Gennaio 2023

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Istruzione, un diritto di tutti

La scuola è il pilastro su cui costruire il futuro. Ma serve più lotta alla dispersione e all’abbandono

ANNIVERSARI

La Giornata della Memoria, perché ricordare è un dovere Per continuare a combattere l’ignoranza e l’odio razziale

ATTUALITÀ

Arriva “Città 30”, il manifesto per rendere i centri abitati più vivibili E promette un nuovo sistema di mobilità nelle aree urbane

ESTERO

Dopo dodici anni, Lula torna alla guida del Brasile La prima sfida da affrontare: il contrasto alla povertà

Il valore dell’esperienza | GENNAIO 2023 | Anno XLV - n.1 - € 2,50 I.P.
INCHIESTA

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Educazione diffusa: una risorsa per tutti Carlo Sangalli 5 Conoscere la storia per non ripetere gli errori Anna Maria Melloni 6

In questo numero

Periscopio, notizie dal mondo Dario De Felicis 18 L’anno che verrà Sadìa Maccari 20 Ricordando la Giornata della Memoria Anna Grazia Concilio 26 Intervista a Ilya Kaminsky Renato Minore 30 Centri urbani più vivibili con “Città 30” Ilaria Romano 32 I soldi fanno la felicità? Stefano Leoni 38

Il potere “positivo” dei rimpianti Linda Russo 40 Tecnologia e dintorni Valerio Maria Urru 42 Crespi D’Adda, il villaggio operaio Romina Vinci 60 Fisco Alessandra De Feo 76

36

Elezioni in Brasile: la vittoria di Lula

Dopo 12 anni torna alla presidenza del più grande Stato del Sudamerica di Leonardo Guzzo

Rubriche

45

Inchiesta: Istruzione, un diritto di tutti

La scuola, un pilastro su cui costruire il futuro di G. Vecchiotti, F. Andreani, L. Russo, A.G. Concilio, A. D’Agostino

Anno XLV - n. 1 - gennaio 2023

22

L’ORTO DOVE “RIPOSANO” I TRENI

Il Polo Museale dei Trasporti, un luogo dove ripercorrere la storia dei mezzi pubblici e immergersi nel verde di un orto urbano didattico.

58

LA BEFANA VIENE DA LONTANO

La storia, antichissima, dell’Epifania attinge ai riti di fertilità e al cambio delle stagioni. Passando per le contaminazioni Basso-medievali.

di G. Valdannini di A. Costalunga 66 di I. Romano

La forma delle nuvole

Gianrico e Giorgia Carofiglio 10 Il Terzo Tempo Lidia Ravera 12 Anni possibili Marco Trabucchi 14

Effetto Terra Francesca Santolini 16 Lettere al Direttore Giovanna Vecchiotti 98

CRESCERE CON LA SINDROME DI DOWN

Sono ancora troppo pochi i servizi dedicati agli adulti con questa disabilità. Ma aumenta la consapevolezza verso la loro condizione.

Sommario
2023 | www.spazio50.org 3
gennaio

Intervista

Luca Nannipieri

«Vi racconto la storia del complesso rapporto tra Napoleone e Canova» di Raffaello Carabini 63

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Amministrazione

Scienze

70

L’instabilità articolare Riconoscere il glaucoma 72

Quanto è importante una diagnosi rapida per limitare i danni all’occhio

Quali sono i segni che il corpo mostra quando sta soffrendo

di Alessandro Mascia di Giovanna Dall’Ongaro

Il pesoforma dopo i 50 anni a cura di Fond.U.Veronesi 74

Cultura e tempo libero

I Viaggi di 50&Più 80 Libri, Incontro con l’Autore, Consigliati da 50&Più, Arte, Teatro, Musica, Cinema 83 Vivere in Armonia 92 Giochi 94 Bacheca 95 Bazar 97

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EDUCAZIONE DIFFUSA: UNA RISORSA PER TUTTI

«Il 24 gennaio si celebra la Giornata Internazionale dell’Educazione istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e tema dell’inchiesta di questo numero di 50&Più. Una data che ci ricorda che educare e istruire gli adulti di domani è un dovere dell’intera collettività»

“Ministero dell’Educazione Nazionale”, “Ministero della Pubblica Istruzione”, “Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica”, “Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca” e dal 14 dicembre “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Sono le denominazioni che hanno segnato la storia del dicastero italiano che norma l’educazione scolastica, la formazione universitaria, la ricerca e molto altro.

Denominazioni che rispecchiano i valori delle varie epoche e i relativi obiettivi da raggiungere. Denominazioni che ci ricordano anche che educazione e istruzione sono due concetti diversi tra loro, ma strettamente correlati. Se il primo, infatti, si riferisce all’azione del condurre una persona verso un adeguato livello di maturità intellettuale e morale, il secondo fa riferimento al

«LA NOSTRA GENERAZIONE PUÒ FARE LA DIFFERENZA E “FARE RETE” AFFINCHÉ

I BAMBINI DI OGGI ABBIANO SEMPRE PIÙ POSSIBILITÀ DI FUTURO»

sapere e a quelle nozioni che costituiscono la base dell’educazione.

Come sappiamo, all’atto dell’istruire corrispondono principalmente le figure di insegnanti, educatori, catechisti, allenatori sportivi o maestri di musica. All’educazione di figli, nipoti, bambini piccoli e ragazzi, rispondono le famiglie, i genitori e i nonni. Noi nonni, in particolare, rivestiamo un ruolo privilegiato e al tempo stesso molto delicato. Con i figli, generalmente, siamo stati più rigidi ed esigenti ma con i nipoti il rapporto cambia. Ascoltiamo di più e soprattutto siamo più indulgenti, magari concedendo loro qualche strappo alla regola e lasciando che siano i genitori a dettare i limiti, i tempi e i modi. Quando diventiamo nonni resta il legame educativo con i nostri figli, ma cambia ovviamente il rapporto con loro e il nostro ruolo nella famiglia. Diventiamo la generazione più anziana, quella più saggia, alla quale è affidato il compito di tramandare i valori fami-

liari e i saperi acquisiti negli anni. Tramandare soprattutto con l’esempio, che resta la più alta espressione educativa anche nell’età d’argento. Come diceva Sant’Agostino: «Le parole insegnano, gli esempi trascinano». Oggi, poi, siamo anche la generazione che supporta il sistema famigliare con la cura dei nipoti, il sostegno economico e materiale e possiamo fare una grande differenza. D’altronde, come vedremo nell’inchiesta di questo mese, secondo i dati Istat, il tasso di abbandono scolastico in Italia è profondamente influenzato dalle condizioni socioeconomiche delle famiglie. Sembra, infatti, che l’abbandono precoce degli studi coinvolga ben il 22,7% dei giovani con genitori che hanno conseguito al massimo la licenza media e solo il 2,3% dei giovani con genitori laureati. A questo aspetto si sommano poi i tradizionali divari territoriali con un picco di quasi il 20% nelle Isole fino al 9,9% della zona Nord-Est.

È in questo scenario che la nostra generazione può fare la differenza e “fare rete” affinché i bambini di oggi abbiano sempre più possibilità di futuro.

È tra le maglie del complesso tessuto socioculturale del nostro Paese che i senior possono - e devono - inserirsi prendendosi cura di tutti quei nipoti reali e potenziali.

Ed è sempre una rilevazione dell’Istat a confermarci che è proprio la presenza dei pensionati all’interno di nuclei familiari “vulnerabili” che riduce sensibilmente l’esposizione al rischio povertà e, conseguentemente, al rischio di una vita più penalizzata che impatta anche sull’istruzione e sull’educazione. Così, lo scenario demografico che caratterizza l’Italia in cui, come ben sappiamo, la popolazione invecchia sempre di più e ci sono sempre meno bambini può essere analizzato da un’altra prospettiva. Quella dello scambio e del supporto intergenerazionale. Quella in cui l’educazione alla cura reciproca, nelle varie fasi della vita, può diventare il passaggio determinante per una società nuova e per un futuro più inclusivo.

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di Carlo Sangalli Presidente Nazionale 50&Più

Spazio alla redazione

Direttore editoriale 50&Più Anna Maria Melloni

CONOSCERE LA STORIA PER NON RIPETERE GLI ERRORI

Oggi, dopo un sanguinoso passato prossimo, la democrazia è a rischio. Contro tutti i regimi autoritari ancora vivi, l’unico antidoto è la Memoria e l’impegno civico

L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito la “Giornata della Memoria” nel 2005 per ricordare il 27 gennaio di settantotto anni fa, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono i prigionieri dal campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia. In quel complesso di edifici fu sterminato un milione di ebrei. La loro persecuzione, messa in atto dalla Germania nazista, era iniziata in nome dell’odio razziale. Sì, la “razza ebraica” veniva considerata una “razza a sé” che doveva essere estirpata. Il cieco odio tedesco, come una macchia d’olio, si è presto espanso, arrivando a colpire i rom, gli omosessuali, i disabili, i dissidenti politici. Per espiare colpe che non avevano, donne, uomini e bambini, venivano internati nei campi e uccisi nelle camere a gas. Quel regime autoritario ha lasciato dietro di sé una lunga scia di rabbia, di sangue, di dolore. Soprattutto, ha indignato il mondo intero. È solo passato recente o una ferocia che si manifesta ancora oggi sotto altre forme e con altri modelli? “La democrazia è a rischio. La sua sopravvivenza è messa in pericolo da un insieme di minacce e da una marea crescente di autoritarismo”. Queste parole introducono - e traducono - i dati raccolti dagli autori dell’Economist Intelligence Unit nel documento Democracy Index 2021. L’analisi si

basa su indicatori democratici, quali la rappresentatività del Governo, i diritti fondamentali, i controlli sul potere esecutivo, la partecipazione e il ruolo della società civile, l’imparzialità e la trasparenza dell’Amministrazione pubblica. Il testo analizza e conferisce a ciascuno dei 160 Stati un punteggio tenendo conto, anche, del tipo di regime: democrazie complete, democrazie imperfette, regimi ibridi, regimi autoritari. In quest’ultima categoria figurano 59 Paesi, con l’Afghanistan in fondo alla classifica. Nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a guerre civili, imposizioni, dittature. “In questo momento la democrazia è sotto attacco, sia letterale che figurato”, si legge nella quarta edizione del Global State of Democracy Report pubblicato nel 2022, che racconta anche un parallelismo con l’anno precedente, quello della pandemia, che aveva acuito ancora di più disparità economiche e sociali. E da “stagnazione” a “erosione” della democrazia il passo è stato breve. Lo dimostra la storia recente, lo raccontano le immagini del conflitto russo-ucraino, lo testimonia la rivolta in Iran. Secondo i dati di Iran Human Rights, a fine novembre 2022, si contavano 440 manifestanti uccisi, 18.059 manifestanti e 62 giornalisti incarcerati, 156 città coinvolte nelle proteste. Tutto questo

a soli due mesi dall’uccisione di Mahsa (Jina) Amini, perché all’età di 22 anni non portava il velo in modo corretto. Ed è così che le parole di Kevin Casas-Zamora, Segretario Generale, International IDEA (Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale), devono leggersi con ottimismo per tracciare una visione globale che parli il linguaggio del rispetto: «Ci sono quelli che, in questo momento, stanno chiedendo i diritti e le libertà che la democrazia promette con un immenso rischio personale. Il popolo ucraino sta resistendo alla brutale invasione russa, le donne in Iran si oppongono a una dittatura teocratica di 40 anni e il popolo del Myanmar si rifiuta di accettare un ritorno al governo militare. Stanno dimostrando oltre ogni dubbio che l’autodeterminazione, la libertà e la democrazia sono aspirazioni universali. Molti di loro stanno pagando il prezzo più alto per queste aspirazioni. Molti di loro non avranno altra tomba che la nostra memoria. Dobbiamo ricordare ogni giorno le loro lotte, impegnare il nostro fermo sostegno alla loro causa e rendere il nostro lavoro degno del loro sacrificio». Memoria, lotta e impegno civico. Per non dimenticare, per non lasciare che la storia si ripeta.

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con la fotografia internazionale di Robert Capa:
al
di Rovigo.
366 istantanee, selezionate dagli
che ripercorrono
la carriera del
fotografo,
ROBERT CAPA L’OPERA 1932-1954 Appuntamento
L’Opera 1932-1954, in mostra
Palazzo Roverella
Ben
archivi dell’agenzia Magnum Photos,
tutta
grande
famoso per i suoi scatti coraggiosi e gli iconici reportages.
© Robert Capa © International Center of Photography / Magnum Photos PALAZZO ROVERELLA, ROVIGO FINO AL 29 GENNAIO

La forma delle nuvole Un padre e una figlia osservano il mondo

Siamo, involontariamente, vittime di pregiudizi. Molte volte ci facciamo confondere dall’aspetto fisico gradevole e non riusciamo ad essere obiettivi con i meriti e le competenze altrui. Un problema ancor più importante quando si tratta di preconcetti di genere

IL GRANDE INGANNO DELLA BELLEZZA

Sapete cos’è l’«effetto alone»? Non è il titolo di un seminario per venditori di detersivi. È una categoria sociologica che si può descrivere così: se una persona ha una qualità positiva molto evidente, questa influenza il modo in cui la persona è percepita dal prossimo. Per esempio i belli vengono di regola considerati anche intelligenti, sensibili e spiritosi. La questione non è accademica, e soprattutto non è innocua. Numerose ricerche hanno accertato che in un processo, l’imputato viene giudicato in modo più favorevole se è attraente. I belli vengono assolti molto più facilmente e, se condannati, ricevono pene più miti. I testimoni e le testimoni attraenti e curati nell’aspetto vengono ritenuti più credibili; quelli trasandati e meno attraenti vengono guardati con maggior diffidenza. I candidati politici hanno più probabilità di vincere le elezioni se sono fisicamente attraenti e hanno una voce piacevole. Ma funziona anche al contrario. Le persone intelligenti in media sono considerate più belle, con un’interessante precisazione. I partecipanti di uno studio dovevano giudicare, solo sulla base di fotografie, le doti intellettuali e l’aspetto fisico di uomini e donne che venivano loro mostrati. I maschi risultavano più attraenti quando venivano percepiti anche co-

me intelligenti, mentre per le donne l’intelligenza sembrava non avere un impatto né positivo né negativo. L’effetto alone non riguarda solo l’aspetto delle persone. Anni fa un gruppo di psicologi realizzò un esperimento: gli stessi compiti di esame furono scritti in doppia copia e consegnati a due gruppi di esaminatori. La prima copia era in bella grafia, la seconda no. La media dei voti assegnati ai compiti in bella grafia fu molto più alta rispetto a quella dei voti assegnati ai compiti scritti con una grafia poco elegante o sciatta, questo anche se a tutti gli esaminatori era stato raccomandato di non tenerne conto e di concentrarsi solo sul contenuto degli elaborati. La morale della storia sembra essere che, nel dubbio, è sempre meglio scrivere al computer.

Una versione diversa dell’esperimento ha avuto esiti più preoccupanti. Gli stessi temi furono presentati con firme maschili a un primo gruppo di esaminatori e con firme femminili a un secondo gruppo. Gli elaborati con firme maschili ottennero sempre voti più alti. L’effetto alone è un pericoloso vettore dei nostri pregiudizi.

Un altro esperimento ancora ha dimostrato come persino gli scienziati, che in teoria dovrebbero essere più immuni dai condizionamenti emotivi, siano soggetti a grossolani errori, vittime quanto tutti noi dei propri

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di Gianrico e Giorgia Carofiglio

preconcetti. Alcuni articoli scritti da importanti ricercatori e pubblicati da prestigiose riviste scientifiche furono copiati, con leggere modifiche, e inviati di nuovo alle stesse riviste con nomi di ricercatori sconosciuti. Gli articoli erano gli stessi, le riviste erano le stesse, però, nella stragrande maggioranza, furono respinti. Non perché qualcuno si fosse accorto che erano già stati pubblicati, ma perché furono considerati scientificamente mediocri. In generale, non siamo bravi a determinare la competenza di chi abbiamo davanti o la qualità oggettiva di un lavoro, una mancanza che non ha necessariamente a che fare con la poca esperienza sul campo. Un esempio incredibile viene dal mondo dell’editoria. Nel 1969 il romanzo Steps di Jerzy Kosinski - rispettato scrittore

americano di origine polacca - vinse uno dei più importanti premi letterari americani e ricevette grandi elogi dalla critica. Otto anni più tardi, un tizio in vena di scherzi ricopiò a macchina il romanzo e spedì il manoscritto - come fosse un inedito, con un titolo diverso e sotto un nome falso - ad alcune delle più conosciute agenzie letterarie americane e a quattordici case editrici, inclusa quella che a suo tempo aveva dato alle stampe l’originale. Nessuno si accorse dell’inganno - dovevano tutti soffrire di cattiva memoria - e il manoscritto venne giudicato inadatto alla pubblicazione. È capitato anche in Italia, quando una scrittrice si è voluta divertire mettendo in piedi un’analoga burla. Si è rivolta a una sedicente agenzia letteraria che offre - a pagamentol’editing, cioè la revisione, di romanzi

e racconti. Ha pagato la somma richiesta e ha inviato un racconto che, qualche tempo dopo, le è stato restituito con annotazioni critiche, correzioni, modifiche. Il giudizio complessivo non era favorevole: il testo era descritto come acerbo, poco letterario, carente di stile. Peccato che si trattasse di un racconto piuttosto famoso e celebrato di Dino Buzzati. Notizie non rassicuranti per i non belli, per quelli con una cattiva grafia, per le donne, per i ricercatori sconosciuti e per gli aspiranti scrittori in cerca di un editore. A questi ultimi conviene ricordare l’insegnamento di Somerset Maugham. Lo scrittore inglese era solito dire che ci sono tre regole infallibili cui attenersi per scrivere un romanzo di grande successo. Sfortunatamente - aggiungeva - nessuno sa quali siano.

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IL FASCINO OLTRE OGNI STEREOTIPO

La bellezza autentica sta nell’accettarsi per quello che si è, senza chirurgia, diete aggressive e senza pregiudizi sull’età. È questo il messaggio, semplice e forte al tempo stesso, che deve passare attraverso tutte le generazioni

Mi è capitato, anni fa, di aprire un noto quotidiano e vedere, su due pagine: il viso bello, intenso, sorridente e ironico di una donna molto anziana. Accanto: due caselle da sbarrare come in un sondaggio. La domanda era: “rugosa” o “radiosa”? Seguiva uno slogan che prometteva una rivoluzione culturale: “Per una bellezza autentica”.

L’intento era e resta onorevole: incoraggiare le donne ad accettare il proprio corpo, smettendo di digiunare per rassomigliare alle fotomodelle. La campagna era e resta necessaria: lotta ad anoressia e bulimia, contro i disordini alimentari. In un angolo c’era un piccolo logo grazioso: la sagoma di una colomba bianca, simbolo di pace. È di un noto marchio di prodotti per l’igiene personale che commercializza anche un sapone e certe creme. Prodotti di cosmesi soft. Un manifesto pubblicitario, certo, ma da sottoscrivere con entusiasmo riga per riga. Cito dall’incipit: “Siamo convinte

che la bellezza autentica si manifesti in forme, taglie, colori, età diverse e pensiamo che sia arrivato il momento di raccontare al mondo il nostro modo di essere uniche”. La donna che mi ha telefonato chiedendomi di aderire all’iniziativa, invece del consueto paziente grugnito che riservo a chiamate analoghe, ha ricevuto un grido di giubilo. Certo che firmo, a parte i manifesti contro la guerra e quello contro il femminicidio, mai nessun proclama mi è parso così urgente utile e sacrosanto. Vorrei stamparlo sulle magliette, sventolarlo sulle bandiere, inciderlo sulla corteccia degli alberi, dipingerlo sui fianchi dei vagoni dei treni. Tanto entusiasmo, inatteso, ha ammutolito la committenza. “Allora grazie, signora, se ci manda per fax una liberatoria, sa, così possiamo usare il suo nome, senza limiti”. Ho mandato il fax, con firma autografa. E ho finito di leggere: “pensiamo che ogni centimetro del nostro corpo, dai piedi alla cima dei capelli, meriti meno critiche e più amore... Davanti allo specchio

vogliamo sorridere con complicità e allegria, alle nostre rughe…”. Invece di farci tagliare e riposizionare la pelle del viso dal chirurgo? Oh, sì, sì, certo. Che Dio vi benedica, signore che avete promosso questa campagna pubblicitaria, chiunque voi siate. Voi che vi siete prese il disturbo di intervistare 3.200 donne in 10 Paesi diversi, di chiedere loro che relazione avevano con il loro aspetto, scoprendo

www.spazio50.org | gennaio 2023 12 Il TERZO tempo

PARLIAMONE...

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che soltanto il 2% si sente bella, tutte le altre si sentono uno schifo. Voi che avete varato un Progetto Mondiale, per promuovere “l’autostima” fra le appartenenti al genere più decantato e disprezzato, condizionato e svalutato, quello femminile. Voi che vi siete riproposte di stendere un “manifesto per la bellezza sostenibile”. Cioè: niente bisturi, niente diete da fame, niente cioccolatini di nascosto da te stessa

che poi ti gonfiano come un pallone, basta con la scelta di celebrare dieci volte il cinquantesimo, compleanno per non attingere mai agli odiati sessanta, basta ansia di mettere al pizzo la bellezza perché sedici anni li hai una volta sola nella vita e, dopo, la nostra società pedofila e senescente comincia a non adorarti più tanto; fine del silicone, perché le labbra non devono per forza essere cusci-

netti pneumatici e le tette, anche se non le hai, campi lo stesso, fine della mortalità da liposuzione, fine della coazione a nascondere il codice fiscale perché da lì (oddio, oddio) aggiungi 19 al numerino iniziale e sanno in che anno sei nata… Benedetta questa casa produttrice: dovesse pure nascondere una saponetta, un contorno occhi (per i lettori maschi: si tratta di una crema che promette e non mantiene), un lucida-polsi (questa me la sono inventata io)… è il messaggio inoltrato quello che conta. Un messaggio realistico: noi non si fa miracoli, con i prodotti cosmetici o igienici, voi, lavorando sulla vostra coscienza, potete farli. Potete invecchiare senza ansia, essere belle ciascuna a modo suo, essere persone e non cose, vestirvi e svestirvi a gusto vostro. È un incoraggiamento a sentirsi soggetti più che oggetti. A innamorarsi più che a far innamorare. A godere dell’ammirare, più che dell’essere ammirata.

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Anni possibili

L’INVERNO E IL FREDDO SONO MONDI POSSIBILI

Gennaio è il mese più freddo, un tempo dal quale le persone tendono a difendersi restando in casa, indossando indumenti pesanti. In linea con quanto indicato dal titolo della rubrica il freddo non deve limitare gli spazi della vita, a

qualsiasi età. Ecco alcune semplici indicazioni. Uscire di casa è un dovere indipendentemente dalle condizioni atmosferiche; la pigrizia, la poltrona, in generale la scarsa attività fisica tra le mura domestiche sono una condizione che non favorisce il man -

tenimento della salute; se, infatti, il freddo affrontato senza adeguate protezioni può provocare una patologia respiratoria, la scarsa attività è invece dannosa per il cuore, i muscoli, il cervello… Quindi è indispensabile e possibile uscire, con coperture adeguate alla temperatura esterna e alle condizioni atmosferiche. In questi anni, peraltro, con l’aumento delle temperature non è necessario uscire con tre strati di maglie o simili, come viene descritto nelle vignette del passato. È ovvio che, qualsiasi siano le scelte, ogni cittadino anziano deve essersi premunito con la vaccinazione antinfluenzale, sulla cui importanza tutti sono convinti, senza le incertezze che hanno accompagnato la vaccinazione anti Covid. Inoltre, nei mesi freddi è necessaria un’alimentazione adeguata, considerando che il freddo e l’azione per contrastarlo fanno consumare energie che vanno recuperate attraverso un’alimentazione ricca.

www.spazio50.org | gennaio 2023 14

Inoltre, le uscite di casa non devono essere di “quattro passi”, ma in linea con le passeggiate che si fanno nei mesi meno freddi. E quindi anche le attività di contorno devono essere continuate, come quella di andare a fare i piccoli acquisti, vicino a casa, o di prendere un caffè assieme ad amici e conoscenti.

Nella gran parte del nostro Paese, però, non sono comuni i caffè con i tavolini, luoghi di incontro nei lunghi pomeriggi d’inverno, come si usa in altri Paesi o in alcune delle nostre città, specialmente al nord. Qualcuno non trova più i negozi vicini a casa e si deve rivolgere ai supermercati, luoghi spesso troppo affollati e poco accoglienti per chi non è più giovane. Ma anche per chi resta a casa è importante non pensare solo al riposo e al caldo. Indipendentemente dall’attuale crisi energetica, in casa si può mantenere una temperatura di 21 gradi, con un buon livello di umidità. L’eccesso di caldo è infatti sempre dannoso; inoltre, vi è rischio di disidratazione, una condizione pericolosa sia per le vie respiratorie sia per il sistema cardiovascolare. La casa non deve diventare la “prigione invernale”; si deve essere pronti all’accoglienza, con libertà, in modo che anche amici e conoscenti si sentano indotti a muoversi per uno scambio di viste. L’inverno, se vissuto in questo modo, è un momento piacevole, che interrompe la sequenza di stagioni con la stessa temperatura: a chi

piacerebbe vivere con una temperatura costante, senza nessuna variazione della natura, delle luci, dei colori? È quindi necessario accettare quello che il tempo fornisce; anche le giornate di pioggia possono diventare momenti piacevoli, se siamo in grado di guardarle con l’occhio curioso di chi coglie riflessi, rumori, situazioni inedite. Non deve essere il periodo dell’attesa della primavera, ma goduto per quello che offre. Una volta c’era la retorica della neve, certamente una condizione piacevole, ma che non è mai stata diffusa in pianura; oggi è praticamente scomparsa, per cui rimane solo nei quadri, nei manifesti, in tutto quanto sta intorno al Natale. Una visione romantica, ma non più vivibile.

Le considerazioni sopra riportate indicano una “vita possibile” per chi è vecchio, anche quando il tempo sembra poco favorevole. Sono regole alle quali ci si può adeguare; ma sono soprattutto le uniche regole che permettono di vivere bene, di conservare la salute, per non accelerare i processi di invecchiamento. Se i mesi freddi fossero mesi persi rispetto alla possibilità di costruire il futuro, la nostra vita si abbrevierebbe… Bastano queste considerazioni per non lasciare incertezze su come condurre la nostra vita invernale!

PARLIAMONE...

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La stagione più fredda dell’anno può essere vissuta, come le altre, in modo piacevole. Uscendo all’aria aperta ma anche invitando qualcuno a casa, per godere una sana amicizia nel tepore domestico

IN NOME DELL’ECOLOGIA

Teppisti, vandali, “gretini”, nella migliore delle ipotesi. È così che la maggior parte dell’opinione pubblica considera i nuovi attivisti climatici: giovani, giovanissimi, che in ogni parte del mondo organizzano blitz e proteste in nome dell’ambiente.

Azioni come scalare gli ottantaquattro metri del ponte Elisabeth II a Londra, bloccare decine di strade con le mani incollate sull’asfalto, spruzzare vernice arancione sui vetri di una concessionaria Aston Martin.

Fin qui sembravano bravate fastidiose ma “innocue”, poi però è cominciata l’escalation e alcune di queste proteste hanno fatto il giro del mondo: il lancio della zuppa sul vetro che protegge i Girasoli di Vincent Van Gogh alla National Gallery di Londra, la torta sulla statua di cera di Re Carlo III al Madame

www.spazio50.org | gennaio 2023 16 Effetto Terra
di Francesca Santolini

Tussauds, e poi la salsa di pomodoro sulla Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, il purè di patate contro Les Meules di Monet, il passato di verdure lanciato su Il Seminatore di Van Gogh in mostra nella Capitale. Praticamente ogni giorno è segnato da un’azione del movimento Just Stop Oil, una coalizione di attivisti ambientali che, dalla scorsa primavera, nel Regno Unito, si batte contro ogni nuovo progetto di sfruttamento dell’energia fossile. Tra i finanziatori di questo movimento ci sono anche degli insospettabili.

L’urgenza climatica è infatti la nuova battaglia di Aileen Getty, nipote del magnate del petrolio americano J. Paul Getty. La donna applaude i militanti del collettivo Just Stop Oil che moltiplicano le azioni spettaco-

lari nei musei: «Un allarme che ci fa uscire dallo status quo», dichiarandosi fiera di finanziare il Climate Emergency Fund. Un’organizzazione che ha cofondato nel 2019 e che ha distribuito più di quattro milioni di dollari a movimenti come Extinction Rebellion e Just Stop Oil. Il modus operandi è stato lanciato in tutto il mondo nel 2018 da Extinction Rebellion, ripreso dai tedeschi Laetze Generation (“rivolta dell’ultima generazione”) e dai francesi Last Renovation, quest’ultima all’origine dell’interruzione di due tappe del Giro di Francia e dell’irruzione di un attivista al Roland-Garros. L’ecologismo ha sempre utilizzato modalità d’azione non convenzionali, anche forme più radicali. La “deep ecology”, l’ecologia profonda, nasce nel 1973 dal filosofo norvegese Arne Naess in netta contrapposizione con la “shallow ecology” - l’ecologia superficiale - e presuppone un cambiamento nei valori di base. Non semplicemente un riformismo tecnico in virtù di una maggiore efficienza delle società occidentali, ma una critica a tutto campo del rapporto uomo-natura a partire dai principi dell’ecologia, la necessità di norme d’azione che guidino un cambiamento profondo nella società.

Dunque, i movimenti attuali non rappresentano una rottura rispetto ai loro predecessori: sono in un rapporto di continuità con essi, ma con un’escalation di intensità.

«Vale di più la vita o l’arte?», ha do-

mandato l’attivista ventenne Phoebe Plummer, prima di lanciare la zuppa sulla celebre opera di Van Gogh.

