Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Settembre 2022

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R A S S E G N A S T A M P A

SETTEMBRE 2022

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Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI SETTEMBRE:

INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA 3

DOLOMITI ACCESSIBLI: L’INCONTRO AD AURONZO DI CADORE 3

CRISI CLIMATICA ............................................................................................................................................... 3

MARMOLADA ..................................................................................................................................................... 8

MOBILITA’ .......................................................................................................................................................... 9

LAGO DI BRAIES: ACCESSI CONTINGENTATI.................................................................................................. 11

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI.................................................................................................................... 12

SASSOLUNGO E PIANI DI CUNFIN: LA RICHIESTA DI TUTELA......................................................................... 17

AL BLETTERBACH PER STUDIARE MARTE ..................................................................................................... 19

NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 20

NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 25

NOTIZIE DAI SOSTENITORI 25

PORDENONELEGGE: PREMIO SPECIALE DOLOMITI UNESCO 26

OLTRE LE VETTE 26

DOLOMITI IN TV 27

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INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA

TGR Veneto | 21 settembre 2022

https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2022/09/belluno dolomiti seducenti 53da8664 aef0 4a60 a8a3 c45478aba5d1.html

Belluno. Dolomiti seducenti

La Fondazione Dolomiti Unesco ha organizzato un trekking fotografico in quota, per cogliere lo splendore delle montagne, anche nei momenti più intensi, come l'alba e il tramonto. Quando la luce accarezza le vette […]

DOLOMITI ACCESSIBLI: L’INCONTRO AD AURONZO DI CADORE

OnuItalia.com | 15 settembre 2022

https://www.onuitalia.com/2022/09/14/dolomiti 2/

Disabilità: UNESCO, ad Auronzo due giorni dedicati alle ‘Dolomiti accessibili’

La Fondazione Dolomiti UNESCO ha organizzato giorni di incontri sul tema ”Dolomiti accessibili. Un Patrimonio per tutti” ospitati ad Auronzo da La Gregoriana, (della Rete di Accoglienza Diocesana della diocesi di Belluno Feltre) che hanno offerto un’occasione di confronto tra diverse realtà, provenienti da tutto l‘arco dolomitico, che si occupano di disabilità, accessibilità e inclusione. […]

Telechiara | 15 settembre 2022

https://telechiara.gruppovideomedia.it/it/on demand/telegiornali/tg news seconda edizione 1?clip=70788&id=70812

DOLOMITI PER TUTTI

Telebelluno | 15 settembre 2022

https://www.youtube.com/watch?v=VcUe5Hj rk0

Ad Auronzo si discute di "Dolomiti accessibili"

CRISI CLIMATICA

L’Adige | 1 settembre 2022

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La carovana dei Ghiacciai: sparito il 90% del volume in un secolo

Una riduzione nell'ultimo secolo di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume che ne determinano una grandezza di circa un decimo rispetto a cento anni fa: gli effetti della crisi climatica non risparmiano il Ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, lo scorso 3 luglio diventato teatro della strage in cui hanno perso la vita undici persone, a causa del distacco di un enorme seracco dalla sua parte sommitale. Il suo ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione, tanto che negli ultimi quarant'anni la sola fronte centrale è arretrata di più di 600 metri provocandone una risalta in quota di circa 250 metri. Un futuro incerto per il gigante bianco che,

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stando alle previsioni degli esperti, nel giro di meno di 15 anni potrebbe scomparire del tutto. A parlar chiaro sono i risultati delle rilevazioni della quarta tappa di Carovana dei Ghiacciai 2022, in Veneto Trentino, presentati nella conferenza stampa a Padova presso il Museo di Geografia dell'Università di Padova. La campagna di Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano è tornata dopo due anni sulla Marmolada, facendo un passo indietro per capire cosa sta accadendo, a due mesi dalla tragedia, di cui gli esperti stanno ancora studiando le cause. Tali cause sono da imputare alla forte inclinazione del pendio roccioso e alla progressiva apertura di un grande crepaccio, che ha separato il corpo glaciale in due unità, alla presenza di discontinuità al fondo e sui lati, all'aumento anomalo delle temperature con conseguente aumento della fusione e incremento della circolazione d'acqua all'interno del ghiaccio. «La Regina della Dolomiti sta perdendo il suo gigante di ghiaccio più in fretta delle altre vette dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente con rotture di equilibri secolari e accelerazioni di fenomeni anche tragici. Ma non devono essere tristi episodi di cronaca a doverci ricordare che siamo in piena emergenza climatica. Occorre più consapevolezza di quel che sta accadendo e soprattutto un nuovo rapporto tra uomo natura. Basta considerare la montagna come un luna park e basta infrastrutturazione a tutti i costi, utile invece pensare a questa come uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità». Ai monitoraggi, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano in collaborazione con Legambiente, hanno partecipato Aldino Bondesan, Francesco Ferrarese, Alberto Lanzavecchia, Mauro Varotto dell'Università di Padova; Gianandrea Lorenzoni, Meteomont Veneto Carabinieri Forestale di Belluno; Mauro Valt, ARPA Veneto. «Il Ghiacciaio della Marmolada commenta Aldino Bondesan, Comitato Glaciologico Italiano e Università di Padova è un fondamentale termometro dei cambiamenti climatici per la sua rapida risposta anche alle piccole variazioni di precipitazioni e temperatura. Fenomeni come il distaccamento dello scorso 3 luglio sono frequenti nei ghiacciai e fanno parte della loro normale dinamica. Ciò che desta maggior preoccupazione è la progressiva accelerazione del ritiro glaciale: se saranno confermati gli attuali andamenti anche nei prossimi anni, è molto probabile che il ghiacciaio della Marmolada scompaia prima del 2040». A richiamare l'attenzione delle istituzioni sulle origini della crisi climatica ed a chiedere che la transizione energetica torni al centro del dibattito politico ed in particolare della campagna elettorale è Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto: «Con l'Osservatorio Città clima di Legambiente abbiamo registrato in Veneto ben 84 eventi estremi negli ultimi 13 anni. Urgente abbandonare le fonti fossili e spingere l'acceleratore per arrivare a emissioni di gas a effetto serra nette pari a zero nel 2040, in coerenza con l'Accordo di Parigi (COP 21). Al contempo occorre dotarsi di un piano di adattamento al clima per tutelare i territori e le comunità». La prossima tappa in Friuli Venezia Giulia: dal 1° al 3 settembre la carovana dei ghiacciai sarà sul ghiacciaio del Montasio.

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«La politica si deve occupare del clima» padova Carlo Barbante, direttore dell'Istituto di Scienze polari del Cnr e professore all'Università di Padova, è uno dei cinque scienziati, primi firmatari di una lettera aperta per chiedere alla politica che, soprattutto in vista delle prossime elezioni, la lotta al cambiamento climatico sia portata al centro dei programmi dei partiti. Perché ora non è così, «ma noi staremo con il fiato sul collo alla politica. Questa è la priorità» dice Barbante.Professore, qual è il vostro appello?«Non siamo più di fronte a un cambiamento climatico, ma a una vera crisi climatica. E le forze che saranno al Governo nei prossimi cinque anni devono compiere azioni concrete per guidarci nella scelta che il nostro Paese ha già fatto, aderendo all'accordo di Parigi, che prevede l'azzeramento delle emissioni di gas entro il 2050».L'orizzonte temporale sono i prossimi trent'anni?«È il limite che la scienza si è data per rimanere entro il grado e mezzo in più di temperatura. Per questo dovremo dimezzare le nostre emissioni ogni 10 anni. Il tempo è poco, ma abbiamo gli strumenti».Dobbiamo abituarci agli eventi atmosferici estremi?«Precipitazioni intense e lunghi eventi siccitosi sono diretta conseguenza dell'aumento della temperatura. Quindi è probabile che gli eventi estremi aumenteranno ancora. Ma dovremo anche adattare il nostro modo di vivere, le nostre infrastrutture».Il nostro stile di vita non è più sostenibile?«Non lo è. Servono azioni individuali e della politica. E poi deve intervenire la finanza: grossi finanziamenti per sistemi di stoccaggio e trasporto dell'energia, per le fonti rinnovabili. Bisogna tassare i grandi profitti delle aziende petrolifere, che hanno usufruito di finanziamenti enormi. Andare verso la transizione energetica. La strada è lunga ma segnata». l.b.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 1 settembre 2022 p. 20

La seconda estate più calda: quasi due gradi più della media

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Corriere delle Alpi | 1 settembre 2022

Bolzano

Ieri, 31 agosto, si è conclusa l'estate climatologica o meteorologica. «L'estate 2022 passerà alla storia meteorologica come la seconda più calda da quando, nel 1850, sono iniziate le misurazioni», spiegano gli esperti dell'ufficio provinciale Meteorologia e prevenzione valanghe dell'Agenzia per la Protezione civile. «In tutto l'Alto Adige le temperature sono state di 1,5 2 gradi centigradi sopra la media di lungo periodo. Solamente l'estate del 2003, 19 anni fa, era stata più calda».Temperatura massima e minima dell'estate: 39 e 3,9 gradiLa temperatura più alta è stata misurata a Bolzano il 22 luglio scorso ed era di 39 gradi, riferiscono i meteorologi provinciali. La più fresca è stata invece registrata il 9 luglio a Monguelfo: 3,9 gradi.Precipitazioni lievemente inferiori alla mediaLe precipitazioni estive sono state leggermente inferiori alla media nella maggior parte del territorio altoatesino; in particolare nella zona meridionale, dove è piovuto circa il 30% in meno rispetto al normale. A Nord (Alta val d'Isarco, val Pusteria) i rovesci sono rimasti nei valori medi delle precipitazione.21.400 fulminiIn tutto l'Alto Adige si sono registrati circa 21.400 fulmini, in linea con la media degli ultimi anni. Il mese con il maggior numero di saette è stato giugno con 8.700 fulmini, mentre ad agosto se ne sono verificati solo la metà.Diagrammi del clima onlineI diagrammi climatici forniscono informazioni dettagliate su temperature e precipitazioni nei territori di Bolzano, Merano, Silandro, Bressanone, Vipiteno, Brunico e Dobbiaco. I grafici vengono aggiornati quotidianamente e mostrano se i dati attuali sono superiori o inferiori alla media a lungo termine: meteo.provincia.bz.it/diagrammi climaL'autunno meteorologico inizia con sole, nuvole e rovesciL'autunno meteorologico sarà avviato quest'anno da un alternarsi di sole, nuvole e piovaschi locali. La maggiore nuvolosità è prevista per sabato. Le temperature continueranno a scendere.Previsioni meteo onlineLe informazioni sulla situazione meteorologica generale e su ulteriori evoluzioni del tempo in Alto Adige vengono costantemente aggiornate su meteo.provincia.bz.it.

delle Alpi | 4 settembre 2022 p. 19

La pioggia d'agosto cancella la siccità L'analisi dell'Arpav: estate nella norma

Belluno

È stata una delle estati più calde degli ultimi 35 anni, ma non la più calda e di sicuro non la più secca. Anzi, secondo l'analisi dei dati realizzata da Arpav, dal punto di vista delle precipitazioni, l'estate appena conclusa è risultata normale. C'è una certa distanza tra la percezione e la realtà dei numeri registrati dall'Agenzia per l'ambiente, che nel bilancio di agosto ha inserito anche alcuni elementi relativi all'intera stagione estiva.Agosto è risultato un po' più caldo e soleggiato del normale, con precipitazioni nella norma o addirittura superiori in alcune zone. Nel corso del mese si è avuta la consueta instabilità di questo mese estivo, ma anche numerose giornate di bel tempo (16, contro una media di 12). La fase di tempo più soleggiato e stabile si è avuta dal 21 al 24. Con il 31 agosto è terminata l'estate meteorologica, che per convenzione inizia il primo giugno. L'estate 2022 è risultata molto calda, soprattutto nel mese di luglio, e si colloca al secondo posto, a pari merito con quella del 2019, fra le estati più calde degli ultimi 35 anni. L'estate più calda rimane quella del 2003. Andando ancora più indietro nel tempo, grazie alla serie storica di 142 anni di Belluno (iniziata nel 1879) si nota che solo nel 1947 si è avuta un'altra estate calda come quelle citate (2003, 2019 e 2022). Come accennato, invece, le precipitazioni estive sono state normali, con accumuli mediamente compresi fra 350 e 600 mm, con il solo mese di luglio più secco della norma.Le temperature medie di agosto sono risultate circa di 1°C superiori alla norma, con poche oscillazioni di rilievo ed un'anomalia positiva molto frequente nel corso del mese. Non si è avuta alcuna onda di calore simile alle 5 che si sono succedute nei mesi di giugno e luglio, se si escludono un paio di giorni molto caldi ad inizio mese. Lo zero termico è variato fra un minimo di 3020 m del giorno 13 ed un massimo di 4680 m del giorno 4. Nel capoluogo bellunese, da inizio anno, l'anomalia termica rimane stabile a +1°C, un valore notevole considerando che è la media su otto mesi. Le precipitazioni totali di agosto sono state normali o in alcune aree 30 40% più abbondanti del consueto, a causa di rovesci temporaleschi localmente più forti e frequenti. La frequenza delle piogge è stata complessivamente normale, con 11 15 giorni piovosi, a seconda delle zone, a fronte di una media di 10 13.Il bilancio pluviometrico da inizio anno mostra ancora un deficit significativo sulle zone centro meridionali della provincia, seppur ridimensionato rispetto ad un mese fa, con scarti fra 20 e 45%, mentre su quelle settentrionali l'anomalia risulta trascurabile ( 10/ 15%) e addirittura si misurano localmente dei lievi surplus di pioggia, come a Santo Stefano, dove dal primo gennaio al 31 agosto è piovuto il 15% in più. A Belluno, negli ultimi 36 anni, si sono avuti solo altri tre casi con così poca pioggia nei primi 8 mesi dell'anno, cioè nel 2003, nel 1993 e nel 1990.Arpav ha anche riassunti gli eventi meteo più significativi di agosto: il 5 violentissimi rovesci temporaleschi poco a nord di Cortina e sull'Altopiano di Razzo. Un pluviometro sulle pendici del Monte Pomagagnon ha misurato intensità pluviometriche fra le più alte mai registrate in provincia di Belluno, con 83 mm in un'ora, dei quali 64 in mezz'ora, 42 mm in 15 minuti e 19 mm in soli 5 minuti. Il 6 altro violentissimo rovescio temporalesco fra Ponte nelle Alpi e il Lago di Santa Croce. La stazione meteo di La Secca misura 69 mm di pioggia in un'ora, di cui 48 mm in mezz'ora. Il 12 abbondante grandinata ad Agordo all'alba; il 18 due intense linee temporalesche attraversano la provincia, precedute e accompagnate da fortissime raffiche di vento, che raggiungono gli 83 km/h a Belluno, 90 km/h sul Monte Cesen e addirittura i 155 km/h sulla Marmolada. Il 27 rovesci temporaleschi fra l'Alpago ed il Nevegal hanno innescato la colata detritica sul Fadalto. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Corriere

p. 2, edizione Belluno

Fradusta già cancellato: «Foto inequivocabili»

BELLUNO

Altro che «sciogliere il ghiaccio». Non c'è proprio più nessun imbarazzo da superare, ormai: che il cambiamento climatico sia in atto possiamo dircelo tranquillamente. Al limite, la cosa che ci dovrebbe far arrossire, ma dalla vergogna, è che non si faccia nulla per porvi rimedio. Ormai, il ghiaccio, si scioglie da solo. Letteralmente. Lo dice la scienza. Si fa un gran parlare di cambiamenti climatici, di questi tempi: a proposito e a sproposito. Più la seconda che la prima, per la verità. Per fortuna c'è ancora chi alle parole preferisce i fatti: quelli scientifici. Da oltre quarant'anni, il glaciologo Franco Secchieri, coordinatore del servizio glaciologico dell'Alto Adige, studia la «vita» dei ghiacciai dolomitici. Una conoscenza, la sua, che lo ha portato a costruire un vero e proprio «catasto del ghiaccio», prima in collaborazione con Arpa e poi, dal 2015 a oggi, con una serie di studi confluiti in una recente pubblicazione.

IL GHIACCIAIO CANCELLATO

Volando sopra i ghiacciai, Secchieri è riuscito a collezionare un repertorio di fotografie che, ora, messe l'una accanto all'altra, gli hanno permesso di ricostruire come si sia trasformata nel tempo la superficie ghiacciata delle nostre Alpi. Nel suo ultimo volo di qualche giorno fa, però, un'amara sorpresa: il ghiacciaio di Fradusta, nelle pale di San Martino, è definitivamente scomparso. E pensare che proprio quel ghiacciaio, distante non molti chilometri dal confine bellunese, era diventato «famoso», nel 2013, per aver raggiunto la temperatura record di meno 49.6 gradi. Purtroppo, e qui sta il punto, la scomparsa del ghiacciaio è un evento tutt'altro che isolato: tutti i ghiacciai dell'arco dolomitico, trentino e bellunese, sono in grande sofferenza. La Marmolada è lì, a un passo. E i primi segni di cedimento già li ha dati: ai primi di luglio, quando un gruppo di alpinisti è rimasto travolto dal crollo improvviso di un ampio fronte ghiacciato.

