presentare l'iniziativa, coordinati da Chiara Grassi, c'erano il presidente del Parco Joseph Masè, il direttore Cristiano Trotter, la co-founder di Impact Hub Dalia Macii, il presidente dell'Azienda per il turismo Campiglio-Pinzolo-Val Rendena Tullio Serafini, il suo collega dell'Apt Val di Non Lorenzo Paoli. Ma «SuperPark» è molto più corale. Infatti fra i promotori della manifestazione ci sono anche Trento Film Festival, Consorzio Dimaro Folgarida Vacanze, Azienda per il turismo Dolomiti Paganella, la sua collega Terme di Comano Dolomiti di Brenta, i due Consorzi turistici Giudicarie Centrali e Valle del Chiese, Alpes Officina culturale, Trentino Film Commission. Come si capisce, tutti gli enti turistici che ruotano attorno alle quattro Comunità di Valle coinvolte dal Parco Adamello Brenta (valli di Sole e di Non, Paganella e Giudicarie), oltre ad agenzie culturali di peso. La ripresa dopo la pandemia. L'organizzazione è partita in autunno, senza immaginare l'arrivo dello tsunami primaverile. E confermare gli appuntamenti con gli "ospiti straordinari" in pieno lockdown non è stato semplice. Lo ha ricordato Dalia Macii, che però ha riconosciuto la piena disponibilità degli interlocutori. Ospiti straordinari in più sensi. Intanto per lo spessore, poi per la fama, infine perché guarderanno, per dirla con Chiara Grassi, «attraverso occhi vergini rispetto al nostro territorio». Si parte già domani con la prima camminata, a Sarnacli di Andalo. Protagonista sarà Alessandro Barbaglia , poeta e libraio. Le camminate saranno il sabato ed il giovedì. Così giovedì 9 luglio toccherà alla seconda, in un altro luogo incantevole: la val di Fumo. Ad accompagnare i camminatori con parole e suggestioni sarà Roberta Bonazza , che è nata a pochi chilometri, anche se ormai è cittadina del mondo. Due giorni dopo toccherà ad un altro "enfant du pays", non più "enfant" ovviamente: lo chef stellato Alfio Ghezzi , che si sperimenterà per la prima volta come accompagnatore di camminate sulla montagna di Tione. Si sperimenterà, ma ha fatto il riottoso ed è comprensibile: «Ma no, cosa mi fate fare? Io so fare altro!» Il 18 luglio "sfida artistica", per usare il verbo di Dalia Macii , con Federico Ortica , che si occupa di ricerca sonora e spiegherà ai partecipanti «come suonano gli alberi». Se non sono suggestioni queste... Appuntamento a Mondifrà, sopra Campiglio. Il 23 luglio si arriva in val d'Algone, sempre terra giudicariese, con il regista Andrea Segre . Una settimana dopo, il 25 luglio, nello slalom fra le valli che penetrano i gruppi dell'Adamello e del Brenta, eccoci a malga Bedole, Val Genova, con Elena Goatelli , impegnata sui temi del cambiamento climatico visto dalla Spagna, dove si è trasferita. 30 luglio: si approda dalle parti di Cles con Franco Michieli , prima di salire a Malga Dimaro l'1 agosto, con Linda Cottino della giuria del Premio Itas. Il programma (intenso) prosegue il 6 agosto a Passo Daone, sopra Montagne, dove arriverà un musicista specializzato in colonne sonore per film muti: Marco Dalpane . Yanez Borella intratterrà gli ospiti nell'unico appuntamento della settimana di Ferragosto, il 13: «Un Marco Polo moderno», sottolinea Macii. 20 agosto: a Molveno Fabio Pasini , fotografo delle emozioni; 22 agosto, lago Campo (in cima alla Val Daone), Simone Sbarbati , condirettore e cofondatore della rivista online "Frizzi frizzi". Agosto starà per finire e pure le camminate si avvieranno verso il tramonto con due camminatori speciali: il 27 agosto il cammino geo-poetico di Davide Sapienza sul Sentiero delle Glare in Val di Tovel, e il 29 agosto l'osservazione di chi disegna del "visual designer" Lorenzo Bonaccorsi , sui Prati di Prada di San Lorenzo in Banale. In mezzo ci sono i film, con un filo conduttore: il rapporto fra uomo e natura, come ha spiegato Giacomo Caldarelli. Si andrà dai film di animazione giapponesi alle grandi arrampicate sul Cerro Torre; dall'omaggio a miti della fotografia come Salgado fino ad «Antropocene», sulla nostra era.

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«Il migliore strumento per la tutela dell'ambiente è la conoscenza – ha argomentato il presidente del Parco Joseph Masè – e per noi la camminata è una forma di educazione ambientale». Che poi è la mission del Parco. L'Adige | 24 Luglio 2020 p. 8 SuperPark, escursioni e film Proseguono le escursioni con accompagnatori d'eccezione di SuperPark. Ieri il regista Andrea Segre era in Val Algone e domani in Val Genova ci sarà Elena Goatelli , regista documentarista. E lunedì 27 parte la rassegna di cinema al margine del bosco: 7 film del cinema solare itinerante da guardare seduti a terra con le cuffie per non disturbare la natura. SuperPark - progetto promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta, curato da Impact Hub Trentino e sostenuto dalla Provincia e da tutte le Apt interessate – è partito a inizio mese con la sua proposta: 14 escursioni con accompagnatori straordinari e 7 film al margine del bosco. Chef, illustratori, scrittrici, sportivi, registi e registe, alpinisti e musicisti hanno attraversato e attraverseranno i sentieri dell'area protetta alla scoperta dei suoi angoli nascosti nelle vesti di originali accompagnatori. Occasioni per attraversare il territorio e vederlo con occhi altrui, attraverso gli sguardi di professionisti in settori diversi. Ieri il regista Andrea Segre tra malghe, pascoli, boschi e viste mozzafiato della Val Algone ha parlato di cinema e montagna e di cosa significa uscire da stereotipi di avventura e sfide. Sabato potremo osservare la natura e riflettere sugli auspici naturali e vitali post pandemia in Val Genova con la regista Elena Goatelli. E poi nelle prossime settimane l'esploratore Franco Michieli introdurrà alla lettura del paesaggio e dei riferimenti naturali che permettono di orientarsi grazie alla relazione con l'ambiente, senza bisogno di tecnologie. La giornalista "di montagna" Linda Cottino ci condurrà i partecipanti alla scoperta della selvaggia Val Gelada, tra suggestioni letterarie e visioni alpinistiche. E Marco Dalpane farà un viaggio nel paesaggio sonoro tra ambiente naturale e presenza dell'uomo. E questo solo per citare gli appuntamenti più imminenti, che peraltro vanno prenotati. La rassegna cinematografica di SuperPark - che parte lunedì 27 luglio e dura due settimane - per la prima volta in Italia promette di fondersi con la natura, senza disturbarla: le proiezioni saranno alimentate dalla luce del sole e saranno silenziose grazie all'uso delle cuffie, interamente ad impatto zero sull'ambiente e collocate nella natura, per un'esperienza immersiva, totalizzante. I film si guardano seduti sul prato, su una coperta portata da casa. Si parlerà del rapporto tra l'uomo e la natura, di montagna, di catastrofi ambientali e dell'impatto dell'uomo sul mondo che lo circonda, di alpinismo, boschi, riscaldamento globale e del futuro dell'uomo sulla Terra. Il progetto è promosso da numerosi partner: in primis il Parco Naturale Adamello-Brenta con il sostegno economico della Provincia, organizzato da Impact Hub Trentino in collaborazione con Trento Film Festival, Trentino Film Commission, Alpes e le sette Aziende per il Turismo del territorio, Apt Madonna di Campiglio–Pinzolo; Val Rendena, Apt Dolomiti Paganella, Consorzio Turistico Giudicarie Centrali, Consorzio Turistico Valle del Chiese, Consorzio Dimaro Folgarida Vacanze, Apt Val di Non, Apt Dolomiti di Brenta - Terme di Comano. Le escursioni mattutine (con partenza alle 9 e rientro verso le 13) vedranno sempre la presenza delle guide del Parco che potranno raccontare natura e paesaggio. Si chiederà ai partecipanti di uscire dalle logiche di una passeggiata in montagna e di aprirsi a visioni e conoscenze nuove. È necessario riservare il posto con la prenotazione presso le Apt di riferimento. Il costo è di 10 euro a persona.

