NO. 10 I'GIORNALINO

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I’GIORNALINO

NO 10 NOVEMBRE 2020

“Sogna come se dovessi vivere per sempre; vivi come se dovessi morire oggi” -Oscar Wilde


REDAZIONE 2

Direttrice AURORA GORI (VA)

Redattori

GIULIA AGRESTI (IVB), MARGHERITA ARENA (IVB), FILIPPO BELLOCCHI (IIIB), GEMMA BERTI (IIIB), NICCOLÒ BETTINI (IIIB), EMANUELE IPPOLITO BOZZO (IA), DIEGO BRASCHI (VA), ELENA CASATI (IIIB), GIOVANNI CAVALIERI (IIA), ELISA CIABATTI (VB), FILIPPO DEL CORONA (IIIB), GIOVANNI GIULIO GORI (IIB), DANIELE GULIZIA (VB), MATILDE MAZZOTTA (VC), RACHELE MONACO (IIB), ALESSIA MUÇA (VA), ALLEGRA NICCOLI (IIIB), ALESSIA ORETI (IVA), FRANCESCA ORITI (IVB), SARRIE PATOZI (IVB), PIETRO SANTI (VA), IRENE SPALLETTI (VA)

Fotografi SILVIA BRIZIOLI (caposervizio, VA), MARIA VITTORIA D’ANNUNZIO (IIIB), STELLA MEINI (IIID)

Collaboratori MARGHERITA CIACCIARELLI (IIB), MADDALENA GRILLO (VB), ALLEGRA NICCOLI (IIIB), ALESSIA ORETI (IVA), ALICE ORETI (VB) Art Director DANIELE GULIZIA (VB)

Disegnatori GREGORIO BITOSSI (IVA), VIOLA FANFANI (IVA), FABIOLA MANNUCCI (IVA), CATERINA MEGLI (IVA), SILVIA MONNO (IVA), REBECCA POGGIALI (VA), ERICA SETTESOLDI (IVA), FRANCESCA TIRINNANZI (IVB)

Social Media MARGHERITA ARENA (IV B), MARIANNA CARNIANI (IVB), MARTA SUPPA (IVA)

Ufficio Comunicazioni GIULIA AGRESTI (IVB)

Impaginatori GIULIA AGRESTI (IVB), DIEGO BRASCHI (VA), PIETRO SANTI (VA)

Collaboratore esterno GIULIA PROVVEDI

Referenti PROF. CASTELLANA, PROF.SSA TENDUCCI


CIÒ CHE DI NOI RESTA…………….…..….4 TADÀ… SI GIRA!……………..……..………6 LA LEGGE DI ZAN CONTRO L’OMOFOBIA………………..………….……8 LA MORTE TERMICA DELL’UNIVERSO………………….……….11 THE MOST IMPORTANT ELECTION IN OUR LIFETIME…………………….…..…..12 ALLA SCOPERTA DEL MUGELLO………14 S U L L’ O R L O D I U N A G U E R R A CIVILE………………………………….……16

INDICE

LETTERA DI UN’ADOLESCENTE ALLA SIGNORA CORONAVIRUS………….……18 DIARIO DI SOPRAVVIVENZA PER IL LICEO……………………………..…………18 ARTOGRAPHY………………………….….20 ARTEMISIA GENTILESCHI………….……22 LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ABORTO……………………….…….25 ARIA SOTTILE…………………….………..26 MOBY DICK…………………….…………..28 I 400 COLPI (LES QUATRE CENTS COUPS)…………………………..………….29

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CIÒ CHE DI

di Elisa

P

er me il 2020 doveva profumare di libertà, di storie da raccontare per anni, di tempo trascorso a vagabondare, a viaggiare senza meta con solo uno zaino sulle spalle. Ma per me, come per il mondo, tutto è stato messo in attesa, un pacco incartato e spedito verso un futuro incerto. Trenta Gennaio 2020. I miei diciotto anni. Quel traguardo tanto atteso, raccontato da chi mi circonda come il periodo della vita in cui ti senti immortale, ti senti tutto, anche se in realtà sei ancora piccolo. Duemilaventi. Un anno che non ricorderò per una grande festa, per le vacanze con gli amici o per la patente che dovevo prendere a Giugno. Un anno che racconterò ai miei figli come timore, paranoia e solitudine. "Le nuove generazioni non hanno rispetto", "chissà che fine farà il mondo nelle vostre mani", "generazione di viziati abituati all'agio", "i giovani non sono più come una volta...", "vi mancano i valori, i sacrifici" "io alla tua età...". Frasi che ormai noi giovani ci siamo abituati a sentire, che apparentemente ci scivolano addosso, ma che in realtà ci portano a fondo. Durante questa pandemia si è pensato molto ai lavoratori, agli anziani e ai malati, alle loro prospettive di vita dopo la pandemia e a come offrirgli tutto l'aiuto possibile, ma noi ragazzi? Abbiamo aspettato in silenzio il nostro turno, abbiamo rispettato tutte le regole

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che ci sono state imposte, senza opporci, senza appellarci alla normale voglia di ribellarci tipica della nostra età, abbiamo organizzato da soli le nostre vite perché nessuno ci ha aiutato a farlo. Nessuno ci ha chiesto cosa ci mancasse, di cosa avessimo bisogno, né tanto meno cosa fosse utile per farci star bene, ci è stato solo imposto di seguire per ore una lezione davanti a uno schermo, lo stesso schermo tanto criticato giorni prima quando ci intratteneva nei momenti di noia. Niente uscite, niente baci né abbracci per staccarsi da una situazione troppo grande per noi. Le nostre vite sono rimaste in pausa tanto quanto tutte le altre, eppure l'unico problema analizzato è stata l'economia. Non ci siamo lamentati per i ricordi che non avremo, non ci siamo sentiti un elemento della società abbastanza importante da essere considerato in una situazione tanto difficile, ci siamo fatti forza tra di noi, toccandoci da lontano. Le nostre insicurezze, le nostre paure e le nostre paranoie adolescenziali sono state messe da parte perché noi stessi ci siamo messi al secondo posto. Abbiamo trovato rifugio in una casa che non per tutti può essere definita tale, fatta di ricordi martellanti, di una vita

non scelta messa davanti agli occhi ogni giorno; quattro mura troppo strette che ci obbligano a rapportarci con ciò che siamo. Come gli altri, ci siamo ritrovati ad


