La Firenze che verrà Ipotesi per la città del futuro di Daniele Pasquini
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lla fine di marzo su un grattacielo di Santiago del Cile è comparsa una scritta: “Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema”. Opera di un collettivo artistico, è stata definita da tanti come il miglior proposito per la ripresa dalla crisi. Ma come ogni aforisma, dice la verità senza affrontare la complessità. Come cambierà Firenze dopo la pandemia? La città tornerà quella di prima, intatta nei pregi e nei difetti? Ora che lo status quo è saltato, è il momento di immaginare soluzioni per i problemi irrisolti. Cittadinanza, turismo e vivibilità sono tre termini connessi nel racconto della città. Nel 2019 Firenze ha avuto 11 milioni di presenze turistiche. Le bellezze artistiche generano ricchezza e opportunità di lavoro (“il nostro petrolio”), ma anche un modello urbanistico insostenibile. Si è arrestato l’andirivieni delle comitive ed emerge in tutta chiarezza quanto Firenze ne fosse dipendente. I detrattori del modello “DisneyLand del Rinascimento” avevano ragione: ma la crisi rende macabra ogni forma di esultanza. In città sono oltre 10.000 gli appartamenti destinati ad affitti turistici brevi, AirBnb e simili. È stato uno dei fenomeni che ha ridefinito i paradigmi del viaggio moderno, in città fa discutere da anni. Ora che per gli host è crollato il business è tempo di affrontare la questione: “Stiamo lavorando con i proprietari per una possibile riconversione” spiega Cecilia Del Re, Assessora a urbanistica, ambiente e turismo.
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“È iniziato un dialogo per incentivare la transizione verso nuove forme abitative, come affitti di medio-periodo per studenti e giovani lavoratori. Vogliamo riportare in centro uffici, servizi e attività produttive”. I flussi internazionali, stando alle previsioni del Centro Studi Turistici, non torneranno ai livelli pre-crisi prima di 2-3 anni. Per riparlare di overtourism servirà un bel po’. Ma d’altronde la parola chiave, prima della pandemia, era “delocalizzazione”: elaborare strategie per evitare che il turismo di massa saturasse il centro, offrire ai visitatori una proposta di itinerari nei comuni della Città Metropolitana e nei musei minori. Firenze ripartirà da qui? Dipende da come reagirà il comparto: il Comune nel 2019 ha ricavato circa 50 milioni di euro dalla tassa di soggiorno, il settore privato dà da mangiare a migliaia di persone. Il 20% delle attività, stando alle previsioni, potrebbe non rialzare il bandone. Operatori culturali, guide, artigiani, ristoratori. Per questi ultimi è difficile immaginare una ripartenza che garantisca il distanziamento, nuovo mantra di queste settimane. L’idea lanciata da Stefano Boeri di puntare su dehors e spazi all’aperto non convince del tutto Palazzo Vecchio, che immagina la concessione di suolo pubblico solo come una misura temporanea, anche per evitare il fiorire di “acquari” in stile Piazza Repubblica. E a proposito di vita quotidiana a distanza di sicurezza, bocciata la proposta dell’opposizione, che vorrebbe sospendere la ZTL per favorire l’uso dei mezzi personali ed evitare le calche su quelli pubblici. Al vaglio ci sono ipote-
si di mobilità alternativa, bike sharing in primis. Ma in una città, con tanti o pochi visitatori, il nodo cruciale resta quello della cittadinanza. Chi vivrà, e come, la Firenze di domani? “Questo tema va di pari passo con quello del diritto alla casa”, prosegue Cecilia Del Re. “Stiamo individuando alcuni immobili comunali. Fuori dal centro, come nel caso della Caserma Lupi di Toscana, o in centro, come la ex scuola carabinieri di Santa Maria Novella o le Poste di via Pietrapiana”. I progetti prevedono un piano di Edilizia Residenziale Pubblica, affitti calmierati, uffici. Un centro che riprenda a vivere di vita propria, non solo in funzione del turismo. Scriveva l’architetto Michelucci, che del Palazzo delle Poste fu progettista: “Io vorrei veder trasfigurato dalla vita quel che ho costruito. E quel che ho studiato come banca o come chiesa, ritrovarlo mercato o biblioteca o centro sociale, o quel che il tempo avesse deliberato”. È difficile dire come cambierà Firenze e come i suoi abitanti sapranno rispondere a questa crisi storica. Resta vero quanto scriveva Italo Calvino ne Le città invisibili: “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.
Un centro che riprenda a vivere di vita propria, non solo in funzione del turismo