L'EVOLUZIONE

«I ghiacciai sono importanti per chi studia il clima spiega Secchieri : la loro evoluzione ci racconta come varia il clima. Foto alla mano, dal 1985 a oggi, possiamo dire ci sia stato un rapido ritiro dei nostri ghiacciai». L'analisi di Secchieri è abbastanza ampia da cogliere una dinamica ormai strutturale del fenomeno: «Teniamo conto di questo precisa Secchieri : chi studia il clima non usa come unità di misura ciò che avviene nel singolo anno, ma quello che accade nell'arco temporale di un trentennio. Ora, dall'85 i trent'anni sono passati: i dati e le foto parlano allora chiaro. Il ghiaccio si sta sciogliendo. E rapidamente». Fare un'analisi dettagliata delle cause è cosa molto complessa. «Incrociamo le informazioni che abbiamo spiega Secchieri : vediamo il ghiaccio sciogliersi e, contemporaneamente, le emissioni di CO2, la temperatura media dell'aria e il numero di abitanti del pianeta aumentare. Non possiamo slegare le cause dalla responsabilità umana. Ci sono poi altri fatti complessi che si aggiungono: fenomeni naturali che si autoalimentano e dinamiche dell'atmosfera che stanno cambiando. Quest'anno, comunque, è stato critico: la mancanza di neve invernale e le alte temperature hanno influito molto. Il problema c'è: il ritiro del ghiaccio significa trasformare il paesaggio, ma soprattutto parlare di una riserva d'acqua che va scomparendo».

L'INVERSIONE DI ROTTA

Correggere il tiro, ora, sembra quasi impossibile. Le cose sono due, secondo Secchieri: «da un lato serve diminuire tutto ciò che oggi sta accelerando il processo e dall'altro serve adattarsi alla situazione, facendo delle scelte. Faccio un esempio: se fa freddo, posso scegliere di accendere la stufa oppure di mettermi addosso un maglione». Guardandoci in casa, purtroppo, la Marmolada sembra ben allineata a quanto gli ultimi «voli» di Secchieri hanno evidenziato già sul lato trentino. Le foto del «gigante ghiacciato» scattate solo qualche mese fa dallo studioso lo dicono chiaramente: ghiaccio, addio. Sono immagini che mettono i brividi. Ancor più, perché già nel 2020 alcuni esperti avevano messo nero su bianco un grido d'allarme: in 15 anni, la Marmolada che conoscevamo potrebbe non esistere più. E le foto, ora, sembrano suggerire proprio quanto il monito sia verosimile. Per un momento, una soluzione sembrava esserci: ricoprire con dei teloni il manto ghiacciato, proteggendolo dalle radiazioni solari e limitandone lo scioglimento.

I TELONI

Una pratica che, tuttavia, ha fallito clamorosamente. «Coprire il ghiaccio con i teli non è servito a nulla spiega Secchieri. Si vede bene dalle mie fotografie: il ghiaccio è sparito, sono rimasti solamente i teli». La soluzione era apparsa in realtà di dubbia efficacia fin dagli albori, tanto da spingere oltre 40 esperti a sottoscrivere un documento per fermare questa pratica. I teli, essendo di materiale plastico, si usurano in breve e, una volta disgregati, si disperdono nell'ambiente. Non fanno nemmeno bene la loro parte, peraltro: un conto è coprire localmente la neve, là dove corrono le piste da sci; un altro è ipotizzare di estenderli su aree più ampie: «un errore, sono inutili (e dannosi)», assicurano gli esperti. Sommando le cose, ghiaccio in rapida ritirata e soluzioni efficaci ancora di là da venire, sembra davvero difficile immaginare un futuro che includa ancora la parola «ghiaccio» nel vocabolario dolomitico. A meno di non congelare, una volta per tutte, le nostre cattive abitudini: quelle che ci hanno portati fin qui.

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Gazzettino | 8 settembre 2022

L’anno nero dei ghiacciai fiaccati da caldo e siccità

Ieri la cabina di regia a Peio. Adamello, in 12 anni 13 metri in meno

TRENTO

L’andamento non stupisce: del resto, che i ghiacciai stiano arretrando, anche in Trentino, non è certo una sorpresa. Ma i numeri riflettono le conseguenze di estati e anni difficili anche in quota, con una diminuzione della superficie media di 4 metri per il ghiacciaio del Careser quello maggiormente in sofferenza e addirittura un arretramento di 1,1 chilometri per il ghiacciaio de la Mare. Ieri, a Cogolo di Peio, nella sede trentina del Parco dello Stelvio, per la prima tappa pubblica delle Giornate dei ghiacciai, a tracciare il quadro sono stati gli esperti della Provincia, del Muse, degli atenei, dei parchi e degli altri enti scientifici che si occupano di cambiamento climatico e sviluppo sostenibile.

«L’Europa ha appena vissuto l’estate più calda di sempre» ha introdotto la giornata Roberto Barbiero, climatologo di Meteotrentino. Che ha ricordato anche i dati sulla siccità: «Il 2022 ha detto è l’anno più siccitoso dal 1800 ad oggi».

In questo quadro generale si è innestata la riflessione di Luca Carturan, dell’Università di Padova, che ha presentato le ricerche sviluppate sui massicci dell’Ortles Cevedale. Con due metodi di misurazione: da una parte la registrazione dell’avanzata o dell’arretramento del fronte del ghiacciaio, dall’altro la misurazione del bilancio di massa. I risultati, in sostanza, confermano la fatica dei ghiacciai di fronte a un cambiamento climatico sempre più marcato. A partire dal Careser, la cui superficie diventa sempre più ridotta: quest’anno, ha detto Carturan, il deposito nevoso è stato di circa la metà rispetto alle medie. E la sua superficie è calata di circa 4 metri. «Un arretramento ha spiegato il ricercatore peggiore anche di quello fatto registrare nel 2003, quando la perdita era stata di tre metri e mezzo». Anche i dati del ghiacciaio de la Mare non sono incoraggianti: in questo caso la perdita di spessore nel 2022 è di 3 metri, ma il ritiro in lunghezza è di 1,1 chilometri. «Un arretramento impressionate» ha commentato Carturan. Che ha osservato come il ritiro dei ghiacciai abbia effetti sulla disponibilità idrica. A cercare di descrivere il delicato equilibrio legato ai ghiacciai è stato Cristian Casarotto, glaciologo del Muse. Il quale ha voluto innanzitutto sfatare alcuni luoghi comuni. Come quello secondo il quale una stagione invernale molto nevosa contribuisce nell’immediato a «sanare» la situazione dei ghiacciai: «La forma del ghiacciaio non corrisponde alla neve caduta o alle temperature di quest’anno. Quella che vediamo oggi è la fotocopia di una situazione di qualche anno fa». Ma Casarotto ha tratteggiato anche i risultati di una ricerca effettuata sui registri di due rifugi il rifugio albergo dei Forni e il rifugio Pizzini che ha messo in luce come la trasformazione dei ghiacciai abbia influito anche sugli itinerari alpinistici degli ultimi anni. Con un elemento importante a partire dagli anni Ottanta: con lo scioglimento dei ghiacciai, la presenza alpinistica è diminuita progressivamente.

Walter Beozzo, dell’ufficio previsioni e pianificazione della Provincia, ha illustrato quindi insieme a Mauro Zambotto (Servizio geologico) l’attività di monitoraggio di ghiacciai e del permafrost. Presentando anche la «classifica» delle variazioni dei ghiacciai rilevata attraverso lidar fotogrammetrici: se l’Adamello registra un calo in media di 13 metri di spessore dal 2003 al 2015, il Cevedale arriva a 10,2. Ancora: la Marmolada registra un 6,2, il Brenta in media meno 5,8 metri.

Infine Monica Tolotti (Fondazione Mach) ha ricordato come i processi di fusione abbiano conseguenza non solo sulla quantità di acqua, ma anche sulla composizione biologica delle acque.

L’Adige | 19 settembre 2022 p. 13

Sos ghiacciai, esperti a confronto

La siccità e il crollo del seracco in Marmolada sono fenomeni evidenti del cambiamento climatico. Se ne è parlato ieri nella sede trentina del Parco Nazionale dello Stelvio a Cogolo di Peio, nel primo appuntamento pubblico delle Giornate dei Ghiacciai, assieme agli esperti della Provincia, del Muse, dei parchi e degli altri soggetti scientifici che si occupano di temi climatici e di sviluppo sostenibile.L'evidenza è che i ghiacciai sono sempre più in sofferenza: si è rotto il delicato equilibrio fra la neve che vi si deposita, trasformandosi lentamente in ghiaccio, e il ghiacciaio sottostante, mentre le temperature estive continuano a crescere. Per fare solo un paio di esempi: il Careser quest'estate ha sperimentato un calo di superfice media di 4 metri mentre il ghiacciaio de la Mare è arretrato di 1,1 km (su circa 3 totali). Questa che ci stiamo lasciando alle spalle è del resto la più calda estate che l'Europa abbia registrato dall'inizio dell'800, ed è stata anche un'estate estremamente siccitosa. A fronte di questi dati, emergono con ancora maggior evidenza due esigenze. Innanzitutto, continuare a studiare il cambiamento climatico e i fenomeni ad esso legati, per poter disporre di dati scientifici continuamente aggiornati su cui basare le politiche pubbliche. In secondo luogo, parlando appunto di politiche, ovvero di "cose da fare", rafforzare le misure per la mitigazione del surriscaldamento globale, e quelle di adattamento ai cambiamenti

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Corriere del Trentino | 14 settembre 2022 p. 4

comunque in corso, anche sul versante del nostro andare in montagna. Una sfida epocale e non facile, alla quale anche i territori devono apportare il loro contributo. Per questo iniziative come le Giornate dei Ghiacciai sono così importanti. Il perché dell'iniziativa delle Giornate dei Ghiacciai è stato illustrato in apertura dei lavori dalla dirigente del Servizio sviluppo sostenibile e aree protette della Provincia Angiola Turella: la proposta è partita dalla cabina di regia delle aree protette e dei ghiacciai, ed è stata raccolta da tutti gli attori interessati, dalla Provincia al Muse, dai Parchi trentini (Parco nazionale dello Stelvio Trentino, Parco Naturale Adamello Brenta e Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino), dalla Fondazione Mach, dall'Appa, per estendersi anche ai partner scientifici e alle università esterne, come l'università di Padova. Quello dello stato degli ambienti glaciali è infatti un tema sul quale è necessario continuare a confrontarsi e a fare squadra, hanno sottolineato nei loro saluti il vicepresidente e assessore all'ambiente della Provincia Mario Tonina, la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela, il rappresentante del Dipartimento della protezione civile nazionale Fausto Guzzetti, portando i saluti del capo dipartimento Fabrizio Curcio, i sindaci di Peio e Mezzana (anche in rappresentanza del Consiglio delle autonomie). I ghiacciai, elementi di equilibrio ambientale alle alte quote, sono straordinari serbatoi di acqua, con tutto quello che ne consegue in termine di soddisfacimenti dei bisogni umani, compresa la produzione di energia idroelettrica. Oggi un tema si impone su tutti: quello del progressivo scioglimento. Un fenomeno causato dai cambiamenti climatici, su cui a sua volta è determinante l'intervento dell'uomo, con le emissioni di gas serra nell'atmosfera, e che avviene in maniera velocissima. Il che impone l'adozione di misure adeguate di mitigazione e di adattamento, ma anche la diffusione di una cultura nuova della sostenibilità ambientale, puntando soprattutto dalle nuove generazioni. La "Strategia provinciale per lo sviluppo sostenibile" approvata dalla Provincia e sottoscritta dai principali attori economici e sociali del Trentino va proprio in questa direzione.L'Europa ha spiegato Roberto Barbiero, climatologo dell'Osservatorio trentino sul clima ha appena vissuto l'estate più calda di sempre da quando esistono misurazioni attendibili (+1,3 gradi). In Gran Bretagna si è toccato il record di 40 gradi, mai registrato prima. In Italia nel trimestre giugno agosto, secondo i dati del Cnr, abbiamo avuto la seconda estate più calda dall'800, dopo quella del 2003, ma in alcune zone è stata la più calda in assoluto (nel Nord ovest). La stazione meteorologica di Trento Laste, fra le altre, ha confermato a sua volta questi picchi climatici sul Trentino. È stata un'estate critica anche per le piogge ( 41% rispetto alle medie 1991 2020). Il 2022 è quindi l'anno più siccitoso dal 1800 ad oggi. Possiamo parlare di anomalie climatiche? In realtà l'Ipcc, la Commissione sul clima dell'Onu, ha detto in maniera ormai chiara che il ruolo dell'uomo è "inequivocabile". Ma il clima sta cambiando in maniera più veloce anche di quanto previsto 6 o 7 anni fa.In Trentino la Giunta provinciale ha approvato il Piano di lavoro trentino Clima 2021 2023, contenente una serie di misure di mitigazione (ovvero limitare le emissioni di gas serra nell'atmosfera, agendo sul settore energetico ma anche sui consumi), dall'altra misure di adattamento, cioè azioni per limitare i danni, agendo sulla prevenzione, sulla protezione degli eventi estremi, sulla tutela della biodiversità, su un uso più sostenibile di risorse come l'acqua.

MARMOLADA

L’Adige | 3 settembre 2022 p. 31

Marmolada, il nuovo impianto resta nella variante al Prg

Quello che colpisce non è tanto ciò che c'è, quanto ciò che non c'è.Nel decreto approvato il 9 agosto 2022 dal commissario ad acta Sergio Niccolini, ciò che non c'è è un pur minimo riferimento alla tragedia accaduta in Marmolada il 3 luglio, il crollo dell'enorme seracco che ha travolto diverse cordate di alpinisti, causando la morte di 11 di loro e provocando la dichiarazione di "zona rossa" e la chiusura di tutte le attività sul versante Nord del ghiacciaio. E colpisce che la seconda adozione definitiva della variante 2018 al Prg (redatta dall'ingegnere Matteo Giuliani, già adottata e approvata nel 2020, ma poi annullata) confermi la possibilità di sostituire l'impianto che sale da Fedaia a Pian dei Fiacconi, quando tutta l'attività in Marmolada ancora oggi è pesantemente condizionata da quanto avvenuto esattamente due mesi fa. «Per quanto riguarda l'ampliamento dell'area sciabile nell'area Fedaia le uniche modifiche sono quelle relative alla variante 26.1 (Pian dei Fiacconi), strettamente funzionale alla sostituzione dell'impianto, e alle varianti minori 26.7 e 26.9 relative al riconoscimento di tratti di pista esistenti scrive il commissario nella delibera del 9 agosto . La variante 26.1 è stata perimetrata in modo da non intersecare, se non in piccolissima misura, la perimetrazione della "Zona buffer Unesco" della Marmolada. Anche sul lato est l'ampliamento viene considerevolmente ridotto mantenendo l'estensione dell'area sciabile soltanto in corrispondenza del tracciato sciistico esistente (Varianti 26.1.A, 26.1.B, 26.1.C e 26.1 D)». Più avanti, nel documento, si parla di «sviluppo e realizzazione di altri interventi compresi nel Programma di azione per l'area Marmolada (in particolare relativamente alla razionalizzazione e messa in rete degli impianti esistenti sul versante nord) e finalizzati alla fruizione sciistica ed escursionistica di questa montagna nell'arco dell'intero anno».Come se non fosse accaduto nulla, come se quanto accaduto non rimettesse in discussione tutti i progetti. Certo, una volta che questi progetti verranno presentati, dovranno passare ben altri vagli, ma l'impressione

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che tutto sia accaduto invano (o quasi) è forte.Non c'è solo la Marmolada, comunque, nella variante al Prg definitivamente adottata. Vengono infatti confermate le scelte relative alla estensione delle aree sciabili Belvedere Val Salei con un nuovo impianto a fune che collegherà la testata dell'abitato di Canazei con la pista in Val Salei che dal Col Rodella scende verso Pian de Frataces. «Un nuovo punto di arroccamento scrive Niccolini , che potrà essere di grande utilità per i residenti e gli ospiti della parte storica dell'abitato di Canazei che non avranno bisogno di spostarsi con mezzi pubblici o privati per raggiungere gli impianti di risalita e immettersi nella skiarea Belvedere Col Rodella. È eventualmente ipotizzabile un servizio di skibus in grado di collegare tale nuovo impianto con i parcheggi presenti tra la strada statale e l'Avisio. Inoltre, il nuovo impianto potrà alleggerire la cabinovia Belvedere che nelle mattine delle giornate d'alta stagione risulta notevolmente congestionata dagli sciatori che vogliono salire in quota».E confermato è anche l'ampliamento dell'area sciabile Ciampac Campo scuola «che permette la realizzazione di alcuni nuovi interventi tra i quali un impianto a fune, una pista blu a supporto del campo scuola, uno skiweg di collegamento tra Canazei e la zona Ciampac, alcuni eventuali tratti di skiweg per permettere il rientro sci ai piedi dalla zona Ciampac al campo scuola, altri interventi accessori quali un ascensore inclinato a servizio della località Alba, una pista da slittino e una zipline».