NOI RESTA

Ciabatti

intrattenere monologhi con i nostri pensieri, cercando di rassicurarci, di tenere presenti i nostri sogni e le nostre ambizioni per un futuro che non ci offre niente. Pandemia globale, contagi, decessi, crisi sono parole che hanno spaventato anche noi. Noi costretti ad aver paura di vivere per non far del male a chi vogliamo bene. Abbiamo trovato sicurezze nel nostro isolamento. Abbiamo cercato di gestirci per non dare peso ai nostri genitori anche loro stremati dalla difficile situazione, di stare vicino ai nostri nonni per non lasciarli da soli, di andar bene a scuola, anche se non è la stessa, di essere felici per non pesare con le nostre emozioni sugli altri. Molti ormai si sono abituati a vivere nella bolla che con fatica hanno creato, nella quale trattengono le poche sicurezze che nessun altro ha saputo dargli. Hanno paura, perché sanno che non possono più permettersi capricci o stupidi errori. Come dice Simone di 16 anni, in un articolo di Maria Novella de Luca, "Il mondo si è fermato e io sono sceso". Noi ci siamo messi nei panni di chi, ai nostri occhi, aveva problemi più grandi e ci siamo nascosti, per rimanere invisibili al mondo e non dare altri pensieri, eppure, ancora una volta siamo i capri espiatori di chi non ci ha saputo aiutare. Abbiamo paura come gli altri e ci troviamo ancora una volta etichettati come "gli egoisti", "la causa del nuovo picco",

quando in realtà siamo solo ragazzi che hanno bisogno di riprendersi un po' di quella vita che da un giorno all'altro ci è stata portata via da qualcosa contro cui non possiamo ribellarci. Alcuni di noi sono insofferenti alle quattro mura e sono scappati dai problemi finora costantemente analizzati, cercando serenità e affetto dagli amici e dai fidanzati. Ancora una volta, abbiamo cercato di gestirci da soli, di essere i nostri stessi genitori e di tenerci sotto controllo tra di noi, in modo da non essere un peso. Adesso si teme per i bambini che hanno subito un regresso in questa situazione di timore, che sono tornati a dormire nel lettone con i genitori e che avranno problemi a socializzare in futuro, ma, ancora una volta, chi pensa a noi? Chi pensa alle esperienze che mai più potranno essere fatte? Alle nostre paure, alle nostre amicizie, alle nostre vite? Al nostro futuro? È davvero così scontato che la voglia di fare gruppo ci farà dimenticare tutte le paure che abbiamo accumulato? Siamo ancora una generazione "allo sbando"?

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TADÀ … SI GIRA! di Aurora Gori Essere invitati ad una trasmissione televisiva non è cosa da tutti i giorni! L’anno scorso, quando ricevemmo una e-mail dal programma Tadà di RTV38, fu un’emozione enorme. Rappresentare e portare il nostro giornale all’esterno dell’Istituto è, in fin dei conti, sempre stato il nostro più grande obiettivo. Con nostra grande soddisfazione, il 3 Novembre di quest’anno l’esperienza si è ripetuta. I membri del programma Tadà erano pronti ad accoglierci nuovamente a braccia aperte! Ci siamo però trovati impossibilitati a raggiungere gli studi, causa normative anti-Covid che non permettono di spostarsi in gruppo. Ma, per ribadire il messaggio che dall’inizio della pandemia cerchiamo di portare avanti, non ci siamo fermati né arresi. Non abbiamo potuto provare il brivido di essere ammessi “dietro le quinte” di uno studio televisivo, né vedere da vicino uno staff di professionisti all’opera, ma grazie alla nostra passione, ad una grande forza di volontà e ad una buona connessione internet siamo comunque riusciti a fare la nostra comparsa nel programma! Arrangiandoci tra la creazione di meravigliose locations adatte al momento e la ricerca in casa del punto con la luce perfetta, siamo riusciti a collegarci via Skype con gli studi di RTV38. A seguito della meravigliosa introduzione ad opera della nostra Preside, io, Giulia Agresti e Daniele Gulizia, a rappresentanza della Redazione de I’Giornalino, abbiamo tenuto interventi di circa dieci 6


minuti l’uno; un tempo irrisorio a prima vista, ma che è bastato per illustrare il nostro metodo di lavoro, parlare dei progetti che anche quest’anno abbiamo intenzione di seguire e aprire una parentesi sull’organizzazione del gruppo post-Covid. Un’esperienza unica quindi che, seppur a distanza, ha lasciato in tutti noi grande soddisfazione e un’ancora più grande voglia di fare.

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La legge di Zan contro l’omofobia di Giulia Agresti

L

’omofobia consiste nella paura irrazionale, l’odio e l’intolleranza da parte di individui eterosessuali nei confronti di omosessuali. Il 4 Novembre 2020 la Camera ha approvato con 265 sì la legge contro l’omotransfobia, la misoginia e le violenze contro le persone disabili. Con questa legge si affiancano negli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi anche gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere e sulla disabilità». Viene inoltre istituita il 17 maggio la Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, che prevede anche iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado. L’omosessualità è un fattore ormai intrinseco alla nostra storia da tanto tempo; lo ritroviamo infatti già nell’Iliade, incarnato principalmente nell’amore tra Achille e Patroclo, o nel Simposio di Platone, il quale afferma che è proprio il rapporto uomo-uomo ad essere

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superiore in quanto non influenzato dall’aspetto fisico. Anche nell’Impero Romano erano diffusi pederastia e lesbismo, fino alla grande influenza del cristianesimo che ha portato nel 342 l’imperatore Costantino I a promulgare una legge contro gli omosessuali


passivi, puniti con la castrazione e con la morte sul rogo, e nel 559 l’imperatore Giustiniano I ad ampliare tale provvedimento contro tutti gli omosessuali. Seguendo l’idea cristiana secondo la quale il sesso deve essere atto solo alla riproduzione, hanno criticato l’unione tra due uomini anche molte figure di spicco, come San Paolo, il quale nella Lettera ai Romani scrive: “E allo stesso modo anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, sono accesi di passione gli uni con gli altri, uomini indecenti con gli uomini e che ricevono in se stessi la ricompensa del proprio traviamento” . A poco a poco l’omosessualità venne ritenuta una vera e propria eresia, in quanto secondo Agostino d’Ippona essa era parte di riti pagani. Si ha una svolta con il Rinascimento, in quanto lo studio e la conoscenza dei classici fa riscoprire ‘l’amore greco’. Abbiamo alcune testimonianze anche sull’esistenza di raggruppamenti omosessuali i quali, con il pretesto di creare associazioni di interesse comune nel campo artistico, potevano dare una maggior libera espressione ai loro sentimenti omoerotici. Fu emanata anche una legge che prevedeva tante frustate e il taglio del naso per i fanciulli che si agghindassero o si truccassero per rendersi più attraenti. A causa della censura non ci sono stati tramandati molti episodi di omosessualità nel periodo dell’Illuminismo, tranne per casi famosi quale l’amore tra Federico II di Prussia e Francesco Algarotti. In Francia intanto con la Rivoluzione Francese furono aboliti tutti i tribunali ecclesiastici attraverso il Codice penale del 1791, tanto che i delitti considerati senza vittima come l'omosessualità e la stregoneria vennero depenalizzati. Tale situazione rimase poi anche nel Codice penale francese del 1810 fatto introdurre da Napoleone Bonaparte, il quale influenzò il Codice penale sabaudo del Regno d’Italia. All’inizio del ventesimo secolo l’Italia, al pari di grandi città come Berlino e Parigi, divenne una grande meta turistica per gay e lesbiche in quanto si assistette a un vero e proprio fenomeno di prostituzione maschile: noti esempi sono i contadini altoatesini, i soldati dell’esercito e i gondolieri di Venezia. È

Federico Il il Grande di Prussia

proprio per questo motivo che figure quali Oscar Wilde, William Somerset Maugham, Henry James, Norman Douglas, Romaine Brooks, Natalie Clifford Barney, Harriet Hosmer e Wilhelm von Gloeden soggiornarono per diversi anni in città italiane. Non possiamo tuttavia parlare di una vera e propria accettazione quanto di ‘tolleranza repressiva’: nonostante non ci fossero provvedimenti giuridici contro di loro, gli omosessuali erano mal visti e vittime della società; eclatante è il caso di Friedrich Alfred Krupp, spinto addirittura al suicidio. Tuttavia, un artista conosciuto ed apprezzato, Tommaso Sgricci, sotto la protezione del Granduca di Toscana poté mostrare apertamente la sua omosessualità al prezzo però di diventare oggetto di burle, prese in giro, un’assidua sorveglianza e un continuo monitoraggio da parte della polizia. Per esprimere il proprio orientamento sessuale in modo più subdolo, gay e lesbiche iniziarono a indossare colori specifici, come il rosa, il rosso e il verde (ricordiamo il garofano verde che indossava sempre Oscar Wilde all’occhiello). Anche dopo la salita al potere di Mussolini e l’avvento del fascismo non furono iscritte vere e proprie leggi contro l’omosessualità, ma la società rimase estremamente omofobica. Nacquero denominazioni offensive, come 9


