Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Gennaio 2021

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UNIVERSITA’ DELLA MONTAGNA: LA PROPOSTA Corriere del Veneto | 8 Gennaio 2020 p. 7, segue dalla prima Montagna, serve un ateneo a 360 gradi Editoriale a cura di Matteo Righetto Sto seguendo con grande interesse e vivo coinvolgimento la discussione e gli interventi sorti intorno alla proposta di una «Università della Montagna» lanciata dal direttore di questa testata. Si tratta di un’idea tempestiva e di assoluta rilevanza che personalmente ritengo necessaria per rilanciare Cortina d’Ampezzo e il territorio diffuso delle Dolomiti bellunesi come punto di riferimento internazionale sui temi e le grandi sfide che nei prossimi anni attendono la montagna. Al di là però dei legittimi e condivisibili entusiasmi subito manifestati dal mondo della politica e delle imprese, mi sento in dovere di fare alcune osservazioni personali in merito alla questione. Come accennavo poc’anzi, credo che al di là della indiscutibile vetrina cortinese sarebbe anzitutto opportuno pensare a una istituzione decentralizzata e capillare sul territorio in modo da poter contribuire a risollevare l’intera area dolomitica del Veneto, da anni pesantemente colpita da una durissima crisi economica e demografica ulteriormente accelerate prima da Vaia e poi dalla pandemia di questi mesi. Da più parti è stata citata l’Unimont come modello di riferimento, e credo sia corretto dare il giusto merito a una realtà, come quella di Edolo, che già da diversi anni si distingue in ambito nazionale come polo di didattica e sviluppo specializzato nella complessità geografica del territorio montano. Detto questo, sono convinto che per presentarsi come lungimirante e ambiziosa, l’idea dell’Università della Montagna non debba essere desiderata come mero organismo in grado di formare professionisti capaci di gestire e valorizzare le risorse agro-silvo-pastorali e ambientali del territorio montano, poiché questo di per sé non sarebbe affatto ambizioso. Penso piuttosto a una realtà che si proponga di ripensare concretamente il futuro della montagna a trecentosessanta gradi, attraverso una visione sistemica capace di affrontare i problemi più gravi e urgenti delle Terre Alte a partire proprio dai mali che le affliggono: spopolamento progressivo, crisi economica, abbandono delle valli, difficoltà di accesso alla sanità, solitudine e marginalità di alcune comunità montane a scapito di altre subissate da un turismo di massa non più sostenibile. In tal senso è necessario formare figure professionali in grado di gestire le potenzialità inespresse di un territorio molto complesso con una mission votata alla biodiversità, alla sostenibilità, allo sviluppo sociale e quello culturale tout court. Una vera e propria Accademia, quindi, come giustamente suggerisce il Presidente della Regione Zaia e come la vorrebbe anche l’onorevole De Menech, da istituirsi con lo scopo di curare e promuovere la montagna e la provincia della montagna in una prospettiva interdisciplinare e realmente ecologista, considerando quindi un dialogo aperto e costruttivo tra i diversi saperi, perché ciò che a noi montanari serve oggi è una una sorta di Rinascimento culturale per la Montagna. E io qui lo voglio dire chiaramente. Allo sviluppo di tale progetto dovrebbero pertanto contribuire economisti, storici, letterati, geografi, geologi, climatologi, scienzati, forestali, naturalisti e tutti coloro i quali abbiano capacità, competenze e visioni innovative per rilanciare il territorio in quota conciliando nuove energie sociali, modelli virtuosi di gestione e sviluppo della montagna, istanze climatiche e ambientali, e soprattutto la cultura come volano economico e produttivo possibile. A questo proposito penso al ruolo fondamentale che potrebbe avere la Fondazione Dolomiti Unesco (brillantemente diretta in questi anni da Marcella Morandini) il cui obiettivo è esattamente quello di valorizzare il patrimonio e i valori universali delle Dolomiti promuovendo e svolgendo attività nei campi educativi, culturali e scientifici e ponendo l’accento sulle interrelazioni tra economia, paesaggio montano, umanesimo e scienza. Dunque l’Università della Montagna non dovrebbe offrire soltanto corsi di laurea, post lauream, master, ma realizzarsi concretamente come occasione di confronto e discussione permanente sul futuro della montagna. Un laboratorio di riflessione analisi e proposta, capace di ripensare con coraggio a nuove relazioni tra economia e società montana facendo necessariamente i conti con una nuova e decisiva consapevolezza ecologica e culturale. Solo così tale Università potrà dirsi realmente innovativa ed esemplare .

Corriere del Veneto | 3 Gennaio 2020 p. 30 «L’Università della Montagna motore di rilancio e sviluppo» Stefano Bensa CORTINA (Belluno)

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