MOBILITA’

L’Adige | 1 settembre 2022

p. 32

Brt, sull'autobus da Trento a Penia

FIEMME E FASSA

Oggi sono 900mila, dal 2026 saranno 1,8 milioni: parliamo di km percorsi ogni anno da autobus a metano/biometano o elettrici sulla tratta Ora Penia di Canazei. E' questa la cifra più significativa contenuta nelle 150 pagine della relazione tecnico descrittiva depositata da qualche giorno negli uffici dei Comuni interessati, della Comunità della Val di Fiemme e del Comun General de Fascia, territori in cui sarà realizzato il BRT, il Bus Rapid Transit diventato uno dei tasselli fondamentali delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026 (60 milioni finanziati), che l'8 settembre sarà presentato pubblicamente in due incontri a Pozza di Fassa e a Cavalese.La filosofia. E' quella di ripensare la mobilità nelle due valli interessate dove il traffico rappresenta un elemento di impatto notevole. Il BRT punta a estendere la rete del trasporto pubblico locale, rendere i mezzi pubblici competitivi rispetto a quelli privati, riducendo i tempi di percorrenza e il carico di emissioni. Come? Puntando su autobus a emissioni ridotte o zero, corsie preferenziali, sistemi di reimmissione su strada prioritari (semafori), parcheggi di attestamento. Ecco quindi i punti salienti del progetto.Tre linee. Il modello di esercizio è strutturato in tre linee (Rossa, Verde, Blu) con rinforzi estensioni nel periodo estivo (articolo a fianco). La capacità dei mezzi. Lo studio BRT prevede l'intensificazione delle frequenze delle corse al fine di garantire un numero di passeggeri trasportati di 1.100 persone/ora nella direzione scelta nelle ore di punta del mattino, dove solitamente sono effettuati gli spostamenti dagli alberghi alle varie località turistiche dei clienti mentre i ritorni sono più distribuiti nel corso della giornata. Il servizio offerto prevede il raddoppio delle percorrenze rispetto allo stato attuale, passando come detto dai 900.000 km/anno a 1.800.000 km/anno con un sistema di cadenzamento che risulterà attrattivo per la clientela pendolare e turistica. Il modello di servizio prevede 11 passaggi all'ora per direzione.La flotta. Si prevede l'acquisto di autobus nuovi per 20 milioni di euro di cui il 45% a metano o biometano e il 53% a trazione elettrica. Sulla Linea rossa Trento/Ora Penia viaggeranno 10 bus extraurbani da 12 metri alimentato a metano/biometano; sulla Linea verde Cavalese/Castello/Penia 9 bus elettrici a pianale ribassato da 12 metri; sulla Linea blu Moena/Predazzo/Penia 18 bus elettrici a pianale ribassato da 12 metri elettrico e 6 bus elettrici a pianale ribassato da 18 metri.Le fermate. Saranno 32 di tre tipi, Gold, Silver e Bronze, per una spesa prevista di 15.705.842 euro. Le fermate Gold (servite da linea rossa, verde e blu) sono in golfo o all'interno di autostazioni, dotate di marciapiedi larghi minimo 2 metri e pensilina per autobus da 18 metri, informazioni all'utenza, emettitrici di biglietti, sistemi di ausilio per la mobilità dei passeggeri con problemi e sistemi semaforici per dare priorità al mezzo pubblico nella reimmissione in carreggiata. Le fermate Silver, strutturate come le Gold, sono in punti ad alta frequentazione turistica, servite dalla linea verde e blu e nella stagione estiva sono servite anche dalla linea Rossa. Le stazioni Bronze servite da linea verde e blu avranno marciapiede e pensilina corti, generalmente in carreggiata. Il percorso. I mezzi seguiranno sostanzialmente la statale 48 delle Dolomiti, ma si prevedono interventi di allargamento su 12,5 km di statale per la creazione di una corsia dedicata larga 3,5 metri. I costi previsti sono di 19.453.990 euro (dettagli in basso).Parcheggi. Il sistema comprende 10 parcheggi che, in tutto o in parte, sono dedicati agli utenti che effettuano interscambio auto BRT: Fiemme est, Predazzo Latemar, Mezzavalle, Moena Ovest, Soraga Sud, Soraga Nord, Pozza Pucia, Pozza Ciampedie, Campestrin e Campitello Ovest. Posti totali, 3.104; superficie occupata, 49.600 mq. G.Car.

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Trento - Penia, "rispunta" la rotaia

FIEMME E FASSA

L'orizzonte 2026 è coperto dal Brt, il sistema di trasporto pubblico su gomma strutturato su tre linee, corsie riservate, semafori che danno priorità agli autobus, parcheggi dedicati (l'Adige di giovedì 1 settembre). Ma l'orizzonte più lungo non esclude che alla gomma si affianchi la rotaia. Tanto che la Provincia di Trento ha chiesto che nel Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci (Dsmf), venga inserito lo studio di fattibilità del nuovo collegamento ferroviario Trento Canazei, a seguito della disponibilità di Rfi spa a realizzare lo stesso studio.L'integrazione si riferisce al documento della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome trasmesso al Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili in data 28 marzo 2022: «Il Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci (Dsmf) costituisce una novità nel processo di programmazione e definizione degli interventi infrastrutturali nel campo e costituisce un importante quadro di riferimento per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture ferroviarie che interessano il Paese e i nostri territori, elementi qualificanti per lo sviluppo economico e sociale e in grado di garantire e migliorare la sostenibilità ambientale», spiega Massimo Girardi, presidente di Transdolomites che si batte da anni per la realizzazione della ferrovia Trento Penia.«I contenuto positivi dello studio di fattibilità per la proposta di un collegamento ferroviario per la Rovereto Mori Riva del Garda hanno spinto ad ufficializzare la prosecuzione dell'iter di progettazione dell'opera e di questo ci rallegriamo prosegue Girardi. Ma lo stesso possiamo dire per il futuro della Ferrovia delle Valli dell'Avisio: infatti, in seguito al parere verbale di Rfi favorevole ad impegnarsi allo studio di fattibilità per il collegamento Trento Penia via Val di Cembra, la Pat ha ufficializzato la richiesta attraverso la richiesta di iscrizione nel Documento strategico della mobilità ferroviaria».A seguito di ciò Transdolomites annuncia di aver già concesso alla Provincia e a Rete ferroviaria italiana il consenso a titolo gratuito ad utilizzare gli studi realizzati dal 2009 ad oggi, ultimo tra questi lo studio di valutazione della Ferrovia Avisio realizzato dall'ingegnere Willi Hüsler di Zurigo che promuove a pieni voti la sostenibilità economica della gestione della Trento Penia.«Assieme agli studi abbiamo istruito e trasmesso una memoria strutturata e propositiva in termini di linee guida funzionali allo studio di fattibilità. Ora il nostro auspicio è che la richiesta ufficializzata dalla Provincia sia stata recepita dal Contratto firmato nei giorni scorsi tra Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibile e Rfi, del quale si attende la pubblicazione. Se ciò fosse confermato darebbe la certezza della realizzazione dello studio della Trento Penia da parte di Rfi il che rappresenterebbe un evento storico per le valli dell'Avisio».

L’Adige | 14 settembre 2022

p. 32

«Mobilità sostenibile, la ferrovia rimane la soluzione migliore»

FIEMME E FASSA

« Il Brt (in foto) è il risultato di un fallimento della politica che negli anni addietro si è costantemente sottratta al proprio dovere quello indicato dalla mozione n° 38 del 14 giugno 2012 votata all'unanimità dal Consiglio provinciale di Trento che impegnava la giunta di allora a redigere nel più breve tempo lo studio di fattibilità della Ferrovia Avisio».Con queste parole Massimo Girardi, presidente di Transdolomites, interviene nel dibattito che si è aperto sulla realizzazione del Bus Rapid Transit, il sistema di trasporto pubblico su gomma messo a punto dalla Provincia di Trento. «Non c'è dubbio rileva che l'efficienza del servizio pubblico passa attraverso la fluidificazione del servizio svincolandolo ove possibile dalle interferenze con il traffico privato. Per questo motivo l'idea del Brt si propone con l'intervento viabilistico delle corsie preferenziali che però hanno la pesante contropartita della necessità di allagare strade proporre nuovo asfalto». Per questo viene accolta con favore l'ipotesi di ridurre i chilometri di corsie preferenziali in Val di Fassa. «Del pacchetto Brt aggiunge valutiamo in modo positivo l'acquisto dei nuovi pullman a basse e zero emissioni». Una nota positiva, che non scalfisce però l'idea che il Brt sia una soluzione al ribasso. «Siamo schietti; nessuno ha chiesto il Brt. Pensare di comparare la qualità del trasporto su gomma con il ferro è impensabile. Il ferro, non per partito preso ma perché dimostrato dai fatti, è nettamente vincente». E anche se l'ipotesi di un collegamento ferroviario tra Trento e Penia appare realisticamente ancora lontana, Girardi assicura: «L'impegno di Transdolomites a sostegno dell'idea della ferrovia Avisio andrà aumentando d'intensità. Il nostro invito alla politica è di crederci e di avere il coraggio di mettersi in gioco. Noi ci siamo».

10 L’Adige | 4 settembre 2022 p. 31

LAGO DI BRAIES: ACCESSI CONTINGENTATI

Alto Adige | 13 settembre 2022

p. 34

Braies, servono ancora cinquanta parcheggi

BRAIES

Concluse le restrizioni alla mobilità verso il lago di Braies con un bilancio lusinghiero. Soddisfatti il sindaco e l'assessore provinciale Alfreider per l'esito della iniziativa volura dalla Provincia anche se resta molto da fare. A cominciare dalla «realizzazione di un parcheggio per almeno 50 autovetture all'ingresso della valle dice il sindaco di Braies Friedrich Mitttermair per favorire coloro che devono attendere sulla strada il permesso di accadere al lago e che sono costretti a girare per parecchio tempo in attesa del permesso stesso». Quest'anno era in vigore la prenotazione dell'accesso al lago ed ai relativi posti macchina. Chi era privo della prenotazione non poteva passare e spesso ha dovuto attendere alla sbarra di ingresso. «Ciò ha creato qualche problema ha detto ancora al sindaco perchè la gente non era ben informata sull'obbligo di prenotazione e, una volta arrivata alla sbarra, è stata costretta a sostare a lungo. Ecco perchè ritengo sia necessario e che utile realizzare un parcheggio oltre che curare meglio l'informazione». Piccoli dettagli che non hanno certo intaccato la validità delle restrizioni durante l'estate che, complice le temperature molto elevate e le ottime condizioni meteo, ha portato sulle rive del lago una notevole quantità di turisti richiamati dallo specchio d'acqua molto suggestivo e dal fascino della serie televisiva "Un passo dal cielo" con Terence Hill protagonista. Ricordiamo che fino al 10 settembre scorso, dal 10 luglio quando il provvedimento anti traffico era scattato, la valle di Braies era raggiungibile dalle 9.30 alle 16 soltanto mediante mezzi pubblici, a piedi, in bici o presentando una prenotazione di parcheggio o un permesso di transito valido. La linea bus 443 da Monguelfo a Prato Piazza era stata allungata fino a Villabassa e Dobbiaco. «Per un piano di mobilità orientato al futuro abbiamo voluto combinare misure sin qui adottate come l'adeguamento della rete stradale, l'ampliamento del parco mezzi a propulsione sostenibile come autobus, treni, biciclette e mobilità a piedi, il regolamento per l'accesso ai parcheggi e maggiori possibilità per le auto più moderne dal punto di vista ambientale», ha detto l'assessore provinciale alla mobilità, Daniel Alfreider soddisfatto dell'esito delle restrizioni a Braies. Alfreider ha preso atto della richiesta del sindaco Mittermaier dicendosi pronto a sostenere la richiesta di un parcheggio per una cinquantina di auto all'inizio della valle, parcheggio che eviterebbe anche i disagi che, in qualche giornata di maggiore afflusso, hanno riguardato anche Villabassa.©RIPRODUZIONE

L’Adige | 21 settembre 2022 p. 27

L'esempio di Braies per il lago di Tenno elena piva TENNO

Nella cornice panoramica del lago di Tenno, l'amministrazione comunale ha presentato il progetto pilota cheridisegnerà i criteri di gestione territoriale nel rispetto delle peculiarità ambientali propri del bacino turchese. Elaborata in collaborazione con l'Apt «Garda Dolomiti» e l'Agenzia Territoriale d'Area del Garda («ATA», ovvero un'articolazione di Trentino Marketing istituita dalla legge n. 8 del 2020), la proposta intende valorizzare il lago tennese, che si appresta a divenire Riserva Locale, mediante il controllo dei flussi veicolari e l'implementazione dei servizi. L'unicità del sito sarà tutelata prevenendo i fenomeni di sovraffollamento tipici di un turismo aggressivo e il disciplinare del piano fungerà da guida per altre località trentine dal simile posizionamento. Richiamando le linee direzionali altoatesine del lago di Braies, la futura area protetta (designazione a cui manca solo il via libera della Provincia Autonoma di Trento) sarà delimitata da una fascia esterna ove controllare gli accessi al lago e sensibilizzare i visitatori ad assumere un comportamento consono e rispettoso verso ciò che li circonda.«Il progetto intende focalizzarsi sulla gestione ambientale territoriale integrata di Tenno ponendosi quale esempio e guida per altre realtà del Trentino ha illustrato Giuliano Marocchi al centro infatti non vi è la promozione, bensì la gestione territoriale con focus sull'ambiente. Il lago sarà centrale ma verranno studiate e analizzate località quali il cuore di Canale, il borgo di Frapporta e i terrazzamenti in relazione ai flussi viabilistici, alla nuova mobilità, al sistema dei parcheggi, alla gestione dei rifiuti e a un collegamento più funzionale con i comuni limitrofi. L'ampia tematica sarà posta nelle mani di professionisti del settore, poiché improvvisarsi esperti di turismo nuocerebbe al territorio. Abbiamo apprezzato il coinvolgimento di tutti gli attori chiamati in causa da questo ragionare insieme. Ringrazio l'Apt Garda Dolomiti e Trentino Marketing che, mediante ATA, hanno creduto in noi. Auspichiamo di raccogliere i dati sufficienti entro primavera: in base a quanto rileveranno, saremo pronti ad effettuare anche scelte forti, fortissime in merito alla portanza locale. Tale collaborazione renderà Tenno un punto strategico e in costante

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comunicazione con il Garda Trentino». «Abbiamo accolto con grande interesse quanto prospettatoci per il futuro del lago di Tenno ha spiegato Silvio Rigatti, presidente "Garda Dolomiti" un luogo unico che merita di essere rispettato, gestito al meglio e restituito ai cittadini tennesi. È il nostro stare bene a produrre il benessere degli ospiti. Questo è possibile evitando che determinate attrattive diventino controproducenti per l'esagerata presenza di un turismo poco civile. L'idea presentata dal Comune di Tenno è vincente e diretta a una maggiore armonia tra le parti: tramite Ata andiamo interamente a finanziare un progetto di gestione del territorio predisposto sul medio lungo termine; un progetto pilota per il territorio e per il Trentino che auspichiamo di poter ripetere per la Ponale, l'area Busatte Tempesta oppure il rio Sallagoni (Drena). L'obiettivo è che il turista capisca di entrare in zone privilegiate, parchi ricchi di autenticità le cui capacità di carico debbono essere rispettate». Si stimano almeno 40 mila euro per finanziare il solo progetto: qualora venissero rispettate le tempistiche ipotizzate il progetto pilota di gestione ambientale territoriale integrata potrebbe concretizzare il nuovo concetto di sviluppo locale già durante la stagione estiva 2023.