“froci”, “finocchi”, “ricchioni” o “culattoni” e il 18 giugno 1931 venne pubblicato il regio decreto numero 773 che autorizzava ‘misure di pulizia contro coloro che mettono in pericolo la morale pubblica e il buon costume’. Non era raro dunque che gay e lesbiche fossero picchiati, perquisiti, arrestati e anche molestati. Coloro che erano condannati con questo decreto correvano anche il rischio di essere deportati in una colonia penale per un periodo variabile tra uno e cinque anni. Al giorno d’oggi sono noti 300 casi di persone italiane deportate esclusivamente per il loro orientamento sessuale nel periodo della dittatura fascista. Dopo la Seconda Guerra Mondiale i medici esperti di sessuologia iniziarono a considerare l’omosessualità un disturbo curabile con la terapia dell’elettroshock. Nel 1964 scoppiò uno scandalo, il caso Aldo Braibanti, in cui i genitori dell’amante dell’uomo lo accusarono di manipolare mentalmente il proprio figlio per trasformarlo in gay. Il reato di plagio era un crimine introdotto all’epoca di Mussolini e perseguiva il cosiddetto “lavaggio del cervello”. Giovanni, il giovane amante di Aldo, fu rinchiuso in una clinica psichiatrica dove seguì una terapia di conversione attraverso elettroshock della durata di 15 mesi. Nel 1969 Massimo Consoli stilò il Manifesto per la Rivoluzione Morale: l'omosessualità Rivoluzionaria, che ispirò il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano! (o

F.U.O.R.I.!, acronimo che esortava al coming out). Nel 1974 questa associazione si alleò politicamente con il Partito Radicale, il che permise al suo leader Angelo Pezzana di essere eletto in qualità di primo membro gay del parlamento italiano, anche se non è mai venuto ad occupare il suo seggio essendosi dimesso prima. Nel frattempo, il 5 aprile 1972 il Centro italiano di Sessuologia organizzò un convegno a Sanremo, continuando a ritenere l’omosessualità un disturbo e un vizio dell’uomo. L'evento provocò la prima manifestazione italiana organizzata dalla comunità gay con la partecipazione di attivisti anche stranieri. Da qui sono nati varie organizzazioni che ancora oggi sostengono la comunità LGBT+, come le associazioni Arcigay e Gaylib, o le riviste Babilonia e Pride. Al giorno d’oggi è significativa l’elezione di Sarah McBride, la prima senatrice transgender ad essere scelta nelle elezioni americane del 2020. La nascita di una legge specifica contro le discriminazioni dovute all’orientamento sessuale dunque è estremamente significativa, perché sottolinea il cambio avvenuto nella società prima omofobica e discriminatoria, ora aperta ed egualitaria.

Oscar Wilde con il suo tipico garofano verde, simbolo della sua omosessualità

Foto da daily.jstor

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LA MORTE

TERMICA DELL’ UNIVERSO di Margherita Arena

Qual è il futuro dell’universo? Sta morendo? Ancora non esiste una risposta certa, ma come abbiamo già avuto modo di vedere*, sappiamo cosa sta succedendo attualmente: le galassie nel nostro universo si stanno allontanando l’una dall’altra, non per il movimento in sé, ma per il dilatarsi dello spazio, e questo avviene con una velocità sempre maggiore. Considerando ciò, gli scienziati hanno sviluppato varie teorie; una delle più interessanti e che ora approfondiremo insieme è la possibile morte termica dell’universo. L’idea della morte termica dell’universo fu proposta dal fisico britannico Lord Kelvin nel 1851, osservando gli studi del matematico e fisico francese Sadi Carnot sulla perdita di energia sotto forma di calore del 1824. Questa teoria si basa sul secondo principio della termodinamica dal quale deriva che in un sistema isolato l’entropia tende ad aumentare nel tempo in modo irreversibile. Ma andiamo per gradi: che cosa è l’entropia? Possiamo definire entropia la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema in un dato momento. A ogni trasformazione di un sistema (isolato) che provoca un trasferimento di energia, l’entropia aumenta, perché l’equilibrio può solo crescere. In teoria, si può considerare un sistema isolato anche l’intero universo, quindi si conclude che anche nel cosmo l’energia tenda a distribuirsi dai corpi più caldi a quelli meno caldi, creando un equilibrio, e quindi aumentando l’entropia. Il teorema di Nernst è un risultato teorico che stabilisce che alla temperatura dello zero assoluto, in sistema termodinamico isolato, l’entropia è costante. Perciò l’universo si avvicinerà sempre di più ad uno stato nel quale tutta l’energia è uniformemente distribuita e di conseguenza non saranno più possibili processi energetici. Continuando l’universo ad espandersi, via via le stelle inizieranno a formarsi con meno frequenza, le galassie scompariranno a causa dell’allontanarsi delle stelle, le quali lentamente moriranno, e anche i buchi neri arriveranno all’evaporazione; a questo punto non essendoci quasi più traccia di energia e quindi di calore si arriverà alla cosiddetta morte termica o Big Freeze dell’universo. *potete visionare il precedente articolo nel numero del mese scorso de I’Giornalino 11


THE MOST IMPORTANT ELECTION IN OUR LIFETIME di Francesca Oriti

Perché noi europei dovremmo preoccuparci di chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America?

