INTERVISTA A ENZO SCOTTI 1. Lei nella sua vita politica ha affrontato diversi ruoli, da Sindaco di Napoli a Ministro degli Interni: come Le è sembrato questo ambiente? Se tornasse indietro nel tempo, sceglierebbe nuovamente la carriera politica? Perché? La politica è un’arte affascinante, può esserci la buona o la cattiva politica, ma è un qualcosa che appartiene al profondo dell’uomo. L’uomo vive in relazione, non in solitudine e per natura l’uomo si completa quando è in compagnia, creando una comunità, e la politica permette di dare un’identità, organizzare e far funzionare una comunità. Da ragazzo avevo un interesse per la politica e sono passato attraverso diverse esperienze. La politica non è un monopolio di una casta o un gruppo ma appartiene e coinvolge tutti. Quando la politica finisce nelle mani di un gruppo che vuole il predominio è un grosso problema. Bisogna governare insieme in un ambiente di corresponsabilità. Rifarei il politico con tutte le amarezze e le difficoltà che la politica presenta. Essa deve fronteggiare i cambiamenti della società, non inseguendola ma proponendo un modo di affrontare le sfide, cercando il consenso della società sulla sua proposta. Se la proposta viene accolta, lui vince le elezioni; in caso contrario, perde e non raggiunge l'obiettivo. Il politico è chiamato a trovare soluzioni concrete su problemi concreti e attuali, non possibili e astratti. Machiavelli diceva che non era interessato alle repubbliche che mai esisteran-
no ma a quelle che esistono e con le quali bisogna misurarsi costantemente. L’uomo politico ha tre condizioni: Essere uno che ascolta, un uomo che non usa la parola “Io” ma “Noi” e che sa che il cambiamento non posa sull’isolato perché rischia di trasformarlo in una forma di tirannia ed imposizione. Lui deve cercare di governare con la società e deve maturare le sue proposte all’interno di questo processo di coesione guidato dalla qualità delle proposte che fa. La politica crea le istituzioni ma una volta create, quest’ultime hanno una propria vita e la politica deve mantenerle vive. Questo è l’affascinante del fare politica. La democrazia è la forma meno imperfetta di governare, dato che coinvolge e rappresenta il popolo. 2. Nel 1991 istituì la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) perché lo fece? Cosa La spinse a farlo? Tre cose fondamentali mi spinsero a fare questa scelta: La criminalità organizzata costituisce una rete che tende a rendere deboli gli stati con le pressioni da loro esercitate. Non esiste la possibilità di convivere con la mafia: o c’è convivenza o guerra, non ci sono forme per trovare una convivenza e quindi si combatte. Bisogna conoscere bene come la mafia si evolve e cambia e come sa anticipare le nostre mosse. Inoltre, è necessario utilizzare tutte le armi possibili e tutte le tecnologie necessarie per reprimere la mafia.
Tutto ciò mi spinse a creare una strada e una strategia concreta proprio mentre adempievo il mio ruolo di Ministro dell’Interno. In quegli anni ci fu un processo di evoluzione nella magistratura e nelle parti più sensibili della vita politica nel mondo, perché premetto che la mafia è una questione mondiale, la prima cosa che dissi è che serviva un’intelligence sulla criminalità organizzata cioè la capacità di anticipare l’organizzazione criminale. E su questo eravamo e siamo di fronte a una situazione in cui lo sviluppo globale della vita economico-sociale impone una strategia di cooperazione internazionale. Falcone era andato in USA e aveva creato una cooperazione tra USA e Sicilia ottenendo ottimi risultati che lo portarono a smantellare la rete criminale. La mafia evolve e cambia; noi abbiamo ancora un’immagine che la mafia sia una questione siciliana. Oggi si è scoperto che la criminalità non investe i proventi del crimine a Corleone ma nei paesi sviluppati entrando dentro e corrompendo il sistema.
SPAZIO CITAZIONI PROF “XXX.MILANO, OH NO SEMBRA UNA RIVISTA PORNO”
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