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Alto Adige | 4 settembre 2022

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«Pista da bob, c'è già Igls»

Bolzano

La pista di bob di Cortina d'Ampezzo sarà rinnovata per le Olimpiadi invernali del 2026 con un costo di 80 milioni di euro. Il progetto verrà finanziato dal fondo per i comuni di confine, al quale l'Alto Adige versa ogni anno 40 milioni di euro. A Igls, vicino a Innsbruck, esiste però una pista di slittino e bob funzionante e operativa, ed ecco quindi l'appello di Alex Ploner del Team K alla giunta provinciale: «Prendete sul serio i vostri proclami sulla sostenibilità e trasferite le gare di bob a Igls, invece di investire milioni in un impianto che con ogni probabilità rimarrà poi inutilizzato come quello di Cortina». Sul tema è stata anche depositata un'interrogazione. «I membri della giunta provinciale, compreso il presidente Kompatscher, hanno spesso in bocca i temi dell'Europa e della tutela ambientale. Magari vengono messi a disposizione 2,4 milioni di euro per un festival della sostenibilità, ma quando si tratta di decisioni concrete per l'ambiente e oltretutto per risparmiare denaro pubblico, si continua come prima». L'ultimo esempio in questo senso è l'approccio ai Giochi Olimpici di Cortina d'Ampezzo. Il Dachverband, l'Heimatpflegeverband, la Piattaforma pro Pusteria e altre associazioni hanno proposto di utilizzare per i Giochi invernali del 2026 una delle piste da bob più moderne al mondo, quella di Igls. «Anch'io ho già avanzato questa proposta al Consiglio provinciale, ma inutilmente. Proprio in occasione di un evento simbolico come le Olimpiadi stiamo perdendo l'opportunità di dare sostanza ai valori europei di cooperazione e di attenzione per l'ambiente», afferma Alex Ploner.

Corriere delle Alpi | 8 settembre 2022 p. 29

Oggi si decide il destino della pista da bob Lorenzi "invita" de Zanna

CORTINA

Si discuterà oggi, nella sala consiliare del municipio di Cortina, il procedimento sulla dichiarazione di interesse culturale da parte della Sovrintendenza della vecchia pista da bob di Cortina "Eugenio Monti". La questione sembra essere risolta con uno «strip out di quota parte della pista», come ha dichiarato il commissario per le opere olimpiche Luigi Valerio Sant'Andrea: verrà cioè mantenuta una parte, probabilmente quella dell'attuale arrivo che ruota attorno ai campi da tennis di Sopiazes. Inoltre verrà allestito un box informativo sulla storia e la cultura che ruota attorno alla pista originaria, affinché il nuovo impianto vada verso uno sviluppo non solo sportivo, ma anche culturale. La Sovrintendenza ha avviato a fine giugno un procedimento per il superamento del vincolo monumentale e per la dichiarazione dell'interesse culturale della "Eugenio Monti", il ché significa che per il momento la pista non può essere smantellata, come invece è nel cronoprogramma di Sant'Andrea, che è anche amministratore delegato della società Infrastrutture Milano-Cortina 2026. «Salvo imprevisti, lo strip out della pista avverrà entro l'anno», ha spiegato Sant'Andrea durante l'incontro pubblico avvenuto in sala consiliare del Comune di Cortina lo scorso 25 agosto .« Seguirà a gennaio l'istruttoria per il progetto definitivo ed esecutivo e successivamente per l'appalto dei lavori. La costruzione del nuovo impianto inizierà a giugno 2023».C'è quindi grande attesa per l'incontro di oggi tra i vari enti già coinvolti alla Conferenza dei Servizi asincrona che il commissario avevo indetto lo scorso 21 luglio. Durante la seduta i progettisti dovrebbero fornire le integrazioni relative alle numerose prescrizioni degli enti coinvolti non solo la Sovrintendenza, ma anche la Provincia, i vigili del fuoco per poter poi procedere allo smantellamento della pista di bob.La consigliera

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di minoranza Roberta de Zanna aveva chiesto formalmente di poter partecipare, quale uditrice, all'incontro odierno. Da Sant'Andrea era arrivata una risposta negativa, a meno che non fosse il sindaco a decidere di farla partecipare. Cosa che è avvenuta: Lorenzi ha infatti acconsentito alla richiesta della de Zanna di partecipare alla seduta. Resteranno invece fuori Giovanna Ceiner, di Italia Nostra e Giancarlo Gazzola di Mountain Wilderness: entrambi hanno fatto richiesta di partecipare all'incontro, ma non hanno avuto risposta. «È un nostro diritto partecipare alle conferenze dei servizi in qualità di uditori come associazioni di interesse diffuso, questo è un abuso di potere», chiosa Giovanna Ceiner, che è pronta a denunciare eventualmente l'illegittimità del procedimento. Marina Menardi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 9 settembre 2022

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Nuova pista da bob a Cortina Parola alla Soprintendenza Documentazione acquisita, decisione a breve

Tommaso Moretto

cortina d’ampezzo

Il mantenimento della parte finale della vecchia pista da bob come «monumento», con l’allestimento di un box informativo sulla sua storia potrebbe bastare alla Soprintendenza per dare l’ok al nuovo impianto ideato per le Olimpiadi Milano Cortina 2026. Una pista il cui costo iniziale era di 60 milioni di euro, saliti a 85. Il cantiere, ha dichiarato due settimane fa il vice ministro delle Infrastrutture Alessandro Morelli, dovrebbe partire l’estate prossima. Ieri intanto la Conferenza dei servizi, col sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi e gli altri enti coinvolti.

C’era però anche, invitata ad assistere, Roberta De Zanna, consigliere comunale d’opposizione («Cortina bene comune») che racconta: «Ora gli enti devono aspettare il parere della Soprintendenza. Ha acquisito il progetto e nei prossimi giorni esprimerà il parere definitivo. Alla riunione c’era il sovrintendente stesso che ha chiesto di acquisire tutti i documenti».

Un progetto al quale lei si è sempre opposta. «Il mio parere è che siamo contrari alla nuova pista da bob per tanti motivi, ambientali, economici, sociali spiega De Zanna La pista prevede sbancamenti, taglio d’alberi, strade d’accesso. Tutto quello che è previsto nel progetto di costruzione. La pista nuova sarebbe diversa nella parte finale da quella vecchia, dovrebbe essere modificata per problemi riguardanti la velocità. Il tutto servirebbe per le gare olimpiche». Aggiunge la consigliera: «I campi da tennis a Sopiazes da questa nuova opera non verrebbero toccati. La parte finale della vecchia pista, quella che circonda l’impianto, rimarrebbe così com’è». Un’altra voce contraria è quella di Giovanna Ceiner di Italia Nostra, che si è lamentata di non aver potuto assistere alla Conferenza dei servizi ma sull’eventualità di un ricorso al Tar dice di voler aspettare le decisioni della Soprintendenza».

Corriere delle Alpi | 15 settembre 2022

p. 29

Pista da bob, 1.185 firme per dire di no CORTINA

Bob, lo scontro continua. Mentre il Comitato Civico ampezzano attende l'arrivo in Italia del presidente del Cio Thomas Bach per consegnargli la lettera contro la nuova pista olimpica di bob corredata da 1.185 firme, il governatore Zaia replica a muso duro: «Se le Olimpiadi sono state assegnate a Cortina è per la vittoria di una candidatura che aveva come asse portante del dossier proprio il bob». l'obiettivoLa richiesta del Comitato, che in un mese ha raccolto oltre mille sottoscrizioni, è quella di imporre alla Regione Veneto, al Comune di Cortina e alla Fondazione Milano Cortina 2026 di rinunciare alla costruzione della pista di bob nel capoluogo ampezzano perché non sostenibile nell'aspetto economico e in quello ambientale. Domani Bach sarà a Roma e verrà insignito del "collare d'oro", massimo riconoscimento sportivo del nostro Paese. Ad accoglierlo ci sarà il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che al contempo è anche presidente della Fondazione Milano Cortina 2026, ente preposto ad organizzare i Giochi olimpici e paralimpici. Nella stessa giornata partirà il plico contenente materialmente la raccolta firme e la relativa richiesta, destinazione la sede del Cio a Losanna, in Svizzera. Il senso della richiesta«La nostra iniziativa», spiega Marina Menardi, presidente del Comitato civico Cortina, «fa parte ormai di una lunga serie di proteste locali che hanno trovato consenso anche a livello internazionale. La pista di bob è ormai un emblema che testimonia come i principi che ispirano l'organizzazione delle Olimpiadi ossia sostenibilità sociale, economica ed ambientale in particolare possano essere forzati, anche contro l'evidenza dei fatti e del buon senso. E questo non è un buon segnale per le future candidature. Il Cio è contrario all'opera, ma la prepotenza politica e l'arroganza dei vertici sportivi nazionali lo stanno chiaramente mettendo in imbarazzo. È tuttavia ancora possibile evitare quest'opera inutile ed energivora per il futuro, spostando le gare altrove,

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come richiesto dai cittadini. Serve una presa di posizione forte ed autorevole da parte del massimo organo sportivo internazionale».Le ragioni del noIl costo dell'intervento sul tracciato "Eugenio Monti" di Ronco, che ammonta a 85 milioni, è la cosa che più preoccupa il Comitato. Non solo il costo di realizzazione, ma anche quello di gestione post evento. Non ultime ci sono poi le perplessità sull'impatto ambientale. «Rifare la pista nell'attuale sito», spiegano dal Comitato civico, «comporterebbe la distruzione di una grande fascia boschiva nella parte nord, e di case, strade e attrezzature urbane e sportive nella parte sud. L'alternativa a quest'opera altamente impattante, che resterebbe in eredità al territorio di Cortina, potrebbe essere la pista olimpica di Igls in zona Innsbruck, a 168 km da Cortina. Una pista perfettamente funzionante dove si tengono annualmente gare della Coppa del mondo di bob. Questa sarebbe una scelta in linea con quanto dichiarato dal Cio che ha stabilito di "rendere i Giochi completamente sostenibili dal punto di vista economico, ambientale e sociale" raccomandando l'uso di strutture esistenti anche al di fuori della città ospitante». alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 15 settembre 2022 p. 29

Zaia stavolta perde la pazienza «Il Cio dica chiaro ciò che pensa»

LA REAZIONE

Chiede che il Cio si esprima con assoluta chiarezza anche il presidente della Regione, Luca Zaia. «Ho il massimo rispetto per le idee di tutti», dichiara, «vorrei però spiegare che qui non c'è qualcuno che ha capito tutto del mondo e chi invece non ha capito niente e spreca. Se oggi abbiamo le Olimpiadi a Cortina, con una ricaduta già palpabile e un aumento del Pil stimato da prestigiose Università di almeno un miliardo di euro, è perchè siamo stati bravi a vincere una candidatura che aveva come asse portante del dossier proprio il bob. Ricordo», prosegue un visibilmente contrariato Zaia, che siamo stati premiati per il progetto di Olimpiadi meno costose, più sostenibili e con un asse portante nel bob. Con l'ulteriore progetto di estendere il tutto all'intera area dolomitica, oltre Cortina. Faccio queste premesse perchè questo dibattito rischia anche di dar vita a leggende metropolitane. Ora il Cio, che peraltro ha dato vita a questo dibattito tempo addietro, si esprima in modo chiaro e inconfutabile, magari spiegando quali ricadute si avrebbero su Cortina spostando il bob e quali realizzandolo dove è previsto. Non abbiamo nessun feticismo per le opere pubbliche, solo la volontà di portare avanti un progetto. Se non avessimo avuto lo storico Bob club di Cortina, il più vecchio al mondo datato 1928, e protagonista delle Olimpiadi del 1956, non avremmo nemmeno presentato questa candidatura. Bisogna riguardare proprio al 1956: anche allora si investirono se non ricordo male 30 milioni di vecchie lire per il bob. A proposito di fondi, vorrei anche ricordare agli smemorati che l'opera non è finanziata dalla Regione, ma con fondi nazionali. Lo dico semplicemente per evitare che qualcuno si spinga troppo avanti con certe affermazioni. Nessuno si innamora delle opere pubbliche», conclude Zaia, «però non è nemmeno accettabile che si descrivano questi progetti come mal pensati e privi di programmazione. Visto che questo dibattito ha visto tra i protagonisti anche il Cio, dico che ci aspettiamo dal presidente Bach una posizione chiara e univoca, perché per noi è fondamentale». a.s.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 16 settembre 2022 p. 34

«Sguardo al futuro

Il piano per il bob non si cambia più» Il sindaco tira dritto

Alessandra Segafreddo

CORTINA

«Non intendiamo cambiare i progetti in corso». Con queste parole il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi, torna a ribadire l'appoggio pieno al progetto olimpico da parte dell'amministrazione. Progetto olimpico che dal suo esordio comprende la riqualificazione della pista di bob "Eugenio Monti" di Ronco.Nel dossier di candidatura con il quale l'Italia ha vinto i Giochi olimpici e paralimpici del 2026 di Milano Cortina vi era il progetto di riqualificazione della pista di bob ampezzana, chiusa dal 2008, che dopo i lavori e durante le gare potrà ospitare anche le discipline di skeleton e slittino. Un dossier che è alla base del contratto che l'Italia ha siglato con il Comitato olimpico internazionale che ha affidato i Giochi a Milano Cortina. Da mesi si sono sollevate alcune voci contrarie ai lavori per il bob a Cortina e 1.1185 cittadini, sia residenti che turisti, hanno firmato una lettera indirizzata al presidente del Cio, Thomas Bach, affinché intervenga per bloccare il progetto di Cortina e si esponga per spostare le gare olimpiche in Austria nella pista esistente. Il Comune

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rimarca però il suo appoggio al progetto olimpico. «L'amministrazione comunale di Cortina», premette Lorenzi, «ha da sempre avuto come proprio faro la massima sostenibilità ambientale di qualunque opera si sarebbe potuta realizzare per ospitare i Giochi olimpici invernali 2026. Questa la linea progettuale che ci ha consentito di veder premiata la nostra candidatura e questa, anche oggi, la nostra più ferma soglia di guardia». «Rispettiamo le opinioni di tutti», prosegue il sindaco «ma non intendiamo cambiare i progetti in corso d'opera, soprattutto se, come ampiamente dimostrato, avranno una ricaduta estremamente positiva per la nostra valle e per tutto il territorio dolomitico e, da un punto di vista ambientale, hanno visto l'approvazione di tutti gli organismi preposti. Così come già sottolineato in più occasioni dal presidente della Regione Luca Zaia e dalla vice presidente Elisa De Berti, con i quali vi è un comune e proficuo lavoro di concertazione e supervisione di ogni dettaglio. A controprova del fatto che questa amministrazione ha anzitutto a cuore il rispetto del nostro territorio, stiamo inoltre quotidianamente lavorando e vigilando sullo sviluppo progettuale e strategico, di concerto con il commissario Luigi Valerio Sant'Andrea e con la Società infrastrutture Milano Cortina 2026, affinché le soluzioni tecniche adottate siano lungimiranti e attente alle esigenze di quel fragile ecosistema che sono le nostre montagne». «Anche attraverso opere ingegneristiche come la pista da bob», sottolinea Lorenzi, «possiamo e dobbiamo rilanciare le Dolomiti per quell'esempio di sostenibilità che abbiamo promesso di essere con i giochi del 2026». «Sul solco della nostra memoria storica e delle Olimpiadi invernali del 1956», conclude il primo cittadino di Cortina d'Ampezzo, «dobbiamo e possiamo proiettarci verso un futuro in cui la montagna, lo sport, le nostre comunità alpine raccontino all'unisono un nuovo modello di sviluppo e di tutela dell'ambiente». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 17 settembre 2022

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Zaia: «Il villaggio? Sarà removibile»

Via libera all'utilizzo di prefabbricati

Francesco Dal Mas Cortina

Il villaggio olimpico da 40 milioni di euro, indispensabile per i Giochi del 2026, dove e come si farà? È confermata o no la destinazione di Fiames? E sarà una struttura fissa, removibile, oppure una via di mezzo? «Dopo puntuali approfondimenti, peraltro non ancora conclusi, l'orientamento che va per la maggiore», risponde il presidente della Regione, Luca Zaia, «è di realizzare un complesso che si possa asportare, al termine della competizione, in modo da evitare consumo del territorio». Il Commissario straordinario del Governo, Luigi Valerio Sant'Andrea, sta perfezionando, in collaborazione con i tecnici della Regione, e in costante condivisione con il Comune, ogni possibile ipotesi. Lo conferma anche l'assessore comunale Stefano Ghezze: «È un lavoro proprio di queste ore».«L'esperienza degli alloggi prefabbricati è stata fatta con successo in altri eventi, sportivi e non solo, pare che sia la più conveniente anche dal punto di vista dei costi», precisa Zaia. «È la più compatibile con i tempi a nostra disposizione. Se le Olimpiadi Milano Cortina si propongono di essere le più sostenibili, sia per l'ambiente che sul piano sociale, un villaggio da rimuovere, quando non sarà più necessario, è probabilmente la soluzione più saggia». A suo tempo, però, il Comune di Cortina, le associazioni di categoria, gli stessi sindacati avevano posto l'opportunità che almeno una parte di questo impianto potesse essere trasformata in foresteria per i lavoratori stagionali e per quanti altri, occupati a Cortina, devono trasferirsi anche a decine di chilometri per la notte.«Non è detto che una parte di questo villaggio possa in futuro restare ed essere impegnata in questo senso», precisa Zaia. «È una delle ipotesi allo studio. Come lo è quella dell'impiego di una parte della struttura per i servizi di emergenza della Protezione civile».Conferma, infatti, l'assessore regionale alla Protezione civile, Giampaolo Bottacin. «Alla nostra protezione Civile, come a quella nazionale, mancano di fatto complessi residenziali mobili da poter allestire a ridosso di situazioni di emergenza grave, quando le tende non possono bastare, se non nei primi giorni o nelle prime settimane».Di scontato, per quanto riguarda il villaggio olimpico non c'è nulla, se non che pare ormai definitiva la scelta di non cementificare altro suolo ampezzano. «In relazione alle foresterie di cui abbiamo bisogno», sottolinea l'assessore Stefano Ghezze, «il Comune ha comunque sottoscritto con la Regione un protocollo d'intesa per ristrutturare alcuni insediamenti di proprietà municipali in alloggi per stagionali o lavoratori impiegati temporaneamente a Cortina, o anche in alloggi per famiglie o singoli con fragilità. Opportunità, queste, per diverse decine di persone. In questi giorni stiamo ultimando le valutazioni su come utilizzare parte dei prefabbricati per numeri più ampi di stagionali». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 17 settembre 2022 p. 30