Una forma di militanza consapevolmente impopolare, che non attira certamente simpatie ma irritazione quando non sdegno. Molti considerano queste azioni controproducenti da un duplice punto di vista, politico e mediatico, ma se quella zuppa di pomodoro fosse stata gettata contro una raffineria di petrolio chi ne avrebbe parlato?

Comportamenti che fanno discutere, ma che forse nascondono l’esasperazione di una generazione che non riesce a capacitarsi dell’incredibile sfasamento che esiste tra i continui allarmi lanciati dalle agenzie internazionali e i comportamenti degli Stati.

In questa tragica asimmetria tra un pianeta che oramai sembra perduto e l’incapacità delle nazioni di ascoltarsi, si trova la spiegazione dei gesti dimostrativi, che molti ritengono giustamente sgradevoli, ma che dovrebbero farci aprire gli occhi sulla irreversibilità della situazione verso la quale ci stiamo ostinatamente dirigendo.

PARLIAMONE...

Chi volesse scrivere a Francesca Santolini può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

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«Il “terreno di battaglia” degli ecologisti si sposta su un nuovo piano, con azioni e dimostrazioni forti e spesso impopolari. Ma sono disposti a tutto pur di rendere pubblico il problema ambientale»

Periscopio

INSETTI E CAVALLETTE, IL CIBO DEL FUTURO

A voler essere gentili, se a un occidentale venisse offerto un piatto di grilli fritti con contorno di larve lesse, probabilmente rifiuterebbe la proposta con un po’ di scetticismo. Ma se vogliamo essere più realisti, allontanerebbe il piatto con un disgusto piuttosto accentuato. E non avrebbe motivo, visto che non conoscendo il sapore non può dire di non apprezzare la pietanza. La cultura alimentare del mondo occidentale, infatti, non comprende nel menu coleotteri, larve o piccoli insetti perché storicamente non c’è mai stata necessità di mangiarli. Eppure, il consumo di insetti è già largamente diffuso in Africa, Asia e Sud America; non solo perché questi animali sono una buona alternativa per soddisfare il fabbisogno alimentare di popolazioni in crescita, ma anche perché hanno valori nutrizionali di tutto rispetto. Inoltre - e questa è la vera novità - qualcuno si è accorto che il sapore non è neppure tanto male, anzi assomiglia a molti cibi “normali”, come carni bianche e pollo fritto. Quindi, niente disgusto. La popolazione mondiale aumenta e la scarsità di cibo diventa un problema sempre più urgente;

per questo l’Unione Europea ha recentemente adottato una procedura di autorizzazione (Reg. UE 2015/2283) per le nuove sostanze alimentari, chiamate “novel food”, tra cui sono inclusi anche gli insetti. Va detto che mentre in Italia, al momento, non è autorizzato l’uso alimentare di nessun tipo di insetto, in altri Stati europei la commercializzazione è stata ammessa in regime transitorio. Anzi, sono nate già le prime startup pronte a cogliere questo nuovo business. Come la compagnia belga Green Kow, che è stata la prima in Europa ad offrire prodotti contenenti insetti da distribuire nei negozi, oppure, in Francia, siti internet come Insectes comestibles e La boutique insolite, che offrono snack a base di insetto. Gli affari di questo nuovo mercato non stanno andando neppure male, dato che in fondo oltre ad essere un alimento sostenibile ed economico gli insetti sono anche molto nutrienti. Basta guardare il confronto tra il contenuto proteico di locuste e cavallette (che varia dal 18 al 32%), quello dei grilli (dall’8 al 25%) e quello della carne di vitello, che è intorno al 22%. Nel mondo, attualmente, già si consumano oltre 1.900 specie di insetti e, soprattutto in paesi come Cina e Indonesia, gli operatori del settore alimentare stanno imparando che è possibile una nuova cucina, con nuove ricette e nuovi sapori. Probabilmente, passerà ancora del tempo prima che sulle nostre tavole appaiano pietanze a base di grilli, cavallette e tarme delle farina. Ma almeno avremo la possibilità di assaggiare quello che per molti è il cibo del futuro.

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DUE ISOLE, DUE MONDI

Nonostante siano distanti tra loro solo 3,8 chilometri, le due Isole Diomede hanno una differenza di fuso orario di 21 ore. Le Isole, formate da “Big Diomede”, di proprietà della Russia, e “Little Diomede”, di proprietà degli Stati Uniti, proprio per questo curioso fenomeno sono soprannominate “Tomorrow and Yesterday Island” (l’Isola di Ieri e di Domani).

www.newsdelivers.com

CHE OCCHI GRANDI!

Gli occhi più grandi del regno animale appartengono al calamaro gigante e al calamaro colossale. I loro bulbi oculari possono variare tra i 30,5 centimetri (circa la dimensione di una testa umana o un piatto da portata) e i 50 centimetri. Occhi così grandi sono fondamentali per muoversi nella debolissima luce degli abissi marini.

www.rivistanatura.com

LA GRANDE ERUZIONE

Dopo 38 anni, nel mese di novembre 2022 si è risvegliato il più grande vulcano attivo del mondo: il Mauna Loa, che fa parte dell’arcipelago delle Hawaii. L’ultima spettacolare eruzione del Mauna Loa risale al marzo e all’aprile del 1984, con flussi di lava che sono arrivati a 8 km dalla città di Hilo.

www.ilpost.it

A PROPOSITO DI...

NUMERI DA RECORD

In giro per il mondo

LA “VERA” STORIA DI BARBIE

La bambola Barbie ha una vera e propria biografia, inventata dalla Mattel, la sua casa produttrice. Il nome completo è Barbara Millicent Roberts, di Willows, Wisconsin; è nata il 9 marzo 1959 ed ha frequentato la High School di Willows e poi l’International High School di New York. Il suo primo lavoro è stato quella di modella.

www.barbiemedia.com

LA LINGUA COME CARTA DI IDENTITÀ

Si chiama Monte Augusto, situato nell’entroterra australiano, e nonostante il nome non è un monte ma la roccia più grande del mondo, essendo alta più di 2.300 piedi.

La conformazione della lingua, come le impronte digitali, è differente da persona a persona al punto da essere unica per ciascun individuo. Non solo. La lingua è il muscolo più forte di tutto il corpo, poiché si trova sempre in allenamento, in quanto viene usata costantemente per parlare, mangiare e deglutire.

www.radiopuntonuovo.it

SE LA PELLE È COME IL PELO

IL MINI ACQUARIO

L’acquario più piccolo del mondo è stato creato dall’artista russo Anatoly Konenko. È “grande” come una moneta, eppure ospita acqua, alghe e pesci veri.

GLI ALBERI PIÙ ALTI

Da un piccolo seme può nascere un grande albero; talvolta però può nascere anche un albero gigante, che può vivere per migliaia di anni. Alcuni di questi colossi della natura sono diventati delle vere attrazioni turistiche. Una curiosità: la maggior parte di questi giganti si trova in California, negli Stati Uniti.

THE HYPERION 115,61 mt (circa 1.260 anni)

HELIOS 114,58 mt (circa 2.040 anni)

ICARUS 113,14 mt (circa 2.000 anni)

STRATOSPHERE GIANT 113,11 mt (circa 1.500 anni)

La tigre è cacciata dai bracconieri per la sua pelliccia, pregiata per via delle strisce nere ed arancioni. Molti non sanno, però, che oltre al pelo anche la loro pelle presenta quelle stesse striature.

www.curiositadalmondo.it

MONTAGNE CHE CRESCONO

Molti geologi sono convinti che un tempo i monti Appalachi, negli USA, fossero alti quanto l’Himalaya, ma a causa della pioggia costante e dell’erosione del vento si sono ridotti. Al contrario, invece, le montagne himalayane del Nepal, per la tettonica delle placche, stanno crescendo di 1.98 cm l’anno.

www.quora.com

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LA “ROCCIA-MONTAGNA”

Società

L’ANNO NUOVO, UNA SFIDA DA AFFRONTARE COL SORRISO

Il nuovo anno è un campanello. Trilla a indicarci che qualcosa è cambiato. Spesso, in maniera impercettibile; talvolta, no. Di certo segna un passaggio, un momento di transizione che ciascuno di noi affronta in maniera diversa: chi quasi come fosse una routine, chi come un traguardo, chi, ancora, carico di aspettative; altri, senza battere ciglio. Eppure, questo nuovo anno, si è aperto senza un fardello che ci ha accompagnati almeno pesantemente per due: quello della pandemia da Covid. È da qui che siamo partiti con la professoressa Susanna Pallini, psicologo clinico specialista in Psicoterapia cognitivo comportamentale nonché professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo all’Università

degli Studi Roma Tre. «Chiaramente abbiamo avuto una serie di contingenze, tra cui Covid, guerra e difficoltà occupazionali, che hanno delineato uno scenario di incertezza che ha reso difficile prefigurarsi il futuro e quindi c’è una tendenza molto spiccata a vivere il presente», ci ha detto. Un segnale ambivalente che non può di certo essere ignorato. Al netto delle migliori prospettive, infatti, un’incognita c’è ed è proprio nelle parole della stessa professoressa. «Questo stare nel presente - ci dice ancora - cui le contingenze ci hanno portato, non ci ha messi nelle condizioni di saper sempre cogliere il presente e assaporarlo. È come se, anche una volta distanti dall’emergenza, tendessimo a continuare ad affrontare la vita so-

lo nel quotidiano». In pratica, come se fossimo costantemente di fronte a una sfida, con un peso da sopportare e gestire ogni giorno.

Una tara, dunque, su quest’anno appena cominciato ma che può invece trasformarsi in una utile premessa. La consapevolezza di ciò da cui tutti noi partiamo può, incredibilmente, aiutarci appunto a trasformare la salita in un lievissimo pendio. Essere consci del fatto che veniamo - tutti - da una periodo assai complicato può renderci più indulgenti verso noi stessi e aperti verso il prossimo. «A prescindere da quale età noi si abbia, occorrerebbe avere uno sguardo veggente e contemplante», ci dice ancora Pallini utilizzando una formula mutuata dalla filosofia. Il che vale a dire: «In questo nuovo anno - come in ogni anno nuovo che verrà - occorre conservare la disposizione ad avere uno sguardo capace di progettualità, di proiezione sul futuro: il cosiddetto sguardo veggente. Nello stesso tempo non va perso il cosiddetto sguardo contemplante, che è ciò che ci rende capaci di cogliere il positivo della vita. Nei Paesi occidentali, in cui la vita è qualitativamente migliore che in tanta parte del mondo, dovremmo

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avere la capacità di individuare ciò di cui poter essere grati». Una promessa a noi stessi, prima di tutto, che - specie nelle prime pagine di questo nuovo diario delle buone intenzioni -, non possiamo non scrivere. Che si sia appunto giovani o meno. Tanto più che il transito ad un nuovo anno ci accomuna un po’ tutti. «Le aspettative di vita sempre più lunghe - afferma la docente - ci impongono di riconsiderare in maniera attenta il nostro rapporto con il tempo. Intanto - è bene precisarlo - anche nell’invecchiare qualcosa è cambiato», e ci spiega come la categoria di anziano sia ormai quasi una scatola vuota. «Ormai si parla di “anziani giovani” e “anziani anziani”. Fino a un po’ di tempo fa le fasi della vita descrivevano l’età anziana con la fase finale della stessa. Adesso, sia per l’aumento appunto della speranza di vita sia per l’allungamento dell’attività lavorativa, c’è una categoria di anziani giovani che in realtà conduce una vita caratterizzata da uno stile e da impegni molto più vicini al mondo giovanile. Poi ci sono i cosiddetti “anziani anziani” - una popolazione anziana che si avvia anche per i cento - le cui esistenze, come psicologo ma anche come persona appartenente al consesso umano, vorremmo fossero ancora e tanto dense di significato». Ci spiega infatti Pallini quanto dare significato alla propria esistenza porti beneficio agli anni che viviamo. «Se una persona percepisce che la propria vita non ha significato, sicuramente avrà una maggiore tendenza depressiva. La depressione è inversamente proporzionale al significato che noi diamo all’esistenza». Ecco perché, specie al debutto di un nuovo anno, occorre farci caso: cambiare, se necessario, prospettiva. «Sa l’aforisma che ci vuole un villaggio per crescere un bambino? - continua la docente di Roma Tre -. Ecco, io

Uno sguardo al passato pieno di gratitudine e uno rivolto alle opportunità del futuro, sempre con la consapevolezza di essere fortunati: a tutte le età. Così dovremmo affrontare il 2023, un anno ancora tutto da costruire

credo che ci voglia anche un villaggio per potersi mettere in connessione con gli “anziani anziani”. Va riconosciuto - e c’è l’occasione di un nuovo anno - valore alla relazione con queste persone. È una scommessa educativa il cui beneficio non è solo a favore dei senior. Oggi i giovani si sentono sempre più inutili - non c’è lavoro per tutti - e allora è importante che colgano, invece, le necessità sociali che ci sono e una necessità sociale è quella degli anziani». Bisogno di spazi e riconoscimento, dunque, che invece che dividere possono avvicinare. L’anno nuovo è perciò un’opportunità per tutti e la gestione del cambiamento peculiare per ciascuno di noi. «Alle persone molto in là con gli anni, quelle che magari autolimitandosi sono rimaste chiuse nelle loro case il 31 andando a letto alle otto e mezzo di sera, mi sento di dire che occorre passare dalla condizione di attesa, di cristallizzazione della loro vita per rientrare in una modalità dinamica in cui valorizzare le relazioni interper-

FUTURO

sonali e rendersi conto che, anche in un’età molto avanzata, si può dare qualche cosa all’altro e si può ricevere qualche cosa dall’altro. Agli “anziani giovani” posso invece dire che non dobbiamo sempre stare a guardare a nuovi scenari, ma cercare di entrare in una fase in cui cominciare a godere delle conquiste che abbiamo fatto nel corso della nostra vita. Non correte troppo in avanti per scongiurare la paura della morte, ma fermiamoci per poter assaporare la vita».

Alla fine della nostra conversazione comprendiamo - tanto più con la premessa di questo nuovo anno - quanto sia prezioso fermarsi e guardare il proprio passato e il proprio presente conservando però una speranza sul futuro. «C’è ancora molto che ci aspetta - conclude la professoressa Pallini. Auguro a tutti, specie ai senior, di riconquistarsi una dimensione temporale in cui, nella nostra consapevolezza, ci siano tutti e tre gli aspetti: il passato, il presente, il futuro”.

PASSATO

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UN LABORATORIO TRA PASSATO, PIANTE E TRENI

A Roma c’è un luogo, gestito da un gruppo di over 50, che permette di fare un vero viaggio nella storia dei trasporti. Si passa dentro treni, scompartimenti, tra modellini e ricostruzioni. Con un orto “didattico” a disposizione delle scolaresche che visitano il Museo

L’ingresso è a due passi dalla Piramide, dove il trenino collega Roma con Ostia, il suo quartiere sul mare. È qui che ha luogo un prezioso quanto raro esperimento in cui avviene la saldatura tra futuro e passato. Si tratta di un museo - il Polo Museale dei Trasporti Astral - dove gli over 50 si sono assunti un incarico di responsabilità: la trasmissione della memoria.

«Il nostro compito come over 50, che abbiamo la memoria di com’erano questi treni - ci dice Caterina Isabella, presidente del Comitato in difesa del Polo Museale dei Trasporti -, è quello di trasmettere questa memoria ai più giovani». E come ci spiega lei, la storia di questa posto è una storia quasi ventennale che, complice la pandemia, ha rischiato di scomparire. «Questo polo - ricorda - è na-

Società
di Giada Valdannini

to nel 2004, in occasione della Notte Bianca. All’interno ci sono tutte vetture che sono state recuperate nei depositi di Atac. Si tratta di mezzi che erano in stato di abbandono, destinati all’oblio. Nel 2004 furono restaurati e trasportati nottetempo in questa sede che si è trasformata in una piazza non solo per il territorio ma per l’intera città. Un luogo di incontro gratuito per tutti i cittadini. Solo che - aggiunge - con la pandemia, il posto è stato ingiustificatamente chiuso e così è nato un Comitato di venti associazioni, che qui realizzavano laboratori con le scuole, che ne chiedeva la riapertura». Un comitato composto integralmente da volontari over 50 che, negli anni, hanno portato avan-

E qui, l’altra particolarità. Anche lo stesso orto bio, che si trova all’interno del polo, è gestito da persone in là con gli anni. A farci strada tra piantine di spezie è infatti Antonio Mergiotti, presidente del Centro anziani Ostiense, che ci mostra con orgoglio tutto ciò che ha piantato. «Questo è un orto che potrebbe definirsi didattico perché qui, ogni anno, vengono tanti bambini delle scuole romane che arrivano per visitare il polo museale e rimangono affascinati dall’orto nel quale li faccio anche seminare, raccogliere e piantumare». Un lavoro di squadra, dunque, che è potuto ripartire «grazie alla sensibilità della nuova azienda che gestisce questo posto - Astral Spa - che ha deciso per

riaperto i battenti e al suo interno si è riversata buona parte della città. «Alcuni di noi - continua la presidente del Comitato - questi mezzi se li ricordano bene. La nostra idea è quella di far ridiventare questo posto un luogo comunitario perché la storia del trasporto è la storia della città che racconta anche come talune tratte siano state dismesse per effetto del cambiamento: laddove i cittadini avevano ormai auto o si spostavano col bus, il trasporto su ferro è stato abbandonato per fare spazio al trasporto gommato».

È così che, grazie a lei, ci immergiamo in un autentico viaggio nel tempo - lo stesso che le scolaresche fanno con i loro insegnanti. «Oltre al laboratorio di orto urbano che viene fatto dagli anziani che parlano con

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Massaggi

Società

le generazioni, noi proponiamo anche un laboratorio di modellismo perché in pochi sanno che, negli anni Cinquanta e fino ai Settanta, il modellismo era una pratica familiare, un modo per i genitori di giocare coi loro figli. E che entusiasmo quando i bambini vedono il nostro plastico!». Si tratta di una grossa riproduzione che occupa addirittura un’intera stanza, costruita negli anni Cinquanta dall’ingegner Urbinati che, all’epoca, era direttore di Atac, l’azienda pubblica del trasporto romano. Non una ricostruzione a caso - apprendiamo da Caterina - ma la rappresentazione della Stazione di Osilo, in Sardegna, dove, accanto al tracciato della strada ferrata, c’era addirittura una centrale idroelettrica: una novità assoluta in questo plastico donato da Urbinati ad Atac. Ma non è tutto. «L’altra curiosità è che ogni singolo elemento è costruito con materiale riciclato, a partire dai tetti realizzati col cartone dei biscotti, eccetto binari e trenini che, invece, erano prodotti dalla ditta Rivarossi». Ecco perché Caterina e gli altri volontari lo curano con grande attenzione: è un pezzo unico. In più - come è evidente - racconta di temi ancora adesso estremamente attuali come fonti rinnovabili, energia e riuso.

Ma il bello arriva anche mentre attraversiamo locomotive e scompartimenti. «Questa - spiega Caterina davanti a una vettura davvero affascinante - è chiamata La Prima Donna. Si trattava di un treno molto amato da tutti i romani perché bellissimo: fungeva da collegamento con Cinecittà. Fu al centro di una pellicola storica come Bellissima di Luchino

Visconti, con protagonista Anna Magnani. Era molto frequentato, ma sapete qual è la curiosità? I romani lo prendevano sì per andare a Cinecittà, ma mica per fare gli attori: Cinecittà era diventata la fabbrica di Roma dove erano richiesti molti mestieri: parrucchieri, sartine, idraulici, falegnami. Quindi era il treno che portava al lavoro moltissimi romani”.

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«Il nostro compito come over 50 - che abbiamo ricordo di come erano questi treni - è quello di trasmettere questa memoria ai più giovani»

«QUEI NUMERI SULLA PELLE DI MIO PADRE, LA SPINTA PER TENERE VIVA LA MEMORIA»

Perché l’orrore dell’Olocausto non si ripeta più è necessario ribadire la sua Memoria, nelle parole e nelle testimonianze di chi, quella storia, l’ha vissuta sulla propria pelle. Con un marchio indelebile

«Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango, che non conosce pace, che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno». Sono le parole di Primo Levi, sopravvissuto all’orrore dei campi, che raccontano, dalle pagine di Se questo è un uomo, quel periodo buio e doloroso della storia: lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento. Sei milioni di uomini e donne morirono ad Auschwitz, Treblinka 2, Belzec, Sobibor, Chelmo e altri. Sei milioni. Eppure “calcolare

www.spazio50.org | gennaio 2023 26 Anniversari
di Anna Grazia Concilio

il numero esatto di persone che morirono come conseguenza delle politiche naziste è un’impresa impossibile. Non esiste alcun documento che riporti con esattezza il numero delle vittime. Per calcolare con precisione il numero totale di perdite umane, gli studiosi, le agenzie governative e le organizzazioni ebraiche hanno contato, fin dal 1940, su diversi dati, inclusi i censimenti, gli archivi tedeschi e dei paesi dell’asse, e indagini compiute dopo la guerra”, si legge sull’Enciclopedia dell’Olocausto. Per non dimenticare il genocidio più feroce della storia, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito, il 27 gennaio, la “Giornata delle Memoria”, per ricordare quel giorno del 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concen-

tramento di Auschwitz. Gli ebrei sopravvissuti poterono provare a ricominciare a vivere, a tornare nei ghetti - ora “liberati” - dove il regime nazifascista li aveva confinati. Tra le strade del ghetto ebraico di Roma, il più antico al mondo, sono ancora forti i simboli di quell’orrore. A cominciare dalle “pietre di inciampo” - collocate anche in altre zone della città e del resto d’Italia - che ricordano le vittime della Shoah: sampietrini di ottone che indicano un nome, un cognome, la data della deportazione e quella dell’assassinio, posizionate davanti al portone di casa. Una targa ricorda poi il rastrellamento del 16 ottobre del ’43, quando, nonostante la comunità ebraica avesse raccolto la quantità di oro chiesta dal comandante della Gestapo per evitare un’altra deportazione, le SS nel giorno di Succot - la festa delle Capanne - catturarono 1.259 persone (uomini, donne e bambini): di loro solo 16 tornarono vive dai campi. In via del Portico d’Ottavia si trova la Fondazione Museo della Shoah, voluta dall’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni e dal Comitato promotore del progetto Museo della Shoah, costituitosi alla fine del 2006. A Mario Venezia, presidente della Fondazione e

figlio di Shlomo Venezia, sopravvissuto all’Olocausto e scomparso nel 2012, abbiamo chiesto la storia di quegli anni e i progetti futuri.

Un numero tatuato sul braccio di suo padre ha avviato la sua curiosità. Come ha scoperto l’orrore subìto?

Noi figli, fin da piccoli, vedevamo il tatuaggio sul braccio di nostro padre. Era una anomalia per quei tempi, i tatuaggi ancora non esistevano come ora. E questa anomalia ci faceva riflettere su quello che poteva essere successo ma non lo sapevamo. Non abbiamo avuto subito una spiegazione, perché eravamo bambini. La scoperta poi è stata graduale, è avvenuta nel corso del tempo. Alle scuole medie ci diedero da leggere un libro di Primo Levi e in quella occasione mi sono accorto che mio padre quei temi li conosceva abbastanza e ho cominciato a capire che lo riguardavano. Poi, da adulto, durante il primo viaggio della memoria con lui, organizzato dal Comune di Roma, ho iniziato a capirne di più. Suo padre è sopravvissuto a Auschwitz. Come ha fatto a ricominciare? Come ha ripreso in mano la sua vita?

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Anniversari

Ci sono voluti anni. Molto importante è stato il rapporto di unione con mia madre, una donna più giovane di lui con la quale ha costruito una famiglia. Questo, a mio avviso, è stato l’elemento di forza.

Per lungo tempo l’hanno taciuta, poi sono diventati testimoni di quell’orrore. Quando i sopravvissuti hanno deciso di iniziare a raccontare la loro storia?

Nel caso di mio padre, questo è avvenuto molti anni dopo. Lui non aveva raccontato niente a noi - che eravamo la sua famiglia - e nemmeno fuori. L’ha fatto dopo una manifestazione piuttosto violenta dei naziskin negli Anni ’90, che ha riguardato anche luoghi che mio padre era abituato a frequentare, il bar, il negozio degli amici. L’ostilità dei naziskin gli ha ingenerato il desiderio di reagire in qualche modo e ha aderito all’iniziativa della testimonianza. È partito tutto da lì. Come e se sono cambiate le sue scelte dal giorno in cui ha conosciuto la storia di suo padre? Ho conosciuto la storia di mio padre e quella di altri sopravvissuti un po’ per volta. Quando si ha davanti una visione complessiva e si vede l’impegno di persone così anziane - insieme a lui anche Liliana Segre - si rimane colpiti. Questo ha molto influito sulle mie scelte successive. Ho riflettuto sul fatto che se anche noi - che siamo famigliari dei sopravvissuti - abbiamo ricevuto una informazione così vaga, è necessario fare qualcosa affinché la storia si conosca nella sua interezza per comprenderla e per ragionare.

Nel 2008 nasce la Fondazione Museo della Shoah. Perché e quali obiettivi persegue?

Nel 2008 nasce su iniziativa dell’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni che voleva che Roma avesse il Museo della Shoah come le grandi capitali occidentali. Io ho iniziato a

occuparmene sette anni fa e ho pensato - raccogliendo anche il parere di altri - che oltre alla costruzione di un museo fosse importante anche la divulgazione scientifica e didattica.

Su questo abbiamo puntato molto. Organizziamo mostre, convegni, attività didattiche. Il 23 gennaio presentiamo il film su mio padre, Il Respiro di Shlomo, con la regia di Ruggero Gabbai e Marcello Pezzetti, prodotto dalla Fondazione, per il 24 abbiamo organizzato un incontro dedicato alle scuole con Edith Bruck, che coinvolge centomila studenti. Il 26 gennaio presentiamo la nostra mostra su alcuni campi di concentramento e le vicende che li hanno ricordati. Secondo lei, oggi, quella storia si può ripetere? Vede dei pericoli che la storia si possa ripetere in altre forme?

Le rispondo con una considerazione. Ricordiamo che Liliana Segre deve essere scortata per le minacce che riceve. Questo è un elemento significativo. Perché se una signora soprav-

vissuta di 92 anni che, non per sua scelta, deve girare con la scorta, ci deve far riflettere e ci basta per capire. Come si combatte l’ignoranza che genera l’odio razziale?

Con iniziative a tutto campo. È importante considerare che determinati elementi non sono acquisiti per sempre ma si rinforzano con il corso del tempo. Ci vogliono dedizione e impegno civico. Non c’è una ricetta già scritta da seguire, bisogna anche adeguarsi perché la realtà cambia. Con l’impegno di tutti non si debella il fenomeno ma si può ridurre.

I sopravvissuti rappresentano un patrimonio di inestimabile valore e ineguagliabile testimonianza. Quando non ci saranno più, secondo lei, come si potrà trasmettere la memoria?

Con l’impegno. Bisogna pensare che la società cambia, cambiano i modi di comunicare, le sensibilità dei ragazzi, le attenzioni del grande pubblico. È importante impegnarsi e non mollare mai.

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SCRIVERE, COME ANTIDOTO ALLA GUERRA

Non si può non pensare alla terribile guerra in Ucraina, leggendo Repubblica sorda, l’ultimo libro di Ilya Kaminsky pubblicato in Italia da La Nave di Teseo. Spari, posti di blocco, plotoni di esecuzione, elogi funebri, i capitoli scandiscono la storia della quotidianità durante la guerra, in un tempo indefinito e in una città immaginaria occupata da un esercito che, con violenza, prende il controllo della vita degli abitanti. Ilya Kaminsky (foto in alto) è un poeta ucraino, nato a Odessa nel 1977, sordo per una parotite a quattro anni, non udente fino a sedici anni. Di origine ebraica, vive negli Stati Uniti dove insegna. Lo incontriamo a L’Aquila, dove ha ricevuto il “Premio Letterario Internazionale BPER Banca Laudomia Bonanni”. Kaminsky, lei è cresciuto a Odessa e poi si è trasferito all’estero con la sua famiglia. Era difficile per una famiglia ebrea vivere in una città ucraina?

La mia famiglia è stata vittima di antisemitismo, sì. Mia madre riceveva lettere anonime al lavoro che dicevano che gli ebrei dovevano lasciare il Paese. Come tanti altri bambini ebrei, a scuola mi picchiavano. Alla porta di casa venne appiccato il fuoco. Erano i primi Anni ’90, un’epoca strana. Alcuni temevano nuovi pogrom. Allora i miei genitori decisero di andarsene. La mia è una delle tante storie di migliaia di ebrei che hanno lasciato l’Est europeo. La gente dice che l’Ucraina è cambiata a partire dagli Anni ’90.

Forse è vero. Non sono la persona migliore per giudicare. Mia madre non è mai voluta tornare. Alcune cose sono troppo difficili da perdonare. Lei però non si è mai distaccato completamente da queste radici cosi dolorose?

Ho degli amici lì, quindi torno tutte le estati. Odessa è la mia città. Lì mi sono innamorato per la prima volta. Lì ho scritto le mie prime poesie. Ciò che posso dire è questo: sì, l’Ucraina è un paese complicato, ma i Paesi complicati hanno tutto il diritto ad

Fuggire dalle persecuzioni, dall’odio, da un Paese non più accogliente. È questo quello che ha fatto il poeta ucraino Ilya Kaminsky con il suo ultimo libro “Repubblica sorda”, che è al tempo stesso un romanzo ed una raccolta poetica

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essere indipendenti, i Paesi complicati hanno tutto il diritto di non essere bombardati. Lanciare bombe sui civili è un crimine contro l’umanità. E ciò che la Russia di Putin sta facendo è un crimine contro l’umanità. Lei e i suoi genitori hanno lasciato il Paese quando aveva 16 anni. Chi sarebbe diventato se i suoi genitori fossero rimasti in Ucraina?