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È inevitabile osservare che dal 1989 a oggi gli Stati Uniti sono rimasti una delle poche superpotenze incontrastate, quindi le decisioni prese dai politici statunitensi, specialmente quelle di politica estera, sono destinate a condizionare tutto il mondo Occidentale. Come tutte le elezioni, anche quelle del 2020 sono state argomento di discussione per un anno intero, ma l’attenzione verso questo evento di primo piano si è intensificata con lo scoppio della pandemia da Covid-19, che negli Stati Uniti ha colpito undici milioni di persone (dati aggiornati al 18 novembre 2020) e ha influenzato il voto sia a livello logistico che a livello politico. Per evitare assembramenti ai seggi, con regolamenti diversi da stato a stato, è stato concesso agli elettori o di richiedere il voto per posta (mail-in voting) o di recarsi in modo scaglionato al seggio in un periodo precedente al giorno delle elezioni (early voting). Il voto per posta si è rivelato un tasto dolente per entrambi i partiti: il presidente uscente Donald Trump ha infatti dichiarato più volte che questa modalità di voto avrebbe aumentato la possibilità di brogli elettorali, mentre varie associazioni che si occupano della libertà di voto, collegate al partito Democratico, hanno riconosciuto un punto critico nelle modalità di controllo delle schede, diverse da stato a stato, con il timore che molte fossero invalidate. Inoltre persisteva il problema oggettivo, che fortunatamente si è poi rivelato affrontabile, del numero insufficiente di scrutatori e l’impreparazione delle amministrazioni locali rispetto alle procedure del voto per posta. È stata infatti lasciata agli Stati la responsabilità di normare molti aspetti del voto per posta: se esistessero e quali fossero i requisiti necessari per richiedere le schede per posta, la scadenza entro cui i voti potessero essere considerati validi, i metodi di convalida delle schede e le possibili ragioni di invalidamento del voto. Il dibattito politico è stato invece particolarmente acceso riguardo alla risposta dell’amministrazione Trump all’emergenza sanitaria: nella sua testimonianza al Congresso, Stephen M. Hahn, il commissario della FDA (Food and Drug Administration), ha dichiarato che la Casa Bianca ha fatto interventi proficui sulle operazioni di tracciamento, permettendo così di incrementare vertiginosamente e in poco tempo il numero di tamponi effettuati; il New Work Times invece, in un articolo del 2 ottobre 2020, scrive che il presidente, nonostante fosse stato informato, ha ignorato la presenza del virus per tutto il mese di gennaio per non danneggiare l’economia, in quanto elemento base della sua campagna elettorale. Indipendentemente dalle opinioni politiche, i dati scientifici affermano che gli Stati Uniti sono stati il Paese più colpito dalla pandemia, persino più della Cina dove il virus si è trasferito per la prima volta dagli animali all’uomo. La crisi di un Paese prima ritenuto invincibile ha prodotto quindi una pressione senza precedenti sulle elezioni del 2020, che si è concretizzata ad esempio nella ad war, cioè nella battaglia pubblicitaria che ha sommerso i cittadini americani. La bilancia politica degli Stati Uniti ha fondamentalmente solo due bracci, il Partito Democratico da una parte e il Partito Repubblicano dall’altra, sebbene vengano catalogati sotto il nome di Indepent un componente della House of Representatives (Libertarian) e due senatori. Come fanno


notare gli analisti del Pew Research Center, il Paese risulta quindi diviso in due fazioni che oggi più che mai sono reticenti a venirsi incontro e frequentemente non concordano né su misure politiche né sul riconoscimento di svariati problemi nel tessuto sociale. L’ultima manifestazione di questo è che sebbene le elezioni presidenziali siano state vinte da Biden con più di 270 grandi elettori (il loro numero per singolo stato è proporzionale ai voti ricevuti dal candidato), ancora non è certo quale partito si sia guadagnato la maggioranza al Senato, che dipende da due ballottaggi in Georgia in programma per il 5 gennaio. Nonostante i Democratici abbiano riconfermato il loro dominio sulla House of Representatives, per qualsiasi amministrazione è difficile governare senza l’appoggio del Senato. Ad ogni modo le elezioni del 2020 hanno segnato una svolta storica: per la prima volta gli Stati Uniti avranno una vicepresidente donna, la senatrice californiana Kamala Harris, che viene eletta proprio nell’anno in cui si celebra il centenario del diritto al voto delle cittadine americane. Impegnata nella lotta contro il razzismo e nelle campagne per i diritti delle donne, Kamala Harris ha avuto una brillante carriera, prima procuratrice distrettuale di San Francisco, poi procuratrice generale della California, in seguito al Senato e infine alla Casa Bianca, tutto grazie agli insegnamenti di sua madre, di cui lei stessa ricorda la frase:

F o n t i c o n g re s s . g o v, c o v i d . c d c . g o v, nbcnews.com, usa.gov, theguardian.com, fda.gov, nytimes.com, pewresearch.org

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ALLA SCOPERTA DEL MUGELLO

Pietro Betti e Giovanni della Casa di Pietro Santi e La Franca

Un tempo miha ll’era home oggi! E si morì’a pe’ una bischerata, tra ‘m poho e basté’a anco solo una raffrescatha1 pe’ fatti fa’ come i’ Baglioni2. Poe e lastrici3 ll’erono parecchio sudici4 (nun è che vélli d’oggi gli sieno pulithi, però meggio dell’attri), e e medici ll’erono de’ lavativi5 , un sapé’ano fa’ l’O co i’ bicchiere6 . Ma ve n’era uno, nella Toscana della prima metà di’ 1800, bra’o di nulla.

Pietro Betti

Pietro Betti nascé i’ 28 ottobre di 1784 a Mangona, dilióttre7 Barberino di’ Mugello. Gli studiò a Pisa e finì a Firenze. Ni’ 1813 fu fatto Hirurgo. Gli scrivé un po’ di hose e via, che oggi ll’enno pellopiù alla Biblioteca Biomedi’a dell’Universithà degli Studi di Firenze. S’ammoscò8 della rilevanza dell’anatomia patologiha, e la su’ dedizione e conoscenza delle malattie patologihe lo portonno a gestire l’epidemia di holera in Toscana di’ 1854. Gli mòrse a Firenze l’11 aprile. 1863.

GLOSSARIO 1) raffrescatha: colpo di freddo; 2) fare come ì Baglioni: andare via (farebbe rima con una cosa un po’ più volgare); 3) lastrici: strade; 4) sudicio: sporco; 5) lavativo: buono a nulla; 6) Non saper fare l’o col bicchiere: non saper far proprio niente; 7) dilióttre: oltre; 8) ammoscarsi: rendersi conto; 14


GLOSSARIO 1) nascénno: nacquero; 2) consideràeno: consideravano; 3) per: verso (di luogo); 4) féciano: fecero; 5) Beneënto: Benevento; 6) avé ì su’ santo co‘: andar d’accordo con (con lui unn ho ì mi’ santo); 7) mòrse: morì; 8) che fece egli?: forma interrogativa toscana usata anche in letteratura (es: che fa’ ‘ù? Che cosa fai?, indo’ va egli/ella? Dove va?); 9) Po’: poi; 10) antèndere: intendere, capire.

Lui e ì Betti nascenno1 tutt’ e dua n’ì Mugello (dice, sennò unn si consideraeno 2 nemmeno), ma Giovanni più per 3 Borgo San Lorenzo, in un posticino ch’ e’ si chiama La Casa. Gli andette a studiare a Bologna e a Padova, e dopo studiato prencipiò la cariera di Chiesa a Roma. N’ì 1544 lo feciano 4 arcïescovo di Beneënto 5 e anche nunzio apostolico di Venezia (sie bona, unn so nemmeno icché e’ vor dire, so solo ch’egli andette a Venezia); fue quello che portiede l’Inquisizzione ‘n Veneto. Co‘ ì novo Papa e’ unn dovea aëcci ì su’ santo 6 , perché gli toccò di ritirassi per 3 Treviso. E’ morse 7 a Roma n’ì 1556. Sì, va bene, ma che fece egli 8 pe‘ esse‘ tanto famoso (via, tanto no, ma un pochinino)? Mah, egli scrisse ì Galateo, pe‘ dinne una! Po’ 9 delle cose ‘n latino, delle poesie (che a’ tempi le garbonno a diversi)… Nzomma, e’ unn era di certo ì primo raccatato, questo s’è anteso 10 . Giovanni della Casa

❝Per la qual cosa né vantare ci debbiamo de’ nostri beni, né farcene beffe, ché l’uno è rimproverare agli altri i loro difetti, e l’altro schernire le loro virtù.❞

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SULL'ORLO DI UNA GUERRA CIVILE di Sarrie Patozi