Sì definitivo del Cio alla pista "Monti" Ambientalisti delusi

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CORTINA

Definitivo via libera alla pista di bob, skeleton e slittino, da parte del Cio. «Abbiamo discusso la questione della pista con le autorità locali, siamo stati informati sui lavori. Ne abbiamo parlato al Cio e siamo d'accordo sulla soluzione prospettata per motivi di costi e sostenibilità, perché questo progetto non impatterà sul budget dei Giochi e il centro sarà utilizzato anche dopo le Olimpiadi», ha testualmente dichiarato il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach, incontrando ieri i giornalisti, ieri a Roma. «È la risposta che mi attendevo», ha commentato il presidente della Regione Luca Zaia. Delusi, invece, i rappresentanti degli ambientalisti scesi a Roma per recapitare a Bach una lettera in inglese. «Le parole del presidente Bach sono perfette», ha chiosato Giovanni Malagò, numero uno del Coni. «Voglio ricordare che abbiamo vinto le Olimpiadi con un masterplan e uno dei punti centrali era la pista di bob, skeleton e slittino a Cortina». Bach ha ammesso di aver trovato soddisfazione anche con il premier Mario Draghi. La presidenza del Consiglio ha deciso, in giugno, di partecipare direttamente alla Fondazione Milano Cortina. E in questi giorni si attende, appunto da Palazzo Chigi, la sospirata nomina dell'amministratore delegato Andrea Abodi, al posto di Vincenzo Novari. Con il presidente Draghi, il colloquio «è stato molto amichevole», ha detto Bach. «Ci ha dato l'opportunità di ringraziarlo per tutto il supporto che il suo governo ha offerto al Coni e ai Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina 2026. Draghi ha mostrato un grande apprezzamento per lo sport e i valori dello sport, crede molto nella riuscita dei Giochi».Chi temeva dal numero uno del Cio qualche rimbrotto all'Italia è rimasto deluso. «Siamo molti fiduciosi che celebreremo Giochi eccellenti», ha garantito Bach. «Ci sono sfide da affrontare: dalla sostenibilità alla crisi economica, ma non dobbiamo preoccuparci perché contiamo sull'efficienza e le capacità dei nostri amici italiani. Saranno Giochi all'insegna della "bella vita" italiana».Al Foro Olimpico sono stati una dozzina gli ambientalisti che si sono presentati con uno striscione in cui avevano scritto "Presidente Bach. Basta Olimpiadi sulle Alpi". Quindi un salto di qualità, rispetto al semplice no alla pista di bob. C'erano i rappresentanti di Italia Nostra, di Mountain Wilderness e di altre associazioni. Hanno chiesto di poter consegnare la lettera direttamente nelle mani di Bach, per questo l'avevano scritta in inglese. Invece l'incontro non è stato possibile. La missiva l'hanno ricevuta alcuni dirigenti del Coni.«Nella lettera vengono indicate le forti preoccupazioni dei cittadini delle Alpi italiane e si chiede che che tutte le procedure dell'Agenda Olimpica del Cio 2020, ad oggi disattese, vengano rispettate», spiega Giancarlo Gazzola, portavoce di Mw. «Unitamente alla lettera è stato consegnato il documento del Comitato civico di Cortina contenente le firme dei cittadini contrari alla realizzazione della pista da bob». «Perché dopo aver tentato con una serie di lettere di persuadere il presidente della Regione a rinunciare alla costruzione della pista di bob e a disputare le gare altrove ora è d'accordo?», chiede intanto polemicamente a Bach la consigliera Roberta de Zanna, che punta sulla Soprintendenza auspicando che «un'opera a così alto impatto ambientale venga analizzata con la dovuta attenzione». fdm© RIPRODUZIONE

Corriere delle Alpi | 20 settembre 2022 p. 30

Ambientalisti all'attacco sulle strutture per i Giochi: «Vas e Via non ci saranno»

CORTINAGli ambientalisti lanciano di nuovo l'allarme. Le opere olimpiche, fanno sapere, non saranno sottoposte alla Via, la valutazione di impatto ambientale. «Nonostante la Vas (Valutazione ambientale strategica), sia designata fra gli obiettivi olimpici e normata da leggi europee e dello Stato, le opere non sono state sottoposte né a questa procedura e nemmeno affronteranno le Via (Valutazione d'impatto ambientale)», anticipa Luigi Casanova, di Mountain Wilderness, una delle organizzazioni che di più hanno messo in discussione la pista di bob. «I cittadini e le associazioni portatrici di interessi collettivi e generali dovranno gettarsi negli uffici pubblici di Comuni e Regioni non appena le Conferenze dei servizi avranno approvato i progetti. In soli trenta giorni dovranno presentare osservazioni di alto profilo tecnico su fascicoli di decine di migliaia di pagine. Ma non solo, aver evitato Vas e Via ha impedito ai cittadini ogni comparazione con scelte di altre località o proposte di strutture».Ancora, fanno notare gli ambientalisti: la Vas doveva comprendere uno studio anche sociale dei territori e garantire che ogni opera costruita garantisse un suo uso e ricaduta sociale sul territorio per almeno 20 anni. Thomas Bach, il presidente del Cio, ha affermato, nella sua recente visita a Roma, che la pista di bob a Cortina è compatibile con gli impegni presi nel dossier di candidatura, anche nei costi. «Forse dimentica che la pista doveva essere un restauro e la previsione sui costi portava a 48 milioni», protesta Casanova. «Dimentica anche che solo fino a pochi mesi fa il Cio invitava la Fondazione Milano Cortina 2026 ad evitare sprechi e tenere le gare dove vi siano impianti già funzionanti. Oggi ci troviamo in presenza di un progetto di demolizione dell'esistente, della costruzione di un nuovo impianto con i costi che avvicinano i 100 milioni di euro. Bach sta tracciando il percorso olimpico all'interno di contorsioni contraddittorie».Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha sempre sostenuto (e sta scritto nel dossier) che il 92% delle opere olimpiche Milano Cortina 2026 è esistente. «Ed invece non solo si rifà la pista di bob, ma di nuovo avremo i trampolini del salto a Predazzo, le piste dello sci di fondo a Tesero, la pista di pattinaggio di velocità a Baselga di Piné, le piste del curling di Cortina e Cembra. Come nuovi avremo i villaggi olimpici di Cortina e di Milano, di Predazzo, oltre ad altre opere di contorno allo sci alpino. Per le sole strutture nuove è prevista la spesa di 370 milioni di euro. Le Olimpiadi ci sono sempre state descritte essere le prime a costo zero. Oggi tra stanziamenti statali e regionali provinciali, le opere

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aggiunte ci aggiriamo attorno ai tre miliardi di euro di spese preventivate. Bach, Malagò e i Presidenti delle Regioni spieghino questa deriva», conclude Casanova. francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 21 settembre 2022

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Olimpiadi 2026, Malagò striglia «Non c'è più tempo da perdere

Un'altra giornata, quella di ieri, all'insegna della preoccupazione olimpica. Per i ritardi.Ancora una volta li ha denunciati il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e li ha ripetuti l'ex campionessa Debora Compagnoni. Di prima mattina, Luca Zaia, presidente della Regione, aveva confermato che entro fine mese inizierà il cantiere di smantellamento della vecchia Eugenio Monti. Ed aveva tenuto a dire che senza la pista di bob, skeleton e slittino non si motiverebbero i Giochi ai piedi delle Tofane. Non solo sul piano sportivo, ma anche su quello economico. Anzi, ha fatto capire, senza la nuova pista Cortina rischierebbe di perdere le Olimpiadi. Ma, poche ore dopo, da Milano è arrivato il duro monito di Malagò. Tra l'altro preoccupato come lo si è a Venezia e a Cortina che Andrea Abodi, designato quale ad della Fondazione Milano Cortina non venga ancora ufficialmente nominato. Sulle Dolomiti come in Laguna si aspettava l'atto ancora la settimana scorsa. «Complicazioni e ritardi ci sono stati, l'Italia è il Paese dei ricorsi ma fortunatamente sono andati nella direzione giusta. Anche su questo non possiamo permetterci di perdere più tempo», ha detto ieri Malagò, con riferimento particolare alla situazione di Milano. «Regione e Comune sono allineati, anche in un contesto politico come quello di questi giorni in cui sono su fronti diversi. Non bisogna più perdere tempo».Ed eccolo, il numero uno del Coni, ribattere il tasto dell'ufficializzazione di Abodi, ritenuta urgente.Ma anche della necessità di avere al Governo, il prossimo, qualcuno che si occupi direttamente dei Giochi. «La mia posizione e quella del Coni è che ci sia una persona, possibilmente con ministero e con portafoglio, in modo che possa direttamente portare risposte e soluzioni che lo sport chiede. Oggi lo sport è sempre tra le prime notizie, c'è molto appeal e in più ospiteremo le Olimpiadi di Milano Cortina 2026, di conseguenza è fondamentale un'interlocuzione a braccetto con chi avrà onere ed onore di avere le deleghe per lo sport. Mi stupirei se non ci fosse questa complicità, sarebbe autolesionismo».Malagò non poteva non parlare anche dell'impiantistica che dovrà essere migliorata nei prossimi mesi: «Pista da bob? Durante la conferenza stampa con Bach ho fatto presente due cose: la prima è che le Olimpiadi si chiamano Milano Cortina, in questi due luoghi si svolgeranno la maggior parte delle gare. A Cortina tra le altre cose ci sarà la pista da bob, che non è solo da bob ma ci saranno anche slittino e skeleton. Se levassimo quello, tutto il dossier doveva essere intitolato in altro modo. La seconda cosa, il 24 giugno 2019 a Losanna abbiamo vinto contro Stoccolma presentando un dossier in cui mettevamo Cortina e il rifacimento della pista da bob al centro».Ieri, intanto, Deloitte Italia è diventata partner strategico delle prossime Olimpiadi Invernali e accompagnerà la Fondazione Milano Cortina 2026 verso «il più grande evento che il nostro paese ospiterà nei prossimi anni e che genererà una ricaduta positiva di grande rilievo sull'intero sistema Paese».La società di consulenza metterà a disposizione la sua esperienza per sviluppare soluzioni strategiche, innovative e tecnologicamente avanzate che mettano al centro la sostenibilità, spiega il ceo di Deloitte Italia, Fabio Pompei, convinto che «l'evento olimpico possa essere un ulteriore acceleratore per la crescita e lo sviluppo del nostro paese e per il futuro delle nuove generazioni. Senza dimenticare che lo sport ha anche ricadute sociali».«Queste sono le prime Olimpiadi dei territori», ha detto il presidente Coni, Giovanni Malagò. Ed è proprio la campionessa olimpica Deborah Compagnoni ad evidenziare che la missione deve essere quella di "valorizzare i territori", intervenendo dunque sulle infrastrutture «in maniera adeguata, in modo che rappresentino un valore anche dopo le Olimpiadi».

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SASSOLUNGO E PIANI DI CUNFIN: LA RICHIESTA DI TUTELA

Alto Adige | 8 settembre 2022 p. 34

«Sassolungo da tutelare subito senza condizioni»

Val Gardena

"Il gruppo del Sassolungo e gli incontaminati Piani di Cunfin attendono da più di 40 anni di essere posti sotto tutela e di essere riconosciuti come area di quiete, senza nuove infrastrutture. Ci aspettiamo che questo ambito di tutela delle acque, questo monumento

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naturale, con la sua unicità geologica, venga inserito in un Parco Naturale". La richiesta viene riproposta dal gruppo ambientalista gardenese Nosc Cunfin in un documento inviato al presidente provinciale Arno Kompatscher, alla giunta e ai consiglieri provinciali con il supporto di Associazione Biologi dell'Alto Adige, Cai, Avs, Climate Action, Dachverband fuer Natur und Umweltschutz, Arbeitsgemeinnschaft fuer Vogelkunde und Vogelschutz e Heimatpflegeverband Suedtirol. L'occasione del rinnovo di una richiesta da tempo a cuore delle associazioni ambientaliste altoatesine è rappresentata dalle Giornate della sostenibilità Sustainibility Days aperte l'altro ieri. "Siamo felici del fatto che la giunta provinciale parli di nuovo di sostenibilità scrive il gruppo Nosc Cunfin nel suo messaggio e questa volta per più giorni. Logica conclusione di questo è che questo tema venga ora affrontato concretamente. Su questo punto abbiamo grandi aspettative da parte della giunta provinciale. Abbiamo una proposta, affinché in questi giorni sul tema della sostenibilità si passi dalla discussione alla gestione concreta del problema". Ed ecco la richiesta: "Mostriamo il coraggio di conservare il gruppo del Sassolungo e i Piani di Cunfin come bene comune per le prossime generazioni, ora, qui in Alto Adige". Una richiesta imperniata come detto sull'inserimento di quelle zone all'interno di un'area protetta e delle relative tutele.Da tempo i gruppi ambientalisti cercano di preservare i Piani di Cunfin dalla realizzazione del progettato collegamento turistico con funivia o cremagliera da Saltria al Monte Pana, nel territorio comunale di Santa Cristina. La richiesta di inserimento, con relativo, conseguente cambio di status di tutela e valorizzazione ambientale dell'area, è già stata consegnata alla Provincia. Nel febbraio e nel marzo scorsi, alcuni rappresentanti di Nosc Cunfin si sono incontrati per chiarimenti con l'assessora Maria Hochgruber Kuenzler, con il direttore dei Parchi naturali Leo Hilpold e con il direttore dell'ufficio pianificazione del paesaggio Peter Kasal. Durante questi colloqui è stato consigliato appunto al gruppo di fare richiesta per inserire il gruppo del Sassolungo e i Piani di Cunfin nel territorio di un'area protetta. "La domanda è stata consegnata hanno fatto sapere i rappresentanti di Nosc Cunfin ed è stato chiesto agli uffici competenti di portare avanti i passi necessari, affinché il gruppo del Sassolungo insieme al vicino territorio dei Piani di Cunfin vengano inseriti in un parco naturale. I documenti allegati con le raccolte di firme promosse negli ultimi quarant'anni e le tre delibere positive sulla messa sotto tutela da parte dei Comuni gardenesi di Ortisei, S. Cristina e Selva degli anni 2010 e 2013 rafforzano l'importanza della richiesta del nostro gruppo".