Rivedo il 1984, quando i bambini giocavano a fare la guerra: vedo una bambina di cinque anni fare un ronzio, fa finta di essere un elicottero che atterra facendosi spazio tra la folla al mercato del pesce. Poi c’è un altro elicottero. Entrambi volano basso, scrutano attraverso le finestre. Un elicottero immaginario vola in alto, sulla città, nell’aorta blu del cielo. Cosa ne sarebbe stato della mia famiglia se fossimo rimasti? I miei genitori sarebbero ancora vivi? Torno in Ucraina ogni anno. Sono tornato anche quest’estate, con la guerra. Cammino per le strade come se cercassi un eco, e qualcuno che lo emette: magari si tratta di un ragazzo ucraino che fissa un signore nordamericano scrivere queste pagine al computer?

Tutto ciò per dire: la guerra non è mai finita.

Quando ero piccolo: un fiume di rifugiati dalla Transnistria, come ho detto prima. Quando continuavo a tornare ad Odessa, in estate, negli ultimi otto anni, c’era sempre un fiume di rifugiati dal Donbas, e adesso sono gli abitanti di Odessa ad essere anche loro dei rifugiati; i miei zii, che vivono ancora ad Odessa, che non vogliono andarsene, mi scrivono per mail che c’è stata un’esplosione, un palazzo affianco al loro è stato bombardato. Il cimitero di Odessa, dove è sepolta mia nonna, anche quello è stato bombardato. Si, la guerra non è mai finita. Dopo l’inizio del conflitto, in primavera, Kiev è stata bombarda-

ta: un’amica di Kiev mi dice che passa notti intere nelle stazioni della metropolitana, che vengono usate come rifugi antibombe, recitando poesie a se stessa e quelli intorno a lei per non perdere la ragione. Quando è stanca comincia a tradurre quelle poesie in altre lingue, è solo un modo per andare avanti.

Una poesia, un romanzo, un libro illustrato. Repubblica sorda sembra combinare diversi generi. Prosa, poesia e linguaggio dei segni dovrebbero fondersi, giusto?

Un genere ibrido: succede quando si ha bisogno di dire qualcosa che non può essere detto diversamente, qualcosa per cui non si riesce a trovare un formato già pronto, ma che deve essere detto nonostante tutto.

E lei doveva scrivere i suoi versi così come li ha scritti?

Se sei un rifugiato, la tua situazione è più o meno questa: le categorie prestabilite non servono a ciò che vuoi dire: non sei in Ucraina, non sei in America, come si fa a smettere di essere un immigrato, pur avendo vissuto in un posto per più di vent’anni? Ecco cos’è il genere ibrido. E la cosa difficile con il genere ibrido è creare uno schema, un motivo, che sia valido sia per la tua parte russa-ucrai-

na-ebrea che per la tua parte americana che vive a nove miglia dal confine a San Diego. In fin dei conti: le poesie contengono informazioni, ma non riguardano quelle informazioni. Una poesia non riguarda un avvenimento; una poesia è un avvenimento. Il Paese distopico che ha immaginato nel suo libro, quanto è simile a quello attuale: città distrutte, guerra sul territorio, migliaia di morti e uno stato che è sotto gli occhi di tutto il mondo?

Temo che lei abbia risposto alla sua stessa domanda elencando i fatti che illustrano le immagini che si vedono nel libro e fuori dalla finestra. Tuttavia, non sta a me rispondere a questa domanda. I lettori sapranno la risposta.

E il lettore di una cosa è sicuro, comunque: Repubblica sorda, poema visionario e quasi distopico, è a suo modo una lettura impietosa e poetica del presente che si poteva immaginare e di un futuro enigmatico che ci sovrasta. E conferma la forza immaginativa e la poderosa tessitura linguistica di un poeta che già appare tra i più importanti dell’ultimo decennio, con una capacità davvero unica di leggere nelle pieghe e nelle contraddizioni della storia contemporanea.

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MANIFESTO PER CITTÀ 30: RIPENSARE LE STRADE A MISURA DI PERSONA

La proposta della Fondazione Luigi Guccione, insieme ad altre associazioni, è quella di creare quartieri con traffico moderato, recuperando intere zone, trasformandole in orti e parchi per restituirle ai cittadini. Ma per realizzare il progetto serve una revisione del Codice della Strada di Ilaria Romano

Gli ultimi dati dell’Associazione Sostenitori e amici della Polizia Stradale parlano chiaro: la media delle vittime di incidenti stradali nei fine settimana estivi è stata di 34 persone, per un totale di episodi gravi su strada, da giugno ad agosto, pari a 414. Di questi, 173 sono avvenuti senza il coinvolgimento di altri veicoli, circa il 42% del totale.

Fra i motivi più comuni, la distrazione, la stanchezza, l’uso di alcol e droghe, la velocità inadeguata.

Secondo l’Istat, nel 2021 le vittime della strada sono state 2.875, un numero che è cresciuto del 20% rispetto all’anno precedente, anche se in diminuzione rispetto al 2019. L’obiettivo di rendere le strade più sicure e portare a zero il numero degli incidenti gravi è ancora lontano, e per questo la Fondazione Luigi Guccione, insieme ad altre associazioni come Rete Vivinstrada e Legambien-

te, ha lanciato il “Manifesto per Città 30 e strade sicure e vitali”.

«Le zone 30 (dove i limiti di velocità sono di 30 km/h NdR) non sono risolutive, e infatti il nostro obiettivo è di cambiare il sistema della mobilità nelle aree urbane, dove si produce oltre il 50% delle vittime totali delle strade, soprattutto fra i soggetti più fragili, che siano pedoni o ciclisti - ha spiegato a 50&Più Giuseppe Guccione, presidente della Fondazione nata 25 anni fa, dopo la morte per incidente stradale di suo fratello Luigi -. In Italia abbiamo un tasso di occupazione del suolo pubblico spropositato, in termini di presenza delle automobili, spesso in sosta vietata, in seconde e terze file, con grave intralcio alla visibilità sugli attraversamenti pedonali».

Il “Manifesto per Città 30” quindi promuove anche nuovi stili di vita, non solo limiti di velocità: quali sono gli obiettivi?

Attualità
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Oggi le strade delle nostre città non sono sicure per due motivi: il rischio di incidenti anche gravi e il tasso di inquinamento che nel lungo termine incide comunque sulla salute e sulla mortalità. Gli obiettivi sono quelli di lavorare su entrambi gli aspetti, liberando alcune aree urbane dalla presenza massiccia delle macchine e, allo stesso tempo, avviare una riforma di queste zone con l’intento di restituirle ai cittadini, creando più verde pubblico, boschi, orti civici. Il modello è quello dell’urbanismo tattico, proposto dall’architetto Matteo Dondè, che ha già lavorato a Milano e in altre città italiane. L’intervento di sperimentazione di una zona 30 prevede di individuare un quartiere residenziale e realizzare un progetto su misura di moderazione del traffico, coinvolgendo i residenti nel percorso e mostrando loro come potrebbe cambiare in meglio la qualità della vita. Come si stanno muovendo gli

«Obiettivo del Manifesto è combattere la violenza stradale affinché le persone possano essere di nuovo al centro dello spazio pubblico»

altri Paesi in proposito?

In Germania 270 comuni hanno realizzato proprie delibere per ripensare gli spazi, le strade e i limiti e creare le proprie Città 30, mentre la Spagna ha istituito le Città 30 nel 2021 con un disegno di legge. L’esempio spagnolo più interessante, che personalmente ho avuto modo di conoscere, è quello di Pontevetra, dove il sindaco ha ideato un sistema che poi è stato applicato anche a Bogotà: si chiama “metro minuto” ed è un indicatore di distanza e tempi di percorrenza di alcuni itinerari della città con mezzi diversi. Così ha dimostrato che spesso l’auto non serve, e soprattutto non velocizza gli spostamenti. Poi ha costruito parcheggi a basso costo, resi gratuiti per i residenti, ai quali è comunque consentito il transito e la sosta breve nelle aree senza auto per le urgenze, il carico e scarico, il trasporto di anziani e disabili. Questa città ha azzerato il numero delle vittime di incidenti e ha acquisito anche 12mila abitanti in più negli ultimi anni. Insomma, il sistema funziona benissimo.

Cosa potrebbe fare l’Italia per seguire questi modelli virtuosi? Il nostro Governo potrebbe fare come quello spagnolo, ma anche gli enti locali possono utilizzare per progetti nuovi i fondi del Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale, gennaio

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da poco rifinanziato. Si potrebbe partire liberando alcune aree di sosta: pensate che nelle grandi città la maggior parte delle auto che occupano un parcheggio è ferma per il 95% del tempo, quindi prende uno spazio pubblico diventando, anche involontariamente, un pericolo. Serve poi una revisione del Codice della Strada, dove per leggere di tutela dei pedoni bisogna arrivare all’articolo 191. Potrebbe essere snellito per ricavarne 50, al massimo 60 articoli. Non basta l’inasprimento delle pene per i reati stradali, dobbiamo cambiare il modello di sviluppo della mobilità nel nostro Paese, mettendo al centro le persone, i più fragili, come i bambini che vanno a piedi e in bicicletta. Non si tratta di essere contro gli automobilisti, ma di avviare una trasformazione dei nostri spazi urbani in senso più democratico. Assistiamo quasi quotidianamente a tragedie sulla strada, basta guardare i dati degli incidenti nei fine settima-

na, diffusi puntualmente dall’Asaps: i giovani fino a 22 anni sono un terzo del totale dei feriti gravi, e in media ogni anno ci sono circa 270 vittime solo in questa fascia d’età. Ci sono zone come quelle intorno alle scuole che vanno necessariamente messe in sicurezza, per evitare che si ripetano le tragedie dovute alle auto che arrivano sin dentro agli istituti, e che a volte si sono spostate per tratte inferiori al chilometro. Cosa stiamo aspettando?

Un tema che avete ripreso nel “Manifesto per Città 30” è quello della tutela delle vittime: a che punto siamo su questo fronte, da quando come Fondazione vi eravate mossi con una raccolta firme per chiedere una legge in merito? Dopo cinque anni gli invalidi permanenti non vengono più assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale, eppure dovrebbe essere un dovere morale e civile farsene carico con la messa in

cantiere di una legge per l’assistenza alle vittime. Anche perché i fondi ci sono, dato che ogni anno vengono versati circa 2mila milioni di euro con il contributo della RCAuto allo Stato, poi trasferito alle Regioni. Lo abbiamo scoperto quando nel 2012 abbiamo richiesto al Ministero della Salute, al Ministero dell’Economia e Finanza e alle Regioni i dati delle entrate e delle uscite delle assicurazioni automobilistiche. Abbiamo dovuto fare un accesso agli atti per capire che ogni anno entravano nelle casse dello Stato 1.850 milioni di euro, ripartiti alle Regioni per la sanità, che è di loro competenza. L’emendamento per destinare una percentuale della RCAuto alle spese sanitarie risale al 1982, fu presentato alla Camera dall’allora deputata Rossana Rossanda, e venne approvato. Quindi da 40 anni abbiamo un fondo che potrebbe essere impiegato per l’assistenza alle vittime, ma di fatto questo non avviene.

Nel 2016 abbiamo anche organizzato una raccolta firme per la proposta di legge a riguardo, diffusa attraverso la piattaforma Change.org , raccogliendo più di 16mila adesioni, ma anche questo finora non è servito. Quali sono le iniziative che state portando avanti per promuovere il Manifesto?

Nel settembre scorso, in occasione della Settimana Europea della Mobilità, abbiamo presentato la rete “Cammina città Italia”, e attivato i contatti con le prime 14 città italiane, fra Nord e Sud, interessate a promuovere il “Manifesto per Città 30” e ad attuare un nuovo modello di sviluppo. L’idea è quella di mettere insieme realtà molto diverse fra loro che però abbiano questo obiettivo comune, e realizzare delle iniziative insieme per educare a un modello urbano differente, cercando di mediare fra le esigenze di tutti.

Attualità
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ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

Dopo dodici anni e due turni elettorali, Lula torna presidente del Brasile. Trova un Paese più povero, più isolato e più diviso. La sua prima missione sarà ritrovare la rotta

«Il Brasile è tornato». Con queste parole Luiz Inacio Lula da Silva ha celebrato la vittoria elettorale che gli ha fatto guadagnare il terzo mandato da presidente del Brasile. Ci sono voluti due turni: nel primo, lo scorso 2 ottobre, nessuno dei candidati era riuscito a raggiungere la maggioranza assoluta dei voti; al ballottaggio, il 30 ottobre, Lula ha bruciato sul filo di lana il presidente uscente, Jair Messias Bolsonaro, guadagnando il 50,9% dei consensi contro il 49,1% dell’avversario.

«Le elezioni sono state uno snodo fondamentale per la politica brasiliana - spiega Patricia Cavalcanti, già funzionario del Mercosur e oggi vicepresidente dell’organizzazione ambientalista Raiz Nova -. La scelta era tra la sopravvivenza della democrazia e la pericolosa deriva autoritaria avviata da Bolsonaro. L’ex presidente, lungi dall’esse-

re un semplice conservatore, ha incarnato le idee e la prassi politica di una destra estrema. A questo estremismo ha cercato di contrapporre l’immagine di un Lula comunista e per giunta corrotto: lo stesso Lula che il direttore della London School of Economics ha descritto come un candidato di centro-sinistra. Un moderato, insomma, che col tempo e l’esperienza ha raffinato la sua posizione politica di partenza, certamente più estrema. Malgrado la propaganda e la forte polarizzazione emersa in campagna elettorale, però, Lula è riuscito a spuntarla».

La vera sorpresa è stata la tenuta di Bolsonaro, che pur subissato di critiche per l’aumento della povertà e delle sperequazioni sociali e per l’odiosa aggressione al polmone verde dell’Amazzonia, è riuscito ad aggregare il consenso di quasi la metà dei brasiliani. «L’elettorato di Bolsonaro ha una composizione variegata - chiarisce Patricia Cavalcanti - con uno zoccolo duro di elettori che strizza l’occhio all’autoritarismo e comprende gli strati più razzisti della società brasiliana. Il razzismo in Brasile è un problema sottostimato: neri e indigeni, il 58% della popolazione, sono ancora soggetti a discriminazioni ed

Estero

esclusi di fatto dai posti di comando. Durante i suoi primi due mandati Lula aveva cercato di ovviare al problema istituendo un sistema di quote di rappresentanza, mentre Bolsonaro ha sostanzialmente assecondato il razzismo latente di una parte della popolazione bianca, così come la latente misoginia di una società ancora molto legata al mito del “macho”. Ma, al di là delle posizioni ideologiche, buona parte degli elettori di Bolsonaro è costituita semplicemente da conservatori spaventati dal presunto estremismo di Lula e dalla campagna diffamatoria che l’ha presentato come colpevole di corruzione nonostante sia stato prosciolto da ogni accusa».

Anche molti elettori di Lula, del resto, lo hanno scelto per impedire il bis di Bolsonaro e un’ulteriore involuzione autoritaria del Paese. «Il destino del Brasile, il quarto Stato più popoloso del mondo con i suoi 220 milioni di abitanti, non è irrilevante - riflette Cavalcanti -. E d’altronde il timore per le sorti della democrazia sotto Bolsonaro non era campato in aria. Anche dopo le elezioni il passaggio del potere a Lula non si è svolto in modo indolore. Militanti e ricchi imprenditori, fedelissimi del presidente e coalizzati intorno al figlio Edoardo Bolsonaro, membro del Congresso, hanno opposto resistenza all’esito elettorale (frutto, in Brasile,

di un sistema di voto tra i più rigorosi e trasparenti al mondo). Ma la Corte Suprema ha stroncato sul nascere ogni tentativo di insubordinazione, congelando i conti bancari di molti magnati ribelli e contenendo le proteste». Dal 31 ottobre, team incaricati dal presidente Lula hanno preso contatti con i tecnocrati in ogni ambito della politica governativa per programmare il nuovo corso. Secondo Patricia Cavalcanti, «la prima sfida di Lula riguarda la povertà. Trentadue milioni di brasiliani non riescono a nutrirsi in maniera soddisfacente, centoventi milioni nel complesso gravitano intorno alla soglia della miseria. Lula ha annunciato che rafforzerà l’Auxilio Brasil, il sostegno di 600 reais mensili (circa 100 euro) a favore dei meno abbienti istituito da Bolsonaro, ricostituirà il Consiglio nazionale per la sicurezza alimentare e la nutrizione, l’organo deputato al confronto tra i rappresentanti dei diversi settori della società e del governo soppresso nel 2019, e cercherà di restitu-

ire finanziamenti alla scuola pubblica e al sistema sanitario nazionale, gravemente compromesso da Bolsonaro. Per attuare i suoi piani il nuovo presidente deve necessariamente mediare con il Congresso, vero fulcro della politica brasiliana, in cui la coalizione progressista che lo sostiene è minoritaria. L’ago della bilancia, dentro l’assemblea, è costituito dai partiti centristi, privi di una precisa ideologia politica e per lo più orientati a un atteggiamento pratico, talvolta opportunistico. Lula dovrà convincerli, come Bolsonaro prima di lui, attraverso un negoziato spinoso e probabilmente costoso».

Un altro terreno insidioso è quello della politica estera, anche se la vittoria di Lula è stata salutata con messaggi calorosi dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, dal presidente francese Emmanuel Macron e da tutti i vertici dell’Unione Europea. «La sensazione - dice Patricia Cavalcanti - è che il Brasile tornerà ad essere parte attiva della comunità internazionale, come ha confermato, a novembre, la partecipazione alla conferenza sul clima di Sharm-el-Sheik. Il ritorno di Lula favorirà certamente il dialogo con gli altri Paesi dell’America Latina, anche se la retorica dell’onda rossa che avanza inesorabile nel continente è esagerata. Il più delle volte si tratta di un rosa pallido indossato da partiti moderatamente progressisti. Lula fa parte del club e deve sciogliere, proprio in politica estera, nodi importanti come quelli dei rapporti con Russia e Cina. Ma un punto è chiaro: il tempo della spocchiosa solitudine del Brasile è finito».

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Psicologia

I SOLDI FANNO LA FELICITÀ?

Chiudete gli occhi e chiedetevi: “quanti soldi mi servirebbero per essere felice?”, È la domanda a cui hanno cercato di rispondere alcuni studiosi dell’Università di Bath con una ricerca condotta su 33 Paesi del mondo

Sicuramente abbiamo sentito, almeno una volta nella vita, che “i soldi non possono comprare la felicità”. Eppure, capita di conoscere persone che ne desiderano sempre di più, anche nei casi in cui siano già benestanti. La domanda, quindi, è: quanti soldi servono per soddisfare i nostri desideri? Gli economisti se lo chiedono spesso e sono molte le teorie secondo cui i desideri economici della popolazione sarebbero illimitati, ma, al contrario, sarebbero le risorse per soddisfarli ad essere limitate.

Tuttavia, una ricerca condotta da Paul G. Bain e Renata Bongiorno del dipartimento di Psicologia dell’Università di Bath, pubblicata ad aprile sulla rivista scientifica Nature, ha rilevato come solo una minoranza di persone abbia effettivamente desideri illimitati. La maggior parte, invece, sarebbe felice con una somma di denaro limitata, anche se comunque cospicua. Sono state intervistate 8.000 persone provenienti da 33 Paesi ed è stato chiesto loro di immaginare una “vita ideale” in cui esaudire tutti i loro desideri, senza preoccuparsi del fatto che potesse essere realisticamente realiz-

zabile. L’obiettivo dei ricercatori era proprio quello di cercare di capire quale fosse la somma di denaro desiderata nella vita ideale dei partecipanti. Per anticipare eventuali risposte che potessero aprire altri scenari (ad esempio, quante ore di lavoro sarebbero state necessarie per raggiungere la somma designata), gli esperti hanno chiesto al campione di scegliere di partecipare a un’ipotetica lotteria. Sono quindi state presentate otto lotterie diverse, con premi massimi diversi. Si partiva da quella “più bassa” nella quale si potevano vincere 10.000 dollari (convertiti in valute locali, quindi 9.600 euro o 8.400 sterline per i partecipanti del Regno Unito)

e si saliva (100.000 dollari, 1 milione, 10 milioni, 100 milioni, 1 miliardo, 10 miliardi) fino ad arrivare a quella in cui il primo premio corrispondeva a 100 miliardi di dollari. Infine, veniva specificato che in ogni lotteria c’era la stessa probabilità di vincere il jackpot. La previsione del team di ricerca era semplice: se i partecipanti avessero davvero avuto desideri illimitati, avrebbero scelto sempre di partecipare alla lotteria in cui c’era la possibilità di vincere

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100 miliardi di dollari. Ma in tutti i 33 Paesi solo una minoranza ha scelto questo premio (dall’8% al 39%), mentre nella maggior parte dei casi la lotteria selezionata era quella equivalente a 10 milioni di dollari. In alcuni Paesi, come India e Russia, la maggioranza ha scelto addirittura quella da 1 milione di dollari. Ma non è tutto. È emerso, infatti, che un numero maggiore di giovani aveva scelto il jackpot più alto rispetto ai senior, anche se questo dato varia da Paese a Paese. In quelli meno sviluppati economicamente, ad esempio, le oscillazioni erano più deboli. Sono state poi analizzate le differenze culturali ed è risultato che la concentrazione di persone che avevano scelto la lotteria da 100 miliardi di dollari era più alta nei Paesi in cui c’era una maggiore accettazione della disuguaglianza nella società e dove c’era maggiore attenzione alla vita di gruppo. Ad esempio, in Indonesia, in cui sono molto presenti entrambe le caratteristiche, quasi il 40% del campione aveva scelto la vincita da 100 miliardi di dollari,

mentre nel Regno Unito, dove questi due fattori sono meno presenti, meno del 20% ha scelto il premio massimo della lotteria.

Infine, è stato chiesto alle persone quale sarebbe il cambiamento più importante che farebbero se vincessero il premio, classificando i valori importanti per loro (come “avere potere” o “aiutare gli altri”). È emerso che le persone con desideri illimitati, che tendenzialmente sceglievano la vincita più alta, hanno riferito ai ricercatori che avrebbero usato il denaro per aiutare gli altri, ma in termini di valori non sembravano davvero interessate a questo aspetto rispetto a chi aveva scelto un premio più basso. Sulla base di questi dati possiamo aggiungere qualche tassello all’analisi sociopolitica globale. Sempre più governi nel mondo danno priorità alla crescita economica per consentire alle persone di esaudire il maggior numero possibile di desideri. Ma la continua ricerca della ricchezza e della crescita ha conseguenze dannose da non trascurare. In particolare, dal punto di vista ecosostenibile. I risultati di questa indagine mostrano come il livello dei desideri delle persone possa variare a seconda dei valori e della cultura, ma suggeriscono anche che sono aperti all’influenza sociale. Ad esempio, con una giusta sensibilizzazione si potrebbe orientare la società a vivere una vita appagant e senza esaurire le risorse del nostro pianeta.

All’inizio del 2022, SpectremGroup, società che si occupa anche di analisi patrimoniale, ha condotto una ricerca sul rapporto tra felicità e ricchezza, chiedendo ad alcuni investitori privati se attribuissero la loro felicità al denaro accumulato. Il 72% ha risposto di sì, ma analizzando le diverse classi di età si nota come il 76% dei Millennial e della Generazione X abbia indicato come la propria felicità sia strettamente legata alla ricchezza. Nel 71% dei casi, invece, i senior hanno risposto sostenendo che la felicità è ricchezza.

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IL POTERE DEI RIMPIANTI

Da più di un anno, lo scrittore Daniel H. Pink, sul sito “World Regret Survey”, raccoglie storie di rimpianti provenienti da tutto il mondo. Oltre 19.000 testimonianze da cui è nata una ricerca che dimostra quale sia il potere (positivo) dei rimpianti

«Non, je ne regrette rien» cantava Édith Piaf nel1956. Letteralmente «No, non mi pento di nulla»: un inno all’accettazione del passato, di tutto il bene e il male. Eppure, non è raro che il passato bussi alla nostra porta presentandoci il conto. Tanto che lo scrittore americano Daniel H. Pink, autore di cinque bestseller del New York Times, ha dato vita alla World Regret Survey, un sondaggio mondiale in cui chiunque può raccontare in forma anonima i rimpianti che lo affliggono. Un progetto che negli ultimi 18 mesi ha ricevuto più di 19.000 testimonianze provenienti da 105 Paesi, portando a numerose riflessioni sul ruolo che i rimpianti giocano nella nostra vita. In primo luogo, il fatto che, trattandosi di emozioni negative, siamo propensi ad evitare tutte quelle situazioni che potrebbero portarci a vivere dei rimpianti. Eppure, contrariamente a ciò che pensiamo, gli psicologi hanno dimostrato che si tratta di sentimenti estremamente utili e che,

crescendo, diventiamo sempre più bravi a gestire.

I rimpianti, infatti, sono dei meccanismi complessi che ci permettono di migliorare i processi decisionali. Ogni volta che vorremmo cambiare il corso degli eventi vissuti immaginiamo percorsi alternativi e ci alleniamo a confrontare diversi scenari, modificando il nostro modo di approcciarci alle situazioni future. Se, ad esempio, non abbiamo portato a termine una trattativa, il rimpianto potrebbe aiutarci a raggiungere accordi migliori in futuro. Così come il pentimento di essere stati troppo cauti nel prendere una decisione potrebbe spingerci a scegliere con più rapidità in un’altra situazione analoga.

Proprio questo è un esempio di uno dei quattro tipi di rimpianto che Daniel Pink ha riconosciuto tra le storie raccolte e raccontate nel libro The Power of Regret (Il potere dei rimpianti, n.d.r.). Il primo tipo è costituito dai “rimpianti fondamentali”, ovvero quelli legati a situazioni in cui non siamo stati responsabili. Li abbiamo sperimentati, ad esem-

Psicologia
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Conoscere (e riconoscere) i rimpianti è importante e lo è anche saperci convivere. Secondo lo scrittore, il primo passo da compiere è la “divulgazione”, provare a raccontare ciò che ci affligge a qualcuno o ad affidarlo a un diario per elaborare i sentimenti in modo più costruttivo

STORIE DAL MONDO

Sulla pagina web di World Regret Survey sono riportate più di 19.000 storie di persone da tutto il mondo. Di seguito, alcuni dei rimpianti che gli utenti hanno deciso di condividere.

Italia

Donna, 55 anni: «Mi pento di non essere andata all’università, anche se sarebbe stato difficile. Mi pento anche di non aver chiuso una relazione quando era il momento».

Canada Uomo, 50 anni: «Avrei dovuto comprare una casa 7 anni fa, quando ne avevo l’occasione, e avere più pazienza con gli investimenti».

Russia

Donna, 62 anni: «Mi rammarico di aver lasciato crescere mia figlia (quando era ancora piccola) con mia madre e di non aver trovato la forza per far fronte alle difficoltà della maternità e del matrimonio».

Stati Uniti

Uomo, 58 anni: «Avrei dovuto essere più gentile con le persone quando ero giovane».

Brasile

Donna, 47 anni: «Non ho viaggiato abbastanza. Non mi sono fidata del mio potenziale e ho sprecato delle buone opportunità».

Namibia

Uomo, 54 anni: «Rimpiango di aver affidato l’educazione dei miei figli a qualcun altro».

Australia

Donna, 58 anni: «Mi pento di non aver vissuto la mia vita al massimo e di aver fatto quello che i miei genitori volevano che facessi».

Cina

Uomo, 62 anni: «Ho ignorato mia moglie per anni e le ho causato dolore: alla fine ho divorziato e diviso la famiglia».

pio, dopo aver speso troppo, aver trascurato la nostra salute o aver dato inizio a una cattiva abitudine che ha avuto conseguenze negative sulla nostra vita. Vengono poi i “rimpianti legati all’audacia o al coraggio” e sono quelli che proviamo quando siamo troppo cauti e non cogliamo le opportunità che potrebbero cambiarci la vita. Seguono i “rimpianti morali” incentrati sui danni che abbiamo inflitto ad altre persone a causa delle nostre azioni. E in ultimo ci sono i “rimpianti legati alle relazioni” e sono quelli che proviamo quando finisce un amore, un’amicizia o si deteriora un rapporto in seguito a qualche negligenza. Quest’ultimi sono anche i più sperimentati secondo il sondaggio di Pink.

Ma se conoscere (e riconoscere) i rimpianti è importante, lo è anche saperci convivere. Secondo lo scrittore, il primo passo da compiere è la “divulgazione”, e qui possiamo provare a raccontare ciò che ci affligge a qualcuno o ad affidarlo a un diario per elaborare i sentimenti in modo più costruttivo. A questo punto si passa a una diversa valutazione di se stessi in cui è preferibile essere compassionevoli, indulgenti, piuttosto che cadere in un’autocritica tossica. Invece di addossarsi tutte le colpe, in questa fase si può tentare di identificare i fattori che potrebbero aver contribuito a prendere la decisione sbagliata. Infine, Pink consiglia di mettere in pratica una strategia nota come “auto-distanziamento” per cercare di assumere una prospettiva esterna sui problemi. Possiamo pensare, ad esempio, di ascoltare un amico con una situazione simile. Anche in questo caso, allora, vale il detto “non è mai troppo tardi”. Magari si può partire dall’accettazione proprio affidandosi in forma anonima al sito di Daniel Pink.

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Tecnologia e dintorni

CURIOSITÀ

Lo scorso anno il transistor ha compiuto 75 anni. Un oggetto in grado di modulare i segnali elettrici, le cui applicazioni continueranno a stupirci anche in futuro.