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NOTIZIE DAI CLUB ALPINI L'Adige | 7 Luglio 2020 p. 18 La Sat: trekking sicuro con distanziamento mascherina e igiene consigli anti-covid «Il nostro suggerimento è di considerare che il virus è ancora in circolazione, ma senza angosciarsi per questo. Mettiamo in atto il distanziamento, la mascherina ed il lavaggio frequente delle mani. Basta così, non serve altro». Così la commissione medica della Sat risponde alle preoccupazioni degli escursionisti che segnalano comportamenti poco responsabili, come scarso utilizzo della mascherina, mancato rispetto del distanziamento e assembramenti. «Vogliamo tutti poter vivere il nostro momento speciale in montagna e i posti dove andare sono davvero tanti. Cerchiamo quelli meno frequentati, cambiamo sentiero e se troppo affollato o aspettiamo a lato che passi il gruppo e se possibile stiamo distanti quando ci accorgiamo che non viene indossata la mascherina», sottolinea la commissione della Sat. «Buon senso e rispetto quando ci fermiamo al rifugio: se vediamo che è affollato allontaniamoci e aspettiamo un momento più propizio, avendo sempre qualcosa nello zaino da mangiare e da bere per sopperire al calo energetico». Trentino | 7 Luglio 2020 p. 18 La Sat: «Troppi senza mascherina» valentina leone trento Per i rifugisti è stata una specie di coltellata: sapere che alla Sat arrivano lamentele di escursionisti su un presunto mancato rispetto delle regole da parte di chi vive e frequenta la montagna non è stata certamente una bella notizia. La riapertura delle strutture ha comportato, da parte dei gestori, spese e investimenti in misure di sicurezza che, in un'estate monca - con meno turisti in giro e spazi ridotti - faranno la differenza sul bilancio finale. Serve quindi collaborazione, da parte di tutti, onde evitare che tutto il lavoro fatto vada in fumo, ma - dicono alcuni rifugisti - senza demonizzare nessuno. Anche per fare chiarezza la Sat ha deciso di "girare" le preoccupazioni degli appassionati di montagna alla presidente della commissione medica Antonella Bergamo. «Ci segnalano mancanza dell'utilizzo della mascherina, mancato rispetto del distanziamento e assembramenti. Si tratta di preoccupazioni fondate?», si chiede l'associazione. E così risponde la dottoressa Bergamo: «E' innegabile che le cose siano molto migliorate rispetto a tre mesi fa, ma questo è avvenuto soprattutto per le regole base che sono state applicate: distanziamento, mascherina (indossata correttamente) quando il distanziamento non è possibile, lavaggio frequente delle mani (effettuato correttamente) se questo non è possibile disinfezione frequente. Il problema è sotto controllo in Italia, ma non è risolto. Il nostro suggerimento è di considerare che il virus è ancora in circolazione, ma senza angosciarsi per questo. Mettiamo in atto il distanziamento, la mascherina ed il lavaggio frequente delle mani. Vogliamo tutti poter vivere il nostro momento speciale in montagna e i posti dove andare sono davvero tanti. Cerchiamo quelli meno frequentati, cambiamo sentiero e se troppo affollato o aspettiamo a lato che passi il gruppo e se possibile stiamo distanti quando ci accorgiamo che non viene indossata la mascherina. Buon senso e rispetto quando ci fermiamo al rifugio, se vediamo che è affollato allontaniamoci e aspettiamo un momento più propizio, avendo sempre qualcosa nello zaino da mangiare e da bere per sopperire al calo energetico».E chi accoglie ogni giorno centinaia di escursionisti cosa ne pensa? Le regole ci sono e si seguono, i sacrifici sono tanti e si fa il possibile - questa la riflessione di molti rifugisti - pur non potendosi sostituire alle forze dell'ordine e pur notando, talvolta, una certa rilassatezza nei comportamenti. Le mail di fuoco certo però non aiutano, riflette Franco Nicolini, gestore del Pedrotti alla Tosa. «L'opinione pubblica talvolta è esagerata, purtroppo ci sono persone esaltate che hanno paura anche della loro ombra. Noi stiamo alle disposizioni di legge, usiamo la mascherina, sanifichiamo letti e tavoli, ci hanno ridotto i posti letto, e fino ad oggi le persone ci sono sembrate contente e riconoscenti del nostro lavoro. Quello che dico è che se però bisogna venire in un rifugio e sentirsi perennemente insicuri allora è meglio restare a casa: da qui al vaccino non c'è la certezza al 100% di non ammalarsi, allora l'invito è di venire, quassù c'è l'aria buona e tutti stiamo bene, ma di avere fiducia in noi». Eleonora Orlandi, titolare del rifugio Altissimo, fino ad oggi non ha rilevato lamentele da parte dei clienti. Anzi. «Più spesso c'è gente che si stupisce di quante regole ci siano e spesso abbiamo avuto escursionisti arrivati in quota senza mascherina, ai quali poi l'abbiamo dovuta fornire noi. Stiamo facendo di tutto per riuscire a rispettare le normative, e per mantenere la sicurezza nel rifugio. Da noi le regole si seguono in modo scrupoloso».

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L'Adige | 15 Luglio 2020 p. 30 PRIMIERO: riaperte le ferrate La Sat comunica che lunedì scorso si sono conclusi i lavori di manutenzione ad alcuni tracciati attrezzati sulle Pale di San Martino di Castrozza ed in particolare le ferrate del Velo, del Porton, della Vecia, Nico Gusella, del Passo di Ball, le quali sono riaperte. Di particolare importanza il sentiero attrezzato del Passo di Ball (715) principale via di collegamento fra il versante di San Martino di Castrozza/Passo Rosetta con quello di Pradidali. Con la riapertura delle vie ferrate del Velo (739), del Porton (739A) e Nico Gusella (714) è stato ripristinato anche il passaggio (alpinistico) tra i rifugi Velo della Madonna e Rosetta/Pradidali.

SERRAI DI SOTTOGUDA Corriere delle Alpi | 12 Luglio 2020 p. 28 Sottoguda, meno ponti nel nuovo percorso attraverso i Serrai ROCCA PIETORE «Molti dei 14 ponticelli che attraversavano il Pettorina verranno eliminati».Il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, annuncia quella che sarà una delle novità del progetto che porterà alla rinascita del percorso fra i Serrai di Sottoguda portato via da Vaia. Un progetto (il soggetto attuatore e appaltatore è Veneto Acque) di cui si attende la versione esecutiva, propedeutica all'appalto dei lavori che dovrà essere completato entro il 30 settembre. «A settembre», dice De Bernardin, «presenteremo il progetto esecutivo cui i professionisti incaricati stanno lavorando recependo le indicazioni dell'appaltatore. Abbiamo fatto un sopralluogo anche con Dolomiti Unesco cercando di spingere affinché i Serrai tornino come erano. Non saranno identici a prima, ma, stante la priorità della messa in sicurezza idraulica, si cercherà di realizzare il minor numero possibile di opere impattanti per non stravolgerli». Alcune delle vecchie opere non verranno ricostruite. Si tratta, in particolare, dei ponti. «Ce n'erano 14 che attraversavano il Pettorina», spiega il sindaco, «nel nuovo progetto ce ne saranno meno, anche perché altrimenti rappresenterebbero un problema dal punto di vista idraulico». In attesa del progetto esecutivo (finanziato con 200 mila euro dalla Fondazione Dolomiti Unesco, che ha anche raccolto 424 mila euro attraverso la campagna "SOSerrai" ), tuttavia, nei Serrai si sta lavorando per mettere in sicurezza e consolidare le pareti rocciose dopo la realizzazione di una pista che consente, anche con un camion, di attraversare da un capo all'altro la valle. «Dopo il picco dell'emergenza Covid», dice De Bernardin, « gli interventi di disgaggio e di messa in sicurezza sono ripresi. Ricordo che a febbraio, proprio mentre si stava lavorando, era caduta una nuova frana prima della Madonnina: sgomberare la carreggiata è stato veloce, ma è la sistemazione del versante soprastante a richiedere attenzioni notevoli. Le opere che si stanno realizzando con 2 milioni al momento rappresentano la priorità perché sono fondamentali per poter poi dare il via al cantiere per la rinascita dei Serrai» . Nell'ultimo consiglio comunale il sindaco aveva steso il cronoprogramma da qui alla conclusione dei lavori ipotizzata per giugno 2022. Negli ultimi mesi 2020 si faranno le opere propedeutiche al cantiere che aprirà nella primavera 2021: realizzazione della pista cantiere per evitare di attraversare l'abitato di Sottoguda, delle aree di cantiere una a monte, vicina all'hotel Malga Ciapela all'inizio dei Serrai, e un'altra in destra orografica del Pettorina di fronte all'hotel Marianna. --Gianni Santomaso© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 30 Luglio 2020 p. 27 Aperta la gara dei Serrai di Sottoguda oltre 9 milioni per la rinascita del canyon Irene Aliprandi rocca pietore È il giorno della rinascita per i Serrai di Sottoguda, luogo simbolo della distruzione della tempesta Vaia. A poco più di un anno e mezzo dall'evento che cancellò lo spettacolare percorso nel canyon del torrente Pettorina, ieri è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea la gara per l'affidamento dei lavori di ripristino e messa in sicurezza dei Serrai, un intervento imponente dell'importo complessivo di 9, 1 milioni di euro. Le prime opere più urgenti sono già state realizzate, ma ora si tratta di restituire i