Alto Adige | 14 settembre 2022

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Kuenzer, sopralluogo in zona Plan de Cunfin

VAL GARDENA

L'assessora provinciale Maria Hochgruber Kuenzer ha partecipato alla passeggiata con gli ambientalisti nella zona di «Plan de Cunfin» che andrebbe inserita nei confini del parco naturale e quindi tutelata, come chiedono le associazioni di area verde ormai da 40 anni. Il primo appello di Luis Trenker negli anni Ottanta.«Già Luis Trenker nel 1985 sottolinea Heidi Stuffer si impegnò per i Piani di Cunfin, e rivolse un appello all'allora presidente del consiglio provinciale Silvius Magnago». Lunedì sono stati i rappresentanti di Nosc Cunfin, Lia da Mont, Lia per Natura y Usanzes, Alpenverein Südtirol, Confederazione per la protezione della natura e dell'ambiente, Heimatpflegeverband Südtirol, Tutela Ambiente montano, Club Alpino Italiano, Associazione dei Biologi Sudtirolesi, Gruppo di lavoro per l'Ornitologia e la tutela degli uccelli, Mountain Wilderness e Lega Climate Action Sudtirolo a rinnovare l'appello al governo provinciale: il gruppo del Sassolungo e i Piani di Cunfin devono essere finalmente messi sotto tutela.Stop a tutti i progetti di costruzione. Con la tutela in tutta la zona, tutti i progetti di costruzione dovrebbero definitivamente essere accantonati. «Il turismo ha avuto un boom: la stagione estiva del 2022 in Alto Adige ha chiaramente superato l'anno record 2019, e di conseguenza sale anche la pressione sugli ultimi ambiti delle Dolomiti non ancora sfruttati. Questo vale anche per il gruppo del Sassolungo e Plan de Cunfin. Il collegamento delle zone sciistiche dell'Alpe di Siusi e del Monte Pana con un trenino o con una funivia, l'ampliamento e il potenziamento della funivia sulla Forcella del Sassolungo, i diversi progetti per dotare di infrastrutture sul Sassolungo con funivie: tutte queste iniziative sono pronte per la realizzazione, anche se in diverse fasi di sviluppo. Tuttavia, tutto ciò rappresenta un anacronismo legato al concetto di massimizzazione dei profitti degli scorsi decenni, ed è inconciliabile con una politica moderna, orientata verso il futuro e sostenibile. Recentemente è stato presentato il Piano per il Clima Alto Adige 2040. In esso è stato sottolineato quanto sia importante la tutela di ambienti incontaminati per il raggiungimento degli obiettivi climatici. Giovedì scorso durante una discussione pubblica il presidente della giunta Provinciale Arno Kompatscher si è espresso a favore della messa sotto tutela del Gruppo del Sassolungo con i Piani di Cunfin. L'inserimento del gruppo del Sassolungo con i Piani di Cunfin in un Parco naturale sarebbe un contributo facilmente attuabile ma importante, che le leghe ambientaliste reclamano da più di 40 anni». ©RIPRODUZIONE

RISERVATA

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Alto Adige | 20 settembre 2022

AL BLETTERBACH PER STUDIARE

European Speace Agency | 8 settembre 2022

MARTE

https://www.esa.int/Space_in_Member_States/Italy/Preparare_gli_astronauti_per_renderli_scienziati_sulla_Luna

Preparare gli astronauti per renderli scienziati sulla Luna

Con gli occhi puntati alla Luna, gli astronauti riceveranno un addestramento geologico di alto livello durante la quinta edizione della campagna Pangaea dell'ESA. Dalla scelta dei siti di allunaggio per una futura missione Artemis, alla progettazione delle operazioni scientifiche per la superficie lunare, il corso mette alla prova gli esploratori dello spazio per renderli scienziati sul campo. […] Un mix bilanciato di teoria e viaggi sul campo, il corso è cominciato questa settimana sulle Dolomiti italiane, al canyon del Bletterbach, con lezioni sulla geologia marziana e asteroidi.

[https://www.esa.int/Space_in_Member_States/Italy/Preparare_gli_astronauti_per_renderli_scienziati_sulla_Luna]

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NOTIZIE DAI RIFUGI

Gazzettino | 1 settembre 2022

p. 3, edizione Belluno

«Pos nei rifugi senza connessione e si riversano altri costi sui gestori»

BELLUNO

Stagione estiva che gira le sue ultime pagine. Tra obbligo di avere il Pos (termine inglese per point of sale), i costi dell'elettricità, le problematiche di mesi siccitosi non surrogati dalle ultime piogge. A pesare, tra l'altro, è lo sguardo in avanti, soprattutto per quei rifugisti che vivono contando anche sulla stagione invernale. A tirare la linea su luglio ed agosto, facendo il punto sulla situazione in quota, è Mario Fiorentini che, da presidente di Agrav (Associazione dei gestori di rifugi alpini del Veneto), coordina, per l'appunto, circa cinquanta gestori di rifugio nel Veneto, di cui più della metà sono situati in provincia di Belluno. Si tratta di zone senza copertura dove per effettuare un pagamento elettronico si aggiungono i costi del telefono satellitare, strumento indispensabile per il funzionamento del Rifugio.

Come avete incassato le regole che, dal 30 giugno, prevedono il pagamento elettronico con carta di credito?

«A proposito di rifugi serve un passo indietro per entrare nella questione: il problema non sta nella volontà o meno di usare il Pos, ma nella connessione, nella rete internet. Ci sono molti rifugi che non hanno collegamento».

Avete provato a sollevare il problema?

«La questione è nota, tant'è che questa situazione assurda è stata fatta presente a Roma, anche dal coordinamento nazionale sostenendo la necessità di esenzione per chi è privo di connessione internet. Lo stesso Club alpino italiano, a livello regionale, si era fatto avanti a suo tempo per sostenere la banda larga con il progetto Waves over mountains, volto ad incentivare l'accessibilità ai rifugi, dotandoli di linea telefonica VoIp, Pos per pagamento con bancomat, wifi gratuito».

In sostanza?

«Questo progetto è fallito. Scomparso, per problematiche a monte che non sono state risolte. Di fatto oggi la maggioranza dei rifugisti paga di tasca propria la connessione satellitare. Si tratta di costi aggiuntivi non da poco». Quindi, in rifugio, si accetta il pagamento con la carta?

«Per forza. Al 95% degli stranieri si farebbe fatica a non offrire il servizio Pos. La maggioranza di loro, per abitudine, non gira con le banconote. E, comunque, chi percorre Alte Vie finisce i contanti dopo tre giorni. Anche la clientele italiana, inoltre, capisce che pagare con la carta è un sistema comodo».

In questi due mesi qualche sanzione è arrivata?

«Non mi risulta. Nessun gestore ha pagato multe. A dire il vero sarebbe proprio ridicolo. A tutt'oggi la nostra preoccupazione è un'altra». Si riferisce al caro bollette?

«I costi energetici sono un problema. C'è chi, lungimirante, si sta affidando a sistemi autonomi, come prendere l'energia dal fotovoltaico. E d'estate, così, se la cava. Chi ha turbine ha bisogno di acqua, e quest'estate la portata dei torrenti è stata minima, per non dire insufficiente. I rifugisti più sotto pressione sono, però, quelli che hanno la fornitura dall'Enel: si trovano nella stessa barca delle altre attività commerciali. Inoltre vi è un' ulteriore preoccupazione: tocca, specialmente, i rifugi che tengono aperto durante la stagione invernale: vedranno le spese energetiche moltiplicarsi per cento». Intanto, a bloccare la siccità, per fortuna sono arrivati i temporali...

«È un concetto difficile da far passare: va eliminata l'idea che, in montagna, il problema dell'approvvigionamento di acqua si risolva con una pioggia. L'acqua scende, se ne va a valle. Pensiamo alla posizione del Torrani o del Carducci, tanto per capire. Il vantaggio dalle recenti piogge lo ha chi aveva messo in atto strategie di accumulo, coloro che si sono dotati di cisterne, di contenitori che raccolgano l'acqua piovana. Perché, a tutt'oggi, è diventato difficile far conto su acqua che derivi da nevai e ghiacciai».

Daniela De Donà

Corriere del Trentino | 1 settembre 2022 p. 6

Restyling del rifugio Pedrotti

Legambiente boccia l’idea «Fari in montagna? Inutili»

Baldracchi: occasione persa. Ma Mountain Wilderness dà l’ok

Marzia Zamattio

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Trento

Se il dibattito è acceso anzi, accesissimo sui social tra critiche e apprezzamenti al progetto vincitore per il restyling del rifugio Pedrotti alla Tosa, nelle Dolomiti di Brenta, anche fuori dal web le posizioni sono diverse. E vivaci. Con la presa di posizione di Italia nostra Trentino attraverso Manuela Baldracchi, presidente e architetta, che parla di «progetto scenografico, teatrale, superfluo e ridondante». E sulla definizione di faro, per il colore rosso acceso della parte nuova del tetto e della scala e per le luci visibili dai vari sentieri, sottolinea: «È una disambientazione, storicamente il faro è un elemento degli ambienti marini dove non ci sono sentieri in mare, ma in montagna esistono». Mentre piace a Franco Tessadri, già presidente di Mountain Wilderness, ora nel direttivo nazionale e nel consiglio centrale di Sat (promotrice del concorso): «È un buon progetto che si inserisce bene nel Parco Adamello Brenta con il 5% di aumento delle volumetrie, lo dico da ambientalista e da consigliere Sat». Un parere dunque positivo, per Tessadri dunque, esperto di montagna e di ambiente, quello sul progetto vincitore di Stefano Pasquali (capogruppo), Samantha Minozzi, Alberto Stancherlin e Andrea Moser, scelto tra 60 che avevano partecipato per il restyling parziale del rifugio che si trova a 2.491 metri di altitudine, punto di partenza per la via delle Brocchette e da anni gestito dalla famiglia Nicolini. E spiega: «Prima cosa mi piace anche considerando la delicatezza del luogo dove si trova visto che si inserisce all’interno del Parco Adamello Brenta, con un lieve aumento delle volumetrie, rispetto ad esempio a come sarà ampliato il rifugio Erdemolo che invece vedrà un raddoppio di cubatura». In questo caso, invece, conclude, «c’è stata un’ottima soluzione, sia dal mio punto di vista dell’ambiente, inserito bene, sia dal punto di vista architettonico poiché è contenuto nei limiti». Mentre sul colore rosso acceso, forse troppo, «parla di rendering poco realistici, più appariscenti rispetto ai colori reali». Dello stesso avviso l’attuale presidente nazionale di Mountain Wilderness, Adriana Giuliobello, che condivide la posizione di Tessadri: ««Un buon progetto che ben si integra nel contesto circostante».

Mentre è proprio sull’ambiente e sull’impatto negativo che avrà il nuovo rifugio che si concentra il ragionamento dell’architetta Manuela Baldracchi, che parla di «una buona occasione persa», tra i progetti presentati anche meno impattanti, «nonostante il lodevole accompagnamento al concorso promosso dalla Sat», con incontri e dibattiti con i progettisti e gli amministratori per convergere verso il miglior risultato, «poi svanito al momento della decisione da parte dalla commissione». E leggendo la scelta attuata, la presidente di Italia Nostra parla di «volontà di portare in montagna la monumentalità: tutto deve essere plateale, visibile da lontano, perdendo sempre più quel rapporto armonico con l’ambiente alpino: come Italia Nostra ci aspettavamo un intervento diverso, devo dire, più congruo con la montagna». Tanto più, ricorda, che era uno dei pochi bandi dove serviva un restyling solo sul sottotetto, «non pensavamo a tanti stravolgimenti, invece la scelta è stata una soluzione teatrale». E proprio sulla teatralità si sofferma l’analisi della presidente dell’associazione ambientalista, soffermandosi sul «faro in montagna», che definisce «un elemento superfluo e ridondante, che crea inquinamento ambientale con quelle luci visibili da lontano». Inoltre, il lavoro di ristrutturazione della parte nuova che definisce «un rapporto di soffocamento tra la parte nuova e quella preesistente, anche per la scala che appesantisce e fa diventare il tutto un monolite volumetricamente e percettivamente pesante». Eppure, prosegue, «erano stati presentati altri progetti, che si inserivano con un rapporto di rispetto e armonia, mentre questa scelta mi pare di immagine». Eppure, conclude, non sono contraria a interventi di architettura contemporanea, gli architetti devono usare linguaggi del proprio tempo, ma sulle realtà preesistenti, sia edifici sia centri storici, servono rispetto e attenzione» .

Corriere del Trentino | 2 settembre 2022

p. 6

Il Sat e i primi 150 anni «Rifugi, la nuova strada è quella dei concorsi» La presidente Facchini: sì al confronto, ma non sui social

Trento

Un compleanno che avrà come ricordo una targa. Ma è quasi un monumento ideale quello che la SAT si appresta ad erigere, festeggiando i suoi 150 anni di storia a Madonna di Campiglio, il luogo dove venne fondata il 2 settembre 1872.

Andare oltre l’imponenza del monumento culturale, associativo e pionieristico che la SAT rappresenta, per spiccare un balzo nella modernità, non è facile. Non è facile rappresentare in egual misura due istanze, apparentemente distanti all’interno della SAT: il patrimonio di valori identitari che caratterizzano il sodalizio e l’esigenza di stare al passo con i tempi. Due sguardi diversi che in realtà, secondo Anna Facchini, la prima presidente donna, che sull’ equilibrio tra tradizione e modernità ha impostato tutto il suo operato, possono, anzi devono, imparare a reggersi l’un l’altro.

Perché non è tanto la SAT, quanto il mondo ad essere profondamente cambiato. La vita di una realtà come la SAT (che potremmo ormai definire a ragion veduta un’istituzione) dipenderà, secondo l’attuale dirigenza, proprio dalla sua visione di lungo termine e dalla cifra innovativa che saprà introdurre e condividere.

Presidente Facchini, comeè cambiato secondo lei l’approccio del satini alla montagna in questi ultimi anni?

«Negli anni ‘60 del secolo scorso il sodalizio ha vissuto un tempo di grande espansione, con i pullman in gita straripanti di 150 partecipanti: un’occasione di socialità e amicizia soprattutto per i giovani. Oggi si va in montagna con la famiglia, o a piccoli gruppi ed

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è soprattutto la pandemia ad aver imposto lo spartiacque tra un prima e un dopo. Oltre a ciò, la SAT si sta interrogando sulla frequentazione di massa di questi ultimi anni, i satini scelgono ormai itinerari poco frequentati e poco conosciuti, ma in generale ci chiediamo se il fenomeno sia ancora sostenibile e quali le possibili soluzioni. Di certo non si possono creare zone franche, anche per quanto riguarda la convivenza con bici ed e bike, non possiamo certo guardarci in cagnesco tra bikers ed escursionisti. Però qualcosa sta venendo avanti, ci sono sezioni che organizzano corsi su come muoversi con le e bike su strade forestali e sentieri nel rispetto di chi cammina. A tal proposito stiamo pensando di riproporre il convegno “Montagna e bici”». La svolta aziendalista con l’arrivo degli sponsor e la creazione di una srl sono forse gli aspetti innovativi che più hanno creato divisioni all’interno del corpo sociale, si supereranno?

«Parlerei di assunzione di responsabilità, non di svolta aziendalista, la SAT non è solo gite, cultura, associazionismo, ha una struttura, 10 dipendenti, un patrimonio immobiliare da mantenere e i contributi pubblici non sono automatici, l’ente pubblico giustamente controlla le capacità gestionali, le quote associative e il contributo CAI non bastano e non sono mai bastate. Quindi se la coperta è corta a mio avviso il senso di responsabilità deve raddoppiare. La nostra idea è consegnare a chi verrà dopo di noi una realtà in grado di guardare al futuro con serenità e di questi tempi garantire un cammino sicuro sta diventando una sfida non da poco, sulla quale il Consiglio della SAT è molto impegnato, ma devo dire che sulle scelte c’è quasi sempre l’unanimità».

Un altro ambito di enorme interesse sono i Rifugi, in Valsugana l’attesa per la ricostruzione del Rifugio Tonini per i satini locali da tempo sta sollevando mugugni che si sono spostati sui social.

«L’ultimo via libera per il Tonini si è fermato al comune di Baselga di Pinè, ma sulle progettazioni la SAT sta percorrendo una strada nuova con i concorsi di progettazione, come per il Tonini così avverrà per il Pedrotti e il Ciampedie. La piattaforma è pubblica, si chiama “Concorrimi”, i progettisti sono anonimi e una giuria qualificata stila una classifica. Sarà solo durante una riunione pubblica che verrà comunicata la classifica e il nome del vincitore. Il primo Rifugio sul quale abbiamo completato la procedura è il Pedrotti. In generale la SAT è orientata verso un fortissimo impulso nei confronti della conservazione del patrimonio immobiliare dei Rifugi, ricorrendo anche ai prestiti bancari, come si fa nelle famiglie, programmando gli investimenti. Per quanto riguarda il dibattito interno ho presenziato a quasi tutte le assemblee annuali delle sezioni, non mi sono mai sottratta ad alcun tipo di chiarimento, ma mi tengo ai margini dei social, non li considero uno strumento utile ad un confronto».

Un’estate difficile per la montagna quella che sta volgendo al termine quali sono i suoi riscontri?

«Dati certi ancora non ne abbiamo, i flussi di settembre di solito hanno una loro valenza, le prime testimonianze che ho raccolto, così a volo radente, dai nostri gestori, parlano di presenze da record ma di una minore capacità di spesa rispetto agli anni precedenti. La difficoltà ha riguardato principalmente la carenza di acqua e qui sì il problema quest’anno si è manifestato in tutta la sua gravità, in qualche caso abbiamo dovuto intervenite con cisterne provvisorie che verranno rimosse a fine stagione, ma occorrerà analizzare il problema in prospettiva, perché è quella che spaventa di più e sulla quale ipotizzare soluzioni è complicato».

Su quali fronti e con quali progetti è maggiormente impegnata la SAT nell’immediato futuro?

«A fine anno diventerà operativa la “Spazio Alpino S.r.l. Benefit”, che avrà il compito di commercializzare libri, gadget e merchandising di vario genere. Il tutto è stato concepito come un’altra forma di finanziamento per SAT, in quanto socio unico della srl. Per quanto riguarda invece la vita interna dobbiamo introdurre alcune modifiche statutarie dovute all’entrata in vigore della legge sul terzo settore. Le modifiche riguardano l’assetto giuridico delle sezioni, le quali avranno la possibilità di diventare Aps (Associazioni di Promozione Sociale), come SAT Centrale, sempre rimanendo comunque affiliate alla SAT. Il passaggio potrebbe essere conveniente soprattutto per le sezioni con un consistente numero di soci, in quanto potrebbero usufruire dei benefici fiscali del terzo settore, essere titolari di un patrimonio immobiliare, fare convenzioni con la Provincia e ottenere la destinazione del 5x1000».

