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L’UMANITÀ CONTAGIOSA DI EZIO BOSSO
In Italia il Maestro Bosso è diventato famoso solo di recente, ma in molti hanno potuto apprezzarne la carica vitale, oltre che l’arte a cura della redazione
carica energy oltre che as well as fino in fondo to the end andata in onda aired testamento testament poco più little more se l’è portato via carried him off direzione d’orchestra conducting successivamente later riconoscimenti awards si svolge (it) takes place scalano le classifiche climb the charts gareggiare compete viene colpito is hit (lit.) /diagnosed disagio discomfort subentrare to take his place carceri prisons linfa vitale life force suona plays
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ttimista fino in fondo: «Si rinasce nota per nota». In piena pandemia, in una delle sue ultime interviste andata in onda il 10 aprile al programma TV Propaganda Live, Ezio Bosso ha detto: «La normalità non esiste, esiste la natura e gli uomini hanno bisogno di stare vicini». L’arte e la musica «con dolcezza dovranno accompagnare quella che è la nostra natura», il tornare a essere vicini finito il periodo eccezionale, l’emergenza sanitaria. Parole che suonano come un testamento: poco più di un mese dopo, il 15 maggio, a Bologna, la malattia degenerativa con cui da anni combatteva se l’è portato via. Aveva 48 anni. «Pianista per caso», come lui stesso si è definito, la sua carriera comincia come solista in Francia a 16 anni, prima ancora di andare a studiare all’Accademia di Vienna contrabbasso, composizione e direzione d’orchestra. Collabora successivamente con le orchestre di mezzo mondo e riceve innumerevoli riconoscimenti. Nel 2016 conquista il grande pubblico italiano dal palco del teatro Ariston di Sanremo, dove si svolge il più popolare dei festival di musica leggera del nostro Paese. I
suoi dischi scalano le classifiche, portando la musica classica a gareggiare nelle vendite con la musica leggera. Nel 2011 viene colpito da una malattia neurodegenerativa che, come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), colpisce le cellule celebrali che controllano i movimenti e, nel 2019, a causa del deteriorarsi del suo “disagio” e dell’atrofia che gli colpisce le mani, annuncia che non suonerà più il pianoforte. Ma la musica no, non la abbandonerà mai e continuerà a comporre e dirigere fino alla fine. Dedica al Maestro Claudio Abbado, con cui aveva instaurato un profondo rapporto di amicizia oltre che musicale, il suo ultimo disco. E alla morte di Abbado, nel 2017, è per Bosso naturale subentrare alla guida di Mozart14, l’associazione creata da Abbado per portare la musica nei luoghi del dolore, le carceri, gli ospedali. La musica era la sua linfa vitale. «Senza la mia orchestra non ho un accesso al suono reale», ha confessato ad aprile durante il lockdown, «e anche il pubblico, con il suo silenzio, suona con noi. La musica è una terapia, per me anche personale, che in questo momento mi manca». E la solitudine forzata durante la pandemia gli è stata fatale, forse più della malattia. n