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Serrai di Sottoguda ai visitatori.«Abbiamo investito oltre 11 milioni per mettere in sicurezza e ridare splendore ai Serrai di Sottoguda», spiega il presidente della Regione Luca Zaia nel suo ruolo di Commissario delegato per l'emergenza maltempo dell'autunno 2018. «Lo scorso anno sono stati avviati interventi per 2 milioni di euro: 1,5 milioni per la messa in sicurezza delle pareti rocciose della forra e la ricostituzione di una viabilità di accesso, e 500.000 euro per la progettazione del recupero del sito, ricomposizione di "un'opera d'arte naturale". I cantieri sono aperti e visibili e quello dei Serrai è un cantiere simbolo degli oltre mille avviati lo scorso anno per ridare splendore alla nostra montagna ferita da Vaia. Riportare i Serrai alla loro bellezza e renderli fruibili è un impegno che ci siamo presi e che stiamo portando avanti con il massimo impegno con il coinvolgimento di tutti i Soggetti Attuatori, molti dei quali sono i Comuni. Vaia ha devastato i nostri boschi, ma noi stiamo riportando il territorio ad essere più sicuro e ancora più bello di prima». I Serrai di Sottoguda sono uno dei luoghi più emblematici del paesaggio dolomitico, costituiti da una profonda forra, lunga poco più di 2 km e larga da 5 a 20 metri, scavata nella roccia calcarea dall'erosione dei ghiacciai e dalle acque del torrente Pettorina che scorre in uno scenario imponente tra pareti verticali alte oltre sessanta metri. Dopo Vaia, il Commissario ha stanziato 11 milioni e 100 mila euro per il ripristino del sito che ha una straordinaria valenza naturalistica e turistica e dopo i primi lavori da due milioni di euro, ora gli ulteriori 9 milioni e 100 mila euro sono riservati alla riqualificazione, che comprende il rifacimento del percorso di base lungo il canyon naturale per circa 1,6 km, con quattro attraversamenti del torrente Pettorina su passerelle poste a quota di sicurezza idraulica e di tombotti per il superamento degli affluenti laterali per ridare fruibilità turistica all'area. Inoltre sono previste la realizzazione di opere di protezione fluviale lungo il corso del torrente Pettorina quali pulizie, rinforzi d'alveo e difese spondali per aumentare la resilienza delle strutture e la sicurezza idraulica degli abitati a valle; la stabilizzazione dei versanti mediante disgaggi, chiodature e attivazione di sistemi di monitoraggio; e infine la realizzazione dei sottoservizi a rete necessari ad una completa infrastrutturazione dell'area, alloggiati in una apposita dorsale sotto del percorso e comprensivi di acquedotto, fognatura ed illuminazione. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 30 Luglio 2020 p. 27 «Serve un'impresa esperta in montagna» rocca pietore «Auspico che i lavori vengano realizzati ad arte ed affidati ad una ditta esperta in ambiente montano». Rocca Pietore è stato uno dei paesi più colpiti da Vaia ma il sindaco Andrea De Bernardin ora può tornare a sorridere. «Per il turismo di Rocca, i Serrai di Sottoguda sono una componente molto importante e l'interesse che si è creato attorno al loro recupero ne è la dimostrazione», ricorda De Bernardin. «Ripristinare lo stato precedente è impossibile: in passato c'erano 14 attraversamenti del torrente Pettorina, ma in futuro non sarà più così per una questione sicurezza idraulica. Il torrente verrà attraversato molte meno volte e il percorso si terrà principalmente sulla destra orografica del torrente».Il sindaco De Bernardin chiarisce anche che: «Faremo tutto il possibile per restituire al pubblico la bellezza dei Serrai di Sottoguda e in più verrà garantita una maggiore sicurezza idraulica. Questo implica che il percorso sarà un pochino più alto del passato, ma la visione dei Serrai non ne risulterà modificata. In passato si è parlato di ponti molto alti e soluzioni strampalate, ma non sarà così, perché il progetto prevede un intervento di recupero armonioso».Con il recupero dei Serrai, però, il ritorno alla normalità di Rocca Pietore non si potrà ancora dire concluso: «Dovremo lavorare ancora per diversi anni», conclude De Bernardin, «ma sono già abbastanza soddisfatto perché tanto è stato fatto, il recupero degli schianti è in corso e cercheremo di essere rapidi». – Corriere delle Alpi | 30 Luglio 2020 p. 27 Bottacin: «Meno ponti per creare un percorso molto più naturale» rocca pietore Il recupero dei Serrai di Sottoguda non sarà rapido, perché c'è molto lavoro da fare e le condizioni meteo invernali imporranno una lunga pausa. Servirà almeno un anno e mezzo, forse di più, per poter tornare ad ammirare la forra dolomitica, ma al termine dei lavori il percorso risulterà ancora più bello che in passato. «La progettazione esecutiva definitiva è stata completata, ora c'è un mese di tempo per la gara e poi i lavori potranno iniziare», spiega l'assessore regionale alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin. «Il percorso», prosegue l'assessore Bottacin, che ha seguito il progetto come gli altri lavori di ripristino realizzati a Rocca Pietore e nel resto della provincia, «non sarà uguale a quello distrutto da Vaia, soprattutto perché ci saranno solo un paio di ponti, ma risulterà molto più naturale, solo un pochino più rialzato rispetto al passato per garantire la sicurezza idraulica in caso di brentana. Attraversare la forra sarà ancora più bello perché l'ambiente non sarà snaturato dagli interventi e verranno utilizzati materiali più rispettosi delle caratteristiche del luogo».Al di là della bellezza del canyon, l'intervento ai Serrai di Sottoguda è considerato soprattutto il simbolo della rinascita del territorio dopo la furia di Vaia: «I Serrai sono il luogo simbolo della devastazione di quei giorni», dice ancora Bottacin. «Con la messa in gara dei lavori per il loro ripristino, dunque, si chiude un cerchio. Finora abbiamo privilegiato la messa in sicurezza del territorio e il ritorno alla normalità dei suoi abitanti. Questo è un momento importante, perché

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possiamo iniziare a recuperare anche i luoghi ad alta valenza turistica». –

CORSO DI GEOGRAFIA NELLE DOLOMITI UNESCO Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2020 p. 34 Corso di geografia con l'Angelini lezioni per formatori Cai e guide CORTINA Imparare a raccontare le Dolomiti. Quaranta, tra docenti, formatori Cai e guide, hanno infilato volentieri gli scarponi per rispondere alla proposta della Fondazione Dolomiti Unesco e della Fondazione Giovanni Angelini di Belluno. Parliamo dell'ormai tradizionale Corso di formazione interdisciplinare di geografia, conclusosi a Cortina grazie anche alla collaborazione della locale sezione Cai, del Parco Naturale Dolomiti d'Ampezzo, delle Regole d'Ampezzo e del Comune di Cortina. La sede delle lezioni teoriche è stata la Ciasa de Ra Regoles di Cortina, anche se non sono mancate un paio di uscite direttamente sul campo, tra le Tofane e gli Altopiani Ampezzani. D'altronde forse proprio questa possibilità rappresenta la vera peculiarità di un corso che, in vista di un anno scolastico nel quale andranno privilegiate le uscite rispetto alla didattica in aula, è diventato la miglior occasione nella quale acquisire competenze interdisciplinari relative Dolomiti, da trasmettere poi appena sarà possibile agli studenti ed ai fruitori della montagna. «Quando abbiamo riproposto il corso in molti si sono affrettati a iscriversi, proprio perché stanchi della didattica a distanza», spiega Ester Cason Angelini. «La montagna offre libertà e spazi, dunque dopo il Covid -19 va valorizzata come scrigno di salute e benessere. Questi corsi li organizziamo da sempre, ma qualcosa è cambiato da quando le Dolomiti sono entrate a far parte del Patrimonio Mondiale, nel 2009. Grazie alla stretta collaborazione della Fondazione Dolomiti Unesco, li dedichiamo di anno in anno a uno dei nove sistemi». L'organizzazione del corso era a cura di Selina Angelini. «Partecipano sempre alcuni fedelissimi, segno che l'iniziativa piace e consente di scoprire ogni volta nuove aree dolomitiche. Poi chiaro, non mancano persone nuove, con background molto diversi. La peculiarità di questi tre giorni è la possibilità di acquisire conoscenze teoriche, da sperimentare subito sul territorio, per poi trasmetterle ad altri, agli studenti o a tutti i frequentatori della montagna». Tra i relatori il geologo Danilo Giordano. «Data la passione nei confronti della montagna di tutti i partecipanti, c'è grande interesse nei confronti degli aspetti geografici, geomorfologici e floristici». Secondo Giordano, insegnante al Follador, «le Dolomiti Ampezzane sono perfette per un'esperienza come questa, perché dal punto di vista geologico sono un libro aperto, gli affioramenti sono evidenti. Ciò che unisce tutte le discipline che vengono trattate è il concetto di bellezza: l'insieme di quella geologica, floristica, faunistica, paesaggistica si compone in una completezza assoluta». --DAPO

“UN PASSO DAL CIELO” DA BRAIES A SAN VITO DI CADORE Alto Adige | 4 Luglio 2020 p. 34 «Un passo dal cielo» pronto a dire addio all'Alta Pusteria daniela mimmi Alta pusteria Non ci sono ancora tutte le conferme, o meglio l'ufficialità, ma la voce sta prendendo la consistenza della notizia: la fiction Rai "Un passo dal cielo" potrebbe lasciare i set dell'Alta Pusteria fra il lago di Braies e i boschi di San Candido e traslocare in Veneto, forse sulle rive del lago di Misurina, nel Comune di Auronzo, sotto le favolose Tre Cime di Lavaredo. Era il 12 giugno del 2010. Alcuni lo intuivano, ma non tutti, in Alta Val Pusteria. Quel giorno per la ridente valle sarebbero cambiate molte cose, perché nei dintorni del lago di Braies erano iniziate le riprese di "Un passo dal cielo". Sarebbero arrivati attori più o meno famosi, come Terence Hill e Katia Ricciarelli, diverse troupe televisive, produttori, registi, cameramen. Molti altoatesini avrebbero fatto parte di quel cast, avrebbero lavorato come costumisti e truccatori, scout location e autisti, avrebbero vissuto in prima persona l'esperienza e la magia del cinema, anche se televisivo. Nel corso degli anni tante cose sono cambiate. Terence Hill, il comandante della squadra forestale di San Candido, è stato sostituito, nella quarta stagione, da Daniele Liotti, nel panni del comandante Francesco Neri e tanti altri attori si sono avvicendati nei diversi ruoli. Per la valle è cambiato tutto. O molto. Sono state e sono migliaia le persone che ogni anno affollavano il laghetto per vedere i luoghi dove venivano girati gli esterni della serie. E le ragazzine scatenate (sì, le ragazzine...)