Corriere delle Alpi | 16 settembre 2022

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Rifugi, stagione finita: «Aperti a ottobre? I costi sono proibitivi»

BELLUNO

I rifugi alpini chiudono, per la maggior parte, tra il 18 e il 20 settembre, la data canonica di conclusione della stagione estiva. Tanti di questi si erano ripromessi di destagionalizzare, cioè di prolungare sino a tutto il mese, alcuni di inoltrarsi anche in ottobre, come peraltro avevano fatto l'anno scorso. «Abbiamo dovuto rinunciare per i costi sempre più gravosi dell'elettricità e del riscaldamento», ammette Mario Fiorentini, gestore del "Città di Fiume" e presidente di Agrav. Ci sono strutture che hanno già spesso molto anticipatamente, a fine agosto, come il Dolomites sul Pelmo. Altre che, invece, proseguono, quali l'Auronzo; anche il Lavaredo, ma non oltre il 26. Altre ancora che arriveranno fino al 25, come il Mulaz. Ma il Coldai sul Civetta e il Vandelli al lago Sorapiss tra il 20 ed il 22. «Tener aperto ancora una o due settimane in più significa mangiarsi l'utile di un mese», specifica Fiorentini.A convincere gli operatori a smettere anzitempo è anche il meteo, che nelle ultime settimane è stato quanto meno ballerino e che ha tenuto lontano gli escursionisti di giornata. L'Alta Via nr. 1, dal lago di Braies a Belluno, passando per Cortina, forse non è mai stata frequentata come quest'estate. Lo è pure in questi giorni, ma per la gran parte di gruppi di stranieri, soprattutto anglosassoni, americani, canadesi,

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inglesi, mai visti tanti, tutti richiamati dal fascino Unesco. «Ma il loro numero, seppur consistente, non ci permette di continuare l'attività che, con le temperature crollate, esige il riscaldamento».Tanti rifugi sono dotati del fotovoltaico, ma non nella misura di escludere il gas o la stessa elettricità. Quindi la sospensione dell'attività è doverosa. «Il problema è per il prossimo inverno. Ancora non ci sono i presupposti per aprire, come alcuni di noi vorrebbero. Pare che per gli impiantisti», conclude Fiorentini, «siano previste delle provvidenze, come ha anticipato il ministro Garavaglia. Ma anche gli operatori dell'accoglienza ne avrebbero diritto». Fdm©

L’Adige | 20 settembre 2022 p. 19

Arredi e lavori nei rifugi: Provincia in aiuto della Sat

Rinnovato dalla Provincia di Trento (Servizio foreste) e dalla Sat (Società alpinisti tridentini) l'accordo di collaborazione per la valorizzazione della rete sentieristica alpinistica della Provincia. L'oggetto sono gli interventi manutentivi di sentieri con caratteristiche silvopastorali per i quali Sat chiederà la collaborazione al Servizio foreste. La convenzione, quindi, non riguarda gli interventi relativi ai sentieri alpinistici attrezzati e alle vie ferrate. La Sat comunica dove c'è necessità di manutenzione urgente, ed il Servizio foreste interviene con mezzi e personale propri nella manutenzione dei sentieri (manutenzione, comprese decesplugliamento, sfalcio, sramatura, e oper di contenimento, staccionate, passerelle, varianti ad hoc). La convenzione ha valenza triennale per il biennio 2022 '23.La stessa Provincia, con il Servizio turismo e sport, ha concesso alla Sat un doppio contributo (prima tranche da 57.838,30, seconda da 17.190,90 euro: in totale ) per l'acquisto di arredi e attrezzature e lavori per i rifugi in proprietà. Ne beneficiano alcuni di classe 1: Vaiolet, Peller, Monzoni "Taramelli", Rosetta "Giovanni Pedrotti", Alpe Pozza "Vincenzo Lancia e Bocca di Trat "Nino Pernici". A loro va la prima tranche di contributo. L'altra va a tre rifugi in quota, di classe 4: sono il Vioz "Mantova", il Cima d'Asta "Ottone Brentari" (nella foto) ed il Carè Alto "Dante Ongari".

Alto Adige | 23 settembre 2022 p. 21

Nuovo rifugio passo Santner Il Team K prepara l'esposto

Bolzano

La conca tra la vetta del Catinaccio e la Croda di Re Laurino è incastonata in uno dei panorami più iconici dell'Alto Adige, noto in tutto il mondo. La straordinaria bellezza del Catinaccio arrossato nell'enrosadira è forse l'immagine più celebre di tutte le Dolomiti, ritratta nel tempo in innumerevoli dipinti e fotografie. La recente mega espansione del rifugio Santner è andata a violare un vero e proprio santuario naturale. «Come se non bastasse la giunta ha pensato pure di svendere il terreno ad un albergatore privato aggiunge Paul Köllensperger , la stessa Giunta che predica la sostenibilità nei suoi costosissimi convegni vetrina». Su questo che definisce l'ennesimo esempio di "sistema Alto Adige", il Team K ha depositato un accesso atti e un'interrogazione e sta valutando se procedere con un esposto in Procura.La vicenda è tristemente nota, si spiega in una nota, «ma l'eco mediatica che l'ha riguardata alla fine di giugno è stata scarsa (e la cosa non stupisce, purtroppo), un fuoco di paglia durato qualche giorno». A passo Santner, «da un piccolo rifugio di montagna in legno, perfettamente inserito nel contesto, siamo passati a una nuova, enorme struttura dalla cubatura otto volte maggiore, visibile addirittura da Bolzano». Ma non basta: la giunta ha addirittura svenduto il terreno, un pezzo di quella famosa conca in mezzo al Catinaccio, ad un albergatore amico. Svp, ora basta!» La vendita di un pezzo delle Dolomiti, «Patrimonio Unesco e soprattutto patrimonio di tutti noi, è semplicemente inaccettabile», ma secondo il Team K ci sono pure gli estremi per parlare di reato. Per fare chiarezza, il Team K ha depositato un'interrogazione e una richiesta di accesso agli atti. «Mi chiedo come sia stato possibile vendere a dei privati un terreno in una location letteralmente unica al mondo. L'area su cui sorgeva il vecchio rifugio era patrimonio indisponibile, una proprietà di tutti e tale doveva rimanere, per motivi talmente ovvi che è sbalorditivo che Agenzia del Demanio, ufficio estimo e giunta provinciale abbiano preso le decisioni che sono sotto gli occhi di tutti. O è un motivo più che sufficiente il fatto che tra i nuovi proprietari ci sia un ex consigliere comunale Svp?», sbotta Paul Köllensperger.Ridicola viene definita la motivazione alla cessione ("quest'area non viene usata a fini istituzionali") «e quantomeno sospetta la tempistica dell'operazione, con l'Agenzia Demanio provinciale che dichiara vendibile il terreno e solo due settimane dopo gli acquirenti presentano domanda di acquisto». Ma a lasciare davvero senza parole si prosegue, «è anche il prezzo di vendita di un terreno che dovrebbe essere di inestimabile valore: 27.450 euro complessivi. «La Svp regala un angolo di paradiso, un pezzo di Patrimonio dell'Unesco agli amici così Köllensperger e a questo punto chiunque potrebbe chiedere di acquistare pezzi delle Dolomiti, dal momento che non vengono usate 'a fini

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istituzionali'. L'interrogazione che abbiamo depositato ha dei toni volutamente provocatori, ma credo siano adeguati alla presunzione di poter disporre in modo così disinvolto di beni comuni del nostro territorio di così alto valore paesaggistico, simbolico e anche economico».

Alto Adige | 29 settembre 2022 p. 14, lettere

Dolomiti da proteggere Un pezzo di montagna è stato "svenduto"

Caro direttore, diceva il Principe De Curtis nella famosa lettera, "punto, punto e virgola...ma sì abbondiamo : DUE PUNTI ! " e devono aver pensato così anche in Giunta provinciale riguardo la concessione regalo del terreno intorno al rifugio Santner, VENDENDO un pezzo del Catinaccio patrimonio dell' UNESCO e permettendo l'aumento di cubatura di otto volte maggiore ad un albergatore ex consigliere provinciale del partito di raccolta di lingua tedesca in Alto Adige, con l'artificio che tale terreno, non rientra nei " fini istituzionali " del Progetto UNESCO! L'arroganza di tale scempio spero non sfugga ( si parla di soli 24000 euro pagati per un terreno protetto di interesse mondiale e quindi inalienabile) e sia oggetto di inchiesta e indagine degli organi a questo preposti. Mi viene in mente il Marchese del Grillo perché " lui era lui e noiartri ...eravamo..." Corro dal mio consulente in banca per vedere con 12375 euro cosa mi posso comperare casomai vendessero ancora qualche cosa con buona pace degli ambientalisti e delle istituzioni mondiali a tutela dei patrimoni ambientali Enrico Dalfiume

Ritengo però che sia tutto regolare, anche perché per una bizzarria che si spiega solo con la volontà di tenersi le mani libere in realtà non tutta l'area dolomitica altoatesina rientra nel patrimonio (e nel progetto) Unesco. E le deroghe formalmente del tutto legittime dunque non mancano. Sono peraltro certo di un fatto: qualora vi fosse qualcosa di illegittimo, la magistratura (che comunque legge con attenzione anche il giornale) o chi di dovere sarebbe già intervenuto. Poi c'è ovviamente l'estetica. Ma di questo si parlerà semmai quando la concessione si trasformerà in struttura ricettiva (fatico a parlare preventivamente di arroganza e di scempio, in tal senso). Vigileremo, comunque. Alberto Faustini

Corriere delle Alpi | 27 settembre 2022 p. 50

La vicentina Elena e Antonio il sardo anime da 21 anni del "Pian de Fontana"

Il personaggio

Gianluca De Rosa

Che storia strana è la vita. Le anime del rifugio Pian de Fontana di Longarone, che si appresta a festeggiare i trent'anni di attività, sono una vicentina e un sardo. Elena Zamberlan e Antonio Gavino Tedde si sono conosciuti a malga Ciapela, entrambi lavoratori stagionali. «Succedeva più di vent'anni fa, praticamente in un'altra vita», racconta sorridendo Elena, il cui passato lavorativo era concentrato tra le quattro mura di uno studio legale di Vicenza. «Alla sera, prima di uscire dall'ufficio, mi fermavo davanti alle finestre a guardare le montagne. È nata così la voglia, crescente, di avvicinarmi sempre di più a questo mondo. Ho iniziato studiando scienze forestali, ma a quei tempi non c'era posto per le donne. Ed allora mi sono cercata una strada alternativa, incrociando sulla mia strada la possibilità di gestire un rifugio».La scelta giusta, tanto che Elena, in collaborazione con il sardo Toni, gestisce per conto del Cai di Longarone il rifugio Pian de Fontana, di proprietà comunale, da ventuno anni. «I miei primi ventuno anni», sottolinea orgogliosamente Elena Zamberlan, «perché la mente è già proiettata ai prossimi venturo». La vita del rifugista è particolarmente faticosa? «Sì, lavoriamo h24, giorno e notte, sempre a disposizione dei clienti che, in caso di necessità, anche durante la notte, hanno solo te a cui ricorrere. Ancor di più qua, dove si arriva solo dopo più di due ore di camminata».Insieme a Toni, ha assunto la gestione del rifugio Pian de Fontana ventuno anni fa. Come amici, oltre che soci...«Lui si dedica alla cucina, da affermato chef quale è. Io faccio il resto», prosegue nel suo appassionato racconto Elena, «ci siamo conosciuti a malga Ciapela. Io alla prima esperienza in una struttura ricettiva di montagna, lui idem, visto che veniva dal mare della Sardegna. Abbiamo deciso di rischiare e così abbiamo iniziato a cercare una struttura da poter gestire in prima linea. Se siamo qui da ventuno anni, quel rischio alla fine si è rivelato la scelta più azzeccata della vita».Come si sviluppa la giornata dei rifugisti al Pian de Fontana?«Il nostro è un rifugio piccolo che per quanto riguarda la parte notte ha una sola,

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grande, camera da mettere a disposizione dei propri clienti. Si dorme tutti insieme insomma, noi compresi. Il rifugio è un luogo di condivisione, qui si azzerano tutte le differenze sociali che ci ritroviamo davanti costantemente nella vita di città. È uno degli aspetti più belli della vita di montagna. Quassù siamo tutti uguali e questo facilita notevolmente anche i rapporti umani».Com'é cambiata l'attività di rifugista e la sua relativa clientela in questi ventuno anni di attività?«Non è cambiato molto, almeno per quanto ci riguarda. La collocazione geografica del rifugio è determinante. Qui si arriva solo dopo due ore e mezza di cammino. Una prima, importante scrematura della clientela avviene inevitabilmente a valle. Chi arriva qui sa bene cosa trova, è difficile avventurarsi in questa zona. Ci troviamo di fronte tanti escursionisti esperti, grandi appassionati di montagna che dal rifugio non si aspettano piatti stellati. Volti noti che ci siamo ritrovati davanti in questi vent'anni e più? Ricordo con piacere Piero Badaloni. È arrivato qui per girare alcuni video legati al progetto Dolomiti patrimonio Unesco ma si è presentato in rifugio come un escursionista qualunque. Gentile e disponibile. Ad un certo punto mi sono chiesta: "Ma io questo signore lo conosco" . È stata una bella conoscenza».Archiviata la festa dei 25 del rifugio e con i 30 ormai alle porte, quali sono i progetti per il futuro? «Restare qui ancora a lungo, lo spettacolo delle montagne che cambia continuamente dall'alba al tramonto merita di essere visto da una posizione privilegiata, almeno una volta nella vita». © RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI PARCHI

Alto Adige | 17 settembre 2022

p. 34

Parchi, estate di formazione per gli assistenti

Dolomiti Diciassette assistenti stagionali per le aree protette hanno prestato il loro servizio quest'estate nei sette parchi naturali altoatesini. "Durante l'alta stagione è indispensabile garantire un servizio di informazione costante all'interno dei Parchi naturali ha detto l'assessora provinciale Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer Il compito degli addetti è quello di informare i visitatori sulle particolarità dei Parchi naturali, illustrando il comportamento corretto da adottare". Oltre al loro impiego nei parchi, i dipendenti stagionali operano nei centri visite e agli accessi principali dei parchi naturali. Per svolgere al meglio il loro compito, gli addetti stagionali ricevono dai responsabili dei Parchi naturali tutte le informazioni necessarie in materia di natura e paesaggio e di gestione delle aree protette. All'interno di questo quadro formativo, ampio spazio viene dedicato anche al primo soccorso e al servizio antincendio.Il momento culminante e conclusivo del programma di formazione di quest'anno si è tenuto con l'esplorazione della grotta delle Conturines a 2.750 metri di altitudine sopra San Cassiano in Val Badia, nel parco naturale Fanes Sennes Braies. "In questa giornata, non solo siamo stati insieme sulle tracce dell'orso delle caverne, ma abbiamo dedicato parte del nostro tempo per riflettere sul lavoro svolto, creando le basi per nuove idee da adottare in futuro", ha spiegato il direttore dell'Ufficio natura Leo Hilpold. La grotta è stata scoperta nel 1987 e oltre trent'anni fa è stata fatta una scoperta eccezionale, con il rinvenimento di resti fossili appartenenti a un orso delle caverne che viveva lì circa 40 mila anni fa. L'orso delle Conturines fu denominato Ursus ladinicus. La guida escursionistica Alfred Erardi ha dato informazioni sulla grotta e sulla biologia dell'orso delle caverne e gli addetti hanno ammirato le stalattiti nella grotta. E.D.