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali

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l precario contesto africano risulta essere continuamente minato da gravi tensioni politiche e sociali. Oltre a dover far fronte all’emergenza sanitaria del Coronavirus senza l’ausilio di mezzi adeguati (il professor Walter Ricciardi afferma “L’Africa è un rischio enorme, come facciamo a dire alle persone di lavarsi le mani se in milioni non hanno nemmeno l’acqua potabile?”), il continente si trova protagonista dell’ennesima faida interna scaturita questa volta tra il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali e lo stato del Tigray. Le ostilità tra i due hanno però radici più profonde. Con l’avvento di Ahmed nel 2018 infatti il TPLF (Tigray People’s Liberation Front) venne gradualmente estromesso dal governo, nonostante avesse aiutato nella coalizione del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (in qualità di partito preponderante) per

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la liberazione dal dittatore Menghistu e fosse riuscito ad accaparrarsi nel 2006 addirittura il 100% dei seggi nelle elezioni regionali. Salito al potere l’attuale primo ministro etiope, di stirpe oromo, vennero attuate dal medesimo politiche mirate a costituire l’unità nazionale dell’Etiopia: “Noi Etiopi abbiamo bisogno della democrazia e della libertà, e siamo autorizzati ad averle. La democrazia non dovrebbe essere un concetto estraneo per noi”, ha dichiarato nel discorso del 2 aprile 2018. A lui si deve la mediazione dell’incontro tra il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, e il suo rivale Riek Machar, impegnati da ormai cinque anni in una delle più violente guerre civili in Africa. Egli ha ottenuto, lo scorso anno, il Premio Nobel per aver posto fine alla guerra tra Etiopia ed Eritrea che persisteva da ormai vent’anni. Berit Reiss-Andersen, a capo del comitato norvegese dei Nobel che


conferiscono il riconoscimento per la pace, afferma: “Etiopia pacifica, stabile e di successo avrà molti effetti collaterali positivi ed aiuterà a rafforzare la fraternità tra le nazioni ed i popoli della regione”. Tuttavia diversi governi regionali, tra cui quello del Tigray, sentirono minacciata la propria autonomia così faticosamente ottenuta con la Costituzione del 1994. La tensione tra le due fazioni crebbe con la decisione da parte del governo di rimandare le elezioni di agosto a causa del Coronavirus; l’opposizione affermò che l’intento era di prolungare il mandato di Abiy Ahmed e decise di non seguire le direttive governative. La popolazione del Tigray ha quindi organizzato le proprie elezioni per rinnovare i seggi del partito tigrino, e il TPLF, che si era precedentemente dichiarato avverso al premier etiope, ha ottenuto tutti i seggi (152). L’acme è stata tuttavia raggiunta il 4 novembre, giorno in cui il Fronte di

liberazione popolare del Tigray ha attaccato una base militare federale. L’intervento del primo ministro Abiy Ahmed è stato tempestivo e le sue parole rigorose: “ È stato superato il limite. L’uso della forza è l’unico modo che abbiamo per salvare le persone e il paese”. Debrestion Gebremichael, leader dello stato del Tigray, sostiene che l’avversione del primo ministro sia dovuta al risultato del ballottaggio regionale. Analisti ed esperti guardano alla condizione etiope con notevole allarmismo: è il Paese più influente del Corno d’Africa, e dalle sue sorti dipendono gli eventi di Somalia, Sud Sudan ed Eritrea.

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LETTERA DI UN 'ADOLESCENTE ALLA SIGNORA CORONAVIRUS Buonasera signora, è da tanto tempo ormai che conviviamo e non ho avuto occasione di conoscerla o di parlarle. Qualcuno la vede un po’ come Babbo Natale “esista o non esista fa lo stesso, tanto non dovrò mia guardarla in faccia”. C’è chi la vede come un’untrice malefica che si apposta dovunque pronta a sorprenderti e con un colpo di tosse soffiarti via. Qualcuno la vede come un’assassina spietata sotto continuo tracciamento, ma comunque inarrestabile. Io non ho pregiudizi, mi interessa conoscerla da cima a fondo. Il primo passo per un’accurata conoscenza sono senza dubbio le domande… quindi mi scusi in anticipo se si dovesse sentire assalita dalle mie mille curiosità e riflessioni sui suoi comportamenti, ma data la sua fama credo abbia ricevuto tante domande del genere.Da quando è venuta a convivere con noi la nostra vita si è stravolta. Conosciamo tutti la sua acerrima nemica: la mascherina, che ogni giorno ci tormenta, che ha invaso visini aggraziati e degni di esser guardati, nascosto miliardi di sorrisi, portato nella nostra testa la continua ansia di dimenticarla da qualche parte e dato la possibilità a qualche influencer sui social di sembrare maturo e responsabile. Mi chiedo se lei si senta in qualche modo minacciata da questo oggetto. Mi scusi davvero se sono troppo diretta, ma da ciò che mi dicono lei ha delle abitudini davvero bizzarre… tutte le sere alle 22 va a letto, evita le librerie e i supermercati. A quanto pare è una gran buongustaia: è vero che le piace abitare solo l’aria di bar e ristoranti? Ho sentito anche della sua profonda passione per cinema e teatro, beh devo dire che mi ha sorpresa, abbiamo qualcosa in comune in tal caso! Oltre tutte queste curiosità superficiali… le ho scritto anche per farle presente del dolore che sta infliggendo a noi giovani in particolare, in quanto posso parlare solo della mia categoria. Sta privando tutti noi di libertà, amore, amicizie, esperienze… e perfino di respirare liberamente aria fresca, il profumo del caffè nei bar o l’aria pesante degli autobus affollati. Ci sta togliendo persino la nostra educazione: prima del suo arrivo la mattina anche se mi aspettavano cinque ore impegnative di scuola, almeno potevo lamentarmi con il mio compagno di banco, potevo salutare i miei amici a ricreazione e chiacchierare con i custodi. Ora al risveglio abbastanza traumatico mi aspetta la mia scrivania, un computer sul tavolo e ore più pesanti e impegnative di prima tra uno sbadiglio e l’altro. Sta privando qualcuno di noi anche dei suoi amici, dei suoi cari, strappandoglieli dalle braccia con violenza, senza nemmeno la possibilità di dare un ultimo abbraccio all’ospedale, un saluto, uno sguardo. Io non so se mai riusciremo a riscattarci per tutto quello che sta facendo a noi, non so se l’igienizzante per mani è davvero utile, o se mi sarà concesso tornare a scuola, abbracciare i miei nonni.. non so nulla di lei signora, e non capisco perché spargere tutto questo odio. Vorrei conoscere la persona che al momento sta intasando le mie giornate di noia, e seminando morte in tutto il pianeta. Virali saluti, Rachele Monaco

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DIARIO DI SOPRAVVIVENZA PER IL LICEO