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volevano vedere a tutti i costi Terence Hill. Secondo alcuni, i turisti attirati dal sogno di vedere in carne e ossa l'attore e tutti gli altri interpreti, o anche solo di essere nei luoghi che vedevano in televisione e magari le troupe al lavoro, avevano attirato anche troppa gente. Il laghetto ormai sembrava via della Spiga il sabato pomeriggio. Adesso "Un passo dal cielo" trasloca in Veneto, o almeno questa è la voce che si fa sempre più insistente, o ingombrante, e la sesta stagione dovrebbe essere girata, con tutta probabilità, al Lago di Misurina. Luogo magnifico anche quello, con le Tre Cime di Lavaredo alle spalle. La Lux Vide, che produce la serie, lo dà per certo. "Ce ne andiamo con la morte nel cuore - ci dicono. - Siamo stati lì tanti anni, siamo stati bene, abbiamo lavorato bene, ormai ci sentivamo di casa". Secondo indiscrezioni, la Idm Alto Adige, il cui nome sta per Innovation, Development e Marketing e che supporta l'innovazione e sostiene i filmmaker nella realizzazione di progetti cinematografici, avrebbe proposto alla Lux di spostarsi armi e bagagli in Val Senales. Anche lì c'è un lago, ma evidentemente la produzione romana non è della stessa idea. Cos'altro c'è dietro? Alla Idm ufficialmente nessuno parla «È tutto prematuro - ci dicono - In realtà i giudici della film commission sono al lavoro per selezionare e verificare le proposte arrivate e il loro verdetto arriverà alla metà del mese. Quindi non è vero che è già stato deciso tutto e che non si girerà più qui». Ma le speranze sembrano ridotte al lumicino...©RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere del Veneto | 5 luglio 2020 p. 7, edizione Belluno «Un passo dal cielo» da Braies a Misurina Il sindaco: «È Veneto, che i titoli siano chiari» Davide Piol Belluno «Un passo dal cielo» potrebbe spostarsi un «passo più in là». Esattamente di 31 chilometri e mezzo, da Braies a Misurina, quindi dall’Alto Adige alla provincia di Belluno. La famosa serie televisiva prodotta da Rai Fiction e Lux Vide, in onda dal 2011, avrebbe deciso di cambiare «location» e regione. Non è un caso se negli ultimi due giorni il Centro Mira Project ha effettuato dei casting a Ponte nelle Alpi e Valle di Cadore, nel Bellunese, chiedendo che si presentassero solo cittadini veneti. La notizia sta circolando da ieri ed è data per certa, quasi, dalla produzione della fiction che ha reso così popolare Braies e il suo lago tanto da diventare «ingombrante». Troppa gente, troppo traffico e sconvolgimento del sito naturale, avrebbero fatto pensare alla provincia dell’Alto Adige e quindi a Idm, il braccio operativo che fornisce supporto alle produzioni cinematografiche, di proporre per le prossime puntate una zona più vergine e meno assediata. Qualcuno aveva indicato la Val Senales (sempre in Alto Adige) ma la destinazione non ha convinto Lux Vide che ha quindi effettuato dei sopralluoghi a Misurina e ad Auronzo di Cadore. Insomma, un regalo inaspettato da Bolzano, soprattutto a seguito delle numerose dispute tra regioni e province su confini e rivendicazioni territoriali, che potrebbe rappresentare un trampolino di lancio per l’alto Bellunese. Ieri mattina il sindaco di Auronzo, Tatiana Pais Becher, all’oscuro di tutto, ha scritto una lettera alla Lux Video chiedendo che la Val D’Ansei, qualora fosse scelta per le riprese, venisse collocata correttamente in provincia di Belluno e nella regione Veneto. «Forse non siete a conoscenza di quanto è accaduto negli ultimi anni – ha chiarito il primo cittadino – e cioè che le località bellunesi che sono state oggetto di immagini televisive nella fiction venivano ricondotte all’Alto Adige e pertanto il solo nominarle nei titoli di coda non creava alcun indotto turistico. Anche perché questi erano sfumati dalla pubblicità». La lettera si chiude ringraziando per la «straordinaria opportunità» ma chiarendo che l’amministrazione comunale sarà disponibile a collaborare solo a condizione che «Auronzo di Cadore venga adeguatamente messo in risalto e collocato nella provincia e nella regione corrette». Oltre i confini regionali le reazioni sono state le più disparate. L’assessore al turismo Arnold Schuler è caduto dalle nuvole affermando di non saperne assolutamente nulla, mentre il suo omologo Daniel Alfreider, responsabile per la mobilità in Provincia, ha parlato di decisioni che Idm dovrà prendere dopo aver valutato tutte le domande di produzioni pervenute entro il 30 giugno. Hansi Pichler, presidente di Idm, colto di sorpresa dalla domanda, non ha rilasciato dichiarazioni. Mentre il sindaco di Braies Friedrich Mittermair è stato laconico: «È una scelta presa in altra sede dove io non sono stato coinvolto. Ho saputo oggi della cosa (ieri per chi legge, ndr.) e mi devo informare sulle motivazioni che l’hanno determinata». Salvo poi ammettere che «forse Braies ne ha abbastanza di un turismo mordi e fuggi, per cui non considero questa scelta come controproducente per il mio Comune». Le reticenze sull’argomento sono evidenti e stanno creando un certo imbarazzo, ma se Lux Vide si sta guardando attorno, vuol dire che l’input è già arrivato. Soddisfatto il presidente della provincia di Belluno Roberto Padrin. «Sono convinto che occasioni di questo tipo – ha commentato – rappresentino un importante volano di promozione del territorio purché questo venga riconosciuto. Non devono più esserci errori geografici, accaduti spesso nel passato, che ci penalizzano fortemente. Questa è un’ulteriore carta da giocarci. Sono felice per Auronzo e tutto il territorio». Intanto le selezioni del Centro Mira Project hanno riscosso un enorme successo. Ieri, a Valle di Cadore, si sono presentati quasi 500 persone portando il totale a quasi mille candidati in due giorni. In fila, con le mascherine, soprattutto bambini e anziani, da Treviso, Venezia, Vicenza, Verona e Bassano. Corriere dell'Alto Adige | 5 Luglio 2020 p. 5 Fiction, un passo dall’addio: Idm propone altre location per preservare Braies, produzione verso Misurina

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BOLZANO Un passo dal cielo potrebbe spostarsi un passo più in là , ovvero da Braies verso Misurina: 31 chilometri soltanto, ma sconfinando dall’Alto Adige alla provincia di Belluno, che grazie all’indotto della fiction potrebbe rivitalizzare lo stanco andamento turistico e l’economia di quelle zone. È la notizia che sta circolando da ieri, non ancora ufficiale ma data quasi per certa dalla produzione della serie, che ha reso così popolare Braies e il suo lago, tanto da diventare «ingombrante». Troppa gente, troppo traffico e sconvolgimento del sito naturale, avrebbero fatto pensare alla Provincia e quindi a Idm (il braccio operativo che cura il marketing territoriale compreso il supporto alle produzioni cinematografiche) di proporre per le prossime puntate, una zona più vergine e meno assediata. Si dice Val Senales con il suo lago artificiale, destinazione che alla società Lux Vide non convince e per questo arriva l’idea di Misurina, dove si stanno già facendo sopralluoghi e casting (ieri 500 in fila per una particina a Valle di Cadore). Mentre la produzione dà per certo lo spostamento, in sede locale non ci si espone. Davvero la situazione a Braies, anche dopo i recenti provvedimenti viabilistici e organizzativi che entreranno in vigore il 10 luglio che prevedono un massimo di 5000 persone al giorno, è tale da consigliare la rinuncia al set di una delle fiction più seguite della Tv italiana? L’assessore al turismo Arnold Schuler cade dalle nuvole e dice di non saperne assolutamente nulla, mentre il suo omologo Daniel Alfreider responsabile per la mobilità in provincia, parla di decisioni che Idm dovrà prendere dopo aver valutato tutte le domande di produzioni pervenute entro il 30 giugno. Hansi Pichler presidente di Idm colto di sorpresa dalle domande dei cronisti, non rilascia dichiarazioni al riguardo e rinvia tutto pregando chi lo interpella di formulare una richiesta via mail. Allarga le braccia mentre Il sindaco di Braies Friedrich Mittermair: «Evidentemente è una scelta presa in altra sede, dove io non sono stato coinvolto. Ho saputo solo oggi della cosa (ieri, ndr ) e mi devo informare sulle motivazioni che l’hanno determinata» dice in prima battuta, salvo poi ammettere: «Forse Braies ne ha abbastanza di un turismo mordi e fuggi, per cui non considero questa scelta come controproducente per il mio Comune». Le reticenze sull’argomento sono evidenti e stanno creando un certo imbarazzo, ma se Lux Vide si sta guardando attorno, vuol dire che l’input è già arrivato. Un ulteriore indizio: i casting per le comparse in Veneto sono in pieno svolgimento, mentre in Alto Adige non ce ne sono in vista. Gioisce la sindaca di Auronzo di Cadore Tatiana Pais Becher (cui Misurina e i laghi nelle vicinanze così come le Tre Cime appartengono) ben contenta del «regalo» di Bolzano, che conferma l’interesse della produzione di “Un passo dal cielo” per Misurina tanto da scrivere alla Lux Video, ringraziandola per la «straordinaria opportunità di promozione turistica e di ricaduta per il territorio e per gli operatori locali. L’amministrazione Comunale — puntualizza però Pais Becher — sarà ben disponibile a collaborare mettendo a disposizione il territorio per le riprese, a condizione che il Comune di Auronzo venga adeguatamente messo in risalto e correttamente indicato, non confinato nei titoli di coda». In altre parole: memore delle esperienze del passato, la sindaca del comune della Valle dell’Ansiei, si preoccupa che il pubblico che vedrà le immagini capisca bene che sono girate a Misurina. Soddisfatto il presidente della provincia di Belluno Roberto Padrin. «Occasioni di questo tipo — commenta — rappresentano un importante volano di promozione del territorio, purché questo venga riconosciuto. Non devono più esserci errori geografici, accaduti spesso nel passato, che ci penalizzano. Questa è un’ulteriore carta da giocarci. Sono felice per Auronzo e tutto il territorio». Il «troppo» turismo non pare preoccupare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 6 luglio 2020 p.16 "Un passo dal cielo" si trasferisce a S. Vito e al lago di Mosigo Francesco Dal Mas/ SAN VITO Sarà il lago di Mosigo, a San Vito di Cadore, la nuova location di "Un passo dal cielo". In paese, un esercizio pubblico, ancora in funzione, sta per essere trasformato nella caserma dei forestali. E il sindaco Franco De Bon ha messo a disposizione un edificio municipale, con parcheggio, come base logistica. «Per noi è una seconda Olimpiade», ha telefonato in municipio, riconoscente, uno dei più autorevoli albergatori di San Vito. L'euforia si legge sui volti dei residenti di borgo Serdes, che per le sue caratteristiche ha subito catturato l'interesse della sceneggiatura e della regia della famosa fiction televisiva. Si sa, però, che nella sesta edizione, la prossima appunto, torneranno in scena Malga Maraja, ad Auronzo, probabilmente il monte Piana, sopra Misurina, e alcune località del Comelico, soprattutto di Comelico Superiore. Il sindaco di San Vito non ammette indiscrezioni. «Se fossero vere, il ritorno di immagine per San Vito, il Cadore, le Dolomiti sarebbe eccezionale. Una corsia, anzi una pista d'oro per preparci ai Mondiali di sci e alle Olimpiadi». "Un passo dal cielo" è una delle fiction più viste in tivù e nei cinque anni di registrazione al lago di Braies ha portato tanti di quei visitatori che la provincia di Bolzano ha dovuto chiedere la sospensione del set sul famoso lago; dal 10 luglio nella località saranno ammessi "solo" 5 mila visite al giorno. «Se davvero accadesse, il Comune e la Provincia», aggiunge De Bon, che è componente della giunta-Padrin, «saprebbero ben gestire ogni possibile emergenza. Magari sollecitando la variante Anas che è ancora ai blocchi». "Se accadesse...", però, dipende anche dalla Regione Veneto, dalla disponibilità a sostegno della produzione di "Lux Vide". Per il momento c'è la piena collaborazione della Fondazione Veneto Film Commission, presieduta da Luigi Bacialli, che sta provvedendo alle problematiche logistiche. La Regione ha chiuso il bando da 5 milioni di euro per la promozione del territorio attraverso il cinema ed entro l'estate dovrebbe rendere noti i vincitori. Nell'immediato futuro potrebbero materializzarsi altri accordi. La Lux Vide, che produce la serie, ha fatto girare le ultime scene a Braies (due giornate in giugno) e poi ha fatto armi e bagagli. «Ce ne andiamo con la morte nel cuore», ammettono i responsabili. «Siamo stati lì tanti anni, siamo stati bene, abbiamo lavorato bene, ormai ci sentivamo di casa». I rumors dicono che la Idm Alto Adige, Innovation Development e Marketing avrebbe suggerito alla Lux di spostarsi in Val Senales, ma la località non è stata riconosciuta idonea. Probabilmente c'è anche un fattore finanziario: Bolzano aveva scucito cifre milionarie nelle prime edizioni, adesso ridotte a 300 mila euro. Le riprese