NOTIZIE DAI SOSTENITORI

Gazzettino | 18 settembre 2022

p. 15,

edizione Belluno

In fotografia le Dolomiti mai viste: a Bassano espone Alessandra Masi

Di successi Alessandra Masi, di Pieve di Cadore, ne ha raccolti molti da quando si dedica alla fotografia. La Nasa lo scorso anno ha scelto una sua fotografia del 17 dicembre 2020 che riprende la luna con una suggestiva corona, Saturno e Giove sopra Pieve di Cadore come Astronomy Picture of the Day. La passione per il territorio dolomitico e in particolare per i paesaggi di casa come gli Spalti di Toro, le Marmarole, la Val Vedorcia le ha fatto scoprire scorci che altri non vedono. I suoi scatti raccontano le Dolomiti, anche di notte quando il cielo si riempie di stelle. Ieri ha messo un altro trofeo nel palmarès: la mostra fotografica Il fascino nascosto delle Dolomiti attraverso l'occhio fotografico di Alessandra Masi promossa dal Cai di Bassano; è stata inaugurata a Palazzo Bonaguri e

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rimarrà aperta per 4 settimane il sabato e la domenica con orario continuato dalle 10 alle 19. La mostra ha come comune denominatore l'ambiente dolomitico, con le sue acque, i suoi boschi e le sue montagne. Si articola attraverso i piccoli fiori che impreziosiscono il territorio dolomitico per passare ad immagini delle montagne nei momenti più belli e suggestivi quando le luci dell'alba e del tramonto esaltano le pareti rocciose, producendo quei colori caldi e in continua evoluzione caratteristici delle Dolomiti. Si incontrano inoltre alcune visioni pittoriche date dai riflessi nell'acqua che mossa della brezza mescola i colori ottenendo degli effetti irripetibili. Concludono la mostra delle foto notturne che immortalano i cieli stellati ed alcuni eventi astronomici significativi ripresi al cospetto delle montagne. Infine alcuni montaggi di immagini e suoni saranno proiettati con l'intento di accompagnare il visitatore in un percorso emozionale e coinvolgente attraverso le bellezze del territorio riconosciuto dall'Unesco Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Le prime immagini di queste montagne non furono dipinti, ma parole che raccontavano di visioni straordinarie e di emozioni potenti che invadevano la mente e che occupavano gli incipit delle prime relazioni scientifiche e dei resoconti di viaggio: verticalità, grandiosità, monumentalità, tormento delle forme, purezza essenziale, intensità di colorazioni, stupore, ascesi mistica, trascendenza. Le fotografie di Alessandra Masi hanno il potere di trasmettere tutto questo. Per un viaggio tra pareti verticali, vette infuocate e profili di cime sotto volte celesti, non resta che visitare la mostra a Bassano del Grappa. (GB)

PORDENONELEGGE: PREMIO SPECIALE DOLOMITI UNESCO

Messaggero Veneto | 17 settembre 2022 p. 49, edizione Pordenone

Premio UNESCO

Consegnato giovedì il Premio Speciale Dolomiti Unesco, assegnato dalla Fondazione Dolomiti Unesco per l'opera «L'alpinismo è tutto un mondo» alle autrici Linda Cottino e Silvia Metzeltin. La direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela e gli organi tecnici hanno selezionato quest'opera perché particolarmente coerente con i principi che stanno alla base dell'istituzione del Premio, ovvero riconoscere il lavoro di chi contribuisce a promuoverne i valori, stimolando il processo di diffusione nelle comunità della consapevolezza rispetto ai valori Unesco. Silvia Metzeltin è alpinista e geologa, Linda Cottino è giornalista che ha dedicato molta attenzione alle donne in alpinismo. È un incrocio storico e importante quello fra pordenonelegge e il Premio Itas del Libro di Montagna: grazie alla collaborazione con il Club Alpino Italiano (Cai) la sinergia è stata confermata anche quest'anno.

OLTRE LE VETTE

Corriere delle Alpi | 4 settembre 2022 p. 19

Oltre le Vette torna in ottobre Il tema scelto è "Limiti e Libertà"

la rassegna È "Limiti e Libertà" il tema scelto per la 26esima edizione di Oltre le Vette, la storica rassegna culturale dedicata alla montagna in programma a Belluno dal 7 al 16 ottobre. Oltre le Vette è una manifestazione dell'assessorato alla cultura del Comune di Belluno organizzata con l'ausilio della Fondazione Teatri delle Dolomiti. Poche cose come la montagna, in natura, rimandano immediatamente all'idea del limite. Limite fisico, innanzitutto, per l'ovvia diversità del pendio rispetto al piano, del freddo rispetto al temperato, del duro della roccia e del ghiaccio rispetto al morbido della terra. Ma anche limite geografico, che solo l'esplorazione verticale degli alpinisti ha saputo superare, e limite antropologico, con la colonizzazione tardiva, spesso per necessità di fuga e riparo, delle terre più elevate. Oggi diventa necessario, accettando questi limiti come inevitabili, non trasformarli in vincoli e pesi sociali, economici, culturali. Consentire a chi vive in montagna per nascita o per scelta di trovare nei condizionamenti un'occasione di sviluppo, nei problemi geografici una diversità ricca di significati, nella difficoltà del vivere un motivo di orgoglio e di identità. Altrettanto forte è, per la montagna, il legame con l'idea di libertà, quasi un sinonimo degli spazi alti, aperti, senza confini apparenti.Compresa la più alta, forse, forma di libertà, quella di mettere in gioco la propria vita, con coscienza e preparazione adeguate, e che mantiene intatto nei secoli il suo fascino. Limiti e libertà, un ossimoro che, riferito alla montagna, diventa lo stretto legame in cui il primo termine è causa

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determinante della realizzazione del secondo.Compito di una rassegna come Oltre le vette è far comprendere che, anche in montagna, le libertà hanno un limite, non possiamo agire come vogliamo, senza tener conto della profonda delicatezza e diversità dell'ambiente che ci circonda. E, ancora, invitare a riflettere sui costi e sui benefici che chi vive in alto sopporta, spesso per un vantaggio che è anche delle pianure e delle città. Per la prima volta, Oltre Le Vette utilizzerà palazzo Bembo come sede di molti eventi: due mostre (una terza si terrà a palazzo Fulcis) e si svolgeranno i numerosi incontri con gli autori per una rassegna nella rassegna, intitolata "Parole di carta e di montagna". Riprende il progetto di allargamento territoriale, già iniziato nelle edizioni precedenti alla pandemia, con l'intento di coinvolgere un pubblico più ampio e far sentire la rassegna patrimonio dell'intera provincia. Quest'anno, altri 5 comuni bellunesi sono coinvolti nel programma di Oltre le Vette e alcuni di essi ospiteranno eventi nei giorni precedenti l'avvio della rassegna. Il calendario è ormai definito e prevede numerosi appuntamenti che saranno pubblicizzati nelle prossime settimane, tutti ad ingresso gratuito con offerta libera: serate di spettacoli e incontri con i protagonisti della montagna, presentazioni di libri, conferenze e convegni. Per informazioni www.oltrelevette.it

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Il confine tra limite e libertà in montagna È il filo che unisce gli eventi di "Oltre le Vette

La montagna: limite e libertà. Su questo filo conduttore si svilupperà, tra il 7 e il 16 ottobre, la 26ª edizione di "Oltre le Vette". Il festival dedicato ai temi delle terre alte si propone sempre più come punto di riferimento culturale per l'intero territorio. In una decina di giorni si svolgeranno più di 40 eventi tra incontri con alpinisti e scrittori, convegni, mostre, cinema, teatro, musica. Il cuore della manifestazione che propone molte novità sarà sempre il capoluogo, ma per la prima volta in essa sono coinvolti altri sei comuni: Sedico, Cesiomaggiore, Ponte nelle Alpi, Agordo, Alpago e Val di Zoldo.Si ragionerà, si diceva, di "limite e libertà". Perché questo titolo? «Nonostante ci sia un'apparente contraddizione tra le due parole», motiva Flavio Faoro, curatore storico della rassegna, «chi vive la montagna sa che pone limiti molto importanti: geografici, territoriali, ambientali, climatici. Nello stesso tempo, però, essa offre la libertà di muoversi in un ambiente dove non ci sono le costrizioni della società contemporanea, dove ognuno può esprimere se stesso, fino addirittura a mettere a repentaglio la propria vita e la serenità dei propri cari. È quindi un terreno privilegiato per questa riflessione».Sarà un'edizione che metterà in campo diverse novità. Una di queste è lo "scrittore in residenza". «Per alcuni giorni», spiega la direttrice Valeria Benni, «sarà in città Tiziano Fratus, che incontrerà la gente e il territorio. Si potrà incontrarlo non solo alle presentazioni di libri, ma anche in una dimensione più quotidiana». Più nel dettaglio, l'autore condurrà tre "meditazioni silvestri" alle 7 del mattino, a villa Montalban, al parco di Mussoi e a Lambioi beach; in collaborazione con il Fai, insieme ad Anacleto Boranga guiderà una passeggiata nel parco della Vena d'Oro; incontrerà gli ospiti della casa di riposo cittadina. Altra nuova proposta è "Parole di carta e di montagna". «Una rassegna nella rassegna, con tanti appuntamenti in cui si parlerà di libri, attraverso incontri con gli autori di fama nazionale».Il programma è vasto e variegato. Si parte con due anteprime. Mercoledì 5 ottobre alla Biblioteca Civica di Sedico aprirà la mostra fotografica "I fotografi di un paese", patrocinata dal Comune di Val di Zoldo; a seguire, un reading da "Libera nos a Malo". Un'altra esposizione verrà inaugurata la sera dopo al Museo Etnografico di Seravella: tema, stavolta, l'emigrazione dalle Dolomiti nel corso del Novecento. Una terza mostra segnerà la vernice ufficiale: a Palazzo Bembo verrà allestita "Alpimagia", un racconto delle tradizioni folkloriche legate al magico sulle Alpi, attraverso le fotografie di Stefano Torrione e i testi di Paolo Cognetti. Poi, fino al 16 ottobre, un ricco susseguirsi di appuntamenti. Da mettere in evidenza gli incontri con gli alpinisti, da quello a cura dalla sezione Cai di Belluno con l'alpinista Denis Urubko, scalatore di 26 ottomila, a quelli con Anselmo Cagnati, Nick Bullock e i giovani camminatori di Va' Sentiero.Due importanti eventi vedranno la collaborazione di Dolomiti Unesco. Oltre a quelle già citate, apriranno altre due mostre: a Palazzo Fulcis si entrerà "Dentro la creazione" di Dino Buzzati, al Bembo si avrà una mostra didattica sulla biodiversità nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Per gli amanti della lettura, in città arriveranno Franco Faggiani, Matteo Melchiorre, Matteo Righetto, Paolo Malaguti. Diversi gli eventi dedicati a scienza, antropologia, sociologia, da una conferenza spettacolo di Stefano Caserini sul cambiamento climatico ad un convegno coordinato da Diego Cason sul tema del festival. Tra gli spettacoli, da segnalare alcune proiezioni dal Trento Film Festival, la trasposizione teatrale in prima nazionale del romanzo di Antonio Giacomo Bortoluzzi "Come si fanno le cose", un concerto dedicato a Loris Tormen. © RIPRODUZIONE RISERVATA

DOLOMITI IN TV

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Corriere delle Alpi | 25 settembre 2022
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Corriere delle Alpi |
settembre 2022

Un Passo dal Cielo, ciak si gira

La troupe è alle Cinque Torri

il caso

Ciack si gira. Terminata una prima serie di pose attorno allo chalet sul lago di Mosigo, quello che nella fiction diventa la sede del commissariato di Polizia, la troupe della settima serie di Un Passo dal Cielo è salita ai 2.250 metri delle Cinque Torri per alcune scene con Giusy Buscemi e Enrico Iannello, per il pubblico affezionato Manuela Nappi e il fratello Vincenzo, commissario di polizia. Daniele Liotti, alias Francesco Neri, è invece uscito definitivamente dal cast, mentre è arrivato l'attore Marco Rossetti, volto noto anche per aver interpretato il ruolo di Damiano Cesconi in "Doc Nelle tue mani". Confermatissimo nei panni della piccola peste Paolo, il quattordicenne Alvise Marascalchi, di Ponte nelle Alpi. Alle Cinque Torri è tornata la capanna di legno, realizzata da artigiani locali, che fungeva da casa dell'agente forestale Lotti. Attori e personale hanno possono utilizzare la funivia che collega baita Bai de Dones con il rifugio Scoiattoli , mentre i materiali salgono e scendono con i pick up lungo la strada forestale che sale dalla Regionale 48, passando per il rifugio Cinque Torri. I permessi rilasciati alla troupe prevedono anche la chiusura della sterrata agli escursionisti che, sopra, possono passare sul prato. La settima stagione di Un Passo dal Cielo mantiene il sottotitolo "I guardiani" che ha segnato il saluto all'Alto Adige per girare interamente in questa provincia. Le riprese sono concentrate tra San Vito, Cortina, Borca, Vodo, ma sono previste anche altre location bellunesi. La fiction è prodotta da Matilde e Luca Bernabei per Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai FictionLa regia è affidata a Enrico Ianniello e Lazlo Barbo. La nuova serie si compone di otto puntate che saranno trasmesse in prima serata su Rai1, nella primavera del 2023, anche se c'è chi immagina che possano essere viste già a cavallo dell'anno. Più corretto dire che lo spera. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 10 settembre 2022 p. 3, edizione Belluno

Ritorna anche il cinepanettone: «La tv, una pubblicità infinita»

CORTINA

«Con le Dolomiti un feeling speciale: è stato bellissimo lavorare lì». Così Diego Abatantuono promuove a pieni voti le Dolomiti di San Vito e Cortina come set cinematografico. Al punto che tornerà per un sequel del cinepanettone Improvvisamente Natale. «Un set ideale: ci torneremo» ha sottolineato il comico e attore milanese. Quelle Dolomiti sconosciute che diventano set. Non c'è solo Cortina, ma oggi i filmaker hanno puntato l'occhio anche su San Vito di Cadore e la valle di Zoldo. L'intero comprensorio sta crescendo grazie al cineturismo e ai nuovi set. I risultati di un anno di produzioni e le prospettive future sono state presentate ieri alla 79° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nello Spazio Regione del Veneto/Veneto Film Commission, all'Hotel Excelsior. Il sindaco di San Vito di Cadore Emanuele Caruzzo e il sindaco di Val di Zoldo Camillo De Pellegrin insieme al direttore della Dmo Dolomiti Michele Basso hanno spiegato, in numeri, quel è stato l'impatto dei set sul territorio.

I RISULTATI

Nel 2022 entrambi i Comuni hanno ospitato importanti produzioni: a San Vito di Cadore dopo il successo di Un passo dal cielo 6 stanno girando in questi giorni Un passo dal cielo 7 (le riprese si concluderanno a fine ottobre), ma la novità è stato il film Improvvisamente Natale una produzione Notorious Pictures per la regia di Francesco Patierno. Le Dolomiti bellunesi, e nello specifico San Vito di Cadore, sono state protagoniste accogliendo la produzione nelle 5 settimane di lavorazione (fine maggio 2022 inizio luglio 2022). La commedia verrà distribuita su Prime Video. Nel cast Diego Abatantuono, protagonista, e al suo fianco volti noti al pubblico italiano: Violante Placido, Lodo Guenzi, Anna Galiena, Antonio Catania, Sara Ciocca, Michele Foresta, Gloria Guida e Luca Vecchi, con la partecipazione di Nino Frassica. «La Regione Veneto è una delle mie preferite ha confermato Diego Abatantuono, protagonista del film ci ho fatto tantissimi film, mi piace la sua tradizione, la cultura, poi S. Vito di Cadore, dove abbiamo girato questo film, è un posto splendido con una natura incantevole. Le persone sono state molto ospitali, ci hanno dimostrato dal primo momento collaborazione e di essere contenti che fossimo lì, che è la situazione ideale quando si gira un film».

IMPROVVISAMENTE NATALE 2

Il titolo avrà un sequel, ha spiegato il sindaco di San Vito di Cadore Emanuele Caruzzo: «Nel primo quadrimestre 2023 partiranno due nuove produzioni: la prima è Improvvisamente Natale 2, sequel di Improvvisamente Natale. Tornano gli stessi protagonisti per un secondo capitolo che dimostra che c'è stata un'ottima sinergia fra il luogo, lo staff della produzione e il cast. E la seconda è che ci sarà anche il remake in lingua inglese Suddenly Christmas con attori internazionali, sempre girato sulle Dolomiti bellunesi». Un dato da solo chiarisce il ritorno sul territorio delle produzioni tv: le ricerche su Google per San Vito di Cadore dopo la messa in onda della serie Un passo dal cielo 6 hanno registrato +1567%. Su Facebook il gruppo dei fan conta oltre 30.000 followers e molti di loro sono in questi

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giorni a San Vito e nell'area del Cadore per seguire i loro beniamini creando un nuovo turismo destagionalizzato. In Val di Zoldo la produzione di Snow è rimasta quattro mesi sul territorio con un cast di circa 100 persone per una serie tv in lingua tedesca che verrà trasmessa in Austria su Orf e in Germania il prossimo inverno.

L'ENTUSIASMO

«E' stata un'esperienza bellissima, così bella che se potessi tornerei ogni giorno a Coi (la piccola frazione che ha ospitato parte delle riprese) ha voluto sottolineare la main producer Gabriela Bacher. Il sindaco di Zoldo Camillo De Pellegrin ha confermato la bontà del progetto. Lo Zoldo potrà diventare set per altre produzioni, a patto che si osservi la giusta attenzione verso la sostenibilità dell'ambiente. Perché le nostre valli ha concluso hanno equilibri delicati e vanno preservate e curate anche in queste occasioni».

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