Delusioni di Alessia Oreti

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a vita di uno studente è costellata di grandi soddisfazioni, ma anche di più o meno grandi delusioni. Il primo giorno del primo anno varchiamo il portone della scuola col cuore colmo di speranza, decisi a dare il meglio. Per molti di noi è come un nuovo inizio. Nuovi compagni, nuovi professori, nuove materie da sperimentare, nuovo ambiente. Forse tutta questa speranza annebbia i nostri sensi e non siamo realmente pronti ad affrontare le prime delusioni. La prima insufficienza, un professore diverso da come immaginavamo, una classe che non era come avremmo voluto. C'è chi si butta giù e non riesce a reagire, c'è chi vorrebbe mollare tutto subito e chi invece si sente spronato da una delusione e decide di dare il meglio di sé. Ma come possiamo fare a prendere in modo positivo queste piccole disavventure? La calma è la virtù fondamentale. Mantenere sempre la calma dinanzi ad un ostacolo. Per ogni problema c'è una soluzione, pur nascosta o irraggiungibile che appaia. Valutiamo bene ciò che abbiamo davanti. Un'insufficienza inaspettata? Non è altro che un avviso che dobbiamo darci da fare con tutte le forze per ottenere un successo. Arriverà, perché i sacrifici che facciamo portano sempre ad un risultato. Un litigio con un compagno? Tutto è risolvibile. Se ci pare che non possa esserlo, ricordiamo sempre che non tutti possono andarci a genio. Non occorre per forza essere amici all'interno di una classe, possiamo

decidere di affrontare un litigio mantenendo semplicemente rapporti civili, finché la situazione non si calmerà da sola. Un professore non ci piace? A volte capita che non si riesca ad essere sulla stessa lunghezza d'onda con i metodi di insegnamento di un insegnante. Ma loro sono lì perché desiderano farci imparare la loro materia. Facciamo domande finché non riusciamo a capire un certo argomento, chiediamo aiutare ad un compagno, troviamo un metodo di studio che riesca ad adattarsi alle richieste dell'insegnante. Una delusione non deve buttarci giù, né all’interno della scuola né al di fuori, perché la nostra vita è formata anche da quelle. Ci devono aiutare a crescere e a migliorarci. Sono ostacoli quotidiani che con impegno riusciremo a superare, da soli o con l'aiuto di qualcun altro. Occorre forza d'animo e mente lucida; ricordate che siamo sempre più forti di qualsiasi problema ci possa mai capitare!

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“ARTOGRAPHY” disegni di Rebecca Poggiali e foto di Silvia Lo scorso lockdown è stato, contro ogni nostra più rosea aspettativa, una grande fonte di ispirazione. Questo progetto è nato chiuso tra quattro mura, quando il desiderio di scappare da tutto era diventato più forte che mai. Esternare ciò che avevamo dentro ci è sembrato un bisogno fisico...e unire disegno e fotografia è risultato essere il mezzo più efficace per soddisfarlo. Ci siamo rese conto che ogni fotografia, ogni modello, ogni paesaggio ha racchiuso in sé un mondo intero: un mondo fatto di luci, fantasia, e un pizzico di follia.

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Con questa nuova rubrica desideriamo trasportare nel reale il fantastico che alcune foto ci hanno trasmesso, con la speranza che insieme a noi anche voi possiate trovare quel momento di libertĂ di cui tanto adesso sentiamo la mancanza.

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ARTE AL FEMMINILE

Artemisia Gentileschi di Daniele Gulizia

S

iamo nel 1593, a Roma. In quegli anni (per la precisione in un lasso di tempo compreso tra il 1592 ed il 1594) nell’Urbe giunge Michelangelo Merisi, meglio noto come il Caravaggio. La sua ascesa nella scena artistica è rapida e folgorante. Forse un “punto di non ritorno” nella storia dell’arte: porta nella pittura delle innovazioni di incredibile portata. Proprio in questa città, nei suoi primi anni di attività riscuote un grande successo e molti pittori ne rimangono profondamente colpiti. Tra questi vi è Orazio Gentileschi, che in breve tempo porterà nella sua pittura lo stile del Caravaggio. In quell’anno, il 1593, nasce sua figlia Artemisia Gentileschi, anch’ella destinata alla pittura, anch’ella destinata ad una vicenda umana piuttosto “accidentata”, come la storica dell’arte Mina Gregori definisce quella di Caravaggio. Forse Orazio non sapeva che sarebbe stata destinata ad essere un astro nella pittura Italia del Seicento o forse è proprio il primo che intravede nel suo precoce talento i numeri per una possibile carriera artistica. Quello che sappiamo è che la istruisce al mestiere del pittore, insegnandole prima a fabbricarsi colori e materiali e poi la tecnica pittorica. Artemisia ha modo di coltivare la sua dote, cresce in un ambiente -la bottega del padrefrequentato da vari artisti che all’epoca operavano a Roma (sappiamo che anche lo stesso Caravaggio vi giunse, anche se è improbabile un contatto diretto con Artemisia) e respira il fervente clima artistico-culturale che animava la città papale in quel secolo. È una donna fortunata, bisogna ricordare che a

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quel tempo alle donne non era concesso nemmeno di frequentare le accademie. Purtroppo, nel maggio del 1611, quando ha appena 18 anni, la sua vita subisce un tracollo ed è vittima di un evento che la segnerà indelebilmente per tutta la vita: lo stupro da parte di Agostino Tassi, pittore anch’egli, abilissimo nello prospettiva e collaboratore del padre che aveva deciso di portare Artemisia proprio sotto la sua ala (affinché fosse iniziata alla prospettiva) Costui era effettivamente conosciuto come un uomo iroso e violento, mandante di diversi omicidi, ciononostante Orazio doveva avere una grande stima di lui. Nel 1611, entrato nello studio di Orazio, approfittando della temporanea assenza dell’artista, ne violenta la figlia Artemisia. Le vicende che si accavallano dopo questo tragico avvenimento sono numerose e contorte, ma, alla fine, Orazio denunciò l’accaduto ed ebbe inizio una vicenda giudiziaria che mise in luce tutta la forza d’animo della giovanissima Artemisia, profondamente colpita e umiliata dall’accaduto, ma animata da un violento desiderio di rivalsa. Durante il processo Artemisia fu sottoposta a delle torture umilianti per dimostrare la veridicità delle sue affermazioni e in queste rischiò quasi di perdere l’uso delle dita, ma alla fine ottenne la vittoria. Il Tassi fu riconosciuto colpevole e condannato ad un esilio che, tuttavia, non scontò mai. Tormentata dall’avvenimento e dal processo, dopo essersi sposata, nel 1612 Artemisia lasciò Roma per dirigersi a Firenze, dove, finalmente, la sua carriera artistica sbocciò, e dove vide venirle riconosciuto tutto il talento che possedeva. Quivi entrò in contatto con la corte


medicea e pure con il nipote di Michelangelo, Michelangelo Buonarroti il giovane, sotto la committenza del quale affrescò la volta di casa buonarroti con una raffinata “allegoria dell’inclinazione” (oggi visibile con le coperture eseguite successivamente da Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano). Nel 1616 il coronamento del successo che aveva riscosso: fu la prima donna, nella storia, ad essere ammessa in questa città all’accademia del disegno, altissima dimostrazione della sua qualità pittorica,