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inizieranno il 13 luglio. San Vito ha accolto il gruppo a braccia aperte. A parte il riserbo del sindaco, si sa che il Comune da un mese ha messo a disposizione un amministratore. Tra i tanti compiti anche quello di rassicurare. C'è chi ha protestato vedendo la troupe girare per i prati, avvicinarsi alle residenze; in municipio ha telefonato, preoccupato, anche qualche proprietario di seconda casa. È ormai prossima la prima informazione e, la cittadinanza, quando saprà di che cosa si tratta, darà ovviamente il benvenuto. Nei Comuni interessati e in Provincia si sta comunque verificando come fare in modo che questa grande visibilità si traduca in un traino turistico effettivo. «L'anno scorso ci sono state scene girate a Misurina e dintorni che non hanno trovato alcuna citazione», ricorda Tatiana Pais Becher, sindaco di Auronzo. «Si sono modificati i nomi delle malghe, lo chalet sul lago d'Antorno è diventato un emporio, il Pio XII un centro per cani. Non vorremmo, ad esempio», insiste la sindaca, «che altrettanto accadesse in questa edizione. Mi risulta che è stata richiesta a una nostra malga di chiudere ad agosto per consentire le riprese. Il sacrificio è notevole; non vorremmo che fosse accompagnato dalla beffa della non citazione» Corriere delle Alpi | 7 Luglio 2020 p. 19 "Un passo dal cielo" apre la scena ma in cantiere ci sono altre due fiction Francesco Dal Mas SAN VITO DI CADORE Non una, ma tre fiction. Troppa grazia, verrebbe da dire.«D'altra parte, non ce lo meritiamo, forse?», esclama Roberto Padrin, presidente della Provincia mentre la Dmo sta facendo da levatrice alle tre serie televisive che rilanceranno in ambito nazionale le Dolomiti. Una è "Un passo dal cielo", la fortunata serie televisiva che per la sesta edizione farà scattare il ciak, da lunedì prossimo, a San Vito.Le altre due sono ancora top secret. Le sta gestendo con la Rai e Mediaset il direttore della Dmo, Giuliano Vantaggi, che ovviamente non vuole rivelare proprio nulla. Anzi, precisa che sono soltanto fake news. Ma lo dice sorridendo. La verità è che il fascino delle Dolomiti Unesco e il successo registrato da "Un passo dal cielo" è stato tale da aver invogliato altre produzioni televisive a scegliere come location alcune tra le località bellunesi che più suscitano emozioni. Per la verità, dipende molto anche dai possibili supporti pubblici, della Regione nella fattispecie.«L'importante è - sostiene Padrin - che, insieme alle immagini, ci sia anche l'indicazione delle località proposte, almeno nel dialogo fra i protagonisti. Ma sono certo che la Regione, se deciderà di supportare queste promozioni, saprà ben rivendicare gli attesi ritorni».Ed è proprio il motivo per cui nei prossimi giorni si terrà un incontro tra la produzione di "Un passo dal cielo", la Regione, la Dmo, la Fondazione Veneto Film Commission ed i sindaci per organizzare la migliore accoglienza e favorire il ritorno di immagine più appagante. Certo è che i tempi stringono. Il Covid ha sottratto almeno tre mesi di riprese. Ecco perché in questi giorni a San Vito c'è un'improvvisa animazione. Si sta sistemando la caserma dei forestali che sarà il cuore della nuova storia. Si tratta di un esercizio pubblico nella periferia della cittadina. La trama, fra l'altro, pare che si sviluppi per la gran parte tra San Vito, Borca, Vodo, con due location privilegiate: il lago Mosigo e il borgo di Serdes. Il sindaco di Auronzo, Tatiana Pais Becher, non smette di sperare che ritorni in scena qualche altra località del suo territorio; si sa che la produzione è già stata in sopralluogo a malga Maraia e al cippo Carducci, sulla cima del monte Piana. A fare il tifo per il Comelico ed in particolare per la Valgrande, c'è Davide Zandonella Necca, referente di Confcommercio, che da anni insegue la produzione della fortunata trasmissione.«Qui in valle il grande Ermanno Olmi ha girato scene indimenticabili de "Il segreto del Bosco Vecchio", con Paolo Villaggio. Con questo precedente illustre non possiamo che attenderci anche un'opera così attraente come lo è la fiction fino ad oggi girata nella vicina val Pusteria».C'è la gara, insomma, tra il Cadore ed il Comelico, per ospitare scene che richiameranno milioni di telespettatori. «San Vito sembra vivere un nuovo Rinascimento - confessa il sindaco Franco De Bon - È di questi giorni la notizia che un importante operatore del turismo investirà in un grande albergo super stellato. Un'azienda agricola è stata appena avviata, con allevamento e annessa lavorazione lattiero-casearia, e con vendita diretta. Questi nuovi punti di forza s'incorniciano dentro la più famosa fiction televisiva. Che cosa vogliamo di più?». – Corriere dell'Alto Adige | 7 Luglio 2020 p. 6 E Un Passo dal cielo trasloca Idm ufficializza l’addio: decisivo un parere negativo dei Parchi naturali Enzo Coco BOLZANO C’è lo zampino della ripartizione 28 (Natura, paesaggio e sviluppo del territorio della Provincia), di cui è responsabile politica l’assessora Magdalena Hochgruber Kuenz, dietro l’abbandono del Lago di Braies da parte della produzione di Un passo dal cielo . Questo almeno è quanto emerge dalla Idm (società di marketing territoriale della provincia),interpellata ieri dal Corriere dell’Alto Adige : «Possiamo confermare che la casa di produzione Lux Vide — scrive Idm — ha ufficialmente ritirato la sua domanda».