1UN PESCE ROBOT CHE ASPIRA LA MICROPLASTICA Contro l’inquinamento dei corsi d'acqua

Le microplastiche sono nell’acqua, nel cibo, nel mare e persino nel nostro sangue. Così Eleanor Mackintosh, studentessa, ha ideato Gillbert, un robot acquatico che filtra la plastica mentre nuota. Il suo progetto inviato all’Università del Surrey - che aveva indetto un apposito concorso - è stato un trionfo. Gillbert è un prototipo open source: scaricando il progetto dal sito web del contest, si può stampare e realizzare con un stampante 3D.

https://grabcad.com/library/natural-robotics-contest-robotic-fish-1

2SU WHATSAPP SONO SBARCATI I SONDAGGI

Una funzione introdotta di recente

Da alcune settimane, il noto social network ha lanciato la funzione “Sondaggi”, utile per conoscere in una chat il parere dei diversi utenti su un determinato argomento. Si va sul simbolo della graffetta e si accede all’opzione con cui comporre il sondaggio. Appariranno immediatamente due spazi diversi: uno per inserire la domanda, un altro per le risposte su cui cliccare (fino a 12).

www.whatsapp.com

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GOOGLE MAPS E I LUOGHI “ACCESSIBILI”

Un aiuto per chi ha necessità di muoversi in sedia a rotelle Grazie all’impostazione “Luoghi accessibili” l’app Google Maps può mostrare l’accessibilità in sedia a rotelle a circa 40 milioni di luoghi a livello mondiale, Italia compresa. Questa mappatura funziona in modo molto semplice ed è aggiornabile dall’utente. Google Maps, infatti, visualizza sul profilo di una determinata attività l’icona di una sedia a rotelle, se l’ingresso è accessibile e, in caso contrario, un simbolo barrato.

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L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DIVENTA REGISTA

I generatori di immagini basati sull’IA ora anche in ambito musicale

Esistono ormai diversi programmi che mediante l’IA riescono a produrre videoclip di canzoni famose partendo dal testo. Questo sistema riesce a dare nuovi significati a strofe e ritornelli spesso un po’ misteriosi, trasformando intere intere canzoni in quadri colorati e con risultati inaspettati. I sottomarini gialli citati dai Beatles in Yellow Submarine, ad esempio, vengono rappresentati dall'IA sempre in modo diverso.

Dal 5 all’8 gennaio, a Las Vegas, negli Stati Uniti, si svolge l’International Consumer Electronics Show (CES), la fiera più grande al mondo per la tecnologia di consumo (www.ces.tech).

www.spazio50.org | gennaio 2023 42
a cura di Valerio Maria Urru LO SAPEVATE CHE?
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UN LIBRO E UNA PENNA POSSONO CAMBIARE IL MONDO

«(…) Cari fratelli e sorelle, ci rendiamo conto dell’importanza della luce quando vediamo le tenebre. Ci rendiamo conto dell’importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere. Allo stesso modo, quando eravamo in Swat, nel Nord del Pakistan, abbiamo capito l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi. Il saggio proverbio “La penna è più potente della spada” dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell’educazione li spaventa. (…) Questo è il motivo per cui ogni giorno fanno saltare le scuole: perché hanno paura del cambiamento e dell’uguaglianza che porteremo nella nostra società (…) ». Queste parole Malala Yousafzai, pachistana, le ha pronunciate all’Assemblea delle Nazioni Unite il 12 luglio 2013, giorno del suo sedicesimo compleanno. L’anno successivo, a soli 17 anni, le fu assegnato il Premio Nobel per la Pace. Malala è stata fin da giovanissima strenua sostenitrice del diritto all’istruzione gratuita ed obbligatoria per tutti i bambini, convinta che solo attraverso di essa sia possibile “favorire la pace e la prosperità” delle persone e dei popoli.

Perché chi studia non soltanto migliora le proprie competenze, ma modella la propria personalità, accresce il suo giudizio critico, acquisisce la capacità di dialogare, raffrontarsi con gli altri, valutare opinioni e impara a conoscere quali siano i propri diritti e responsabilità. Chi studia ha maggiori possibilità di inserirsi nella realtà lavorativa, di avere un reddito migliore ed essere in grado di cambiare la vita adulta. Per questo è necessario pretendere dai governi una scuola migliore, che formi le menti e le personalità delle future generazioni, come è combattere la dispersione scolastica, nuova piaga di questi tempi moderni. È necessario, come disse Malala: «Imbracciare i libri e le penne, perché sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo».

Focus

Il

24 gennaio si celebra la Giornata internazionale dell’istruzione, una ricorrenza con cui si intende ricordare il ruolo dell’educazione quale fondamento della pace e dello sviluppo.

Inchiesta 50&Più
di Francesco Andreani
www.spazio50.org | gennaio 2023 46 È STUDIANDO CHE SI COSTRUISCE UN FUTURO
Un ponte della metropolitana come tetto, dei pilastri di cemento a cui appoggiarsi quando si è stanchi, la nuda terra su cui sedersi o sdraiarsi quando si cerca di scrivere qualcosa su fogli racimolati grazie alla generosità di qualcuno. In questo spazio battuto dalle intemperie non ci sono banchi né sedie, eppure ci sono tanti bambini che sperano di riuscire, imparando a leggere e a scrivere tra quei pilastri, a cambiare la strada che il destino sembrerebbe aver già segnato per il loro futuro. La “Scuola libera sotto i ponti” si trova in una delle baraccopoli di Nuova Delhi, capitale dell’India, ed è frequentata da decine di bambini i PACE E
DI
PROSPERITÀ

cui genitori non hanno le risorse per istruire i loro figli e strapparli così ad una vita di miseria e disperazione; Rajesh Kumar Sharma, fondatore di questa scuola all’aperto, ha vissuto sulla propria pelle la delusione di non poter compiere gli studi che avrebbe voluto fare a causa della povertà in cui versava la propria famiglia. Ed è per questo che si adopera affinché i duecento bambini che ogni giorno si avvicendano sotto i pilastri che reggono il ponte, possano avere almeno i rudimenti di un’istruzione che ogni bambino dovrebbe avere ma che a troppi manca. Il diritto all’istruzione, infatti, è sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il cui primo paragrafo recita: “Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito”; un diritto che viene rafforzato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 novembre 1989, nella quale è stato stabilito che i Paesi “riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione”, “rendono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti”, con il fine di contribuire ad eliminare l’ignoranza e l’analfabetismo nel mondo. Ma è veramente così?

I numeri, purtroppo, mostrano una realtà molto diversa. Nel mondo sono 258 milioni i bambini che non vanno a scuola e 771 milioni gli adulti analfabeti. A ciò si devono aggiungere una difficoltà nell’apprendimento di base e nella capacità di calcolo tra

Nel mondo sono 258 milioni i bambini che non vanno a scuola e 771 milioni gli adulti analfabeti

gli studenti, tanto che 617 milioni di bambini e adolescenti non riescono a leggere e a fare i calcoli aritmetici basilari. A questi dati si affiancano quelli riguardanti la discriminazione di genere e le difficoltà che si trovano ad affrontare coloro che per eventi bellici o per altre cause sociali sono costretti ad abbandonare il proprio Paese. Si pensi, per esempio, che meno del 40% delle ragazze nell’Africa sub-sahariana riesce a completare la scuola secondaria inferiore mentre sono circa 4 milioni i bambini e i giovani rifugiati che non frequentano più la scuola. Una chiara violazione del loro diritto all’istruzione che rende questa situazione inaccettabile. E proprio per sottolineare l’importanza dell’istruzione, considerata uno dei pilastri alla base della libertà individuale, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2018 ha proclamato il 24 gennaio Giornata internazionale dell’istruzione, una ricorrenza con cui si intende celebrare il ruolo dell’educazione quale fondamento della pace e dello sviluppo. Infatti, senza un’istruzione adeguata e di qualità, che sia anche inclusiva ed equa, così da offrire un’opportunità di sviluppo e di cambiamento per tutti i bambini, i Paesi non saranno in grado di raggiungere l’uguaglianza sociale e di spezzare la povertà che attanaglia milioni di persone nel mondo.

Ed è proprio per sottolineare questa necessità, che il tema scelto per la quinta Giornata dell’Educazione che si celebra nel 2023 ha il titolo “Investire nelle persone, dare priorità all’istruzione”; la forte connotazione politica data al tema è ritenuta necessaria a trasformare in azioni

tutti gli impegni e le iniziative che ogni Paese ha assunto nel corso degli anni. L’istruzione deve, infatti, diventare il volano che accelera il cammino verso il raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo sostenibile del 2030, oggi minacciati da una recessione globale, dalle crescenti disuguaglianze sociali e di genere e da una crisi climatica che non si può più ignorare.

«Solo l’istruzione permanente a partire dai primi anni di vita – si legge nel documento che accompagna la scelta del tema - possono spezzare il ciclo della povertà, migliorare la salute, preparare le persone per posti di lavoro dignitosi con opportunità di riqualificazione, miglioramento delle competenze che siano in grado di affrontare la crisi climatica in atto. Ora tutti i governi devono essere ritenuti responsabili dei loro impegni».

Su quest’ottica viaggia anche l’iniziativa Unesco Futures of Education, che mira a ripensare l’istruzione e plasmare il futuro. Conoscere e imparare sono le più grandi opportunità di cui l’uomo è in possesso e con cui è in grado di rispondere alle sfide e progettare le alternative. Con questa iniziativa, l’Unesco mira a mobilitare i Paesi più ricchi affinché mettano a disposizione “l’intelligenza collettiva” di giovani, educatori, governi e imprese in un processo di co-costruzione che possa portare ad una trasformazione del mondo. “Pensare insieme in modo da poter agire insieme per creare il futuro che vogliamo”. E il futuro che vogliamo riguarda non soltanto noi ma anche i nostri figli e nipoti. Ed è per loro che tutti dobbiamo metterci in gioco.

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IL SOGNO DI UN’ISTRUZIONE EQUA E INCLUSIVA: LE ESPERIENZE INTERNAZIONALI

Quanto è importante e come si struttura il percorso formativo dei giovani che vivono in Paesi in via di sviluppo? Ne abbiamo parlato con Fra Biagio Graziano, Vicario Generale dei “Piccoli Fratelli dell’Accoglienza”, e con la dottoressa Alice Toschi, psicologa clinica dello sviluppo e psicoterapeuta transculturale in formazione di Linda Russo

uante volte, in questi anni, abbiamo sentito parlare dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, quel programma d’azione diretto alle persone, al pianeta e alla prosperità sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU? I suoi 17 obiettivi dal settembre 2015 determinano i traguardi da raggiungere entro

il 2030. Tra questi troviamo l’obiettivo 5 “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”, l’8 “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti” e il 10 “Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni”. Tre punti strettamente collegati e ricon-

ducibili all’obiettivo numero 4 “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti” che, nel 2018, ha spinto l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a proclamare il 24 gennaio come Giornata Internazionale dell’Educazione. Un tema importante, soprattutto in quei Paesi considerati del “Terzo Mondo” in cui le opportunità di apprendimento e formazione sono ancora limitate e spesso precluse a molti bambini. Tra questi Stati ci sono anche Egitto e Kenya che non solo fanno parte dei 193 Paesi membri dell’ONU, ma sono anche le realtà socioeconomiche che abbiamo esplorato intervistando chi supporta e ha supportato i giovani studenti dei sistemi educativi egiziani e kenioti.

A raccontare dell’Egitto è Fra Biagio Graziano, Vicario Generale dei “Piccoli Fratelli dell’Accoglienza”, un’Asso-

Inchiesta 50&Più
www.spazio50.org | gennaio 2023 48 Q

ciazione Pubblica di Fedeli fondata dal Diacono Giuseppe Spampinato a Catania nel 1967. La realtà di Fra Biagio si è diffusa in breve tempo sull’intero territorio nazionale e successivamente ha portato la sua opera anche in diversi territori di missione, come Brasile, Filippine ed Egitto, dove tutt’oggi opera sostenendo un orfanotrofio femminile. «Dal 2004 la Domus Juventutis è presente sul territorio egiziano dove, in collaborazione con il Patriarcato Copto-cattolico, ha svolto numerose attività di apostolato; ha contribuito alla realizzazione di un ospedale nella città di Beni Suef con l’acquisto delle attrezzature mediche; ha realizzato una piccolo centro di accoglienza per pellegrini nella città di Zaitoun; ha restaurato e messo in funzione una struttura di accoglienza residenziale per minori (orfanotrofio femminile, n.d.r.) nella città di Ismailia, grazie ai benefattori presenti in tutta Italia e all’opera dei Cavalieri dell’Ordine Ospitaliero della Campana della Mater Juventutis - racconta Fra Biagio -. Da allora, l’Associazione impegna risorse per garantire una presenza costante e un servizio alla comunità di Ismailia, con uno o più fratelli missionari che affiancano il lavoro di tre sorelle consacrate residenti nel luogo. Sono loro ad occuparsi della cura e dell’istruzione delle 17 bambine e ragazze di età compresa tra i 9 e i 19 anni». Un compito arduo se si tiene conto delle difficoltà socioeconomiche presenti nello Stato: «Il sistema scolastico egiziano è costantemente minacciato dalle difficoltà economiche del Paese e dalle politiche di contenimento della spesa pubblica. Una diffusa disoccupazione intellettualedovuta a una radicale svalutazione dei salari degli insegnanti - e infrastrutture insufficienti a fronte di masse sempre crescenti rendono difficoltoso, soprattutto nelle zone rurali, l’accesso

alla scuola pubblica per i soggetti più svantaggiati. Inoltre, il tasso di scolarizzazione elementare dei bambini supera di 13 punti quello delle bambine. È presente anche un sistema di scuole religiose: fanno parte di questa categoria le scuole coraniche come le scuole Azhar (istituto riconosciuto nel mondo arabo, n.d.r.) e altre scuole religiose cristiane, per la maggior parte cattoliche. Inoltre, una maggioranza delle scuole materne è privata. La nostra Associazione si occupa di garantire l’accesso all’istruzione pubblica e di colmare le eventuali lacune del sistema educativo con dei corsi di lingua e di religione, oltre a provvedere a tutte le necessità primarie delle bambine e delle ragazze».

Un’altra voce, quella della dottoressa Alice Toschi, psicologa clinica dello sviluppo e psicoterapeuta transculturale in formazione, racconta la realtà

di alcune zone del Kenya. «Per quattro anni mi sono recata in Kenya come volontaria, a 250 km da Nairobi, presso la missione di Nairutia-Mugunda. Lì sono stata volontaria in un asilo privato in cui seguivamo circa 30 bambini: una classe numerosa ma comunque in misura minore rispetto a quanto non avvenga nelle scuole pubbliche. Le classi in quei casi possono essere composte anche da 50 bambini». Il sistema educativo keniota, infatti, è diverso da quello italiano, i bambini devono obbligatoriamente frequentare la scuola materna (all’età di 4/5 anni, n.d.r.) e prima di iniziare la scuola primaria devono sostenere un esame di idoneità. La scuola primaria dura otto anni, alla fine della quale il bambino deve sostenere un esame obbligatorio per accedere alle scuole superiori, che durano altri quattro

anni e si concludono con
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«Una diffusa disoccupazione intellettuale e infrastrutture insufficienti a fronte di masse sempre crescenti rendono difficoltoso l’accesso alla scuola pubblica per i soggetti più svantaggiati»

l’esame finale. La valutazione degli studenti avviene trimestralmente, a differenza di quanto accade in Italia. «Quando mi sono recata negli asili mi sono occupata dell’insegnamento della lingua inglese ai bambini che normalmente lo parlano insieme alla loro lingua madre: lo swahili. Mentre nelle scuole superiori, durante l’ora di religione ed educazione civica, ho tenuto alcuni incontri rivolti ai giovani kenioti in cui veniva data loro la possibilità di fare domande sul sistema scolastico italiano, sullo sviluppo delle relazioni sentimentali in età adolescenziale, sugli usi e i costumi di un’altra società, ed è stato molto arricchente. Si stupivano, ad esempio, quando raccontavo loro che nel nostro Paese accade frequentemente che un ragazzo o una ragazza portino a casa propria il partner per presentarlo ai genitori anche prima del matrimonio». Una conoscenza dell’altro che aiuta a capirsi e a comprendersi, e cerca di accorciare le distanze proprio perseguendo quegli obiettivi tracciati dall’Agenda 2030. Eppure, alcune delle caratteristiche sociali e geografiche

del Kenya rendono complicati alcuni passaggi. «Quando si parla di percorso formativo e quindi di ampliamento delle conoscenze, bisogna tenere conto di alcune difficoltà che dipendono anche dalla posizione geografica del Paese. Trovandosi sulla linea dell’equatore, infatti, i kenioti vivono dodici ore di luce e dodici di buio: quest’ultime sono ore in cui non c’è elettricità quindi non esistono computer o strumenti tecnologici che per noi sono la quotidianità. Inoltre, spesso i costi per lo studio sono elevati e completamente a carico delle famiglie. In alcuni casi possono aiutare le adozioni a distanza che, però, sono indirizzate solo a bambini che frequentano le scuole pubbliche e possono utilizzare quelle somme per comprare divise e materiali per l’apprendimento come libri o quaderni. Comunemente si pensa, invece, che i bambini delle scuole private non ne abbiano bisogno, ma spesso frequentano scuole costruite con lamiere e materiali di recupero in cui ogni aiuto, economico o materiale, è altrettanto importante». D’altronde, secondo alcune stime risalenti al

2017, una scuola privata in Kenya costa 45mila scellini all’anno (circa 400 euro), con una quota d’iscrizione per il primo anno di 3.000 scellini e una quota libri di 5.000. Inoltre, ogni anno il costo sale di 3.000 scellini circa, facendo dedurre che per far studiare un alunno keniota per 4 anni e portarlo verso un lavoro di un certo livello può costare più o meno 2.000 euro. Una cifra enorme se pensiamo che uno stipendio medio in Kenya equivale a 360 euro al mese e ogni famiglia ha in media 3 figli da sostenere a livello educativo.

Ma i problemi legati all’istruzione, a livello internazionale, diventano ancora più impegnativi quando si parla di migranti e minori non accompagnati. «Quest’anno mi sono occupata di supporto psicosociale a minori stranieri non accompagnati, organizzando anche laboratori psicoeducativi mirati ad una migliore conoscenza di sé e dell’altro che si sono svolti con gli ospiti dei centri di accoglienzaha raccontato la dottoressa Toschi -. I ragazzi che arrivano in Italia dalla Siria, dalla Libia o da altre parti del mondo, infatti, spesso sono analfabeti e viaggiano da soli o con famiglie svantaggiate. Parliamo di numeri importanti se pensiamo che nel 2021 i minori migranti erano circa 10.000 e di questi 5.000 avevano 17 anni. Questo costituisce un problema nel momento in cui arrivano nel nostro Paese poiché la scuola dell’obbligo prevede la frequenza fino ai 16 anni e dopo quell’età ogni istituto può scegliere se ammettere studenti più grandi o meno. Il risultato è che questi ragazzi spesso frequentano corsi in cui imparano la lingua, ma non seguono alcun programma che insegni loro una professione o li instradi verso il mondo del lavoro, lasciandoli a fare i conti con un futuro difficile da affrontare».

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Atarib (Siria): alcuni bambini del villaggio di Basratun a lezione in un’aula improvvisata, priva di banchi e sedie.

DA MILANO

A

PALERMO, VIAGGIO NELLE PERIFERIE DOVE SI COMBATTE LA DISPERSIONE

“L

a scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Recita così l’articolo 34 della Costituzione italiana, la legge fondamentale dello Stato: una bussola, dal 1948, per garantire il rispetto dei diritti e dei doveri di ogni cittadino. Eppure, soprattutto negli ultimi anni – e anche a seguito della pandemia – il tasso sulla dispersione scolastica e sull’abbandono continua a risultare molto alto. So-

no i dati a dirlo. Save the Children, tra le più grandi organizzazioni internazionali indipendenti impegnate nella tutela dei diritti delle bambine e dei bambini, racconta che “Solo nel 2021, la povertà assoluta riguardava un milione e 382mila minori nel nostro Paese, il 14,2%, in crescita rispetto al 2020 (13,5%), una condizione che ha colpito più duramente proprio bambine, bambini e adolescenti […]. A causa del Covid-19, 876 mila bambini della scuola dell’infanzia hanno dovuto fare i conti con la discontinuità. Nelle province italiane più svantaggiate, solo il 5% dei bambini accede ad un asilo nido pub-

blico, rispetto al 24,5% di quelle con il più alto numero di studenti di livello socioeconomico elevato”. Un divario che si acuisce in maniera importante quando dal centro città l’interesse si sposta verso la periferia, spesso priva di servizi, di luoghi di aggregazione e anche di alternative per bambini e ragazzi che vivono un’età vulnerabile per antonomasia. È in queste maglie del tessuto sociale precario e – non di rado compromesso – che le organizzazioni criminali fanno incetta di nuove leve. Dunque, se da un lato è importante garantire il diritto all’istruzione, dall’altro lato è fondamentale che le

di Anna Grazia Concilio Dall’impegno delle amministrazioni pubbliche al supporto del privato sociale con l’obiettivo di arginare il fenomeno e favorire l’inclusione
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scuole diventino presidi culturali e di legalità. Da Milano a Palermo, passando per Roma e Napoli, un viaggio nelle periferie delle grandi città italiane per raccontare gli strumenti che le scuole di ‘frontiera’ adoperano per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica che apre la strada - il più delle volte - a una carriera ‘facile’, lontana dal faro della responsabilità e del buon senso. Un concetto di inclusione, dunque, che passa anche attraverso l’integrazione.

Milano contrasta la dispersione scolastica

Il Comune di Milano da anni fa la sua parte per contrastare la dispersione scolastica e avviare processi di inclusione, soprattutto per bambini e ragazzi stranieri. Intendendo la dispersione scolastica come “effetto del disagio”, l’amministrazione ha attivato tre ambiti progettuali. Si tratta dei servizi: Cerco-Offro Scuola, Orientamento scolastico e Poli Start. Cerco-Offro Scuola è uno sportello di orientamento scolastico rivolto ai giovani stranieri

di età compresa tra i 14 e i 21 anni, arrivati in Italia da massimo tre anni. Attraverso colloqui individuali fornisce accoglienza, consiglio orientativo e accompagnamento all’iscrizione scolastica. “L’obiettivo è arrivare a una scelta consapevole del percorso scolastico formativo con il coinvolgimento delle famiglie”, si legge sulla pagina del Comune. L’orientamento scolastico si rivolge agli studenti delle scuole secondarie, alle loro famiglie e ai docenti: per loro il Comune realizza interventi di formazione, aggiornamento e consulenza sull’orientamento scolastico. Poli Start comprende quattro poli territoriali in rete e ha l’obiettivo di promuovere l’accoglienza delle famiglie straniere.

Roma: le scuole di periferia diventano presidio culturale Lontano dalle luci del centro, dalle sfarzose vetrine delle più importanti griffe e dall’imponenza del Colosseo, c’è una Roma che vanta un triste primato: quello di essere tra le piazze di spaccio più grandi del Paese. E in

quelle stesse strade dove le vedette e i pusher incrementano il business della “mala vita” esistono scuole di frontiera. Le scuole di Tor Bella Monaca, di San Basilio ne sono un esempio virtuoso. Annarita Leobruni è assessora alla Scuola nel Municipio IV di Roma, un territorio di periferia. È lei a raccontare i progetti - anche comunali - introdotti per contrastare la dispersione scolastica e favorire l’inclusione, che prevedono l’apertura delle scuole anche di pomeriggio, di sera e nei week end. «Roma scuola aperta è un’iniziativa importantissima che ci ha aiutato a tenere aperti otto dei nostri istituti comprensivi, ubicati in zone dove la tendenza all’abbandono scolastico è molto forte, parliamo di San Basilio, Rebibbia, Pietralata, Casal Bruciato. In questi quartieri il tasso di dispersione scolastica è altissimo. Per contrastare questo fenomeno e supportare gli istituti con l’offerta formativa, stiamo tracciando - insieme alle scuole e alle realtà associative - linee guida per riconoscere le comunità educanti capaci di creare reti educative a sostegno dei ragazzi che concepiscono la scuola “solo” come luogo di istruzione. Le comunità educanti metteranno insieme esperienze fuori e dentro la scuola attraverso la rete». E ancora: «Da quest’anno abbiamo attuato una serie di progetti municipali a favore delle scuole e dei servizi educativi, con l’obiettivo di educare alle emozioni: viaggi di istruzione gratuiti, centri di aggregazione giovanile, attenzione alle materie stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica n.d.r.), centro famiglia per il sostegno alla genitorialità», aggiunge. E conclude: «Credo molto che la scuola salvi i bambini e i ragazzi, ma la scuola da sola non basta più. Sarà la rete che si crea tra istituzioni, scuole, servizi educativi e associazioni, a salvare i ragazzi portando la scuola “fuori dalla scuola”, invertendo quella ten-

www.spazio50.org | gennaio 2023 52

denza che vuole la scuola “estranea” nella vita dei ragazzi provenienti da contesti più disagiati».

Direzione Napoli, passando per Scampia Nell’elenco delle “scuole di trincea” figura sicuramente l’Istituto comprensivo di Scampia Ilaria Alpi-Carlo Levi. A dirigere la scuola di uno dei quartieri più difficili della periferia di Napoli è Rosalba Rotondo, arrivata alle luci della ribalta nazionale anche per essere stata insignita di un’importante onorificenza dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel 2019, è stata nominata Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nella motivazione, pubblicata sul sito del Quirinale, si legge: “In un territorio difficile, Rotondo è in prima linea nel contrasto alla devianza giovanile e nella fattiva costruzione di un percorso di reale inclusione sociale. La scuola è conosciuta per la sua esperienza di piani

etno-didattici ed educativi per gli studenti Rom. È stata anche riconosciuta dalla Comunità europea e dal Consiglio d’Europa quale sede di una “Legal Clinic JustRom”, servizio legale volto a tutelare la popolazione Rom, ed in particolare le donne, in un’ottica di antidiscriminazione razziale”.

A Palermo entra in gioco anche il privato sociale Come in molte città italiane, anche a Palermo il lavoro dell’amministrazione comunale è supportato dal privato sociale. Con l’utilizzo dei fondi del “5x1000” messi a disposizione dal Comune, l’Osservatorio contro la dispersione scolastica ha attivato una serie di progettualità per arginare il fenomeno. “Tutti a bordo per prendere il largo dalla dispersione scolastica” è una iniziativa attuata dall’associazione Lisca bianca: decine di bambini sono saliti a bordo di una storica barca a vela - ristrutturata coinvolgendo i minori del circuito penale (ex

Malaspina), tossicodipendenti residenti in comunità di recupero, minori a rischio ed extracomunitari ospiti di case famiglia - per imparare i rudimenti della navigazione e i termini marinareschi, conoscere la costa palermitana, sviluppare sensibilità sui temi ambientali e partecipare ad un laboratorio di invito alla lettura. Tra gli altri progetti anche “Estate intorno al mondo, in viaggio verso i cinque continenti”; “Fuori la scuola…il bene comune”; “L’estate al centro”.

Il viaggio in alcune delle tante periferie dove si combatte la dispersione scolastica con pochi mezzi ma tanta volontà finisce qui, con la consapevolezza che, come disse Nelson Mandela, «L’istruzione è il grande motore dello sviluppo personale. È attraverso l’istruzione che la figlia di un contadino può diventare medico, che il figlio di un minatore può diventare dirigente della miniera, che il figlio di un bracciante può diventare presidente di una grande nazione».

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LE GENERAZIONI PERDUTE DEL POST-COVID

Impreparati e inattivi, gli under 30 italiani sono i più penalizzati in Europa a causa degli alti tassi di abbandono scolastico precoce e di inattività nel mercato del lavoro: un divario ancora enorme da colmare di Annarita D’Agostino

Centoventitré. È il numero di volte in cui le parole “giovani” e “giovanile” compaiono nelle 273 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Investire nelle nuove generazioni per garantire l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia, migliorare il sistema scolastico e invertire il declino di natalità del Paese” sono temi trasversali a tutte le

Missioni del Piano. Non solo quella dedicata specificamente a “Istruzione e Ricerca”, ma anche la digitalizzazione e innovazione della PA per favorire il reclutamento, la formazione e la partecipazione dei giovani; le opportunità di occupazione giovanile offerte dalla transizione ecologica, dalla mobilità sostenibile, dal potenziamento del sistema sanitario, dell’apprendistato e del

Servizio Civile Universale. Eppure, qualcosa - più di qualcosa -, ha continuato a non funzionare nel post pandemia. Tanto che il Long Covid ipoteca il futuro dei giovani non solo aggredendo il fisico e la mente, ma anche le opportunità di inclusione e partecipazione. Proprio su questi effetti si è concentrata Nicoletta Scutifero, ricercatrice dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (OCPI) dell’Università Cattolica di Milano e autrice, insieme a Francesco Bortolamai, di un’indagine sugli effetti della pandemia su due distorsioni ormai strutturali del nostro sistema economico-sociale. Sono l’abbandono scolastico e l’inattività dei giovani nel mercato del lavoro.

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A dispetto di quanto si possa pensare - segnala la ricercatrice -, il Covid 19 non ha avuto apparentemente effetti negativi sul tasso di abbandono precoce degli studi, la cui percentuale si è addirittura ridotta dal 13,1% nel 2020 al 12,7% nel 2021. Ma non si tratta di un fatto positivo, quanto piuttosto della conferma che nel nostro Paese non è per nulla nuovo il fenomeno dei cosiddetti ELET, Early Leavers from Education and Training. L’acronimo anglosassone indica i giovani fra 18 e 24 anni che abbandonano presto gli studi, conseguendo al massimo un diploma di scuola media. L’Unione Europea ha inserito da tempo la riduzione del tasso di abbandono scolastico precoce fra i grandi obiettivi di ripresa economica, fissando a meno del 9% la percentuale da raggiungere entro il 2030. In questo scenario, il tasso medio europeo di abbandono scolastico si è effettivamente abbassato dal 13,8% nel 2010 al 9,7% nel 2021. Ma non nei Paesi del Sud Europa. In Italia, in particolare, secondo i dati Istat, il tasso di abbandono scolastico è un tratto praticamente “ereditario”, ovvero profondamente influenzato dalle condizioni socioeconomiche delle famiglie. L’OCPI evidenzia infatti come l’abbandono precoce degli studi coinvolga ben il 22,7% dei giovani con genitori che hanno conseguito al massimo la licenza media e solo il 2,3% dei giovani con genitori laureati. A questo aspetto si sommano poi i tradizionali divari territoriali di un’Italia a più velocità. Si va dal picco di quasi il 20% nelle Isole al 16,3% in tutte le regioni del Mezzogiorno. Seguono Nord-Ovest (11,8%), Centro (11,5%), Nord-Est (9,9%).