Giuditta ed Oloferne (versione fiorentina del 1620 circa)

talmente alta da superare perfino i pregiudizi del tempo. Purtroppo ben presto I rapporti con la città si deteriorano e attorno al 1619 Artemisia sentì l’impulso di tornare nuovamente a Roma, sebbene non perse mai i contatti con quella città, Firenze, che tanto le aveva riconosciuto come artista. A Roma Artemisia visse da Artista, ormai perfettamente inserita in quel clima così ricco dal punto di vista artistico e culturale. La sua

vita proseguì tra continui spostamenti, talvolta al seguito del padre Orazio: si spostò a Genova, Venezia, Napoli, persino a Londra (insieme al padre) e a Roma tornò in varie occasioni ma con sempre più pulsante il marchio dello stupro che aveva subito. Le malelingue col tempo aumentarono e costrinsero Artemisia, quella gloriosa pittrice che aveva ottenuto successo ed onori, ad assistere ad un progressivo declino della sua fama, in una società che vedeva le donne vittime di violenze come “donne dai facili costumi” e, finì col morire povera e scarsamente considerata. Tanto si è detto e scritto su di lei, tanti movimenti femministi, per esempio, hanno utilizzato il suo nome per avvalorare le loro battaglie. Cosa REALMENTE sia stata Artemisia , questo è un mistero che si è portata con sé in tomba. Quello che ha rappresentato invece, non solo una realtà artistica da guardare con ammirazione ma anche un esempio umano. Della sua opera si ammira, oltre che l’abilità con cui ha saputo rendere propri gli stilemi caravaggeschi, traducendoli in una pittura di straordinaria qualità, anche la tematica costante che l’ha percorsa, testimonianza della tragica vicenda della quale fu vittima. Se si considera per esempio un’opera come “la Giuditta ed Oloferne” (della quale esistono due versioni, una a Napoli ed una a Firenze) queste cose sono chiare. Non c’è, infatti, solo il forte naturalismo e i forti contrasti luce ed ombra di matrice Caravaggesca, ma c’è anche l’emergere della personalità e del vissuto di Artemisia che colpiscono in modo straordinariamente potente allo spettatore. Siamo lontani dalla rappresentazione della scena che Caravaggio diede attorno al 1597, con una Giuditta scossa e quasi terrorizzata dal gesto che stava compiendo, la Giuditta della Gentileschi è fiera, determinata, uccide Oloferne come se fosse un animale da macello, con una freddezza che lascia sconvolti. Oloferne è colto in un ultimo spasimo di vita, cristallizzato in un inefficace gesto di difesa: è completamente impotente, Giuditta domina 23


l’intera la scena con tutto il suo impeto. È una donna che dentro di sé deve avvertire tutto quel desiderio di rivalsa nei confronti dell’uomo che anche Artemisia sentiva pulsante, dopo lo stupro del 1611. La figura della donna attraversa tutta la produzione della Gentileschi, c’è la fiera e vittoriosa Giuditta, la terribile eroina biblica Giaele che con immane ferocia uccide Sisara, c’è una Lucrezia che si uccide, dopo la v i o l e n z a d i Ta r q u i n i o , p e r l ’ o n o r e offeso ....insomma tutto un mondo femminile che emerge con tutta le sue sfaccettature

umane ed emotive, che Artemisia indaga con grandissima abilità. Alla fine di tutto, la Gentileschi ha avuto un ruolo eminente nella storia, non solo dell’arte del Seicento, ma anche in quella della nostra società, tra le prime donne ad affermarsi con grinta e a dar sfoggio di una pittura potente, passionale ed evocativa laddove solo agli uomini era concesso di emergere.

Confronto tra Giuditta di Caravaggio e Giuditta di Artemisia Gentileschi (versione esposta al Museo di Capo di Monte di Napoli) 24


LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ABORTO di Alessia Muça e La Franca Proprio in questo periodo si sta riaccendendo a livello mondiale il dibattito sul diritto all'aborto (dibattito in realtà mai spento, ma solo oscurato dai media col pretesto di notizie più interessanti""e meno, come dire, delicato"" a livello morale e politico). Come molti avranno sentito, la Polonia sta vivendo una situazione abbastanza movimentata: poche settimane fa, infatti, era stata presa la decisione da parte della Corte Costituzionale di eliminare la possibilità di abortire in caso di malformazione del feto (il paese infatti ha legalizzato questa procedura solo nel momento in cui si presentassero tre circostanze: 1- nel caso in cui la salute della donna fosse in pericolo; 2- nel caso la gravidanza fosse il risultato di uno stupro; 3- nel caso in cui il feto presentasse malformazioni); più di 100 mila persone hanno partecipato alla protesta avvenuta il 30 ottobre a Varsavia (e più di 150 mila successivamente in circa 400 città situate in tutto il paese) sostenendo il "diritto delle donne di scegliere riguardo al proprio corpo". Questa protesta, essendo stata una delle più grandi e rilevanti del paese dai tempi del crollo del socialismo ha portato molto scalpore, tanto che ancora oggi non è stata presa una decisione definitiva, anche se si pensa ad un annullamento dell’entrata' in vigore della nuova legge. Portando il tema a livello mondiale: in sei Paesi su dieci l’aborto volontario è considerato illegale o è soggetto a grandi limitazioni (quindi è consentito solo in casi estremi, come il pericolo di vita della donna, malformazione del feto o stupro). La situazione oggi in Italia invece qual è? Con la legge 194 entrata in vigore nel 1978 è stato stabilito che una donna potesse effettuare l’interruzione' volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni di gravidanza (entro il secondo trimestre se si tratta di un aborto terapeutico). Sì, l’aborto in Italia è tutelato dalla legge, o almeno questo è quello che c 'è scritto sulla carta; infatti circa il 70% dei medici si dichiara contrario a questa pratica, si tratta appunto dei cosiddetti "medici obiettori di coscienza", e il numero di medici può raggiungere addirittura il 90% in regioni come Trentino Alto Adige, Molise e Basilicata. Se a questi dati aggiungiamo anche la situazione di emergenza sanitaria che sta colpendo il Paese, la situazione diventa alquanto problematica; infatti a causa del Covid molti ospedali hanno ridotto gli accessi all’interruzione' volontaria di gravidanza, altri invece hanno sospeso o trasferito questo servizio. Come sappiamo ci sono ancora molti passi avanti da fare per garantire la sicurezza e la salute delle donne, poiché fermare legalmente il diritto all’aborto volontario, non fermerà la procedura, ma la renderà solo più pericolosa. Ogni anno gli aborti non sicuri causano circa 47 000 morti e 5 milioni di ricoveri ospedalieri (per complicazioni). 25