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La spiegazione di Idm entra nel dettaglio, rivelando un particolare finora inedito: il parare negativo dell’amministrazione provinciale: «Lux Video ci ha comunicato che la decisione è motivata da aspetti creativi e produttivi. Visto il parere negativo da parte dei Parchi naturali, cioè della ripartizione 28 della Provincia, di girare nelle zone scelte dalla produzione, abbiamo cercato di trovare altre soluzioni e location in Alto Adige. Queste non sono però state accettate dalla Rai, che non voleva cambiare il setting». Entra dunque in gioco anche la produzione Rai che alle alternative proposta da Idm, (a quanto pare il Lago di Vernago in Val Senales), ha a sua volta risposto di no. Gioco facile dunque andare a girare a Misurina dove per le precedenti stagioni già si era sconfinati per alcune riprese, «contrabbandandole» per fatte in Alto Adige, cosa che aveva sollevato le rimostranze del Comune di Auronzo. Ora il Cadore spalanca le porte alla Lux Vide, ben sapendo che ora sì che Un passo dal cielo propaganderà adeguatamente il suo territorio. Anche Idm sembra contrariata da questo diniego dei tecnici provinciali, tanto da affermare che «la collaborazione con Lux Vide è sempre stata molto piacevole, è stata un grande passo per la Film Location Alto Adige, perché ha dato lavoro a tante eccellenze altoatesine e sappiamo che sono veramente dispiaciuti di dover lasciare il lago di Braies, dove — come essi stessi dicono — si sono sentiti a casa». Il “niet” viene dunque direttamente dalla Provincia, preoccupata dell’integrità del parco naturale di Fanes-SenesBraies. Non pare però che l’ambiente di Braies sia stato danneggiato direttamente dalla presenza delle troupe televisive, che ora traslocano a pochi chilometri di distanza. Una perdita secca per la Lux Vide che deve così rinunciare ai lauti finanziamenti del Film Found & Commission di Idm, ma una perdita non da poco anche per l’indotto locale a vantaggio del quale tutte le produzioni di film in Alto Adige sono vincolate, dovendo avvalersi per contratto, di aziende del posto per tutto il loro lavoro. Alto Adige | 8 Luglio 2020 p. 33 «Un passo dal cielo» ai saluti tra le polemiche daniela mimmi braies Per la nuova stagione di «Un passo dal cielo 6» sono previste 8 puntate che saranno piene di new entry e colpi di scena. Questo promette la produzione del serial che da quasi 10 anni tiene inchiodati milioni di spettatori su Rai 1 una volta alla settimana. Però non dice che cambierà anche la location. Infatti la famosa fiction dalla prossima stagione si sposta in Veneto, pare sul lago di Misurina. Tant'è che già nel passato weekend sono iniziati i casting che si sono tenuto a Ponte delle Alpi e a valle di Cadore, entrambe in provincia di Belluno, a cui hanno partecipato un migliaio di persone. Infatti la Eagle Service, l'agenzia che curava il casting di Un passo dal cielo, e che ha curato quello di Curon per Netflix, nel suo sito non accenna a nessun casting in regione per sesta stagione della fiction che si sarebbe dovuta girare al lago di Braies. «Ufficialmente noi ancora non abbiamo ricevuto nessuna disdetta, - ci dice la contitolare dell'agenzia Eagle, Valentina Lagrossi - ma ho visto che sono già stati fatti casting in Veneto, direi che è stato già tutto deciso. Nei prossimi giorni andremo alla Idm per avere spiegazioni. Abbiamo saputo che la gestione dei parchi non vuole più dare permessi per girare. Alla Lux Vide hanno proposto di girare, e sono qualche scena, in val Senales. Ma non è la stessa cosa. La valle è più stretta, difficile da gestire. Danno la colpa di questa decisione all'eccesso di turisti e ai loro comportamenti al Lago di Braies. Io invece penso che i turisti non fossero troppi, e che se ci sono stati atti di maleducazione non è certo colpa nè della Lux Vide, nè nostra, nè degli attori o altro. La cosa mi dispiace e mi preoccupa molto, perchè anche noi, come tanti lavoratori dello spettacolo, siamo stati fermi dei mesi e il settore è stato particolarmente massacrasino è parco. Non si gira più in Alto Adige? Temo che questo crei un pericoloso precedente. È un errore e un peccato perchè il cinema era una voce importante per l'occupazione in regione, e tanti perderanno il lavoro. Aspettiamo di sapere cosa è successo». A Idm fino a pochi giorni fa negavano di avere rinunciato alla nuova serie di «Un passo dal cielo» e che aspettavano la decisione della film comission che sarebbe arrivata a metà luglio. Invece, come dicevamo, tutto era già stato deciso. Addirittura l'agenzia di casting veneta, scrive che le riprese sarebbero dovute iniziare nello scorso maggio, ma sono state interrotte per l'emergenza sanitaria. Questa la risposta di Idm. «Possiamo confermare che la casa di produzione Lux Vide ha fatto domanda per la sesta stagione di "Un passo dal cielo" al fondo provinciale audiovisivo gestito dalla Film Fund & Commission di IdmAlto Adige, che è stata ufficialmente ritirata da Lux Vide. Il ritiro della domanda è stata una decisione della casa di produzione Lux Vide che è stata poi comunicata ad Idm. Per quanto riguarda le ragioni riteniamo che la casa di produzione sia l'interlocutore più adatto. Visto che siamo in continuo scambio con la produzione sappiamo tuttavia che la decisione è motivata da aspetti creativi e produttivi. Visto il parere negativo da parte dei parchi naturali, cioè della ripartizione 28 della Provincia, di girare nelle zone scelte dalla produzione si è cercato di trovare altre soluzioni e location in Alto Adige. Queste non sono però state accettate dalla Rai, committente della serie, che non voleva cambiare il setting. La collaborazione con Lux Vide è sempre stata molto piacevole, è stata un grande passo per la Film Location Alto Adige, perché ha dato lavoro a tante eccellenze altoatesine e la produzione è veramente dispiaciuta di dover lasciare il lago di Braies dove - come dicono loro - si sono sentiti a casa". Quanto al fatto che le riprese sarebbero dovute iniziare in maggio e che quindi già allora era stato tutto deciso, rispondono: «Dell' inizio delle riprese a Maggio non sappiamo nulla, però possiamo confermare che la produzione ha già girato due giorni in Alto Adige (25 e 26 giugno). Una produzione è libera di girare anche prima della decisione della giuria della Film Commission - ovviamente a proprio rischio. In questo caso hanno girato e poi deciso di ritirare la domanda». Forse è stato svelato il mistero. Sarà un bene per la Val Pusteria? Sarà un danno, dato che pare che i turisti siano aumentati del 30% solo grazie alla fiction?

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Corriere delle Alpi | 13 Luglio 2020 p. 19 Le splendide Cinque Torri diventano il set di "Un Passo dal cielo" CORTINA Ciak, si gira alle Cinque Torri. Una location che ha subito catturato la sceneggiatura e la regia di "Un passo dal cielo". Al via, dunque, le riprese per la sesta edizione, che andranno avanti fino a ottobre inoltrato. E l'impressione - per i sindaci di Cortina e San Vito, Gianpietro Ghedina e Franco De Bon - è che questo sia solo il primo anno di una serie che sarà lunga. La produzione "Lux Vide", infatti, è rimasta soddisfatta della disponibilità garantita dalle amministrazioni locali. «Ci hanno chiesto l'autorizzazione a girare alle Cinque Torri e a Pian de Loa e li abbiamo subito assecondati», fa sapere il sindaco Ghedina. «Piena la disponibilità anche da parte delle Regole. Un'ambientazione sulle nostre montagne per una fiction vista da milioni di spettatori: è una promozione straordinaria, direi unica del territorio. Un'opportunità che abbiamo subito accolto con entusiasmo e che di fatto prepara i grandi eventi del prossimo futuro».Stamani, alle Cinque Torri si gireranno degli esterni. Non dovrebbero ancora esserci i protagonisti della serie. Lo spettacolo del gruppo che si erge in faccia alle Tofane sarà vivisezionato attraverso le riprese dai droni e quindi non mancheranno i curiosi interessati a osservare queste prestazioni. Curiosi, però, che saranno tenuti ai margini dell'area. Oggi e domani, in effetti, il set doveva essere quello del lago Mosigo di San Vito di Cadore, ma - come spiega Antonio Palatini, l'assessore che da un mese accompagna la troupe - per motivi organizzativi è stato rinviato. Pare che il timore fosse di un eccessivo afflusso di spettatori. E gli assembramenti non ci devono essere - si lascia intendere - non solo per il rischio covid, ma anche per consentire alla macchina della registrazione di operare a pieno ritmo, considerato il ritardo causa pandemia che l'organizzazione sta scontando. Da oggi sino ad ottobre ci sarà tempo di percorrere in lungo e in largo buona parte del Cadore. Numerosi i siti individuati per le tante scene in scaletta: da Borca a Vodo, da Val Zoldo e Cibiana a Comelico Superiore e Auronzo. In questi giorni si è alla ricerca di un'auto storica da usare in un finto matrimonio. E tra le curiosità non manca neppure un'esplosione.Ieri, intanto, sia a San Vito che a Borca c'erano i fans dei protagonisti della fiction alla caccia degli attori che, tuttavia, sono rimasti invisibili. --Francesco Dal Mas Alto Adige | 14 Luglio 2020 p. 33, segue dalla prima Un passo dal cielo senza lago alessandra segafreddo BELLUNO Il lago di Mosigo si svuota, costringendo lo staff della fiction Rai "Un passo dal cielo 6" a posticipare di qualche giorno l'inizio delle riprese. Domenica pomeriggio il sindaco Franco De Bon non voleva credere alle proprie orecchie: una telefonata, infatti, lo avvertiva del guasto tecnico nel bacino artificiale incastonato fra gli alberi, con vista su Antelao, Sorapis e Pelmo. In poche parole si era rotta la vite che tiene chiusa la paratoia e il bacino si era svuotato in pochi minuti.È domenica pomeriggio, quando il livello dell'acqua inizia a scendere velocemente. Poche ore ed ecco affiorare le piante del fondale e le alghe. Scatta l'allarme. Viene avvisato il sindaco De Bon, che da Belluno sale subito a San Vito: «La situazione è davvero desolante», diceva ieri poco prima di mezzogiorno, «abbiamo riparato il guasto, ma non sarà semplice riempire il bacino».Mosigo è un lago artificiale costruito nel 1929: dopo la bonifica di un ampio pianoro paludoso, è stata costruita una diga di contenimento. Il bacino si alimenta grazie ad alcune sorgive e con le piogge. A bordo lago vi è una sorta di saracinesca che, grazie a una valvola in ferro, chiude o apre le paratoie a seconda dell'altezza dell'acqua. Se l'acqua è troppa le paratie si aprono e quella in eccesso, tramite dei tubi, finisce nel torrente Boite. «Domenica si è rotto il vitone, ormai arrugginito dopo 40 anni», spiega De Bon. «Si tratta di una grande vite il cui compito è quello di tenere su le paratoie, che quindi sono cadute e hanno consentito al lago di svuotarsi». Appena avvisato, il sindaco si è mosso: «Il nostro tecnico Romeo Del Favero ha sistemato il guasto già domenica sera, ora vedremo di realizzare una nuova vite. Il capo degli operai Marco Olivotti è arrivato subito e ha scongiurato l'ipotesi dolosa: si trattava solo di un incidente».Una doccia fredda per tutto il paese, lanciato a mille all'ora verso le riprese della fiction di mamma Rai: «Mi sembra di essere diventato in poche ore il protagonista di un film horror, con una trama ben costruita», sottolinea De Bon.La notizia che la produzione si era spostata dal lago di Braies a quello di Mosigo aveva già fatto fioccare le prenotazioni. Domenica pomeriggio sono arrivati gli attori, compreso il protagonista Daniele Liotti, che ha scattato selfie con chi lo incontrava. Sono arrivati anche i membri dello staff tecnico, che ieri mattina, con droni e telecamere, hanno girato alcune scese e alcune riprese aeree sulle Cinque Torri. «Abbiamo assicurato la massima collaborazione alla produzione della fiction», sottolinea De Bon, «proprio perché a fini turistici è una manna dal cielo per il nostro territorio essere stati scelti per le riprese. Il guasto alla vite non ci voleva proprio, anche se il programma della fiction non cambia di molto: le riprese riprenderanno lunedì prossimo e proseguiranno tutta l'estate».Ora si lavora per riempire il lago e per pulirlo superficialmente. Il fondale, infatti, è una distesa di alghe, anche maleodoranti, che con l'immissione di acqua saliranno in superficie. «Il problema delle alghe sul lago di Mosigo esiste da sempre», ammette De Bon, «perché è un bacino artificiale senza un ricircolo di acqua».Il l lago è stato bonificato l'ultima volta nel 2017: ci vollero settimane per pulire tutto con mezzi meccanici. «Adesso, in piena stagione e con le riprese imminenti, non abbiamo tempo. Appena il lago sarà pieno, puliremo con le reti la superficie, ma dobbiamo prima riempirlo e non sarà semplice: arrivando l'acqua da sorgive, serviranno giorni e giorni. Domani (oggi, ndr) decideremo se attingere acqua dal