«Ad essere stato segnato negativamente dalla pandemia - sottolinea

Scutifero - è invece il tasso di occupazione degli ELET: a livello europeo, infatti, è diminuito dal 45,1% nel 2019 al 42,3% nel 2021. Per l’Italia, che già presentava un tasso di occupazione inferiore, la pandemia ha annullato i miglioramenti raggiunti nel 2019, portandosi nel 2021 a livelli simili al 2018, cioè al di sotto del 35%». Questo perché «in tempi di crisi economiche, così come è accaduto durante la pandemia, vi è maggiore difficoltà nel trovare un’occupazione. È semplice capire come questa difficoltà sia tanto maggiore quanto minore sia il livello del titolo di studio conseguito. Ed ecco che gli ELET - prosegue la ricercatrice -, essendo in possesso al massimo di un titolo di istruzione secondaria inferiore, sono i primi ad essere tagliati fuori dal mondo del lavoro in un momento di forte precarietà sul fronte dell’occupazione». A causa di livelli di istruzione inadeguati e carenza di competenze,

gli ELET finiscono per allungare la fila dei NEET, Not in Education, Employment or Training: i giovani inattivi fra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano, non partecipano attivamente ad alcun percorso formativo finalizzato all’inserimento nel mercato del lavoro. Quelli che, già nel 2016, l’allora presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, definì “lost generation”, la generazione perduta a causa dell’allarmante disoccupazione giovanile. Con una percentuale pari al 23,1%, l’Italia è tristemente prima in classifica per tasso di inattività fra i giovani in Europa, dove la media è del 13,1%. Anche i NEET si concentrano, inoltre, nelle zone tradizionalmente più svantaggiate del Paese. Sono infatti oltre il 35% nel Sud Italia, mentre nelle aree del Centro-Nord sono meno del 20%, con il minimo del 13,3% nella Provincia Autonoma di Bolzano. «Maggiori sono le opportunità che un territorio è in grado di offrire - spiega

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Inchiesta 50&Più

Scutifero -, minore sarà il tasso di inattività. Tuttavia, bisogna anche sottolineare la necessità di valutare con cautela questi numeri, data l’elevata presenza del lavoro nero nelle regioni del Sud Italia». Per i Paesi europei con percentuali di disoccupazione giovanile superiori al 25%, la Commissione europea ha lanciato l’iniziativa Garanzia Giovani, che l’Italia ha implementato a partire dal 2014. Il programma è dedicato ai giovani di età tra i 15 e i 29 anni residenti in Italia o di età inferiore ai 34 anni residenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Sardegna o Sicilia. A chi aderisce vengono offerte opportunità personalizzate di lavoro, istruzione o formazione. Nel 2020 gli Stati membri dell’UE si sono impegnati a rafforzare il programma per garantire che tutti gli under 30 possano avere una valida occasione di formazione o lavoro entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’inizio del periodo di disoc -

cupazione (Garanzia Giovani Rafforzata).

Secondo l’Anpal, Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, che gestisce il programma italiano Garanzia Giovani, al 30 settembre 2022 sono stati oltre 1,6 milioni i giovani che hanno aderito. Il tasso di inserimento occupazionale dei quasi 800mila che hanno concluso il percorso è del 67,3%; nel 76% dei casi, con un lavoro stabile.

L’attuale governo ha ereditato anche il Piano “NEET Working”, lanciato nei primi mesi del 2022. Il progetto ha l’ambizioso obiettivo di ridurre di oltre 3 milioni i giovani NEET attraverso una serie di interventi da realizzare tramite il rafforzamento del programma Garanzia Giovani, l’estensione del Servizio Civile e la creazione di sportelli dedicati nei centri per l’impiego. Tuttavia, per l’economista dell’Università Cattolica di Milano la quota di investimenti dedicata all’istruzione nel nostro Paese è ancora

bassa, «e questo spiega perché l’Italia occupa il primo posto tra i maggiori Paesi europei sia per il numero di NEET che di ELET. Alla scarsità di investimenti si associa l’assenza di una strategia precisa. Anche lo stesso PNRR - precisa - è in parte insoddisfacente sul tema delle proposte di nuovi ed efficaci investimenti per i giovani, tema considerato trasversale e non una priorità. Sarebbe invece opportuno iniziare a definire delle politiche precise dietro la consapevolezza della rilevanza del tema, il quale dovrebbe occupare un posto centrale e non trasversale».

Intanto, il fenomeno dei NEET è destinato ad avere effetti negativi di lungo periodo non solo a livello individuale, ma anche per l’economia del Paese. L’agenzia europea Eurofound ha stimato che il costo economico dei NEET - si sottolinea nella ricerca OCPI - è molto elevato non solo a causa dei mancati guadagni per i giovani inattivi, ma anche per le spese assistenziali che generano, come quelle per sussidi di disoccupazione. Alle gravi conseguenze economiche si affiancano quelle sociali: restare un NEET, e dunque improduttivo a lungo, significa perdere qualsiasi occasione di migliorare il proprio capitale umano. Quindi, mettere un’ipoteca incancellabile non solo sul proprio futuro, ma su quello di tutti noi. «Tutto questo - aggiunge Nicoletta Scutifero - richiede politiche realistiche che siano in grado di superare il senso di scoraggiamento dei giovani nei confronti delle istituzioni e di garantire loro un’attiva partecipazione».

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Tradizioni

MITI E LEGGENDE DELL’EPIFANIA

L’Epifania è una festa cristiana che ricorda l’incontro dei Magi con Gesù appena nato e giunge, secondo il calendario gregoriano, 12 giorni dopo Natale, sancendo di fatto la fine dell’inverno. Nella liturgia rappresenta il momento in cui Dio, nel Bambino Gesù, si manifesta ai popoli (la parola stessa epifania in greco significa apparizione) rappresentati dai tre misteriosi sapienti venuti dall’Oriente. Anche i loro doni sono ricchi di significato: la mirra allude alla Passione di Cristo, l’oro alla regalità e l’incenso alla divinità. Di queste misteriose figure peraltro si racconta solo nel Vangelo di Matteo, che si limita a riportare che “giunsero da Oriente”, senza specificare né il numero né il colore della pelle né tantomeno il nome. Solo nel corso dei secoli la loro identificazione è stata arricchita da una lunga e variegata tradizione giunta ai giorni nostri. E cosa c’entra allora la Befana con il giorno dei Magi? Sicuramente molto, a cominciare dal nome, una evidente storpiatura della parola epifania.

La leggenda della Befana Un’antica leggenda, diffusa nel Basso Medioevo, racconta che i Magi, non trovando la strada per Betlemme, si ri-

La festa che tutte le altre porta via ha una storia antichissima, connessa al ritmo delle stagioni e ai riti di fertilità del mondo pagano

volsero ad una vecchina per chiedere lumi. Lei diede le giuste indicazioni ma si rifiutò di accompagnarli a far visita al Bambino. Pentitasi poi del suo comportamento, preparò in fretta un cesto di dolciumi per raggiungerli, senza però trovare più né loro né Gesù. A quel punto decise di lasciare i doni a tutti i piccoli incontrati lungo la strada, nella speranza che uno di loro fosse il Figlio di Dio. E così continua a fare ancora oggi. Il racconto, nato nel XII secolo, aveva una grande valenza per la Chiesa di allora: conciliava, infatti, la figura femminile volante e i riti della rinascita delle culture precristiane con la nuova fede. Ma dove nasce esattamente l’immagine della Befana?

La festa del “Sol Invictus” e il culto della rinascita

A questo punto è necessaria una premessa: nei giorni intorno al solstizio d’inverno (21 dicembre), il Sole sembra precipitare nell’oscurità per poi tornare a mostrarsi più forte e vitale dai giorni successivi in poi. Un momento delicato per la sopravvivenza delle comunità arcaiche, dipendenti in tutto dalla buona riuscita dei raccolti: cosa sarebbe accaduto se il Sole non fosse risorto? Ecco perché gli antichi romani il 25 dicembre celebravano la festa del “Sol Invictus”, considerata dagli storici l’origine “pagana” del Natale. Il culto, che veniva dalla Persia ed era legato a Mitra, attraverso riti e sacrifici restituiva forza al Sole per assicurarne la rinascita.

Secondo un’antica leggenda, la Befana era una vecchina a cui i Magi chiesero indicazioni per arrivare a Betlemme. Lei si rifutò di accompagnarli ma poi, pentita, preparò dei dolci da portare al Bambino Gesù.

La dodicesima notte

Ma i Romani credevano anche che nelle dodici notti successive al solstizio d’inverno alcune figure femminili - la dea Diana e le sue ancelle - volassero sui campi appena seminati per propiziare la fertilità dei futuri raccolti (una credenza peraltro sopravvissuta per secoli all’avvento del Cristianesimo). Il rimando è ancora presente in Gran Bretagna, dove si festeggia la notte tra il 5 e il 6 gennaio (la dodicesima notte dopo il Natale, che dà il titolo alla celebre commedia di Shakespeare), culmine delle celebrazioni invernali, anticamente caratterizzata dal capovolgimento della realtà come gli antichi Saturnalia. Un’altra ipotesi collega la Befana con l’antica festa romana del primo dell’anno in onore di Giano - ecco spiegato il nome gennaio - e Strenia (da cui deriva il

termine strenna), durante la quale si scambiavano doni.

Dolce vecchina o strega?

Complici le contaminazioni con la festa di Halloween, ultimamente la Befana viene rappresentata a cavallo di una scopa, con stivali e cappello a punta nero: la classica immagine delle streghe. Però le differenze sono molte: la nostra vecchina vola su una scopa come loro, ma la cavalca al contrario. Sul capo porta un fazzoletto annodato sotto al mento. La calza dei doni non è altro che un vecchio sacco di iuta che allungato sembra un calzettone.

La Befana, un esempio di sincretismo Nel Nord e nel Centro Europa la Befana richiama la figura celtica di Perchta, della scandinava Frigg, di Holda in Nord Europa, di Bertha in Gran Bretagna e Berchta nelle tradizioni alpine pre-cristiane. Divinità protettrici degli animali e dei campi, raffigurate come un’anziana signora, personificazione della spoglia natura invernale: una vecchia gobba dai piedi enormi, col naso adunco e capelli bianchi spettinati, vestita di stracci che, volando sui campi di notte, ne propizia la fertilità. La cristianizzazione di queste antiche divinità, inglobate e assimilate alla nuova religione, rappresenta dunque un chiaro esempio di sincretismo che peraltro ritroviamo anche in un altro aspetto. Il carbone lasciato nelle calze dei bambini “cattivi”, infatti, altro non è che il ricordo della cenere lasciata dai falò, antichi simboli di purificazione, accesi per scacciare l’anno vecchio con il suo carico di negatività. Un altro simbolo ancestrale legato alla simbologia del rinnovamento.

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gennaio 2023 |

CRESPI D’ADDA, LA RINASCITA DEL VILLAGGIO OPERAIO

Patrimonio dell’Unesco dal 1995, è stato il primo villaggio industriale nato in Italia alla fine dell’Ottocento. Lo stabilimento ha chiuso nel 2003, ma ora potrebbe tornare in auge di Romina Vinci

Il tempo scorre lento in questa valle della bergamasca, stretta tra i fiumi Brembo e Adda. «La chiamavano la fossa qui - ci confessa un abitante del paese limitrofo -, ma non ditelo ora, altrimenti gli abitanti ci rimangono male». Del resto ci troviamo in un luogo che l’Unesco ha definito Patrimonio dell’Umanità: il primo villaggio industriale italiano, unico nel suo insieme, che non trova eguali nel resto dell’Europa mediterranea. Il fiume è l’elemento clou, come succede sin dalla notte dei tempi: il corso dell’Adda per la precisione, laddove i salti d’acqua permettevano il movimento dei telai e la produzione d’energia. È proprio qui, nel comune di Capriate San Gervasio che, nel 1877, Cristoforo Benigno Crespi ha dato il via alla costruzione di un cotonificio. Sono gli ultimi decenni del XIX secolo, e la Rivoluzione Industriale, che in Inghilterra già da decenni aveva completamente cambiato il volto della società, in Italia iniziava a fare appena capolino.

CRISTOFORO CRESPI

Ma Crespi è un imprenditore visionario, e decide di realizzare, accanto alla fabbrica, un villaggio dove gli operai potessero vivere dignitosamente. Un villaggio con le abitazioni dei lavoratori, certo, ma anche con la scuola, la chiesa, il lavatoio, il teatro e tutte le attività necessarie per il benessere delle persone. Un esempio di welfare ante litteram. Crespi d’Adda è questo, è il primo villaggio industriale italiano, e la sua storia si è protratta per oltre un secolo, attraversando due Guerre Mondiali, il dopoguerra, il boom economico e il successivo declino.

La definitiva chiusura dello stabilimento, avvenuta nel 2003, ha segnato la fine di un’epoca. E oggi, a distanza di vent’anni, sembra come se il tempo si fosse congelato.

La ciminiera, con i suoi 50 metri d’altezza, domina l’entrata del grande stabilimento, recintato da cancelli rossi in ferro battuto. Alla base spicca l’orologio che scandisce le giornate lavo-

rative. È fermo alle ore 16.51.

«Quando spensero le macchine, il nostro parroco fece suonare le campane a lutto», racconta Bruna. Lei era lì quel giorno, accanto ai macchinari, e tutto è ancora vivido nella sua mente. «Era finito qualcosa, qualcosa di grande, e ne eravamo consapevoli», ricorda con emozione. Ha 65 anni Bruna, 38 dei quali trascorsi all’interno dell’opificio. Così come i suoi genitori, così come i suoi nonni, così come i suoi bisnonni.

Il villaggio operaio di Crespi d’Adda è, ancora oggi, l’unico sito archeologico al mondo ad essere abitato, in buona parte, dai discendenti di quei primi operai che, sul finire dell’Ottocento, vennero qui a lavorare nel cotonificio.

UNA CITTÀ INDUSTRIALE

L’impianto urbanistico e quello architettonico sono rimasti immutati, dopo quasi 150 anni dalla fondazione del villaggio. Per il suo perfetto stato di conservazione, e per il suo straordinario esempio di architettura industriale, nel 1995 è stato incluso nella World Heritage List dell’UNESCO.

I Crespi hanno voluto realizzare un modello di città ideale nel quale la vita dei dipendenti, così come quella dei loro familiari, ruotasse intorno alla fabbrica.

Il villaggio, ancora oggi, appare diviso in tre parti, separate da due strade. C’è la zona residenziale, quella di pubblica utilità, dove ci sono gli edifici di interesse pubblico, e la zona industriale, con il cotonificio.

I lavoratori vivevano - e vivono - in villette bifamiliari, con orto e giardino, messe a disposizione dal padrone, differenziate in base al ruolo ricoperto in azienda. Ci sono le case degli operai, 55 in tutto, disposte in fila ordinate nelle due vie che si diramano parallele alla fabbrica. Poi ci sono le case dei capireparto e le ville dei dirigenti, nove per la precisione, in stile Liberty, con

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ampi giardini ed alberi ad alto fusto. E poi ecco tutti i servizi necessari alla comunità: il dopolavoro, l’albergo, la chiesa, il teatro, le scuole, il piccolo ospedale, la caserma dei vigili del fuoco e, distanziato, alla fine del Paese, il cimitero.

E non solo. Il villaggio era anche avanzato dal punto di vista tecnologico: Crespi è stato il primo paese italiano illuminato con il sistema elettrico Edison e, già dai primi anni del Novecento, poteva vantare una piscina cittadina, al coperto, riscaldata, con spogliatoi e docce dotate di acqua calda.

L’IGIENE

La pulizia e l’igiene erano dei capisaldi della visione “crespiana” del villaggio. Gli operai avevano un librettino personale che doveva essere consegnato al responsabile di reparto. «Mi raccontava mio nonno che ogni giovedì dovevano recarsi nelle docce comuni e firmare il libretto, all’indomani non potevano entrare in fabbrica senza esibire la ricevuta dell’avvenuta doc-

cia - racconta Bruna -. Crespi era visionario perché pensava al benessere dei suoi operai in un periodo storico nel quale i lavoratori non avevano diritti. Il suo motto era: “se gli operai dormono e vivono in maniera dignitosa, serena e salubre, quando entrano in fabbrica sono contenti, sono in salute, e quindi producono di più; di conseguenza anche il profitto del padrone aumenta”».

UN LAVORO USURANTE

Certo, non era tutto rose e fiori, e guardare a quel tipo di società con gli occhi di oggi può essere fuorviante. Il lavoro era usurante, i turni massacranti, la vita in fabbrica sorvegliatissima, il lavoro minorile era una realtà. «Producevamo del tessile, e il cotone va lavorato in condizioni di massima umidità - racconta Bruna -. I miei bisnonni lavoravano con i

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piedi nell’acqua, perché era l’unico modo per mantenere umida la fibra. E si narra che, quando iniziarono i primi scioperi, i Crespi andassero nelle case degli operai che non si presentavano all’orario del turno per richiamarli a dovere».

MEMORIA STORICA

Ogni mattina Bruna va a trovare sua mamma Franca, che vive a pochi isolati da lei. Franca, classe 1926, è una delle memorie storiche del Paese. Anche se è “crespese” solo d’adozione. È nata e cresciuta infatti a Trezzo sull’Adda, il paese limitrofo. Una famiglia contadina la sua, come lo erano tutte quelle della zona. C’era povertà all’epoca, e la vita contadina non dava certezze. «Bastava un raccolto andato a male e intere famiglie rischiavano di morire di fame», racconta Franca. E lei l’ha patita la fame, quando era piccola. «Qui a Crespi invece era diverso - interviene sua figlia -, gli operai non hanno mai avuto problemi di mancanza di cibo, anche durante la guerra. Nella famiglia di mia mamma tutti erano analfabeti, dalla parte di mio padre invece no, anche il mio bisnonno sapeva leggere e scrivere». Perché anche l’istruzione era un perno del villaggio. Certo, si iniziava a lavorare molto presto, ma tutti dovevano frequentare la scuola del Paese. E per i figli più meritevoli erano i Crespi stessi a garantire il proseguimento degli studi, mandandoli a studiare a Bergamo.

WELFARE

O BOLLA ARTIFICIALE

Nel momento di massima espansione, la fabbrica arrivò ad impiegare quasi quattromila dipendenti, mentre il villaggio riuscì ad ospitare milleduecento persone. C’è chi lo considera un welfare aziendale d’avanguardia, e chi una bolla artificiale, nella quale la gente era intrappolata, ignara di cosa ci

fosse al di fuori di quelle due strade. Ma forse è proprio in questa dicotomia che è racchiuso il fascino che, ancora oggi, avvolge questo luogo. Bruna è nata e cresciuta tra queste vie: «Ho imparato a nuotare nelle acque dell’Adda e del Brembo. Passavamo i pomeriggi fuori casa da bambini, e i nostri genitori erano tranquilli, le strade brulicavano di persone». Oggi invece queste arterie sono vuote, ad eccezione dei turisti che, soprattutto nel weekend e nella bella stagione, giungono da ogni dove per scoprire il fascino del luogo.

UN NUOVO INIZIO?

Sono vent’anni ormai che la fabbrica ha chiuso i battenti. Dal 2013 la proprietà dello stabilimento è stata acquisita da Odissea, società a cui fanno capo le attività dell’imprenditore bergamasco Antonio Percassi. E c’è una buona notizia. Dopo tanta attesa, in primavera dovrebbero partire i primi lavori per riqualificare l’area. Sono

previsti 120 milioni per far rinascere il villaggio con spazi museali, commerciali e laboratori. Stando al progetto, ci saranno 650 posti di lavoro. Franca e Bruna commentano la notizia senza troppa enfasi, stringono le spalle, perché di promesse ne sono state fatte tante nel corso degli anni. «Sarebbe bello tornare a vedere questo posto vivo come un tempo», sussurra Franca. «Siamo nati come unicità - interviene Bruna - e unici siamo rimasti».

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IL CANDORE IMMORTALE DI ANTONIO CANOVA

Nel suo libro, Luca Nannipieri tratteggia il complesso rapporto tra Napoleone, spietato condottiero a caccia di opere d’arte, e il Canova, a disposizione del potere con il suo immenso talento. Ma il vero protagonista del romanzo è un altro personaggio…

Con la chiusura dell’anno canoviano, promosso in occasione del bicentenario della morte del sommo scultore, intervistiamo lo storico dell’arte e “inviato” di Striscia la notizia, Luca Nannipieri, che ha da poco pubblicato un romanzo storico che lo vede protagonista.

Già la prima frase del romanzo e del suo Napoleone è durissima «le briciole (inteso come opere d’arte minori, n.d.r.) lasciamole ai topi». Il suo Napoleone è ossessionato dal saccheggio delle opere d’arte più importanti… Napoleone ha semplicemente fatto quello che ai tempi si faceva: chi vinceva comandava e prendeva tutto ciò che voleva. Lui però, fin da quando era console, aveva chiaro un obiettivo: Parigi doveva diventare la capitale del mondo. E per diventarlo doveva divenire la capitale dello spirito del mondo. Da lì prende l’avvio la più grande sistematica requisizione di opere d’arte della storia. Un numero impressionante di capolavori, dall’Europa e dal Mediterraneo, vennero portati sul lungo Senna in quello che poi divenne il Louvre. La collezione, il luogo dove veniva conservato

quanto di più grande l’uomo avesse fatto dalle origini della sua esistenza. Il museo di arte totale. Napoleone lo fece per primo, ma tutti i grandi musei nati dopo sono napoleonici, secondo la regola del “voglio il meglio del meglio”. Così sono stati creati i musei americani oppure, oggi, quelli in Medioriente. Napoleone lo fece partendo dall’Italia, da dove fece portar via un numero impressionante di manufatti. Da lì parte il mio romanzo. Lei ha scritto diversi romanzi. Ci dica come uno storico si trasforma in un romanziere? Il saggio ha il dovere della fedeltà storica, il romanzo no. Il romanzo deve essere verosimigliante, ma può permettersi di perlustrare il nostro cuore, la nostra fantasia, la nostra immaginazione, i nostri desideri. E quindi entrare dentro Canova, dentro Napoleone, dentro la Rivoluzione francese, e dentro quello che è successo subito dopo in Francia, in Europa, nel mondo, facendoci entrare anche nella contemporaneità del nostro tempo e delle nostre domande. Questo è il motivo per cui ho scritto un romanzo che parla di Canova e di Napoleone, della nascita del Louvre, ma di cui protagoniste sono due donne. Cosa che non sarebbe

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stata possibile se avessi scritto un saggio. Ecco la necessità del romanzo: l’infedeltà. C’è anche un ovvio cambio di stile espressivo. Perché così spesso gli storici e i critici d’arte sono difficili da leggere per i non specialisti?

Perché si rinchiudono in un linguaggio con cui parlano con altri specialisti. Invece, compito di uno storico dell’arte e di chi scrive di arte è quello di arrivare a più persone possibili, ovviamente rispettando la materia. Personalmente, sia scrivendo sia in televisione accetto tutte le contaminazioni, proprio per arrivare a tutti coloro che amano l’arte. Ricordo sempre quando, in una delle mie prime rubriche su RaiUno, il regista, vedendomi un po’ emozionato, mi disse: “parla come se parlassi con tua nonna”. Mia nonna ha 96 anni, mi ascolta tuttora e sa che quando sono in Tv parlo a lei. Più complesso è quando si scrive un romanzo, con tutta la nobiltà della lingua italiana e tutto quello che si portano dietro i termini letteratura e romanzo, però l’obiettivo di raggiungere quante più persone possibile resta prioritario nel mio lavoro.

Il suo Canova è tutt’altro che un “cuor di leone”, tenta di salvare il Laocoonte ma fallisce, a Parigi è del tutto sottomesso a Napoleone, appena può si ritira nel suo studio romano, un rifugio sicuro. Un carattere schivo, incapace di esporsi, nonostante fosse ritenuto il più grande artista del mondo, con commissioni dai più importanti personaggi d’Europa…

Io non ho voluto descrivere un Canova diverso da quello che era, non ho voluto farne un eroe alla Falcone e Borsellino che combatte contro il potere. Canova era così, questa è la verità. Per ottenere commesse da Napoleone bisognava esserne sudditi. Dell’imperatore abbiamo un’immagine troppo edulcorata: era una persona che ha fatto fosse comuni. Certo ha realizzato progetti giganteschi, a cominciare dalla costruzione del Grand Louvre, ma sostanzialmente rimane un carnefice. Uno che diceva: “se non sei d’accordo con me arrivano le baionette”. Canova accondiscese al suo potere, fece vari mezzibusti e non solo per i suoi familiari e i suoi sottoposti, evitò solo di diventare responsabile delle Belle Arti a Parigi, perché preferiva rifugiarsi a Roma, nel suo studio in via delle Colonnette, a produrre capolavori finissimi. Se di Napoleone conosciamo il condottiero e il genio della guerra, ma non il dittatore, di Cano-

Intervista

va conosciamo il grande scultore, ma non la sua natura pavida, servizievole, il suo essere un surfista, si direbbe oggi, sulle onde del potere.

Il vero eroe del libro è Antoine Quatrèmere de Quincy, che lotta per le sue idee, tra cui quella che aborre come furto sciagurato il saccheggio delle opere d’arte di altri popoli, e per salvare la donna amata, al contrario del pusillanime Canova…

Il filosofo e critico d’arte de Quincy scrisse nel 1796-’98 le Lettere a Miranda, la prima opera che afferma che “non bisogna razziare, perché il vero museo di Roma non è il Laocoonte, non è la Cappella Sistina, le singole opere, ma è la stratificazione di quel colonnato, quelle pietre, quei palazzi, quei capitelli, l’insieme di quel patrimonio”. L’unico a dirlo a fine ’700, anche se in scritture quasi private. Poiché sono convinto che quando noi maschi diciamo che la storia è stata fatta dagli uomini non diciamo affatto la verità, le protagoniste che portano avanti le idee di Quatremère sono due donne. Si rifanno a quelle donne che, contrariamente alle schiere di maschi pronti a esaltare Napoleone in tutti modi, in maniera sotterranea, nell’anonimato della loro condizione di donne di corte o donne di casa, hanno fatto sì che, tracciando un percorso di idee e di azioni, la restituzione delle opere d’arte potesse essere conclusa. Più della pavidità maschile fu il coraggio femminile a permettere il rientro di tante opere d’arte in Italia. Lei sottolinea spesso il ruolo fondamentale delle comunità per la conservazione e la tutela di beni artistici e non solo. Quali azioni, magari semplici e immediate, possiamo mettere in campo come cittadini, ma anche come genitori e come nonni?

Le persone over già fanno un’azione incredibile. Girando l’Italia ho in-

contrato centinaia di associazioni e libere aggregazioni di persone che, molto più di ministeri, sopraintendenze, sottosegretari, si prendono cura, attenzione, amore, premura del patrimonio che è vicino a loro. Non i grandi capolavori, Michelangelo, Raffaello, tutti quelli che conosciamo e sono blindati e sorvegliati dalle telecamere, ma il patrimonio incredibile delle nostre piccole province, comuni, città, è in gran parte difeso, custodito, curato, dal piccolo oratorio, dalla pieve, dal museo di campagna, da nugoli di associazioni fatte in gran parte di persone, spesso non giovani, che sono importantissime. L’Italia da salvare è proprio quella, non l’Italia dei monumenti, è l’Italia di quelle persone che guardano quei monumenti e dicono loro: “io mi prenderò cura di voi”. Diceva Simone Weil: “L’amore è la durata dell’attenzione». È proprio vero: l’amore è la durata dell’attenzione di queste persone verso i luoghi che curano, che lasciano aperti, che permettono vi si creino progetti e attenzione. Fanno loro prendere vita e così possono essere condivisi e conosciuti anche dalle nuove generazioni.

IL LIBRO

«Mentre Napoleone conquista l’Italia, Antonio Canova scolpisce meraviglie che tutti conosciamo, Amore e Psiche, Ebe, Le tre grazie. Di lui s’innamora anche l’imperatore e gli offre molte commissioni, anche se butta via il bozzetto del suo ritratto nudo come un dio greco.

Non solo racconto il rapporto tra Canova, che accetta che tantissimi capolavori vengano portati via dall’Italia, e Napoleone, ma anche la sua storia d’amore con Domenica, che però arriva a rifiutare di sposarlo.

Quando iniziano le sconfitte dei francesi, prima la Russia e dopo Waterloo, lo scultore veneto riceve l’incarico di riportare in Italia parte delle opere razziate. Nel 1815 avviene la prima grande restituzione di opere d’arte della storia dell’umanità: Canova ne è l’artefice. Grazie a lui l’idea della tutela e del patrimonio inizia a diffondersi».

Il romanzo che narra queste vicende e che porta in appendice elenchi impressionanti di saccheggi e riconsegne s’intitola Candore immortale. Antonio Canova, una storia d’amore, d’arte e di libertà nell’Europa infiammata da Napoleone ed è edito da Rizzoli.

