MIA MAGAZINE
PICCOLO VIAGGIO IN VAL RESIA @mellun71
Tra tradizioni, fierezza, paesaggi incantati e panorami multicolore, in una delle valli più integre del FVG Testo a cura di Melania Lunazzi - foto di Daniele Buttolo, Marco Di Lenardo, Gabriele Pascutti
Panoramica della valle Raccolgo qualche foglia caduta e rimango in ascolto del Torrente Resia, che dà il nome alla valle e scorre verso Resiutta per poi gettarsi nel Fiume Fella a mischiarsi, limpido, al Tagliamento: un’acqua preziosa, tutta la vallata ne è ricca, anche nel ramo che sale a Sella Carnizza e scende verso Uccea. Sono partita a piedi da Stolvizza per seguire in discesa il Ta Lipa Pot, il facile sentiero ad anello che consente di esplorare una parte del fondovalle resiano, uno degli itinerari pensati per accogliere gli amanti delle passeggiate nello scenario naturale di questa valle appartata e, in qualche modo, nascosta. La Val Resia è una delle porte d’accesso alle Alpi Giulie: è da qui che i pionieri friulani dell’alpinismo a metà Ottocento hanno intrapreso le prime salite verso il Monte Canin, che con i suoi bastioni occidentali chiude e domina la vallata, lunga quasi venti chilometri nella sua estensione Ovest - Est. Un accesso sicuramente non semplice, quello al Canin da questo versante. Allora come oggi è da affrontare solo se si ha una certa esperienza, da Malga Coot e da Casera Canin in su accontentandosi, se si è neofiti, di guardare i ripidi pendii dal basso, come ho fatto io oggi, attraversando i boschi del fondovalle che cominciano a trascolorare con tutto il loro fascino. La bellezza, anche a fondovalle, non manca e non è un caso che in resiano Ta Lipa Pot significhi proprio “il bel sentiero”. Questo anello di dieci chilometri è adatto a tutti - ha anche una variante breve -, è facilmente individuabile, ben tracciato 70
e si può percorrere a piedi in quasi tutte le stagioni dell’anno, offrendo il giusto equilibrio tra ambiente naturale e antropizzazione. E poi il dislivello in salita è trascurabile, solo centocinquanta metri, e si fa senza fatica. Supero il Torrente Resia e gli stavoli della località Tu - w Loo, passo attraverso qualche campo adatto alla coltivazione per risalire di nuovo a Stolvizza, una delle cinque frazioni della valle. Qui le case conservano in gran parte ancora l’architettura originaria: la base rocciosa su cui poggiano le ha salvate dalla violenza del terremoto del 1976, che non ha risparmiato invece le abitazioni delle altre frazioni, rase al suolo e ricostruite con materiali e forme diversi. Mi fermo davanti al monumento all’arrotino, una grande lastra in bronzo che riproduce un arrotino al lavoro in sella alla bicicletta dotata di mola. Per decenni questo è stato il mestiere di molti resiani, che pedalavano per centinaia di chilometri affilando forbici, coltelli e altri strumenti della quotidianità. Dietro la bella chiesa del paese il Museo dell’arrotino li raccoglie e documenta l’attività di questi artigiani con belle immagini e documenti ed è uno dei segni distintivi dei resiani assieme ai balli, al carnevale, alla lingua e al pregiato e raro aglio. Di fronte al momunento, al Bar All’arrivo, ci sono diversi avventori e già dall’esterno si percepisce un’atmosfera cordiale, quella spontanea di una comunità coesa, saldamente ancorata alla propria terra e identità, ma pronta ad accogliere il visitatore con gioia.