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Boite con le botti, come avevamo fatto alcuni anni fa per l'estrema siccità. Nel frattempo si susseguiranno i sopralluoghi per verificare la situazione anche con lo staff della fiction».Quando è salito da Belluno e ha visto che nel lago c'erano solo alghe e vegetazione, De Bon ha avuto una stretta al cuore: «Un vero disastro, ma non ci abbattiamo: faremo il possibile per presentare il lago al meglio sia per le riprese, sia per i tanti turisti che in questi giorni affollano l'area dove ci sono anche punti ristoro e il mosigolf per bambini».©RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 17 Luglio 2020 p. 15 edizione Belluno Ciak di benvenuto Un passo dal cielo si gira in Valle del Boite, lunedì il primo ciak sul lago di Mosigo e il presidente della Provincia Roberto Padrin commenta: «È il riconoscimento della grande bellezza del nostro territorio». Proprio Roberto Padrin mercoledì sera ha voluto portare i saluti dell'amministrazione provinciale ad attori e tecnici della fortunata serie televisiva che hanno cominciato proprio in queste ore le riprese della sesta stagione tra Cortina, la Valle del Boite ma anche Auronzo e il Comelico. Assieme a lui, anche il consigliere provinciale e sindaco di San Vito Franco De Bon, intervenuto per l'aperitivo di benvenuto alla troupe, che ha scelto il Park Hotel des Dolomites a Borca di Cadore come riferimento logistico per questo periodo di lavoro in zona. Padrin: «Ho incontrato il protagonista della serie, Daniele Liotti, il regista Jan Maria Michelini e il direttore di produzione Corrado Trionfera e da parte di tutti ho ricevuto apprezzamenti entusiasti del nostro territorio. Gli attori, i tecnici, tutti sono strabiliati dalle bellezze delle nostre Dolomiti. Noi lo sappiamo che viviamo in un territorio magnifico, anche se spesso non ci facciamo caso. Ma sentirselo dire da registi, attori e addetti ai lavori di una serie televisiva è tutta un'altra cosa. Auguriamo loro un buon lavoro. E auguriamo a noi, al nostro territorio, di saper sfruttare questa grande occasione per la visibilità e anche per il riconoscimento della grande bellezza che ci troviamo di fronte quotidianamente. Abbiamo il dovere di preservarla e di promuoverla, perché la bellezza è come la felicità: è vera solo se condivisa». Così Franco De Bon. «La nostra provincia è speciale e non perché ce lo diciamo tra di noi, ma perché tale l'ha riconosciuta l'Unesco. Le Dolomiti sono magnifiche, ma soprattutto sono uniche al mondo. E il fatto che Un passo dal cielo le abbia scelte per portarne un pezzettino nelle case degli italiani non può che farci un immenso piacere». (G.B.)

DOLOMITI IN TV Corriere delle Alpi | 7 Luglio 2020 p. 19 Da Donnavventura a Sky sport: le Dolomiti si promuovono in tv Fabrizio Ruffini BELLUNO Sarà un luglio ricco di scorci bellunesi quello sulle diverse reti televisive italiane. Rai, Mediaset e Sky, infatti, punteranno in diverse occasioni le proprie telecamere sulle bellezze naturali e sui borghi che rendono unico il nostro territorio. Il nuovo piano per il battage mediatico è stato voluto e portato avanti dal Dmo, il consorzio creato ad hoc per dare una spinta alla promozione turistica locale, e rappresenta un'importante occasione per aumentare la visibilità dell'intera provincia e provare a riportare il turismo ai livelli preCovid.«Le occasioni televisive saranno più di una», conferma il direttore del Dmo Dolomiti, Giuliano Vantaggi, «in questo momento stiamo terminando una serie di registrazioni che appariranno su tutti i principali tg nazionali, un po' come già visto con il servizio sul lago di Santa Croce al Tg5, che ha messo in evidenza le grandi potenzialità turistiche dell'area, soprattutto dal punto di vista sportivo».Oltre ai passaggi nei telegiornali, però, il mese di luglio vedrà sbarcare in provincia anche alcune produzioni di programmi molto seguiti dei palinsesti nazionali.«Nelle prossime settimane ci attendono degli appuntamenti molto importanti», continua Vantaggi, «il primo è con Donnavventura, oramai storico docu-reality di Rete 4 che siamo riusciti a portare a Belluno e che, con le sue ragazze a bordo di fuoristrada elettrici attraverserà tutta la provincia, mostrandone i gioielli e raccontando quanto di bello ci sia da vedere, sempre in maniera adrenalinica e femminile. Le riprese cominceranno questa settimana e la puntata andrà in onda verso fine mese». A questo seguirà una trasmissione dedicata al cicloturismo, che arriverà nel Bellunese per raccontare lo splendore delle piste ciclabili che attraversano il territorio, ma tornerà anche Icarus Sky Sport, con una puntata di Adrenaline Experience dedicata alle ferrate e alle discese in mountain bike, che permetterà di mostrare il meglio dei panorami mozzafiato sulle Dolomiti, facendo venire l'acquolina in bocca agli amanti degli sport più estremi e spettacolari.«Per le ciclabili verrà mostrata soprattutto la Lunga via delle Dolomiti, battuta ogni anno da tantissimi cicloturisti, mentre lo show di Sky verrà registrato ad Arabba, per quanto riguarda la