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“NON UNO DI MENO”, LA VITA DELLE PERSONE DOWN TRA ASSISTENZA E AUTONOMIA

Diventare adulti con la sindrome di Down significa per molti restare a casa, specie se si vive al Sud o nelle Isole: solo poco più del 13% dei soggetti riesce a trovare un lavoro con un contratto, e solo il 35% di coloro che svolgono un’attività percepisce uno stipendio regolare. Per la prima volta, un’indagine nazionale curata da Censis e Aipd, Associazione Italiana Persone Down, ha fotografato la situazione in Italia, e quello che è emerso è un bisogno di inclusione sociale più che di assistenza medica in senso stretto. Il questionario è stato somministrato al genitore o a chi si occupa primariamente della persona Down in casa, per un totale di circa 1.200 persone coinvolte, che hanno risposto alle domande online o nelle 41 sedi Aipd che

Società

hanno aderito all’iniziativa. 58 le domande, con un tempo medio di risposta di circa tre quarti d’ora, secondo quanto riferito dai partecipanti. L’indagine, che si è svolta da marzo a giugno, rappresenta il primo passo del progetto “Non uno di meno”, che intende promuovere il miglior stato di salute possibile e la piena integrazione sociale delle persone con sindrome di Down, facilitando la presa in carico delle istituzioni sociosanitarie territoriali e sollecitando una risposta istituzionale nei territori ancora “scoperti” dal punto di vista assistenziale.

Le famiglie chiedono più supporto per educare all’autonomia e alla vita indipendente e, da quanto emerge dai dati raccolti, hanno una percezione del livello di disabilità che cresce con l’aumentare dell’età della persona assistita. Oltre i 45 anni, la disabilità viene vissuta come grave dal 20,9% dei caregiver e molto grave dal 18,6%, con un aumento molto netto rispetto alla fascia 25-44, dove la disabilità è percepita come grave dall’8,2% e molto grave dall’1% dei familiari.

«È un segno di come manchino i servizi e le risposte per gli adulti con sindrome di Down - ha spiegato Anna Contardi, coordinatrice nazionale di Aipd, che ha seguito l’indagine - e questo deve indicare una strada alle istituzioni e a noi associazioni».

Un altro elemento che mette in evidenza la necessità di maggiore supporto esterno nella cura è il dato sul lavoro del caregiver: dalle risposte al questionario è emerso che il 25,9% delle donne che si occupano di una persona Down ha ridotto il lavoro, passando dal tempo pieno al part-time, mentre il 20,4% ha lasciato o ha perso il proprio impiego.

Passi avanti di rilievo sono stati fatti nella diagnosi, che sempre più spesso viene comunicata ai genitori durante

I dati emersi dall’indagine di Censis e Aidp, mostrano la necessità di fornire, a chi è affetto dalla Sindrome di Down, più occasioni di inclusione che assistenza medica. C’è più consapevolezza verso il loro disagio, ma la famiglia resta ancora il punto di riferimento principale

la gravidanza: il 46,4% delle madri e dei padri di bambini con meno di sei anni, ha dichiarato di aver ricevuto la diagnosi prima della nascita del figlio, contro l’1,5% dei genitori che oggi hanno un figlio fra i 25 e i 45 anni. Un segnale del progresso medico in campo diagnostico, ma anche della volontà di molti genitori di portare comunque avanti la gravidanza con questa nuova consapevolezza, segno di un cambiamento sociale positivo nella percezione delle persone con Sindrome di Down.

La famiglia resta ancora oggi il soggetto centrale della presa in carico, e i genitori che hanno risposto alla domanda su quali siano i fattori che li abbiano aiutati di più nei primi tempi, hanno indicato il supporto relazionale con i loro genitori, amici e parenti (40% degli intervistati).

Se le persone con Sindrome di Down restano prevalentemente a casa e solo nell’1,2% dei casi, fra i soggetti intervistati, si parla di permanenza in strutture specializzate, c’è da rilevare una carenza di servizi che cresce con l’aumentare dell’età. Perché fino ai 14 anni oltre il 90% dei ragazzi frequenta la scuola, mentre fra i 25 e i 44 solo il 39,3% lavora, il 24,3% frequenta un centro diurno e il restante 27,6% rimane a casa senza svolgere un’attività. Dopo i 44 anni di età, la situazione peggiora ulteriormente perché solo il 9% lavora, il 41,3% frequenta un centro diurno e il 44,8% non ha alcun impegno fuori da casa. Questi dati devono anche essere letti in funzione di disparità regionali, perché la tendenza a restare a casa prevale nel Mezzogiorno, con il 33% del campione,

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Società

a fronte dell’8,8% delle regioni del Nord-Est.

«Non è un caso che il modello di convivenza familiare, che è prevalente, cambi al crescere dell’età della persona Down - ha spiegato Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis durante la presentazione dei dati - ossia dal nucleo composto dai genitori e altri fratelli a quello dove ci sono solo i genitori o uno solo di loro, mentre sono poi chiamati in causa anche i fratelli, con cui vive il 26,1% degli over 44enni. Una famiglia talvolta sola, spesso disorientata, che indica tra le difficoltà maggiori quella di dover cercare autonomamente i servizi a cui rivolgersi e che denuncia la carenza sociale di informazioni corrette sulla Sindrome di Down». Anche in età scolare, dove l’istruzione resta la prima grande opportunità di inclusione sociale, non mancano i problemi segnalati nelle risposte al questionario: le famiglie lamentano spesso una scarsa preparazione degli insegnanti curricolari, soprattutto nella fascia degli adolescenti, e dunque negli istituti superiori, ma anche degli insegnanti di sostegno. Inoltre, a conclusione del percorso scolastico, si perdono i riferimenti acquisiti e spesso anche le opportunità di socializzazione e di relazione con gli altri, soprattutto coetanei, mentre l’inserimento lavorativo è ancora appannaggio di pochi (solo il 15,8% degli over 15). Oltre la metà dei ragazzi Down non riceve mai amici in casa e non si reca da loro, oltre il 60% non esce mai con i coetanei. Quasi il 90% partecipa comunque ad attività sportive o simili, ma si tratta sempre di occasioni formali e strutturate, quasi mai spontanee e organizzate in prima persona con altri adolescenti. Il 24% ha una vita relazionale affettiva, ma solo il 2,5% ha una relazione sessuale,

percentuale che aumenta al 4,3% fra i 25 e i 44 anni.

I servizi disponibili scontano ancora oggi gravi disparità territoriali: risultano infatti presenti per il 63% degli intervistati che vivono nel Nord-Est, ma solo per il 33% dei residenti al Sud e nelle Isole. Le carenze maggiori si riscontrano nei servizi dedicati alle persone con disabilità intellettiva nelle Asl, e le terapie riabilitative a cui ci si rivolge sono prevalentemente neuro e psicomotricità e logopedia, ma sempre nella fascia della prima infanzia e pre-adolescenza. Solo nel 2,7% dei caso gli over 44 hanno accesso a una terapia . Nella maggior parte dei casi, le difficoltà incontrate dalle famiglie riguardano l’integrazione e la socialità, più che gli aspetti puramente sanitari. I caregiver faticano a orientarsi tra i servizi sociosanitari nel 48% dei casi, e riscontrano problemi con la scuola nel 51%.

Alla domanda su quali potrebbero essere gli interventi da proporre, quasi la metà degli intervistati risponde con la richiesta di progetti

di educazione all’autonomia e alla vita indipendente, l’offerta di servizi per il tempo libero, più politiche di inclusione lavorativa e il 33,8% con la presa in carico complessiva della persona.

«L’indagine mette in risalto le reali condizioni delle persone con Sindrome di Down - ha spiegato Gianfranco Salbini, presidente Aipd - ed evidenzia in tutti gli ambiti quali siano le condizioni ottimali e quali le esigenze da attuare per rendere la vita sempre più adeguata, perseguire l’inserimento lavorativo e completare il percorso di autonomia con la vita indipendente».

Il progetto “Non uno di meno” continua oggi con la seconda fase, ossia la formazione di presidenti e operatori dell’associazione Aipd, attraverso un seminario in presenza e vari webinar tematici. La terza azione, che porterà l’iniziativa a conclusione, sarà l’attivazione di un servizio di consulenza, attraverso la mappatura dei servizi per la disabilità sul territorio, e l’avvio di percorsi di orientamento ai servizi dedicati.

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IN FARMACIA www.poolpharma.it

Scienze

Killer silenzioso, ladro invisibile della vista. C’è ma non si vede. Colpisce nell’ombra, agisce indisturbato e quando viene scoperto spesso è troppo tardi. Stiamo parlando del glaucoma, la malattia che danneggia progressivamente il nervo ottico, che colpisce in Italia circa un milione e 200mila persone. Chi ne è affetto potrebbe non accorgersene a lungo perché la malattia nelle fasi iniziali è asintomatica. Il glaucoma progredisce lentamente e negli stadi terminali comporta la perdita della vista. Il danno è irreversibile. Ma la buona notizia è che la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono evitare la disabilità visiva. Per questo è fondamentale effettuare periodicamente visite di controllo dall’oculista. E gli esperti non perdono occasione di ricordarlo. Tra questi, Stefano Miglior, presidente dell’Associazione Italiana Studio Glaucoma (AISG), cui abbiamo chiesto di spiegarci in cosa consiste e come si può prevenire questa malattia della vista che, a ragione, spaventa così tanto.

Professor Miglior, cos’è il glaucoma? Quali danni provoca? Il glaucoma è una malattia degenerativa cronica che consiste in una progressiva perdita delle fibre nervose che collegano l’occhio al cervello. Questo processo comporta la perdita della capacità di vedere ciò che sta nella porzione di spazio intorno all’oggetto che viene fissato. Non è detto che la malattia si sviluppi contemporaneamente in entrambi gli occhi, ma nella stragrande maggioranza dei casi il danno è bilaterale. Come si manifesta?

Purtroppo negli stadi iniziali, ma anche in quelli più avanzati la malattia è per lo più asintomatica perché si sviluppa lentamente, poco alla volta. La perdita visiva non viene per-

IL GLAUCOMA E L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE

Una patologia debilitante e cronica che porta ad una progressiva perdita della vista. Ma, se diagnosticata in tempo e trattata in modo appropriato, è possibile limitare di molto i danni di Giovanna Dall’Ongaro

cepita per lungo tempo. Ciò succede perché la capacità visiva dell’occhio meno danneggiato vicaria quella in parte persa dall’occhio compromesso. Questo processo compensatorio, che nell’immediato può essere considerato un vantaggio, rappresenta in realtà un intralcio alla diagnosi. Ecco allora, veniamo alla questione cruciale… Come si fa la diagnosi?

La diagnosi avviene durante una normale visita oculistica. È rarissimo che il paziente sia spinto ad andare dall’oculista perché insospettito da qualche anomalia della vista. È solo nella fase più avanzata che il campo visivo alterato diventa manifesto e inizia a creare qualche problema. In questi casi la persona riesce a vedere ancora bene ciò che gli sta davanti, ma percepisce

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PRES S I ENO

poco o nulla di quel che c’è attorno all’oggetto al centro del campo visivo. E così potrebbe facilmente inciampare sui gradini, sbattere contro gli spigoli dei mobili o gli stipiti delle porte.

Chi deve sottoporsi alla visita oculistica e quando?

Tutti, indipendentemente dalla storia clinica personale, devono effettuare una visita oculistica di controllo a partire dai 40 anni di età una volta ogni due anni. Nel corso della visita viene effettuata l’analisi del fondo dell’occhio e vengono valutate eventuali alterazioni della papilla ottica, la porzione intraoculare del nervo ottico. Viene eseguito l’esame della pressione dell’occhio che, quando è alta, è uno dei fattori di rischio più importanti del glaucoma. Nel caso, si esegue l’esame del campo visivo che permette di conoscere lo stadio della malattia e di monitorarne la progressione. Una volta avuta la diagnosi, come si interviene?

A quel punto bisogna iniziare immediatamente la terapia, il cui obiettivo principale è quello di ab -

bassare la pressione dell’occhio ricorrendo a colliri specifici. È stato infatti dimostrato che anche nelle persone che hanno una pressione oculare nella norma (il 20-30% dei pazienti con glaucoma) questa strategia è la più efficace. Esistono anche trattamenti di supporto con molecole neuroprotettive al fine di aumentare la resistenza del nervo ottico, ma attualmente il trattamento standard consiste nell’abbassare la pressione dell’occhio. Se la malattia è in una fase iniziale ci si può affidare al trattamento con il laser per evitare o rimandare l’uso delle gocce. I colliri, infatti, vanno usati da una a tre volte al giorno per tutta la vita. La terapia è quindi impegnativa e può compromettere la qualità di vita. Nei casi che sfuggono al controllo della pressione dell’occhio attraverso i colliri si ricorre alla chirurgia. Esiste una soglia ideale di pressione oculare da raggiungere per mettere al sicuro la vista? Il valore pressorio da raggiungere dipende da vari fattori. Se il paziente è giovane vale la pena ottenere

un abbassamento più marcato. Se la malattia è in fase avanzata è necessario un abbassamento pressorio considerevole. Nella persona molto anziana con una malattia allo stadio iniziale, invece, non è necessario puntare a un abbassamento elevato della pressione. La terapia viene calibrata in base alle caratteristiche individuali e cliniche del singolo paziente.

Quali sono i fattori di rischio? Esistono individui con maggiori probabilità di ammalarsi?

Il fattore di rischio più importante, come abbiamo detto, è un’elevata pressione dell’occhio. Un altro fattore di rischio importante e insospettabile è la pressione arteriosa bassa che comporta una ridotta ossigenazione del nervo ottico. I soggetti miopi, le persone di etnia afro-americana, i parenti di pazienti con glaucoma sono più suscettibili. Mentre nella popolazione generale la visita oculistica viene consigliata una volta ogni due anni, per chi ha familiarità con la malattia è necessario controllare la vista una volta l’anno già in giovane età.

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Prevenzione
Drenaggio del canale bloccato Se troppo fluido rimane nell’occhio, aumenta la pressione Alta pressione Danno del nervo ottico

LE PATOLOGIE DA INSTABILITÀ ARTICOLARE

Si parla di “instabilità articolare” quando la capacità contenitiva dei legamenti e della capsula (costituita da un manicotto fibroso che avvolge e protegge l’ambiente interno delle articolazioni) di una o più articolazioni non è più fisiologica e dà origine ad una condizione di eccessiva mobilità dei capi articolari. Gli effetti della patologia articolare per instabilità sono sempre la conseguenza di un problema preesistente. Si divide in due forme principali: la prima categoria racchiude le forme “congenite”, mentre la seconda riguarda le forme “acquisite”. Per quanto concerne la forma congenita, questa deriva normalmente da una condizione di ipermobilità delle articolazioni dovuta a “lassità legamentosa”. I legamenti rappresentano il più importante dei fattori stabilizzanti delle articolazioni del corpo. Alcuni individui nascono e crescono con i legamenti del corpo più laschi (ossia meno tesi) e la conseguenza è che tutte le articolazioni del corpo sono troppo mobili (come succede, ad esempio, nel

caso estremo dei contorsionisti). In questi soggetti la condizione di ipermobilità coinvolge chiaramente tutte le articolazioni del corpo costituendo un precedente che favorisce la patologia precoce di tutte le articolazioni. In questo modo si prepara il terreno per una erosione precoce della cartilagine che porta ad una artrosi precoce con osteofiti, ma anche usura degli annessi articolari come, ad esempio, avviene per i menischi nelle ginocchia. Aumenta notevolmente il rischio di sublussazioni e, nei casi più inveterati, di lussazioni vere e proprie. Le forme acquisite sono invece quasi sempre la conseguenza di un trauma

QUANDO

che ha modificato il coefficiente di stabilità dei capi articolari, come succede nelle distrazioni dei legamenti o, ancor peggio, nelle loro rotture parziali o totali. Sono questi i casi in cui è fortemente consigliata la chirurgia, necessaria per ripristinare le corrette condizioni di stabilità e contenzione delle articolazioni. Ma la condizione di ipermobilità può dipendere anche dal cambiamento dei rapporti articolari tra due ossa contigue dovuta, ad esempio, all’erosione della cartilagine articolare, oppure, per quanto concerne la colonna vertebrale, per la perdita di spessore del disco intervertebrale, oppure per lo scivolamento anteriore

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È
LA CHIRURGIA Nelle forme più gravi, laddove le cure di tipo conservativo non abbiano potuto migliorare e compensare l’instabilità, in seguito ad un numero eccessivo di episodi di tendiniti, di distorsioni e, ancor peggio, di sublussazioni e lussazioni, è necessario ricorrere alla chirurgia (normalmente in artroscopia). Scelta a volte indispensabile anche per prevenire la possibilità che i compensi danneggino altre articolazioni. L’ipermobilità funzionale espone le articolazioni ad un maggiore rischio di traumi e porta ad un processo artrosico precoce
INDICATA
Scienze
di Alessandro Mascia

o laterale delle vertebre stesse. Anche nell’arto inferiore si può avere la perdita dei corretti rapporti articolari, come avviene, ad esempio, nelle ginocchia valghe (cosiddette “a X”), oppure in caso di piede piatto. I fattori che garantiscono la stabilità delle articolazioni sono molti. Come già evidenziato, il primo è dato dalla stabilità della tensione dei legamenti ma sono indispensabili anche la capacità coartante indotta dalla natura fibrosa (quindi non elastica) della capsula articolare. Abbiamo inoltre la forza muscolare e, non da ultima, una pressione negativa interna delle articolazioni (tipo effetto sottovuoto).

A tale proposito, una causa di instabilità acquisita può essere proprio l’ipotonia muscolare, ossia la debolezza muscolare tipica dei sedentari e dei soggetti più anziani, che può dipendere dalla mancanza di allenamento come può anche essere la conseguenza di patologie neurologiche centrali o periferiche (ad esempio, nelle lesioni periferiche dei nervi oppure nelle emiplegie o paraplegie).

Nei soggetti con instabilità articolare è fondamentale la prevenzione. È necessario intervenire precocemente praticando attività sportive che non espongano le articolazioni a stress meccanici particolarmente accentuati, ma che permettano al sistema muscolare di costruire e mantenere un buon tono muscolare. Sono inoltre fondamentali esercizi di allenamento dell’equilibrio per stimolare il controllo propriocettivo ed esterocettivo delle articolazioni. Sono ad esempio consigliati sport fuori carico come il nuoto o le varie ginnastiche in acqua, ma anche le ginnastiche a corpo libero che si praticano nelle palestre oppure all’aperto. In caso di dolore o traumi articolari è necessaria la fisioterapia per ridurre la componente infiammatoria e migliorare il coefficiente di stabilità delle articolazioni.

Alcuni sport possono favorire più di altri l’instabilità articolare a causa della sollecitazione eccessiva particolarmente concentrata su singole articolazioni e, in questo caso, ovviamente a soffrirne sono di solito i soggetti più giovani. Per la spalla abbiamo ad esempio il tennis, il nuoto, la pallavolo, la pallanuoto. Per il ginocchio abbiamo il calcio, il rugby, la pallacanestro. Questi dati non stanno a significare che questi sport siano pericolosi, ma evidenziano l’importanza di una efficace ed efficiente preparazione atletica di base. È fondamentale il corretto equilibrio dei gruppi muscolari cosiddetti agonisti e antagonisti.

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Salute
SPORT A MAGGIORE RISCHIO DI TRAUMI

IL PESOFORMA? SOTTO CONTROLLO MA SENZA ANSIA

C’

è un momento nella vita in cui la bilancia all’improvviso diventa un’incomprensibile avversaria. “Prendo peso, eppure mangio come prima”, “vado in palestra, cammino, ma la pancia non va giù”. Accade soprattutto alle donne con l’arrivo della menopausa: i livelli di estrogeni calano bruscamente e si sommano ad altri processi legati al passare degli anni. Le abitudini di vita che fino a quel momento ci avevano consentito di vivere in equilibrio e benessere ora sembrano non bastare più. Che fare? Non ci sono ricette universali, ma alcune strategie possono aiutare a limitare l’aumento di peso e tenersi in forma.

OCCHIO ALL’OROLOGIO

È importante quanto e che cosa si mangia, ma anche “quando”. Meglio evitare i digiuni selvaggi, mentre può essere ragionevole limitare l’assunzione di cibo nelle ore serali. Molto dipende da fattori individuali, come l’attività fisica svolta nella giornata, il rapporto fra massa grassa e massa magra, l’assetto ormonale, la salute dell’intestino e la composizione del microbiota, ma in generale si può provare questo schema quotidiano: colazione alle 8 (mai saltarla, poiché aiuta a regolare i livelli di energia e ad appagare l’appetito senza arrivare affamati alla pausa pranzo); un pranzo bilanciato, preferibilmente non tardi e, se proprio si deve, meglio fare uno spuntino verso le 11.30; una merenda alle 16; un pasto frugale la sera, non dopo le 20; se si fa sport tardi, via libera a uno spuntino nutriente due o tre ore prima (evitando snack troppo dolci o troppo salati) e poi una cena leggera.

Scienze www.spazio50.org | gennaio 2023 74

ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA

Varietà ed equilibrio sono le parole d’ordine per un’alimentazione salutare nel periodo della menopausa. Detto altrimenti: meglio tenersi nel limite inferiore dell’apporto di carboidrati, scegliere i grassi “buoni” (olio extravergine di oliva, frutta secca, semi, pesce azzurro) e un introito proteico sostenuto. Grassi e proteine dovrebbero provenire preferibilmente da alimenti di origine vegetale, per avere in contemporanea un apporto di fibra, vitamine, minerali e fitonutrienti, con un beneficio per la pressione sanguigna, sul colesterolo, sulla glicemia e sul controllo del peso corporeo.

LA DIETA MEDITERRANEA

È considerata fra i regimi alimentari più equilibrati, ma attenzione a non equivocare: la vera dieta mediterranea non è basata su grandi quantità di pasta e pizza, ma su una prevalenza di verdura e frutta, di cereali integrali, legumi, noci, semi e olio extravergine d’oliva; poca carne rossa, pollame e un po’ più di pesce. I vantaggi? Meno rischi di sovrappeso, diabete, cardiopatie, alcune forme di tumore; intestino più sano e attivo e qualche beneficio anche per il tono dell’umore e contro i sintomi della menopausa.

MANTENERSI ATTIVI

Se si parla di peso, ovvero di un bilancio fra energia in ingresso e in uscita, non si può non considerare l’esercizio fisico. Importante durante tutta la vita, dopo i 40 anni diventa fondamentale, soprattutto di fronte ai cambiamenti ormonali e alle alterazioni dell’umore; le evidenze scientifiche mostrano che può fare una differenza importante nella prevenzione di malattie diffuse come quelle cardiovascolari, il diabete, l’ipertensione e le dislipi-

demie. Riduce il rischio di cadute e migliora l’equilibrio. Ma quale tipo di movimento? Meglio se comprende esercizio aerobico e muscolare. Pedalare, camminare a passo svelto, correre, nuotare migliorano la circolazione, aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e a ridurre l’infiammazione. Rafforzare la muscolatura aiuta a utilizzare i nutrienti anziché accumularli in riserve corporee.

ATTENZIONE ALLE TRAPPOLE

Ci sono fattori e circostanze nella vita di ogni giorno che concorrono all’aumento di peso. Alcuni si possono evitare, altri no, ma è bene conoscerli e tenerli in considerazione: il lavoro sedentario, la dispensa piena di cibi processati e confezionati, la mancanza di sonno, lo stress, la genetica, l’uso di certi farmaci.

EVITARE I PASSI FALSI

Gli errori più comuni da evitare? Concentrarsi troppo sul peso corporeo e non sul girovita, dove si può accumulare grasso associato a condizioni rischiose per la salute, affidarsi a diete drastiche per periodi limitati invece di ripensare al modo di mangiare e allo stile di vita quotidiana nel suo complesso (obiettivo più difficile, ma molto più gratificante e decisamente più efficace).

COME SI CALCOLA

• Indice di Massa Corporea (IMC): si divide il proprio peso in chilogrammi per l’altezza in metri, elevata al quadrato (IMC=kg/(m2). Se il risultato è: minore di 18,5: sottopeso fra 18,5 e 24,99 : normopeso maggiore di 24,99 : sovrappeso.

• Rapporto Vita-Fianchi (WHR): misura la distribuzione del tessuto adiposo su addome e fianchi. Dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e a 0,8 nelle donne.

• Circonferenza vita: non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle donne, meglio ancora se al di sotto dei 94 cm e degli 80 cm.

In caso di dubbi, è sempre bene chiedere indicazioni al medico di fiducia o a un nutrizionista.

COME SI CAMBIA

Siamo predisposti a cambiare con l’età, anche quando non prendiamo peso. La massa grassa passa dal 40% dei vent’anni al 50% a 60 anni; quella muscolare diminuisce in media di circa 3 kg: questa riduzione, che inizia intorno ai 25 anni, è lenta e graduale fino ai 50 anni, e accelera con la menopausa. La risposta migliore? Fare attività fisica, nel modo più salutare e corretto.

a cura di Fondazione Umberto Veronesi
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IL PESO, TRA CALCOLI E CAMBIAMENTI

DECRETO AIUTI QUATER: LE MISURE DEL NUOVO GOVERNO

Il dettaglio di tutte le misure di sostegno, dal tetto al contante alle modifiche sul Superbonus 110%, messe in atto per fronteggiare la crisi

Per contrastare la situazione di crisi che il nostro Paese sta attraversando, il nuovo Governo ha approvato il Decreto Aiuti quater (D.L. 18/11/2022, n. 146, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 270), recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica, vediamo i punti salienti, di nostro interesse.

BENEFIT AZIENDALI ESENTASSE

La misura punta a incrementare gli stipendi dei lavoratori attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas). A tal fine, per il 2022 è stato elevato il tetto dell’esenzione fiscale dei cosiddetti “fringe benefit” aziendali, portandolo a 3mila euro (in luogo dei 600 euro previsti dal Decreto Aiuti bis).

TETTO AL CONTANTE

Dal 1°/01/2023 la soglia massima per il pagamento in contanti passa da 1.000 a 5.000 euro.

SUPERBONUS

Un particolare cenno va fatto alle modifiche che interessano il Superbonus 110%. Detta misura, dai risvolti molto contrastanti, viene rimodulata, anticipatamente, con riduzione dal 110 al 90% per le spese sostenute nel 2023 per i condomini e si introduce la possibilità, anche per il 2023, di accedere al beneficio per i proprietari di singole abitazioni, a condizione che si tratti di prima casa e che i proprietari stessi non raggiungano una determinata soglia di reddito (15mila euro l’anno, in-

nalzati in base al quoziente familiare).

Il Superbonus, invece, rimane al 110% fino al 31/03/2023 per le villette unifamiliari che abbiano completato il 30% dei lavori entro il 30/09/2022.

Per i condomini continuerà ad applicarsi il Superbonus al 110%, nei casi previsti all’articolo 9 comma 2 lettera a): agli interventi per i quali, alla data del 25/11/2022, risulti effettuata, ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del citato D.L. n. 34 del 2020, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e, in caso di interventi su edifici condominiali, all’ulteriore condizione che la delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori risulti adottata in data antecedente al 25/11/ 2022;

agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali, alla medesima data del 25/11/2022, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo. In altre parole in merito alla disposizione di cui alla citata lettera a):

i lavori devono riguardare una CILA presentata al Comune di competenza entro il 25/11/2022;

l’Assemblea di Condominio abbia deliberato i relativi lavori in data antecedente il 25/11/2022.

In particolare, è opportuno precisare che il verbale di assemblea deve contenere tutti gli elementi essenziali, quali: i lavori da eseguire, l’importo dei lavori, la scelta della ditta e del professionista progettista. Sempre a tale fine, è opportuno anche ricordare che, qualora ci si trovi in un condo-

minio per il quale non vi è l’obbligo della nomina dell’amministratore (articolo 1129 del Codice civile, che stabilisce quando interviene l’obbligo di nomina), il bonus - in presenza di tutti gli altri requisiti di legge - è comunque riconosciuto, così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 196/2022).

CARO BOLLETTE

Per fronteggiare l’incremento dei costi dell’energia, le imprese potranno richiedere ai fornitori la rateizzazione, per un massimo di 36 rate mensili, degli importi dovuti relativi alla componente energetica di elettricità e gas naturale per i consumi effettuati dal 1°/10/2022 al 31/03/2023 e fatturati entro il 30/09/2023. La richiesta di rateizzazione riguarda gli importi eccedenti l’importo medio contabilizzato, a parità di consumo, nel periodo di riferimento compreso tra il 1°/01 e il 31/12/2021.

A tal fine, le imprese interessate potranno formulare apposita istanza ai fornitori, secondo modalità semplificate che saranno stabilite con decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy (ex Mise), da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

a cura di Alessandra De Feo
www.spazio50.org | gennaio 2023 76 Fisco

CHI NE HA DIRITTO

La “pensione anticipata flessibile” consentirà, solo per il 2023, a tutti i lavoratori dipendenti, del pubblico impiego, autonomi e parasubordinati di andare in pensione entro il 31 dicembre 2023. I requisiti sono almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età.

PENSIONE QUOTA 103

Vieni a trovarci presso la sede 50&PiùEnasco a te più vicina. Dopo un’analisi personalizzata della tua posizione contributiva, valuteremo il diritto alla pensione e cureremo l’inoltro della domanda.

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PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE ISTITUTO DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE
ISTITUTO DI
POTRESTI ACCEDERE ALLA PENSIONE ANTICIPATA CON QUOTA
Hai
almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi?
103.