ARIA SOTTILE

di Irene Spalletti

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La Vetta del mondo Nel 1949 avvenne un cambiamento; il Nepal aprì finalmente i confini, proprio un anno prima che in Cina il nuovo regime comunista proibisse l’accesso al Tibet agli stranieri. Gli alpinisti decisi nell’impresa di scalare l’Everest dovettero perciò spostarsi sul versante meridionale della montagna. Fu il 1953 l’anno decisivo; a primavera, una grossa spedizione inglese tentò di raggiungere l’Everest dal Nepal. Il 28 maggio, dopo due mesi di sforzi, riuscirono a stabilire un campo sulla cresta sud-est, a circa 8.500 metri di altitudine. Il mattino seguente, di buon’ora, Edmund Hillary e Tenzing Norgay, si avviarono verso la vetta. L’ostacolo più decisivo che dovettero affrontare fu un risalto di roccia alto circa dodici metri, formato da roccia liscia e quasi priva di appigli. Hillary s’incuneò in una fessura tra la fortezza di roccia e un appicco di neve verticale alla sua estremità, poi cominciò a salire, centimetro per centimetro, su quello che in seguito sarebbe divenuto celebre come l’”Hillary Step”. Egli affermò in seguito:”riuscii finalmente ad issarmi sulla sommità della roccia, uscendo dalla fessura e sbucando su un’ampia cengia rocciosa. Per alcuni secondi restai disteso a riprendere fiato e per la prima volta sentii che ormai nulla avrebbe potuto impedirci di raggiungere la vetta. Poi mi alzai, piantando saldamente i piedi sulla cengia, per fare segno a Tenzing di salire. Mentre tendevo la corda con vigore, Tenzing riuscì a risalire la fessura e infine si accasciò esausto in cima, come un pesce gigante appena tirato fuori dal mare dopo una lotta terribile.” I due scalatori continuarono a risalire la cresta verso la cima e poco dopo mezzogiorno del 29 maggio 1953, divennero i primi uomini al mondo ad aver raggiunto la cima del monte Everest. L’informazione venne trasmessa dall’Everest tramite un messaggio radio e il “Times” di Londra lo annunciò la mattina del 2 giugno, alla vigilia dell’incoronazione della regina Elisabetta. La notizia ebbe un enorme impatto; gli inglesi, che si stavano riprendendo dalla seconda guerra mondiale e dovevano scontrarsi con la perdita di un grande impero, si erano convinti che l’ascesa al trono della regina fosse il segno di un nuovo inizio. Il giorno dell’incoronazione, 2 giugno 1953, doveva simboleggiare speranza e gioia ed esprimere il sentimento di lealtà patriottica degli inglesi. In più, quel giorno giungeva in concomitanza con la notizia che una squadra di alpinisti inglesi era riuscita finalmente a conquistare il “tetto del mondo”. Quest’evento suscitò negli inglesi orgoglio, patriottismo, nostalgia del passato, speranza in un futuro rinnovato. Hillary divenne l’eroe degli inglesi; fu nominato baronetto dalla regina e nel giro di una notte, quell’apicoltore di Auckland dal viso tagliato con l’accetta si era trasformato in uno degli uomini più famosi della terra. Egual successo ebbe Tenzing, che divenne un eroe nazionale in Nepal e nel Tibet, che ne rivendicavano le origini. L’evento della scalata dell’Everest da parte di Hillary e Tenzing fu paragonato, in termini d’impatto, a quello del primo sbarco sulla luna. Appena dieci anni dopo, il 22 maggio 1963, Tom Hornbein, medico trentaduenne del Missouri, e Willi Unsoeld, trentaseienne insegnante di teologia dell’Oregon, raggiunsero la vetta dell’Everest passando dalla Cresta ovest, fino a quel momento mai tentata. La scalata di Hornbein e di Unsoeld fu accolta come una delle grandi imprese dell’alpinismo. Infatti, nonostante la vetta fosse ormai stata conquistata da undici uomini in tutto, la cresta ovest presentava difficoltà considerevolmente superiori alle altre vie aperte in precedenza. I due dovettero superare la così detta “fascia gialla”; fino a quel momento non era mai stata scalata una parete così impegnativa sul piano tecnico a un’altitudine così estrema e gli uomini, una volta sorpassata, dubitarono di riuscire a tornare indietro da quella parte senza danni, pianificando perciò di ridiscendere dalla via della cresta sud-est. Hornbein e Unsoeld raggiunsero la vetta al calar del sole e furono costretti a trascorrere la notte a 8530 metri, all’epoca il bivacco più alto della storia. Le dita di Unsoeld si congelarono e dovettero in seguito essere amputate, ma i due riuscirono a sopravvivere per riferire 27


MOBY DICK di Giovanni Cavalieri

Moby Dick è un romanzo scritto nel 1851 dallo scrittore americano Herman Melville.

TRAMA Il romanzo racconta la storia di Ismaele, un giovane marinaio che, dopo una lunga esperienza nella marina mercantile, decide di arruolarsi in una baleniera a Nantucket. Qui si imbarca sulla baleniera Pequod, al comando del Capitano Achab. Si tratta di un uomo burbero e fosco, inizialmente avvolto da un velo di mistero. Ismaele scopre che il vero scopo del viaggio è l’uccisione di Moby Dick, un vecchio capodoglio dalla pelle bianca che, anni prima, aveva portato via ad Achab una gamba. Da allora, il capitano aveva provato un forte desiderio di vendetta verso l’animale, che vuole catturare a tutti i costi. Il Pequod compie così un viaggio di un anno, navigando tra l’oceano Atlantico e il Pacifico, e l’equipaggio si dedica alla caccia alle balene, mentre Achab scruta il mare alla ricerca della Balena Bianca. Dopo mesi di navigazione, il Pequod avvista Moby Dick: comincia allora una caccia spietata, fatta di inseguimenti sulla superficie del mare e cacce estenuanti, che condurranno Achab e l’equipaggio del Pequod in uno scontro senza alcuna pietà contro la famigerata balena.

RECENSIONE L’opera di Melville tratta la lotta sempiterna tra l’uomo e la natura, simboleggiata dalla caccia alla balena bianca che Achab conduce ormai da anni. Il capitano del Pequod, infatti, è ossessionato dalla balena e non si preoccupa di sacrificare i suoi uomini, pur di uccidere il suo acerrimo nemico. Il desiderio di vendetta di Achab, così profondo da portarlo alla follia, riflette la determinazione dell’uomo a prevalere sulla natura. Ancora oggi, l’essere umano desidera prevalere sulle altre forme di vita, ritrovandosi però a subire la rivincita delle forze della natura. Herman Melville Infine, nel corso del romanzo Ismaele stringe un forte legame di amicizia con Queequeg, un ramponiere polinesiano che si fa subito notare per la sua stazza e il corpo coperto di tatuaggi. Nonostante la diffidenza iniziale, il ragazzo si mostra aperto verso Queequeg e prova una forte ammirazione nei suoi confronti. L’amicizia tra i due simboleggia così l’incontro tra culture diverse e dimostra che anche due persone provenienti da realtà differenti possono sviluppare reciprocamente un profondo legame di amicizia, nonostante le differenze. Pur essendo stato scritto quasi due secoli fa, Moby Dick si rivela essere uno spunto di riflessione su temi che attanagliano il nostro presente e una lettura entusiasmante, che non smette mai di appassionare il lettore. 28


I 400 COLPI (LES QUATRE CENTS COUPS) di Giovanni G. Gori I 400 colpi è un film del 1959, prima opera, a tratti autobiografica, di François Truffaut. Partiamo con una premessa: non fatevi ingannare dal titolo, in quanto nel film non c’è nessuna sparatoria: in francese deriva dall’espressione “Faire les quatre cents coups” che corrisponde al nostro italiano “fare il diavolo a quattro”…

TRAMA Protagonista del film è un ragazzino di 12 anni, di nome Antoine Doinel (un alter ego a t u t t o t o n d o d e l r e g i s t a Tr u ff a u t d a adolescente), che vive con la madre ed il patrigno, i quali non si prendono molta cura di lui e non ne capiscono le necessità, tipiche di un ragazzo che sta attraversando il periodo adolescenziale. Per sfuggire al suo disagio, Doinel ne combina di tutti i colori: marina la scuola con un suo amico, mente ai suoi e giunge addirittura a compiere un furto. Alla fine però i genitori si stancheranno delle birbonate del ragazzo…

RECENSIONE François Truffaut, uno dei nomi più in vista del Cinema francese e mondiale, al suo esordio cinematografico, tira fuori un capolavoro assoluto: poetico e malinconico, il film si dimostra coinvolgente sin dal primo fotogramma e gli attori sono tutti diretti in maniera impeccabile. Moltissimi Antoine Doinel esistono e sono sempre esistiti, tra cui, come già detto, anche lo stesso Truffaut. Un film che riesce sempre ad attirarti per come la regia da l’illusione di star assistendo a una vicenda reale ma con un tale tocco poetico che è impossibile non r i m a n e r n e meravigliati (soprattutto sul finale). 29


CONTATTI @i_giornalino I’Giornalino dell'Alberti Dante ilgiornalinoalbertidante@gmail.com


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