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parte dedicata alle scalate, mentre la parte bike avrà come scenario il Comelico». Continuano anche gli intrecci con gli influencer coordinati dalla Regione, che vengono inviati a promuovere varie zone con i relativi prodotti.«La collaborazione sta andando molto bene e ci permette di raggiungere un pubblico giovane e nuovo», aggiunge Vantaggi, «non dobbiamo avere un unico target turistico, ma cercare di abbracciarli tutti se vogliamo tornare ai livelli pre Covid».C'è poi la campagna radiofonica, che già da qualche giorno sta riempiendo le radio locali, sponsorizzando il Bellunese come un territorio magnifico e salubre, dove poter trascorrere le proprie vacanze in spazi ampi e aperti, senza alcun rischio per la salute.Le radio scelte per il passaggio del messaggio promozionale sono per la maggior parte bellunesi (Radio Club 103, Radio Cortina, Radio Belluno, Radio Piave, Radio Abm e Radiopiù), ma a queste è stata aggiunta Radio Piter Pan, per allargare la copertura mediatica oltre i confini provinciali. «In questo caso il messaggio di circa un minuto è stato pensato per invogliare al turismo di prossimità», conclude il direttore del Dmo, «e aiutare i nostri ristoratori e i nostri negozianti, quindi tutta l'attività economica legata al turismo e non solo quella degli albergatori». -© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere dell'Alto Adige | 8 Luglio 2020 p. 5 segue dalla prima «Effetto tivù incompatibile con la tutela Unesco» di Enzo Coco Rischio di «effetto moltiplicatore» per il turismo in una zona a tutela Unesco che non ce la fa più a gestire l’assalto dei turisti. Questa, in sintesi, la motivazione che ha portato la provincia di Bolzano a far saltare l’accordo per le riprese a Braies e dintorni della serie tv Un passo dal cielo. Le mosse partono dall’ufficio Natura e Parchi e segnatamente da chi si occupa della gestione aree protette. Tale è infatti il Parco di Fanes-Senes-Braies che gode di una triplice protezione. Innanzitutto quella dell’Unesco, poi quella europea essendo un sito della rete Natura 2000 e poi quella provinciale. Natura 2000comprende siti di interesse comunitario, e di zone di protezione speciale creata dall’Unione europea per la protezione degli habitat e delle specie, animali e vegetali. «Abbiano una responsabilità istituzionale e oggettiva — fanno sapere dall’Ufficio parchi — per la tutela della flora, della fauna e degli uccelli che sono in pericolo in questo territorio del quale non siamo più in grado di garantire il controllo». Deriva da questa constatazione, suffragata da un’indagine ancora in corso di svolgimento in collaborazione con Eurac sull’affluenza del pubblico in zona, la scelta di porre uno stop a quella che viene considerata un’invasione non più controllabile di turisti da tutta Italia allo scopo di scattare solo un selfie sulle sponde del lago che tiene incollate al televisore schiere di persone. Non dunque un problema causato dalla produzione che avrebbe girato nei luoghi per pochissimi giorni, ma dall’«effetto moltiplicatore» sul turismo che aumenta per ogni passaggio televisivo della celebre palafitta . Una scelta che a seconda del punto di vista di chi la osserva può essere positiva o negativa. Certamente negativa per chi dalla presenza della troupe televisiva, delle maestranze e degli attori ha tratto vantaggio in termini di pernottamenti, ristorazione, catering e lavoro tecnico specialistico di supporto. Positiva ovviamente per la conservazione del patrimonio naturalistico e paesaggistico con il quale, osservano però alcuni, non si mangia. L’assessora competente Magdalena Hochgruber Kuenzer, ha trasformato in scelta politica la proposta dei tecnici e, una decina di giorni fa, ha preso carta e penna e ha scritto a chi di dovere per «stoppare» le riprese televisive. «Non credo che si vada a perdere sul piano economico-turistico — afferma l’assessora — perché un sito Unesco è sempre un richiamo importante per il pubblico a prescindere dal fatto che sia anche una location televisiva. Non potevamo però più sostenere punte di 12.600 visitatori al giorno – aggiunge - arrivate a quasi 18.000 nell’agosto 2018. Io siedo anche nel cda della Fondazione Dolomiti Unesco e non avrei più potuto giustificare una situazione fuori controllo. La sola presenza di una folla di questo tipo in un sito molto piccolo — conclude l’assessora — lo danneggia a prescindere dai comportamenti dei singoli». «La serie ha avuto un grande successo ma tutto ha una fine — sentenzia il presidente Arno Kompatscher —. Non fosse stato quest’anno, sarebbe stato il prossimo o quello dopo. La serie ha regalato notorietà a Braies e questo ha anche effetti negativi perché bisogna gestire l’affluenza. Ma anche senza ulteriori ciak la notorietà rimarrà, anche a livello internazionale». Corriere delle Alpi | 10 Luglio 2020 p. 30 LA MONTAGNA IN TV Gianluca De Rosa CORTINA Vacanze estive? Quest'anno in montagna. E se lo dicono le ragazze di "Donnavventura" c'è sicuramente da crederci. Il fortunato format dedicato ai viaggi proposto da Rete4 abbandona temporaneamente le coste del Belpaese per abbracciare le Dolomiti patrimonio Unesco. Ma c'è voluta la situazione contingente della pandemia perchè si pensasse almeno ad un'alternanza che forse si sarebbe potuta già prendere in considerazione.«Il nostro programma predilige il mare; ma quest'anno, con tutte quelle che sono le regolamentazioni legate ad una vacanza in spiaggia, diventa molto più semplice, ed al tempo stesso bello, andare in montagna», racconta Maurizio Rossi, regista da trent'anni alla guida di "Donnavventura", al comando di una troupe composta da due

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cameraman/fotografi e quattro ragazze: Sijia, di origini cinesi, Camilla, Laura e Annabruna. «Siamo in organico ridotto di due elementi rispetto al solito», aggiunge Rossi, «una scelta dettata anche dal momento e dalla necessità di garantire il rispetto delle regole dal punto di vista del distanziamento. Siamo partiti due mesi e mezzo fa, in pieno Covid 19, con le riprese all'isola del Giglio. Ricordo quando siamo sbarcati, ci guardano come degli extraterrestri, in quel momento in cui tutto era chiuso e fermo. "Donnavventura" non è una trasmissione di pura avventura, come potrebbe indurre a pensare il suo titolo. Le ragazze sono esploratrici, a volte reporter. Hanno sicuramente uno spirito intraprendente, non sono solo belle. Poi nei nostri programmi ci mettiamo anche qualcosa di avventuroso, lo faremo anche stavolta percorrendo alcuni tratti in ferrata; ma, di fondom l'idea della trasmissione è quella di mettere in mostra le bellezze dei posti che andiamo di volta in volta a visitare».Sarà così anche per le Dolomiti bellunesi: otto giorni di full immersion, partendo da Cortina (con quartier generale fissato al Rosapetra Spa Resort) per poi raggiungere, a bordo delle tradizionali jeep multicolori, il territorio circostante: ieri è stata la volta di Auronzo, Misurina e delle Tre Cime; poi spazio al Comelico fino a toccare Arabba, Rocca Pietore, il Civetta, Valbelluna, Alpago e Falcade, "patria" quest'ultima di Camilla Ronchi, volto bellunese protagonista del primo "Donnavventura", giunto quest'anno alla 31ª edizione (le trenta candeline sono state festeggiate a gennaio con una festa a Milano).«Questa sarà un'edizione tutta italiana, un po' per forzaq di cose e un po' per la tranquillità dal punto di vista sanitario di tutta la troupe, ma torneremo a viaggiare in tutto il mondo», assicura il regista Maurizio Rossi che svela una curiosità della puntata bellunese che andrà in onda il 26 luglio (salvo cambiamenti in corsa): «Insieme a Camilla Ronchi inaugureremo una pista da sci molto speciale proprio a Falcade. L'avevamo già vista a Copenaghen, in occasione dell'inaugurazione del Copenhill (pista da sci usufruibile tutto l'anno realizzata sul tetto di un termovalorizzatore, ndr), la ritroveremo in questa occasione» . --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 13 Luglio 2020 p. 19 Tre giorni di Dolomiti a "La vita in diretta" Gianluca Da Poian BELLUNO A tutta tv. Rai, Mediaset, Sky. La promozione del territorio bellunese arriva e arriverà nelle case degli italiani. Fiction, programmi d'intrattenimento, documentari, servizi nei telegiornali. Un'offerta variegata e parecchio corposa, capace di garantire un ritorno in termini di visibilità difficile da quantificare. I volti degli abitanti dei borghi, le adrenaliniche esperienze tra la natura, la tranquillità ad alta quota sono solo alcune delle testimonianze di ciò che può offrire la nostra provincia.DONNAVVENTURAA tutta velocità lungo la Zipline di San Tomaso Agordino. E poi il ruolo di madrine d'eccezione della nuova pista in neveplast montata a Molino di Falcade, lì dove la zona della fase finale della pista di rientro Le Buse - Molino sarà fino a settembre una "palestra" in cui i ragazzi dello Ski college veneto di Falcade e quelli degli sci club di tutta Italia potranno esercitarsi nelle partenze dal cancelletto. Possibilità, questa, concessa grazie ai 500 metri quadrati in materiale sintetico eco-compatibile neveplast che il Comune ha noleggiato e dato in gestione gratuita alla società Impianti per l'estate 2020. Il tutto con il sostegno della Dmo Dolomiti. E proprio il direttore della Dmo, Giuliano Vantaggi, fa il punto dell'esperienza bellunese delle ragazze del popolare format Donnavventura, visibile su Rete 4. «Non ci sarà zona della provincia nella quale non registreranno», precisa. «Per dire, già domani (questa sera per chi legge, ndr) arriveranno a Feltre e testimonieranno attraverso le telecamere cosa sia il Palio e mostreranno a tutta Italia la Birreria Pedavena. La puntata di Donnavventura dedicata in gran parte al bellunese andrà in onda domenica 26 luglio. Intanto siamo felici del grande lavoro svolto in questi giorni, reso possibile grazie a una programmazione iniziata nei primissimi giorni del lockdown. Avessimo aspettato, non ci sarebbe stato modo di poter garantire con questa offerta televisiva". VITA IN DIRETTA Nel frattempo, la finestra sui borghi del bellunese verrà aperta questo pomeriggio da "La vita in diretta estate". Il programma di Rai 1 condotto da Marcello Masi e Andrea Delogu si collegherà poco dopo le 18 con Seren del Grappa. Ma non è finita qui. «In effetti», spiega Vantaggi, «seguiranno altre due puntate bellunesi. Martedì tocca a Mel, mentre mercoledì le telecamere si sposteranno a Sottoguda. Il filo conduttore è la natura nei borghi storici».IcarusRiprenderanno nel fine settimana le registrazioni di Icarus - Adrenaline Experience, trasmissione di Sky Sport che conduce i telespettatori a provare, e magari sognare di vivere in prima persona, le emozioni più adrenaliniche delle Dolomiti e Prealpi bellunesi. «Avremo due mete in questi giorni, ovvero Arabba e il Comelico».UN PASSO DAL CIELOCome dimenticare, infine, l'avvio odierno delle riprese di "Un passo dal cielo 6". Da oggi il "ciak, si gira", anche se il primo verrà dato molto probabilmente alle Cinque Torri. La caserma dei Forestali, lo ricordiamo, è stata invece ricavata in un ambiente pubblico sempre al lago di Mosigo a San Vito di Cadore, vicino allo Chalet. La troupe ha intenzione di girare anche altrove. –

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