Abruzzo Telefono

L’Aquila - Viale Corrado IV, 40/F 0862204226

Chieti - Via F. Salomone, 67 087164657

Pescara - Via Aldo Moro, 1/3 0854313623

Teramo - Corso De Michetti, 2 0861252057

Basilicata Telefono

Matera - Via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714

Potenza - Via Centomani, 11 097122201

Calabria Telefono

Cosenza - Viale degli Alimena, 5 098422041

Catanzaro - Via Milano, 9 0961721246

Crotone - Via Regina Margherita, 28 096221794

Reggio Calabria - Via Tenente Panella, 20 0965891543

Vibo Valentia - Via Spogliatore snc 096343485

Campania Telefono

Avellino - Via Salvatore De Renzi, 28 082538549

Benevento - Via delle Puglie, 28 0824313555

Caserta - Via Roma, 90 0823326453

Napoli - Via Cervantes, 55 int. 14 0812514037

Salerno - Via Zammarelli, 12 089227600

Emilia Romagna Telefono

Bologna - Strada Maggiore, 23 0516487548

Forlì - Piazzale della Vittoria, 23 054324118

Ferrara - Via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211

Modena - Via Begarelli, 31 0597364203

Piacenza - Strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61

Parma - Via Abbeveratoia, 61/A 0521944278

Ravenna - Via di Roma, 104 0544515707

Reggio Emilia - Viale Timavo, 43 0522708565-553

Rimini - Viale Italia, 9/11 0541743202

Friuli Venezia Giulia Telefono

Gorizia - Via Vittorio Locchi, 22 048132325

Pordenone - Piazzale dei Mutilati, 6 0434549462

Trieste - Via Mazzini, 22 0407707340

Udine - Viale Duodo, 5 0432538707-538705

Lazio Telefono

Frosinone - Via Moro, 481 0775855273

Latina - Via dei Volsini, 60 0773611108

Rieti - Largo Cairoli, 4 0746483612

Roma - Via Cola di Rienzo, 240 0668891796

Viterbo - Via Belluno, 39/G 0761341718

Liguria

Telefono

Genova - Via XX Settembre, 40/5 010543042

Imperia - Via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334

La Spezia - Via del Torretto, 57/1 0187731142

Savona - Corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582

Lombardia Telefono

Bergamo - Via Borgo Palazzo, 133 0354120126

Brescia - Via Trento, 15/R 0303771785

Como - Via Bellini, 14 031265361

Cremona - Via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715

Lecco - Piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279

Lodi - Via Giovanni Haussmann, 1 0371432575

Mantova - Via Valsesia, 46 0376288505

Milano - Corso Venezia, 47 0276013399

Pavia - Via Ticinello, 22 038228411

Sondrio - Via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311

Varese - Via Valle Venosta, 4 0332342280

Marche Telefono

Ancona - Via Alcide De Gasperi, 31 0712075009

Ascoli Piceno - Viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102

Macerata - Via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

Pesaro - Strada delle Marche, 58 0721698224/5

Molise Telefono

Campobasso - Via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194

Isernia - Via XXIV Maggio, 331 0865411713

Piemonte Telefono

Alba - Piazza S. Paolo, 3 0173226611

Alessandria - Via Trotti, 46 0131260380

Asti - Corso Felice Cavallotti, 37 0141353494

Biella - Via Trieste, 15 01530789

Cuneo - Via Avogadro, 32 0171604198

Novara - Via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232

Torino - Via Andrea Massena, 18 011533806

Verbania - Via Roma, 29 032352350

Vercelli - Via Duchessa Jolanda, 26 0161215344

Puglia Telefono

Bari - Piazza Aldo Moro, 28 0805240342

Brindisi - Via Appia, 159/B 0831524187

Foggia - Via Luigi Miranda, 8 0881723151

Lecce - Via Cicolella, 3 0832343923

Taranto - Via Giacomo Lacaita, 5 0997796444

Sardegna Telefono

Cagliari - Via Santa Gilla, 6 070280251

Nuoro - Galleria Emanuela Loi, 8 0784232804

Oristano - Via Sebastiano Mele, 7/G 078373612

Sassari - Via Giovanni Pascoli, 59 079243652

Sicilia Telefono

Agrigento - Via Imera, 223/C 0922595682

Caltanissetta - Via Messina, 84 0934575798

Catania - Via Mandrà, 8 095239495

Enna - Via Vulturo, 34 093524983

Messina - Via Santa Maria Alemanna, 5 090673914

Palermo - Via Emerico Amari, 11 091334920

Ragusa - Viale del Fante, 10 0932246958

Siracusa - Via Eschilo, 11 093165059-415119

Trapani - Via Marino Torre, 117 0923547829

Toscana Telefono

Arezzo - Via XXV Aprile, 12 0575354292

Carrara - Via Don Minzoni,20/A 058570973-570672

Firenze - Via Costantino Nigra, 23-25 055664795

Grosseto - Via Tevere, 5/7/9 0564410703

Livorno - Via Serristori, 15 0586898276

Lucca - Via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170

Le sedi 50&Più provinciali

Pisa - Via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30

Prato - Via San Jacopo, 20-22-24 057423896

Pistoia - Viale Adua, 128 0573991500

Siena - Via del Giglio, 10-12-14 0577283914

Trentino Alto Adige

Telefono

Bolzano - Mitterweg - Via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032

Trento - Via Solteri, 78 0461880408

Umbria Telefono

Perugia - Via Settevalli, 320 0755067178

Terni - Via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152

Valle d’Aosta Telefono

Aosta - Piazza Arco d’Augusto, 10 016545981

Veneto Telefono

Belluno - Piazza Martiri, 16 0437215264

Padova - Via degli Zabarella, 40/42 049655130

Rovigo - Viale del Lavoro, 4 0425404267

Treviso - Via Sebastiano Venier, 55 042256481

Venezia Mestre - Viale Ancona, 9 0415316355

Vicenza - Via Luigi Faccio, 38 0444964300

Verona - Via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

Le sedi 50&Più all’estero

Argentina Telefono

Buenos Aires 0054 11 45477105

Villa Bosch 0054 9113501-9361

Australia Telefono Perth 0061 864680197

Belgio Telefono Bruxelles 0032 25341527

Brasile Telefono

Florianopolis 0055 4832222513

San Paolo 0055 1132591806

Canada Telefono

Burnaby - Vancouver BC 001 6042942023

Hamilton 001 9053184488

Woodbridge 001 9052660048

Montreal Riviere des Prairies 001 5144946902

Montreal Saint Leonard 001 5142525041

Ottawa 001 6135674532

St. Catharines 001 9056466555

Toronto 001 4166523759

Germania Telefono Dusseldorf 0049 021190220201

Spagna Telefono

Valencia 0034 961030890

Svizzera Telefono Lugano 0041 919212050

Uruguay Telefono Montevideo 0059 825076416

USA Telefono

Fort Lauderdale 001 9546300086

50&Più SISTEMA ASSOCIATIVO E DI SERVIZI VITA ASSOCIATIVA ASSISTENZA PREVIDENZIALE ASSISTENZA

FISCALE

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4-11 giugno 11-18 giugno 7 notti 8 giorni

SERENÈ VILLAGE BLUSERENA a Marinella di Cutro in Calabria, sul Mare Ionio

“Incontri 50&Più” è un evento importante, una grande festa di inizio estate dove oltre 2.000 soci 50&Più si ritroveranno per condividere il piacere di una vacanza, all’insegna del bel mare, del divertimento e del relax. Il soggiorno personalizzato e arricchito con attività culturali, incontri dedicati, corsi danza con “gara di ballo”, tornei di burraco e altri divertimenti, oltre all’assistenza in loco dello staff 50&Più e 50&Più Turismo, sono il vero valore aggiunto che determina il grande successo di partecipazione.

SERENÈ VILLAGE

Il Serenè Village è un villaggio turistico 4 stelle che si presenta agli ospiti in una veste rinnovata. È situato su una bellissima spiaggia della costa ionica, bordata da un grande bosco di eucalipti. Sorge in Località Marinella di Cutro, a 18 km dall’aeroporto di Crotone e a 80 km da quello di Lamezia Terme. Dispone di 480 camere poste su due piani, dotate di tutti i comfort, vicinissime al mare (300 m). Il villaggio è privo di barriere architettoniche.

www.spazio50.org | gennaio 2023 80 INCONTRI 50&PIÙ 2023 dal 4 al 18 giugno 2023

CAMERE - Le 480 camere, poste su due piani, sono suddivise in camere Classic, Family, Premium e Comfort. Inoltre, camere bivano (senza porte fra i due vani) con 5 posti letto. Le camere al piano terra dispongono di giardino, quelle al primo piano di balconcino. Su richiesta, possibilità di camere comunicanti e per diversamente abili. Tutte le camere sono dotate di aria condizionata con regolazione individuale, TV, mini frigo, cassaforte, bagno. Disponibili Dog Room in cui sono ammessi cani di piccola taglia (max 10 kg).

SPIAGGIA - L’ampia spiaggia sabbiosa e privata del Serenè Village (profonda 40 e larga 400 m) è attrezzata con ombrelloni riservati, lettini e sdraio, spogliatoi e docce, desk informazioni e servizi del Bluserena SeaSport (alcuni a pagamento) tra cui barche a vela e windsurf , canoe, pedalò, campi da beach tennis e beach volley.

RISTORAZIONE - Il Serenè Village offre una ristorazione ricca, varia e di qualità con menu show cooking alla scoperta del territorio regionale, delle tradizioni italiane e di proposte culinarie dal mondo. Sono presenti: un ristorante centrale con due sale climatizzate e Patio, oltre al ristorante gourmet

Il Gusto (con servizio al tavolo) e il Blu Beach Restaurant (a buffet), entrambi su prenotazione.

SERVIZI - A disposizione degli ospiti: piscina di 500 mq e piscina per il nuoto, campi polivalenti, campi da tennis, campi da bocce, Parco Avventura per bambini, Area fitness ultramoderna. L’animazione, sempre presente e mai i nvadente, quotidianamente proporrà: spettacoli, corsi di vela e windsurf (collettivi), acquagym, tornei sportivi, balli di gruppo e tanto altro.

QUOTE SETTIMANALI INDIVIDUALI DI PARTECIPAZIONE IN FORMULA EXTRA ALL INCLUSIVE

1° TURNO | 4 -11 giugno (con possibilità di estensione dal 1° giugno su richiesta - 10 notti) € 695€ 870 € 555

2° TURNO | 11 - 18 giugno (con possibilità di prolungamento fino al 25 giugno su richiesta - 14 notti) € 780€ 955 € 625

Riduzioni 3° letto bambini: 0/3 anni gratuito (€ 85 Coccinella Baby care); 3/8 anni - 80%; 8/12 anni - 50% - Riduzioni 4° letto: su richiesta

Quota supplementare per i non soci 50&Più: € 50 - Quotazioni viaggio a/r da tutta Italia: su richiesta.

La quota comprende: - Soggiorno presso il Serene’ Village per la durata prescelta (le camere saranno disponibili a partire dalle ore 15:00 del giorno di arrivo e dovranno essere liberate entro le ore 10:00 del giorno di partenza) - Trattamento di pensione completa a buffet dalla cena del giorno di arrivo al pranzo del giorno di partenza (per arrivi anticipati con il pranzo incluso i servizi terminano con la prima colazione del giorno di partenza) - Bevande ai pasti inclusi acqua minerale, vino e bibite alla spina - Formula Extra All Inclusive al bar principale, al bar della spiaggia e al ristorante (come specificato) - Servizi balneari in spiaggia attrezzata (1 ombrellone, 1 lettino e 1 sdraio per camera) - Facchinaggio in arrivo

e in partenza - Animazione diurna e serale con spettacoli, piano bar, giochi e tornei - Partecipazione ad attività culturali e ricreative organizzate da 50&Più - Assistenza in loco di personale medico dedicato H24 - Assistenza in loco di personale 50&Più e 50&Più Turismo- Assicurazione bagaglio/sanitaria/copertura Covid-19 e annullamento, UNIPOL SAI Assicurazioni.

La quota non comprende: - Trasporti da e per il Serenè VillageEscursioni da prenotare e pagare in loco - Eventuale pasto extra, da regolare in loco - Imposta di soggiorno comunale, da regolare in loco - Tutto quanto non sopra specificato.

FORMULA EXTRA ALL INCLUSIVE Bar principali: caffetteria; bibite alla spina in bicchieri 20 cl. a scelta tra: the fred do al limone o alla pesca, limonata, acqua tonica, cedrata, chinotto e gassosa, aranciata e coca cola; succhi di frutta (ananas, ace, pesca, albicocca, arancia rossa, pera), sciroppi (amarena, latte di mandorla, menta e orzata), acqua minerale, birra alla spina, granite, un vino bianco e un vino rosso, prosecco, amari e liquori, aperitivi e vermouth, grappe. Happy Hour dalle 17:30 alle 19:30 con cocktail base, scelti da menù specifico Dalla formula sono esclusi altri cocktail o richiesti in altri orari, champagne e alcolici definiti speciali sul listino bar. Bibite in bicchiere da 20 cl. Bar del ristorante centrale: caffè espresso e cappuccino, anche decaffeinato e d’orzo, cappuccino con latte di soia, latte bianco e macchiato, a pranzo e cena una bevanda alla spina da 40 cl. per persona a partire dai 3 anni, a scelta tra birra, aranciata e coca cola.

gennaio 2023 | www.spazio50.org 81
DOPPIA DOPPIA USO SINGOLA TERZO LETTO ADULTI

Italia In...Canto è la kermesse di 50&Più che offre la possibilità a cantanti dilettanti over 50 con la passione per il canto di esibirsi con brani celebri della musica italiana.

Le semifinali della 19ª edizione del concorso si sono tenute al Garden Toscana Resort di San Vincenzo, in occasione della manifestazione IMMAGINA 2022, decretando i 20 cantanti finalisti.

Il 26 aprile, presso il Teatro Cilea di Napoli, si svolgerà la fase finale del concorso durante la quale una giuria proclamerà i 3 vincitori della 19ª edizione. Il soggiorno sarà l’occasione per avvicinarsi al mondo della musica, partecipare alle attività proposte da 50&Più e scoprire le bellezze della città di Napoli e di luoghi inediti come Pompei dopo l’incredibile restauro.

QUOTE INDIVIDUALI DI PARTECIPAZIONE

In camera doppia “classic” con trattamento di mezza pensione € 390

In camera doppia uso singola “classic” con trattamento di mezza pensione € 580

Supplemento vista mare: su richiesta

Supplemento pensione completa: su richiesta

Quota supplementare per i non soci 50&Più: € 50

Napoli vanta un patrimonio artistico, storico e culturale che non teme confronti in tutto il Vecchio Continente.

L’importanza e il prestigio plurisecolare della città rivivono quotidianamente nelle chiese, nei musei, nei palazzi storici, nei castelli, nei vicoli, nelle piazze, nei resti archeologici. Un patrimonio artistico e architettonico che l’Unesco ha deciso di tutelare, includendo il centro storico di Napoli, il più esteso d’Europa, tra i siti del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Il soggiorno è previsto presso l’Hotel Royal Continental (4 stelle), situato sul lungomare di Napoli, di fronte al Castel dell’Ovo e il Borgo Marinari, a pochi minuti di cammino da Piazza del Plebiscito e dal Maschio Angioino.

La quota comprende: Soggiorno di 4 giorni/3 notti con trattamento di mezza pensione (incluse bevande ai pasti) - Ingresso al Teatro Cilea, inclusi i trasferimenti - Escursione a Pompei - Partecipazione alle attività proposte da 50&Più - Assicurazione bagaglio, sanitaria e annullamento con estensione COVID-19 - Assistenza di p ersonale 50&Più.

La quota non comprende: Trasporti per raggiungere Napoli - Imposta di soggiorno - Ingressi ai siti visitati, mance, extra personali e tutto quanto non sopra specificato.

(Aut. Reg. 388/87) Tel. 06 6871108/369 Fax 06 6833135 - Email: info@50epiuturismo.it www.50epiuturismo.it

N APOLI 24-27 APRILE

Cultura

IL SOGNO DI UCCIDERE CHRÓNOS GUIDO TONELLI FELTRINELLI 192 PAGINE 17 EURO

GUIDA RAGIONATA AI MISTERI DEL TEMPO

La corsa contro Kronos, il Dio del Tempo, dura da sempre. L’uomo ha cercato di conoscerlo, imbrigliarlo e poi dominarlo, fallendo ad ogni tentativo. Il fisico Guido Tonelli prova a spiegare perché, mescolando logica, filosofia e un po’ di fantasia

di Renato Minore

“È la fine del mondo”. Il nonno di Guido Tonelli pregava in ginocchio a mani giunte quel giorno del 1961. Lui, minatore alle Alpe Apuane, era immerso nel buio della sua unica eclisse di sole. Non comprendeva quello che vedeva. Sessanta anni dopo, il nipote, fisico al Cern di Ginevra, uno dei padri della scoperta del Bosone di Higgs, scrive che “qualche residuo di quella paura atavica è giunto fino a noi”. In occasioni simili, “il tempo esce fuori dai cardini, abbiamo il timore che il mondo intero possa frantumarsi in mille pezzi”. Esiste un tempo dell’esperienza, scandito dalla memoria e dal desiderio. Ed esiste un tempo infinitamente piccolo: Kronos è un mistero e non solo per i fisici. Nel suo libro sul tempo, Tonelli ci guida nei tentativi che l’uomo, nei secoli, ha compiuto per comprendere e dominare Chronos: il tempo della scienza, ma anche il tempo dell’uomo attraverso le sue declinazioni. Un percorso di sorpresa, stupore,

NON ISOLARSI MA ASCOLTARE di Roberto Roversi Pendragon 158 pagine 15 euro

vertiginose acquisizioni che spinge ad abbandonare ogni certezza. E anche ad arrenderci alla meraviglia di scoprire come anche il concetto più familiare sfugga ad ogni tentativo di inquadramento. Mito, arte, filosofia e letteratura soccorrono la scienza nel tentativo di cogliere qualcosa di per sé inafferrabile e che tuttavia segna la nostra esistenza. Da Newton ad Amleto, da Einstein a Dalì, il tempo è stato protagonista di metamorfosi straordinarie, affascinanti, mostruose. Ed ecco che la nostra “esperienza quotidiana, unita alla consapevolezza dell’invecchiamento della vita che finisce, determina quella concezione forte di tempo irreversibile che domina la nostra visione del mondo”. Tonelli parla da fisico moderno: una combinazione di rigore scientifico, audacia metafisica, fantasia letteraria, attrazione per l’enigma, amore per l’ipotesi, gusto per l’osservazione e divertimento intellettuale.

Ecco un libro che guida con sapienza e rigore dentro il mondo di Roberto Roversi, uno dei più importanti poeti civili della letteratura novecentesca. Roversi non lo potevi che immaginare lì, dentro la sua libreria Palmaverde nel cuore di Bologna, mentre stila una scheda o fa pacchi per tutto il mondo, invisibile ai mass-media e per questo semisconosciuto al grande pubblico se non come autore di testi di Dalla. A dieci anni dalla scomparsa, a 89 anni, l’antologia Non isolarsi ma ascoltare presenta versi da Dopo Campoformio, Le Descrizioni in atto, L’Italia sotto la neve, delineando la sua figura che “spiega a se stesso le ragioni che condizionano le scelte del tempo e le rende visibili agli altri perché scrivere delle mie rogne private non mi interessa”. Tutto da scoprire.

Libri
TEMPO
gennaio 2023 | www.spazio50.org 83

«LA STORIA? UN ALGORITMO PER PREDIRE IL FUTURO»

Il noto direttore d’orchestra, che vanta esibizioni in molti importanti teatri italiani ed esteri, debutta come scrittore con un intrigante e per certi versi inquietante noir storico: La regina della notte

«Da adolescente mi consideravo uno studente di filosofia teoretica e non di filosofia della musica. Considerando sia la filosofia che la musica molto seriamente, ritenevo fossero dei ciarlatani coloro che facevano collegamenti troppo facili. Passata l’euforia di quegli an-

ni ho capito la complessità di queste due discipline, che si sposano, si fondono, hanno continui rimandi, condividono la meraviglia verso il bello, la meraviglia della conoscenza, dell’emozione».

È anche laureato in filosofia summa cum laude Francesco Pasqualetti, le cui direzioni

hanno ricevuto applausi dal Maggio Fiorentino alla Fenice di Venezia, dalla Germania alla Nuova Zelanda. Studioso quasi pedante, è uno specialista della produzione musicale che spazia dalla fine del Settecento alla metà dell’Ottocento, e dimostra questa attenzione curiosa e approfondita anche con il suo primo romanzo La regina della notte , tutto basato su fatti realmente accaduti, ma non sempre notissimi. Nel libro si parla di un periodo estremamente complesso, affascinante, meraviglioso, che tutti associamo alla Rivoluzione Francese.

www.spazio50.org | gennaio 2023 84
Cultura

Ho riscoperto qualcosa che viene dimenticato: la sparizione, la cancellazione dalla storia di una nazione più grande della Francia, la Polonia. Dovranno passare più di 150 anni perché ritorni a vivere. Ed è una situazione di grande attualità. L’avvenimento ha un’influenza sulla vita di milioni di persone e sui potenti che in quegli anni manipolano persino gli artisti per ottenere un cambiamento. Il cancelliere imperiale, il Ministro degli esteri diremmo oggi, austriaco, quando lo venne a sapere, affermò che, al confronto, la Rivoluzione Francese era stata un gioco da ragazzi.

Lei offre interpretazioni plausibili di eventi tuttora controversi, ma cosa pensa della manipolazione vera e propria della storia che è stata effettuata nei secoli, la storia è sempre quella dei vincitori mai quella dei v inti, ma che oggi sta avendo una diffusione globale grazie a Internet, e non solo con le fake news? Come ci si può difendere? È vero, la storia è manipolata, sempre. Le ricordo, per parlare delle protagoniste del mio libro, che una donna, seppure geniale come la zarina Caterina di Russia, determinata e pronta a tutto, che fece assassinare il marito per prenderne il posto, decise guerre di invasione ed ebbe appetiti sessuali così ripetuti da essere difficili da ignorare, è passata alla storia come una delle più grandi sovrane. Mentre un’altra regina, Maria Antonietta, che nel sentire comune fu dissoluta e inetta, non intraprese mai nessuna guerra e sarebbe potuta scappare dalla Francia. Invece decise di restare accanto alla famiglia e al marito, per venire accusata falsamente di aver avuto rapporti sessuali con il figlio di sette anni e passare alla storia come la Messalina del ’700. La verità è sempre più complessa

della narrazione ufficiale, per cui la nostra attenzione deve essere doppia, tripla. Sono sconvolto di come non si riesca a definire cosa è successo in Ucraina con i crimini di guerra. Mi viene in mente un momento del Flauto magico di Mozart, quando Tamino si avvicina al Tempio della saggezza e dice: “Ma allora tutto è falsità, dov’è la verità?”. È una domanda che ci dobbiamo tenere a cuore, per continuare a mantenere uno spirito critico, ragionevole. Il che non vuol dire mettere in discussione i risultati della scienza, per carità, bensì avere sempre cura per la ricerca della verità e sapere che a volte il potere ha interesse a distorcerla.

Oggi si tende a cercare di comprendere quanto accade senza utilizzare, spesso per ignoranza, l’eredità storica di cui siamo figli. Crede che il romanzo storico, con la sua opera di divulgazione di questa eredità presso un pubblico molto più vasto degli specialisti, possa in qualche modo essere d’aiuto? Secondo me, sì. Pensi che il primo capitolo del libro è ambientato a Kherson. Quando mi sono messo a scriverlo, nel 2019, immaginavo che iniziare un romanzo in Ucraina sarebbe stata la cosa più esotica di questo mondo, invece oggi ne abbiamo sentito parlare tutti, proprio lì c’è la guerra e l’esercito russo ha ridotto una città di 290mila abitanti in una città fantasma. Ormai sono convinto che conoscere la storia non serve a capire il presente, serve a prevedere il futuro. Lo dico in termini più moderni: la storia è l’algoritmo più accurato che abbiamo per prevedere la prossima mossa. Quindi studiarla e prendersene cura è veramente una delle attività più importanti e proficue che possiamo svolgere.

Incontro con l’Autore

UN ROMANZO STORICO

Un libro avvincente come un thriller, emozionante come la fotografia di un’epoca, intrigante come il groviglio dei se ntimenti, nitido come un saggio su arte e potere, inquietante come una spy story U no spaccato storico tra il 1787 e il 1793, che dà varie risposte inattese a controverse domande sulla storia. Ve ne indichiamo tre. Perché nella battaglia di Valmy tra l’esercito austro-prussiano di 120mila uomini e quello francese di 80mila ci furono solo un centinaio di morti e vinsero i meno numerosi, peggio armati e più disorganizzati? Perché Cimarosa, quando sostituì M ozart appena deceduto, come musicista di corte ottenne un appannaggio di 12mila fi orini annui (l’equivalente di circa 850mila euro di oggi), di 15 volte superiore a quello di Amadeus? Perché l’imperatore Leopoldo II, già Granduca d i Toscana, dove aveva fatto cose meravigliose, tra cui abolire nel 1786 la pena di morte, p rimo stato al mondo, morì in soli quattro giorni di malattia, nonostante le migliori cure?

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gennaio 2023 |

GALATEO PERCHÉ SEI MORTO?

160 pagine - 14,25 euro

Quando la penna di un umorista come Maurizio De Angelis incontra la penna di un attore come Maurizio Merolla non può che nascere un romanzo comico dai toni allegri che lascia spazio anche alla riflessione. Galateo perché sei morto? è il titolo del libro scritto a quattro mani che racconta la storia di Alessia, una giovane giornalista freelance, a caccia di un’intervista al Principe Ultimo de Nobilis. Lui, un titolato in decadenza, fonda il “Partito Scic” e si impegna a condurre una crociata sul ripristino del bon ton. All’interno del tetro castello dell’Alta Irpinia, il principe di Napoli, Avellino e Roccavilla sul Calore, vive in compagnia di Ludovico - il maggiordomo, dedito alle rime e ai paragoni - e Berengario “un omone di grossa corporatura, il boia del castello” prestato alla musica. Con loro, altre figure femminili, tra queste la Principessa Margherita Marinara “già ripudiata da tre sexy-villiche allieve di Sua Altezza, chiamate a corte per recitare una commedia su Giulio Cesare, Ridi

di marzo, e da una tamarra e rampante coppia di Sindaci, fondatrice del Partito dei Villani”. In un crescendo di comicità, rime e battute, i personaggi si intrecciano in scene divertenti che catapultano il lettore in contesti di antica nobiltà conditi da riferimenti al mondo contemporaneo. Riportiamo un passaggio che ricorda il decalogo di comportamenti virtuosi da assumere dopo la pandemia. «Un’altra regola inderogabile - dice Ultimo de Nobilis - riguardo il bon ton è di non baciarsi in continuazione con la gente, onde salutarsi: facciamola finita con questi azzeccamenti: distanza era e distanza rimanga, orsù. E basta poi con lo starnutire a narici e bocche piene, su tutte le cose visibili e invisibili». Sfogliare e leggere le pagine di Galateo perché sei morto? significa regalarsi un’occasione per conoscere usi e costumi di altri tempi, ma anche un’occasione per sorridere e un’opportunità per riflettere, seguendo - perché no? - i consigli del principe che vive a Roccavilla sul Calore.

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L’INQUIETUDINE CREA

Paesaggi interiori, mappe, volti: 140 opere da Paul Klee ad Anselm Kiefer illustrano i territori più nascosti della mente

L’arte è inquieta per definizione. La calma le appartiene solo quando è apparenza, la tranquillità solo quando è paravento, l’appagamento solo quando è ripartenza. La tensione è il vero motore occulto dell’arte. È ciò che la rende un voyant universale che ci fa ammirare lo spettacolo del mondo, sempiterno speculum mundi, vigoroso strumento di “dominio” della realtà solo quando è frantumato in una nuova e individuale visione. È questo il riferimento della paradigmatica mostra L’arte inquieta. L’urgenza della creazione , aperta a Palazzo Magnani di Reggio Emilia fino al 12 marzo prossimo. Una carrellata che attraversa gran parte dell’arte contemporanea, mostrandoci opere che sono ogni volta oggetto-luogo a statuto autonomo, in cui il virtuale e il vero sono irretiti nei lacci della finzione, in cui la forma e le ricerche sono autoreferenziali (Picasso docet : «Ogni vero artista, anche classico, è come me: non imita, è coerente con le proprie stesse regole»), in cui si va “oltre” alla maniera di Cézanne, che diceva «(Gli impressionisti) fanno un quadro, io faccio un pezzo di natura».

Le varie stanze tematiche dell’esposizione (volto metamorfico; serialità, ossessioni e monologhi interiori; cartografie, mappe e mondi visionari), con autori e opere che si accostano per affinità di generi e di linguaggi, allineano capiscuola come Paul Klee e Max Ernst, Alberto Giacometti e Jean Dubuffet, Antonio Ligabue e Anselm Kiefer, in dialogo con autori le cui opere inedite provengono dal reggiano Museo di Storia della Psichiatria, che possiede una tra le maggiori collezioni nel campo in Europa.

Informazioni sulla mostra: L’arte inquieta. L’urgenza della creazione Palazzo Magnani Corso Giuseppe Garibaldi 29, Reggio Emilia Orari: mercoledì e giovedì 10/13 e 15/18; venerdì, sabato, domenica e festivi: 10/19 Biglietti: € 12; ridotto € 10 (over 65, gruppi, disabili, convenzioni); € 8 studenti (da 19 a 26 anni); gratuito per bambini under 6, accompagnatori disabili, giornalisti, convenzioni. Fino al 12 marzo

www.palazzomagnani.it/exhibition/ larte-inquieta

BREVI PROPOSTE

ROMANTICISMO E SCAPIGLIATURA A NOVARA

Proseguono gli approfondimenti sul nostro ’800 nella città che allora ebbe il suo sviluppo. Milano. Da romantica a scapigliata propone con opere qualitative e spesso inedite di maestri (Hayez, il Piccio, Ranzoni, Cremona) e di minori un passaggio cruciale della pittura lombarda. Castello Visconteo Sforzesco Fino al 12 marzo

I MACCHIAIOLI A TRIESTE

I macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna propone 80 opere del movimento artistico italiano più importante del XIX secolo, l’equivalente “nostro” dell’Impressionismo francese. Tra i “pittori di macchia” esposti nella città giuliana Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini. Museo Revoltella Fino al 10 aprile

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Arte
di Ersilia Rozza

PERUGIA, UN TEATRO FATTO DI PASSIONI ED EMOZIONI

Viaggio attraverso i progetti artistici del nostro Paese, per un pubblico sempre più interessato alle offerte multidisciplinari di questa stagione

È calzante l’immagine che Nino Marino, direttore dello Stabile dell’Umbria, d à del Teatro. Nella stagione passata è stato concepito come una scatola dei tesori di fanciullesca memoria, da aprire, anzi riaprire per mostrare i suoi preziosi contenuti. Mentre oggi assume la parvenza di una cassa armonica capace di amplificare ciò che già possiede, il suono, o d i dar voce a chi non ne ha. Il teatro infatti, da qualunque angolazione lo guardi, è un luogo magico, sorprendente, emozionale.

E una cascata di sentimenti diversi fra loro ma specchio del nostro sentire comune, ci investe guardando il ricco cartellone del Teatro Morlacchi di Perugia. Un programma dai tanti linguaggi, letterario e musicale, cinematografico e televisivo, toccando anche la danza. Poi la grande novità di quest’anno, portare a teatro l’audio-descri-

zione per consentire ai non vedenti e ipovedenti di seguire gli spettacoli.

Due le rappresentazioni questo mese: Amanti (18-22), primo lavoro teatrale di Ivan Cotroneo, conosciuto soprattutto per apprezzate serie televisive. In scena Massimiliano Gallo e Fabrizia Sacchi in un tenero e divertente spaccato di vita moderna. Segue con Samusà (25-29) una travolgente Virginia Raffaele che svela il suo mondo fantastico. E poi una carrellata di grandi artisti fra i quali vogliamo ricordare Emma Dante, Aterballetto e Nuovo Balletto di Toscana, Kinkaleri, Favete Linguis, Alessandro Gassmann e Giorgio Pasotti, Chiara Bersani, Carlo Massari, Nicola Galli. Presente anche un nutrito gruppo di illuminati registi, da Andò a Binasco, da Baracco a Lidi, da Cirillo a Marthaler, alla coreografa Carlson. Info: 0755722555

EVENTI

TORINO Teatro Carignano, numerose proposte Ultimi giorni per Mine vaganti di Ferzan Özpetek, con Francesco Pannofino, Iaia Forte e Simona Marchini. Quindi Kriszta Székely dirige Hedda Gabler di Ibsen e Franco Branciaroli interpreta Il mercante di Venezia di Shakespeare, diretto da Paolo Valerio. Davide Livermore porta in scena Maria Stuarda di Schiller.

BRINDISI

In scena qualità, originalità e varietà Arriva al Nuovo Teatro Verdi la divertente commedia Se devi dire una bugia dilla grossa (il 10), con Antonio Catania, Paola Quattrini, Gianluca Ramazzotti, Paola Barale. Il 27 va in scena uno dei primi testi di Eduardo De Filippo, Ditegli sempre di sì, con Carolina Rosi e la regia di Roberto Andò.

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di Mila Sarti
Teatro
Cultura
© Masiar Pasquali

LA RIVOLUZIONE DI MEREDITH MONK

Per festeggiare le 80 primavere dell’artista newyorchese che ha innovato dalle fondamenta l’arte del canto, esce un cofanetto di 13 cd, The Recordings

Parlare di musica contemporanea è sempre incredibilmente difficile; ma parlare di Meredith Monk rasenta l’impossibile. I suoi lavori, come cantante, regista, performer, coreografa, ma soprattutto quelli discografici sono sempre costruiti su un “impossible task”, un “compito impossibile”, come lei stessa affermava nelle note di copertina di un suo capolavoro del 2008, Impermanence: mettere in musica ciò che non permane, “il divenire”, direbbero i filosofi. Il suo canto, dalle inflessioni allo stesso tempo viscerali ed eteree, crude e rapaci, è diventato un riferimento per chiunque cerchi l’essenza sotterranea e interiore della vocalità. Monk, insignita nel 2015 da Barack Obama della National Medal of Arts, la più alta onorificenza USA in ambito artistico, ha compiuto 80 anni lo scorso 20 novembre. Per l’occasione

la ECM, etichetta per cui incide dal 1981, ha pubblicato un prezioso cofanetto che raccoglie 13 cd e un volume di 300 pagine con le presentazioni originali e numerosi contenuti inediti.

Le sue composizioni, sia strumentali sia vocali, tra cui alcune opere, da Quarry (1978, sulla Seconda Guerra Mondiale) ad Atlas del 1991, sono indescrivibili, se non sciorinando una serie di luoghi comuni (non per questo non veri, chiaramente): la continua ricerca vocale che non si esaurisce mai, la capacità di creare atmosfere uniche, la grandiosa sintesi della cultura musicale “classica” europea contemporanea e delle primigenie scaturigini tribali del ritmo, la rarefazione dei temi e delle atmosfere, il continuo sperimentalismo, l’urlo informale. Un impossible task, il suo, riuscitissimo.

IMPORTANTE RASSEGNA A TORINO

Continua fino ad aprile Evoluzioni sonore, la serie di concerti legati alla bella mostra Buddha10. Si esibiranno al Museo d’Arte Orientale alle 18.30 formidabili artisti: il 24 gennaio Rieko Whitfield e Micaela Tobin, il 25 i Chinabot, il 15 febbraio Sainkho Namtchylak, il 1° marzo Liew Niyomkarn, il 21 Ana Roxanne, il 6 aprile le Salamanda e il 27 Phew. Chi ama la sperimentazione non mancherà almeno uno di questi eventi.

DA NON PERDERE

FAGIOLI E TANGHERLINI, DEBUTTANTI D.O.C.

È pubblicato dall’etichetta norvegese AMP questo lirico primo lavoro del trombettista Jacopo Fagioli e del pianista Nico Tangherlini, che dall’espressività nordica traggono il meglio per riversarlo in un fluire emotivo tutto “nostro”. Bilico , questo il titolo del cd, bene indica sia l’interplay equilibratissimo tra i protagonisti, sia quello tra universi sonori lontani, nel fluire melodico e brillante del loro jazz sospeso e intimistico, che ha come riferimenti Enrico Rava e Mathias Eick.

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di Raffaello Carabini
Musica

KILLER OF THE FLOWER MOON

FILM IN USCITA

DRAMMATICO

Una serie efferata di crimini. Decine di cittadini di una tribù indiana uccisi a sangue freddo. Trucidati da chi e perché? Il maestro Martin Scorsese torna dietro la macchina da presa tuffandosi nelle pagine del libro inchiesta di David Grann, Killer of the Flower Moon . Una storia di cronaca nera di cui si occupò l’FBI quando negli anni Venti, in Oklahoma, la ricchezza era appannaggio dei membri della contea indiana degli Osage grazie alla presenza del petrolio nei loro territori. Con la scoperta dell’oro nero e dei vantaggi economici legati all’estrazione, uno dopo l’altro alcuni cittadini furono uccisi; morirono in strane circostanze anche coloro che osarono indagare sugli omi -

cidi. Così, quando il bilancio delle vittime salì a venti, arrivò l’FBI ad occuparsi del caso. Quella fu una delle prime indagini per omicidio risolte dell’organizzazione di J.Edgar Hoover che si avvalse dell’ex Texas Ranger Tom White per creare una squadra sotto copertura comprendente l’unico agente indiano d’America. Gli agenti infiltrati nella contea smascherarono una delle cospirazioni più agghiaccianti della storia americana. Avvincente ed emotivamente disarmante, il film si avvale di un cast da Oscar: accanto a Robert De Niro e Leonardo DiCaprio –rispettivamente alla decima e sesta collaborazione con ScorseseJesse Plemons, Tantoo Cardinal e Lily Gladstone.

Dopo The Father, una nuova indagine di Florian Zeller che sonda la psiche con la macchina da presa. Obiettivo dell’analisi stavolta è il disagio adolescenziale. Nicholas (Zen McGrath), figlio dei divorziati Peter (Hugh Jackman) e Kate (Laura Dern), dopo due anni di vuoto esistenziale ottiene di vivere col padre, avvocato di grido risposato con Beth e padre di un bimbo. Nel cast anche Anthony Hopkins.

COMMEDIA

IL GRANDE GIORNO

Regia:

con: Aldo, Giovanni, Giacomo, A. Attili, E. Lietti, L. Mascino, M. Mannino

Tre uomini e un matrimonio: Aldo Giovanni e Giacomo di nuovo insieme rievocando l’ironia degli esordi. In una villa sul lago di Como fervono i preparativi del lussuoso matrimonio tra il figlio e la figlia di Giacomo e Giovanni, amici e colleghi da sempre. All’evento partecipa anche Margherita, ex di Giovanni, il cui nuovo compagno - Aldo - si abbatte come un ciclone sulle nozze causando incidenti e gaffe.

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THE SONA Regia: Florian Zeller con: Hugh Jackman e Laura Dern Massimo Venier Robert De Niro e Leonardo DiCaprio insieme nel film di Martin Scorsese sul caso dei misteriosi omicidi ai danni della tribù indiana Osage negli Anni ’20
Cinema Cultura
di Alessandra Miccinesi

BENTORNATA, TIMIDA LUCE

«In varie maniere gli antichi personificavano o dipingevano l’anno. Lo figuravano come un uomo che camminasse rapidamente con in mano la palma, perciò credevano che quest’albero mettesse un nuovo ramo ad ogni lunazione».

Almanacco Barbanera 1854

GENNAIO

Facciamoci conquistare, nei primi giorni dell’anno, ancora immersi nelle calde atmosfere di festa, dalla consapevolezza di avere a disposizione un intero anno per fare, cambiare, andare… Poi, si sa, la quotidianità riprenderà il suo procedere ma la certezza che quello che non si è fatto oggi si potrà fare domani, resta: ed ecco che i sogni uniti alle speranze fanno spazio alla progettualità e anche il clima freddo dell’inverno e la fatica del vivere quotidiano peseranno di meno. Ancora il freddo ci fa restare piacevolmente e pigramente in casa, ma le giornate riprendono timidamente ad allungarsi e anche la terra comincia pian piano a risvegliarsi: si pianificano i lavori nell’orto, nel giardino e sul balcone, dove solo qualche coraggiosa aromatica non ha ceduto al freddo. Tra semine, potature e trapianti in vista della primavera c’è molto da fare. Insomma, non c’è troppo tempo per oziare. Ma una mano ce la darà la Luna, pronta a suggerire tempi e pratiche di buon vivere.

a cura di:

La semina

L’ORTAGGIO

La rucola (Eruca vesicaria)

Pianta assai generosa che poco chiede e molto dà, la rucola ha una lunga storia che ci fa entrare negli orti degli antichi romani che ne utilizzavano foglie e semi a cui attribuivano proprietà afrodisiache. Facile da coltivare, può essere un ottimo inizio per chi voglia dedicarsi all’orto, anche sul balcone, senza tema di insuccesso.

Ė possibile farla tutto l’anno, con raccolta scalare. A gennaio e febbraio meglio seminarla in semenzaio, con la fase di Luna calante, ma per il resto dell’anno si può interrare il seme direttamente all’aperto. La pianta resiste bene alla siccità - senza esagerare - che dona più sapore alle foglie. Quando le piantine saranno alte circa 3 cm, diradarle lasciando spazio alle più belle. Amano esposizione soleggiata, ma sopportano una parziale ombra. Ben si adatta a diverse temperature, ma teme gelo e vento.

Trapianto

Si effettua per le semine invernali con la fase di Luna crescente e con piantine di tre settimane.

Raccolta

La raccolta si fa scalare 40 giorni dopo la semina. Importante non estirpare ma tagliare le foglie alla base, favorendo così la ricrescita e più raccolti nel tempo. Molto delicata, la rucola si conserva poco anche in frigorifero. L’ideale sarebbe metterla a bagno in acqua come un fiore, oppure in frigorifero con le radici avvolte nella carta inumidita e in un sacchetto di plastica bucherellato. Resisterà 2/3 giorni.

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seguendo le stagioni Vivere in armonia

BUONO A SAPERSI!

Casa profumata senza chimica Sul lavabo tenete una scodella con i fondi del caffè. Servirà a sprigionare un buon profumo, neutralizzando eventuali odori cattivi, e vi servirà per deodorare le mani se avete pulito del pesce: basterà strofinarle con i fondi. Per togliere il cattivo odore da lavelli, pentole e ripiani, potete usare l’aceto diluito, che è anche disinfettante, o passateli con mezzo limone già usato. Infine, mettete sui caloriferi bucce di arancia o mandarino, per portare una profumata allegria in casa.

COLTIVARE CON LA LUNA

NELL’ORTO

Nelle ore più calde della giornata, quando il terreno non è gelato, con la fase di Luna calante è il momento di vangare il terreno asciutto con letame, compost e sabbia silicea se il terreno è argilloso. Seminare l’aglio. Seminare e trapiantare ortaggi da radice come rape, barbabietole e carote. Se poi si hanno le piante da frutto, concimare con il letame, meglio se bovino. Coprire la concimazione con paglia e terreno. Fare trattamenti a base di rame (poltiglia bordolese) contro i funghi. In Luna crescente prelevare da mandorli e albicocchi le marze, ovvero rametti giovani di un anno di 10-15 cm della pianta da riprodurre, da conservare al freddo e al buio. Si possono prendere anche talee di fico e di olivo, da far radicare in serra.

NEL GIARDINO

Con la Luna calante eliminare dai rampicanti - passiflore, clematidi, rose e gelsomini - i rami secchi. Pulire gli attrezzi, affilarli, disinfettarli e trattarli con olio protettivo. Mentre, nelle ore centrali di belle giornate asciutte, dare aria alla limonaia, anche per togliere accumulo di umidità. In Luna crescente mettere a dimora piantine di camelie, rododendri e azalee. Preparare il terreno per avere le fragole in mezzo ai fiori. Fare talee legnose (7-8 cm) di more senza spine, da mettere a radicare in vasi con terriccio molto inumidito.

SE HAI ½ GIORNATA

CONCIMARE CON IL COMPOST

LUCENTE NOCCIOLO

Il nocciolo, Corylus avellana, si può coltivare anche sul balcone per avere i frutti in autunno. Non solo: nel tardo inverno, quando tutto appare grigio, i suoi fiori gialli - maschilia forma di piccole code che pendono dai rami ancora spogli danno una nota dorata alle fredde mattine invernali. Chiede poche cure. Un bel vaso profondo, con terriccio e sabbia, esposto anche a nord, tanto non teme il freddo, e irrigazioni regolari durante l’estate.

DICE IL PROVERBIO...

Gennaio nevoso, anno generoso. Val più la pratica che la grammatica. Gennaio e febbraio sono la chiave di tutto l’anno.

Le piante ringrazieranno. Sono infatti questi i giorni in cui cominciare a trattare il terreno di orto e giardino con il compost ottenuto mettendo da parte, dall’estate e con regolarità, in un contenitore capiente, avanzi di cucina quali verdure, bucce di frutta, fondi di tè e caffè insieme agli scarti del giardino e dell’orto. Si può aggiungere anche legno di potatura sminuzzato, lo sfalcio dei prati, le foglie secche, i fiori appassiti, i gambi, i gusci delle uova, la segatura e i trucioli provenienti da legno non trattato. In questo momento, quando tutto questo materiale si sarà trasformato in una sorta di terriccio, si mescola il compost al letame maturo e si interra in prossimità delle piante, o nel punto in cui si andranno a collocare.

IL SOLE

Il 1° sorge alle 07.28 e tramonta alle 16.39.

L’11 sorge alle 07.27 e tramonta alle 16.49.

Il 21 sorge alle 07.22 e tramonta alle 17.00.

Le giornate si allungano. Il 1° si hanno 9 ore e 11 minuti di luce solare e il 31 si hanno 9 ore e 59 minuti: si guadagnano 48 minuti di luce.

LA LUNA

Il 1° tramonta alle 02.12 e sorge alle 12.53.

L’11 tramonta alle 10.11 e sorge alle 21.09.

Il 21 sorge alle 07.25 e tramonta alle 16.20.

Luna crescente dal 1° al 6 e dal 22 al 31.

Luna calante dall’8 al 20.

Luna Piena il 7. Luna Nuova il 21.

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gennaio 2023
FIORI E FRUTTI SUL BALCONE

Favolino

TEST 1

Osservate attentamente le otto figure sottostanti e dite quale di esse può essere considerata “intrusa” secondo un criterio logico da determinare.

REBUS Lionello 5 6: 9...

TEST 2

Osservate con attenzione le dieci seguenti parole e dite quale di esse può essere considerata “intrusa” secondo logica.

REBUS Lionello ...2 6 5 4

» IL BIMBO GIOCA SOTTO LA PIOGGIA

Molto tempo passò, come Dio volle, a lanciare dall’alto le sue bolle; quindi, sia detto in breve, bene o male restò a lungo a godersi il temporale.

» L’AMICA PERDUTA

Fu pianta a lungo… Avea tutto il vigore del suo grande lignaggio, ed oggi ancora la sua presenza muta ci sostiene, ombra fedele, sotto il tetto antico.

TEST 3

Osservate attentamente il seguente insieme di figure e andate a pagina 96.

Soluzioni a pag. 96

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Stuzzica Cervello di Enrico Diglio
Giochi di Lionello e
INDOVINELLI Favolino

bacheca

a cura della Redazione

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Relazioni | Lavoro | Collezionismo | Affitto | Vendo | Occasioni

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Relazioni personali

Bravissimo ragazzo, di buona famiglia, comprensivo, buone condizioni economiche, amante delle gite in campagna e ai santuari. Mi piace molto viaggiare e amo qualsiasi tipo di musica. Sposerei vedova, donna divorziata, max 58enne. Sono disposto a trasferirmi. No perditempo. Telefonare al 3397991133.

Signora napoletana, amante della natura, dolce e altruista. Non mi va di vivere da sola e cerco una buona amicizia per dare e avere un po’ di affetto sincero. Desidererei conoscere persone tra i 75 e 80 anni, portati bene, possibilmente della Campania. Telefonare al 3393030680.

Per conoscenza seria e costruttiva. Ti immagino colto, stabile, solido, distinto e onesto. Risoluto sul piano personale e familiare. L’età non conta, l’animo buono sì. Ho 53 anni, molto femminile, laureata, sportiva, amante arte, viaggi e natura. Telefonarsi va bene, ma gentilmente dopo una presentazione all’indirizzo mail: bea.vita777@libero.it.

Signora giovanile, palestrata, conoscerebbe 70enne piacevole per iniziale compagnia in provincia di Savona. Telefonare al 3492574625.

68enne signora giovanile, dinamica, conoscerebbe un signore onesto e serio, col quale allacciare una seria amicizia. No perditempo, solo persone serie. Telefonare al 3533980646.

Signora vedova, desidera conoscere per sola amicizia, persona residente a Novara e dintorni. Chiedo serietà, e che sia diplomato, allegro, non fumatore, libero da impegni familiari e di 75 anni al massimo. Astenersi perditempo. Telefonare al 3206027431.

Vedovo, 76 anni, italiano. Abito in provincia di Bologna e desidero conoscere una signora di Bologna di max 72 anni, senza grilli per la testa, non fumatrice e con patente di guida. Telefonare al 3338012780.

Sono una sognatrice e un’ottimista, amo la natura, gli animali, adoro il mare e guidare. Ho 78 anni ben portati e non voglio stare sola. Vorrei conoscere un uomo alto, colto, benestante, che mi faccia ridere, mi guardi negli occhi e mi rapisca il cuore. Sono vedova, pen-

sionata, indipendente. Scrivere a C.I. AU1215756 Fermo Posta Opera (Mi).

Signora vedova, di aspetto gradevole, buon carattere e livello socioeconomico, conoscerebbe un signore di buoni sentimenti, simpatico, di buon livello culturale, con il quale allacciare una cordiale amicizia che porti gioia alla vita di entrambi. Risiedo nella zona tra Firenze e Pistoia, ma mi sposto in Versilia nei fine settimana. Telefonare al mattino, nei giorni ferial al 3288448107.

Vendesi

Raccolta francobolli Repubblica Italiana 1906/2009 n. 2.270; Città del Vaticano/Asia/Africa/Americhe Europa n. 1.480; cartoline affrancate 1906/1980 ed altre n. 1.570; cartoline senza francobollo n. 320. Telefonare al 3388542523.

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Vendo dipinto ad olio 50x60 firmato Belgrano “Facciata ferriere dismesse Imperia Oneglia” a 130 euro. Telefonare allo 0165239627.

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Soluzioni giochi

REBUS (5 6: 9...)

B asta; GU erra S ed I; amo CI...

= Basta guerra: sediamoci... (...2 6 5 4)

...alta volò DeL, là P Ace = ...al tavolo della Pace

GIOCHI IN VERSI INDOVINELLI

Il bimbo gioca sotto la pioggia = Il Papa L’amica perduta = L’albero

Stuzzica cervello

TEST 1 - La figura che può essere considerata “intrusa” è quella contrassegnata dalla lettera d). Essa, infatti, non rispetta il criterio valido per tutte le altre sette figure: i cerchi di colore verde sono sempre allineati, in verticale, in orizzontale oppure in diagonale.

TEST 2 - La parola che può essere considerata “intrusa” è TARA. Essa, infatti, è l’unica che possiede due vocali uguali a differenza delle altre nove parole che sono caratterizzate dalla presenza di due vocali diverse.

TEST 3 - Quale dei quattro sottostanti insiemi di figure rappresenta quello prima visto?

BAZAR

SALUTE

TELELILT, UN’APP CONTRO IL TUMORE

Telelilt, ideata dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), è un’App scaricabile gratuitamente e dedicata alla cura dei pazienti con neoplasia della prostata. Vuole essere una piattaforma di telemedicina che, una volta adattata, si potrà usare per tutte le altre neoplasie. Oltre a contenere infor mazioni utili sulla malattia (prevenzione, terapia, effetti collaterali), intende realizzare un modello di telemedicina specialistica che eroghi a distanza tutti i servizi. Collegandosi a distanza, infatti, i pazienti possono accedere ai servizi erogati (visite oncologiche o di prevenzione, etc.) e alla documentazione clinica. www.orpeaitalia.it

OVER 65 E SALUTE SESSUALE

In Inghilterra, gli ultrasessantacinquenni che hanno contratto malattie sessualmente trasmissibili comuni sono passati dai 2.280 del 2017 ai 2.748 del 2019. L’aumento è stato pari al 20%. La motivazione di questa impennata potrebbe risiedere nel cambiamento dei modelli di comportamento sessuale. Molti pensionati, infatti, si affacciano sulla scena degli a ppuntamenti online grazie ad App di dating dopo aver vissuto un divorzio o un lutto. Non usano dispositivi di protezione poiché collegano il tutto al basso rischio di gravidanza, questo finisce per esporli ad un maggiore rischio di malattie sessuali.

Questo spazio offre informazioni, curiosità, notizie utili. Come ogni bazar, sarà luogo d’incontro e di scambio. Potete quindi inviarci le vostre segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

TECNOLOGIA

AGE.VOL.A, L’APP PER I BADANTI

Chi fa il badante molto spesso proviene da un Paese straniero, una situazione che può creare difficoltà di comunicazione con la persona assistita. Soprattutto in ambito sanitario e degli adempimenti burocratici. Per facilitare il dialogo tr a anziani e badanti, l’Università dell’Insubria coordina un progetto che vede al centro un’ App - Age.Vol.A, disponibile su Play Store ed Apple Store -, con un glossario in 7 lingue (italiano, inglese, spagnolo, rumeno, russo, albanese e ucraino) per aiutare anziani, famiglie e assistenti stranieri a comunicare meglio. www.agevola.org/it/project

SPORT

UN DISEGNO DI LEGGE PER L’ATTIVITÀ FISICA

Lo sport è un elemento cardine per promuovere stili di vita sani. Col tempo, però, la popolazione che svolge attività fisica diminuisce in modo drastico. È stato perciò presentato in Senato il disegno di legge “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”, che consentirebbe ai medici e agli specialisti di inserirlo in ricetta medica, così che si possa usufruire delle detrazioni fiscali. Grazie al recupero parziale attraverso il 730, l’obiettivo è incentivare l’impegno delle persone a favore della salute.

TURISMO

IL CAMMINO DI SANTIAGO Tutti coloro che lo intraprendono, conservano un ricordo emozionante del Cammino di Santiago, attribuendogli persino il potere di rendere felici. Per tale motivo l’Università di Saragozza, con il Progetto “Ultreya”, ha promosso uno studio allo scopo di capire se sia vero. Ebbene sembrerebbe di sì: il lungo tragitto in mezzo alla natura stimola la meditazione e la solidarietà. Soprattutto, il Cammino focalizza la mente sul presente, sulle gioie del momento e riesce a produrre un sano distacco da una vita stressante che dà sempre più peso al passato e spazio all’ansia del futuro.

www.estudiocamino.org

FILM

ORLANDO

di Daniele Vicari, con M. Placido, A. Kazankova 2022, Italia, 122 minuti Da molti anni Orlando non ha più rapporti con suo figlio Valerio, emigrato in Belgio. Una telefonata turba questo equilibrio e lo costringe a recarsi a Bruxelles, dove il figlio è ricoverato in ospedale. Arriva appena in tempo per assistere alla chiusura della bara. Al dolore per la perdita del figlio si aggiunge la scoperta di avere una nipote dodicenne, e la presa di coscienza di dover esercitare il ruolo, sconosciuto, di nonno. Quella nipote che sembra saper affrontare la scomparsa del padre e l’assenza della madre, è un essere misterioso con cui è difficile rapportarsi.

gennaio 2023 | www.spazio50.org

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a cura del Centro Studi 50&Più

Risponde Giovanna Vecchiotti Direttore responsabile 50&Più

L’ETÀ DEL RISPETTO

Essere “grandi vecchi” non vuol dire solo ricevere compassione e tenerezza. Serve pazienza, certo, ma anche riconoscenza per chi ha vissuto tanto a lungo

Egregio direttore, ho 93 anni, sono in discreta forma fisica, ho un cognitivo integro, ringrazio Dio e non scrivo per esibizionismo. Voglio solo smontare una considerazione limitativa o compassionevole dei super vecchi considerati una sparuta minoranza di sopravvissuti, sperduti nelle nebbie d’una specie di coma mascherato. Attenzione miei giovanissimi lettori di soli 50 e più anni, ce n’è per voi in un quadro di speranze, attese e sorprese!

Cosa significa dunque? Significa che le dimenticanze, le momentanee confusioni, le distrazioni, le malinconie, gli smarrimenti, i malumori della mia età non sono altro che il pendant dei furori, delle illusioni, delle esaltazioni, degli abbattimenti, delle follie dell’età più verde; significa scoprire che la perdita della memoria a breve non è solo una menomazione ma un grande antidoto alla vacuità del presente; significa che la conservazione della memoria remota non è soltanto un frugare nella soffitta dei ricordi ma un prezioso diario privato della storia del mondo; significa aver avuto il buon senso d’aver formato una famiglia che, tra conflitti e delusioni, ha pur sempre costituito l’humus su cui sono fioriti gli affetti, si sono misurate le passioni, e soprattutto sono nati figli e nipoti che ci tengono compagnia ora che gli amici se ne sono andati; significa che questi figli e nipoti ci portano a guardare al futuro, una dimensione che altrimenti non ci riguarderebbe più; significa imparare a ridere dei propri limiti, delle proprie stranezze, delle proprie miserie, il che è un conforto ed un riscatto; significa attendere la morte come un incontro con Dio, il dio ignoto cui abbiamo attribuito fattezze umanoidi, chiesto doni e salvezze arbitrari ed egoistici, un dio che forse potrebbe rivelarsi, in un attimo di atemporale eternità, veramente “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

Consentitemi di rivolgere un monito ai colti detrattori della vecchiaia (non la ridicola “terza età“ ma l’ultima età): ma perché ci condannate perché non sappiamo usare il computer e il cellulare e diffidiamo dei modernismi estremi cui non siamo preparati? Considerateci dei Maya e dei Toltechi, che non conoscevano la ruota ma leggevano i moti celesti. Non siamo né un’etnia né una tribù antropologicamente separate, siamo una categoria un po’ in difficoltà; chiamateci “diversamente civili“ e portateci rispetto e attenzione. E qui chiudo e mi dedico alle normali incombenze dell’anziano. Ricaricare gli apparecchi acustici, pulire i denti con lo scovolino, cercare con il telefono fisso il cellulare scomparso, prendere atto che la cena che contavo di prepararmi non potrà cuocersi perché non ho comprato i fiammiferi e l’accendigas è scomparso. Mi vesto alla buona e scendo al ristorante sotto casa; qui mi affido al cameriere perché scelga lui il menu. E sia così cortese da fare una telefonata a mia figlia, che venga a prendermi tra mezz’ora perché ho lasciato le chiavi di casa dentro casa. Ci vuol pazienza...

“Di tutte le umane virtù, la pazienza è la più grande”, scriveva Catone il Vecchio, e proprio perché era “Vecchio” possiamo fidarci del suo giudizio. Così come possiamo far tesoro delle sue considerazioni sulla vecchiaia, signor Giovanni, considerazioni piene di sana ironia e auto-ironia proprie di chi conosce la vita e si è lasciato alle spalle rancori e tristezze. E dal momento che questo è il primo numero del 2023, auguro a lei e a tutti i lettori, un felicissimo anno, fatto di benessere ma anche di sorrisi sulle labbra.

PARLIAMONE...

Chi volesse scrivere a Giovanna Vecchiotti può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - g.vecchiotti@50epiu.it

Lettere al direttore
www.spazio50.org | gennaio 2023 98
IN FARMACIA

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